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3 IL CALCESTRUZZO
Il calcestruzzo è un conglomerato artificiale ottenuto tramite una miscela di legante, acqua e inerti
di varie dimensioni. Rappresenta quindi, un materiale non omogeneo le cui caratteristiche
meccaniche dipendono dai componenti e dai loro rapporti relativi in termini di quantità in volume o
in peso. Attualmente il legante utilizzato per confezionare calcestruzzi è il cemento, ma in passato si
sono realizzati calcestruzzi che utilizzavano leganti differenti come la calce aerea o idraulica.
Raramente si è utilizzato anche il gesso per realizzare calcestruzzi "poveri". Il notevole pregio
riconosciuto al calcestruzzo dai suoi primi utilizzatori era la possibilità di ottenere rocce artificiali
di qualsivoglia forma.
Origini del cls
È difficile precisare quali siano le origini della tecnica di costruire in conglomerato, poiché pare che
già gli Assiri e gli Egizi realizzassero costruzioni impiegando materiale minuto. Anche i Greci
conoscevano questa tecnica, avendola utilizzata per la realizzazione dell'acquedotto di Argo, del
serbatoio di Sparta e altre costruzioni di cui rimane ancora traccia. Furono però i Romani a darle
grande impulso, utilizzandola per la realizzazione di un notevole numero di opere, ancora oggi in
buono stato di conservazione. I romani impiegavano il calcestruzzo nelle costruzioni di strade, nelle
fondazioni e nelle costruzioni murarie. Anche l'invenzione del legante non è di epoca romana, dato
che può essere fatta risalire al III millennio a.C., quando in Egitto era utilizzata la malta di gesso per
la realizzazione di paramenti murari in conci di pietra. Fino a quando il legante della malta è stato
costituito soltanto dalla calce, l'indurimento del calcestruzzo avveniva con estrema lentezza, poiché
il progressivo consolidamento di una malta a base di calce è dovuto alla reazione dell'idrossido di
calcio con l'anidride carbonica presente nell'aria con la successiva produzione di carbonato di
calcio. La scoperta della pozzolana segnò una rivoluzione nella realizzazione di opere murarie.
Caratteristiche meccaniche cls
Da un punto di vista meccanico, il calcestruzzo, come tutti i materiali lapidei, presenta una buona
resistenza ed un modulo elastico relativamente elevato (per quanto riguarda il comportamento a
compressione), mentre gli stessi parametri risultano notevolmente ridotti nei confronti delle
sollecitazioni di trazione; inoltre, data la sua stessa composizione, non è un materiale omogeneo né
isotropo. Per ovviare alle carenze del calcestruzzo nei confronti delle sollecitazioni di trazione, è
possibile sfruttare l'ottimo connubio con l'acciaio. Infatti il calcestruzzo come materiale strutturale è
in genere abbinato all'acciaio (lega di ferro e carbonio) sotto forma di barre, per cui si parla di
calcestruzzo armato. Tale abbinamento è reso possibile dai valori molto vicini dei coefficienti di
dilatazione termica lineare dei due materiali e dall'aderenza fra le barre di acciaio e il calcestruzzo. I
meccanismi resistenti di acciaio e calcestruzzo dipendono sia dalle caratteristiche dei due
componenti sia dai meccanismi di aderenza che si instaurano all’interfaccia. I due materiali
presentano proprietà molto diverse e proprio per tale motivo il loro accoppiamento consente di
ottenere un materiale con buone prestazioni per diversi aspetti, anche in considerazione del fatto che
nella progettazione si possono modificare disposizione e quantitativo delle armature così da
massimizzare le caratteristiche ritenute più significative per il progetto. In linea generale viene
sfruttata la buona resistenza a compressione del calcestruzzo e la resistenza a trazione e la duttilità
dell'acciaio. L’unione di questi due materiali consente, infatti, di utilizzare nella maniera più
completa e più razionale l’attitudine meccanica di ciascun materiale e di ottenere così un insieme
unico sufficientemente elastico, ed al tempo stesso monolitico.
Il calcestruzzo armato risulta sicuramente uno dei materiali più utilizzato nel campo delle
costruzioni. Ciononostante, oggi la durabilità, il degrado e la corretta esecuzione delle opere in
cemento armato risulta un tema di notevole attualità sia per aspetti di natura economica e di
sostenibilità delle costruzioni sia per gli aspetti legati alla sicurezza, così come dimostrato dai
recenti avvenimenti sismici sul territorio nazionale. In particolare, la realizzazione ed il controllo
del calcestruzzo, appare come l'anello più debole del ciclo costruttivo delle opere civili in cemento
armato e su di esso si sono scaricate, nel recente passato, problematiche e tensioni di varia origine.
Per ovviare a tale problema, i recenti sviluppi normativi hanno posto particolare attenzione alle
problematiche relative al confezionamento ed all'impiego del calcestruzzo strutturale.
Acqua = serve per l'idratazione del cemento e deve essere limpida (è ammesso un limite di
torbidità di 2g/l) e priva di Sali. L’acqua di impasto totale è somma di tre aliquote: acqua di
presa (entra in combinazione con il cemento circa 0.28 l/kg di cemento) + di bagnatura
(interagisce con gli inerti) + lavorabilità (agisce da lubrificante all’interno del miscuglio
migliorando la fluidità dell’impasto fresco). Il rapporto A/C, compreso tra 0.45 e 0.65, è
determinante per molte proprietà del cls quali lavorabilità (slump test), la resistenza, la
durabilità.
