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CAPITOLO

Meccanica
dei continui
Il capitolo introduce la teoria della deformazione del continuo solido, a partire dal tensore di deformazione finita
di Green-Lagrange e passando poi alla teoria degli spostamenti e deformazioni piccoli o infinitesimi con la definizione del tensore di deformazione
infinitesima. Viene poi presentato il
problema dellequilibrio del solido
deformabile basato sulla definizione
di forze e tensioni, con lintroduzione
del tensore di sforzo di Cauchy e con
le utili e comode rappresentazioni dello sforzo nello spazio di Haig-Westergaard e nel piano di Mohr. Viene appena introdotto il tensore di sforzo di
Piola-Kirchhoff. Segue il Principio
dei Lavori Virtuali, quale strumento
principe e universale di collegamento
fra il mondo degli spostamenti-deformazioni e quello delle forze-tensioni. La seconda parte del capitolo
tratta dei Legami Costitutivi per i materiali strutturali, con particolare rilievo alla teoria dellelasticit lineare isotropa e alle relazioni di Hooke, cos importanti nelle applicazioni ingegneristiche:
la trattazione basata sul concetto di Energia di Deformazione che
consente di definire il Potenziale Elastico. Le equazioni dellEquilibrio Elastico di Navier-Cauchy e di Beltrami-Michell vengono
appena introdotte. Le relazioni del materiale linearmente elastico
anisotropo vengono presentate allo scopo di fare intravedere talune
applicazioni ai materiali compositi e alle murature che lAllievo
incontrer nel prosieguo degli studi. Chiudono il capitolo numerosi
esercizi sullampia materia trattata, la cui soluzione viene lasciata
allallievo.

5.1

Spostamento, deformazione
finita e infinitesima

5.2

Problema dellequilibrio dei


solidi deformabili, tensioni,
tensore di sforzo

5.3

Principio dei Lavori Virtuali


per il solido deformabile

5.4

Meccanica dei materiali.


Legami costitutivi Teoria
dellElasticit

APPROFONDIMENTI
5.1

Deformazione delle superfici

5.2

Tensore di sforzo di PiolaKirchhoff

5.3

Particolarizzazioni ed
estensioni del PLV

5.4

Equazioni di Beltrami-Michell

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326

Capitolo 5

Meccanica dei continui

5.1 j Spostamento, deformazione finita


e infinitesima

Microscala

Macroscala

Il mezzo continuo rappresenta un modello matematico della materia la cui effettiva


struttura, atomica o molecolare, rappresentata mediante una distribuzione continua di punti materiali.
La dimensione caratteristica dellelemento di volume su cui si opera si suppone pertanto superiore di vari ordini di grandezza alle distanze atomiche e/o
molecolari.
I solidi, in particolare i materiali da costruzione, presentano inoltre, a una microscala opportuna osservabile con microscopi ottici (nel caso della struttura a
grani dei metalli) o a occhio nudo (per esempio la distribuzione degli inerti e
della pasta cementizia nei calcestruzzi o dei mattoni e dei corsi di malta nelle
murature), strutture eterogenee con propriet meccaniche variabili con discontinuit e micro-cavit o micro-fratture. Un materiale di questo tipo pu pertanto
essere trattato come un mezzo continuo equivalente, omogeneo o con propriet
meccaniche variabili con continuit, solo a una scala con dimensione superiore
o macroscala. Le usuali prove sperimentali, per esempio su provini cubici di calcestruzzo di lato 20 cm, consentono appunto di determinare queste propriet medie equivalenti (Figura 5.1)

5.1.1 Spostamento, deformazione, gradiente


di deformazione
Un corpo solido sottoposto allazione dei carichi cambia di forma, ovvero assume
configurazioni diverse. Come configurazione di riferimento @0 si considera una di
esse, per esempio quella assunta dal corpo in assenza di carichi; i carichi e le azioni
esterne fanno poi modificare la configurazione @0 in quella aggiornata, o attuale
@. Le configurazioni @0, @ identificano gli insiemi di punti o posizioni, e sono insiemi connessi. Introdotto un sistema di riferimento (O, x1, x2, x3) ortogonale e
destrorso si indica per semplicit con x 5 [x1, x2, x3]T il generico punto materiale
identificato in @0 dalla sua posizione rispetto allorigine (Figura 5.2).
Si definisce deformazione la relazione che associa al punto x la posizione
y 5 [y1, y2, y3]T del punto materiale nella configurazione @ attuale
y 5 f(x)

(5.1)

Figura 5.1 Struttura,


propriet medie e
microscala.

Microscala

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5.1

Spostamento, deformazione finita e infinitesima

Figura 5.2 Deformazione.

0: configurazione
di riferimento
: configurazione
attuale

0
f

x3

u(x)

x
e3
e1

e2
x2

f 1

x1

Durante il processo di deformazione di un mezzo continuo non consentita per


ipotesi n la separazione o frattura del corpo in pi parti, n che due porzioni prima
distinte vadano a occupare la stessa regione e quindi si compenetrino (Figura 5.3).
Di conseguenza la deformazione f trasforma punti interni al corpo nella configurazione di riferimento @0 in punti interni in @; analogamente, punti appartenenti
alla superficie esterna del corpo rimarranno sulla frontiera di esso. I seguenti assiomi di continuit della deformazione esprimono formalmente quanto enunciato:

Assiomi di continuit
della deformazione

f biunivoca, ovvero a x corrisponde uno e un solo y e viceversa;


f continua e differenziabile fin che occorre.

Peraltro pu essere necessario descrivere il passaggio inverso dalla configurazione


attuale @ a quella di riferimento @0; ci richiede lesistenza della relazione inversa
x 5 f21(y) per la quale si assumono le stesse ipotesi di regolarit. Infine, bene
ricordare che fenomeni quali la frattura dei materiali fragili, ossia il danneggiamento di essi osservabile a una microscala opportuna, non possono, ovviamente,
essere esaurientemente descritti in questo contesto.
La relazione (5.1) che definisce la deformazione si pone nella forma:
y 5 f(x) 5 x 1 u(x)

(5.2)

y ; y*
x*

327

Figura 5.3 a) Frattura


del corpo in due parti.
b) Compenetrazione
di 2 parti distinte.

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328

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Figura 5.4 Deformazione


di un solido.
0
x

x3

dx xx**

u
e3
e1

y
o

e2

x2

dy
y*

x1
0 : configurazione di riferimento
: configurazione attuale o deformata

in cui la funzione vettoriale f(x) 5 x 1 u(x) deve godere dei requisiti di: continuit,
differenziabilit, invertibilit, affinch la deformazione sia un fenomeno sufficientemente graduale e regolare, senza distacchi, scorrimenti, compenetrazioni di materia e bruschi cambiamenti locali.
Nella (5.2) u(x) il campo di spostamento, costituente la distanza orientata
fra la posizione attuale y in @ e quella iniziale x in @0 (Figura 5.4). Le (5.1) e
(5.2) consentono di esprimere la posizione attuale y in funzione di x e dello spostamento u(x):
y1 5 f1(x) 5 x1 1 u1(x1, x2, x3)
y2 5 f2(x) 5 x2 1 u2(x1, x2, x3)

(5.3)

y3 5 f3(x) 5 x3 1 u3(x1, x2, x3)


Il requisito di invertibilit della f(x), cio dellesistenza e regolarit dellinversa
f 21(y), dal punto di vista matematico richiede che le frontiere di @0 e @ si corrispondano in modo biunivoco e che il determinante Jacobiano della f(x) rispetti
la condizione di non singolarit, o equivalentemente (per i solidi) di positivit:
J 5 det =f(x) ? 0
Tensore gradiente
di deformazione

Gradiente di spostamento

(a)

J 5 det=f(x) 7 0

(b)

(5.4)

La (5.4) in esplicito coinvolge il tensore gradiente di deformazione F:


