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11.

2 APPROCCIO DIAGNOSTICO

Per un’adeguata prevenzione dei danni causati da calamità naturali è necessario migliorare il livello
di conoscenza dell'edificio e rilevarne le anomalie e le vulnerabilità, strutturali e non strutturali, da
correggere per tempo. Negli edifici esistenti le situazioni concretamente riscontrabili sono le più
diverse ed è quindi impossibile prevedere regole specifiche per tutti i casi. Di conseguenza, il
modello per la valutazione della sicurezza dovrà essere definito e giustificato dal progettista, caso
per caso, in relazione al comportamento strutturale attendibile della costruzione. Per una corretta
individuazione del sistema strutturale esistente e del suo stato di sollecitazione è
importante ricostruire il processo di realizzazione e le successive modifiche subite nel tempo dal
manufatto, nonché gli eventi che lo hanno interessato.
Prima di procedere alla definizione di un intervento di ripristino (in termini di materiali, sistemi,
tecniche e cantieristica) è indispensabile definire le cause che hanno promosso gli effetti
macroscopici dell’alterazione, del degrado e/o del dissesto dei singoli elementi in c.a. ed
eventualmente dell'opera nel suo complesso. Questo obiettivo è fondamentale nella manutenzione
delle strutture esistenti, poiché il fine primario dell’intervento è rappresentato proprio
dall'eliminazione delle cause responsabili delle patologie e/o delle carenze di cui l'opera è affetta. Al
fine di risalire agevolmente alle cause delle alterazioni rilevate, non sempre immediatamente
individuabili mediante la semplice osservazione del manufatto (il sopralluogo), potrà risultare
necessario avvalersi di alcune tecniche di indagine per determinare le caratteristiche chimico-fisiche
dei materiali da costruzione, misurarne le prestazioni residue dal punto di vista meccanico ed
elastico, valutare se, inoltre, l'acciaio o il calcestruzzo sono interessati da alterazioni di tipo chimico
e/o elettrochimico prodotte dall'ambiente esterno o da cause endogene (legate, per esempio, ad
errori nella scelta dei costituenti per il confezionamento del conglomerato).
La diagnosi degli stati di alterazione/degrado e/o dissesto di una struttura in calcestruzzo armato
deve avvenire, pertanto, attraverso un percorso metodologico che si basa innanzitutto sull'analisi
visiva del manufatto in occasione del quale si procederà non solo al rilevamento delle patologie di
cui l'opera è affetta (fessure, zone di anomalo ristagno dell'acqua, espulsioni di parti di calcestruzzo,
presenza di armature corrose, ecc.), ma anche all'acquisizione di informazioni (dati storico-
geografici) che riguardano l'opera durante e dopo la sua costruzione, il sito ove la stessa è stata
realizzata, le condizioni al contorno (edifici o strutture adiacenti, eventuali scavi effettuati
successivamente alla costruzione dell'opera oggetto di indagine, ecc.). I dati rilevati dalla semplice
osservazione visiva e quelli storico-geografici possono essere sufficienti, nei casi più semplici, per
emettere una diagnosi definitiva. Molto più spesso, invece, essi consentono di emettere soltanto un
sospetto diagnostico, sulla base del quale verranno effettuate delle indagini mirate (in situ o in
laboratorio) che consentiranno di ampliare la conoscenza del manufatto e che condurranno,
dapprima, alla diagnosi vera e propria e, successivamente, alla definizione delle terapie da
intraprendere (gli interventi di manutenzione e restauro da attuare).
Per effettuare una buona diagnosi su di un edificio occorre:
 Ricerca della documentazione storica e tecnica:
- Data di costruzione: l’obbligo di depositare il progetto al genio civile è entrato in vigore nel
1971;
- Normativa di riferimento.
 Estesa analisi visiva con sopralluoghi
 Rilievo completo strutturale con prime indagini e strumenti (termocamera e pacometro) per
individuare tipologia strutturale, elementi portanti, orditura solai...
 Simulazione di progetto così come è stato progettato alla data di costruzione e non con i codici
attuali. Dalla simulazione si ottiene una prima analisi di massima.
 Analisi di massima con attuali codici normativi
Dopo l’analisi di massima bisogna effettuare una scelta in base ai risultati ottenuti, ossia in base a
se l’edificio è verificato o meno con gli attuali codici normativi:

1. Se l’edificio è verificato ottengo un valore della sicurezza strutturale, valutata con


coefficienti che sono il rapporto tra le azioni di progetto e l’accelerazione massima che può
subire l’edificio senza superare gli stati limite. Si ottiene così una valutazione di sicurezza
2. Se l’edificio non è verificato entra in gioco la diagnostica e si fissa il protocollo di prova
(tutte le tipologie di indagine che si possono eseguire su un’opera) e il piano di indagine
(indagini scelte).

Le tipologie di prove che possono essere effettuate sugli edifici sono classificate in due grandi
categorie: Prove distruttive e Prove non distruttive.

A seconda del tipo di edificio che si studia, sia esso in c.a. o in muratura o in acciaio, è possibile
scegliere quale tipo di prova utilizzare.

Si distingue così il protocollo di indagine dal piano di indagine: il primo indica tutti i tipi di prova
che possono essere eseguiti su una specifica tipologia strutturale; il secondo è la specificazione del
protocollo riferito al caso reale, indica quindi quali tipi di prove fare, quante farne e dove esse
saranno eseguite.

11.2.1 PROVE DISTRUTTIVE


Le prove distruttive producono una alterazione alla struttura, quindi devono essere accuratamente
programmate. Queste sono intese a definire le caratteristiche principali dei materiali (proprietà
fisiche, chimiche, meccaniche, ecc); si ha una conoscenza diretta dei materiali e delle strutture
indagate.

