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Domande

appello 26 maggio 2012: le resine epossidiche, il trattamento con idrossido di bario, la pulizia
dei monumenti, la fotodegradazione.

10) LEGANTI MINERALI
Leganti aerei: gesso; calce aerea; affresco;
Leganti idraulici: Calce idraulica; cemento Portland; Presa e indurimento del cemento; Problemi relativi
alluso del cemento Portland; Analisi e test sui cementi
Degrado dei materiali cementizi: calcestruzzo e cemento armato: porosit; Rapporto acqua- cemento;
Aggregati; Carbonatazione, solfatazione, colorurazione
Malte e intonaci
11) PRODOTTI DI TRATTAMENTO DI TIPO CLASSICO
Leganti organici naturali e cere
Trattamento alla calce
Consolidamento di pietre calcaree con idrossido di bario
fluosilicati e il trattamento Sanpaolesi
silicati e alchilsiliconati alcalini
12) CONSOLIDANTI E PROTETTIVI SINTETICI: POLIMERI ORGANICI DEL SILICIO
Chimica dei composti del silicio
silani
silossani
Microemulsioni siliconiche in acqua
Esteri silicei
Mastici per giunti di dilatazione
La riproduzione di oggetti darte: materiali per calchi; Tecniche di riproduzione; Materiali per la
riproduzione
13)LA RIPRODUZIONE DI OGGETTI DARTE
materiali per calchi
Tecniche di riproduzione
Materiali per la riproduzione:Resine acriliche e metacriliche
Polimerizzazione dei monomeri acrilici
Resine acriliche in soluzione acquosa
14)POLIMERI FLUORURATI
Perfluoropolieteri
Polifluorouretani
Fluoroelastomeri
Resine acriliche fluorurate
15)RESINE EPOSSIDICHE
Materiali termoindurenti a reticolo tridimensionale
Formulazioni e additivi speciali:Flessibilizzanti; Accelleratori di reazione; Diluenti
Fotodegradazione e autoinvecchiamento
Applicazioni delle resine epossidiche nella conservazione dei monumenti
16) DEGRADO DELLE RESINE SINTETICHE USATE IN CONSERVAZIONE
Autossidazione
Stabilizzazione ossidativa: antiossidanti; decompositori di perossidi;
Fotodegradazione ossidativa
Stabilizzazione foto-ossidativa: catturatori di radicali liberi; assorbenti uv;quenchers
Apparecchiature per il controllo del degrado dei polimeri








10)LEGANTI MINERALI
I leganti minerali classici sono distinti in leganti aerei che sono quelli che induriscono unicamente allaria
come argilla, gesso e calce aerea e leganti idraulici che hanno la capacit di indurire sottacqua in assenza di
aria; ad essi appartengono la calce idraulica e vari tipi di cemento.
Leganti aerei:
Gesso: diffuso come solfato di calcio biidrato. Il solfato idrato se riscaldato a temperatura di 400 perde
tutta lacqua di cristallizzazione e si ottiene solfato di calcio anidro, ma se questo riscaldamento non
troppo spinto la disidratazione solo parziale e temporanea e lacqua pu essere di nuovo riacquistata.
su questa ultima propriet che si basa limpiego del gesso come legante. Il riscaldamento a una
temperatura a 160 porta alla formazione di solfato di calcio semiidrato, un legante capace di indurire se
mescolato con acqua, formando gesso biidrato. Esso indurisce solo allaria perci classificato tra i leganti
aerei. A seconda del materiale di partenza, delle condizioni di cottura e della sua granulometria esistono
vari tipi di gesso. Macinato finemente dopo la cottura molto adatto per stucchi o decorazioni invece
macinato in maniera pi grossolana utilizzato sotto forma di malta per intonaci interni. usato come
rivestimento di sacrificio per proteggere dal fuoco il calcestruzzo e anche elementi metallici. importante
per la regolazione della igrometria degli ambienti in quanto capace di cedere acqua in atmosfere asciutte
e assorbire in atmosfere umide. Il suo uso inappropriato per intonaci esterni data la sua sensibilit alle
acque piovane e inoltre ha una scarsa resistenza meccanica che lo rende inutilizzabile per la realizzazione di
calcestruzzi ma utilizzato come malta di allattamento per mattoni o pietre. Tra i vantaggi possiamo citare il
suo basso peso e la mancanza di ritiro e inoltre un materiale che si lavora e si dipinge facilmente, inoltre
ha buone propriet igieniche, termiche e acustiche. I suoi svantaggi sono: la sua dilavabilit allacqua, la
scarsa resistenza meccanica allurto e allusura, la sua cattiva adesione su superfici che mancano di aggrappi
meccanici.
Calce aerea: esistono vari tipi di calce: calce viva che lossido di calcio; calce idrata o calce spenta che
lidrossido di calcio; grassello che lidrossido di calcio contenente un eccesso di acqua; calce idraulica che
idrossido di calcio pi silicati e alluminati di calcio.
La calce viva si ottiene per calcinazione di pietre calcaree a una temperatura di 900-1100. Questa reazione
comporta una diminuzione del 44% in peso e di circa il 20% in volume dal carbonato originario dovuto alla
perdita si anidride carbonica. Lossido di calcio che si ottiene caratterizzato da una grande porosit e una
reattivit in presenza di acqua. Lossido di calcio per essere utilizzato come legante deve essere quindi
idratato tramite un procedimento di spegnimento. Si ottiene una poltiglia lattiginosa che lasciata
raffreddare e sedimentare si trasforma in una massa bianca, plastica e untuosa che prende il nome di
grassello. Lo spegnimento si conclude con una lunga stagionatura in apposite plastiche in cui il grassello
ricoperto da sabbia per ridurre il contatto con laria e la susseguente formazione di carbonato. Il grassello
cos ottenuto contiene circa il 65% di acqua. Nel caso in cui lidratazione durante la stagionatura
incompleta essa continua quando il materiale in opera provocando rigonfiamenti localizzati. Il grassello di
calce spesso usato come legante nelle malte per il restauro, e questo sia per il basso contenuto di sali, sia
perch non essendo soggetto a un veloce ritiro, permette di ottenere sigillature e stuccature prive di
fessurazione e di stacchi.
La calce idrata in polvere si ottiene spegnando la calce viva con una quantit stechiometrica di acqua negli
idratori in cui la calce frantumata viene spruzzata con acqua necessaria per lidratazione. La calce idrata
indurisce solo allaria per evaporazione del solvente, poi fissando lanidride carbonica contenuta nellaria.
Per conferire alla calce delle caratteristiche che le consentono di essere utilizzata come materiale da
costruzione e per evitare fessurazione e screpolamenti deve essere mescolata alla sabbia che a seconda
della forma, granulometria e impurezze influisce sulla lavorabilit, resistenza meccanica e durabilit. La
calce utilizzata negli intonaci, affreschi, pitture murali e malte di allettamento.
A seconda delle impurit presenti nelle calci aeree si distinguono in calci grasse e calci magre. Le calci
grasse costituite da grana cristallina fine si idratano facilmente invece le calci magre costituite da particelle
pi grosse si idratano con maggior difficolt. I meccanismi di degrado in atmosfera urbana sono molto
veloci, dovuti alla porosit e alla facilit di penetrazione degli inquinanti. Subiscono attacco solfatico.

Laffresco: un uso della calce si ha nella tecnica pittorica dellaffresco in cui il legante, mescolato con acqua
e con altri composti minerali, quali sabbia o polveri di marmo, costituiscono un sottile strato di
preparazione su cui lartista dipinge. La calce asciugandosi trattiene e fissa le particelle di pigmento agendo
da supporto e da medium legante del colore. Lo strato portante dellaffresco costituito da un muro in
pietra o mattoni ricoperto con larriccio, uno strato di intonaco composto da una parte di calcio e due di
sabbia di fiume lavata e asciugata. Lo spessore dellarriccio variabile e dipende dalle sconnetti ture e dalle
fratture del muro di appoggio, la sua superficie ruvida per facilitare la carbonatazione e favorire
ladesione del secondo strato preparatorio. Lo strato preparatorio detto pittorico costituito da grassello di
calce addizionato con sabbi pi fine di quello dellarriccio e ricoprir un area pari a una giornata di lavoro.
La superficie da dipingere completamente liscia e compatta pronta a ricevere i pigmenti minerali stabili
alla calce. La gamma cromatica dei pigmenti abbastanza limitata. Gli affreschi resistono bene
allinvecchiamento e hanno una grande stabilit. Le alterazioni riscontrate di frequente sono: distacco
dellintonaco, cattiva presa della calce, cedimenti dello strato pittorico per effetto del suo proprio peso. La
cattiva adesione dei successivi strati di intonaco pu essere anche dovuta a una insufficiente spolveratura o
umidificazione del supporto. La qualit della calce, la granulometria della sabbia e un cattivo rapporto
legante-inerte, possono dar luogo a crepe, ritiri e fessurazioni. A questi difetti legati alla natura dellaffresco
se ne aggiungono altri legati alla umidit delle murature, alla presenza di sali solubili, allattacco di
biodeteriogeni oltre ai danni provocati da interventi maldestri di pulitura e restauro, oltre allapporto di
inquinanti esterni.
Leganti idraulici:
Calce idraulica: legante che ha la capacit di far presa e indurire sottacqua. Tale propriet per le calci
idrauliche naturali si ottiene per la calcinazione di calcari contenenti dall8 al 20% di argilla mentre nelle
calci idrauliche artificiali per miscelazione di calce idrata e pozzolana. La fabbricazione della calce idraulica
naturale avviene ad una temperatura di 1000-1200, in cui parte dellossido di calcio formatosi reagisce con
silice, allumina e ossido di ferro, mentre lossido di calcio residuo viene idratato dallacqua. Le pozzolane
artificiali sono costituite da argilla e scaldate a temperatura di circa 800 e rappresentano gli scarti di tegole
e mattoni. I componenti attivi della calce idraulica sono: silicati e alluminati di calcio che induriscono con
lacqua e sottacqua; idrossido di calcio che indurisce allaria per carbonatazione. Il processo di indurimento
quindi dovuto alla formazione, per idrolisi colloidale, di un gel da parte dei componenti idraulici e alla
carbonatazione della componente aerea. Le propriet pi o meno idrauliche di una calce sono funzione
della percentuale di argilla presente e sono caratterizzati dallindice di Vicat che rappresenta il rapporto tra
argilla e calce ossia tra gli ossidi acidi (silice, allumine e ossidi di ferro) e quelli basici (ossido di calcio,
magnesio, sodio e potassio). In base a questi indici abbiamo una classificazione delle calci in: calci
debolmente idrauliche, calci mediamente idrauliche, calci propriamente idrauliche e calci eminentemente
idrauliche che si differenziano per il tempo di presa e il tempo di indurimento.
Le fasi di fabbricazione:
1)La cottura a 1000-1200 durante la quale una parte dellossido di calcio ottenuto per decomposizione del
calcare reagisce con la silice e lallumina formando silicati alluminati
2)Lo spegnimento che consiste nellinnaffiare la calce con lacqua per avere lidratazione dellossido di
calcio residuo. Tale operazione deve assicurare la completa trasformazione della calce viva in idrossido per
evitare che questa reazione avvenga durante la presa e, che un eccesso di acqua, dia luogo allidratazione
dei silicati e alluminati e ad un loro prematuro indurimento
3)La stagionatura durante la quale si ha la riduzione in polvere delle calci, permette la separazione delle
impurit e uno spegnimento completo delle parti meno reattive.
La resistenza meccanica funzione diretta dei componenti silicei.
Una malta a base di calce idraulica ha una buona lavorabilit e adesione, isolamento termico e fonico e
scarsa resistenza meccanica, poco sensibile alle variazioni climatiche, la resistenza al gelo soddisfacente,
ha un buon potere ignifugo, presenta minore effluorescenza delle malte di cemento, ha buone propriet
disinfettanti e battericide, mescolata con il cemento portland costituisce le malte bastarde.
Cemento Portland: un legante costituito da silicati e alluminati di calcio e da piccole quantit di gesso. Si
ottiene per cottura a circa 1400 di una miscela di polvere di calcare e argilla che apporta silice, allumina e
ossido di ferro. Il prodotto di tale cottura, detto Clinker, contiene i silicati di calcio reattivi, viene
raffreddato rapidamente e sottoposto a una finissima macinazione insieme al gesso. I silicati sono i

