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3 Il calcestruzzo
Il calcestruzzo, detto anche beton di cemento, è un conglomerato costituito da materiali
inerti (sabbia e ghiaia o pietrisco) tenuti insieme e saldati tra loro da una malta di
cemento ed acqua, in modo da dare origine ad una massa monolitica, dura e resistente.
2.3.1 Componenti
2.3.1.1 Acqua
L'acqua deve essere limpida e dolce. Essa non deve cioè contenere materiali in
sospensione, specie sostanze di natura organica o argilloide che potrebbero pregiudicare
una buona aderenza fra i vari costituenti del calcestruzzo, né d'altra parte vi debbono
essere disciolti quantitativi eccessivi di solfati e cloruri, che possono interferire con il
meccanismo di presa e di indurimento del cemento: infatti i carbonati e i bicarbonati
possono accelerare o ritardare la presa, a seconda delle condizioni, mentre i cloruri
accelerano la presa e l'indurimento e possono favorire la corrosione di eventuali
armature. Esistono quindi dei limiti di composizione da rispettare, oltre i quali le
resistenze meccaniche possono esserne influenzate (considerando solo calcestruzzo non
armato).
2.3.1.2 Cemento
Esistono tipi diversi di cemento, adatti per impieghi e usi specifici, ma il più utilizzato
nelle costruzioni è il cemento Portland.
Il cemento Portland è un legante idraulico; esso, impastato con acqua, indurisce all'aria
o nell'acqua e dopo l'indurimento può essere impiegato in forma di malte o calcestruzzi
resistenti all'acqua. Il cemento Portland è il prodotto della macinazione di una miscela
di calce con acido silicico (silicato bicalcico e silicato tricalcico) e composti
eminentemente basici di calce con ossidi di alluminio, ferro, manganese e magnesio.
Esso viene prodotto cuocendo adatte materie prime finemente macinate e intimamente
mescolate fino a parziale fusione e agglomerizzazione (clinkerizzazione). Per essere
adatto all'impiego nelle costruzioni, il cemento Portland deve possedere un complesso
favorevole di proprietà, che gli derivano dal giusto proporzionamento dei composti in
esso formati. Per un impiego privo di inconvenienti, le principali proprietà desiderabili
in un cemento Portland sono le seguenti: tempo di rapprendimento lungo ma non troppo
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(una o più ore); tempo di indurimento molto breve (una o più decine di ore); elevata
resistenza meccanica; basso calore di idratazione; buona resistenza ad agenti chimici (in
particolare solfati); stabilità di volume; basso tenore di alcali; bassi costi di produzione.
Sfortunatamente alcune di queste proprietà non possono essere ottenute
simultaneamente, pertanto la composizione di un cemento viene scelta in modo tale da
ottenere una combinazione favorevole delle proprietà elencate, anche in vista di
determinati tipi di impiego (Alunno Rossetti V., 1999).
2.3.1.3 Aggregati
2.3.1.3.1 Normativa sugli aggregati naturali
La definizione, la classificazione e le caratteristiche fisiche, fisico-chimiche,
meccaniche e geometriche degli aggregati normali composti da materiali lapidei naturali
sono contenute nella norma UNI 8520, sostituita dalla norma UNI EN 932:2001 e UNI
EN 933:1999. La norma è costituita da 22 parti: dopo la definizione e classificazione
(parte 1) e l'indicazione dei limiti di accettazione delle varie caratteristiche (parte 2), le
parti da 3 a 22 descrivono le modalità di prova per la determinazione dei valori di
queste.
2.3.1.3.2 Definizione
Gli aggregati, che rappresentano la maggior parte della massa dei conglomerati
cementizi poiché occupano mediamente dal 60 all'80% del loro volume complessivo,
per le loro proprietà fisiche e talvolta anche chimiche, svolgono un ruolo "attivo", che
influenza il comportamento finale dei conglomerati: per questa ragione è appropriato
usare il termine "aggregati", al posto di "inerti", più tradizionalmente conosciuto.
Gli aggregati devono realizzare lo "scheletro" del conglomerato: i loro granuli devono
pertanto provenire da una materia compatta e non degradata e costituire uno scheletro
lapideo addensato, così da costipare nella massa del conglomerato il maggior numero
possibile di particelle solide; oltre a una migliore resistenza, ne deriva anche un
vantaggio economico per la minore quantità di pasta di cemento occorrente. Poiché i
granuli che compongono lo scheletro devono aderire tenacemente alla pasta di cemento
che li agglomera, risultano importanti anche la loro omogeneità, la forma, la struttura, la
pulizia, ecc.
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Per gli aggregati si impiegano vari nomi in relazione alla pezzatura e al modo di
ottenerli; i termini: sabbia, sabbione, risello, pisello, ghiaino, ghiaia, ciottoli, pietrame,
si riferiscono a materiali di origine glaciale e alluvione a spigoli arrotondati di
dimensione crescente, mentre i termini: sabbia, graniglia, pietrischetto, pietrisco, si
riferiscono a materiale di qualsiasi origine ottenuto per frantumazione, a spigoli vivi, di
dimensioni crescenti.
Gli aggregati naturali sono estratti da cave, dal letto dei fiumi o dal mare. Le operazioni
che li rendono disponibili all'impiego sono sostanzialmente:
- estrazione;
- frantumazione, quando necessario, per ottenere le pezzature d'uso;
- setacciatura, per selezionare le dimensioni dei granuli;
- lavaggio del materiale selezionato, quando necessario e/o possibile.
Questi aggregati, per la loro origine, possono presentare variazioni di qualità e
omogeneità anche nell'ambito di una stessa zona geografica. Infatti al variare del fronte
di prelievo il materiale estratto può essere diverso, sia come composizione mineralogica
sia come struttura, e, talvolta, come pezzatura.
Un metodo di classificazione degli aggregati è basato sulla vagliatura: il materiale
passante per almeno il 95% attraverso il vaglio avente maglie di apertura 4 mm è
denominato "aggregato fine" o sabbia; il materiale trattenuto almeno per il 95% al
vaglio suddetto è l'"aggregato grosso"; il materiale passante per almeno il 90% al vaglio
da 0,075 , è denominato "filler".
Aggregato fine: la sabbia naturale o artificiale, da usare nei calcestruzzi, deve risultare
bene assortita in grossezza e costituita di grani resistenti, non provenienti da rocce
decomposte o gessose. Essa deve risultare scricchiolante alla mano, non lasciare traccia
di sporco, non contenere materie organiche, melmose o comunque dannose.
Generalmente negli impasti la sabbia si misura e si dosa a volume; a tale proposito è da
tener presente che la sabbia umida, per piccole percentuali d'acqua, aumenta di volume
sino al 30% rispetto al materiale asciutto mentre minore è l'influenza del peso. In linea
generale si può affermare che il peso in volume in mucchio della sabbia varia, a seconda
della finezza e della percentuale d'acqua, da un minimo di 12 kN/m3 per sabbie grasse
asciutte ad un massimo di circa 20 kN/m3 per sabbie umide.
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La sabbia ha notevole importanza sulla resistenza del calcestruzzo, soprattutto per la sua
composizione volumetrica. Sono generalmente preferite le sabbie silicee, specialmente
se formate con prevalenza di granuli quarzosi, mentre occorre verificare che non siano
presenti feldspati e mica, materiali suscettibili di lente decomposizioni in ambienti
umidi.
Aggregato grosso: l'aggregato grosso è costituito da ghiaia o pietrisco, che costituiscono
la parte grossa dell'impasto. La ghiaia o il pietrisco non devono contenere impurità,
fango, terriccio, polvere; devono avere superfici scabre, non devono provenire da
materiali friabili, gelivi o gessosi; sono da escludere materiali tufacei e teneri. Il calcare
duro, compatto dà ottime ghiaie e ottimi pietrischi. Anche il granito e le rocce silicee
danno in genere buone ghiaie. Gli elementi che formano la ghiaia od il pietrisco variano
molto di grossezza, di solito da 5 a 50 mm; si possono impiegare anche ciottoli di fiume
per getti in grandi masse, mentre per pareti o solette sottili si dovrà impiegare il
ghiaietto con elementi da 5 a 25 mm di diametro. Anche la ghiaia deve avere grani di
dimensioni assortite per conferire maggiore compattezza al calcestruzzo.