0f1
0x1
0f2
F5=f53fi,j 45F
0x1
0f3
0x1

0f1
0x2
0f2
0x2
0f3
0x2

0f1
0u1
0u1
(1 1
)
0x3
0x1
0x2
0f2
0u2
0u2
V5F
(1 1
)
0x3
0x1
0x2
0f3
0u3
0u3
(1
0x3
0x1
0x2

0u1
0x3
0u2
V
0x3
0u3
1
)
0x3

(5.5)

che basato sul gradiente di spostamento


0u1
0x1
0u2
H 5 =u 5 3ui,j 4 5 F
0x1
0u3
0x1

0u1
0x2
0u2
0x2
0u3
0x2

0u1
0x3
0u2
V
0x3
0u3
0x3

(5.6)

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5.1

Spostamento, deformazione finita e infinitesima

tramite la:
F 5 I 1 =u 5 I 1 H

(5.7)

ove nelle (5.5) e (5.6) si sono adoperate le notazioni sintetiche di derivazione ,


. Nelle relazioni di sopra le derivate sono calcolate nel punto x origine dellintorno considerato.
Volendo studiare la regola con la quale gli elementi lineari (vettori)
dx 5 x* 2 x appartenenti allintorno infinitesimo di x si trasformano nei corrispondenti dy 5 y* 2 y appartenenti allintorno di y; basta differenziare la (5.2)
ottenendo dy 5 dx 1 du che si esplicita:
0u1
dx1 1
0x1
dy1
0u2
dy 5 C dy2 S 5 Fdx2 1
dx 1
0x1 1
dy3
0u3
dx3 1
dx 1
0x1 1
dx1 1

0u1
dx2 1
0x2
0u2
dx 1
0x2 2
0u3
dx 1
0x2 2

 fi,j 5

0fi
0xj

 ui,j 5

0ui
0xj

0u1
dx3
0x3
0u2
dx V 5 1I 1 =u2dx
0x3 3
(5.8)
0u3
dx
0x3 3

e a mezzo del gradiente di deformazione, consente di scrivere:


dy 5 F dx 1 y* 2 y 5 F(x* 2 x) 1 0(x* 2 x)

(5.9)

La (5.9), a meno dellinfinitesimo di ordine superiore 0(x* 2 x), esprime con una
relazione lineare omogenea il vettore incremento di posizione dy in funzione di
quello iniziale dx: dy 5 Fdx.
Alla stessa relazione (5.9) si perviene espandendo in serie di Taylor la f(x) a
partire da x. Una deformazione si dice omogenea se il gradiente di deformazione
F costante in tutto il solido.
Nella (5.9) si utilizzato loperatore gradiente di deformazione F che stato
definito tensore, al quale seguiranno in questo testo altri tensori, quello di deformazione infinitesima, quello di sforzo e altri. Nella relazione dy 5 Fdx, F costituisce loperatore algebrico che applica ogni vettore dx dello spazio dei vettori
infinitesimi dellintorno di origine x nei corrispondenti vettori dy di arrivo. Rinviando ad approfondimenti matematici la nozione completa di tensore, sufficiente in questa sede affermare che il termine tensore utilizzato nel testo per
definire un operatore algebrico lineare che trasforma uno spazio vettoriale V in
un altro spazio vettoriale V9; inoltre, le componenti di un tensore, al cambiare
della base del riferimento, mutano s da rispettare propriet di invarianza del vettore trasformato.
Il gradiente di deformazione F pertanto la matrice (tensore) che, applicata
al generico segmento orientato dx 5 x* 2 x, che esprime la distanza fra due punti
nella configurazione di riferimento, lo trasforma nel corrispondente vettore
dy 5 y* 2 y nella configurazione attuale.
Tramite la (5.8) e (5.9) si ottiene: du 5 Fdx 2 dx 5(F 2 I)dx 5 Hdx che
permette di esprimere lo spostamento del generico punto x* dellintorno infinitesimo di x tramite lo spostamento di x e il gradiente di spostamento
H: u(x*) 5 u(x) 1 H(x 2x*) 1 0(x 2 x*)

Invarianza

(5.10)

in cui lultimo addendo, infinitesimo, nullo nel caso di deformazioni omogenee.


In precedenza (Capitolo 2) si asserito che uno spostamento rigido se e solo
se la deformazione f rappresentabile come composizione di una traslazione u(x)
di un punto generico x e di una rotazione rigida attorno a esso:
y* 5 x* 1 u (x) 1 R (x* 2 x)

Tensori

(5.11)

Spostamento rigido

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330

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Figura 5.5 Dilatazione


lineare nella direzione di x1.
x*

x1*

x1

y*

u1

y1*

Pertanto la traslazione e la rotazione rigida sono deformazioni omogenee ripettivamente con:


F5I

traslazione

F5R

rotazione rigida (R RT 5 I,

det R 5 1)

Tramite lEquazione (5.6) si osserva che il gradiente di deformazione F e il


gradiente di spostamento H differiscono del gradiente della posizione x che
lidentit.
In Figura 5.5 rappresentata una dilatazione semplice secondo lasse x1, ove
per semplicit O ; x ; y; immediato constatare che risulta:
y*1 5 x*1 1 u1 5 l1x*1

Coefficiente di dilatazione
lineare

(5.12)

Nellequazione precedente definito il coefficiente l1, dilatazione lineare, che


rappresenta il rapporto fra la lunghezza del segmento nella configurazione attuale
e quella nella configurazione di riferimento. Nella letteratura tecnica, tuttavia,
viene pi frequentemente utilizzato, come misura della dilatazione lineare, il rapporto e fra la differenza delle lunghezze del segmento nelle due configurazioni e
la lunghezza iniziale. Esso viene chiamato coefficiente di dilatazione lineare; risulta pertanto (Tabella 5.1):
e1 5

(y1* 2 x1*)
u1
5 l1 2 1 5
x1*
x1*

(5.13)

Le prove di trazione di provini elastici prismatici generalmente determinano dilatazione lineare positiva nella direzione di trazione e dilatazione lineare negativa
nelle direzioni ortogonali; tale fenomeno detto contrazione trasversale ed mostrato in Figura 5.6.
La deformazione omogenea risulta in tal caso:
x1
1 1 e11
x1
l1 0 0
0
0
0 S C x2 S
F 5 C 0 l2 0 S C x2 S 5 C 0
1 1 e22
0 0 l3
x3
0
0
1 1 e33
x3

(5.14)

Tabella 5.1 Confronto fra le due diverse espressioni della dilatazione


lineare ln e en 5 ln 2 1.
Dilatazione

ln . 1

en . 0

Moto Rigido

ln 5 1

en 5 0

Contrazione

0 , ln , 1

21, en , 0

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5.1

Spostamento, deformazione finita e infinitesima

Figura 5.6 Deformazione


di un provino prismatico
e contrazione trasversale.

x2

22 02 (< 0)
 02

x1

O
 03

33 03 (< 0)

x3

01

331

11 01 (> 0)

ove F (tensore gradiente di deformazione) risulta diagonale e tutti i termini risultano strettamente positivi. Una deformazione omogenea si definisce dilatazione
(stretch) e si indica con U, se F 5 U risulta simmetrica e definita positiva, secondo
una definizione che verr introdotta nel seguito.
Una trattazione esaustiva della deformazione dei mezzi continui estranea
agli scopi di questo testo e per essa si rimanda a classici trattati di Scienza delle
Costruzioni o pi specificatamente a testi di Meccanica dei Continui. Tuttavia si
ritiene opportuno completare questo paragrafo riportando alcuni risultati notevoli
validi per deformazioni di ampiezza qualunque e quindi ricavare da essi il caso
particolare, ma di principale interesse tecnico, delle piccole deformazioni, di
cui peraltro presentata una trattazione autonoma nel Paragrafo 5.2
Infatti, pur esistendo importanti applicazioni in biomeccanica, nellingegneria
meccanica (per esempio il calcolo delle pale degli elicotteri) e nellingegneria civile (tensostrutture, pneumostrutture ecc.) in cui necessario non introdurre alcuna limitazione sulle entit di queste grandezze, nella maggior parte dei problemi
di interesse applicativo gli spostamenti e le deformazioni sono piccoli. Nella generalit delle strutture il coefficiente di dilatazione lineare en di un qualunque segmento non supera l1% e gli spostamenti sono tali che possibile confondere la
configurazione deformata con quella di riferimento.

