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Premessa
Come ogni fase del mondo delle costruzioni la conoscenza scientifica e gli strumenti normativi
esistono già. Quindi, anche per la maturazione dei getti esistono, in abbondanza, strumenti, metodi e
obblighi di legge per eseguirla con le corrette tempistiche e metodologie. La maturazione non è una
fase facoltativa, come vedremo dagli estratti normativi: “si deve prescrivere in fase di progetto”, si
deve eseguire in fase di realizzazione della struttura” e “si deve controllare in fase di controllo della
Direzione Lavori”. Questo articolo è una rivisitazione di un precedente documento, pubblicato dal
sottoscritto alcuni anni fa. Vista la primaria importanza della maturazione che, però, è accompagnata
da scarsa sensibilità degli addetti ai lavori rispetto tale attività, si intende fare una pubblicazione più
ampia, che dia sia gli strumenti normativi di supporto, abbinati alla descrizione dei fenomeni correlati
e completati con le metodologie e tempistiche di applicazioni pratiche.
Cosa si intende mitigare con una corretta maturazione? Si intende individuare una serie di
problematiche che compaiono nelle prime ore e/o giorni dal getto e fornire la soluzione adeguata
caso per caso. Fatta eccezione per i getti effettuati sott’acqua, immediatamente dopo la posa in
opera, le strutture che presentano superfici non casserate sono esposte al rischio di forte
evaporazione di acqua dal calcestruzzo verso l’ambiente esterno.
Le strutture gettate entro cassero, invece, sono protette dall’evaporazione di acqua dalle
sponde purché queste siano realizzate in materiali impermeabili quali acciaio, pannelli rivestiti
con membrana interna di polietilene, pvc, materiale coibente, oppure in compensato di legno
trattato con resine. Ovviamente, questa protezione cessa nel momento in cui si procede alla
rimozione delle cassero e la superficie del getto si presenta direttamente esposta all’ambiente
esterno. Inoltre, le strutture gettate in casseri di legno costituite da materiale molto assorbente,
soprattutto se le tavole sono nuove o sono state utilizzate solo per pochi getti, l’acqua, pur non
potendo evaporare verso l’esterno, potrebbe essere sottratta dai cassero. Pertanto, al fine di evitare
che questo accada è opportuno che superfici vengano irrorate dall’esterno con acqua. Una situazione
simile sussiste quando il calcestruzzo va a contatto con lastre prefabbricate o elementi in laterizio per
la realizzazione dei “solai latero-cemento”, anche qui è opportuno che le superfici di tali elementi,
vengano abbondantemente irrorate d’acqua, per evitare che quest’ultima venga sottratta all’impasto.
Nella fase plastica quindi, l’evaporazione dell’acqua può, se non correttamente prevenuta, interessare
le sole superfici non casserate. Il quantitativo di acqua che può evaporare verso l’ambiente
esterno diventa rilevante per quelle strutture che presentano una notevole estensione
superficiale come accade, ad esempio, per le solette di completamento di solai in laterocemento,
cappe collaboranti di solai realizzati direttamente su travi prefabbricate di calcestruzzo, nelle
platee di fondazione e nelle pavimentazioni di calcestruzzo. Oltre a tutto ciò, si hanno tutte le
problematiche innescate da getti effettuati con clima rigido o molto caldo.
Quindi, l’obbiettivo di questo articolo vuole essere di evidenziare le tematiche collegate alla
stagionatura del calcestruzzo e sensibilizzare gli operatori del settore per studiare, prescrivere ed
eseguire correttamente la protezione del getto, in funzione del particolare costruttivo e delle
condizioni climatiche del momento del getto. Il tutto, va eseguito, allo scopo di prevenire ed evitare il
decadimento delle prestazioni sia meccaniche che di durabilità della struttura in c.a. interessata.
4.1.7. Esecuzione
Tutti i progetti devono contenere la descrizione delle specifiche di esecuzione in funzione
della particolarità dell’opera, del clima, della tecnologia costruttiva.
In particolare il documento progettuale deve contenere la descrizione dettagliata delle cautele da
adottare per gli impasti, per la maturazione dei getti, per il disarmo e per la messa in opera
degli elementi strutturali.