Additivi = sostanze che agiscono per via chimica o sostanze tensioattive (disperdenti o
aeranti), sono aggiunte all'impasto per migliorare le caratteristiche che il cls già possiede; si
classificano secondo l’azione principale che esplicano sul conglomerato in fluidificanti,
plastificanti, aeranti, acceleranti, ritardanti, antigelo, idrofughi, disarmanti e antiritiro.
Con il termine mix-design, letteralmente progetto della miscela, si intende il procedimento per il
calcolo della composizione del calcestruzzo (in termini di quantità di cemento, di acqua e di inerti
per m3 di calcestruzzo) a partire da:
- le proprietà ingegneristiche del materiale indurito (resistenza meccanica, modulo elastico,
ritiro, scorrimento viscoso, durabilità, ecc.), quali risultano dall’esigenza del progetto
dell’opera;
- le esigenze esecutive (lavorabilità, organizzazione del cantiere, modalità di getto, ecc.);
- i materiali disponibili (tipo di cemento, di inerti e di additivi).
I principi su cui fondare tale studio si basano sulla seconda legge di Feret (che lega la resistenza
meccanica al fattore di resistenza R=f[c/(A+v)], dove c è il peso del cemento, A è il volume
dell’acqua e v è il volume dei vuoti contenuti nell’unità di volume di conglomerato fresco e che
evidenza l’influenza che la compattezza del conglomerato fresco ha sulla resistenza a
compressione) e sul fenomeno di parete evidenziato da Caquot (per effetto parete si intende una
diminuzione di compattezza che si riscontra in un miscuglio incoerente in prossimità delle pareti in
cui esso è contenuto poiché in corrispondenza della parete non è possibile che nel vuoto tra due
granuli si inserisca un altro granulo come avviene invece nella massa).
Il fattore di resistenza non dipende solo dalla compattezza ma anche dal dosaggio di cemento C, in
particolare se si aumenta la compattezza a scapito del dosaggio di cemento ne deriva una
diminuzione del fattore di resistenza. Se si sottrae al conglomerato un volume di cemento e la
relativa acqua di presa e lo si sostituisce con uguale volume di inerte e relativa acqua di bagnatura,
essendo quest’ultima minore dell’acqua di presa si avrà un incremento della compattezza a scapito,
però, del dosaggio di cemento con una diminuzione del fattore di resistenza. Dall’esperienza di
Vallette, considerando diversi conglomerati nei quali resta costante l’assortimento granulometrico
ma variando il dosaggio di cemento e considerando diversi assortimenti, si nota che l’aumento della
compattezza a scapito del dosaggio di cemento comporta una riduzione del fattore di resistenza.
Considerando uno stesso dosaggio di cemento però l’aumento della compattezza, relativo ad un
intervento riguardante esclusivamente l’assortimento granulometrico, comporta un incremento del
fattore di resistenza. Per cui non sono i conglomerati più compatti ad essere più resistenti ma a
parità di cemento i conglomerati più resistenti sono quelli più compatti.
Per quel che concerne l’effetto parete determinato dalle casseforme, che si verifica tra le varie classi
degli inerti, la scelta dei diametri medi e del numero di classi di aggregati da impiegare
nell’aggregato misto, deve essere tale da minimizzare questo effetto.
In particolare è possibile calcolare il diametro massimo degli inerti da impiegare in funzione
Lavorabilità
Risulta essere la caratteristica principale del conglomerato allo stato fresco e rappresenta l'attitudine
di un calcestruzzo ad essere impastato, trasportato, posto in opera, in modo da riempire
perfettamente le casseforme e penetrare, quando esistono, tra le armature, compattato e rifinito
senza che si verifichino segregazioni mantenendo immutata l'omogeneità raggiunta dopo il
confezionamento. La lavorabilità è una proprietà che condiziona anche le prestazioni del
calcestruzzo in servizio; interessa, quindi, i più importanti aspetti legati alla realizzazione delle
opere in conglomerato cementizio e costituisce, perciò, il requisito più interessante e più complesso
da prendere in considerazione per un calcestruzzo fresco. Occorre intanto immediatamente notare
che la lavorabilità è influenzata da molteplici parametri; oltre ai requisiti intrinseci del calcestruzzo,
dipendenti dalle caratteristiche e dal dosaggio dell’acqua e del cemento, dalla composizione
granulometrica e dalla natura degli inerti, la lavorabilità è legata anche a numerosi fattori estrinseci
quali, ad esempio, i mezzi per il trasporto e la posa in opera, la forma e la dimensione delle strutture
da realizzare, la disposizione e l’entità delle eventuali armature metalliche, il tempo intercorrente tra
il confezionamento e la posa in opera, le condizioni di temperatura e umidità ambientale.
Al fine di ottenere una buona lavorabilità concorrono due caratteristiche del calcestruzzo allo stato
fresco cioè la fluidità e la plasticità, caratteristiche che spesso vengono confuse tra loro, ma che, al
contrario, sono ben differenti e possono coesistere oppure no.
La fluidità rappresenta l’attitudine di un calcestruzzo a muoversi, con maggiore o minore facilità,
quando è portato con una canaletta da un punto all'altro del cantiere, o trasportato con tubazioni in
pressione, ovvero quando è distribuito in una cassaforma, affinché questa ne sia completamente
riempita. Un calcestruzzo confezionato con un misto granulometrico nel quale l’inerte grosso
predomina potrebbe essere poco fluido. Tuttavia l’esperienza mostra che per eliminare, o almeno
ridurre, tale inconveniente è sufficiente aggiungere all’impasto una certa quantità di acqua che,
riducendo la coesione del calcestruzzo, ne aumenta la fluidità. L’aumento dell’acqua, però, può
provocare la segregazione dell’inerte grosso e, come si dirà in seguito, una riduzione della plasticità
del calcestruzzo. Si può affermare, in conclusione, che un’errata proporzione degli inerti può
portare ad un calcestruzzo poco lavorabile.