componenti che conferiscono il carattere idraulico al cemento. Variando la temperatura di cottura, la


finezza di macinazione e le miscele si ottengono prodotti adatti a diversi impieghi in quanto vengono
modificate la resistenza meccanica, la resistenza agli agenti chimici, i tempi di indurimento, il calore di
idratazione e il ritiro. Le fasi mineralogiche presenti nel Clinker sono: Alite, Belite, Celite e fase ferrica. Alite
e Belite sono agenti cementanti, iniziano a formarsi nella fase solida durante la cottura del cemento; Celite
e fase ferrica invece sono detti fondenti perch aventi un basso punto di fusione liquefanno appena
prodotti. Per ottenere una buona Clinkerizzazione il rapporto tra i componenti chimici deve essere
mantenuto entro definite proporzioni. I componenti principali del cemento Portland sono: solfato di calcio
biidrato, silice, allumina, ossido di ferro e ossido di calcio. Quelli secondari sono: ossido di magnesio,
triossido di manganese, diossido di titanio, anidride fosforosa, ossido di sodio, ossido di potassio, anidride
carbonica e acqua.
-Presa e indurimento del cemento: la reazione di presa e indurimento con lacqua una reazione
esotermica di idratazione; infatti mentre i componenti del cemento sono molto solubili allo stato anidro, lo
sono molto meno dopo lidratazione quando precipitano sottoforma di gel o microcristalli. La velocit alla
quale si sviluppa il calore pu essere interpretata come una misura della velocit di idratazione. In
condizioni normali il 50% del calore totale viene liberato entro i primi 3 giorni dallimpasto. La temperatura
ambiente ha importanza per quanto riguarda la velocit di indurimento, pi la temperatura bassa e pi
lindurimento lento, migliore la resistenza meccanica finale che dipende principalmente dal rapporto
acqua cemento. Ha unottima resistenza alla compressione mentre la sua resistenza a trazione debole per
cui si arma. Le reazioni che si verificano tra i vari componenti durante la presa sono:
1)Reazione tra alite e acqua: reazione violenta con formazione di prodotti a forte resistenza meccanica
iniziale
2)Reazione di belite e acqua: reazione lenta con formazione di prodotti a forte resistenza meccanica a lungo
termine
3)La celite da luogo a presa e indurimento rapido, con forte sviluppo di calore e scarsa resistenza meccanica
finale
4)Lallumino ferrite tetra calcico rappresenta una fase poco attiva che non partecipa molto allindurimento
della pasta di cemento.
Idrossido di calcio e ossidi alcalini liberati durante lindurimento del cemento causano le principali
effluorescenze che appaiono alla superficie delle malte e dei calcestruzzi.
-Problemi relativi alluso del cemento Portland: possono essere dovuti alla natura stessa del cemento o a
fattori esterni:
1)ossidi alcalini e calce libera provocano effluorescenze mentre la loro dissoluzione-cristallizzazione pu
causare la disgregazione del cemento stesso. La calce carbonandosi pu formare depositi e incrostazioni;
2)impurezze contenute negli aggregati specialmente materiale organico perturba lindurimento del
cemento e la sua adesione agli aggregati;
3)impurezze contenute nellacqua, quali sali di piombo, zinco, zuccheri o altro, causano variazioni nella
presa e nellindurimento del cemento;
4)ritiro influenzato tra laltro dalla finezza dei grani di cemento e di sabbia e dal rapporto cemento-acqua, il
ritiro si manifesta sottoforma di fessurazioni o addirittura di strappo dal supporto;
5)essiccamento prematuro: una sottrazione di acqua impedisce una buona idratazione con conseguente
riduzione della resistenza;
6)tra i fattori esterni ricordiamo: leffetto del gelo che ritarda la presa e compromette la resistenza
meccanica finale; i solfati che provocano un rigonfiamento anormale e una perdita di resistenza meccanica;
la corrosione da agenti acidi.
Il cemento un materiale a densit elevata e ad alta conduttivit termica per cui ha tendenza a favorire
fenomeni di condensazione.
-Analisi e test sui cementi: i principali test di caratterizzazione sui cementi sono i seguenti:
1)Analisi chimica: perdita al fuoco e residuo insolubile che indicano la presenza di materiali inerti di natura
calcarea o silicea; analisi di ossido di magnesio e anidride solforosa; contenuto di alite, belite, celite e fase
ferrica.
2)Tempo di presa: eseguito con lapparecchio di Vicat.

3)Finezza della polvere: per setacciamento e indirettamente calcolando la superficie specifica con il metodo
di Blaine.
4)Stabilit del volume: osservazione di provini fatti con paste di cemento puro in specifiche condizioni e
controlli di rigonfiamenti effettuati con gli aghi di Le Chantellier.
5)Prove meccaniche: resistenza a pressione e compressione fatto su provini normalizzati-
6)Ritiro: in relazione alla composizione del cemento e alla sua finezza.
7)Calore di idratazione: esotermia, da informazione sulla composizione mineralogica e finezza dei grani.
8)Esame e microscopio: per mettere in evidenza la presenza di celite, alite, belite e fase ferrica.
-Degrado dei materiali cementizi: calcestruzzo e cemento armato
Il fenomeno al degrado del calcestruzzo da mettere in relazione al fatto che le strutture sono diventate
sempre meno massicce e sottoposte a condizioni climatiche sempre pi severe e ad atmosfere industriali
particolarmente inquinate. Le cause del deterioramento del calcestruzzo sono dovute a fattori tecnici,
istituzionali e ambientali, come la scarsa qualit dei materiali, il cattivo confezionamento e una messa in
opera inadeguata, errori di progettazione e di calcolo, lazione di fattori esteri di origine naturale ed
antropica. I parametri responsabili della qualit e della durabilit del calcestruzzo sono:
1)la porosit che influenza la resistenza allinvecchiamento costituendo una facile via di accesso ad aria,
liquidi e gas nel caso di una struttura fortemente porosa oppure opponendo una efficace barriera alla loro
diffusione nel caso di strutture compatte. Si fa distinzione tra porosit costituzionale (pori della pasta di
cemento e inerti) e quella indotta (provocata dai rapporti di miscelazione dalla modalit di assestamento o
prodotta artificialmente da agenti areanti).
2)Rapporto acqua- cemento lacqua aggiunta allimpasto ha due funzioni: idratare il cemento e permettere
la lavorabilit del calcestruzzo. Un eccesso di acqua provocher dei vuoti capillari di dimensioni dei pori che
si trovano allinterno del gel. Mentre lacqua di idratazione far parte integrante della struttura e non sar
eliminata dopo lessiccamento, quella adsorbita si allontaner lentamente provocando il ritiro della pasta
cementizia. Lacqua capillare evaporando da luogo ad una porosit capillare con mesopori e micropori che
contribuiranno considerevolmente al ritiro. Il rapporto ottimale da una parte dar una completa
idratazione, assicurate una buona lavorabilit, permettere una buona compattazione e unalta resistenza
meccanica e dallaltra non dovr produrre un aumento della porosit capillare.
3)Aggregati la composizione granulometrica del calcestruzzo ha anche una notevole importanza sulla
permeabilit. Se si vuole ottenere un calcestruzzo compatto bisogna tener conto della natura mineralogica
degli aggregati, della loro reattivit chimica, del grado di pulizia, della morfologia superficiale e della forma.
La sostituzione di una parte del legante con degli aggregati dovrebbe ridurre il ritiro del calcestruzzo in
quanto il cemento il solo componente che si deforma in seguito alla variazione di umidit. Non si pu
eccedere a tale sostituzione perch c il rischio di formazione di una macroporosit. Nellinterfaccia
aggregati-legante si formano delle micro fessure molto pi ampie dei capillari presenti nella massa di
cemento, che possono creare delle interconnessioni tra pori con conseguente aumento della permeabilit
del sistema.
4)Carbonatazione, solfatazione, colorurazione un degrado pi prettamente chimico causato sul
calcestruzzo da anidride carbonica, anidride solforosa, cloruri e solfati. La diffusione dellanidride carbonica
contenuta nellaria e nelle acque piovane verso linterno del calcestruzzo provoca una reazione di
carbonatazione. Tale reazione abbassa il pH del cemento armato, in questo nuovo ambiente a partire da un
pH di circa 9, avviene la rottura dellequilibrio e inizia la corrosione dellacciaio e la formazione di ruggine.
La velocit di corrosione dipender essenzialmente dalla presenza di ossigeno, umidit e temperatura.
Lacciaio di un calcestruzzo secco si corroder lentamente anche se il cemento completamente
carbonato; la corrosione avanzer rapidamente invece in ambiente umido e a temperatura elevata.
Lanidride solforosa uno dei principali inquinanti dellatmosfera urbana e partecipa insieme allanidride
carbonica allabbassamento del pH allinterno del calcestruzzo. Inoltre lanidride solforosa, per ossidazione
e in presenza di acqua da acido solforico che reagisce con lidrossido di calcio formando gesso, laumento di
volume di questo sale provoca delle tensioni meccaniche sia nella porosit che nella fessura del
calcestruzzo. Lazione dei solfati contenuti nelle acque marine o nelle acque freatiche fortemente
disgregatrice e corrosiva sul calcestruzzo. La presenza dei cloruri nel calcestruzzo pu venire da particolari
inerti ad esempio le sabbie marine o da additivi usati come acceleratori di presa. Essi provocano sia una
perdita di lavorabilit che effluorescenza. Leffetto corrosivo dei cloruri sulle armature molto violento