(…)
1.2 Estratto - Linee Guida per la valutazione delle caratteristiche del calcestruzzo in opera
pubblicate dal Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
Generalità
Nel contesto di un’azione normativa tesa a migliorare la sicurezza strutturale, nonché l’affidabilità dei
materiali e dei relativi sistemi costruttivi non poteva mancare una Linea Guida sulla messa in opera
del calcestruzzo strutturale. Il documento ha l’obiettivo di evitare errori riconducibili a procedure
improprie che possano pregiudicare le attese, in termini di resistenza e di durabilità, alla base del
progetto.
Il documento illustra ed esamina l’insieme delle lavorazioni e dei processi finalizzati ad una corretta
messa in opera, intendendo con tale accezione l’insieme delle specifiche operazioni di
movimentazione, getto, compattazione e maturazione, atte a realizzare un calcestruzzo strutturale
con le caratteristiche di resistenza e di durabilità previste dal progetto.
Il documento proposto tocca, quindi, aspetti fondamentali per la sicurezza delle opere, nella
utilizzazione di un materiale versatile e, per questo, a volte manipolato con eccessiva confidenza
trascurando i necessari accorgimenti.
Le Linee Guida sono documenti tecnici a carattere monografico con finalità informative e divulgative
che concretizzano altresì un’azione normativa di indirizzo, sviluppata su contenuti tecnico-scientifici,
di ausilio a progettisti ed operatori del settore delle costruzioni.
L’azione divulgatrice delle Linee Guida in questione assume poi particolare importanza se si tiene
conto dell’innovativo indirizzo “prestazionale” assunto dalle più recenti normative tecniche. Come è
noto, una norma prestazionale fissa gli obiettivi ovvero i requisiti finali dell’opera, lasciando maggiore
spazio e responsabilità alle figure professionali incaricate della progettazione e realizzazione
dell’opera. In tal senso, infatti, le Norme Tecniche per le Costruzioni vigenti prevedono l’impiego di
calcestruzzo a prestazione garantita, limitando l’utilizzo a composizione richiesta a casi particolari,
casi in cui il progettista si assuma la responsabilità delle prestazioni.
2. Definizioni
Casseforme
Casseforme verticali componibili e non, casseforme orizzontali componibili e non, casseforme
componibili e non dedicate a specifiche realizzazioni; opere provvisionali costituite da elementi
destinati a contenere e/o sostenere il calcestruzzo durante il getto e la maturazione dello stesso
fino a quando la struttura sia autoportante al fine di conferire al calcestruzzo stesso la forma e
la finitura superficiale richieste, in conformità alle relative tolleranze riportate nelle specifiche del
Capitolato tecnico.
Curing
Insieme di azioni o agenti esterni utilizzati per proteggere il calcestruzzo durante la maturazione.
Maturazione
Tempo, processo e condizioni che portano all’indurimento del calcestruzzo.
Montaggio di elementi prefabbricati in erezione Secondo i requisiti di punto 9 della UNI EN 13670
5.1 Casseforme
Le casseforme e le relative opere provvisionali di supporto, di sostegno e/o puntellamento devono
essere progettate e realizzate in modo da contenere e/o sopportare le azioni e le sollecitazioni alle
quali sono sottoposte nel corso della messa in opera del calcestruzzo ed essere idonee a garantire il
rispetto delle dimensioni geometriche, delle tolleranze e dei requisiti di finitura della superficie del
calcestruzzo previsti dalle specifiche del Capitolato tecnico.
In base alla loro configurazione le casseforme possono essere classificate per campo d’applicazione
in:
(…)
- casseforme «dedicate» a specifiche realizzazioni, componibili o non, costituite da attrezzature
provvisionali atte a contenere ed a sostenere il calcestruzzo durante il getto e la maturazione del
calcestruzzo;
(…)
Le casseforme, corredate o meno da sistemi di supporto, componenti di puntellamento e/o di
impalcature di sostegno, devono essere atte a consentire la realizzazione delle opere in conformità
alle specifiche del Capitolato tecnico. Le casseforme e le relative opere provvisionali correlate devono
mantenere la geometria degli elementi strutturali in calcestruzzo fino a quando il grado di
maturazione del getto sia tale da consentire al calcestruzzo di raggiungere una resistenza sufficiente
ad autoportarsi, prima che le casseforme possano essere rimosse. La geometria del calcestruzzo
indurito deve essere conforme ai particolari costruttivi della documentazione progettuale e delle
relative specifiche tecniche.