Il pietrisco, proveniente da frantumazione di blocchi di pietra, è costituito da elementi a
spigoli vivi, limitati da facce piane e scabre; per queste sue proprietà è opinione
generale che dia calcestruzzi migliori di quelli preparati con la ghiaia.
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pasta di cemento e sono pericolosi per l'integrità dei manufatti, anche se presenti in
quantità minime. Infine la conoscenza della natura petrografica di alcune rocce
carbonatiche è indispensabile per valutare la reattività agli alcali.
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Dalla distribuzione granulometrica dell'aggregato dipendono varie proprietà del
calcestruzzo, e in particolare la sua lavorabilità, cioè la capacità di essere impastato,
trasportato e posto in opera. Un impasto preparato con un aggregato "grossolano", cioè
costituito in prevalenza da granuli grossi e contenente solo piccole percentuali di granuli
fini, risulterebbe rigido perché la scorrevolezza degli aggregati grossi fra loro è modesta
e quindi la lavorabilità risulterebbe scarsa; per essere lavorato tale impasto
richiederebbe molta acqua, a scapito delle resistenze meccaniche finali e con tendenza
alla separazione dei componenti della miscela. D'altra parte anche un impasto, preparato
con aggregati molto ricchi di granuli fini, richiede una quantità di acqua elevata perché,
aumentando la superficie delle particelle è necessaria una maggiore quantità di liquido
per bagnarle tutte. Una minima richiesta di acqua si avrà pertanto con una distribuzione
granulometrica ottimale in modo che l'impasto contenga, nella dovuta proporzione, gli
aggregati grossi, quelli fini e quelli intermedi.
La migliore distribuzione granulometrica può essere desunta in base a considerazioni
relative al volume dei vuoti fra gli aggregati. Quando infatti due aggregati
monogranulari di dimensioni differenti vengono mescolati, il volume dei vuoti risulta
inferiore a quello di ciascun componente e vi è un particolare rapporto fra le quantità
relative dei due aggregati per il quale il volume dei vuoti risulta minimo.
Fin dai primi del Novecento sono state dedotte teoricamente alcune distribuzioni
granulometriche, basate sul requisito della massima densità, le quali avrebbero dovuto
dare i migliori risultati nel confezionamento del calcestruzzo. Siccome la distribuzione
granulometrica ha influenza anche su altre proprietà, e in particolare sulla richiesta
d'acqua, oltre al requisito della densità si è tenuto conto anche di altre considerazioni,
che hanno infine portato all'adozione di un numero limitato di curve caratteristiche.
Oggi vengono prese in considerazione due o tre curve teoriche che rappresentano il
miglior compromesso fra il requisito della densità e quello della non segregabilità
dell'aggregato.
Anche se vi sono dei fautori di curve discontinue (non è stato infatti dimostrato che una
curva discontinua peggiori le resistenze meccaniche, anche se in effetti essa riduce la
lavorabilità del calcestruzzo fresco), oggi in pratica si adottano delle curve continue,
rappresentate da equazioni del tipo:
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a
d
p = 100 ⋅
D
dove: p = percentuale passante attraverso un setaccio;
d = apertura del setaccio;
D = diametro massimo dell'aggregato;
a = costante.
A queste condizioni corrisponde una famiglia di parabole; all'atto pratico la curva
granulometrica più diffusa è la curva di Fuller, una parabola di equazione
d
p = 100 ⋅
D
Un'altra curva molto usata, specialmente se si impiegano dosaggi elevati di cemento, ad
esempio nella prefabbricazione, è quella di Bolomey: secondo questo autore per la
miscela cemento aggregato vale la curva:
p = A + (100 − A) ⋅
d
D
oppure, se riferita al solo aggregato:
A + (100 − A) ⋅
d
−C
D
p= ⋅100
100 − C
in cui C è la percentuale in peso di cemento della miscela e A una costante il cui valore
è compreso fra 1 e 14; 12 se l'aggregato è di forma arrotondata e 14 se è spigoloso.
Per getti di grande mole si fa talvolta uso della curva cubica, più ricca di fini, per
supplire al basso dosaggio di cemento:
d
p = 100 ⋅ 3
D
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Curve granulometriche di riferimento
Secondo gli autori di tali curve, esse forniscono le distribuzioni granulometriche che
danno i migliori risultati dal punto di vista delle resistenze e delle lavorabilità del
calcestruzzo. Negli impianti di produzione, sia se si cava materiale alluvionale sia se
l'aggregato è tutto ottenuto per frantumazione, il materiale prodotto viene diviso in
frazioni (dove per "frazione" si intende il materiale trattenuto da due vagli non
consecutivi): sabbie, pietrischetti, pietrischi, ghiaietto, ghiaia. Né il materiale ottenuto
inizialmente, detto misto di cava, né le varie frazioni sono adatte all'impiego nel
calcestruzzo; le diverse frazioni debbono essere mescolate tra loro. Occorrono quindi
dei criteri per poter eseguire la miscelazione in modo da realizzare curve prossime a
quelle ideali. In casi meno frequenti la cava può fornire degli aggregati in cui sono
rappresentate tutte le frazioni granulometriche di diametro compreso fino al valore D
massimo desiderato: bisogna in tal caso poter stabilire se l'aggregato sia accettabile o
che cosa bisogna fare per renderlo tale, qualora non lo sia. Non si potrà ovviamente
pretendere la coincidenza con una delle curve teoriche, ma si fisserà piuttosto un
criterio, per stabilire se la curva granulometrica di un determinato aggregato sia o meno
accettabile, consistente nel fissare per i diversi setacci un margine in più e in meno
rispetto al valore della curva teorica: si ottengono così una curva teorica inferiore e una
superiore a quella teorica, le quali determinano il cosiddetto fuso granulometrico.
Stabiliti i criteri di tolleranza, un aggregato è considerato accettabile se la sua curva
granulometrica è compresa nel fuso.
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A seconda dell'impiego, cioè del tipo di costruzione a cui è destinato il calcestruzzo, vi
possono essere tolleranze diverse e quindi fusi differenti.
Una volta che si sia deciso di adottare una certa curva di distribuzione granulometrica,
si presenta il problema di combinare gli aggregati disponibili, cioè di mescolare in
opportune proporzioni sabbie, ghiaietti e pietrischetti, ghiaie o pietrischi, in modo che
l'aggregato risultante abbia la distribuzione granulometrica desiderata. Allorché si tratta
miscelare aggregati di più frazioni, anche in parte sovrapposte, si ricorre a metodi
diversi: uno dei più semplici prevede l'uso di un diagramma avente la scala delle ascisse
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Combinazione degli aggregati, metodo grafico
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Aumentando il diametro massimo, nell'ipotesi di mantenere la curva di Fuller,
diminuisce la quantità di acqua necessaria per lasciare costante la lavorabilità
dell'impasto, in quanto un aggregato grossolano ha una minore superficie specifica, e
richiede una quantità d'acqua minore per bagnare tutte le particelle.
Se ne deduce che l'impiego di un aggregato avente il Dmax maggiore richiede pure, per
fornire la stessa resistenza meccanica, (con lo stesso rapporto acqua/cemento), un
minore tenore di cemento, con un minore sviluppo di calore, minore ritiro e minore
spesa.
Tali considerazioni portano a favorire l'impiego degli impasti preparati con aggregati a
più elevato diametro massimo. Ciò contrasta naturalmente con le considerazioni di
carattere geometrico sopra fatte, e impartisce inoltre agli impasti la tendenza alla
"segregazione", cioè alla possibilità di separazione degli aggregati grossi, durante la
preparazione, il trasporto, la posa in opera e la compattazione. In certi grossi getti sono
stati disposti manualmente elementi molto grossi durante la costruzione delle strutture,
con maggiore dispendio di mano d'opera, ma con notevole riduzione di cemento e
quindi con sviluppo di una minore quantità di calore di idratazione.
In relazione al diametro massimo viene anche indicato il contenuto minimo di parti fini
(passante al setaccio 0,25 mm), per assicurare compattezza e lavorabilità:
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dmax Contenuto minimo di
(mm) fini (kg/m3 )
8 525
16 450
32 400
> 50 350
Nella figura sottostante, il dosaggio di cemento viene riportato in funzione del diametro
massimo Dmax; tutti gli impasti considerati nel diagramma hanno la stessa lavorabilità
(abbassamento al cono = 12 cm) e ogni curva si riferisce a impasti con uguale resistenza
a compressione.
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È più difficile ottenere valori elevati della resistenza impiegando aggregati molto grossi:
oltre un certo limite gli alti valori della resistenza vengono mantenuti solo aumentando
anche il contenuto di cemento.