Spostamenti e deformazioni finite


Si ricordano i seguenti risultati.

Decomposizione spettrale
Ogni dilatazione pura pu essere ottenuta mediante la successione di tre dilatazioni semplici secondo tre direzioni mutuamente ortogonali (lentit delle
tre dilatazioni e le loro direzioni rappresentano rispettivamente i tre autovalori
e i tre autovettori di U).

Decomposizione polare
Una qualunque deformazione omogenea, con un punto fisso, pu essere ottenuta in modo unico mediante una dilatazione con gradiente U seguita da una

Decomposizione spettrale

Decomposizione polare

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332

Capitolo 5

Meccanica dei continui

rotazione con gradiente R oppure da una rotazione R seguita da una deformazione con gradiente V.
F5RU5VR

(5.15)

Si pu verificare che per quanto riguarda la cosiddetta decomposizione destra


F 5 R U di F, con U simmetrico e definito positivo, risulta
FTF 5 UTRTR U 5 UTU 5 U2

U 5 "FTF

Inoltre per quanto riguarda la decomposizione sinistra F 5 VR di F, con V simmetrico e definito positivo, si ha:
V 5 "FFT

FFT 5 V R RT VT 5 V2

Sicch U e V si ottengono rispettivamente come tensori radici quadrate dei prodotti FTF e FFT.

Misura della deformazione

Dilatazione

Per completare questa succinta analisi delle deformazioni omogenee si ricavano


in funzione del gradiente di deformazione F e della dilatazione U come variano
langolo compreso fra due segmenti qualunque e la loro dilatazione, al variare
della direzione (Figura 5.7).
Si consideri un generico segmento orientato (x* 2 x) nella configurazione di
riferimento avente modulo )x* 2 x) e direzione n; nella configurazione attuale
esso si trasforma nel segmento (y* 2 y) di modulo )y* 2 y) e direzione m.
In virt della (5.12) la sua dilatazione vale:
ln 5

n5

0 y* 2 y0
0x* 2 x0

(5.16)

ove il pedice n indica la dipendenza dalla direzione; elevando al quadrato la relazione precedente, tenendo successivamente conto che le direzioni (i versori)
hanno modulo unitario, , e dellEquazione (5.9) si ha:

1x* 2 x2
0x* 2 x0

x3

x*x*

e3
e1

e2

y*

x1

Figura 5.7 Dilatazione del segmento x*x e variazione dellangolo u0.

n
s

x2

0 : configurazione di riferimento
: configurazione attuale

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5.1

l2n 5

1y* 2 y2 T 1y* 2 y2

1x* 2 x2 T 1x* 2 x2

Spostamento, deformazione finita e infinitesima

1F1x* 2 x2 2 T F1x* 2 x2
0x* 2 x0 T 0x* 2 x0

333

5 nTFTF n (5.17)

Infine, ricordando che R ortogonale (R RT 5 I) si ha il risultato cercato:


ln 5 3 1R Un2 T 1R Un2 4 2 5 (nTUTUn)2 5 0 Un0

(5.18)

en 5 (nTFTF n)2 2 1 5 0U n 0 2 1

(5.19)

e
1

u0

Per calcolare la variazione dellangolo fra le due direzioni n e s che per effetto
della deformazione si trasformano rispettivamente nei vettori m e r (Figura 5.7),
si ricordi che dalla definizione di prodotto scalare risulta:
cos u 5

mTr
0m0 0r 0

Variazione dellangolo

(5.20)

Pertanto, poich per la (5.9) si ha m 5 Fn e r 5 Fs, risulta:


cos u 5

1Fn2 T 1Fs 2
nTU2s
5
ln ls
lnls

(5.21)

Nel caso generale delle deformazioni finite lo stato di deformazione completamente noto se sono note le 6 componenti del tensore U (5.19).

Tensore di Deformazione Finita di Green-Lagrange


Si vuole ora determinare la variazione della metrica quadratica dellintorno di x
dovuta alla deformazione, in termini relativi rispetto a quella originaria. Verranno
inoltre introdotti i coefficienti di variazione lineare, volumetrica e superficiale costituenti le principali misure della deformazione nelle tre dimensioni. Si consideri
il vettore dx 5 x* 2 x appartenente allintorno di x, esso per la deformazione si
trasforma nel vettore dy 5 y* 2 y a mezzo della (5.9) dy 5 Fdx. Siano dl e dl9
le ampiezze di dx e dy ottenibili rispettivamente da dl2 5 dxTdx e dl92 5 dyTdy.
La metrica quadratica varia fra @0 e @ a causa della deformazione, ed valutabile
tramite il passaggio al limite per dl S 0 della quantit:

Cambio della metrica


quadratica degli intorni

dxTFT F dy 2 dxTdx
dyTdy 2 dxTdx
dl9 2 2 dl2
5
5
5
2
T
dl
dx dx
dxTdx
dxT 3(I1=uT)(I1=u)4dx2dxTdx dxT 3 =uT1=u1=uT =u)4dx
5
5 (5.22)
5
dxTdx
dxTdx
5

dl2 nT 3 =uT 1 =u 1 =uT =u)4n


dl2

5 nT2D n

Il cambio delle dimensioni dei segmenti appartenenti allintorno di x, primo carattere definitorio della deformazione, dipende dunque solo dalla loro direzione
n tramite il tensore D di deformazione finita di Green-Lagrange, simmetrico, definito dalla (5.22) che con facili sviluppi si scrive:
D 5 3dij 4 5

1
1
3 =u 1 =uT 1 =uT =u)4 5 (FTF 2 I) 5
2
2

3
0uj
0uk 0uk
1
1 0ui
5 (UTU 2 I) 5 c
1
1 a
d
2
2 0xj
0xi
k51 0xi 0xj

(5.23)

Tensore di deformazione finita


di Green-Lagrange

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334

Capitolo 5

Meccanica dei continui

e si esplicita:

2
2
2

u1 + 1 u1 + u2 + u3 1 u1 + u2 + u1 u1 + u2 u2 + u3 u3
x1 2 x1 x1 x1 2 x2 x1 x1 x2 x1 x2 x1 x2

2
2
2
u2 1 u1 u2 u3

+ + +
D=

x2 2 x2 x2 x2

1 u1 u3 u1 u1 u2 u2 u3 u3
+
+
+
+
2 x3 x1 x3 x1 x3 x1 x3 x1

1 u2 u3 u1 u1 u2 u2 u3 u3
+
+
+
+
2 x3 x2 x2 x3 x2 x3 x2 x3

2
2
2

u3 1 u1 u2 u3
+ + +
x3 2 x3 x3 x3

(5.24)

Il tensore D simmetrico e dipende dalle sole sei quantit indipendenti fra le dij
riportate nella (5.24), le quali a loro volta dipendono dalle componenti del gradiente di spostamento H.