anche in calcestruzzi non carbonati in quanto rendono instabile lossido passivante del ferro anche a valori
basici propri del calcestruzzo.
-Malte e intonaci: il cemento come altri leganti minerali, sono usati insieme a sabbia e agglomerati vari per
fabbricare calcestruzzi e malte. Nellintervento di restauro le malte servono per riparare fessure o parti
mancanti della pietra. Una malta particolare costituita dagli intonaci che hanno funzioni protettive ed
estetiche ai quali possiamo anche associare gli affreschi, le rifiniture in finta pietra, le finiture con stucco a
rilievo, modanature e lesene. Tutti questi parametri murari sono la parte pi esposta di un edificio in
quanto subiscono ogni tipo di aggressione atmosferica. La loro efficacia e durabilit legata alla qualit dei
componenti e alle tecniche di messa in opera.
Gli intonaci tradizionali sono formati da un primo strato di malta denominato rinsaffo, costituita da
cemento e sabbia di grossa granulometria sul quale viene passato lo strato di arriccio formato da cemento,
calce e sabbia di fiume, lavato con molta cura e a consistenza pastosa, con dosaggi di acqua e leganti minori
rispetto al rinsaffo per garantire buona compattezza e scarsa tendenza alla fessurazione. La sua funzione
quella di assorbire i movimenti del muro dovuti allessiccamento dello strato precedente e offrire una
superficie regolare ma abbastanza ruvida allo strato successivo. Su tale strato viene deposto lo strato di
finitura di minor resistenza e maggiore porosit e formato da una micro malta a base di cemento, calce e
una piccola parte di sabbia polverizzata o da legante senza carica. Il suo spessore deve essere il minimo
possibile per evitare le fessurazione. Si lascia asciugare completamente prima di passare alla tinteggiatura.
Principali tipi di intonaco:
1)a base unicamente di calce aerea (ha il vantaggio di avere una elevata permeabilit al vapore acqueo, una
buona deformabilit alle sollecitazioni termiche, poca sensibilit alle variazioni di umidit relativa dellaria;
gli svantaggi sono debole resistenza meccanica e forte sensibilit allacqua e alla cristallizzazione dei sali);
2)a base di sola calce aerea (possono essere migliorati con laggiunta di calce idraulica, soprattutto per le
caratteristiche meccaniche e di resistenza alle intemperie);
3)intonaci a base di malte bastarde (presenti due leganti quali calcio e gesso , calce aerea e calce idraulica,
grassello e cemento);
4)intonaco classico (costituito da leganti idraulici quali calce e cemento che con opportune modifiche pu
essere anche usato nel restauro);
5)intonaci speciali e intonaci sintetici (caratterizzati da additivi organici o minerali, e da leganti o inerti di
natura polimerica. Classificati come intonaci termoisolanti, fonoassorbenti, deumificanti, impermealizzanti
e consolidanti).
Il degrado degli intonaci provocato da vari fattori:
6)interazione di vari strati componenti lintonaco stesso quali ritiro e dilatazioni termiche differenziali,
rigonfiamenti dovuti ad assorbimento dacqua, incompatibilit chimica tra i vari materiali;
7)azioni connesse al supporto murario come tensione di assestamento, umidit, effluorescenze, fattori che
provocano in genere il distacco dellintonaco;
8)azioni dovute allaggressione dellambiente esterno, come erosione meccanica della pioggia e dei venti,
dilatazioni e contrazioni dovute a sbalzi termici, gelo condensazione ed evaporazione dellacqua in seguito a
variazioni igrometriche, atmosfere aggressive, attacchi biologici. Il degrado si manifesta con perdita di
coesione superficiale, spolvera mento, distacco degli strati di intonaco luno dallaltro o distacco intonaco-
muratura.
11)I PRODOTTI DI TRATTAMENTO DI TIPO CLASSICO
-Leganti organici naturali e cere
I leganti organici naturali sono sia di origine vegetale che animale,esse riuniscono varie famiglie di prodotti
quali le resine terpeniche, i prodotti proteici, polisaccaridi, gli oli siccativi.
-I terpeni sono essudati di piante derivanti dallunione di pi molecole di isoprene, tra i pi noti abbiamo
olio di trementina ambra, dammar, gommalacca, balsamo del Canada, rosine, lacche orientali.
-I composti proteici hanno un certo potere legante ma sono sensibili ai processi idrolitici provocati da
microorganismi e da variazioni idrotermiche. Sono utilizzati nei dipinti e nelle tecniche di restauro pittorico
e comprendono caseina, albumina e le varie colle animali.
-I leganti polisaccaridi comprendono amidi, cellulosa, eteri, esteri e gomme polisaccaridiche.
-Gli oli siccativi sono esteri della glicerina con acidi insaturi grassi che essiccano allaria per reazione del
doppio legame con O2 dellaria.

-Come protettivo per pietre stato utilizzato lossalato di ammonio per via della reazione:
CaCO3 + (NH4)2C2O4+H2OCaC2O4* H2O+2NH3+CO2+ H2O
che porta alla produzione di patine di ossalati di calcio dalla notevole resistenza.
Se la pietra ha subito un attacco solfatico il solfato di calcio trasformato nel pi stabile ossalato.
Le cere naturali possono essere di origine animale, vegetale e minerale, tutte hanno un basso punto di
rammollimento, tendenza allingiallimento e di trattenere lo sporco, inoltre liniziale idrorepellenza delle
superfici incerate diminuisce nel tempo.
Le cere sono applicate in soluzione o sottoforma di dispersioni in solvente organico oppure sono date a
caldo allo stato fuso. Il loro potere di penetrazione alquanto basso soprattutto su marmi e calcari
compatti. Tra le cere animali abbiamo la cera dapi applicata, disciolta in trementina, su superfici levigate di
sculture conservate in ambienti interni in quanto esposta allesterno manifesta scarso potere adesivo,
tendenza a diventare appiccicosa e di trattenere impurezze e degrado per effetto dellinquinamento
atmosferico.
Le cere derivate dal petrolio includono il gruppo delle paraffine, petrolati e il gruppo delle ceresine a cui
appartengono anche le cere microcristalline il cui uso limitato a pietre compatte. Le cere microcristalline
sono formate da cicloparaffine sature, isoparaffine ramificate e paraffine lineari. La lunghezza della catena
idrocarburica dona alle cere microcristalline maggiore flessibilit a basse T, una migliore adesione e un
buon grado di idrorepellenza.
Le principali raccomandazioni per lapplicazione sono:
1)le superficie da trattare deve essere pulita e le eventuali fessure riparate;
2)la superficie della pietra deve essere riscaldata prima di ricevere la cera fusa o in soluzione. lapplicazione
va ripetuta pi volte, successivamente la pietra va nuovamente riscaldata allari calda ad una T maggiore
del punto di fusione della cera e leccesso eliminato.
Le cere sintetiche sono formate da idrocarburi polimerizzati, idrocarburi ossidati ed esteri, hanno il
vantaggio di essere termicamente stabili, avere maggior resistenza chimica e si idrolizzano pi
difficilmente.
-Trattamento alla calce
Il Ca(OH)2 reagendo con la CO2 dellaria forma il CaCO3 insolubile, che dovrebbe avere propriet fissative
sulle parti pi friabili della roccia e un effetto isolante contro i composti solforati dellatmosfera. I risultati di
tale trattamento sono dubbi per due motivi: si ha leffettiva carbonatazione della Ca(OH)2 pi superficiale
che impedisce la penetrazione della CO2 pi in profondit nella pietra; la reazione di Ca(OH)2 con la SO3
forma CaSO 4 pi solubile rispetto al carbonato.
Nonostante ci il trattamento alla calce uno dei metodi tradizionali pi utilizzati e che ricopre tutte le fasi
della conservazione delle pietre calcaree: pulitura, consolidamento, riparazione della superficie lapidea e
applicazione di uno strato protettivo.
La calce non un materiale polimerico con intrinseche propriet adesive ma si tratta di un prodotto
inorganico che pu avere qualche effetto ristrutturante solo in seguito allo sviluppo di cristalli di opportuna
dimensione e orientamenti.
-Consolidamento di pietre calcaree con idrossido di bario
Sfrutta la formazione di BaCO3. Lo scambio tra Ca e Ba possibile data la piccola differenza di raggio
atomico tra i due metalli alcalino terrosi. Tale scambio utile anche per trasformare il gesso solubile, se
presente, in solfato di bario insolubile, evitando cos fenomeni di efflorescenze e di riprecipitazioni secondo
le reazioni:
Ba(OH)2+CaSO4 BaSO4+ Ca(OH)2
Ca(OH)2 + CO2CaCO3
In seguito al trattamento si sono manifestati scarso consolidamento, una parziale solubilizzazione del
carbonato di calcio, successivamente riprecipitato in zone diverse di quelle originali e delle esfoliazioni
dovute alla crescita di cristalli anisotropi di carbonato e solfato di bario.
Il meccanismo di consolidamento ottenuto con una soluzione di Ba(OH)2 , urea e glicerina comporta prima
uno scambio tra il calcio e il bario sui grani di carbonato:
CaCO3+ Ba(OH)2 BaCO3 + Ca(OH)2
Quindi una crescita dei cristalli di BaCO3 che assicurano un legame permanente ed efficace:
Ba(OH)2+ CO2atmosferico BaCO3+ H2O

La glicerina ha un ruolo marginale ma previene la formazione di cristalli di Ba(OH)2 in soluzione, mentre


lurea facilita la penetrazione in profondit dellidrossido, regola il pH e costituisce una fonte ulteriore di
CO2 prodotta per idrolisi dellurea serve a consolidare la pietra in profondit:
NH2CONH2+ H2O CO2+2NH3
Ba(OH)2+ CO2proveniente dallurea BaCO3+ H2O
Ba(OH)2 + NH2CONH2 BaCO3+2NH3
Lewin propose un consolidamento di marmo e calcare per immersione o assorbimento capillare con una
soluzione di idrossido di bario, urea e glicerina, con lurea che da un deposito di BaCO3 uniforme perch
decomponendosi in ambiente fortemente alcalino forma NH3 che volatilizza e CO2 che combinandosi con il
bario d BaCO3 mentre alla glicerina spetta un ruolo umettante.
Prove effettuate su marmo di carrara e su pietre calcaree evidenziano un inscurimento della pietra e in
alcuni casi si riscontrato ingiallimento delle superfici e sviluppo di microorganismi inoltre lo spessore del
deposito carbonato di bario oltre ad essere eterogeneo sulla superficie esiguo e si estingue entro uno
spessore di pochi mm. La coesione impartita al marmo alterato alquanto inconsistente e la decoesione
intergranulare ancora molto marcata.
-fluosilicati e il trattamento Sanpaolesi
Sanpaolesi fu il primo nel 1940 ad introdurre il trattamento delle pietre con i fluosilicati.
Il consolidamento riguardava i materiali lapidei quali arenarie, arenarie a cemento calcareo quali marmo di
Carrara . La tecnica di impregnazione consisteva nellapplicare una soluzione di fluosilicati di zinco e
magnesio sulla parte esterna della muratura mentre sulla faccia opposta si creava una sorta di vuoto
tramite tubi inseriti nella pietra.
Il cosiddetto trattamento sanpaolesi accolto in un primo tempo favorevolmente, fu poi criticato per la sua
inefficacia e per i rischi che presentava. Nonostante i limiti fu una metodologia conservativa.
-silicati e alchilsiliconati alcalini
Dei precipitati di SiO2 sono stati prodotti nelle arenarie degradate partendo da dispersioni colloidali di acido
silicico stabilizzati con idrossido di sodio e di K : SiO2*Na2O, SiO2*K2O.Queste sostanze esposte allaria
assorbono CO2 che trasforma gli alcali in carbonati per cui si ha precipitazione di acido silicico sotto forma di
gel trasparente. Il trattamento richiede leliminazione degli alcani residui che oltre a poter interagire
negativamente con i componenti della pietra potrebbero combinarsi ulteriormente con la CO2
o gli ossidi di zolfo dellatmosfera dando luogo ad effluorescenze di carbonati e solfati di sodio sulla
superficie lapidea.
I silicati di Na o K sono preparati per fusione di sabbie quarzose con carbonato di sodio o potassio a T di
1400 C, o per reazione della silice idrata con la soda caustica (o potassa). I silicati alcalini hanno da 2 a 4
molecole di SiO2 per ogni molecola di Na2O. Le soluzioni acquose dei silicati alcalini con un pH molto basico
sono caratterizzati dal loro rapporto silice/sodio e dalla loro densit.
Un precipitato di un gel di silice si pu anche ottenere per reazione di silicati alcalini con un acido, infatti
essendo lacido silicico un acido debole possibile sintetizzarlo facendo reagire una soluzione di silicato di
sodio o potassio con un acido forte quale HCl o H2CO3. Lacido silicico formatosi condensa rapidamente in
forma di solido gelatinoso costituito da acidi silicei polimerizzati. Questo gel responsabile del
consolidamento e dellidrorepellenza della pietra. La contemporanea formazione di NaCl pu provocare
problemi.
Combinazioni di silicati alcalini con CaCl2 e ZnCO3 formano precipitati insolubili che in un primo tempo sono
in forma colloidale e poi si trasformano in sostanze cristalline, anche in questo caso si formano sali
insolubili come prodotti secondari.
Una soluzione acquosa di formamide e silicato di sodio stata usata come consolidante con parziale
riempimento della porosit. La formazione di un gel di silice completa dopo tre ore, un film di resina
acrilica successivamente applicata alla superficie per aumentare ladesione della silice e per prevenire la
sua asportazione da parte di agenti atmosferici.
Marmi e arenarie consolidati con silicati sottoposti a test meccanici hanno mostrato da una parte aumento
della durezza superficiale e dellidrorepellenza e dallaltra una fragilizzazione della struttura e un leggero
miglioramento dellinvecchiamento naturale. I silicati alcalini sono stati anche utilizzati come leganti nella
manifattura di pietre artificiali .