Si osserva inoltre che, fissato il valore del diametro massimo, all'aumentare del
dosaggio di cemento si ottengono resistenze più elevate, a parità di lavorabilità
dell'impasto.
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- saturi con superficie asciutta: condizione che può verificarsi dopo un breve
essiccamento, artificiale o naturale, in depositi aperti o coperti;
- bagnati: condizione abbastanza comune, poiché gli aggregati vengono lavati prima
della consegna e possono essere bagnati dalla pioggia, se depositati all'aperto.
L'acqua assorbita da un aggregato in condizione di saturazione rappresenta in media una
piccola percentuale del peso asciutto, che aumenta con l'aumentare della porosità; negli
aggregati bagnati, l'acqua di superficie è presente in quantità variabile, maggiore nella
parte fine.
La condizione dell'aggregato nei confronti dell'umidità contenuta è importante per la
confezione della miscela, in particolare per l'esatta valutazione dell'acqua totale di
impasto: se l'aggregato è asciutto, una parte dell'acqua di impasto viene assorbita fino a
saturazione e l'acqua restante, disponibile per il confezionamento dell'impasto, è allora
minore di quella prevista; se l'aggregato è bagnato, l'acqua di superficie si aggiunge a
quella d'impasto e si ha un eccesso d'acqua.
La conoscenza dell'assorbimento d'acqua serve inoltre per valutare porosità, resistenza e
gelività dell'aggregato:
a maggior assorbimento corrisponde maggiore porosità;
a maggiore porosità corrisponde minore resistenza;
a maggiore porosità corrisponde maggiore gelività.
2.3.1.3.6.3 Impurità
Le impurità presenti negli aggregati (limo, argilla, materie organiche, terreni vegetali,
residui di carbone, solfati, ecc.) possono essere terrose, organiche o saline. Le impurità
terrose sono costituite da limo o argilla in grumi o in massa che formano delle
incrostazioni superficiali sui granuli; se questo rivestimento è poco aderente, può essere
asportato mediante idoneo trattamento. Tali impurità, se presenti nella miscela, riducono
l'aderenza tra i granuli dell'aggregato e la pasta cementizia, richiedono una maggiore
quantità d'acqua di impasto e provocano diminuzione della resistenza del calcestruzzo.
Le impurità organiche, che in genere derivano dalla decomposizione dei vegetali,
intervengono ad ostacolare i fenomeni di presa e indurimento e quindi lo sviluppo della
resistenza.
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Le impurità saline possono essere costituite da solfati e cloruri: la loro presenza può
provocare una reazione chimica con la pasta di cemento, con conseguenti fenomeni
come aumento di volume, degradazione dell'aggregato, corrosione delle armature
metalliche. Alcune forme di silice presenti negli aggregati reagiscono con gli alcali
contenuti nella pasta di cemento, generandosi così la reazione "alcali-aggregati", con
aumento di volume e conseguente pressione tra granuli e pasta, con possibile
disgregazione di quest'ultima, rigonfiamento e disgregazione del calcestruzzo.
2.3.1.3.6.4 Gelività
L'aggregato è considerato gelivo quando subisce una variazione di volume, temporanea
o permanente, per azione del gelo. In questo caso, cicli di gelo e disgelo ripetuti
possono provocare deterioramento del calcestruzzo, con screpolature superficiali o
disgregazione più profonda. La gelività dell'aggregato indica anche la porosità dello
stesso, quindi minore resistenza e durabilità: tuttavia va considerato che nel
conglomerato i grani sono avvolti dalla pasta di cemento, il che in genere ne migliora il
comportamento.
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Relazione tra la resistenza a compressione del calcestruzzo e
quella della pasta cementizia in esso presente.
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Massa Coefficiente di
Porosità
Peso in volumica Porosità
apparente Assorbimento dilatazione
mucchio reale totale % termica
% del % in peso
[T/m3] media del volume lineare
3 volume
[g/cm ] [°C-1*10-6]
ROCCE IGNEE
a) di profondità
Granito e sienite 1,35 2,6-2,8 0,4-1,5 0,4-1,4 0,2-0,5 8
Diorite e gabbri 1,45 2,8-3,0 0,5-1,6 0,5-1,5 0,2-0,4 8
b) effusive
Porfido di quarzo 1,35 2,6-2,8 0,4-1,8 0,4-1,5 0,2-0,7 5
Basalto 1,45 2,9-3,0 0,2-0,9 0,3-0,7 0,1-0,3 5
c) detritiche
Pomice 0,7 0,5-1,1 30-70 25-60 30-70 9
Tufo vulcanico 0,8 1,1-1,8 25-60 25-50 25-50 9
ROCCE SEDIMENTARIE
Calcare tenero 1,05 1,7-2,6 0,5-30 0,5-25 1-25 4
Calcare compatto 1,35 2,7-2,9 0,4-2 0,5-2 2-4 3
Dolomite 1,35 2,3-2,8 0,4-2 0,5-2 2-4 3
Travertino 1,15 2,4-2,5 5-12 4-10 2-5 4
ROCCE METAMORFICHE
Gneiss 1,4 2,6-3,0 0,4-2 0,3-2 1,6-0,6 5
Scisti 1,35 2,7-2,8 1,6-2,5 1,4-1,8 0,5-0,6 5
Marmo 1,35 2,7-2,8 0,5-3 0,5-2 0-1 5
Quarziti 1,35 2,6-2,7 0,4-2 0,2-0,6 1,6-1,4 5
Caratteristiche fisiche di alcuni aggregati
ROCCE IGNEE
a) di profondità
Granito e sienite 1.600-2.400 100-200 5-6 110-120 1
Diorite e gabbri 1.700-3.000 100-220 8-10 130-180 1-1,5
b) effusive
Porfido di quarzo 1.800-3.000 150-200 5-7 130-240 1-1,5
Basalto 2-4.000 150-250 9-12 160-300 1-2
c) detritiche
Pomice 50-200 - 1-3 - -
ROCCE SEDIMENTARIE
Calcare tenero 200-900 50-110 3-6 70-110 4-9
Calcare compatto 800-1.900 60-150 4-7 70-110 4-8
Dolomite 200-600 40-100 2-5 60-110 7-12
ROCCE METAMORFICHE
Gneiss 1.600-2.800 - 3-4 40-100 1-2
Scisti 900-1.000 - 2-6 40-80 4-8
Marmo 1.000-1.800 60-150 4-7 70-100 4-8
Quarziti 1.500-3.000 - 5-7 110-180 1,5
Caratteristiche meccaniche di alcuni aggregati
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2.3.1.3.6.6 Qualificazione degli aggregati
Le prove cui vengono sottoposti gli aggregati forniscono risultati che permettono di
definirne la loro qualità per confronto con i limiti di accettazione.
Nelle norme UNI 8520 gli aggregati sono suddivisi in tre categorie:
CATEGORIA A: aggregati per calcestruzzi con resistenza caratteristica Rck maggiore
di 30 N/mm2 , o esposti ad azioni aggressive;
CATEGORIA B: aggregati per calcestruzzi con resistenza caratteristica Rck compresa
tra 15 e 30 N/mm2 , ;
CATEGORIA C: aggregati per calcestruzzi con resistenza caratteristica Rck minore di
30 N/mm2 .
La qualità di un aggregato deve quindi essere proporzionale alla qualità del
conglomerato in cui viene usato. In teoria, tutte le caratteristiche dovrebbero essere
controllate, per giudicare correttamente la qualità di un aggregato e la sua idoneità
all'impiego: in pratica l'entità dei controlli deve essere stabilita caso per caso. Se si tratta
di aggregati conosciuti, il cui impiego avviene da tempo con buoni risultati, i controlli
di accettazione del materiale possono essere di molto ridotti.
2.3.1.4 Additivi
Gli additivi per il calcestruzzo costituiscono, dopo il cemento, l'acqua, e gli aggregati,
un ingrediente che, nella moderna tecnologia del conglomerato cementizio, entra
sempre più spesso nella composizione del materiale, di regola in quantità non eccedente
circa 10 kg/m3 ; a questo proposito la UNI 9858 definisce additivi quei materiali
"aggiunti in piccola quantità" al calcestruzzo.