11.2.1.1 Prove distruttive per edifici in c.a.


11.2.1.1.1 Carotatrice
Si determina il valore della resistenza a compressione di un conglomerato cementizio attraverso
prove di compressione effettuate in laboratorio su provini cilindrici prelevati in sito mediante la
carotatrice.

E’ costituita da un trapano con una punta diamantata. Viene poggiata all’elemento strutturale. C’è
una guida che serve per far scorrere il trapano che taglia il campione di calcestruzzo cilindrico. Vi è
un’asta che serve per entrare in maniera perfettamente perpendicolare alla superficie per asportare
un campione cilindrico. Il campione cilindrico viene asportato grazie ad una fustella con punta
diamantata che permette di tagliare il campione cilindrico e poi estrarlo. Si fa una prova di
schiacciamento sul provino cilindrico e se ne definisce la resistenza.

La tecnica si può applicare a travi e pilasti, è necessario prestare particolare attenzione a non
prendere le armature ed alle operazioni di prelievo. L’apparecchio infatti fa un buco nell’elemento e
perturba quella che è la resistenza del calcestruzzo. Mentre il disturbo arrecato in fase di
penetrazione è facilmente eliminabile più complesso è ridurlo in fase di estrazione. Quando si fa la
carota questa, se non è passante, resta vincolata alla parte terminale, va rimossa rompendo per
trazione visto che la resistenza a trazione del calcestruzzo è 10 volte più piccola di quella a
compressione.
Altro problema consiste nel dove fare questi prelievi. La tabella dei livelli di conoscenza fornisce
solo il numero di prove da fare, numero che si vuole sottolineare è puramente indicativo, ma non
dice dove farle.
E’ buona norma nei pilasti fare il prelievo nella zona centrale dove le caratteristiche sono
intermedie, le sollecitazioni sono minime e non si hanno problemi di “accumulo degli inerti dovuto
alla gravità”.

Per quanto riguarda la trave bisogna stabilire dove eseguire il prelievo in lunghezza ed in altezza.
Non c’è il problema del getto, si sceglie sempre la zona in cui l’elemento è meno sollecitato, il
problema è se eseguire il prelievo nella parte alta o bassa della sezione. Se infatti si considera una
sezione semplicemente inflessa a semplice armatura, ci sarà una zona tesa ed una compressa di
calcestruzzo. Qualora si esegua il prelievo nella zona tesa di calcestruzzo si starebbe commettendo
un errore dato dal fatto che tale zona serve semplicemente per inglobare le armature all’interno
dell’elemento strutturale e non ai fini del calcolo strutturale; si sta provando una parte di
calcestruzzo necessariamente microfessurata e dunque di caratteristiche più scadenti. Le travi hanno
generalmente vincoli laterali che sono più di un appoggio e meno di un incastro e se soggette a
carichi verticali hanno un diagramma del momento di segno variabile che comporta una posizione
della zona tesa e compressa variabile lungo l’elemento, difficile risulta stabilire dove effettuare il
prelievo. Si punta alla zona di annullamento del momento, ma non è nota perché se si sta facendo
diagnostica lo schema strutturale non è noto e ciò risulta complicato (se si è a destra della sezione di
M nullo le fibre tese sono quelle inferiori se si è nella zona a sinistra le fibre tese sono quelle
inferiori); di buona norma ci si pone ad una distanza dall’estremità pari a (1/5 : 1/6) della luce.

11.2.1.1.2 Prelievo di campioni mediante carotaggio


Si devono prendere in considerazione le seguenti avvertenze:
- Il diametro delle carote deve essere almeno superiore a tre volte il diametro massimo degli
aggregati (i diametri consigliati sono compresi tra 75 e 150 mm)
- Le carote destinate alla valutazione della resistenza non dovrebbero contenere ferri d’armatura,
(si devono scartare i provini contenenti barre d’armatura inclinate o parallele all’asse)
- Per ottenere la stima attendibile della resistenza di un’area di prova devono essere
prelevate e provate almeno tre carote,
- Il rapporto lunghezza diametro dei provini deve essere possibilmente uguale a due (2), si deve
evitare che i provini abbiano snellezza (rapporto lunghezza/diametro) inferiore a 1 o superiore a 2,
- I campioni estratti (e i provini) devono essere protetti nelle fasi di lavorazione e di deposito
rispetto all’essiccazione all’aria. A meno di diversa prescrizione, le prove di compressione devono
essere eseguite su provini umidi.
- Nel programmare l’estrazione dei campioni si deve tener conto che la resistenza del calcestruzzo
dipende dalla posizione o giacitura del getto.
È necessario verificare accuratamente, prima di sottoporre i campioni alla prova di compressione,
la planarità ed ortogonalità delle superfici d’appoggio; infatti, la lavorazione o preparazione
inadeguata dei provini porta a risultati erronei. Il semplice taglio e la molatura delle superfici di
prova può non soddisfare i requisiti di parallelismo e planarità richiesti dalle norme.”
La prova di compressione avviene su una pressa caratterizzata da un piatto fisso inferiore vincolato
al pistone; questo piatto scorre verso l’alto e conferisce una forza di compressione mentre il piatto
di contrasto superiore di solito ha una cerniera sferica regolabile in funzione della planarità del
campione quindi il controllo di planarità è opportuno perché in questa configurazione si potrebbe
avere che il carico non risulta perfettamente centrato e quindi si avrebbe una componente
flessionale in quanto non si tratta più di sforzo normale centrato. E’ necessario inoltre assicurarsi
che il carico si distribuisca in maniera uniforme sul cubetto; in generale, quando si eseguono le
prove di compressione sui campioni prelevati o realizzati al momento del getto, bisogna stare attenti
alla classificazione della rottura, cioè in generale se abbiamo un provino cubico si dovrebbe
rompere a clessidra, se cilindrico la rottura dovrebbe essere lo stesso a clessidra ma, mentre nel
primo caso si sviluppa con piramide a base quadrata, nel secondo sono due coni.
La norma UNI fornisce anche i tipi di rottura che non possono essere accettati: ad esempio la rottura
di un campione in questo modo a rigore non è accettabile, cioè quel valore di schiacciamento
non dovrebbe essere preso a riferimento.