Coefficiente di variazione lineare secondo la direzione n


Coefficiente di variazione
lineare
 en 5


dl9 2 dl
dl

dl9
5 "1 1 nT2D n
dl

Con riferimento alla trasformazione di dx in dy dovuta alla deformazione, il coefficiente di variazione lineare in x secondo la direzione n stato gi definito
tramite la .
Esso si pu calcolare agevolmente a mezzo della (5.22) che fornisce: , grazie
alla quale si ottiene
en 5

dl9
2 1 5 "1 1 nT2D n 2 1
dl

(5.25)

equivalente alla (5.19). Volendo per esempio calcolare en per la direzione


e1 5 [1 0 0]T del primo asse coordinato, tramite la (5.25) si ha:
 V0 1v2 5 3 dV 5
v

5 3 dx1dx2dx3

d11 d12 d13 1


31 0 04 C ? d22 d23 S C 0 S 5 d11 S
?
? d33 0
T

e1 5 "1 1 eT1 2D e1 2 1 5 "2d11 1 1 2 1

Variazione volumetrica
 V 5 3 dV 5
v9

5 3 J dx1dx2dx3 5
v

5 3 det 1 =u1I2 dx1dx2dx3


v

V 2 V0 5 3 3 det 1 =u 1
v

1 I2 2 14 dx1dx2dx3

Variazione volumetrica
Nella configurazione iniziale @0 si consideri lintorno v del punto x, avente volume . A seguito della deformazione lintorno v si trasforma in quello v9 avente
volume , in cui opera lo Jacobiano della deformazione (5.4), potendo considerare le Equazioni (5.2) della deformazione alla stregua di equazioni di un cambio
di coordinate nella trasformazione dal dominio @0 a quello @. Dallultima relazione sopra scritta si evince che il determinante Jacobiano, esprimibile come
J5

V
V0

(5.26)

rappresenta il rapporto fra il volume dellintorno infinitesimo deformato in @


contenente y e quello indeformato corrispondente in @0 contenente x: sotto lipotesi che a volumi finiti in @0 corrispondano volumi finiti in @, consegue la condizione di positivit per lo Jacobiano J . 0 gi invocata precedentemente. La variazione di volume dellintorno vale dunque , e permette di definire nel punto

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 335

5.1

Spostamento, deformazione finita e infinitesima

335

j Approfondimento 5.1
Deformazione delle superfici
Nella configurazione iniziale @0 si consideri un elemento infinitesimo di superficie di area ds, di contorno regolare, contenente il punto x, e sia n il versore
della normale uscente da ds, sicch si possa assumere
ds 5 ds n come vettore rappresentativo della superficie orientata scelta. Sia inoltre dx un vettore per x
coassiale con n. Il cilindretto di base ds e generatrice
dx ha volume dv 5 dx ? ds.
m

ds
x

dS

dS 5 J1FT 2 21 # ds

(AP5.1)

La (AP5.1) la cosiddetta Formula di Nanson che


fornisce la relazione fra i vettori rappresentativi degli
elementi di superficie della configurazione @0 e quelli corrispondenti nella configurazione @.
Poich dS 5 m dS 5 J(FT)21 ? ds larea dS della
superficie trasformata si ottiene calcolando il modulo
di dS:
dS 5 "dST # dS 5 "m # m dS2 5

x3
O

ove m il versore della normale alla superficie trasformata avente area dS. Il volume dv si trasforma
dunque nel volume dV 5 dy ? dS. Grazie alla (5.26)
risulta dy ? dS 5 J dx ? ds, e per la (5.9) da cui consegue:

5 "J2(dsTF21) # 3(FT)21 # ds4 5

x2

x1

(AP5.2)

5 "J2ds2(nTF21) # 3(FT)21 # n4
Figura AP5.1

Il coefficiente di variazione superficiale vale pertanto

A seguito della deformazione, i vettori dx e ds appartenenti a @0 siano trasformati rispettivamente nei


vettori appartenenti a @: dy 5 F dx e dS 5 m dS,

cs5

dS2ds
5"J2(nTF21) # 3(FT)21 # n421 (AP5.3)
ds

x la variazione volumetrica specifica , detta anche dilatazione volumetrica, tramite la funzione integranda
c 5 det (=u 1 I) 2 1 5 J 2 1

(5.27)

la quale costituisce la variazione specifica di volume. A valori positivi di c corrispondono dilatazioni volumetriche, a valori negativi contrazioni. Se c nullo la
trasformazione a volume costante, o isocora.

Deformazioni piccole
Per gran parte delle ordinarie applicazioni tecniche nelle quali la deformazione del
solido strutturale non ne modifica sensibilmente la geometria, si pu fare lipotesi
di piccole deformazioni, sotto la quale si conseguono importanti semplificazioni
della teoria della deformazione. Lipotesi di deformazioni piccole o infinitesime che si adotta qui risiede nellimporre un maggiorante d (positivo) e molto piccolo rispetto allunit a tutte le componenti del gradiente di spostamento H.

Variazione volumetrica
c5

V 2 V0
dV
5
V0
V0

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 336

336

Capitolo 5

Meccanica dei continui

0ui
` 6 d V 1, d[R 1
0xj

(5.28)

La relazione precedente equivalente a imporre che il modulo dellautovalore di


modulo massimo di H sia minore di d (per esempio ,0.01), e prescrive che tutte
le derivate del vettore spostamento u siano piccole limitando cos anche le rotazioni rigide.
Sotto questa ipotesi si pu mostrare che sufficiente conoscere E, parte simmetrica di H, per valutare con sufficiente approssimazione la dilatazione lineare
e le altre misure di variazione angolare, volumetrica e superficiale dovute alla
deformazione.
0u1
0x1

1 0u1
1
a
2 0x2
1H1HT 2
0u2
0u2
1 0u1
5F a
1
b
E5
2
2 0x2
0x1
0x2
0u3 1 0u2
1 0u1
a
1
b a
1
2 0x3
0x1 2 0x3
e in componenti, nella forma indiciale

1
 E 5 1 =u 1 =uT 2 5
2
0uj
1 0ui
5 c
1
d
2 0xj
0xi

Tensore di deformazione
infinitesima

0u3
0u2 1 0u1
1
b
b a
0x1
0x1 2 0x3
0u3
1 0u2
a
1
bV
2 0x3
0x2
(5.29)
0u3
0u3
b
0x3
0x2

1
eij 5 (ui,j 1 uj,i)
2

(5.30)

Infatti, sotto lipotesi (5.28), nelle componenti del tensore di deformazione finita
D (5.24) si possono ritenere trascurabili tutti i termini costituiti da prodotti di
due componenti di H o da loro quadrati rispetto a quelli lineari, talch D (5.23)
viene rappresentato dalla sua parte linearizzata  costituente la parte simmetrica di H.
Per questa ragione E viene denominato tensore delle piccole deformazioni o
di deformazione infinitesima.
Qui di seguito vengono specificate le particolarizzazioni delle misure della
deformazione gi presentate, sotto lipotesi di piccole deformazioni.

Coefficiente di dilatazione lineare




en 5 "1 1 nT2E n 1 1
 (en 1 1)2 5

e2n

1 2en 1 1 5

5 1 1 nT2E n

Il coefficiente di dilatazione lineare secondo la direzione n fornito dalla (5.25)


diventa:  e per quadratura si ottiene: . Trascurando il termine en2 in quanto
infinitesimo di ordine superiore, si ottiene lespressione del coefficiente di dilatazione lineare in teoria infinitesima:
en 5 nTEn

Tramite la (5.31) si pu dedurre il coefficiente di dilatazione lineare per la direzione del generico asse coordinato ei:
e1i
0u1
exi 5 ei # E ei 5 ei # e2i 5 eii 5
0x1
e3i

Dilatazione lineare

(5.31)

(5.32)

dalla quale risulta che le componenti appartenenti alla diagonale principale del
tensore di deformazione infinitesima rappresentano ordinatamente i coefficienti
di dilatazione lineare degli assi coordinati.