La carbonatazione dei silicati alcalini forma acido silicico instabile e Sali insolubili quali carbonato di sodio e
potassio che danno efflorescenze sulla superficie lapidea. Per prevenirle stata suggerita una
carbonatazione artificiale e leliminazione meccanica superficiale dei cristalli di carbonato.
Verso la met del 900 sono stati messi a punto gli alchilsiliconati alcalini solubili in acqua e alcool che
possono essere applicati anche su muri umidi. La formula generale :R-Si(OH)2-OMe, R rappresenta il
gruppo CH3 o C3H7 mentre Me Na o K .
Il sodio metilsiliconato si ottiene per reazione del metiltriclorosilano con idrossido di sodio, durante
lapplicazione il sodio viene neutralizzato dalla CO2 dellaria formando i silanoli che a loro volta reagiscono
o con i componenti della pietra o condensano in una catena reticolata polisilossanica.
Sebbene questi composti presentano un effettivo consolidamento e conferiscono un effetto idrorepellente,
manifestano lo svantaggio di formare dei carbonati alcalini. I composti potassici sono preferiti a quelli sodici
in quanto i loro Sali hanno un volume pi piccolo.
12)CONSOLIDANTI E PROTETTIVI SINTETICI: POLIMERI ORGANICI DEL SILICIO
la famiglia dei siliconi sono polimeri la cui catena principale costituita da atomi di silicio e atomi di
ossigeno alla quale sono legati gruppi organici di vario tipo. Possiamo raggruppare i siliconi in tre principali
categorie:
1)Prodotti idrorepellenti che permettono la protezione delle murature senza compromettere la diffusione
di vapore acqueo. Sono disponibile in varie forme:
-leganti a base di resine siliconiche emulsionabili in acqua che presentano una buona permeabilit al
vapore acqueo e un basso grado di assorbimento dellacqua liquida e un a elevata durabilit.
-Additivi per emulsione acquosa che migliorano lidrorepellenza e la resistenza allacqua. Sono anche
incluse nella formulazione di barriere impermeabili e sono usate per ritardare lessiccazione delle pitture e
facilitarne lapplicazione.
-Primers a base di microemulsione acquosa che permettono di consolidare il substrato, renderlo asciutto e
idrorepellente e costituisce una buona preparazione per la successiva applicazione di una pittura o di un
intonaco.
-Impregnanti idrorepellenti per materiali lapidei capaci di costituire una efficace barriera contro lacqua
senza per impedire il passaggio di vapore acqueo.
-Impregnanti idro e olio repellenti a base di silossani e resine sintetiche in solventi organici per il
trattamento di materiali porosi particolarmente esposti agli effetti degli inquinanti atmosferici.
-Barriere isolanti contro la risalita capillare dacqua ottenute con metil siliconati solubili in acqua.
2)Consolidanti per pietre alterate a base di silicati capaci di ricostituire un legante tra i minerali disgregati,
aumentare la resistenza meccanica e ridurre lazione distruttrice degli agenti corrosivi.
3)Siliconi vulcanizzabili a temperatura ambiente per giunti di dilatazione e calchi per la riproduzione di
oggetti darte.
-Chimica dei composti del silicio
Le propriet dei siliconi sono in relazione con lenergia di legame silicio-ossigeno che molto pi forte sia
del legame silicio-silicio che del legame carbonio-carbonio. Silicio e carbonio appartengono entrambi al
gruppo 4 e presentano 4 elettroni di valenza in orbitali ibridi sp3. Tuttavia il silicio ha un guscio elettronico
interno in pi rispetto al carbonio che rende difficoltosa la formazione di legami silicio-silicio mentre
favorisce quella dei legami carbonio-carbonio. Sia il silicio che il carbonio reagiscono con lossigeno, tuttavia
il legame silicio-ossigeno pi forte. La differente tendenza allossidazione tra silicio e carbonio
dimostrata dal fatto che il silicio non si trova quasi mai in natura in forma non ossidata mentre
abbondantissimo sottoforma di silicio. Il legame carbonio-idrogeno pi forte del legame silicio-idrogeno e
mentre esistono migliaia di alcani, sono conosciuti poco i silani. Il comportamento inorganico dei siliconi
dipende dalla catena polimerica Si-O-Si-O-Si da cui deriva una buona stabilit termica e una buona inerzia
chimica. La flessibilit della catena dovuta allapertura di 160 dellangolo Si-O-Si e al legame ibrido Si-O.
ci permette allatomo di Si e ai gruppi atomici ad esso legato di ruotare liberamente di 360 attorno
allatomo di ossigeno. La natura polare del legame Si-C dovuta al fatto che latomo di Si pi
elettropositivo dellatomo di C. tale polarit aumenta in funzione dellelettronegativit dei sostituenti
dellatomo di C. i radicali organici pi frequentemente legati alla catena principale sono i gruppi metilici e
fenilici, i primi responsabili dellidrorepellenza e del consolidamento delle superfici trattate, i secondi per le
resistenze al calore e alle contraenti meccaniche. La tensione superficiale dei siliconi lineari aumenta con il

grado di polimerizzazione, il carattere idrorepellente dovuto in parte alla bassa tensione superficiale e in
parte allorientamento delle molecole sulla superficie lapilea.
Silani
Sono estremamente reattivi e si infiammano spontaneamente a temperatura ambiente. Questa propriet
fa si che gli atomi di silicio si leghino tramite legami Si-O.
Silossani
Sono molecole che contengono il legame Si-O, detti silossani o siliconi, la cui formula generale (R2SiO)n
dove R un gruppo alchilico o arilico. Derivati che contengono uno o pi gruppi ossidrili sono chiamati
silanoli. I siliconi si preparano con un processo diretto sviluppato da Rochow che consiste nel far reagire un
cloruro organico con il silicio a temperatura elevata e in presenza di un catalizzatore: accanto al
dimetildiclorosilicio si formano anche piccole quantit di trimetilclorosilicio e di metiltriclorosilicio. Il
dimetildiclorosilicio reagisce a sua volta con lacqua formando il dimetilsilandiolo. Segue una reazione di
condensazione che da luogo a una catena siliconica la cui lunghezza pu essere controllata introducendo
una certa quantit di trimetilclorosilicio per produrre trimetilsilanoro che condensa con un altro gruppo
Si-OH e si ha linterruzione della catena. I siliconi con 10 atomi di Si sono liquidi metre quelli a catena pi
lunga hanno un aspetto ceroso. Se invece si introduce una certa quantit di metiltriclorosilicio si ha
formazione di un composto reticolato solido. Infatti il metiltricolosilicio con acqua da metilsilantriolo che
condensando con un altro gruppo Si-OH forma tre legami SI-O-Si. Da un punto di vista chimico i siliconi
hanno propriet intermedia tra i composti organici e quelli inorganici. I siliconi a differenza degli altri
polimeri sintetici hanno una buona stabilit termica e ossidativa, grande inerzia verso gli agenti atmosferici
e qualit dielettriche. Sono flessibili ed elastici entro un largo intervallo di temperatura. La loro flessibilit
in relazione alla facilit con cui i legami della struttura molecolare possono flettersi, la mancanza di carica
elettrica nei gruppi laterali e il fatto che essi non sono legati a tutti gli atomi dello scheletro molecolare, ma
solo ad atomi alternati determina la loro grande mobilit. I siliconi hanno una grande capacit di rendere le
superfici trattate idrorepellenti e non impermeabili. Lidrorepellenza descritta in termini di angolo di
contatto tra la superficie solida su cui sono deposte e le gocce dacqua, pi grande langolo di contatto,
minore sar il lavoro per unit di area richiesto per allontanare lacqua dalla superficie solida. La molecola
dei silossani formata da una componente non polare costituita da un gruppo alchilico che ne determina il
grado di idrorepellenza, lefficacia, la durabilit e la stabilit e da gruppi alcossilici polari che per idrolisi
formano dei silanoli e liberano alcol. I gruppi alcossilici determinano la velocit di idrolisi e la compatibilit
del silossano con il substrato lapideo. Di conseguenza controllano la velocit di penetrazione del protettivo
nei pori e nei capillari del supporto. tra gli alcossisilani uno dei pi utilizzati per il consolidamento della
pietra stato il metiltrimetossisilano la cui reazione di polimerizzazione procede attraverso reazioni di:
idrolisi, condensazione alcolica e infine disidratazione e condensazione.
Microemulsioni siliconiche in acqua
Rivelatesi efficienti per limpregnazione di facciate, come primers per le pitture e per la realizzazione di
barriere impermeabili contro la risalita capillare di acqua nelle murature. Le emulsioni formano dei films
per coalescenza delle particelle disperse in acqua in seguito ad evaporazione del solvente. La coalescenza
funzione della rigidit e della tensione superficiale delle particelle polimeriche. Le microemulsioni hanno un
diametro inferiore del diametro medio dei pori delle pietre naturali e questo ne aumenta il potere
penetrante. Si prestano bene come prodotti idrorepellenti e la loro penetrazione anche facilitata da un
processo di idrolisi e di policondensazione abbastanza lento. Le microemulsioni siliconiche concentrate
sono liquidi, anidri, esenti da solventi, a bassa viscosit, termo dinamicamente stabili e otticamente
isotropi. Contengono oltre ad un emulsificante anche un coemulsificante. I componenti di una
microemulsione siliconica sono quindi: una fase acquosa che costituisce il liquido disperdente, una fase
oleosa composta da silani, silos sani e polisilossani, una emulsificante formata da polisilossani con gruppi
funzionali di acetato dammonio, un coemulsionante costituito da silani e silossani a basso peso
molecolare. Le microemulsioni concentrate anidre sono stabili per lunghi periodi, laddizione dacqua le
rende utilizzabili in un lasso di tempo ridotto in quanto vengono attivate le componenti attive che
provocano la condensazione e la reticolarizzazione delle catene polimeriche. Lefficacia delle
microemulsioni siliconiche quali consolidanti delle pietre notevolmente influenzata dalla presenza di Sali
solubili, in particolare solfati e nitrati e in minor misura cloruri e carbonati. I Sali provocano la rottura
dellemulsione in due fasi distinte: una ricca di resina caratterizzata da una elevata viscosit e da scarso