La plasticità risulta essere la capacità del calcestruzzo di subire, in misura minore o maggiore,
deformazioni o spostamenti senza perdere la sua coesione e senza dar luogo a segregazione tra gli
elementi che lo compongono. Un conglomerato plastico, nel cui confezionamento si è raggiunta una
buona omogeneità dell’impasto, ovvero nel quale tutti gli elementi di volume dell’impasto sono
caratterizzati da composizione all’incirca costante, conserva tale omogeneità anche durante il
trasporto e la posa in opera. La plasticità richiede essenzialmente la presenza di inerte fino e
pertanto, in difetto di acqua, potrà aversi un conglomerato plastico privo però di fluidità. In tal caso
qualsiasi spostamento potrà avvenire senza dar luogo a segregazione degli inerti, anche se lo
spostamento stesso avverrà con difficoltà.
Concludendo, quindi, un conglomerato potrà dirsi lavorabile se è sufficientemente fluido per
essere trasportato facilmente con i mezzi d’opera esistenti in cantiere e se è sufficientemente
plastico per subire questo trasporto senza segregazioni. Per il calcestruzzo preconfezionato ovvero
per il calcestruzzo preparato in appositi stabilimenti e trasportato in cantiere ancora allo stato
fresco, occorre tenere presente che la lavorabilità dipende dal tempo di percorrenza delle
autobetoniere, dalla temperatura e dall’umidità ambientale. Infatti, durante il trasporto, si ha una
riduzione della lavorabilità del calcestruzzo a causa dell’evaporazione di una parte dell’acqua
dell’impasto, nonché dell’assorbimento della stessa da parte degli inerti e del cemento che inizia la
reazione di idratazione. La riduzione di lavorabilità sarà tanto maggiore quanto maggiori sono la
temperatura ambientale e il tempo intercorso tra il confezionamento e la posa in opera del
calcestruzzo.
Compattabilità
Rappresenta la facilità con la quale l'impasto può essere assestato nella cassaforma e l'aria
intrappolata rimossa.
Mobilità
Rappresenta la facilità con la quale l'impasto fluisce nella cassaforma fino a raggiungere le
zone meno accessibili.
La consistenza
Per consistenza del calcestruzzo allo stato fresco s’intende l’attitudine del miscuglio a conservare la
forma conferitagli. Attraverso la valutazione della consistenza, condotta con particolari prove, è
possibile avere delle indicazioni circa la lavorabilità del calcestruzzo non essendoci ancora la
possibilità di valutarla mediante metodi scientifici validi. La consistenza, in particolare, può essere
misurata con il Cono di Abrams, con la Tavola a scosse (per calcestruzzi umidi e fluidi), con il
Consistometro VEE-BEE (per calcestruzzi rigidi e semi-rigidi che possono essere messi in opera
soltanto mediante vibrazione).
La prova con il Cono di Abrams consente di valutare la consistenza mediante la misura di
abbassamento nel suddetto cono. Essa viene realizzata principalmente in cantiere mediante l’uso di
un recipiente troncoconico in lamiera metallica, senza fondi, appoggiato su una lastra anch’essa
metallica, ed è una valutazione della deformazione che l’impasto subisce per effetto del proprio
peso, quando viene privato del recipiente che lo sostiene. Inizialmente si inumidisce lo stampo e lo
si pone su una superficie rigida, liscia, umida e non assorbente. Si mantiene immobile il cono
durante la fase di riempimento gravando con i piedi sulle due staffe di base. Il riempimento del cono
metallico standardizzato (diametro di base di circa 20 cm, diametro superiore di circa 10 cm e
altezza di circa 30 cm) si esegue in tre strati, ciascuno di altezza pari ad 1/3 della totale. Ogni strato
viene assestato con 25 colpi di un ferro di diametro pari a 16 mm, lungo 60 e arrotondato alle
estremità. Assestato anche lo strato superiore si deve aggiungere altro calcestruzzo per compensare
l'abbassamento di livello del conglomerato, dovuto alla costipazione, al di sotto del bordo superiore.
Subito dopo l'assestamento dell'ultimo strato e la successiva ricarica, si rasa e si liscia la superficie
del calcestruzzo usando il pestello. Si ripulisce la superficie di appoggio dall'eventuale calcestruzzo
caduto durante le fasi di riempimento e si rimuove lo stampo, in un lasso di tempo fra i 5 e i 10
secondi, sollevandolo con cura in direzione verticale ed evitando di provocare movimenti laterali e
di torsione nel calcestruzzo. La prova, dall'inizio del riempimento fino alla rimozione del cono,
deve essere eseguita senza interruzione entro 150 secondi.
Immediatamente dopo la rimozione dello stampo, si misura l'abbassamento al cono S (slump) per
differenza fra l'altezza nominale dello stampo (hm = 300 mm) e quella del punto più alto del
campione hs, con arrotondamento ai 10 mm più prossimi:
S = hm-hs
Dalla misura dell'abbassamento relativo si deduce la classe di consistenza dell'impasto.
Nel momento in cui viene rimosso il cono si possono osservare tre diverse tipologie di
abbassamento:
Regolare: caratterizzato da un abbassamento uniforme
A Taglio: a differenza del caso precedente presenta un abbassamento asimmetrico, indice di
mancanza di coesione.
Collasso autolivellante: situazione tipica di miscele magre o molto umide o calcestruzzi
autolivellanti.