Figura 18 – “delle Linee Guida” - Perdita di acqua dalla superficie del calcestruzzo fresco
per effetto dell’umidità relativa dell’ambiente (temperatura 21° C; velocità del vento 4,5 m/s).
.
Perdita d’acqua (g/m2/h)
Massima velocità di raffreddamento tollerabile per le superfici del calcestruzzo al termine del
periodo di protezione
1,15°C/h 0,90°C/h 0,70°C/h 0,45°C/h
Durante il “periodo freddo” la temperatura del calcestruzzo fresco messo in opera nelle casseforme
non dovrebbe essere inferiore ai valori riportati in tabella. In relazione alla temperatura ambientale ed
ai tempi di attesa e di trasporto si deve prevedere un raffreddamento di 2÷5° C tra il termine della
miscelazione e la messa in opera. Il calcolo della resistenza termica delle casseforme determina i
valori necessari per mantenere un elemento costruttivo in calcestruzzo alla temperatura idonea (per
esempio 10° C) per n giorni, in funzione del dosaggio del cemento, della dimensione minima della
struttura e della temperatura ambientale, fino al raggiungimento della resistenza di riferimento
prescritta, sia in fase di maturazione che per il disarmo. Al termine del periodo di protezione,
necessario alla maturazione, il calcestruzzo deve essere raffreddato gradatamente per evitare il
rischio di fessure provocate dalla differenza di temperatura tra parte interna ed esterna. La
diminuzione di temperatura sulla superficie del calcestruzzo, durante le prime 24 ore, non dovrebbe
superare i valori riportati in tabella. Si consiglia di allontanare gradatamente le protezioni facendo in
modo che il calcestruzzo raggiunga gradatamente l’equilibrio termico con l’ambiente.
11.2 Curling
Il curling è un fenomeno intrinseco delle pavimentazioni di calcestruzzo, consistente
nell’incurvamento della pavimentazione soprattutto evidente negli spigoli in corrispondenza dei giunti,
causato dal maggiore ritiro del calcestruzzo in corrispondenza della superficie a contatto con l’aria. A
causa di tale sollevamento, la pavimentazione si può fratturare in prossimità degli spigoli per il
passaggio di carichi mobili. Tale fenomeno può essere limitato, ma solitamente non completamente
annullato.
Per tale motivo si dovranno adottare tutti gli accorgimenti progettuali ed esecutivi, necessari a limitare
tale fenomeno. In particolare, è fortemente sconsigliato realizzare pavimentazioni di calcestruzzo con
spessori inferiori a 15 cm. Inoltre, una opportuna scelta delle prestazioni del calcestruzzo,
dell’armatura, delle tecniche di maturazione contribuiscono al contenimento del fenomeno del
curling.
Per quanto riguarda l’accettazione del fenomeno, le tolleranze devono essere coerenti con i limiti
imposti per la planarità e per gli eventuali interventi correttivi vale quanto riportato al paragrafo
precedente. Al curling si può porre rimedio concordando preventivamente eventuali rimedi e
competenze.
13.1 Progettista
Il Progettista ha la responsabilità diretta della progettazione della pavimentazione ed ha il compito di
dimensionare e verificare la pavimentazione agli Stati Limite di Esercizio e Ultimi.
Il Progettista dovrà produrre le specifiche di capitolato, gli elaborati grafici di progetto nei quali
dovrà essere riportato lo spessore, la posizione dei giunti di costruzione, di dilatazione e di
contrazione, i dettagli costruttivi e quanto altro occorre per definire l'opera e per consentire la sua
corretta esecuzione.
Il Progettista dovrà produrre anche una relazione di calcolo dalla quale risultino, in modo chiaro ed
esauriente, i calcoli eseguiti, le caratteristiche, le qualità dei materiali che verranno impiegati in
aggiunta alla vita utile della pavimentazione.