11.2.1.1.3 Elaborazione dei risultati


- il valore medio della resistenza cilindrica (resistenza media) è pari al valore di resistenza
della carota sommata per le carote diviso il numero di carote;
- viene stabilito un valore minimo della resistenza cilindrica accettabile fc,min che è pari alla
resistenza minima dei campioni prelevati + 4;
- s è lo scarto quadratico medio che ha senso o meno a seconda del numero di carote, dunque,
quando abbiamo 15 carote ha senso mentre, per un numero minore non ne ha (per 3 carote
non ha senso parlare di varianza);
- tra il minimo (3 carote) ed il massimo (15 carote) ci possono essere una serie di casi
intermedi in cui si può valutare un coefficiente k che tiene conto in maniera approssimata
della scarto quadratico in quanto all’aumentare del numero di carote, k diminuisce ed in
particolare:
o k=4 nel caso in cui abbiamo dai 10 ai 14 campioni da testare,
o k=5 nel caso in cui abbiamo dai 7 ai 9 campioni da testare,
o k=6 nel caso in cui abbiamo dai 4 ai 6 campioni da testare.
Se abbiamo 3 campioni da testare il k non ci interessa più, mentre se abbiamo un numero >
di 15, k diventerà lo scarto quadratico medio calcolato sul numero di campioni.
11.2.1.2 Prove distruttive relative ad edifici in muratura
11.2.1.2.1 Martinetto singolo
In questo caso la prova ha lo scopo di determinare la tensione (in kg/cm2) esistente in una zona di
muratura.
L’attrezzatura è costituita da:
- Martinetto piatto: è una specie di cuscino in metallo con buone caratteristiche di elasticità e di
dimensioni variabili (solitamente 40 x 25 x 0.8 cm) che si può gonfiare immettendo olio per mezzo
di un'apposita pompa ad esso collegata.
- Riscontri metallici da incollare al muro (servono di riferimento al deformometro meccanico per
effettuare le misure di deformazione della muratura all’intorno della tasca contenete il martinetto)
- Deformometro meccanico millesimale per le misure di cui sopra
- Pompa idraulica munita di manometro per la messa in pressione controllata del martinetto
Questo tipo di prova serve per leggere esclusivamente la tensione di esercizio della muratura,
sfruttando la tecnica del rilascio.

Il martinetto consiste in una camera d’aria espandibile collegata a due tubicini che permettono di
pompare olio all’interno della camera. Esistono martinetti di forme differenti (quadrata,
rettangolare, semicircolare) che si usano a seconda della regolarità o meno della muratura.

La prova si articola in più fasi:


 Si misura la distanza dei punti posti in verticale sulla muratura tramite degli estensimetri
strumentati con dei comparatori (3 max 5, sempre dispari per evitare effetti di bordo);
 Si esegue il taglio, a questo punto la muratura “si siede” sul taglio fatto e si perde parte
dell’energia iniziale. Ora la distanza tra i due punti di partenza è cambiata.
 Inserisco il martinetto nel taglio e pomperò olio fino a raggiungere una pressione dell’olio
tale che mi fa ritornare in equilibrio la muratura, ossia quando la distanza tra i due punti
sulla muratura è tornata al valore di partenza. In quel momento la pressione che leggo sul
martinetto è legata alla tensione di esercizio della muratura.
La tensione di esercizio del martinetto si valuta come:

σes= p*Ka*Kb
Dove p è la pressione letta sul manometro, Ka è un coefficiente che tiene conto del tipo di
martinetto, Kb tiene conto della differenza geometrica che c’è tra taglio effettuato e
dimensione in pianta del martinetto.

11.2.1.2.2 Martinetti doppi


Di solito al martinetto singolo si associa una prova con martinetto doppio. Dopo aver eseguito una
prova con martinetto singolo si esegue una prova con martinetto doppio che ha la capacità di fornire
la resistenza media della muratura a compressione e il modulo elastico longitudinale della muratura,
oltre al coefficiente di Poisson.

Ad una distanza di 50 cm dal primo martinetto singolo si inserisce il secondo martinetto, questa
volta le barre estensimetriche dovranno essere comprese tra i due martinetti. La prova ha lo scopo di
determinare graficamente il modulo elastico (E) di una porzione di muratura di volume 40 x 50 x 25
cm circa, e valutare la resistenza delle murature basandosi sulla costruzione di una curva sforzi
deformazioni.