L'abbassamento può avvenire in diversi modi ma l'unico accettabile è lo slump vero, cioè un
abbassamento regolare dell'impasto. Gli altri (slump di taglio, collasso) sono indice di qualche
irregolarità nel confezionamento del calcestruzzo. Quando al primo tentativo si ottiene un
abbassamento per scorrimento (il calcestruzzo si disgrega in qualche sua parte) la prova viene
ripetuta una seconda volta, con un'altra porzione di calcestruzzo, e se viene confermato lo stesso
risultato del precedente tentativo, tutta la fornitura di quel calcestruzzo preso in esame è da scartare
poiché non idoneo al test. Lo slump test non si effettua per il calcestruzzo autolivellante poiché a
causa della sua elevata fluidità lo slump è così elevato da non essere più significativo. In questo
caso vengono utilizzati altre tipologie di test.
In Italia non esiste una normativa ufficiale e la prova è regolamentata dalle norne UNI EN 206 –
2006 e UNI 11104:2004 che prevedono cinque classi di consistenza:
Per quanto riguarda la prova con la tavola a scosse in Italia non esiste una norma che regoli la
prova, si fa pertanto riferimento alla Norma americana ASTM. Viene adoperato anche in questo
caso il cono di Abrams; il riempimento si esegue in due strati, ciascuno di volume pari alla metà di
quello totale. Ogni strato viene assestato con 25 colpi di un tondino di ferro Φ 16, lungo 60 cm e
arrotondato alla sua estremità. La rimozione del cono viene effettuata appena è stato completato il
riempimento ed immediatamente dopo si dà inizio al movimento della tavola con 15 scosse in 15
secondi, con un'altezza di caduta di cm 1,25.
Il calcestruzzo presenta un picco più o meno accentuato all' aumentare della resistenza dello stesso.
In particolare all’aumentare della resistenza si ha una progressiva variazione del legame costitutivo
con un ramo discendente sempre più ripido. Questo è il risultato di un meccanismo di rottura
sempre più fragile al crescere della resistenza della matrice che non consente un danneggiamento
graduale e diffuso. A tal proposito quando si impiegano calcestruzzi ad alta resistenza si
aggiungono delle fibre di diversa natura per consentire una maggiore distribuzione delle
microfessure e quindi una maggiore duttilità, ottenendo un ramo post picco meno ripido.
Un altro aspetto rilevante del tratto discendente è che le macrofessure interessano solo una zona
limitata del provino, la cui estensione è pressoché indipendente dalle dimensioni del provino stesso.
Di conseguenza i risultati sono influenzati da un effetto scala con tratti discendenti apparentemente
più ripidi all’aumentare della lunghezza del provino. Per questo motivo, nei casi in cui si voglia
valutare la duttilità si deve tenere conto dell’effetto scala. In particolare la rottura avviene,
indipendentemente dall’elemento sottoposto a prova, per la formazione di una frattura che presenta
all’incirca le stesse dimensioni (circa 1mm). Pertanto la deformazione ultima, rapporto tra
l’allungamento e la dimensione iniziale, dipende molto dall’altezza del provino.
Le modalità di determinazione della resistenza a compressione monoassiale devono essere
conformate alle norme UNI-EN più aggiornate. Al paragrafo 4.1.2.1.2.1 delle NTC vengono
definite le rappresentazioni analitiche dei legami costitutivi da poter adoperare nei calcoli agli stati
limite. In particolare a questo paragrafo le NTC 2018, in accordo con l’Eurocodice 2, introducono la
relazione tensione-deformazione per il calcestruzzo confinato. Nel capitolo 4 delle N.T.C. (tabella
4.1.I) vengono poi definite le classi di resistenza del calcestruzzo. Tra le modifiche introdotte dalle
NTC 2018 si può notare l’inserimento della classe di resistenza C30/37, fermo restando la
possibilità di continuare ad utilizzare tutte le precedenti.
La Normativa individua diverse classi di resistenza del calcestruzzo in funzione dei valori di
resistenza caratteristica a compressione e della funzione strutturale dello stesso, dove per resistenza
caratteristica si intende il valore di resistenza per la quale si ha il 5% di probabilità di essere
minorato. In particolare, la classe di resistenza è contraddistinta dai valori caratteristici delle
resistenze cubica Rck e cilindrica fck a compressione uniassiale, misurate su provini di dimensioni
standard (cubetti di spigolo 150mm; cilindri di diametro 150mm e altezza 300mm) ed eseguite a 28
giorni di maturazione. Nelle NTC 2018 al paragrafo 11.2.5.3 si precisa che per i cubetti di
calcestruzzo le prove a compressione vanno eseguite conformemente alle norme UNI EN 12390-
3:2009, tra il 28° ed il 30° giorno di maturazione e comunque entro 45 giorni dalla data di prelievo.
In caso di mancato rispetto di tali termini le prove di compressione vanno integrate da quelle riferite
al controllo della resistenza del calcestruzzo in opera. Si ricorda che Rck > fck perché su un cubetto
di cls nel momento in cui viene schiacciato, si può osservare la classica rottura a clessidra causata
dagli effetti di bordo che insorgono durante l’esecuzione della prova nell’interfaccia provino di
calcestruzzo-piastra di carico. Tra le piastre della macchina e il cubetto infatti si crea dell'attrito che
fa sì che nascano degli sforzi tangenziali τ che si vanno a sommare alle tensioni normali σ e che si
sviluppi un effetto di confinamento che ne fa aumentare la resistenza rispetto ad un elemento non
confinato. Il valore maggiore si ottiene su provini cubici per l’effetto bordo più forte che consiste in
una compressione trasversale ai bordi dovuta all’impedimento della dilatazione trasversale per
effetto dell’attrito offerto dalle piastre di carico. Nell’elemento cilindrico, caratterizzato da una
maggiore snellezza, non si risente dell’effetto bordo nella parte centrale del provino.