potere di penetrazione e unaltra piuttosto acquosa con scarsa concentrazione in resina. Questo da luogo
ad un deposito di resina solo superficiale mentre la fase acquosa ha tendenza a far migrare i sali solubili
verso linterno della pietra con conseguente occlusione della capillarit e diminuzione di resistenza al gelo
di materiali lapidei.
Esteri silicei
Gli alcossi esteri dellacido silicico sono usati specialmente come consolidanti delle pietre per la loro
capacit di depositare silice colloidale. Lesterificazione dellacido silicico rappresenta una semplice
reazione con letanolo. Industrialmente la sintesi dellestere tetra silicico si ottiene facendo reagire il
tetracloruro di silicio con etanolo. Gli esteri silicei sono composti molto stabili se non vengono in contatto
con lacqua o con prodotti in cui presente il gruppo ossidrile, infatti in presenza di acqua e in ambiente
neutro letilsilicato si idrolizza molto lentamente trasformandosi in silice amorfa. La reazione accelerata
da catalizzatori acidi o basici, da alcuni solventi o da sali metallici. da evitare luso dellacido cloridrico. La
reazione di idrolisi, oltre a dipendere dalla quantit di acqua presente, che viene fornita in parte
dallumidit dellaria e in parte da quella della pietra, anche parzialmente influenzata dalla temperatura.
Una reazione troppo rapida porterebbe alla formazione di un gel poco compatto e non uniforme, mentre
un trasformazione lenta provocherebbe una perdita parziale di tetraetilsilicato per evaporazione. Il
meccanismo di trasformazione dellestere e di conseguenza il tipo di consolidamento ottenuto pu
avvenire in due differenti maniere a seconda che i gruppi ossidrilici provengono solamente dalle molecole
dacqua o se sono anche parte integrante del substrato lapideo. Nel primo caso la silice formatasi si
deposita semplicemente nella sua porosit o negli spazi intergranulari aumentando la sua resistenza a
compressione ma senza formare un vero legame tra minerali e disgregati. Nel caso in cui la pietra presenta
essa stessa dei gruppi OH si pu avere un reale effetto consolidante in quanto il polimero siliceo formatosi
pu stabilire un legame tra i grani disgregati reagendo con i gruppi ossidrilici. questa una delle ragioni in
cui il consolidamento si rivelato efficace per le arenarie e pietre argillose mentre non di grande utilit
per marmi e calcari. La bassa viscosit dellestere siliceo permette una buona penetrazione del prodotto
senza ridurre la porosit e senza compromettere la respirabilit della pietra. Oltre alla reazione di idrolisi gli
esteri silicei possono anche subire delle reazioni di policondensazione che sono particolarmente importanti
per il consolidamento delle pietre.
Mastici per giunti di dilatazione
I mastici siliconici costituiti principalmente da un legante siliconico liquido, da inerti inorganici e da un
agente di reticolazione, si sono rilevati i migliori materiali per la fabbricazione di giuntoi di dilatazione in
quanto presentano delle qualit intermedie elastoplastiche capaci di assorbire i movimenti dei muri oltre
ad avere una buona resistenza allinvecchiamento. I mastici siliconici devono la grande deformabilit e la
loro capacit di recupero allo svolgimento e al riavvolgimento delle singole molecole. La rotazione degli
atomi della catena principale attorno ai legami esistenti consente il cambiamento di configurazione,
lorientamento, lallungamento e il recupero della posizione iniziale. Unelevata mobilit rotazionale si
ottiene:
a)Quando sono in gioco unit monometriche caratterizzate da sostituenti laterali che presentano la minima
interazione possibile, cos da abbassare lenergia di attivazione della rotazione
b)Quando le interazioni intermolecolari tra macromolecole diverse sono molto limitate. Queste interazioni
sono anche ridotte da un grande volume libero, ossia da grandi distanze medie tra le catene molecolari.
I siliconi vulcanizzabili a temperatura ambiente si trasformano dallo stato liquido in una massa
elastoplastica per addizione di un agente di reticolazione o per reazione diretta con il vapore acqueo
dellaria. I siliconi monocomponente sono molto facili da applicare. La loro reticolazione avviene per
reazione di idrolisi con lumidit dellaria. Per non avere problemi di corrosione dovuto allo sviluppo di
prodotti acidi e per non ricorrere alluso di primers, nel caso di materiali da costruzione, sono da preferire i
mastici a reazione basica o neutra. Il degrado dovuto principalmente agli effetti dellacqua e dellumidit.
Lacqua che penetra attraverso la massa siliconica o allinterfase polimero-substrato provoca delle reazioni
di idrolisi che portano alla rottura della catena molecolare principale o a trasformazione dei gruppi laterali o
terminali.
13)LA RIPRODUZIONE DI OGGETTI DARTE
Materiali per calchi

Le principali propriet che si richiedono a un materiale usato per calchi sono: controllo della velocit di
vulcanizzazione e delle caratteristiche reologiche, resistenza alla lacerazione, durabilit, facilit di distacco
dalloriginale, assenza di migrazione ed interferenza con loriginale. I primi calchi erano fatti da materiali
rigidi come gesso e argilla, poi si pass alluso della gelatina ricavata dalle ossa di animale che permise di
ottenere calchi elastici e flessibili, inoltre la gelatina poteva essere riutilizzata pi volte per successive
fusioni e raffreddamento. Tra i maggiori inconvenienti di questo materiale c da evidenziare una scarsa
resistenza meccanica e la facilit alla lacerazione. Lavvento della gomma suscit interesse anche come
materiale per calchi infatti emulsioni di Latex stabilizzate con ammoniaca furono spalmate sulla superficie
delle sculture da riprodurre dando luogo a risultati abbastanza stupefacenti per si deteriora abbastanza
rapidamente. Negli ultimi 30 anni sono stati messi a punto dsei materiali sintetici quali le gomme
polisolfoniche, le gomme viniliche, gli elastomeri poliuretanici ed epossidici. I polimeri che comunque
corrispondono meglio alle richieste dei restauratori sono le gomme siliconiche vulcanizzabili a temperatura
ambiente. Le principali caratteristiche dei calchi in silicone sono la stabilit termica, basso ritiro e buona
facilit di distacco. La vulcanizzazione si ottiene per addizione di catalizzatori a base di sali metallici,
ammine, esteri silicei mescolati con composti organo stannici.
Tecniche di riproduzione
La prima fase di realizzazione di una copia consiste in una buona preparazione e protezione delle scultura
originale. Quando si interviene su oggetti molto degradati necessario consolidarne la superficie fissando
tutte le pareti facilmente asportabili. indispensabile una buona operazione di pulitura per eliminare
sporco, polvere e residui di grasso. Piccole cavit, fessurazioni e interstizi vanno riempiti o ricoperti in modo
da eliminare tutti i possibili punti di ancoraggio tra silicone e modello. Quindi si applica alla superficie della
scultura originale una sostanza o una pellicola che impedisca ladesione del materiale di calco e ne faciliti il
distacco- se la superficie del modello porosa essa va protetta con un sottile film o con un reagente non
reattivo come la metilcellulosa o lalcol polivinilico. Se esiste il rischio che il silicone possa legarsi
chimicamente alla superficie del modello si fa uso di prodotti isolanti a base di cera, vasellina, paraffina.
Limpiego del protettivo ha diverse funzioni: impedire al silicone stesso la penetrazione nelle asperit della
pietra, isolare la superficie lapidea da eventuali reazioni acide prodotte durante la vulcanizzazione, facilitare
il distacco del calco dopo la reticolazione della massa polimerica. Gli agenti di distacco utilizzati sono cere,
polimeri fluorurati, vernici acriliche, cere polietileniche. A volte la superficie del modello pu inibire lazione
vulcanizzante del catalizzatore e quindi bisogna ricorrere a film di paraffina o plastica insolubile.
Materiali per la riproduzione
I pi usati sono cera, gesso, cemento bianco, metalli e leghe a basso punto di fusione, resine
termoindurenti come poliesteri insaturi o resine epossiliche, resine e mousse poliuretaniche, pi raramente
resine metacriliche. Dopo la rimozione del calco le copie hanno bisogno di un trattamento di finitura che
pi essere una semplice pulitura, oppure luso di solventi organici o sabbiatura. Lultima operazione
quella di verniciatura, doratura o patinatura della copia ottenuta.
-Cere: usate per i processi a cera persa cio quando si ha a che fare con riproduzione in metallo con punto
di fusione superiore a 350 (bronzo). Dal calco in silicone si ricava la copia in cera che viene usata come
positivo per preparare un nuovo calco con terra refrattaria. La cera viene successivamente eliminata per
riscaldamento e fusione e del metallo fuso introdotto nel negativo in terra.
-Gesso: usato per stucchi, decorazioni, statue destinate ad essere conservate allinterno.
-Cementi: tutti i materiali a reazione alcalina possono attaccare il calco in silicone, che rilascia sul positivo
un deposito biancastro, quindi si ricorre ad agenti isolanti sintetici che presentano buona resistenza
allalcalinit.
-Resine sintetiche: mentre possibile fare un grande numero di copie con poliesteri, epossidiche e
poliuretani sempre con lo stesso calco, difficile ottenere dei buoni risultati con i calchi in silicone quando il
materiale per il positivo il PMMA. Le resine possono essere caricate con vari additivi a seconda degli
effetti ricercati: limitazione del marmo ottenuta con polvere di marmo e sabbia fine insieme a resine
epossidiche o poliesteri; la segatura pu essere utile per imitazioni del legno; nel caso di oggetti in bronzo,
della polvere di metallo spalmata sulla superficie del calco prima di colare la resina, mentre per
aumentare la densit si usa polvere di barite.
Resine acriliche e metacriliche

Le resine acriliche (-CH2-CH-COOR)n e le resine metacriliche (-CH2-CCH3COOR)n sono polimeri e copolimeri


derivati dalla esterificazione degli acidi acrilico CH2=CH-COOH e metacrilico CH2=CCH3-COOH con differenti
alcoli. La natura degli alcoli e del gruppo laterale R dellacido, determina in gran parte le propriet chimico-
fisiche della resina risultante. La natura e la lunghezza del gruppo laterale R influenza anche la resistenza
chimica del polimero, il tipo di solvente e la viscosit delle soluzioni. Con laumentare della lunghezza della
catena polimerica aumentano flessibilit e carattere gommoso, con conseguente abbassamento della T di
transizione vetrosa.
La resistenza ai solventi e agli attacchi chimici dipende anche dalla simmetria molecolare del polimero, cos
la maggior simmetria degli esteri metacrilici rispetto agli acrilici determina uno pi grande sviluppo delle
forze di Van der Waals e di conseguenza una maggior durezza e rigidit. Questi parametri fisici sono dovuti
anche al maggior bilanciamento dei segmenti molecolari laterali rispetto alla catena polimerica principale.
A seconda del grado di reticolazione rigonfiano e sono solubilizzate da chetoni, esteri , alcoli, idrocarburi
clorurati, acidi alifatici e solventi aromatici.
La mancanza del gruppo metilico nelle resine acriliche le rende pi vulnerabili delle metacriliche alla
degradazione ossidativa e alla scissione molecolare e inoltre sono pi sensibili alle reazioni di idrolisi
specialmente in presenza di SO2.
Un diverso effetto stato riscontrato su films sottoposti ad invecchiamento artificiale per irraggiamento a
UV: esso provoca una scissione delle catene polimeriche sul PMMA e per conseguenza una diminuzione del
peso molecolare, nel caso del PMA si ha una reticolazione molecolare e la resina diventa insolubile. Sul
degrado foto ossidativo influisce notevolmente la presenza nella catena polimerica principale del gruppo
CH3 in posizione a e della natura del gruppo alcossi nellestere.
Lingiallimento dovuto alla formazione di doppi legami coniugati nella catena polimerica principale, i quali
si possono formare anche per eliminazione dei radicali metossicarbonilici o per estrazione di un H legato al
C vicinale del radicale formatosi.
Films copolimerici contenenti acetato di butile, acetato di vinile e cloruro di vinile in parti uguali e in
quantit minori metil metacrilato sottoposti ad effetto combinato di irraggiamento UV e SO2 e UV/ SO2/H2O
a circa 40 subiscono deidroclorurazione, perdita di gruppi acetati e incorporazione di gruppi solforici.
Lattacco dellunit RH da parte di SO2fotoattivo forma idroperossidi.
Copolimeri a blocchi e copolimeri innestati acrilico siliconici sono stati sintetizzati per conferire al PMMA
propriet idrorepellenti. Il metodo dellidrossilazione si rivelato efficace per preparare un copolimero
innestato polisilossano-PMMA.
Polimerizzazione dei monomeri acrilici
Il doppio legame esistente tra gli atomi di C nei monomeri acrilici permette la formazione di polimeri
termoplastici poliacrilati e polimetacrilati.
I monomeri puri polimerizzano con il calore, la radiazione UV, lossigeno e i perossidi. La polimerizzazione
dei monomeri acrilici per mezzo di iniziatori richiede generalmente una T elevata. Per operare il
consolidamento dei monumenti allaperto e quindi operare a T ambiente necessario o abbassare lenergia
di attivazione delliniziatore o ricorrere, per la formazione dei radicali liberi, ad una fonte di energia
alternativa a quella termica. Un iniziatore che agisce anche a T ambiente il dialchil perossibicarbonato
molto instabile ed esplosivo, pi sicuri sono le formulazioni contenenti un acceleratore a base di composti
organo metallici di Co e V o ammine terziarie.
Lenergia richiesta per ottenere radicali liberi che attivano la polimerizzazione pu anche essere fornita
sotto forma di radiazione UV o raggi . Questi ultimi sono da preferire quando la polimerizzazione della
resina deve avvenire nella massa della pietra.
Le resine acriliche possono essere trasformate in polimeri termoindurenti per addizione di agenti reticolanti
come diammine, perossidi o sistemi redox.
I ciano acrilati sono utilizzati come adesivi, si tratta di liquidi molto polari di differente viscosit di formula
CH2=C(CN)-COOR, dove R CH3, CH3-CH2-, CH3-CH2-CH2-CH2-. Questi adesivi rimangono liquidi prima
dellapplicazione per la presenza di inibitori acidi che ne impediscono la polimerizzazione. Polimerizzano
invece con meccanismo ionico a T ambiente e solidificano molto rapidamente a contatto con vapore
acqueo o di un substrato a reazione basica.
Resine acriliche in soluzione acquosa