Tra i sistemi di stagionatura sopramenzionati i più efficaci sono quelli che prevedono la bagnatura
continua o il ricoprimento della superficie con acqua e quello basato sulla protezione di tessuti di iuta
o drappi di materiale geotessile bagnati ad intermittenza. Questi sistemi, contrariamente a tutti gli altri
proposti, hanno anche il vantaggio di eliminare anche il ritiro autogeno dei calcestruzzi di resistenza
maggiore a C40/50.
Queste due tecniche consentono di evitare che a seguito della migrazione della soluzione acquosa
dai pori di maggiori dimensioni verso le porosità più piccole il calcestruzzo si contragga grazie
all’apporto di acqua che dalla superficie dei getti satura la porosità rimaste vuote. Il ritiro autogeno
che è pari all’incirca al 50% del ritiro totale per calcestruzzi con rapporto acqua/cemento di 0.35
diventa trascurabile nei conglomerati con resistenza inferiore a C40/50. Quindi, se per i calcestruzzi
di resistenza ordinaria una qualsiasi delle tecniche di maturazione sopradescritte può ritenersi
idonea, per le strutture realizzate con calcestruzzi ad alta resistenza al fine di prevenire le
fessurazioni connesse con il ritiro autogeno è necessario:
• bagnare con acqua immediatamente dopo l’inizio presa le superfici non casserate del getto
oppure proteggerle con fogli impermeabili in polietilene;
• rimuovere i casseri (ed eventualmente i teli di plastica protettiva) entro le 24 ore dalla messa
in opera del calcestruzzo e proteggere le superfici del getto mediante bagnatura continua
oppure con teli di iuta o drappi di geotessile mantenuti costantemente umidi.
• Con questa modalità di stagionatura delle superfici si produce una drastica riduzione (di un
fattore pari circa a 2 se la stagionatura umida viene protratta per almeno 7 giorni) del ritiro
totale del calcestruzzo (Fig. 1 – “Articolo”).
500
Espansione (mm/m)
400
300
200
100
0
0 7 14 21 28 35 42
-100
Tempo (giorni)
Ritiro (mm/m)
-200
-300
-400
-500
È da segnalare,. che si può aiutare a mitigare il rischio di fessurazione da ritiro plastico, ricorrendo nel
confezionamento dell’impasto all’impiego di fibre di natura organica (di polipropilene, di
poliacrilonitrile, di vetro o poliolefiniche) o fibre di basalto, con di lunghezze variabili da qualche mm a
qualche decina di mm utilizzate in dosaggi variabili tra 0.8 – 2,5 kg/m3 circa.
Al contrario degli altri sistemi sopramenzionati, che hanno come obiettivo quello di impedire
l’evaporazione di acqua dal calcestruzzo, intervenendo alla radice del problema L’aggiunta di fibre ha
come scopo quello di “cucire” le fessure generate dal ritiro plastico in modo da limitarne l’ampiezza a
valori così bassi da renderle sia invisibili a occhio nudo che ingegneristicamente accettabili in
relazione alle prestazioni meccaniche e di durabilità dell’elemento strutturale. Sebbene con questa
tecnica si possa prevenire l’insorgere delle fessurazioni, rimane il problema che in mancanza di una
adeguata protezione delle superfici, la porosità degli strati corticali risulterà comunque maggiore di
quella che lo stesso calcestruzzo evidenzierebbe se protetto accuratamente. Pertanto, l’utilizzo dei
rinforzi fibrosi per le strutture in calcestruzzo è da caldeggiare (ed eventualmente da prescrivere) solo
se accompagnato da una corretta protezione umida delle superfici con una delle metodologie
sopraindicate.
Particolare attenzione va posta quando si intende utilizzare l’acqua per la maturazione, specialmente
per pavimentazioni e solette, particolare attenzione va posta alla differenza di temperatura tra le
superfici del getto e l’acqua stessa, poiché potrebbe essere causa di “shock termico”, con
conseguente nascita di difettosità dovute a tale fenomeno. Quindi, prima della bagnatura delle
superfici di calcestruzzo, è opportuno verificare le temperature e operare per ridurre al minimo la
differenza. Un facile metodo utilizzabile in cantiere, per esempio nel periodo estivo, potrebbe essere
quello di bagnare preventivamente i teli di geotessuto e lasciarli per un congro intervallo di tempo alle
stesse condizioni climatiche del getto, al fine di favorire la riduzione della differenza di temperature e
poi posarli a protezione della superficie gettata.