Gli additivi vengono impiegati per ottenere uno o più dei seguenti obiettivi:
- migliorare le prestazioni di un calcestruzzo allo stato fresco e/o indurito, senza
modificarne la composizione;
- ottenere dal calcestruzzo prestazioni che altrimenti non verrebbero raggiunte;
- ottenere un vantaggio economico nell'impiegare calcestruzzi con prestazioni
prefissate.
Gli additivi disponibili sul mercato sono assai numerosi e sono costituiti in genere da
formulazioni, contenendo, oltre a uno o a più principi attivi essenziali, anche
componenti accessori, come stabilizzanti, antischiuma, antibatteri.
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I tipi di additivi vengono distinti in base alla funzione da essi esplicata, tenendo conto
che in un prodotto si può avere una combinazione di funzioni. I più importanti, e i più
usati, tipi di additivo sono:
- fluidificanti normali, acceleranti o ritardanti;
- superfluidificanti normali, acceleranti, ritardanti;
- ritardanti;
- espansivi;
- aeranti.
Oltre a questi possiamo ricordare i fluidificanti aeranti, gli antimuffa, gli antistatici, i
plastificanti, gli indurenti superficiali, i pigmenti, gli idrofughi, i cosiddetti antigelo, gli
anticorrosione, gli additivi per prevenire la reazione alcali-silice, i prodotti stagionanti e
i disarmanti.
In molti paesi esistono normative per gli additivi, che ne definiscono i tipi, a volte
pongono dei limiti per le prestazioni, descrivono metodi per il controllo dei requisiti in
fase di accettazione dei prodotti e per il controllo dell'uniformità di forniture successive.
In Italia è vigente la normativa Unicemento che attualmente prevede i dieci tipi
seguenti: fluidificanti normali, fluidificanti acceleranti, fluidificanti ritardanti, aeranti,
antigelo, superfluidificanti ed espansivi (UNI 7101 e 8145). Gli additivi vengono
aggiunti agli impianti di betonaggio o, in determinati casi, a piè d'opera subito prima del
getto; per tutti gli additivi è estremamente importante assicurarsi, mediante l'impiego di
betoniere efficienti e di tempi di miscelazione abbastanza lunghi, che il prodotto sia
distribuito in modo perfettamente omogeneo negli impasti e non concentrato
localmente; in caso contrario si avrebbero, in alcuni punti, delle opere di sovradosaggi,
in altri, carenza di additivo.
Le dosi variano da un minimo di 30 cc/100 kg di cemento per gli aeranti a un massimo
di 2-3 l/100 kg di cemento per certi fluidificanti. Per la corretta valutazione
dell'incidenza economica degli additivi sul costo del calcestruzzo è opportuno ricordare
che il loro peso specifico è di regola superiore a 1 kg/dm3 (normalmente 1,2-1,3
kg/dm3 ) e perciò il costo può risultare sensibilmente diverso se il dosaggio previsto è ad
esempio: 1 litro/100 kg di cemento o 1 kg/100 kg di cemento; evidentemente un dato
additivo incide più se è usato in litri che in chilogrammi.
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2.3.1.4.1 Additivi fluidificanti e superfluidificanti
Gli additivi fluidificanti sono stati i primi prodotti utilizzati nel calcestruzzo, e
permettono di migliorare la lavorabilità senza aumentare il rapporto acqua/cemento.
Normalmente questi additivi contengono sostanze polimeriche idrosolubili, come
principi attivi, capaci di aderire ai granuli di cemento anidro (fenomeno di
assorbimento); di conseguenza le particelle di cemento (che normalmente, a causa di
forze elettrostatiche, tendono ad aderire mutuamente) vengono disperse e separate
nell'acqua d'impasto.
I fluidificanti in effetti sono dei veri e propri "disperdenti", come quelli usati
nell'industria delle vernici e degli inchiostri per disperdere le particelle di pigmento; la
migliore dispersione delle particelle di cemento negli impasti ne migliora la mobilità
agendo come "lubrificante"; un impasto di calcestruzzo risulta quindi a parità di
composizione, più fluido e quindi più lavorabile dopo l'aggiunta di un fluidificante.
In base alla natura chimica dei componenti gli additivi fluidificanti in generale sono
divisibili in:
• lignisolfonati;
• acidi idrossi-carbossilici;
• polimeri idrossolati.
I fluidificanti a base di lignisolfonato sono di gran lunga i più utilizzati: il lignisolfonato
di calcio è un sottoprodotto dell'industria cartaria, accompagnato in genere da zuccheri
pentosi ed esosi che conferiscono al prodotto caratteristiche di ritardanti; la tendenza del
lignisolfonato a inglobare piccole percentuali di aria comporta la necessità di inserire
nel prodotto anche additivi antischiuma.
Il lignisolfonato viene adsorbito dal cemento dal cemento dando luogo a dei prodotti
che ne ricoprono i granuli; tale pellicola modifica il potenziale elettrico e porta ad un
effetto repulsivo tra i grani di cemento, e quindi a una loro maggiore dispersione.
L'adsorbimento sui grani di cemento porta inizialmente ad un rallentamento delle
reazioni di idratazione; la successiva maggiore dispersione dei grani, e di conseguenza
l'aumentata superficie reattiva porta, se l'additivo è presente in percentuali molto piccole
rispetto al cemento (0,5 l), ad un incremento della velocità di indurimento e quindi di
sviluppo della resistenza.
20
La presenza del lignisolfonato ha influenza anche sulla microstruttura del gelo che si
forma con l'idratazione del cemento: si riscontra infatti una maggiore presenza di fori
capillari rispetto ad un gelo di un calcestruzzo prodotto con pari rapporto
acqua/cemento; ne risulta che a pari rapporto acqua/cemento un calcestruzzo prodotto
con additivo fluidificante può presentare maggiore ritiro. A pari lavorabilità invece il
calcestruzzo con additivo fluidificante avendo il rapporto acqua/cemento più basso
presenta un ritiro generalmente inferiore.
L'additivo fluidificante, essendo immesso in quantità molto piccole, dell'ordine del 0,2-
0,4%, e agendo con il cemento, deve essere immesso in impasto nel momento in cui è
minima la possibilità di assorbimento negli aggregati, ove non esercita azione.
Per ottenere delle riduzioni di impasto di maggiore entità si utilizzano invece additivi a
base di polimeri di sintesi, di caratteristiche assai più costanti, di due tipi principali:
prodotti a base di naftalina solfonata polimerizzata con formaldeide (naftalen-solfonati)
e prodotti a base di melammina solfonata polimerizzata con formaldeide. A questi
polimeri vengono poi aggiunti altri prodotti per poterne caratterizzare in modo più
specifico le prestazioni. Questi additivi sono classificati come superfluidificanti. Questi
additivi possono essere utilizzati a dosaggi superiori rispetto a quelli rispettati per i
fluidificanti, esercitando la loro azione sul calcestruzzo senza comportare problemi di
ritardo alla presa: i dosaggi rispetto al cemento vanno generalmente dall'1 al 3%.
Rispetto agli additivi fluidificanti, i superfluidificanti presentano generalmente una
maggiore riduzione dell'acqua d'impasto; l'effetto però in generale ha una durata
inferiore: per casi che lo richiedono è opportuno quindi utilizzare superfluidificanti
specifici con effetto ritardante.
I superfluidificanti a base di naftalen solfonati sono i più utilizzati per il loro
comportamento pressoché costante nei confronti dei diversi cementi, per il loro costo
inferiore e perché danno impasti con caratteristiche reologiche che non comportano
problemi di pompabilità e problematiche relative al getto, e alle successive lavorazioni,
in particolare per pavimentazioni in calcestruzzo; danno luogo a riduzioni del 10-15%
dell'acqua d'impasto.
I superfluidificanti melamminici vengono dosati in percentuali maggiori rispetto ai
naftalen solfonati (dell'ordine del 2-3%), permettendo di ottenere calcestruzzo con
maggiori riduzioni d'acqua (dell'ordine del 20%) e incrementi di resistenza. Il loro
21
costo, il loro comportamento non uniforme con i diversi tipi di cemento, la diversa
reologia che conferiscono al calcestruzzo ne indirizza l'utilizzo a situazioni più
particolari.
L'azione dei superfluidificanti si basa su una doppia azione:
• azione elettrica sul potenziale zeta: azione esercitata sul cemento, che per
adsorbimento del superfluidificante modifica il suo potenziale zeta e di conseguenza
aumenta la repulsione fra i grani di cemento, e ne impedisce quindi
l'agglomerazione;
• azione fisica sui grani: azione dispersiva e lubrificante sui grani di cemento, per
ottenere un migliore scorrimento.