Per passare dalla resistenza cubica a quella cilindrica si utilizza un coefficiente riduttivo pari a 0,83:
fck = 0,83 Rck
Tale coefficiente 0,83 è dovuto al rapporto tra le aree dei due campioni. Calcolando infatti l’area di
un quadrato e rapportandola a quella di un cerchio inscritto nello stesso, possiamo osservare che il
rapporto tra le aree è pari all’incirca a 0,80.
Come detto in precedenza, possiamo suddividere il calcestruzzo in varie categorie in base al valore
di resistenza a compressione.
La Normativa Italiana prevede diversi modelli del legame costitutivo fra cui il progettista può
scegliere, i quali però sono tutti caratterizzati dallo stesso valore di resistenza di progetto σcd (anche
indicata con il simbolo fcd) e della deformazione ultima del calcestruzzo εcu.
La resistenza di progetto è espressa con la formula:
σcd = αcc (fck/ɣc)
dove:
- fck rappresenta il valore caratteristico della resistenza cilindrica con frattile 5%, ovvero date “n”
prove si ha una probabilità del 5% di avere una resistenza inferiore a quella che caratterizza il tipo
di calcestruzzo.
-ɣc è un coefficiente parziale di sicurezza del materiale che per il calcestruzzo è pari a 1,5
- αcc è un coefficiente che tiene conto della velocità di applicazione del carico. Nei casi reali, a
differenza delle prove di laboratorio, i carichi vengono incrementati su una struttura molto più
lentamente rispetto ai 2-3 minuti di durata della prova. Quindi con un’applicazione dei carichi
molto veloce si hanno dei valori di tensione leggermente più alti e per tener conto di tale fenomeno,
viene utilizzato un coefficiente riduttivo pari a 0,85.
Per quanto riguarda la deformazione ultima del cls, è indicata con il simbolo εcu ed assume un
valore pari al 3,5%o, che rappresenta un valore realistico per elementi in calcestruzzo non confinato.
Ovviamente nel caso di adeguato confinamento, la deformazione ultima del calcestruzzo tende ad
aumentare notevolmente.
In figura possiamo apprezzare le diverse tipologie di andamento del legame costitutivo proposte
dalla Normativa:
Raggiungendo dei valori di tensione più elevati, la microfessurazione interna comincia a crescere e
tende a concentrarsi in una zona del provino dove si innesca il processo di rottura che consiste in un
sistema di microfessure più o meno parallele tra loro, ma discontinue e normali alla direzione del
carico. In tale zona si continuano a trasmettere sforzi di trazione, ma l’intensità di tali sforzi
diminuisce con il crescere dell’apertura delle fessure fino alla formazione di una fessura continua.
Come per la compressione, lo sviluppo del processo di rottura si concentra nella maggior parte dei
casi in una zona limitata con fessure di maggiore estensione o in corrispondenza di un intaglio
preesistente, rendendo discreto il fenomeno della rottura a trazione. La resistenza a trazione si
presenta molto più bassa di quella a compressione, pari a circa il 10%, e può essere determinata con
varie metodologie:
Prova di trazione diretta
Viene utilizzata raramente a causa della difficoltà di afferraggio del provino.
Prova di trazione per flessione
Effettuata su provini prismatici sollecitati a flessione su tre punti e calcolando la resistenza a
trazione in corrispondenza della fibra più tesa nell’ipotesi di elasticità lineare e
conservazione delle sezioni piane
Prova di trazione per spacco
La resistenza viene valutata su provini cilindrici sollecitati a compressione su due generatrici
diametralmente opposte. In tal modo l’azione del carico determina uno stato di tensione
biassiale con trazione normale alla direzione del carico applicato.
A causa delle difficoltà di valutazione della resistenza a trazione, sono state adottate dalle varie
normative, diverse formulazioni che collegano la resistenza a trazione con quella a compressione,
che può essere valutata in maniera assai più agevole:
fctm = 0,30 fck2/3 da utilizzare per classi <C50/60
L’NTC fornisce i valori di fi al tempo infinito per valutare la deformazione viscosa del cls in
diverse condizioni di umidità ambientale, in base al tempo t0 di applicazione del carico e alla
dimensione fittizia h0 espressa come rapporto tra due volte l’area della sezione e il perimetro
esposto all’aria.
I prodotti di corrosione possiedono un volume maggiore del ferro metallico. I fenomeni corrosivi
si possono manifestare con la semplice comparsa di macchie di ruggine sulla superficie esterna
del cls o con fessurazioni e distacchi del copriferro provocati dall’azione espansiva dei prodotti
della corrosione.
Nella vita delle strutture in calcestruzzo armato si possono individuare due fasi:
una fase di innesco della corrosione, in cui si producono i fenomeni che portano alla perdita delle
condizioni di passività, cioè alla distruzione locale o generalizzata del film protettivo, e una fase di
propagazione più o meno veloce dell’attacco, a partire dal momento in cui il film protettivo viene
distrutto.
C’è un primo ramo in cui il fenomeno è piatto perché ancora non si innesca poi una volta
innescato comincia a procedere lungo la barra diminuendo la dimensione dell’armatura.
Per quel che concerne la corrosione promossa dalla carbonatazione si verifica un abbassamento del
PH che passa da 13 ad 8. Il fenomeno è indotto dalla presenza di O2 ed H2O che permeano il
calcestruzzo, ed ha un effetto espansivo che induce fessurazione nel cls.