L’attrezzatura è costituita da:

- due martinetti piatti: identici quello descritto nel martinetto piatto singolo
- pompa con manometro
- riscontri metallici da incollare al muro
- deformometro millesimale
Il valore dello sforzo di compressione monoassiale tra i martinetti può essere valutato con la
formula

Per conoscere il modulo elastico invece occorrono le barre estensimetriche, sottoponendo la


muratura a cicli di carico-scaricoba vari livelli di carico. Il modulo di elasticità, che è funzione dello
stato tensionale iniziale, lo si può ricavare come E = Δσ/ Δε cioè pari al rapporto tra gli incrementi
di tensione e quelli di deformazione a partire dallo stato tensionale iniziale. Si dovrebbe però anche
fornire resistenza a trazione e modulo elastico nell’altra direzione soprattutto quando il materiale
non è isotropo. Da queste nascono altre tecniche che misurano modulo G e la resistenza a taglio. Per
valutare questi valori esistono due tipi di martinetti:
 Martinetti alla Jurina valuta la curva intrinseca, τ, G
 Martinetto alla Caliò τ e G

11.2.2 PROVE NON DISTRUTTIVE


Le prove non distruttive comprendono metodi di indagine che non inducono perturbazioni sulla struttura.

11.2.2.1 Termografia
L'energia radiante di un oggetto è una funzione della temperatura superficiale, questa è
condizionata, in un materiale, dalla conducibilità termica e dal calore specifico che traducono in
termini quantitativi rispettivamente l'attitudine del materiale stesso a trasmettere il calore e a
ritenerlo. Il termografo è una telecamera che rileva e misura immagini nella banda di frequenza
dell’infrarosso consentendo di “vedere “i diversi livelli di energia termica emessi da un oggetto.
L’energia termica od infrarossa è la parte non visibile dello spettro luminoso poiché la sua
lunghezza d’onda è tale che non può essere vista dall’occhio umano, infatti essa è la parte dello
spettro elettromagnetico che noi percepiamo come calore.
La termografia infrarossa è una tecnica non distruttiva in grado di determinare le temperature di una
superficie attraverso la misura della radiazione infrarossa emessa. Tale emissione di energia emessa
sotto forma di calore, può essere collegata alla temperatura di un corpo tramite la legge di Stefan-

Boltzmann

Dove Q è la quantità di energia emessa dal corpo, A è la superficie del corpo, σ è la costante di
Boltzmann, T la temperatura, ε è l’emissività.

La termografia è un’immagine a colori in cui a ogni colore corrisponde una temperatura e con
questo non vuol dire che la strumentazione legge la temperatura. Legge la radiazione infrarossa
emessa dal corpo. Ogni corpo attraverso una costante (remissività del corpo) a qualsiasi temperatura
tranne allo zero assoluto emette delle radiazioni all’infrarosso. Più è alta la temperatura di un
oggetto maggiore è l’energia IR emessa: questo è il motivo per il quale colleghiamo il calore con
l’utilizzo della termo camera.

11.2.2.2 Pacometro
È un tipo di prova non distruttiva che permette di rilevare la presenza delle armature, sfruttando i
principi di induzione elettromagnetica. Esso è composto da un’unità di emissione/lettura del campo
magnetico e da una sonda emittente/ricevente il campo magnetico. La sonda è fatta scorrere lungo
la superficie e dall’assorbimento del campo magnetico si è in grado di determinare la posizione
delle armature, lo spessore del copriferro e con buona approssimazione il diametro delle armature. Il
legame fisico che è dietro l’utilizzo dello strumento consiste in un’equazione in due incognite, che
sono il diametro della barra ed il copriferro. La determinazione del copriferro e del diametro non
sarebbe univoca, dunque per avere la misura precisa di queste bisognerebbe fare almeno un saggio
diretto ovvero vedere in un punto il diametro quant’è, in modo che poi per correlazione si possa
sapere negli altri punti quanto vale. La tecnica prevede che sia rimosso l’intonaco.

11.2.2.3 Sclerometro
È una prova non distruttiva che permette di stimare la resistenza di un materiale. È uno strumento a
massa battente libera di scorrere al suo interno, ha un’asta al suo interno che viene caricata da una
molla. L’asta è rilasciata contro il pilastro/ trave con colpo noto ovvero con energia nota, essendo
nota la massa che va a battere. Per una questione fisica quando la massa colpisce contro l’elemento
rimbalza e dal rimbalzo si può sapere quanto è dura quella superficie e dunque quanto è resistente.
E’ utile ad esempio quando si vuole conoscere la resistenza di un travetto di un solaio, infatti, non si
eseguono carotaggi ma prove sclerometriche. Lo strumento può essere applicato con diverse
inclinazioni rispetto alla superficie esaminata: si può puntare verso l’alto, verso il basso, ad esempio
se si punta verso l’altro la forza di gravità fa si che si abbia un indice di rimbalzo più grande.
Lo strumento restituisce l’Indice di Rimbalzo, parametro attraverso il quale è possibile valutare la
resistenza del materiale.
Sono disponibili curve di correlazione che presentano sull’asse dell’ascisse l’indice di rimbalzo e su
quello delle ordinate la resistenza a compressione. Si entra con l’indice di rimbalzo e si legge la Rc.
Fondamentale è la fase di taratura dello strumento che deve essere eseguita prima di ogni utilizzo, la
curva di taratura è fornita con lo strumento.

11.2.2.4 Pull-out
Prova semidistruttiva che permette di stimare in modo indiretto la resistenza a compressione del cls.
La prova consiste nell’inserire dei tasselli all’interno dell’elemento strutturale, tasselli che possono
essere anche pre inglobati (nel caso di strutture prefabbricate), collegare i tasselli ad un martinetto,
estrarre il tassello e dalla forza di estrazione che è legata alla resistenza a trazione si determina in
maniera indiretta la resistenza a compressione. Il problema però è che quando si estrae il tassello, in
funzione del diametro di quest’ultimo, si avrà un certo cono di materiale estratto, generalmente di
3,5 cm di diametro con generatrici inclinate a circa 45°, quindi l’interferro delle barre deve essere
sufficiente per l’estrazione; in più vi è l’effetto dell’ingranamento degli inerti, fenomeno che
potrebbe alterare il valore di resistenza ottenuto. Si fanno 3 prove per ottenerne un valore medio: vi
è sia la possibilità di rapportare la forza esplicata dal martinetto, all’area della superficie laterale
conica, sia la possibilità di utilizzare le curve di taratura dedicate allo strumento.