I films ottenuti da soluzioni acquose sono pi sensibili allumidit per cui le loro applicazioni sono
raccomandate per lavori di restauro allinterno. Anche la stabilit dei films inferiore in quanto presentano
una maggior tendenza alla discolorazione, una pi bassa resistenza ai solventi e una tendenza a sviluppare
con linvecchiamento caratteristiche acide. Lesposizione ai raggi UV-B produce un aumento della durezza e
un brusco abbassamento dellelasticit, da mettere in relazione con una scissione ossidativa delle catene
polimeriche.
La solubilizzazione in acqua di resine acriliche alcali-solubili che contengono gruppi acidi carbossilici, si
ottiene per neutralizzazione con una soluzione ammoniacale. La successiva evaporazione del solvente e
dellNH3 rende il film polimerico depositato, insolubile in acqua. Tale trasformazione reversibile.
I gruppi carbossilici e ossidrilici presenti nel monomero possono anche costituire i punti di aggancio per una
reticolazione 3D con altre resine o con composti contenenti ioni metallici bivalenti come il Zn 2+che d luogo
ad un reticolo con legami a carattere ionico.
14)POLIMERI FLUORURATI
Classe di composti a cui appartengono prodotti diversi sia per composizione chimica che per limpiego a cui
sono destinati. Sono tutti caratterizzati da un elevata idrorepellenza e dalla sostituzione parziale o totale di
atomi di H con quelli di F nella molecola che conferisce al composto una maggiore stabilit sia chimica che
fisica in quanto il legame C-F particolarmente stabile.
I composti fluorurati utilizzati nella conservazione e il restauro sono: perfluoropolieteri, polifluorouretani,
fluoro elastomeri, resine acriliche fluorurate.
Perfluoropolieteri
Sono degli oli incolori e trasparenti a diversa viscosit a seconda del peso molecolare, del tipo di
monomero, e della presenza o meno di gruppi funzionali polari. Vengono sintetizzati industrialmente in
diversi modi. Tra i prodotti pi impiegati come protettivi di materiali lapidei ci sono i Fomblin. La loro bassa
tensione di vapore favorisce la distribuzione del prodotto allinterno dei pori della pietra ma impoverisce la
superficie lapidea di quello strato idrorepellente necessario alla protezione dagli inquinanti veicolati
dallacqua. La necessit di eliminare questi inconvenienti ha portato alla sintesi di perfluoropolieteri
contenenti uno o pi gruppi polari per molecola capaci di interagire con il substrato lapideo(polare) e
quindi di essere meno mobili. I gruppi polari che si possono legare alla catena perfluoropolieterea sono il
gruppo carbossilico, lestereo,il fosfatico, lammidico e lisocianato.
Il gruppo ammidico derivante dalla condensazione di esteri perfluoropolieterei mono e bicarbossilici con
ammine alifatiche primarie porta a dei polimeri fluorurati con caratteristiche di stabilit chimica, resistenza
al calore e alle radiazioni UV analoghe ai perfluoropolieterei non funzionalizzati ma con viscosit tanto
superiore quanto maggiore il peso molecolare e quanto maggiori sono i gruppi amminici in ogni
molecola. LH amminico responsabile della formazione dei legami H inter e intramolecolari sia con le
molecole del polimero stesso che con i gruppi polari del supporto lapideo.
Lefficacia protettiva stata calcolata mediante misure di assorbimento di H2O.
Le ammidi perfluoropolieteree sono stabili allossidazione, al riscaldamento, alle radiazioni UV, il loro punto
debole risulta essere il legame C-N nel gruppo ammidico CO-NH- e in quello NH-CH2 in al carbonile,
questi legami sono pertanto soggetti a degradazione termica, ossidativa e allidrolisi. La degradazione
termica avviene a T relativamente elevate con meccanismi che coinvolgono la scissione del legane C-NH; la
degradazione ossidativa in ammidi alifatiche consiste nelleliminazione di un H in al C=O con successiva
addizione di O2 e degradazione della molecola; la reazione di idrolisi porta alla formazione dellacido e
dellammina corrispondenti. Tutti questi prodotti di reazione sono indesiderati sia perch possono reagire
con il substrato, sia perch possono dar luogo a variazioni cromatiche.
I perfluoropolieteri sono facili da applicare, sia a spruzzo che a pennello, e vengono assorbiti dal supporto
senza formare dei films rigidi o impermeabili. I loro difetti sono: lelevato costo e la solubilit in solventi
cloro fluorurati che presentano problemi ecologici.
Polifluorouretani
Classe di prodotti altamente fluorurata studiata per la protezione e la riaggregazione del materiale lapideo.
La stabilit termica e la resistenza chimica sono migliori per leffetto della catena perfluoropolieterea.
Questi prodotti sono essenzialmente dei copolimeri fra un diolo perfluoropolietereo e un di isocianato.
A seconda delle condizioni di copolimerizzazione si ottengono prodotti reattivi, prodotti non reattivi e
prodotti resi attivi per aggiunta di un attivatore. Nei prodotti reattivi, la reattivit data dal gruppo

isocianato-N=C=O-, il quale pu reagire con se stesso o con la pietra. Nel caso dei prodotti non reattivi i
gruppi isocianato hanno gi reagito con i gruppi OH del segmento perfluoropolietereo e ladesione alla
pietra garantita da legami H e da forze di Van der Waals. Per i prodotti che necessitano di un attivatore,
se il copolimero presenta ancora gruppi OH terminali reso reattivo per laggiunta di isocianato prima
dellapplicazione su pietra.
La presenza di segmenti di perfluoropolieterei nella molecola dona stabilit e durevolezza ai processi di
invecchiamento causati dagli UV, radiazione solare, variazioni termo igrometriche, presenza di gas
inquinanti. I polifluorouretani conferiscono alla superficie lapidea idrorepellenza pur mantenento una
buona permeabilit al vapore acqueo.
Fluoroelastomeri
Sono polimeri ad alto peso molecolare con buone propriet elastiche ed elevata stabilit chimica. Si
differenziano per il tipo di monomero impiegato, per il peso molecolare e per il contenuto di fluoro.
La presenza di H nella molecola rende questi polimeri solubili in solventi organici tradizionali quali acetone
o chetoni superiori ed esteri. Inoltre lidrogeno nella molecola non sembra influenzare la stabilit chimica
dei fluoro elastomeri. Prove di stabilit al calore e allirraggiamento UV non hanno mostrato n variazioni
cromatiche n composizionali.
Di questi polimeri sono state apprezzate le propriet aggreganti, infatti non avendo un elevato potere
adesivo non possono essere annoverati tra i consolidanti ma rispetto a questultimi presentano il vantaggio
di creare una struttura non rigida attorno ai granuli decoesi della pietra evitando le tensioni dovute a sbalzi
termici e a differenti coefficienti di dilatazione termica dei diversi materiali. Sono anche degli ottimi
idrorepellenti.
Tra gli inconvenienti dei fluoroelastomeri c la loro scarsa penetrazione allinterno della pietra dovuta al
loro elevato peso molecolare, per cui le molecole, spesso di dimensioni maggiori di quelle dei pori della
pietra, tendono a disporsi superficialmente sotto forma di film, se lapplicazione viene fatta con soluzioni
concentrate. Su questo film idrorepellente e rugoso si deposita polvere ed in breve tempo la superficie
diventa scura e sporca, inoltre riduce la permeabilit al vapore acqueo e ai gas della pietra sottostante.
Resine acriliche fluorurate
Queste resine sono dei polimeri derivati dalla polimerizzazione degli esteri fluorurati dellacido acrilico o
metacrilico e impiegate come protettivi e consolidanti di materiali lapidei.
I diversi polimeri sintetizzati si differenziano per peso molecolare, per il tipo di monomero impiegato che
possono essere sia esteri dellacido acrilico che esteri dellacido metacrilico.
La sintesi di questo tipo di resine acriliche fluorurate nasce dallesigenza di coniugare in nuovi composti i
pregi riscontrati nelle resine acriliche (buona idrorepellenza, buon potere adesivo, basso costo e facile
applicabilit) con lalta stabilit chimica, termica e allirraggiamento UV proprie dei composti florurati.
Il polimero parzialmente fluorurato deriva dai monomeri contenenti fluoro, ottenuti a loro volta per
esterificazione dellacido acrilico o metacrilico con degli alcoli fluorurati. La polimerizzazione condotta in
condizioni piuttosto blande porta alla formazione di prodotti bianchi o incolori con T di transizione vetrosa
variabile e dipendente dalle condizioni di reazione e dei monomeri di partenza. Esperienze di laboratorio su
manufatti lapidei conservati in ambiente interno, mostrano un notevole miglioramento della
idrorepellenza delle superfici lapide, mentre i vari accoppiamenti polimerici danno risultati pi differenziati
per quanto riguarda lassorbimento capillare e la permeabilit al vapore acqueo.
15)RESINE EPOSSIDICHE
Le resine epossidiche si sono rilevate di grande interesse in tutti i settori della conservazione e non solo in
quello della pietra, grazie alle loro non comuni caratteristiche : ottima adesione alla maggior parte dei
materiali, indurimento a temperatura ambiente con un ritiro minimo e senza sviluppo di prodotti secondari,
eccellenti propriet meccaniche, debole sensibilit allacqua, buona resistenza chimica agli acidi, alle basi e
ai solventi organici. probabilmente interessante segnalare anche come dei composti fluoroepossidici si
siano rivelati promettenti adesivi per le resine fluorurate del tipo politetrafluoroetilene (PTFE) senza
nessune trattamento superficiale preventivo. noto infatti che polimeri come il PTFE sono sostanze non
polari e insolubili, con unenergia superficiale molto bassa. Tali propriet le rendono chimicamente inerti e
incapaci di formare nuovi legami senza una accurata preparazione della loro superficie.
Materiali termoindurenti a reticolo tridimensionale.