La carbonatazione è un processo chimico, naturale o artificiale, per cui una sostanza, in presenza
di anidride carbonica, dà luogo alla formazione di carbonati. Tale fenomeno è frequente nei
materiali edili come i leganti quali cemento, calce, ecc. dove l’idrossido di calcio, naturalmente
presente in essi, reagisce con l’anidride carbonica con formazione di carbonato di calcio secondo la
seguente reazione chimica:
La carbonatazione può avere effetti positivi o negativi in funzione del tipo di legante che si ha. Nel
caso del calcestruzzo gli effetti sono negativi. La carbonatazione è infatti una delle cause principali
del degrado del cemento armato, in quanto l’anidride carbonica presente nell’aria, reagendo con i
componenti alcalini del calcestruzzo, riduce il PH, abbassandolo da 13 a 9, e compromette
l’ambiente che costituisce la protezione delle barre di armatura. La presenza di idrossido di calcio fa
sì che il PH del cls giovane sia intorno a 12.5-13. In questo ambiente fortemente alcalino il film di
ossidi che ricopre l’armatura è compatto ed aderente alla superficie del tondino, per cui i ferri di
armatura risultano passivati. Il problema sorge quando l’anidride carbonica presente nell’atmosfera
viene a contatto con il cls. L’anidride carbonica infatti, a partire dagli strati più esterni, neutralizza i
componenti alcalini del cls ed il PH della soluzione presente nei pori passa da valori di 13 a valori
inferiori a 9, scendendo al di sotto di 11.5, valore di PH necessario, in assenza di cloruri, per le
condizioni di passività dell’armatura. Il PH per un cls completamente carbonatato scende a circa
8.5.
La carbonatazione in realtà non costituisce degrado delle caratteristiche meccaniche del
calcestruzzo ma lo è per il cls armato in quanto determina l’innesco della corrosione delle armature.
Se lo strato carbonatato arriva ad interessare il cls che avvolge le armature, con l’abbassamento del
PH va a perdersi la protezione anticorrosiva della pasta cementizia, pertanto il ferro di armatura non
è più passivato per cui si perde il film passivante ed in presenza di umidità ed ossigeno si determina
la formazione di ruggine. La formazione di ruggine oltre a ridurre la sezione dei tondini può causare
il distacco del copriferro (spalling). Questo avviene quando le tensioni che si generano nel
calcestruzzo a causa dei fenomeni espansivi che accompagnano la formazione della ruggine,
superano la resistenza a trazione del materiale.
La carbonatazione segue una legge parabolica del tipo
Corrosione da alcali-silice: In ambiente umido la presenza di alcali, sodio e potassio, nel cemento
e di silice reattiva negli aggregati, innesca la cosiddetta reazione alcali-silice. Negli elementi
strutturali armati si formano lesioni ad andamento lineare parallele al lato lungo del manufatto. Nei
pilastri si generano fessure sulla mezzeria delle facce verticali. Il decorso della reazione alcali-
aggregato richiede in genere tempi molto lunghi (da qualche mese a decine di anni). Il fenomeno è
molto insidioso dal momento che comporta il degrado del cls quando essa è da tempo in esercizio.
Corrosione da cloruri: I cloruri reagiscono con il ferro rendendolo ossidabile. L’ossigeno e
l’acqua provocano l’ossidazione e la corrosione. La corrosione promossa da cloruri si manifesta
diversamente rispetto a quella indotta dalla carbonatazione, in quanto risulta localizzata in alcune
zone (pitting).
Un’altra apparecchiatura in grado di rilevare la presenza del fenomeno della corrosione è il
“Canin”, strumentazione di avanguardia che consente di accertare in maniera totalmente non
distruttiva il potenziale di corrosione delle armature. E’ costituita da una cella galvanica in grado
di generare una corrente elettrica sulla superficie del cls rilevata come campo elettrico. Si
determina il potenziale elettrico sulla superficie del cls. In presenza di variazioni del potenziale
elettrico per unità di lunghezza vengono individuate le aree in cui il gradiente è tale da innescare
il fenomeno della corrosione (ovvero potenziale inferiore a -250mV). Le misurazioni devono
essere effettuate sulla superficie del cls liberata da intonaco o altri rivestimenti, e viene tracciata
una mappa, attraverso un gessetto ad esempio, che individua i nodi in cui effettuare le misure.
Un potenziale corrosivo accettabile varia tra +100 e -200mV.
La prevenzione della corrosione delle armature e delle altre forme di degrado interessa tutte le fasi
che portano alla realizzazione di un’opera in cls. Infatti già durante la fase di progettazione si deve
verificare che:
la tipologia dell’opera deve consentire l’accessibilità all’ispezione e alla manutenzione;
lo schema strutturale deve essere tale da limitare al minimo la fessurazione del cls;
il progetto dei dettagli costruttivi deve evitare geometrie complesse, spigoli vivi,
addensamenti di armature.
In sede di messa in opera:
l’impasto non deve segregare durante il trasporto e la posa in opera;
la vibrazione va eseguita per ottenere la massima compattazione possibile, senza
segregazione;
gli effettivi spessori di copriferro devono corrispondere a quelli di progetto;
le condizioni di temperatura e di umidità vanno mantenute ottimali per un periodo
sufficientemente lungo, per consentire l’idratazione del cemento.