11.2.2.5 Pull-off
Prova per determinare in maniera indiretta la resistenza a compressione del cls tramite resistenza a
trazione. Viene utilizzato un primo carotiere per creare un distacco tra un elemento cilindrico
isolato nell’elemento strutturale; successivamente si passa ad un carotiere più grande per asportare
materiale sulle pareti laterali, così da ottenere 2 dentini di appoggio per far sì che un meccanismo
con martinetto possa staccare questa carota. La forza impressa dal martinetto è correlata alla
resistenza a trazione del cls, che a sua volta può essere “trasformata” in resistenza a compressione
del cls.

11.2.2.6 Sonda Windsor


Prova che determina in maniera indiretta la resistenza a compressione del cls. La sonda windsor è
simile al pull out, cambia semplicemente la modalità con la quale si interagisce con l’elemento.
L’attrezzatura è’ formata da una pistola che viene caricata con il tassello che questa volta viene
sparato all’interno dell’elemento strutturale. Si misura la profondità di penetrazione tramite un
apposito calibro e da questa si ricava la resistenza. Si capisce perché questa fornisca una misura
indiretta della resistenza a compressione. Il principio che è alla base è che più è duro un materiale
più è resistente, più duro è meno penetra il tassello. Nota la lunghezza di infissione si ricava la
resistenza del materiale . Le due quantità sono legate tra loro mediante scale che dipendono dalla
durezza superficiale dell’elemento, tanto che insieme allo strumento viene fornita la scala di Morsh
di durezza. La scala di Morsh di durezza, si basa sul principio che un elemento è meno duro di un
altro se lascia il segno su quello su cui si è testato. Vi sono dunque 9 elementi di durezza crescente.
11.2.2.7 Durometro
E’ uno strumento che permette di determinare la resistenza di profili da carpenteria metallica. Viene
utilizzato per sostituire i prelievi che possono risultare economicamente gravosi e spesso
comportano problemi legati alla modalità di estrazione e ripristino del profilato. Tale prova può
essere eseguita in modo statico ( Rockwell Vickers) o dinamico (Leeb). La prova consiste
generalmente nel lanciare una sonda sul profilo da provare e valutare l’impronta lasciata su di esso.

Misura del potenziale elettrico del calcestruzzo (uni 10174 )