Le resine espossidiche sono polimeri di condensazione lineari liquidi a basso peso molecolare e si
preparano generalmente dalla reazione tra lepicloridrina e fenoli contenenti almeno 2 gruppi ossidrilici:
(n+1) Fenolo + (n+2) epicloridrina. Il valore di n varia tra 0 e 12 in funzione del rapporto
epicloridrina/bisfenolo, che a sua volta determina il peso molecolare, lequivalente epossidico,
lequivalente ossidrilico e le propriet fisiche.
La loro trasformazione in materiali termoindurenti tridimensionali avviene per addizione di prodotti
polifunzionali, detti induritori o agenti di cure, che modificano la loro struttura chimica e le loro propriet
fisiche. Gli induritori provocano una reazione di reticolazione che trasforma irreversibilmente la struttura
lineare della resina di partenza in un prodotto solido infusibile e insolubile.
Il processo di cure avviene in due fasi: una detta conversione in cui la resina si trova ancora in uno stato
termoplastico, durante questa fase si ha lapertura dellanello epossidico, un aumento del peso molecolare
e la ramificazione della massa reattiva in vari punti; nella seconda fase di reticolazione invece i segmenti
molecolari ramificati si combinano tra loro per formare un esteso reticolo tridimensionale. Gli agenti di cure
possono essere sia di natura basica che acida, i primi appartengono alle basi di Lewis (idossidi ainorganici,
ammine e ammidi) mentre i secondi agli acidi di Lewis (fenoli e anidridi), e la maggior parte di loro
costituisce una parte integrante della struttura del prodotto finito.
La reazione di cure pu avvenire a temperatura ambiente quando sono usati come induritori ammine
alifatiche (etilendiammina, dietilentriammina, trietilentetrammina, ecc.) con atomi di idrogeno attivo che
determinano unelevata reattivit (compromesso ideale tra durezza e flessibilit) o a temperature pi
elevate con ammine aromatiche (m fenilendiammina, 4,4 metilendianilina, ecc.) (da evitare in
applicazioni decorative a causa della loro sensibilit allirraggiamento UV).
La reticolazione delle resine epossidiche richiede come ogni altra reazione chimica, una certa energia di
attivazione che permetta ai reagenti di raggiungere lo stato di transizione e di raggiungere una certa
velocit di reazione. La reazione stessa, tuttavia, sempre accompagnata da uno sviluppo di calore che pu
dar luogo ad un considerevole aumento della temperatura. Temperatura ambiente e temperatura
raggiunta durante la reazione hanno una notevole influenza sulla reticolazione e sulle caratteristiche del
prodotto finale. Un certo aumento della temperatura auspicabile cos da abbassare la viscosit della
massa: una maggiore mobilit molecolare permette ad un pi ampio numero di gruppi epossidici di entrare
in reazione e dar luogo ad una pi estesa reticolazione; daltra parte per una temperatura troppo elevata
presenta notevoli problemi come una riduzione del tempo di messa in opera della resina o il rischio di ritiro
termico.
Formulazioni e additivi speciali.
I leganti a base di resine epossidiche si prestano a svariate formulazioni applicabili a tutte le fasi del
restauro. Si possono ad esempio preparare delle malte sintetiche con buone propriet meccaniche, basse
tensioni interne ed elevato modulo di elasticit; adesivi capaci di legarsi a supporti di natura differente
grazie ai gruppi molecolari ossidrilici, eterei ed epossidici presenti nel sistema, riducendo la loro viscosit
con opportuni diluenti, le formulazioni epossidiche possono anche essere usate per iniezioni e
impregnazione di supporti degradati. In gneerale di pu dire che le resine non modificate siano quelle che
presentano la migliore resistenza meccanica e chimica; loro punto debole invece la viscosit elevata e la
scarsa flessibilit.
Flessibilizzanti.
Le resine modificate per contro hanno una pi elevata flessibilit ottenuta per plastificazione interna o
esterna. Tra i plastificanti pi usati troviamo lolio di pino, il D-Limonene e le resine idrocarburiche. Bisogna
tuttavia tenere conto che questi additivi idrocarburici riducono la reattivit del legante, abbassano la
resistenza alla compressione e il modulo di elasticit e la resistenza chimica, per cui le loro proporzioni non
devono superare il 10-20%in peso rispetto alla resina epossidica di base.
Accelleratori di reazione.
Oltre agli agenti di cure di cui abbiamo parlato a volte si fa uso nelle formulazioni di sistemi epossidici di
acceleratori di reazione che sono principalmente di tre tipi: 1)ammine terziarie, la loro azione comporta
una migliore resistenza iniziale della resina indurita e una riduzione della flessibilit; 2)composti fenolici,
come ad esempio il fenolo o il bisfenolo A, i cui effetti sono di aumentare la resistenza iniziale riducendo
tuttavia la resistenza finale alla compressione e il modulo di elasticit finale; 3)gli acido salicilico, benzoico e
lattico, i quali accelerano lindurimento della resina senza influenzare la sua resistenza meccanica e chimica.

Diluenti.
Luso di resine epossidiche nellimpregnazione delle pietre stato limitato oltre che per la loro tendenza
allingiallimento, anche per la loro viscosit elevata. Le riduzione della viscosit attraverso lintroduzione di
diluenti nel sistema epossidico se da un lato porta ad incrementare la capacit penetrante della stessa
daltra parte pu rendere meno omogenea la distribuzione del consolidante nella pietra. La scelta del
diluente deve tener conto di due fattori: essi possono influenzare la colorazione del sistema epossidico, a
seconda della loro natura chimica influenzano la reazione di indurimento.
Oltre ad essere usati per idurre la viscosit dei sistemi epossidici, i diluenti influenzano anche il pot life
(tempo che si ha a disposizione per la messa in opera della resina), lesotermia della reazione , il potere
bagnante e la capacit di contenere cariche e pigmenti.
Esistono sia diluenti non reattivi che diluenti reattivi. Nel primo caso si pu parlare di veri e propri solventi
come chetoni, eteri glicolici, alcoli e idrocarburi aromatici, oppure composti organici ad alto punto di
ebollizione. Con questi prodotti esiste sempre il problema che restino intreppolati nel prodotto finito,
tuttavia essendo presenti in piccole percentuali, non rischiano di influenzare molto le caratteristiche della
resina indurita. I diluenti reattivi per contro sono resine epossidiche a basso peso molecolare e con ridotta
viscosit, le loro proporzioni non devono superare il 15-20%, per non provocare un rallentamento troppo
consistente della reazione di cure. I glicidil eteri aromatici aumentano il tempo di messa in opera della
resina e diminuiscono solo leggermente la resistenza allacqua e alle soluzioni saline. I glicidil eteri alifatici
conferiscono un effetto flessibilizzante e una migliore resistenza ai solventi di quelli aromatici, come pure
delle migliori propriet meccaniche e di durabilit.
Le cariche usate nei sistemi epossidici hanno funzioni differenti: controllare la viscosit e la consistenza,
ridurre il coefficiente di dilatazione termico, abbassare i costi. Nel settore della costruzione del restauro
sabbia e polvere di quarzo sono particolarmente usate per malte ed adesivi. Esse devono possedere buona
resistenza meccanica, devono essere calcinate per eliminare eventuali presenze organiche e non devono
contenere nessuna traccia di sali. La polvere di quarzo deve essere aggiunta in quantit non superiore al
10-25% a causa del suo forte potere assorbente nei confronti del legante. La sabbia di quarzo invece, pu
essere usata anche in quantit superiori al 90%. Un miscuglio ottimale di sabbia e polvere di quarzo
permette di ottenere buone resistenze meccaniche e compattezza. Un miglioramento allabrazione pu
essere ottenuto con carburo di silicio; bentonite e aerosil conferiscono qualit tissotropiche e si
comportano da inibitori di sedimentazione; le microbiglie di vetro servono per ridurre lattrito interno e
facilitare la messa in opera delle malte. Nella scelta dei pigmenti bisogna preferire quelli che sono
chimicamente inerti nei confronti di induttori e diluneti.
Fotodegradazione e autoinvecchiamento.
Le applicazioni dei sistemi epossidici sono sempre state limitate a casi in cui non entra in gioco il loro
aspetto estetico, questo a causa dellingiallimento e delle alterazioni cromatiche che questi polimeri
subiscono non solo per effetto della fotodegradazione ma anche in seguito al loro naturale invecchiamento.
Lorigine dellingiallimento ha cause molteplici: Noskov lo ha messo in relazione alla formazione di gruppi
carbonilici; Lee alluso di induritori che contengono gruppi amminici accanto ad anelli aromatici; Tennet al
ruolo degli additivi nelle formulazioni epossidiche. Essendo lingiallimento dovuto ad un incremento
dellassorbimento della luce nellintervallo compreso tra il blu-porpora ed il vicino ultravioletto, per lo
studio del fenomeno si sono considerati due casi: nel primo caso linvecchiamento prodotto per
esposizione di 1000 ore ad una lampada allo Xenon di 6500 Watt, filtrata in maniera tale da riprodurre gli
effetti delle irradiazioni solari attraverso i vetri delle finestre; nel secondo caso, si considera
linvecchiamento naturale al buio alla temperatura di 22C per 3-4 anni. I risultati del primo esperimento
hanno portato ad una catalogazione dei polimeri in base alla loro resistenza allingiallimento in 4 classi: A1
A2 (eccellenti) per i quali si pu fare una previsione di vita superiore ai 100 anni; B (intermedi) con durata
compresa tra 20-100 anni; C (instabili) durata minore di 20 anni. Per quanto riguarda linvecchiamento al
buio, considerata la componente termica del fenomeno di ingiallimento, i sistemi che hanno dato i migliori
risultati sono stati le resine a base di DGEBA associate a un: diluente poliossipropilene e poliamine alifatiche
come induritore; poliossipropilene e dicianamide; poliossipropilene e poliammine alifatiche primarie, ecc.
Linvecchiamento prodotto dalla luce si notato non essere una funzione lineare del tempo. Si possono
distinguere 4 tipi di ingiallimento: a) lineare; b)autocatalitico in cui lingiallimento aumenta con il tempo; c)

autoritardante, in cui lingiallimento procede ad una velocit decrescente; d) imbianchimento iniziale


seguito da un aumento lineare dellingiallimento.
Applicazioni delle resine epossidiche nella conservazione dei monumenti.
Le resine epossidiche sono particolarmente indicate come adesivi e malte sintetiche in quanto hanno un
piccolo ritiro e presentano un eccellente adesivit sulla maggior parte dei materiali. Inoltre possiedono
buona resistenza meccanica una marcata inerzia chimica e una debole sensibilit allumidit.
Una delle prime e pi eclatanti applicazioni degli adesivi epossidici stato sicuramente il loro impiego nel
colossale trasloco delle statue di Ramses II del tempio Abu Simbel. Questi correvano il rischio di esser
completamente allagati dalle acque del lago artificiale Nasser. Per iniziativa dellUNESCO i templi furono
smontati e rimontati a 200m di distanza e a 64m pi in alto. La rimozione dei blocchi fu effettuata con
linserimento di barre dacciaio incollate con resine epossidiche Araldite e deposte su una base di cemento
armato. Le tracce di segagione e le numerose fessure della pietra arenaria della regione Nubiana, furono
anche riparate con stuccature a base di epossidiche e resine poliestere.
Importanti lavori di restauro sono anche stati effettuati per il consolidamento dellacquedotto romano di
Segovia, costruzione a base di blocchi di granito assemblati a secco, lunga 813m. il granito fortemente
danneggiato stato consolidato con barre di bronzo inserite nella pietra con un adesivo epossidico molto
fluido, mentre i giunti impermeabili del canale dove scorreva lacqua sono stati riempiti con un sistema a
base di resina epossidica e polisolfuro.
Un adesivo epossidico a base di Araldite stato anche utilizzato per la ricostruzione della facciata della
libreria romana di Efeso: sono state incollate le parti di marmo recuperate, assemblate le pietre originarie
ad una nuova struttura di cemento armato e inseriti degli ancoraggi e delle basi di ferro.
Vari studi sono anche stati effettuati per ricercare delle applicazioni delle epossidiche nellimpregnazione e
nella protezione dei monumenti. Tuttavia luso delle epossidiche come protettivi stato generalmente
abbandonato dopo la constatazione delle variazioni cromatiche spesso riscontrate.
16)DEGRADO DELLE RESINE SINTETICHE USATE IN CONSERVAZIONE
Il degrado dei polimeri pu comportare lalterazione di una qualunque delle loro propriet meccanica,
chimica, fisica e ottica. Qualsiasi reazione fica-chimica che agisce sulla struttura del polimero pu portare
allalterazione irreversibile delle sue propriet. La degradazione si verifica durante due diversi periodi della
vita del polimero:
1)Nella fase di processing, in cui il polimero si trova a T elevate, alla stato fuso, in forte stress meccanico,
assenza di luce e concentrazione bassa di ossigeno. Qui prevalgono i fenomeni di tipo termossidativo
2)Nella fase di vera e propria attivit di servizio in cui il polimero messo in opera ed esposto allambiente
e si trova a T basse, in uno stato fisico solido, ridotto stress meccanico, in presenza di ossigeno e di luce. Qui
prevalgono i fenomeni di tipo fotossidativo.
Questi due tipi di degrado sono spesso coesistenti. La stabilit di un polimero dipende da: natura chimica
del prodotto, morfologia, presenza di impurezza, storia termica, grado di cristallinit. Gli agenti che
alterano questa loro stabilit e ne provocano linvecchiamento sono:
-ossigeno: agisce sia singolarmente che in coppia con il degrado termico e forolitico, mediante
lautossidazione, biossidazione, fotossidazione e combustione. Si possono formare perossidi o
idroperossidi di natura molto instabile.
-luce: a seconda della sua energia induce reazioni chimiche che possono portare ad un cambiamento di
colore o la distruzione dei legami primari C-C o C-O nelle macromolecole. Le radiazioni ultraviolette sono in
grado di creare radicali liberi che portano alla scissione della catena molecolare principale.
-temperatura: accelera gli effetti dellinvecchiamento seguendo lequazione di Arrhenius:
k = A e Ea/RT
dove k la costante di velocit del degrado; A la costante di Arrhenius che rappresenta il numero di
collisione per s; T la temperatura; Ea lenergia di attivazione; Ea/RT la frazione di collisioni a s
sufficiente energia
-acqua e vapore acqueo: causano la rottura della catena molecolare principale del polimero. La v di idrolisi
dipende sia dalla reattivit dei legami nei confronti dellacqua, ma anche dalla concentrazione dellacqua
presente e dal numero di legami coinvolti. La v di degradazione idrolitica per lacqua pura lenta ma
aumenta per effetto catalitico degli ioni in soluzione. Lacqua provoca degrado chimico e fotochimico
-inquinanti atmosferici: ozono, biossido di zolfo,ossidi di azoto e residui metallici degradano le materie