Cicli di gelo disgelo: Il congelamento dell’acqua contenuta nei pori provoca un aumento di volume
capace di esercitare una pressione che rigonfia il materiale e lo distrugge progressivamente con
l’alternarsi dei cicli gelo-disgelo. Quando l’acqua gela in una cavità capillare della pasta di
cemento, aumenta di volume di circa il 9% e genera una pressione idraulica. Se il grado di
saturazione del cls è superiore al 91.7%, grado di saturazione critica, l’aumento di volume
dell’acqua, provocato dal congelamento, non è più in grado di essere contenuto all’interno dei pori
non ancora saturi di acqua, generando all’interno del conglomerato pressioni capaci di distruggere
progressivamente il cls, soprattutto se il fenomeno si ripete ciclicamente.
Fondamentale è poi la definizione della classe di esposizione tra quelle previste dalle linee guida
UNI EN206-1, di carattere prescrittivo e che, trascurando gli aspetti informativi, fornisce
direttamente al progettista criteri per la realizzazione di opere durevoli.
Al loro interno vengono definite le classi di esposizione, riferite alle condizioni ambientali di
esercizio del cls.
La importante novità che si accompagna alla progettazione del calcestruzzo è l’idea che esso debba
essere progettato non solo in funzione della resistenza designata ma anche, ed in parallelo, per
superare indenne i processi di degrado ed alterazione (durabilità).
Per progettare un cls durevole dobbiamo tenere conto della classe di esposizione ambientale in cui
questo si trova (non va considerato l’intonaco). Vengono considerate 6 classi di esposizione
ambientale. Le differenti sottoclassi consentono di differenziare l’intensità delle azioni di degrado.
Prevenzione
Il calcestruzzo non si danneggia anche se possiede un certo grado di saturazione (volume
acqua/volume pori), purché questo sia inferiore ad una determinata soglia definita di saturazione
critica.
Questo principio è incentrato su 3 regole pratiche:
a) impiego di aggregato lapideo non gelivo;
b) riduzione della microporosità capillare;
c) realizzazione di pori a grande dimensione in forma di bolle d’aria inglobate nella matrice
cementizia, impiegando additivi che modificano la tensione superficiale dell’acqua (tensio-
attivi) e favoriscono la formazione di bolle d’aria con l’agitazione dell’impasto in betoniera.
Poiché la presenza delle bolle d’aria, comporta una riduzione della Rck di circa il 20%
rispetto al corrispondente cls senza agente aerante, il potenziale abbattimento della Rck deve
essere compensato con il rinforzo della matrice cementizia con una riduzione nel rapporto
a/c: a parità di Rck un cls aerato resistente al gelo richiede circa 30kg/m3 in più di cemento
rispetto al cls non aerato e non resistente al gelo.
Controllo di tipo A
Ogni controllo di tipo A è riferito ad un quantitativo di miscela omogenea non maggiore di 300 m3
ed è costituito da tre prelievi, ciascuno dei quali eseguito su un massimo di 100 m3 di getto di
miscela omogenea. Risulta quindi un controllo di accettazione ogni 300 m3 massimo di getto. Per
ogni giorno di getto va comunque effettuato almeno un prelievo.
Si supponga di utilizzare un volume complessivo di calcestruzzo omogeneo pari a 250 m3 in tre
differenti giornate di getto, rispettivamente nelle quantità di 75, 90 e 85 m3. Per ottemperare alle
disposizioni di legge riguardo al controllo di accettazione di tipo A si dovranno prelevare 3 coppie
di cubetti, una per giorno di getto. Ove invece lo stesso volume di conglomerato fosse posto in
opera in due giorni (rispettivamente 175 e 75 m3, ad esempio) occorrerà prelevare 2 coppie di cubi
il primo giorno e una coppia il secondo o viceversa.
Nelle costruzioni con meno di 100 m3 di getto di miscela omogenea, fermo restando l’obbligo di
almeno 3 prelievi e del rispetto delle limitazioni di cui sopra, è consentito derogare dall’obbligo di
prelievo giornaliero.
Controllo di tipo B
Nella realizzazione di opere strutturali che richiedano l’impiego di più di 1500 m3 di miscela
omogenea è obbligatorio il controllo di accettazione di tipo statistico (tipo B).
Il controllo è riferito ad una miscela omogenea e va eseguito con frequenza non minore di un
controllo ogni 1500 m3 di calcestruzzo. Ogni controllo di accettazione di tipo B è costituito da
almeno 15 prelievi, ciascuno dei quali eseguito su 100 m3 di getto di miscela omogenea. Per ogni
giorno di getto va comunque effettuato almeno un prelievo.
Se si eseguono controlli statistici accurati, l’interpretazione dei risultati sperimentali può essere
svolta con i metodi completi dell’analisi statistica assumendo la legge di distribuzione più corretta e
il suo valor medio, unitamente al coefficiente di variazione (rapporto tra deviazione standard e
valore medio). Non sono accettabili calcestruzzi con coefficiente di variazione superiore a 0,3. Per
calcestruzzi con coefficiente di variazione (s/Rm) superiore a 0,15 occorrono controlli più accurati,
integrati con prove complementari.
Infine, la resistenza caratteristica Rck di progetto dovrà essere minore del valore sperimentale
corrispondente al frattile inferiore 5% delle resistenze di prelievo e la resistenza minima di prelievo
Rc,min dovrà essere maggiore del valore corrispondente al frattile inferiore 1%.