(definizione del grado di corrosione delle armature metalliche nel calcestruzzo) Il grado di
corrosione delle armature degli elementi strutturali in calcestruzzo armato, è misurato mediante la
mappatura del potenziale elettrico di quest’ultimo. Un elettrodo rame/solfato di rame viene disposto
secondo una maglia prestabilita sull’elemento strutturale in calcestruzzo armato da esaminare.
L’elettrodo è collegato attraverso un voltmetro ad una barra dell’armatura parzialmente scoperta.
Per ogni punto della mappa verrà rilevata la differenza di potenziale elettrico al fine di poter
definire aree omogenee con cui stabilire l’entità del fenomeno corrosivo.
11.2.2.9 Prove Soniche
È una prova non distruttiva che permette di stimare lo spessore e i difetti della muratura. La prova
consiste nel battere un martello strumentato sul piano di prova, martello che genera un impulso a
bassa frequenza. Una sonda ricevente con il medesimo meccanismo visto per la prova ultrasonica
permette di stimare la velocità di propagazione dell’onda generata dal martello e a seconda del
valore della velocità si può valutare lo stato di fatto del manufatto.
La prova sonica viene effettuata allo scopo di indagare lo stato di aggregazione complessivo di una
muratura in mattoni o in materiale misto. Operativamente essa consiste nella misura del tempo
impiegato da un onda elastica a bassa frequenza (generata da un impulso meccanico) per coprire un
percorso rettilineo (all'interno del materiale da indagare) tra il punto di battuta e il punto di
ricezione. L'impulso meccanico che funge anche da "start" per il conteggio del tempo (detto tempo
di volo) viene impartito in un punto della muratura per mezzo di un martello dotato di un
interruttore dinamico. L’onda elastica provocata attraversa il materiale e viene ricevuta, sull’altra
faccia della muratura da un accelerometro di sensibilità opportuna.
I punti di battuta e i punti di ricezione sono collocati, per comodità, su di un reticolo che viene
preventivamente riportato sulla muratura. Tale reticolo copre alcuni m2 di superficie per avere
indicazioni statisticamente rappresentative sulla muratura. Il risultato finale della prova consiste
nella registrazione dei valori dei “tempi di volo” dell’onda elastica all'interno del materiale, tempi
convertiti in velocità in base alle distanze tra i punti di eccitazione (battuta) e i punti di ricezione.
Poiché la velocità di trasmissione di un’onda elastica è direttamente proporzionale alla densità del
mezzo questo valore è dunque legato in modo diretto allo stato complessivo di aggregazione dei
vari componenti della muratura e fornisce un'affidabile misura qualitativa della zona oggetto di
indagine.
11.2.2.8 Prove Ultrasoniche
I principi fisici della prova ultrasonora sono esattamente gli stessi della prova sonica: un impulso
meccanico viene fatto propagare all'interno di un materiale e ne viene misurata la velocità di
attraversamento in base al “tempo di volo”. In questo caso, però, sono diverse le frequenze che
vengono utilizzate: infatti gli impulsi ultrasonori non sono udibili ed hanno frequenze superiori a
20000 Hz. Queste frequenze più alte vengono utilizzate su materiali complessivamente più
omogenei quali ad esempio materiali lapidei e legno e naturalmente calcestruzzo; al loro interno
infatti, gli impulsi di frequenza così alti non vengono fortemente attenuati come si verificherebbe su
di una muratura, e consentono una migliore risoluzione spaziale delle difettosità del materiale.
E’ un’indagine non distruttiva che permette di stabilire alcune caratteristiche elasto-meccaniche del
materiale attraverso l’analisi di quello che è il segnale dell’onda sonica o ultrasonica che passa
all’interno del materiale. Nota la velocità di attraversamento dell’onda e la forma che ha l’onda nel
passare all’interno del materiale si possono avere informazioni relative alla resistenza del materiale
ed all’elasticità del materiale. Più è rigido il sistema più la velocità è bassa. Se il sistema è più
rigido l’impulso da dare è più forte, infatti, la differenza tra indagini soniche ed ultrasoniche
consiste proprio nell’impulso che è più basso nel primo caso e più elevato nel secondo. Le prime si
usano dunque prevalentemente con la muratura, le seconde con il calcestruzzo che ha un modulo
elastico più grande. Con gli ultrasuoni si può valutare l’ordine di grandezza della resistenza e del
modulo elastico dinamico del calcestruzzo o della muratura, nonché si possono individuare i difetti
interni(benché ciò si faccia con tecniche molto elaborate), l’entità delle fessure superficiali e la
profondità degli strati danneggiati e lo spessore degli elementi superficiali (se conosco il materiale
di cui è costituito l’elemento e la velocità di propagazione posso sapere lo spessore dell’elemento
senza misurarlo, è un risultato che si ha però con grande incertezza). La tecnica si applica con due
sonde una che emette un’onda ed una che la riceve, si misura il tempo di attraversamento dell’onda
e la forma dell’onda.
Importante risulta dunque la posizione reciproca delle due sonde, si parla così di:
 Metodo diretto in cui la sonda emettente e ricevente sono in diretta opposizione ovvero al
centro c’è l’elemento strutturale;
 Metodo semidiretto in cui le sonde stanno su superfici adiacenti;
 Metodo indiretto in cui le due sonde si trovano entrambe sulla stessa superficie.
Il metodo per trasmissione diretta è quello più efficace perché la scatoletta degli ultrasuoni dice il
tempo di attraversamento, non la velocità, e quindi, è l’operatore a dover dire qual è la distanza tra
le sonde per ricavare la velocità. Con il metodo diretto il percorso fatto dall’onda è univocamente
determinato, negli altri casi no, non si conosce l’effettivo percorso dell’onda. Ciò rende le altre due
metodologie più approssimate della prima, e dunque quando è possibile è preferibile evitarle.
Le trasmittenti sono traduttori di tipo elettrodinamico: costituiti, cioè, da un sistema di
alimentazione di tipo elettrico che genera impulsi di tipo elettrico e da un sistema di trasduttori che
trasforma ogni singolo impulso elettrico ricevuto in una serie di oscillazioni meccaniche del
trasduttore.
Per il cls si usano frequenze di 50-55 kHz.
Il principio di funzionamento è quello che se un corpo viene perturbato ad un’estremità, tale
perturbazione si propaga in esso sottoforma di onda sonora. La lettura che fornisce la
strumentazione è il tempo di attraversamento da cui è possibile stimare la velocità di propagazione
dell’onda che aumenta all’aumentare di E.

11.2.2.10 Prove con Georadar


Le indagini radar costituiscono un tipo di prova non distruttiva che permette di rilevare anomalie,
presenza di umidità all’interno della muratura e anche di individuare le tessiture murarie. La tecnica
radar si basa sul principio che un flusso di energia elettromagnetica sia alterato dagli oggetti
incontrati sul suo percorso e che tale alterazione possa essere rilevata con degli echi di ritorno. Nel
caso delle murature, gli impulsi possono essere riflessi da materiali con differenti proprietà
dielettriche, come discontinuità, vuoti. Il funzionamento si basa sulla capacità dello strumento di
emettere segnali a radiofrequenza (100 MHz-2 GHz) e di registrare quindi l’ eco irradiato dagli
oggetti presenti nel mezzo indagato. Eventuali bersagli intercettati generano nelle immagini radar,
caratteristiche forme iperboliche.
11.2.2.11 Endoscopio
È una tecnica di indagine non distruttiva che permette di valutare la condizione della muratura. Si
effettua un foro nella muratura con un trapano a basso numero di giri per non creare vibrazioni
eccessive, e si infila un’asta rigida o flessibile alla cui estremità è posto un oculare che permette di
osservare lo stato della muratura e di scattare foto.

11.2.3 Metodi combinati


Per ridurre l’aleatorietà che è dietro le prove non distruttive, uno dei mezzi a disposizione è quello
di combinare tra loro più prove. Chiaramente nello scegliere quali tipo di prove combinare, una
soluzione è quella di prendere prove che misurano parametri diversi. La precisione deve essere
comparabile fra i due metodi ovvero non possiamo comparare due metodi che hanno
approssimazioni della resistenza o di E troppo differente, altrimenti un metodo peserebbe molto di
più rispetto all’altro. Sarebbe inoltre ottimale che i fattori che perturbano la misura avessero effetti
opposti; per esempio l’umidità. Se trovo un metodo che mi dà un valore della resistenza che è
influenzato in maniera positiva dall’umidità e lo combino con un altro che è influenzato in maniera
negativa, riusciamo a compensare questa approssimazione.