Una menzione particolare va fatta per i “menischi” e cioè, se la velocità di evaporazione, per le
particolari condizioni climatiche esistenti in cantiere (bassa umidità relativa, discreta ventilazione e
mancanza di maturazione), supera quella dell’acqua che perviene sulla superficie per effetto del
bleeding, tra le particelle solide del conglomerato cementizio si formano dei menischi responsabili di
una generale contrazione degli strati di calcestruzzo più superficiali. Nella realtà la contrazione
(definita ritiro plastico) non può manifestarsi liberamente in quanto ostacolata sia dalla presenza
delle armature che dagli strati di conglomerato più interni che, invece, sono sostanzialmente stabili.
Foto 2.1– “Articolo” – Esempio di “menischi”
3.0 Documentazione fotografica relativa alle metodologie di maturazione del calcestruzzo
Foto 3.2 – “Articolo” - Bagnatura continua del getto, mediante idrante rotante montato su autobotte.
Foto 3.3 – “Articolo” - Bagnatura continua del getto, mediante “nebulizzazione” dell’acqua.
Foto 3.8 – “Articolo” – Proteggere sempre le superfici dal vento e/o da pericolosi canali d’aria
che potrebbero formarsi anche internamente agli edifici.
3.0 Conclusioni
Per concludere con la mancata o errata maturazione si potrebbero avere delle conseguenze che
peserebbero per tutta la vita nominale e che ridurrebbero la vita nominale dell’opera e che si possono
riassumere come segue:
• Porosità capillare - Al termine della fase plastica la mancata protezione delle superfici dalla
evaporazione di acqua verso l’ambiente esterno determina negli strati corticali del
conglomerato un minor grado di idratazione rispetto agli strati più interni che, invece, sono
protetti dalla perdita di acqua proprio dagli strati di calcestruzzo più superficiali. Pertanto, gli
strati più esterni della struttura di spessore variabile tra 20 e 25 mm saranno caratterizzati da
una porosità capillare maggiore rispetto a quella del calcestruzzo del cuore del getto.
• Gli effetti deleteri che una mancata protezione umida provoca sui tempi di innesco del
processo corrosivo, diminuendoli drasticamente. Inoltre, risultano, tanto più marcati
quanto più scadente è la qualità del calcestruzzo impiegato per la realizzazione della struttura
e quanto più lenta la cinetica di idratazione del cemento utilizzato per il confezionamento
dell’impasto.
Quindi, non può esistere getto senza la maturazione del calcestruzzo: il Progettista ha l’obbligo di
prescriverla, l’Impresa ha l’obbligo di eseguirla, e il Direttore Lavori ha l’obbligo di controllare che
venga eseguita. Inoltre, si desidera ricordare, se ancora fosse necessario, a committenti e Direzione
Lavori, che le macchie o differenze cromatiche dovute alla maturazione “non possono essere
considerate difetto” e non devono e/o non possono essere oggetto di contestazione.
Bibliografia
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Settembre 2017 – Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici – Servizio Tecnico Centrale;
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• Alessio Farci e Gianluca Pagazzi, ”I getti massivi e le variazioni termiche nel
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• Gianluca Pagazzi e Gian Luigi Pirovano, “Pavimentazioni in calcestruzzo sempre più
prestazionali con meno tribunali”, PAVIMENTI, 3/2014;
• 19b. Gianluca Pagazzi e Gian Luigi Pirovano, “Pavimentazioni in calcestruzzo sempre più
prestazionali con meno tribunali”, In Concreto, N. 120, Giugno 2014;
• Gianluca Pagazzi “Garantire la durabilità di un'opera in calcestruzzo partendo dalla
conoscenza dei fenomeni di degrado - Il percorso magico che conduce alla durabilità:
l’analisi delle forme di degrado”, Ingenio – Dossier Tematico – Ottobre 2018.