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 337

5.1

Spostamento, deformazione finita e infinitesima

Scorrimento angolare fra direzioni ortogonali


Si considerino in @0 due vettori dxm 5 dlmm, dxn 5 dlnn per x, coassiali con i
versori m e n fra loro ortogonali (m ? n 5 0). Per effetto della deformazione i due
vettori si trasformano rispettivamente in dym 5 dlmm 5 dlmFm, dyn 5 dlnn 5 dlnFn,
appartenenti a @ aventi le direzioni m, n e formanti fra loro langolo q (Figura 5.8).
Si definisce scorrimento fra le direzioni m e n, langolo , differenza fra gli
angoli formati prima e dopo la deformazione. Al fine di dedurre langolo q, quindi
gmn, si effettua il prodotto scalare fra i vettori dym, dyn, ottenendo, grazie allipotesi di piccolezza di gmn:
dym # dyn 5 dlmdln cos q 5 dlmdln sen gmn 5 dlmdlngmn

 gmn 5

p
2q
2

(5.33)

ma daltro canto, grazie al risultato


FTF 5 1I 1 =uT 2 1I 1 =u2 5 I 1 =u 1 =uT 1 =uT =u>I 1 =u 1 =uT 5
5 I 1 2E
poich risulta mT ? n 5 0, si ha:
dym # dyn 5 dlmdln F m # F n 5 dlmdln mTFTF n 5 dlmdlnmT2E n (5.34).
Il confronto fra le (5.33) e (5.34), grazie alle (5.25) conduce alla:
gmn 5

dlm dln T
1 1 T#
1
1
m # 2E n 5
m 2E n 5
mT # 2E n
dlm dln
lm ln
(em 1 1) (en 1 1)

che in forza delle ipotesi della trattazione infinitesima permette di ottenere il valore
dello scorrimento cercato:
gmn 5 mT # 2E n

(5.35)

Tramite la (5.35) si possono dedurre gli scorrimenti fra le direzioni degli assi coordinati ei, ej, ove i ? j:

gmn
n
m
dxn

x
x3
O
x1

x2

dxm

Scorrimento fra direzioni


ortogonali

Figura 5.8

n
dyn
q
dym

Scorrimento fra gli assi


coordinati

337

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 338

338

Capitolo 5

Meccanica dei continui

e1j
gij 5 ei # 2E ej 5 ei # 2 e2j 5 2 eij
e3j

(5.36)

dalla quale risulta che le componenti fuori diagonale principale del tensore di deformazione infinitesima rappresentano la met degli scorrimenti fra gli assi corrispondenti ai pedici.

Variazione volumetrica

Variazione voumetrica


0ui
0xj

Si gi mostrato (5.27) che la variazione volumetrica del solido dovuta alla deformazione, dipende dalla funzione c 5 det=F 2 1 5 det(=u 1 I) 2 1 5 J 2 1.
Con riferimento allespressione (5.5) del gradiente di deformazione, sotto lipotesi
di piccole deformazioni che nello sviluppo del determinante consente di trascurare
i termini provenienti da prodotti di due o tre derivate come le , rispetto a quelli
lineari, lo sviluppo della dilatazione volumetrica c vale:
c5

g12 g13
2 2
g23
g12
E5F
V
e22
2
2
g13 g23
e33
2 2
e11

Trattazione infinitesima
della deformazione

Piccole deformazioni
Piccoli spostamenti

0u3
0u1
0u2
1
1
5 e11 1 e22 1 e33 5 trE
0x1
0x2
0x3

(5.37)

e risulta uguale alla divergenza del campo di spostamento c 5 div u.


I risultati ottenuti consentono di scrivere il tensore E anche nella forma seguente: .
Gli elementi in diagonale principale della (5.39) sono le dilatazioni lineari
nelle direzioni degli assi, quelli fuori diagonale sono la met degli scorrimenti
angolari fra le coppie di assi del riferimento.

5.1.2 Trattazione infinitesima della deformazione


a) Negli elementi resistenti delle macchine e delle costruzioni le deformazioni, ovvero la dilatazione lineare di un qualunque segmento e la variazione dellangolo
compreso fra 2 segmenti generici, sono in genere molto piccole, minori dell1%.
b) Inoltre, a meno di un moto rigido di traslazione, anche lo spostamento di un
qualunque punto per effetto della variazione di forma del solido risulta molto
minore di una prefissata dimensione caratteristica dellelemento resistente. Sotto le ipotesi a) e b) rispettivamente dette di deformazioni piccole e di spostamenti
piccoli, possibile semplificare notevolmente lanalisi della deformazione linearizzando la cinematica del problema, nellambito della teoria infinitesima.
In questambito, lo spostamento di un intorno infinitesimo di x pu essere ottenuto
sommando allo spostamento dellorigine il contributo dovuto alla rotazione del
corpo e alla deformazione pura. Nel caso delle deformazioni di ampiezza finita
questa sovrapposizione dei diversi contributi non possibile e occorre utilizzare
il teorema di decomposizione polare.
Lo spostamento di un punto x* dellintorno di x, in deformazione infinitesima
pu dunque essere scritto [Equazione (5.10)], nella forma:
u(x*) 5 u(x) 1 H(x* 2 x) 1 O(x* 2 x) 5

(5.38)

5 u(x) 1 W(x* 2 x) 1 E(x* 2 x) 1 O(x* 2 x)


ove il gradiente di spostamento H viene decomposto nella somma della sua parte
simmetrica E e di quella antisimmetrica W (decomposizione additiva):
H5E1W

(5.39)

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 339

5.1

Spostamento, deformazione finita e infinitesima

La parte simmetrica, , (5.30) rappresenta il tensore di deformazione infinitesima,


mentre la parte antisimmetrica, , di componenti  rappresenta il tensore di rotazione rigida infinitesima, gi introdotto in precedenza nel Capitolo 2. Poich E
un tensore simmetrico, eij 5 eji, nel seguito si scriver indifferentemente e12,
e13 ed e23 al posto rispettivamente di e21, e31 ed e32.
La (5.38), per una deformazione omogenea infinitesima, che presenta costanti
i tensori E, W, implica che, a meno di infinitesimi di ordine superiore, lo spostamento di un qualunque punto x* dellintorno infinitesimo di x possa essere rappresentato dalla somma, indipendentemente dallordine, della traslazione u(x)
dellintorno di x, dello spostamento
uR 5 W(x* 2 x)

(5.40)

339

Tensore di rotazione
infinitesima
E5

1
(H 1 HT)
2

W5

1
(H 2 HT)
2

 vij 5

1
1u 2 uj,i 2
2 i,j

connesso con la rotazione rigida dellintorno intorno a x e dello spostamento da


deformazione pura
ue 5 E(x* 2 x)

(5.41)

u(x*) 5 u(x) 1 uR 1 ue 5 u(x) 1 W(x* 2 x) 1 E(x* 2 x)

(5.42)

secondo la

Nel seguito vengono svolti alcuni esempi per illustrare il significato geometrico delle
componenti di E, dilatazione lineare, scorrimento angolare, variazione volumetrica.

j Esempio 5.1

Si consideri (Figura 5.9a) il seguente campo di spostamento:


u1 5 c1 x1

u2 5 0

u3 5 0

(5.43)

in cui il vettore u giace nel piano parallelo al piano x3 5 0.


facile verificare che [Equazione (5.7)] la deformazione qui introdotta omogenea:
c1
E5H5 0
0

0
0
0

0
0
0

(5.44)

W5O

Si consideri il segmento AP parallelo allasse x1 di lunghezza ,01. Nella deformazione il punto P si sposta in P*. La dilatazione lineare, che rappresenta il rapporto fra la variazione di lunghezza del segmento PP* 5 u1 e la lunghezza iniziale
,01, grazie alla (5.13) vale:
x2
P*

x2

0
11 = c1 0 1
1

Q*

0
22 = c2 0 2
2

u2 = c2 02
Q
02

x1
01

u1 =
a)

c1 01
b)

x1

Figura 5.9 Dilatazione


volumetrica.