11.2.3.1 Sonreb
Tale metodo permette di combinare i risultati ottenuti con una prova sclerometrica con quelli
ottenuti da una prova con ultrasuoni, potendo così stimare con maggior accuratezza la resistenza
attuale del cls mediante delle relazioni che legano l’indice di rimbalzo medio con la velocità
ultrasonica media. Uno dei motivi per cui è utilizzata è perché si è notato che il contenuto di
umidità fa sottostimare l’indice sclerometrico e sovrastimare la misura della velocità ultrasonica.
Una volta ottenuti i valori delle singole prove, per combinarli abbiamo a disposizione una serie di
formule, una delle quali ci dice che:

Dove k:

Dove:

Definizioni generali
1.1. Resistenza caratteristica del cls
Resistenza cilindrica caratteristica: è la resistenza che ha la probabilità del 5% di essere minorata; si
valuta su provini cubici di lato 15 cm o cilindrici di diametro 15 cm e altezza 30 cm schiacciati a 28
gg. (infatti nel caso in cui i provini non vengono schiacciati nell’arco del 28°-29°-30°giorno non è
possibile rilasciare il certificato di collaudo perché è come se il controllo di accettazione non fosse
stato fatto).
1.2. Livello di conoscenza LC1
Per un edificio in c.a. è possibile ottenere un LC1 attraverso la conoscenza di dettagli strutturali e/o
dei materiali; in particolare per il LC1 si deve conoscere il progetto simulato e i valori
approssimativi dei materiali e limitate verifiche, ovvero verifiche sul 15% degli elementi strutturali
più una prova su armatura per piano e un provino di cls per 300 mq di piano dell’edificio.
1.3. Livello di conoscenza LC2
Per un edificio in c.a. è possibile ottenere un LC2 avendo a disposizione la carpenteria da verificare
a campione oppure effettuare un rilievo strutturale completo; i dettagli costruttivi sono noti dal
progetto e vanno verificati con limitate indagini sull’edificio; per i materiali si fa riferimento alle
specifiche di progetto con campagne di prova limitate o estese sul 35% degli elementi.
2) Controlli di accettazione (da parte del Direttore dei Lavori)
Il direttore dei lavori è responsabile della parte esecutiva dell'opera, quindi deve controllare che
venga rispettato quanto indicato nel progetto. Una delle cose più “complicate” che attiene al
direttore dei lavori è il controllo sui materiali. La normativa indica chiaramente che
nell'inquadramento del materiale calcestruzzo deve essere caratterizzata, oltre alla resistenza, la
classe di consistenza e di diametro massimo dell'aggregato.
La classe di consistenza è un indice della lavorabilità del calcestruzzo, cioè la caratteristica che
consente di confezionare, trasportare e gettare il calcestruzzo con una certa facilità.
Uno dei metodi per la valutazione della classe di consistenza è la misura dell'abbassamento al cono
di Abrams. Il diametro massimo degli inerti, invece, potrebbe non consentire il passo delle staffe
progettato; ad esempio se il diametro degli inerti max è 3 cm potrebbe risultare problematico dar
luogo al passo di 5 cm, specialmente nei nodi. Quindi il direttore dei lavori, prima di accettare il
calcestruzzo, deve richiedere le informazioni di cui sopra. La resistenza caratteristica cilindrica o
cubica, cioè il valore di resistenza che ha il 5% di probabilità di essere minorato, non può valutarsi
su provini qualsiasi, ma essi devono essere normalizzati. Quindi le prove vanno effettuate su cilindri
di diametro 150mm ed altezza 300 mm e su cubi di spigolo 150 mm; inoltre la maturazione deve
essere di 28 giorni. A rigore il confezionamento dovrebbe essere effettuato introducendo il
calcestruzzo nella forma per strati di altezza pari a 5 cm; dopo aver realizzato uno strato lo stesso
andrebbe pestato con un φ16 per 15 volte.
PRELIEVO
Ogni prelievo è costituito da due provini (due cubetti o due cilindri), quindi è impossibile che in
laboratorio arrivi un numero di provini dispari. La media delle resistenze a compressione dei due
provini dello stesso prelievo rappresenta la “resistenza del prelievo”, che costituisce il valore
mediante il quale vengono eseguiti i controlli del calcestruzzo.
CONTROLLO DI ACCETTAZIONE
Il controllo di accettazione va eseguito su miscele omogenee e si configura, in funzione del
quantitativo di calcestruzzo in accettazione, nel:
- controllo di tipo A;
- controllo di tipo B.
Il controllo di tipo A è riferito ad un quantitativo di miscela omogenea non maggiore di 300 m³; si
effettua su tre prelievi; ciascun prelievo va effettuato su 100 m³ di getto al massimo. Risulta quindi
un controllo di accettazione ogni 300 m³ massimo di getto. Altro aspetto importante è il fatto che va
effettuato almeno un prelievo per ogni giorno di getto.
Nelle costruzioni con meno di 100 m³ di getto, resta l'obbligo di avere almeno tre prelievi, ma è
consentito di non effettuare il prelievo giornaliero.
Come già detto il controllo di accettazione tipo A si fa su almeno tre prelievi e in particolare,
quando si hanno proprio tre prelievi, si identificano:
- R1: resistenza del prelievo 1, ottenuta dalla media delle resistenze dei due campioni che
definiscono il prelievo 1
- R2: resistenza del prelievo 2, ottenuta dalla media delle resistenze dei due campioni che
definiscono il prelievo 2
- R3: resistenza del prelievo 3, ottenuta dalla media delle resistenze dei due campioni che
definiscono il prelievo 3
Al di sotto di tre valori di resistenza, e quindi di tre prelievi, il controllo di accettazione non si fa,
non ha alcun senso.
R1 R2 R3 non sono ordinati cronologicamente, ma semplicemente ordinati dal più piccolo al più
grande.
Detto questo, per il controllo di accettazione di tipo A la normativa indica:
1)
(N=3)
Ove:
R1= minor valore di resistenza dei prelievi