Per ciò che concerne l'impiego, i fluidificanti ed i superfluidificanti possono essere
utilizzati nei tre modi che seguono (in riferimento ad un calcestruzzo con caratteristiche
ben precise):
1. a pari dosaggio di cemento, acqua ed aggregati: l'aggiunta di un
fluidificante/superfluidificante aumenta la lavorabilità (ad esempio un calcestruzzo
avente 300 kg/m3 di cemento, 1800 kg/m3 di inerte, 200 l/m3 di acqua, slump 10
cm), potrebbe passare a slump 22 dopo l'aggiunta dell'additivo. Poiché il rapporto
acqua/cemento prima e dopo l'aggiunta non varia, le prestazioni del calcestruzzo
indurito non avranno forti differenze; si avrà però un calcestruzzo fresco di gran
lunga più lavorabile (in questo caso "autolivellante"); il principale vantaggio è
perciò quello di una maggiore affidabilità nella realizzazione dei getti, senza che un
difetto di vibrazione possa produrre porosità macroscopiche (vespai) e senza che in
cantiere vengano effettuate aggiunte d'acqua non controllate agli impasti per ridurre
la fatica della posa in opera.
2. a pari lavorabilità: l'additivo ha una funzione di riduttore d'acqua; nell'esempio
precedente il calcestruzzo addittivato potrebbe avere: 300 kg/m3 di cemento, 1800
kg/m3 di inerte, 170 l/m3 di acqua, slump 10 cm. L'aggiunta di additivo dà in questo
caso vantaggi nelle prestazioni del calcestruzzo, che passando da un rapporto a/c =
0,66 ad a/c = 0,57, dà maggiori resistenze alle varie stagionature, maggiore
impermeabilità e durevolezza, minore ritiro e fluage.
3. a pari lavorabilità e rapporto a/c: usando un fluidificante o superfluidificante si può
ottenere un calcestruzzo avente uno slump 10 cm e rapporti a/c = 0,6 (e quindi
22
uguale lavorabilità e prestazioni) con la seguente composizione: acqua 168 l/m3 ,
cemento 280 kg/m3 , inerte 1800 kg/m3 ; in questo caso si è ottenuta una riduzione di
cemento.
Gli additivi fluidificanti secondo la norma UNI 7102/72, a parità di acqua di impasto,
devono dare calcestruzzi con consistenza maggiore del 10%. A pari consistenza è
richiesto un incremento della resistenza a compressione di almeno il 5% a 24 ore e a 3
giorni, del 10% a 7 giorni, del 15% a 28 e 90 giorni.
Gli additivi superfluidificanti, secondo la norma UNI 8145/80, devono ridurre per
calcestruzzo a parità di slump l'acqua di almeno il 10%, e a parità di acqua di impasto
devono dare calcestruzzi con un aumento dello spandimento di almeno il 100% (prova
della consistenza con tavola a scosse, UNI 8020). A pari consistenza si deve ottenere un
aumento della resistenza a compressione di almeno il 30% a 24 ore e a 3 giorni, del
20% a 7 giorni, del 15% a 28 e 90 giorni. A parità di acqua di impasto non devono
comportare una perdita di resistenza superiore al 5%.
23
Si può ancora sottolineare che, se la dosatura del cemento ha una funzione determinante
ai fini delle resistenze meccaniche del conglomerato indurito, non ci si deve però
attendere con l'aumento del tenore di legante un incremento illimitato della resistenza
meccanica stessa. A parità di dosaggio di cemento sarà, ad un certo punto, il rapporto
A/C ad incidere in modo sensibile sulle caratteristiche finali del calcestruzzo.
24
calcestruzzo. Gli inconvenienti che possono conseguirne sono più che ovvi, causa
l'eterogeneità macroscopica che ne consegue nel conglomerato indurito. Essendo
difficile - se non impossibile - rimediare a tale fenomeno, sarà quindi sempre necessario
operare in modo tale che questa segregazione non abbia a verificarsi, curando in modo
particolare la composizione degli impasti (rapporto A/C, additivi, ecc.) e provvedendo
ad un accurato trasporto dei medesimi. Oggigiorno la tecnica dei sistemi di vibrazione
rende possibile la gettata di impasti di consistenza asciutta, con il vantaggio di utilizzare
quantità più modeste di acqua, incrementando contemporaneamente le resistenze del
prodotto finale.
Il rapporto A/C agisce anche sullo scorrimento viscoso del calcestruzzo. Tale fenomeno,
detto anche fluage o creep, consiste nell'aumento di deformazione che si verifica nel
tempo sotto l'applicazione di un carico costante. È soprattutto la pasta di cemento che
determina il meccanismo del fluage, poiché, come avviene per il ritiro all'essiccamento,
anche per il fluage gli aggregati si deformano in maniera trascurabile. Lo scorrimento
viscoso è tanto minore quanto minore è il rapporto A/C e quanto più basso è il dosaggio
di cemento. Una pasta più compatta è infatti anche meno deformabile, mentre
l'influenza del dosaggio di cemento è da riferirsi al fatto che il fluage dell'aggregato è
trascurabile rispetto a quello della pasta cementizia. L'azione esplicata dagli additivi del
fluage è da mettere in relazione all'incidenza che tali sostanze esercitano sul rapporto
A/C (Lucco Borlera M., Brisi C., 1992).
25
Effetto dell'aggiunta di additivo fluidificante sulla curva Rck - a/c
26
2.3.4 Proprietà del calcestruzzo fresco
2.3.4.1 Valutazione della lavorabilità dell'impasto
La caratteristica più significativa di un impasto è la sua lavorabilità, che dipende da
molti fattori, i più importanti dei quali sono: il rapporto acqua/cemento, la temperatura,
la dimensione e la forma degli aggregati nonché la loro granulometria, la presenza di
additivi, il contenuto di cemento. La lavorabilità non può per altro assumere un valore
unico, ma è ovviamente da correlarsi con le esigenze richieste per la posa in opera
dell'impasto e quindi condizionata dalle dimensioni dei getti, dalla geometria delle
casseforme e dalla relativa armatura metallica, dai mezzi di costipamento, ecc., per cui
per ogni utilizzazione si richiede un appropriato grado di lavorabilità.
La lavorabilità diminuisce col procedere delle reazioni di idratazione del cemento. È
pertanto necessario che l'impasto possegga la lavorabilità richiesta non solo al momento
della confezione, ma soprattutto al momento della sua posa in opera. Se l'intervallo che
intercorre fra confezione e getto non è breve e soprattutto se la temperatura
dell'ambiente è elevata, la lavorabilità iniziale deve essere maggiore di quella richiesta
per la sua messa in opera. La perdita di lavorabilità è un fenomeno che avviene
nell'ambito della prima ora (o delle due prime ore al massimo) dal termine delle
operazioni d'impasto, come si osserva nel grafico sottostante.
27
La lavorabilità di un impasto viene usualmente valutata attraverso la sua consistenza, ad
esempio controllando la sua maggiore o minore attitudine a conservare una forma
impartitagli.
Si opera, di solito, con una delle tre seguenti metodologie:
- valutazione di consistenza con il cono di Abrams (UNI 9418);
- prova al consistometro VéBé (UNI 9419);
- indice di compattabilità (UNI 9420);
- spandimento (UNI 8020 - Metodo B).
Ciascuno di questi metodi serve ad evidenziare uno o più aspetti della lavorabilità.
28
adagia tanto più quanto meno è consistente. L'abbassamento dell'impasto, in centimetri,
rispetto alla forma originaria viene assunto come misura della consistenza (slump).
S1 da 10 a 40 umida
S2 da 50 a 90 plastica
29
2.3.5 Proprietà fisico meccaniche del calcestruzzo indurito
Per effetto dell'indurimento, un calcestruzzo diventa una pietra artificiale, le cui
caratteristiche principali sono la durezza e la resistenza meccanica.
Le sollecitazioni cui può essere sottoposto un calcestruzzo sono quelle tipiche di ogni
materiale da costruzione, cioè compressione, trazione, urto, abrasione. Il calcestruzzo
presenta capacità di resistenza alle sollecitazioni in misura diversa in funzione della
propria composizione e qualità delle condizioni esterne nelle quali si trova.