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 340

340

Capitolo 5

Meccanica dei continui

e11 5

c1 # ,01
5 c1
,01

(5.45)

Analogamente, se si considera il campo di spostamento di Figura 5.9b con il


segmento BQ parallelo allasse x2, si ha la dilatazione lineare e22 e il tensore di
piccole deformazioni:
0
E 5 H 5 0
0

0
e22
0

0
0
0

ove

e22 5

c2 # ,02
5 c2
,02

(5.46)

Pertanto i termini sulla diagonale principale di E (e di H) rappresentano le dilatazioni lineari dei segmenti paralleli agli assi coordinati.

j Esempio 5.2

Si consideri (Figura 5.10) la deformazione omogenea che trasforma un cubo di


lato ,0 in un parallelepipedo retto. Tale deformazione pu essere riguardata come
derivante dalla sovrapposizione di tre dilatazioni lineari e11, e22, e33 degli assi
del riferimento.
Si gi definita dilatazione volumetrica (o cubica) il rapporto:
V 2 V0
5 det 1 =u 1 I2 2 1
V0

c5

(5.47)

dove V0 e V sono i volumi, rispettivamente, nella configurazione di riferimento


@0 e in quella attuale @.
Essendo i termini quadratici e cubici in eii trascurabili rispetto a quelli lineari, risulta:
c5

(1 1 e11)(1 1 e22)(1 1 e33) ,30 2 ,30


,30

>e11 1e22 1e33 5tr E

(5.48)

A seconda del segno assunto dagli elementi diagonali di E si potr verificare


una contrazione volumetrica, c , 0, o un aumento di volume, c . 0. In certe
Figura 5.10

x3

33 0

0

x2

O
0

11 0
x1

0

22 0

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 341

5.1

Spostamento, deformazione finita e infinitesima

341

condizioni sono possibili dilatazioni lineari eii non nulle con dilatazione volumetrica nulla; ovviamente in tal caso si ha:
c 5 e11 1 e22 1 e33 5 0

j Esempio 5.3

Scorrimento angolare
Si gi definito scorrimento angolare gij la variazione (cambiata di segno) dellangolo inizialmente retto fra due assi ortogonali di versori ei ed ej di entit g
nella configurazione attuale:
gij 5

p
2u
2

(5.49)

Si consideri la deformazione che pu essere osservata sperimentando a torsione


un cilindro (di materiale isotropo e omogeneo) a sezione circolare bloccato torsionalmente alla base inferiore, cui viene imposta una rotazione u attorno allasse
della base superiore (Figura 5.11).
Lo spostamento di ogni punto della superficie laterale, nel piano tangente
(Figura 5.11c) risulta:
u1 5 g12 x2

u2 5 0

u3 5 0

(5.50)

e pertanto, si ha:
0
0 g12 0
E1 g
H 5 0 0 0 E 5
2 12
0 0 0
0

1
g 0
2 12
0
0

1
0U W 5 E2 g12
2
0
0

1
g 0
2 12
0

0U (5.51)

x2

e2

e2
e1

a)

Figura 5.11 Scorrimento angolare.

e1

b)

x1

c)

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 342

342

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Figura 5.12 Deformazione


di scorrimento puro.

x2

12  0
C*

12  0

12  0
B

B*

12
2
 0 x2
12
2

A*

12  0
0

 0 x2

x1

Si consideri inoltre il campo di spostamenti dovuto alla deformazione pura


[Equazione (5.41)], e rappresentato in Figura 5.12.
Esso differisce dal precedente per una rotazione rigida attorno allasse x3.
Nellipotesi di piccole deformazioni si ha:
tan

g12 g12
>
5 e12
2
2

(5.52)

da cui emerge il significato geometrico dellelemento e12 di E che rappresenta


la met dello scorrimento angolare g12. In questo caso vale la pena di osservare
che la dilatazione lineare dellelemento OA vale:
e11 5

"1 1 e212 # ,0 2 ,0
OA* 2 OA
5
>0
,0
OA

(5.53)

essendo 1 1 e212 > 1 per ipotesi. Pertanto lunica deformazione quella angolare
e, in tal caso, anche la dilatazione volumetrica risulta nulla.

Dilatazione lineare di un segmento avente direzione


qualunque
Per semplicit si consideri, Figura 5.13, il segmento OP avente origine nellorigine
degli assi O, modulo unitario e versore n 5 [n1, n2, n3]T. Nella deformazione
omogenea infinitesima (5.41) definita da E lo spostamento di P vale
u 5 En

(5.54)

La dilatazione en del segmento unitario (Figura 5.13) vale pertanto la componente


dello spostamento nella direzione n:
en 5 nTEn

(5.55)

Pertanto, noto E, tensore di deformazione infinitesima, noto come varia langolo


fra due segmenti paralleli agli assi coordinati, come varia la loro lunghezza e quanto

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 343

5.1

Spostamento, deformazione finita e infinitesima

343

Figura 5.13 Dilatazione


secondo una direzione
generica.

x3

n
P

x2

x1

vale la dilatazione di un generico segmento della stella di centro O nonch la variazione volumetrica. E contiene dunque tutte le misure della deformazione:
e11
e11 e12 e13
g12
E 5 e12 e22 e23 5 F
2
e13 e23 e33
g13
2

g12 g13
2 2
g23
e22
V
2
g23
e33
2

(5.56)

Si osservi infine che in generale, qualora siano non nulli gli scorrimenti, E trasforma
(Figura 5.14) un cubo in un parallelepipedo che non n retto n rettangolo.

Rotazioni rigide infinitesime


Per completare linterpretazione della (5.40) si consideri il campo di spostamento:
u1 5 2w3x2

u2 5 w3x1

u3 5 0

(5.57)

Figura 5.14 Deformazione


di un elemento cubico.

x3

x1

x2

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 344

344

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Figura 5.15 Rotazione


rigida infinitesima attorno
allasse x3.

x2
0
C* 21 = 30

21 0 = 30
B*

210 = 30
B

0
A*
210 = 3 0

3
O

1
v125 (u1,22u2,1)52w3
2

0

x1

ove per semplicit si posto x coincidente con lorigine O che si considera fissa.
Per il campo (5.57) corrispondente a una rotazione rigida, facile verificare
che E 5 O, mentre W ? O, essendo . Il campo (5.57) lo spostamento prodotto
da una rotazione rigida infinitesima w3 nel piano (x1, x2) attorno allasse x3, (Figura
5.15) che per il generico punto
x 5 [x1, x2]T 5 ,0[cosa, sena]T

(5.58)

vale
u1 5 2w3,0 sena > 2w3x2,

u2 5 w3,0 cosa > 2w3x1

(5.59)

Generalizzando alle rotazioni w1 e w2 intorno agli assi x1 e x2, il tensore antisimmetrico W diviene:
0 v12 v13
0 2w3 w2
W 5 v21 0 v23 5 w3
0 2w1
v31 v32 0
2w2 w1
0

(5.60)

dunque equivale al vettore assiale di rotazione w 5 [w1, w2, w3]T.


Ne risulta dunque dimostrato che W 5 antisymm =u responsabile dellatto
di moto di rotazione rigida infinitesima dellintorno.

Deformazioni e direzioni principali


Direzioni principali
della deformazione

Deformazioni principali

Si definiscono direzioni principali della deformazione le direzioni degli assi non


modificate dal campo di spostamento da deformazione pura ue 5 E(x* 2 x) (5.41)
e che quindi non subiscono alcuno scorrimento mutuo. Si dimostra che nella base
principale E ha la forma diagonale.
Le dilatazioni lineari a esse associate prendono il nome di deformazioni principali, o dilatazioni principali. La determinazione delle direzioni e dilatazioni
principali per un assegnato tensore E nel sistema di riferimento (O, x1, x2, x3) pu
essere effettuata a partire dalla definizione per la quale segmenti paralleli alle direzioni principali si dilatano senza ruotare.
Si consideri pertanto un segmento uscente da O individuato dal suo versore
n. Conformemente allEquazione (5.41) lestremo P del segmento di modulo unitario (Figura 5.16) subisce uno spostamento u 5 En.
Tra tutti i vettori della stella per O le direzioni principali presentano unicamente
una dilatazione lineare, ovvero il loro spostamento sar in direzione n, pertanto:
u5en

(5.61)

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 345

5.1

Spostamento, deformazione finita e infinitesima

Figura 5.16 Direzioni


principali della
deformazione.

x3

m
Q

m
u = n

n
P
O

x2

x1

essendo e la dilatazione lineare corrispondente. Per tali elementi quindi si ha:


u 5 En 5 e n

(5.62)

Le tre componenti, o coseni direttori, del versore n, che ha modulo unitario, devono essere soluzioni non nulle (non banali) del sistema di equazioni lineari omogenee seguente, ove si tenuto conto che n 5 In:
(E 2 eI) n 5 0

(5.63)