Confezionamento e trasporto
La confezione del calcestruzzo, cioè l’esecuzione dell’impasto dei vari elementi, è una operazione
molto importante, dalla quale dipende l’omogeneità del calcestruzzo stesso. Il cemento può essere
fornito sfuso o in sacchi; questi sono costituiti da un doppio foglio di carta molto resistente, con una
quantità di 25 Kg di cemento, abbastanza facili da prendere e trasportare a mano. I sacchi devono
essere conservati in ambiente asciutto ed arieggiato, preferibilmente coperto. Il cemento conservato
per lungo tempo in magazzino può essere utilizzato solo su parti non molto sollecitate in quanto
durante il lungo periodo può aver perso le proprie caratteristiche. La confezionatura può essere fatta
a mano o con apposite macchine chiamate betoniere. La confezionatura a mano è ormai
completamente abbandonata anche nei piccoli cantieri a favore della betoniera, la quale permette di
avere un impasto mescolato in maniera più omogenea risparmiando tempo e materiale. La betoniera
viene utilizzata per quantità ridotte, nel caso di getti più consistenti, il calcestruzzo viene portato
dalle autobetoniere o preparato direttamente in cantiere con la centrale di betonaggio.
Un sistema più facile e che permette una miglior conservazione del cemento, è l’utilizzo di silos
metallici (Centrali di Betonaggio), dotati, in genere, di un sistema automatico di gestione della
produzione e della registrazione delle pesate.
Quando il cantiere non è dotato di centrale di betonaggio, si può impiegare il “calcestruzzo pre-
confezionato”. Oggi è quasi scomparso il confezionamento di calcestruzzo "a composizione" o "a
dosaggio", in cui si specifica la quantità dei singoli componenti. Si tende infatti a richiedere un
calcestruzzo con prestazioni ben definite per la sua composizione, tenendo conto di numerose
variabili quali resistenza, durabilità, aggressività dell'ambiente, contenuto d'aria inglobata, rapporto
acqua/cemento, additivi ecc. Il trasporto non influisce sulle qualità del cls. Tuttavia, durante il
trasporto avvengono variazioni di lavorabilità che possono essere influenzate dai metodi e tempi di
trasporto e dalle condizioni ambientali. Le caratteristiche dell’impasto che influiscono sulla perdita
di lavorabilità sono: •tenore di acqua di impasto, •tipo di cemento ed eventuale presenza di additivi,
•temperatura iniziale dell’impasto. Quanto alle condizioni ambientali, la temperatura influisce sulla
velocità di presa e sull’evaporazione dell’acqua. Il dosaggio di acqua dovrebbe essere tale da
assicurare la lavorabilità voluta al momento dello scarico del cls, senza dover eseguire aggiunte di
acqua in cantiere. Il calcestruzzo, una volta in cantiere, va gettato in un'apposita cassaforma. Esso,
infatti, ha l'apparenza di un fluido denso privo di forma: la cassaforma serve, appunto, a dare forma
al calcestruzzo e a creare, scale, pilastri, travi, solai, solette, fondazioni.
Affinché non restino nel calcestruzzo delle bolle d’aria ed affinché esso vada ad inglobare
completamente l’armatura, si esegue, subito dopo il getto, una operazione di costipamento, per lo
più attraverso apparecchi vibranti ad immersione nel cls fresco. La vibrazione ben eseguita provoca
la massima compattezza, un buon assestamento della massa, l’eliminazione delle bolle d’aria e lo
scolamento dell’acqua superflua, oltre a creare pericolose discontinuità nel materiale.
Getto
L’operazione di posa in opera del calcestruzzo consiste nel gettare l’impasto nelle apposite
casseforme prima che abbia inizio la fase di presa del cemento. Il sistema più semplice è l’utilizzo
di gru a braccio e benna, la quale può scaricare il calcestruzzo direttamente nel punto interessato. In
questo caso l’operazione non presenta particolari inconvenienti. Quando invece occorre trasportare
e travasare il calcestruzzo, si deve fare attenzione affinché i componenti non si separino, in quanto
gli inerti più grossi tendono a spostarsi verso il basso, mentre la sabbia e l’acqua risalgono verso la
superficie.
Per evitare questo problema è necessario che il calcestruzzo non subisca eccessivi scuotimenti, che
non sia lasciato cadere da altezze notevoli e che non sia fatto scorrere in scivoli troppo larghi e
lunghi.
Il getto del calcestruzzo deve avvenire sempre a tratti orizzontali di spessore variabile a seconda
della dimensione massima degli inerti e del mezzo che viene impiegato per il costipamento. Se il
calcestruzzo è assestato a mano, lo spessore sarà non maggiore di cm 15, mentre se il costipamento
viene effettuato mediante vibratori, lo strato può essere anche di 40/50 cm. Un’altra tecnica che
viene ultimamente utilizzata, è il pompaggio con mezzi meccanici, sistema che permette tutt’ora di
gettare 20/25 mc di calcestruzzo in 1 ora ad una distanza di 150 metri ed una altezza di 75 mt.
Stagionatura
L’indurimento del calcestruzzo è conseguenza del processo d’idratazione del cemento, il quale è
funzione della temperatura ambientale in cui avviene la stagionatura. Se la temperatura si mantiene
entro i 15/25 °C, con elevato tasso di umidità, l’indurimento lo si può considerare completato dopo
28 giorni.
Tra le novità introdotte dalle NTC 2018 si segnala l’inserimento del paragrafo 11.2.12 dedicato al
calcestruzzo fibrorinforzato. Le NTC 2018 introducono questo nuovo materiale, attualmente
proposto in importanti documenti internazionali. Si evidenzia che in accordo alle prescrizioni delle
NTC, il materiale dovrà essere fornito a prestazione garantita dal produttore di calcestruzzo e questo
rappresenta un grande vantaggio per i progettisti che potranno assumere specifici valori delle
prestazioni del materiale che verranno poi trasmessi nelle prescrizioni progettuali. Per la
qualificazione del calcestruzzo fibrorinforzato e la progettazione di strutture che ne prevedano
l’uso, le NTC 2018 stabiliscono che si dovrà fare esclusivo riferimento a specifiche disposizioni
emanate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.