Il requisito più importante richiesto al calcestruzzo nelle normali applicazioni è la
resistenza a compressione, che è pure il parametro base per giudicare la qualità di un
conglomerato in generale. Una elevata resistenza a compressione, infatti, denota la
presenza di una massa compatta, con una bassa presenza di vuoti o irregolarità
nell'interno, e garantisce prestazioni elevate anche sotto tutti gli altri aspetti. La
resistenza rappresenta il criterio base di classificazione dei calcestruzzi.
30
CLASSI di fck Rck
RESISTENZA [N/mm2 ] [N/mm2 ]
C8/10 8 10
NON STRUTTURALE
C12/15 12 15
C16/20 16 20
C20/25 20 25
C25/30 25 30
C30/37 30 37 ORDINARIO
C35/45 35 45
C40/50 40 50
C45/55 45 55
C50/60 50 60
C55/67 55 67 ALTE PRESTAZIONI
C60/75 60 75
C70/85 70 85
C80/95 80 95 ALTA
C90/105 90 105 RESISTENZA
C100/115 100 115
Classi di resistenza del calcestruzzo riferite a provini cilindrici di diametro 150 mm ed altezza 300 mm
ed a provini cubici di 150 mm di spigolo.
31
aggregati, più rigidi: di conseguenza i punti di contatto tra pasta e granulo sono
fortemente sollecitati, tanto che l'aderenza nella superficie di contatto può venire meno,
generando fratture locali. Pertanto, unita agli effetti della resistenza a compressione,
assume importanza l'aderenza tra pasta e aggregati, maggiore quando si sviluppa una
specie di legame chimico, minore se dipende solo da ancoraggio meccanico, influenzato
quest'ultimo dalla struttura superficiale dei granuli degli aggregati e dall'assenza di
impurità sugli stessi (in genere un aggregato calcareo sviluppa adesione maggiore di un
aggregato siliceo, a causa dell'interazione calcare - cemento che rinforza il legame fra i
due materiali). La presenza di eventuali punti deboli nella massa del calcestruzzo può
quindi alterare sensibilmente la distribuzione delle sollecitazioni: un punto debole può
essere rappresentato da granuli non compatti o alterati, in corrispondenza dei quali può
verificarsi il cedimento che innesca la rottura. Considerato che la resistenza degli
aggregati è maggiore di quella della pasta, ciò che interessa soprattutto è la omogeneità
degli aggregati stessi, cioè l'assenza di elementi deboli o degradati. I vuoti presenti nella
massa sono certamente punti deboli, specialmente se sono di una certa dimensione. Essi
possono provenire da una non corretta composizione della miscela, in particolare da una
quantità insufficiente di pasta di cemento in rapporto alla quantità e dimensione degli
aggregati, o a seguito di un insufficiente costipamento della massa. I granuli devono
essere completamente avvolti dalla pasta cementizia, la quale deve riempire tutti gli
spazi esistenti fra i granuli stessi: per questo occorre una quantità adeguata di pasta,
correlata con la dimensione dei granuli da avvolgere, in particolare con la loro
superficie. All'aumentare della superficie complessiva, aumenta la quantità di pasta
richiesta. In una distribuzione granulometrica corretta, quando aumenta il diametro
medio dei granuli, diminuisce la superficie complessiva da ricoprire, quindi il
fabbisogno di pasta.
Nella definizione del rapporto pasta - aggregati influisce, oltre alla dimensione dei
granuli, la loro scorrevolezza al fine di ottenere una buona lavorabilità: dimensione dei
granuli e lavorabilità dell'impasto sono fattori che dipendono dalle condizioni di
impiego della miscela.
Si può quindi affermare che la resistenza a compressione è influenzata:
• dalla classe di cemento;
• dal rapporto acqua - cemento;
32
• dal rapporto cemento - aggregati;
• dalla qualità degli aggregati, in particolare dalla loro omogeneità e capacità di
aderenza con il cemento;
• dalla densità della massa, a sua volta della corretta composizione e del
costipamento.
La resistenza a compressione può essere definita potenziale, in quanto quella reale,
effettiva, si ha soltanto dopo la posa in opera e la maturazione dei getti: durante queste
fasi lo sviluppo della resistenza può subire accelerazioni, ritardi o scostamenti dai valori
previsti. Una riduzione della resistenza potenziale può essere causata da un insufficiente
costipamento, oppure dalla troppo rapida evaporazione dell'acqua di impasto, per effetto
dell'evaporazione in zone a clima caldo e asciutto.
Una differente velocità di sviluppo della resistenza è generalmente causata dalla
temperatura: temperature troppo elevate accelerano lo sviluppo, se l'acqua di impasto
gela, non può avviarsi il processo di idratazione. Una temperatura iniziale troppo alta
può causare un'alterazione riduttiva nello sviluppo del processo.
33
- modalità del prelievo del calcestruzzo, modalità di riempimento e compattazione
delle forme (si usa in genere la vibrazione, onde ottenere il minor volume di vuoti),
procedimento di lisciatura della superficie libera dei provini;
- tempo intercorrente tra l'impasto e la sformatura dei provini (secondo UNI: 24 ore);
- condizioni di stagionatura (secondo UNI: 20°C e umidità relativa = 90%);
- tempo massimo tra la fine della stagionatura e l'inizio della prova (secondo UNI: 2
ore);
- tolleranza di planarità delle superfici del provino su cui è applicata la compressione
(secondo UNI: ± 0,05 mm);
- angoli tra le facce di 90° ± 30';
- precisione della lettura del carico applicato dalla pressa idraulica;
- velocità di applicazione del carico (secondo UNI: 0,5 ± 0,2 N/mm2 sec).
Naturalmente anche la pressa idraulica, impiegata per l'esecuzione della misura della
resistenza a compressione, è standardizzata nei suoi diversi organi e deve rispondere
alla specifica UNI 6686/72.
Alcuni dei fattori precedentemente indicati influenzano sensibilmente il valore della
resistenza misurabile su un determinato provino.
34
Per la rottura a compressione e a trazione indiretta è tuttavia previsto che, in casi
particolari, possano essere anche impiegati provini cilindrici aventi altezza doppia del
diametro.
Ø UNI 6131, che stabilisce i criteri e le modalità per il prelievo di campioni di
calcestruzzo già indurito e per la preparazione di provini;
Ø UNI 6132 e 6134, che stabiliscono il procedimento da seguire per la
determinazione della resistenza a compressione di provini sottoposti allo scopo, e,
rispettivamente, di monconi di prismi rotti a flessione;
Ø UNI 6133, relativa all'esecuzione della prova di rottura a trazione per flessione;
Ø UNI 6135, relativa all'esecuzione della prova di rottura a trazione diretta e indiretta;
Ø UNI 6186, che riguarda le presse idrauliche appositamente progettate e costruite per
prove di compressione su materiali, come il calcestruzzo, che presentano piccola
deformazione prima della rottura.
I valori di resistenza a compressione sono dipendenti dalla geometria e dalle dimensioni
del provino. Per tenere conto di tali influenze, si utilizzano i fattori di conversione
riportate nelle seguenti tabelle:
35
I fattori di conversione riportati nelle diverse tabelle non sono correlabili tra loro.
In generale i provini di grandi dimensioni danno resistenze minori dei provini piccoli;
quelli cilindrici danno resistenze minori dei provini cubici, ed i provini snelli danno
resistenze minori dei provini tozzi. Inoltre, quanto maggiore è la resistenza a
compressione del calcestruzzo in esame, tanto più i rapporti di conversione tendono
all'unità.
La norma UNI 6130/1 fornisce le indicazioni circa la proporzione tra le dimensioni dei
provini per la misura della resistenza a compressione e il diametro massimo
dell'aggregato del calcestruzzo da provare:
• 15 cm di lato per aggregato con dmax fino a 30 mm;
• 20 cm di lato per aggregato con dmax fino a 40 mm;
• 30 cm di lato per aggregato con dmax fino a 70 mm.
Le cubiere possono essere singole o multiple a tre o quattro cubi; le misure dei lati
vanno rispettate con tolleranza 2/10 mm, quelle degli angoli con tolleranza 0,5°.
Le forme devono essere rigide e impermeabili; prima dell'uso le cubiere vanno
ingrassate all'interno con un sottile strato di olio minerale, privo di acidi grassi, o con un
disarmante adatto, evitando l'uso di olio bruciato. Si usano anche forme in polistirolo
espanso, che rappresentano un involucro a perdere. Le forme possono essere sigillate e
il provino resta a stagionare all'interno, fino al momento della prova. È sconsigliato
l'uso del coperchio nella stagione calda perché può impedire lo smaltimento del calore.