plastiche comportandosi come dei catalizzatori di reazione. Il particellato solido sospeso ha unazione
abrasiva delle superfici dei manufatti e pu innescare processi idrolitici che compromettono la stabilit del
polimero, oltre a provocare la proliferazione di colture batteriche.
Autossidazione
Una reazione che provoca il degrado delle macromolecole innescata dall ossigeno dellaria con un
meccanismo autocatalico. La reattivit dei polimeri varia in funzione della loro struttura e dellenergia
richiesta per estrarre un atomo di idrogeno. LH sar pi facilmente rimosso se si trova in posizione
rispetto ai gruppi funzionali del doppio legame C=C. I polimeri saturi sono sensibili alle reazioni di
autossidazione a T>100 gradi, mentre quelli insaturi reagiscono anche a T ambiente.
La reazione di autossidazione consiste in un meccanismo di reazione a catena di tipo radicalico. Nello stato
fondamentale lO un biradicale O-O che reagisce con i radicali liberi dando radicali perossidi.
R. + O2 a dare ROO.
Il radicale perossido estrae un idrogeno dal substrato generando un idroperossido e un altro radicale libero:
ROO. + RH a dare ROOH + R.
Gli idroperossidi sono la principale fonte di radicali liberi perch si decompongono e danno inizio ad una
reazione a catena:
inizio
n ROOH a dare ROO. , RO.
Propagazione
ROO. + RH a dare ROOH + R.
R. + O2 a dare ROO.
Qui i radicali liberi ROO. Estraggono nuovi atomi di H dalla catena polimerica formando radicali liberi
alchilici che reagiscono con lO2.
Arresto
2R. a dare R-R
R. + ROO. a dare ROOR
2 ROO. a dare ROOR + O2
La reazione di arresto determinata dallincontro di due radicali liberi.
Lautossidazione accelerata dalla presenza di gruppi carbonilici che producono radicali liberi per
assorbimento di luce UV
Stabilizzazione ossidativa
Si pu inibire la reazione di autossidazione in due diverse maniere: prevenendo la formazione di radicali
liberi con catturatori di radicali, o interrompendone la propagazione modificando la reazione a catena con
decompositori di perossidi. Nella stabilizzazione in presenza di un antiossidante la reazione :
inizio:
n ROOH a dare ROO. , RO. decomposizione perossidica
RH + O2 a dare R. + HO2. attacco dellO della catena polimerica
AH + O2 a dare A. + HO2. attacco dellO allantioss
Propagazione
ROO. + RH a dare ROOH + R.
R. + O2 a dare ROO.
Transfer
ROO. + AH a dare ROOH + A.
A. + RH a dare in presenza di O2 AOOH + ROO.
Arresto
ROO. + A. a dare ROOA
2A. a dare A-A
2RO2. A dare prodotti non radicalici
ROO. + R. a dare ROOR
2R. a dare R-R
ANTIOSSIDANTI: quelli maggiormente utilizzati sono i composti fenolici che agiscono con meccanismi di
stabilizzazione piuttosto che avere effetti catalitici. Sono capaci di interrompere la propagazione della
reazione radicalica perch sono in capaci di estrarre nuovi atomi di H dalle molecole del polimero. I derivati

fenolici sono catturatori di radicali liberi che reagiscono con i gruppi perossidici e alcossidici formando
composti stabili a causa dei forti impedimenti sterici e per lesistenza di forme di risonanza. Gli antiossidanti
fenolici sono dei buoni stabilizzanti termici, ma in presenza di luce si riduce la loro attivit e alcune loro
trasformazioni danno prodotti colorati. Le ammine aromatiche presentano buone caratteristiche
antiossidanti ma formano prodotti di formazione colorati.
DECOMPOSITORI DI PEROSSIDI: i composti solforici e fosforici esplicano la loro azione antiossidante
decomponendo gli idroperossidi in alcoli con un processo non radicalico
R-S-R1 + R2OOH a dare R-SO-R1 + R2OH
Fotodegradazione ossidativa
Molti polimeri si degradano in presenza della luce. I raggi UV sono responsabili della rottura dei legami
chimici primari. Lintervallo di radiazioni pericolose compreso tra i 200 e i 380 nm, in quanto radiazioni
con lunghezze donda pi corte sono intercettate dallatmosfera e dallo strato di ozono. La
fotodegradazione un fenomeno di superficie. Lestensione del suo effetto agli strati pi profondi da
mettere in relazione alla capacit penetrante della radiazione elettromagnetica che influenzata dalla
trasparenza, dalla diffusione della luce nel materiale e dalla pigmentazione. La degradazione della luce
spesso associata agli effetti dellaria e quindi dellO2 per cui si parla di fotodegradazione ossidativa. Un
contributo notevole alla formazione di sostanze fotossidanti nellaria dovuto anche allemissione da parte
di varie sorgenti naturali e antropogeniche di monossido di carbonio, ossidi di azoto NOx e VOC.
La fotodegradazione dovuta: a gruppi fotosensibili insiti nella struttura della macromolecola; a impurezze
che si formano durante la fabbricazione o la trasformazione; ad additivi aggiunti alla formulazione di una
resina quali catalizzatori, pigmenti ecc.
Linterazione tra la luce e il polimero avviene solo nel caso in cui un quanto di luce viene assorbito da una
molecola del materiale plastico. Lassorbimento di energia luminosa che porta una molecola dal suo stato
fondamentale a uno stato eccitato, la prima fase di una serie di reazioni che conducono la molecola al suo
stato fondamentale o la trasformer irreversibilmente in una forma dissociata. Le reazioni sono:
X + h a dare 2R.
X rappresenta un qualsiasi gruppo cromoforo capace di assorbire energia solare e dissiparne leccesso con
formazione di radicali liberi R. I radicali liberi R. possono reagire direttamente o indirettamente con
lossigeno dando luogo a radicali perossidici ROO. La reazione tra due radicali perossidici forma prodotti
non radicalici quali aldeidi e chetoni, mentre la reazione tra i radicali perossidici e il polimero PH d
idroperossidi ROOH e nuovi radicali liberi.
Le varie fasi di degrado dei polimeri sono:
-assorbimento di fotoni di un data energia da parte dei cromofori che diventano elettricamente eccitati
-reazioni fotochimiche nello stato eccitato che inducono la rottura dei legami chimici. Alternativamente si
pu avere dissipazione dellenergia assorbita tramite un processo radiativo o non radiativo
-reazioni secondarie associate ai prodotti della fotoreazione come ioni o radicali liberi
Non sempre i gruppi cromofori costituiscono anche i siti in cui si sviluppa la reazione di degrado
fotoossidativo. Essi possono trasferire lenergia di eccitazione ad unaltra molecola o ad un gruppo atomico
della stessa specie o di specie differente. Lenergia pu essere trasferita allaccettore per collisione oppure
senza collisione con un meccanismo in cui il fotone emesso dal donatore assorbito dallaccettore ad una
distanza di 1nm.
Il trasferimento di energia pu avvenire con un meccanismo intramolecolare tra una molecola
elettronicamente eccitata D* (donatore) e un accettore A; oppure con un meccanismo intramolecolare tra
segmenti di una stessa molecola. Ci sono 5 stadi un cui si verifica il trasferimento di energia:
1 Assorbimento di un quanto di luce da parte del donatore seguito dalla formazione di uno stato eccitato
2 se lo stato eccitato del donatore ha un E vibrazionale pi alta del mezzo in cui immerso, si verifica un
trasferimento termico e si raggiunge lequilibrio
3 quando laccettore vicino il donatore eccitato, si verifica il trasferimento di energia per risonanza o per
scambio
4 quando lo stato eccitato dellaccettore ha unenergia vibrazionale pi alta del mezzo in cui immerso, si
ha la rilassazione termica e laccettore cade a livelli vibrazionali pi bassi
5 lo stato eccitato dellaccettore pu essere disattivato da processi di emissione o da altri processi
Stabilizzazione foto-ossidativa

Sulla base dalla loro resistenza alla fotodegradazione, i polimeri possono essere suddivisi in fotostabili,
moderatamente fotostabili e fotostabili. I polimeri reticolati sono pi resistenti alla fotodegradazione
ossidativa dei polimeri lineari. I prodotti fotostabilizzanti a seconda del loro meccanismo dazione si
distinguono in: catturatori di radicali liberi, assorbeni UV, quenchers. Tutti non devono essere colorati,
avere bassa volatilit, stabilit ad alta T, sufficiente mobilit ecc.
CATTURATORI DI RADICALI LIBERI: riducono lestensione della reazione di ossidazione nel polimero
(ammine stericamente impedite HALS)
ASSORBENTI UV: costituiscono uno schermo contro le radiazioni solari e sono composti organici con anelli
aromatici con sostituenti carbonilici e ossidrilici. Lenergia radiante assorbita viene trasformata in energia
termica sfruttando la tautomeria cheto-enolica.
QUENCHERS: non captano le radiazioni direttamente ma sono capaci di disperdere lenergia dei cromofori
eccitati in una forma non nociva.
Apparecchiature per il controllo del degrado dei polimeri
I test disponibili per determinare la stabilit e la durabilit del polimero consistono in un invecchiamento
naturale oppure in un invecchiamento accelerato con apparecchiature di laboratorio.
Per unesposizione naturale si scelgono generalmente zone ad elevata intensit luminosa con climi diversi.
Gli svantaggi di una tale esposizione sono la non riproducibilit dei risultati e la lunghezza del tempo
necessario per ottenere complete informazioni. Per risolvere questi problemi sono stati messi a punto
apparecchi in grado di simulare e intensificare le condizioni ambientali esterne.
Lo studio del degrado dei polimeri richiede tecniche analitiche diverse e complementari tra loro.
Lanalisi per volatilizzazione termica fornisce indicazioni sulla velocit di formazione dei prodotti gassosi che
si sviluppano nella degradazione termica di un sistema mantenuto sotto vuoto.
Per quantificare gli effetti della foto-ossidazione si ricorre spesso alla spettroscopia di assorbimento e di
riflessione UV-visibile e alla spettroscopia infrarossa che evidenziano le trasformazioni chimiche avvenute
nelle molecole. Le possibili sorgenti artificiali elettromagnetiche non ionizzanti sono:
-lampade ad incandescenza: le comuni lampadine a filamento di tungsteno. La maggior parte dellE emessa
corrisponde a lunghezze donda del visibile e IR; gli UV vengono intercettati dallinvolucro di vetro della
lampadina
-sorgenti ad arco contenenti gas: involucro al quarzo con gas allinterno
-archi di carbone
-lampade a vapori di mercurio: lo spettro pu essere nellUV, visibile e IR. Lenergia emessa pu essere
modificata facendo variare la pressione del vapore di Hg:allaumentare della pressione si hanno lunghezze
donda maggiori.. Ci sono lampade a bassa e ad alta tensione
-lampade fluorescenti: si usano lampade a vapori di Hg a bassa pressione con involucro ricoperto con
sostanze fluorescenti o fosforescenti
-lampade metallo-alogene: bulbo ad elevata potenza ed involucro in quarzo contenente vapori di Hg e
metalli alogeni.
-lampade a xenon
-laser: presentano monocromaticit ed alta intensit
Apparecchiature combinate per linvecchiamento artificiale delle materie plastiche
-UVCON con lampade fluorescenti
-fadeometer
-Weatherometer e xenotest con lampade a xenon
-Sepap con lampade a vapori di mercurio

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