La ricerca delle dilatazioni principali e delle corrispondenti direzioni principali


corrisponde dunque alla soluzione del problema agli autovalori in forma standard
(5.63). Il problema, come noto, ammette tre soluzioni (autovalore autovettore)
che vengono ottenute imponendo che sia soddisfatta lequazione caratteristica
che esprime la condizione di esistenza di soluzioni non banali per le incognite n
presenti nellequazione omogenea (5.63):
det (E 2 eI) 5 2 e3 1 I1e2 2 I2 e 1 I3 5 0

Problema di autovalori
Equazione caratteristica

(5.64)

dove:
I1 5 e11 1 e22 1 e33 5 c 5 eii
I2 5 e11 e22 1 e11 e33 1 e22 e33 2 e122 2 e132 2 e232 5 12(eii ejj 2 eij eji) (5.65)
I3 5 det E 5 e11 e22 e33 1 e12 e23 e31 1 e13 e21 e322 e13 e22 e31 2 e11 e23 e32 2 e12 e21 e33
sono funzioni delle componenti di E dette invarianti di deformazione poich risultano indipendenti dal riferimento scelto.
Le tre soluzioni dellequazione cubica (5.64), detta equazione caratteristica,
sono le dilatazioni principali cercate e possiedono le seguenti propriet che per
brevit non vengono dimostrate:

esse sono, come richiesto dal problema, numeri reali in virt della simmetria
di E;
la pi grande e la pi piccola delle dilatazioni principali costituiscono rispettivamente le dilatazioni massima e minima fra tutte quelle esistenti lungo i
vettori della stella in O (ci sottolinea la loro importanza).

Elencandoli in ordine decrescente si denotano i tre autovalori o deformazioni principali del problema (5.63)

Invarianti di deformazione

345

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 346

346

Capitolo 5

Meccanica dei continui

eI > eII > eIII

(5.66)

a essi corrispondono i tre versori (autovettori) nI, nII, nIII che individuano nello
spazio le tre direzioni principali di deformazione.
Data linvarianza delle (5.65) si ha:
e11 1 e22 1 e33 5 eI 1 eII 1 eIII

(5.67)

I3 5 det E 5 eI 1 eII 1 eIII

(5.68)

Per determinare il versore n di una direzione principale necessario sostituire la


corrispondente dilatazione e nel sistema omogeneo (5.63), che risulta di rango 2,
e risolvere nei tre coseni direttori, ponendo lulteriore condizione che n abbia modulo unitario:
n21 1 n22 1 n23 5 1

j Esempio 5.4

(5.69)

Stato di deformazione biassiale o piana


Sia assegnato uno stato di deformazione piana che comporti unicamente spostamenti nel piano (x1, x2) essendo u3 nullo; di conseguenza tutte le componenti di
deformazione ei,3 risultano nulle e il sistema di equazioni lineari (5.63) diviene:
e11 2 e
e12
0
n1
e12
e22 2 e
0 n2 5 0
0
0
0 2 e n3

(5.70)

Gli invarianti della deformazione non nulli sono dati da:


I1 5 e11 1 e22
Stato piano di deformazione

2
I2 5 e11e22 1 e12

(5.71)

Si osservi che la condizione I3 5 0 caratterizza un qualunque stato di deformazione piana. La condizione I3 5 0 equivale al fatto che una dilatazione principale
nulla, nel senso che condizione necessaria e sufficiente perch lo spostamento, nellintorno, appartenga a un piano. Grazie alla (5.68) possibile inoltre mostrare come lo spostamento avvenga nel piano ortogonale alla direzione principale a dilatazione nulla.
LEquazione (5.64) ha le seguenti soluzioni, nellipotesi in cui le soluzioni
non nulle siano di segno opposto per non contraddire lordine assunto:
eI,III 5

e11 1 e22 ; "(e11 2 e22)2 1 4e212


2

eII 5 0

(5.72)

Sostituendo eI o eIII nel sistema (5.70) si ricava dallultima riga n3 5 0 e sostituendo a essa la (5.69) il sistema diviene:
(e11 2 eI,III) n1 1 e12n2 5 0
e12n1 1 (e22 2 eI,III) n2 5 0
n21 1 n22 5 1
e ammette le soluzioni:

(5.73)

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 347

5.1
1

nI5 ; e c 1 1 a

eI2e11 2 22
b d ,
e12

nIII5 ; e c 11 a

2 21
2

eIII2e11
b d
e12

Spostamento, deformazione finita e infinitesima


1

eI2e22
eI2e11 2 22
b # c 11 a
b d ,
e12
e12

0f

347

(5.74)

2 21
2

eIII2e22
eIII2e11
b # c 11 a
b d
e12
e12

0f

ove, come noto dal corso di Geometria, la direzione individuata a meno del
verso.
Viceversa, alla soluzione eII 5 0 corrisponde n3 5 1, ossia lasse x3.

j Esempio 5.5

Deformazione di scorrimento puro


Si consideri (Figura 5.17) un quadrato con centro nellorigine e lati paralleli agli
assi coordinati e di lunghezza 2,0 e se ne analizzi la deformazione omogenea
di scorrimento semplice (si consulti anche lEsempio 5.15).
Come visto in precedenza il tensore di deformazione infinitesima E risulta:
0 e12 0
E 5 e12 0 0
0 0 0

(5.75)

Essendo nulli il primo e il terzo invariante, lequazione caratteristica diviene:


e3 2 e212e 5 0

(5.76)

immediato calcolare le dilatazioni principali, che risultano:


eI 5 e12

eII 5 0

eIII 5 2e12

(5.77)

mentre le corrispondenti direzioni principali sono

12
0
2
x2

12
0
2

A*

0

B*

A*

12
0
2

0

Figura 5.17 Deformazione


di scorrimento puro.

12
0
2

x1

B*

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 348

348

Capitolo 5

Meccanica dei continui

nI 5 ; c

T
"2 "2
,
, 0d
2
2

nIII 5 ; c 2

T
"2 "2
,
, 0 d (5.78)
2
2

e corrispondono alle bisettrici degli assi di riferimento.


Elementi paralleli agli assi hanno dilatazione nulla e scorrimento angolare
g12 5 2e12. I segmenti diagonali pertanto si allungano e accorciano senza per
presentare alcuno scorrimento angolare giacendo lungo due direzioni principali.
immediato verificare che il segmento AA9 di lunghezza 2V2,0 si trasforma
in A*A9* di lunghezza:
A*A9* 5 2"211 1 e12 2,0

(5.79)

mentre BB9 si trasforma in B*B9* di lunghezza:


B*B9* 5 2"2 11 2 e12 2 ,0

(5.80)

Allo stesso risultato si perviene applicando lEquazione (5.80) e considerando


le direzioni principali.

Dipendenza di E dal sistema di riferimento

p5 c

p1
, cos a
d 5 c
d
p2
, sen a

La ricerca degli assi principali rispetto a un riferimento assegnato evidenzia come


al ruotare degli assi coordinati il tensore E modifichi le sue componenti. Per la
trattazione generale dellargomento si consulti il Paragrafo 5.4.8; qui ci si limita
a fornire le equazioni della trasformazione nel caso piano. Per determinare come
la medesima deformazione sia rappresentata da E rispetto al nuovo sistema di riferimento (O, x91, x92, x93) si consideri il vettore p nel riferimento iniziale descritto
invece da p9 nel riferimento ruotato di w (Figura 5.18).
Nel riferimento (O, x1, x2) si ha: . Nel riferimento (O, x91, x92, x93) ruotato
dellangolo w rispetto a quello iniziale, si ha:
p95 c

, cos (a2w)
, cos a cos w1, sen a sen w
cos w sen w
p1
d5c
d 5c
dc d
, sen (a2w)
2, cos a sen w1, sen a cos w
2 sen w cos w p2

che si scrive in sintesi:


p9 5 Rp

Figura 5.18 Rotazione


del sistema di riferimento.

x2

x2
p2

sen

p2

p1

os

p1

(5.81)

sen

p1

p2

p2 cos

x1


p1

()

p1

x1

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 349

5.1

Spostamento, deformazione finita e infinitesima

349

dove R il tensore di rotazione sopra definito.