La dimensione dei provini è un parametro significativo nella misura della loro
resistenza. La considerazione principale in proposito è che il verificarsi dell'effetto
parete può modificare apprezzabilmente il rapporto pasta/aggregato. Se si immagina di
osservare il calcestruzzo in corrispondenza di una sezione al centro del provino,
otterremo che la frazione della superficie osservata, costituita da aggregati grossi, è
all'incirca pari a quella mediamente presente nel materiale. Se invece la sezione
osservata è parallela e a piccola distanza dalla parete della cassaforma, la frazione della
superficie data dagli elementi di aggregato grosso sarà alquanto minore. Ciò si deve al
fatto che la presenza della parete suddetta impedisce agli aggregati di avvicinarvisi; in
definitiva si può affermare che tanto maggiore è il rapporto tra la superficie del provino
e il volume di esso, tanto maggiore sarà la frazione di pasta di cemento in esso presente.
36
Il suddetto effetto parete in definitiva fa sì che lo stesso calcestruzzo, provato su provini
più piccoli, darà valori di resistenza più elevati.
Occorre tenere conto del fatto che, essendo la superficie di contatto tra l'aggregato
grosso e la pasta di cemento il punto di minor resistenza del conglomerato, se il provino
è troppo piccolo rispetto al diametro massimo dell'aggregato, quest'ultimo aspetto
diviene preponderante e la resistenza decresce. A seguito dello schiacciamento del
provino che si realizza nella prova di compressione, si può osservare che il materiale
delle facce laterali del provino stesso diventa friabile e può essere facilmente asportato;
la parte restante, meno danneggiata, del provino assume così la forma della figura
sottostante (a), detta piramidale. Questo comportamento può essere facilmente
interpretato: durante l'applicazione del carico il provino subisce una contrazione nella
direzione di applicazione del carico e un rigonfiamento delle facce laterali
(rappresentato in modo esagerato in figura (b)); questa deformata è dovuta al fatto che, a
causa dell'attrito, tra i piatti della pressa a contatto del provino, mediante i quali è
applicato il carico, e le superfici del provino stesso, l'espansione laterale è contrastata, in
misura maggiore in prossimità delle superfici di contatto, dove si realizza una
sollecitazione biassiale compressione-compressione, e in misura man mano minore
allontanandosi da tali superfici. Le parti in cui si sente meno l'effetto del contrasto alla
dilatazione laterale sono quelle che si dilatano maggiormente e alla fine della prova
risultano più danneggiate e friabili, e sono quelle che portano al cedimento il provino.
Le parti di provino che in un certo modo sono "rinforzate" dal contatto con i piatti della
pressa, come si vede in figura (a), sono piramidi aventi come base la faccia del provino
a contatto della pressa, e altezza pari a d ⋅ 3 2 , in cui d è il lato del provino; nel caso
di provino cilindrico si tratterà evidentemente di coni. In base alle precedenti
considerazioni, è chiaro che il provino cilindrico della normativa, avente rapporto
altezza/diametro pari a 2, presenta un volume non contrastato, e quindi più deformabile
e danneggiabile, alquanto maggiore del provino cubico, come è indicato nelle figure (c)
e (d); come conseguenza, la resistenza del provino cilindrico vale, per lo stesso
calcestruzzo, circa l'80% della resistenza del provino cubico.
37
Modalità di rottura dei provini cubici a compressione
Nella figura successiva è riportata l'influenza del rapporto h/d sulla resistenza relativa
del conglomerato per diverse resistenze del calcestruzzo, ponendo pari a 100 la
resistenza del cilindro
normalizzato. Di un tale tipo di relazione si deve tener conto nel caso che il provino di
calcestruzzo non abbia rapporto h/d pari a 1 oppure 2.
38
2.3.5.1.2.1 Velocità di applicazione del carico
In particolare, la velocità di applicazione del carico influenza il valore della resistenza a
compressione, come viene mostrato in figura; ciò si deve al fatto che la propagazione
delle fessure richiede un certo tempo e influisce meno se la prova è più rapida.
39
è significativo perché non fornisce un'indicazione sufficiente. In realtà di un materiale
interessa non tanto la resistenza media quanto la resistenza minima, intesa non come
valore minimo dei risultati della prova, ma come minimo "statistico", come quel valore
che ha elevata probabilità (almeno il 95%) di essere superato dalla popolazione dei
risultati.
Poiché non si possono eseguire misure su tutti gli impasti di una produzione, ci si limita
ad un controllo di accettazione, effettuando una misura su un prelievo di calcestruzzo
ogni 100 m3 di conglomerato, di cui si determina (su almeno due provini) la resistenza
media del prelievo.
Tale curva, significativa per fenomeni, come il calcestruzzo, in cui il risultato dipende
da molte cause tra loro indipendenti, indica la distribuzione statistica "normale" dei
40
risultati; in essa il valore medio è quello che si verifica con maggiore frequenza, e
corrisponde al valore in corrispondenza della verticale passante per il punto più alto
della curva.
La resistenza meccanica, minore di quella media, risulta spostata a sinistra rispetto al
valore medio, tale che soltanto il 5% di tutti i risultati sono inferiori ad essa. La
resistenza caratteristica viene calcolata con la formula:
Rck = Rm - k · s
essendo: Rck = resistenza caratteristica (frattile 5%);
Rm = resistenza media;
k = coefficiente numerico, uguale a 1,64 per un numero di prelievi molto
elevato;
Σ ( R X − Rm ) 2
s = scarto quadratico medio, pari a s = ,
( n − 1)
con Rx = resistenza di ciascun prelievo
n = numero di prelievi.
Per ottenere un valore piccolo dello scarto quadratico medio, il produttore deve:
- utilizzare materiali di qualità costante;
- impiegare bilance e dosatori tarati frequentemente e sufficientemente accurati;
- miscelare per il tempo dovuto e con miscelatori efficienti il conglomerato.
41
La resistenza caratteristica è in sostanza pari alla resistenza media diminuita di una certa
quantità, funzione del numero di prove della costanza dei risultati. La curva a campana
si modifica nel caso si faccia riferimento a un numero limitato di risultati.
Data una serie di valori di resistenze di prelievo, se si riportano nel grafico in ascissa i
valori delle resistenze di prelievo, suddivise in classi di resistenza e in ordinata il
numero di volte che i singoli risultati appartenenti a ciascuna classe si manifestano, si
ottiene una spezzata - non una curva poiché si dispone di un numero limitato di risultati
- in buon accordo con l'andamento della curva di Gauss. Se i risultati sono più dispersi,
ossia se i valori di resistenza sono più distanti tra loro, si ottiene una spezzata più
schiacciata: a parità di resistenza media la resistenza caratteristica si trova più a sinistra
e quindi il valore più basso, oppure a parità di resistenza caratteristica, è necessario
aggiungere una resistenza media più elevata di quella ottenuta dai risultati delle prove,
come si osserva nei grafici sottostanti.
Risultati più dispersi, resistenza caratteristica più bassa, a pari resistenza media.
Risultati più dispersi, resistenza caratteristica più alta, a pari resistenza caratteristica.
42
2.3.5.2 Resistenza a trazione
La resistenza a trazione di un calcestruzzo è piuttosto bassa e rappresenta una frazione
della resistenza a compressione: in genere si assume pari ad 1/10 di quest'ultima.
Sotto compressione gli aggregati determinano in modo attivo il comportamento del
materiale in quanto, essendo a contatto tra loro e con la pasta, riescono ad assorbire,
deformandosi, buona parte degli sforzi. Sotto trazione l'interfaccia legante-aggregato,
pur essendo più o meno resistente in funzione del grado di scabrezza e porosità della
superficie di quest'ultimo e della sua possibilità di formare legami chimici con la pasta
di cemento, tuttavia costituisce sempre il punto debole della struttura del conglomerato.
In corrispondenza di tale interfaccia, poi, si generano per i fenomeni di ritiro, numerose
microfessure che determinano una concentrazione locale della sollecitazione che risulta
determinante.
La resistenza a trazione viene misurata mediante:
- prove di trazione diretta;
- prova di flessione;
- prova di trazione indiretta o prova brasiliana.