Rm= resistenza media dei prelievi →


Nella relazione 1) a Rck vengono sottratti 3.5 Mpa, quindi si raggiunge quasi la classe inferiore di
calcestruzzo, invece nella relazione 2) a Rck si sommano 3.5 Mpa, raggiungendo quasi la classe
superiore di calcestruzzo. Dunque “ la forchetta” del controllo di accettazione tipo A non è affatto
piccola, infatti è di 7 Mpa.
Il controllo di accettazione di tipo B si effettua nel caso in cui il volume del getto risulti superiore a
1500 m³. Anche se non è esplicitato in normativa, ne consegue che per ogni quantitativo di getto
inferiore a 1500 m³, il controllo di accettazione è di tipo A. Poiché anche nel controllo di tipo B va
fatto un prelievo per ogni 100 m³ al massimo, il numero minimo di prelievi è pari a 15 (se si
gettassero 100 m³ al giorno).

Per il controllo di accettazione tipo B:


1)

Ove s è lo scarto quadratico medio.


Si deduce che il controllo di accettazione di tipo B è banale, ma è difficile che si faccia perché è
improbabile che si realizzi una struttura che coinvolga più di 1500 m³ di getto.
Nel caso in cui si ha a che fare con un controllo di accettazione di tipo A che coinvolga più di 3
prelievi, consideriamo un esempio.
Si consideri la tabella seguente, rappresentativa del giornale di cantiere:

Nel quarto giorno di getto si fanno due prelievi perché ogni prelievo è riferito al massimo a 100 m³ ,
poiché tale volume viene superato si passa a due prelievi. In totale si hanno cinque prelievi, ma Rm,
come indicato in normativa, si calcola sempre su tre prelievi. Si potrebbe pensare, quindi, di
considerare i tre valori di resistenza più bassi tra i cinque che si hanno a disposizione; se tale terna
rispetta le condizioni del controllo di accettazione di tipo A esse risulteranno soddisfatte anche per
le altre terne.In realtà, però, il modo più corretto di procedere consiste nel fare una media mobile: si
considera in primo luogo R10 R20 R30 e da questi si calcola R1 ed Rm per poi fare i controlli;
successivamente si considera R20 R30 R40 ed infine R30 R40 R50.
Così facendo si rispetta certamente la normativa, infatti questa indica di fare minimo un controllo di
accettazione ogni 300 m³ massimo; nel caso in esame si effettuano tre controlli di accettazione per
un volume minore di 300 m³.L'approccio precedente, quello delle resistenze minime, rischia di
mettere insieme tre resistenza che appartengono a getti temporalmente lontani tra loro. Invece con
la media mobile si effettua il controllo di accettazione del calcestruzzo così come arriva in cantiere.
Naturalmente, se si rispetta la procedura indicata nella tabella precedente, fissati tre prelievi si ha la
certezza che questi non siano riferiti ad un volume complessivo superiore ai 300 m³.
Prove di carico statiche
Su una superficie di un di un solaio, parzialmente o totale, si applica un carico distribuito
aumentandolo di volta in volta fino a raggiungere il valore indicato dal progettista. Ad ogni
incremento di carico vengono eseguite delle misure di deformazione lette all'intradosso del solaio.
Allo stesso modo si procede durante lo scarico del solaio. Non richiede particolari strumentazioni al
di là dei flessimetri per la misura delle deformazioni del solaio sottoposto al carico; flessimetri che
in genere sono elettronici con rinvio ad un programma che consente di diagrammare le deformate
del solaio man mano che aumentano sotto il carico.
Prove di carico dinamiche
Le prove di carico dinamiche consentono la misura diretta delle accelerazioni/spostamenti in punti
opportunamente identificati a seguito della applicazione di sollecitazioni impulsive. Questa raccolta
dati viene "trattata" a posteriori al fine di ricavare le forme modali e le relative frequenze proprie
(sperimentali). Successivamente la modellazione strutturale (utilizzando il metodo degli elementi
finiti) consente di ottenere un modello "tarato" nei propri parametri di rigidità e vincoli che
riproduca fedelmente il comportamento dinamico registrato sperimentalmente. Con tale modello è
possibile, a valle, rieffettuare l'analisi statica e revisionare le verifiche di progetto; in altri termini è
possibile "validare" le assunzioni progettuali ed il progetto stesso. In questo senso la metodica
esposta consente una misura indiretta e teorica del grado di sicurezza della struttura. Peraltro la
reiterazione della prova su altri elementi analoghi, può consentire di valutare, tramite il raffronto, la
corretta esecuzione di modelli successivi al primo. Riportiamo inoltre, qui di seguito, la descrizione
delle modalità di prova. In dettaglio, la prova consiste dell'eccitare dinamicamente la struttura ed
analizzarne il comportamento dinamico. Su di essa viene tracciato un reticolo di punti nei quali
viene impartita l'eccitazione dinamica e registrata la risposta. L'eccitazione si procura con un
leggero colpo (per rimanere in campo lineare) di una mazza strumentata con puntale in gomma: in
questo modo si ottiene un segnale con spettro uniforme in tutto l'intervallo di frequenze di interesse
per il calcolo. La risposta misurata è l'accelerazione – o la velocità o lo spostamento – in un
particolare punto.

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