43
2.3.5.2.1.1 Prova di flessione
Si esegue su provini prismatici di dimensioni dipendenti da Dmax (in genere 10x10x40
cm) posti su due coltelli di appoggio e caricati con uno o due coltelli di carico. Il tal
modo viene misurata la massima sollecitazione di trazione raggiunta sulla fibra più
bassa, detta "modulo di rottura", dalla relazione
l
MR = 3 ⋅ P ⋅
b ⋅d 2
in cui P è l carico, l la distanza tra gli appoggi, b è la larghezza e d è lo spessore del
provino. Questa prova risente poco della presenza di difetti e dà valori di resistenza più
elevati, in quanto, rispetto alla prova di trazione diretta e a quella di trazione indiretta, il
volume interessato dalla sollecitazione è minimo: tipicamente il modulo di rottura è pari
a 1,6 volte circa la resistenza a trazione diretta.
44
Misura di trazione indiretta
45
RES. COMP. CIL. [MPa] MODULO DI ROTTURA TRAZIONE DIRETTA
7 0,23 0,11
21,1 0,16 0,09
35,1 0,14 0,08
49,2 0,12 0,07
63,3 0,11 0,07
Dati tipici di resistenza a trazione e a compressione.
fck [MPa] 16 20 25 30 35 40 45
Rck [MPa] 20 25 30 37 45 50 55
Ec (1) [MPa] 25.500 28.500 31.200 33.700 36.000 38.200 40.300
Ec (2) [MPa] 27.500 29.000 30.500 32.000 33.500 35.000 36.000
0,14 - 0,15 - 0,16 - 0,17 - 0,18 - 0,20 - 0,22 -
ν
0,17 0,18 0,19 0,20 0,22 0,25 0,27
Alcuni valori del modulo elastico e del modulo di Poisson, in cui con (1) si intendono i moduli calcolati
rispetto a Rck e con (2) quelli calcolati rispetto ad fck.
46
2.3.6 Carotaggi
Un metodo di verifica della resistenza a compressione del conglomerato frequentemente
utilizzato, anche se le opere esaminate ne risultano apprezzabilmente danneggiate, è
quello del carotaggio, consistente nel prelevare dalla struttura dei campioni cilindrici di
calcestruzzo, di diametro da 3 a 20 cm, mediante una sega cilindrica a corona
diamantata.
Tagliando il cilindro in modo da ottenere delle basi piane, parallele e normali all'asse
del cilindro, si può misurare una resistenza a compressione; in mancanza di una
macchina capace di eseguire una vera e propria rettifica, la norma ASTM C 617 prevede
l'operazione di "cappatura", che consiste nell'applicazione sulle superfici spianate della
carota, dopo il taglio, di una patina di sufficiente resistenza di circa 3 mm di spessore,
come una pasta di cemento o gesso oppure una malta legata da zolfo fuso a 130°C;
l'apparecchiatura mantiene il cilindro verticale, in modo che la base "cappata" formi un
angolo di non più di 0,5° con l'asse del cilindro stesso.
I risultati ottenuti vanno interpretati con grande cautela, tenendo soprattutto presente
che i valori ricavati non possono essere confrontati direttamente con la resistenza media
o la resistenza caratteristica. Infatti, mentre per valutare queste i provini di calcestruzzo
fresco sono compattati a fondo e maturati in condizioni ottimali, numerosi fattori
possono:
- impedire che il calcestruzzo in opera raggiunga la resistenza che raggiungerebbe nei
provini (difetto di compattazione, difetto di maturazione umida, aggiunte d'acqua in
cantiere);
- causare l'ottenimento di valori di resistenza non rappresentativi della reale qualità
del materiale in opera (rapporto altezza/diametro del cilindro, danneggiamento del
materiale da parte dell'utensile);
- causare una notevole variazione dei risultati (posizione del prelievo, direzione del
prelievo e altri).
Risultati di prove eseguite carotando elementi di calcestruzzo di circa 0,1 m3 ben
compattati e maturati all'aperto e confrontando la resistenza a compressione su cubi
dello stesso calcestruzzo maturati in condizioni standard, evidenziano l'effetto
complessivo della maturazione all'aria e del carotaggio come una riduzione di resistenza
di circa 5-6 MPa; il coefficiente di correlazione è pari circa a 0,95.
47
Una nota espressione per valutare la resistenza del calcestruzzo nella struttura in base al
risultato del carotaggio è data dalla Concrete Society inglese:
D
f1 = fλ ⋅
1
1,5 +
λ
in cui: f1 è la resistenza cubica attuale del calcestruzzo nella struttura;
altezza/diametro pari a λ;
D è una costante che assume il valore di 2,5 per carotaggio orizzontale, 2,3 per
carotaggio verticale;
λ è il rapporto altezza/diametro della carota.
48
portare al bloccaggio. Da un punto di vista pratico, vanno a far parte del fluido
trasportatore, non solo l'acqua ed il cemento, ma anche quella frazione di sabbia, che si
raccorda dal punto di vista granulometrico con la distribuzione dimensionale del
cemento. Pertanto il problema di poter disporre di una sabbia sufficientemente ricca
nella frazione fine è il primo punto da affrontare per la produzione di un calcestruzzo
pompabile indipendentemente dal contenuto del cemento calcolato.
Le regole generali da seguire per ottenere un calcestruzzo pompabile sono:
- lo slump deve essere non inferiore a 10 - 15 cm (consistenza semifluida);
- la granulometria dell'impasto deve seguire la curva riportata in figura, con
particolare riferimento alle particelle minori di 0,5 mm;
- il diametro massimo dell'aggregato non deve superare 1/3 del diametro interno del
tubo della pompa;
- il peso dell'aggregato grosso non deve superare un certo valore limite che dipende
dal diametro massimo, e dalla granulometria della sabbia;
- il modulo di finezza della sabbia deve essere compreso fra 2,40 e 3,00;
- la sabbia deve possedere particolari requisiti granulometrici.
100
Percentuale passante cumulativo (%)
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
0,01 0,1 1 10 100
Apertura setaccio (mm)
FULLER
49
2.3.7.1 Miscelazione
La miscelazione di un calcestruzzo consiste nel ricoprire tutte le particelle di inerte con
pasta di cemento e nel rendere uniforme la distribuzione di tutti gli ingredienti che lo
costituiscono.
La miscelazione dei materiali componenti deve essere eseguita in una mescolatrice
meccanica e deve proseguire fino all'ottenimento di un impasto uniforme. L'operazione
di impasto si ritiene cominciata dal momento in cui tutti i materiali richiesti per
l'impasto si trovano nella mescolatrice. Quando vengono aggiunti additivi in piccole
quantità, questi vengono dispersi in una parte dell'acqua di impasto, ma quando sono
aggiunti in cantiere additivi fluidificanti, a causa della breve durata dei loro effetti, il
calcestruzzo dovrebbe essere impastato uniformemente, prima di aggiungere l'additivo
in questione. Dopo l'aggiunta, il calcestruzzo viene rimescolato fino a che l'additivo si
sia completamente disperso nell'impasto e sia divenuto pienamente efficace.
La miscelazione deve durare un tempo sufficiente ad assicurare l'omogeneità
dell'impasto. Le due figure sottostanti mostrano che gli scarti tra i valori di resistenza di
vari prelievi dallo stesso impasto si riducono e la resistenza media aumenta
all'aumentare del tempo medio di miscelazione. Le figure mostrano anche che per tempi
di miscelazione molto lunghi si possono ottenere incrementi di resistenza; tempi
eccessivi possono portare però ad una comminuzione dell'inerte, ad una eccessiva
perdita di lavorabilità e, nel caso di impasti contenenti additivi aeranti, ad una
progressiva diminuzione del contenuto d'aria inglobata.
Una miscelazione intermittente fino a 3 o più ore sembra non avere effetto negativo
sulla resistenza a compressione del calcestruzzo ma solo sulla lavorabilità.
50
Effetto del tempo di miscelazione sulla resistenza
di provini confezionati con lo stesso impasto di calcestruzzo.
51
resistenza a compressione a 28 giorni è stato riportato in ordinata come variazione
percentuale rispetto al valore senza aggiunta d'acqua. Nel grafico inferiore è riportata la
variazione del rapporto acqua/cemento a seguito delle aggiunte d'acqua suddette. La
figura evidenzia come un'agitazione fino a 2 ore sia risultata benefica, richiedendo solo
l'aggiunta d'acqua per compensare l'evaporazione; l'ulteriore agitazione, che produce
un'idratazione accelerata del cemento e disturba la formazione della struttura compatta
del gelo di cemento, risulta al contrario nociva.
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