Analogamente, fra i due vettori spostamento u e u9 sussiste la relazione
u9 5 Ru

(5.82)

Poich una deformazione pura omogenea caratterizzata dallo spostamento da


deformazione pura u 5 Ep (5.41) e, ricordando che R un tensore ortogonale
(R21 5 RT), segue che:
u 5 RT u9 5 E RT p9

(5.83)

premoltiplicando entrambi i membri della seconda uguaglianza per R si ha:


u9 5 (R E RT)p9

(5.84)

da cui si ottiene la relazione cercata nella forma:


E9 5 R E RT

(5.85)

la quale esprime il tensore di deformazione nel nuovo riferimento.


Si noti che il tensore R sopra definito il trasposto di quello che tramite la
(2.2) descriveva la rotazione di un vettore rispetto al riferimento.
j Esempio 5.6

Deformazione biassiale o piana


Si consideri, come nellEsempio 5.1, una deformazione biassiale ove tutte le
componenti di deformazione ei,3 risultino nulle, dunque caratterizzata dal seguente tensore E:
e11 e12 0
E 5 e12 e22 0
0 0 0

(5.86)

si consideri inoltre un secondo sistema di riferimento ruotato rispetto al primo


di un angolo w attorno allasse x3. Con riferimento alla Figura 5.18 si ha:
p9 1 5 cos w # p1 1 sen w # p2
p9 2 5 2 sen w # p1 1 cos w # p2
p9 3 5 p3

cos w sen w 0
R 5 2 sen w cos w 0 (5.87)
0
0 1

Sostituendo E e R nella (5.85) si ottengono le seguenti componenti non nulle di E9


e9 11 5 e11cos2w 1 e22 sen 2w 1 e12 sen 2w
e9 22 5 e11 sen 2w 1 e22cos2w 2 e12 sen 2w
e11 2 e22
# sen 2w
e9 12 5 e12cos2w 2
2

(5.88)

Le direzioni principali di deformazione si ottengono annullando la componente


e912; pertanto risulta , per e11 ? e22.
Se invece e11 5 e22, si ottiene w 5 6 p>4.
Nel caso di scorrimento: e11 5 e22 5 0, e12 ? 0, e , le (5.88) forniscono:
 che evidenzia come la direzione caratterizzata da  sia una direzione principale, come gi evidenziato nellEsempio 5.5.

 tan 2w 5

2e12
e11 2 e22

p
4
 e9 11 5 e12
e9 22 5 2e12
w5

e9 12 5 0
w5

p
4

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 350

350

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Misura sperimentale di stati di deformazione piana

Rosetta estensimetrica

Strain gauge

In fase di collaudo delle strutture, o durante la sperimentazione in laboratorio, risulta necessario misurare la deformazione nellintorno di un punto posto sulla superficie di un corpo. Ci implica la necessit di effettuare misure di spostamento
relativo tra punti dellintorno assumendo che la deformazione sia omogenea nellintorno considerato. A tal fine si procede a fissare tre elementi lineari uscenti
da un punto O di lunghezza nota prima della deformazione. A deformazione avvenuta si misura la lunghezza finale di tali elementi mediante strumentazione elettro/meccanica ricavando cos le tre componenti incognite e11, e22, e12. Una delle
strumentazioni pi usate la rosetta estensimetrica (o strain gauge) (Figura 5.19)
basata sulla variazione della resistivit elettrica dei conduttori al variare della loro
lunghezza e del diametro.
possibile pertanto determinare sperimentalmente le tre dilatazioni in figura.
Applicando tre volte la (5.55) alle tre direzioni assegnate si ottiene un sistema di
tre equazioni nelle tre incognite e11, e22, e12 che consente di determinare E. Spesso
si opera considerando tre direzioni di misura formanti fra loro un angolo di 120,
oppure assumendo due direzioni ortogonali fra loro che supporremo parallele agli
assi coordinati e la terza inclinata secondo un angolo w.
In tal caso vengono lette le dilatazioni e11, e22 ed en, e la (5.55) fornisce direttamente lo scorrimento g12

Figura 5.19 a) e b)
rosette estensimetriche per
la misura sperimentale di
stati piani di deformazione;
c) esempi di rosette
estensimetriche.

x2
O

2
c

= 120

45

= 120
O
u

= 120

x1

90

x3
a)

b)

c)

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 351

5.1

e11
en 5 3 cos w sen w

g12
04 # E
2
0

g12
0
2
e22
0

Spostamento, deformazione finita e infinitesima

(5.89)

5.1.3 Deformazioni non omogenee. Equazioni


di congruenza interna

1
1
1
en 5 e11 1 e22 1 g12
2
2
2

Come discusso in precedenza, una generica deformazione si comporta come


omogenea nellintorno del generico punto x a meno di un errore o(x* 2 x) che
tende a zero al tendere a zero della distanza )x* 2 x ). In questo senso i tensori
E e W possono intendersi rispettivamente come tensore di deformazione locale
e di rotazione locale e sono funzioni del punto note in relazione al campo di
spostamento. Si ritiene opportuno esplicitarne la forma in termini di componenti:

1 0u1 0u2
e125 a
1
b
2 0x2 0x1

0u1
0x1

e22 5

0u2
0x2

1 0u1 0u3
e135 a
1
b
2 0x3 0x1

e33 5

0u3
0x3

(5.90)

1 0u2 0u3
e235 a
1
b
2 0x3 0x2

e
v215

1 0u2 0u1
a
2
b
2 0x1 0x2

v135

1 0u1 0u3
a
2
b
2 0x3 0x1

351

cos w

0U # sen w

Nel caso di Figura 5.19b, ove w 5 45, si ottiene:  e quindi: .

e11 5

v325

1 0u3 0u2
a
2
b (5.91)
2 0x2 0x3

Mentre sempre possibile assegnare un campo di spostamento u(x) e risalire alle


componenti della deformazione locale mediante le relazioni precedenti, non viceversa possibile assegnare in modo arbitrario le sei componenti distinte eij e risalire al campo di spostamenti. Innanzi tutto perch esse definiscono solo la parte
simmetrica del gradiente di spostamento ed necessario conoscerne anche la
parte antisimmetrica, cio le tre vij; ma soprattutto perch matematicamente le
(5.90) definiscono un sistema di sei equazioni differenziali in sole tre incognite
ui. Perch questo sistema ammetta soluzione necessario che tra le sei quantit
assegnate esistano ulteriori relazioni dette condizioni di integrabilit (o di de
Saint Venant).
Quanto affermato sopra significa dunque che se lo spostamento continuo e
differenziabile, le (5.90), (5.91), tramite derivazioni permettono di determinare
in ogni intorno del solido @0, stato di deformazione E e rotazione locale W, effettuando il percorso logico: u(x) 1 E, W.
Viceversa, assegnati in modo arbitrario nei singoli intorni E, W, questa cinematica locale non ricostruisce sempre un campo di spostamento continuo e differenziabile, secondo il percorso logico: E, W 1 u(x).
Infatti E trasforma localmente un cubo in un parallelepipedo non retto e fra
intorni adiacenti, anche per effetto delle rotazioni W, si possono determinare discontinuit (scorrimenti, lacerazioni, compenetrazioni ), come simbolicamente
rappresentato in Figura 5.20.
Le condizioni affinch le citate discontinuit siano impedite sono quelle che
(nei domini monoconnessi) assicurano che (5.41) (5.42):

g12 5 2 a en 2

e11 1 e22
b
2

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 352

352

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Figura 5.20 Le condizioni


di integrabilit sono
necessarie.

P1

P1

b0
P0

P0

du1(x)
du(x) 5 (W 1 E)dx 5 du2(x) 5
du3(x)
e11
(v12 1 e12) (v13 1 e13) dx1
5 (e21 1 v21)
e22
(v23 1 e23) dx3 5 3aij dxi 4
e33
dx3
(e31 1 v31) (v32 1 e32)

0aji
0xk

0ajk
0xi

, 5 HjJ,i ? k

sia un differenziale esatto, quindi integrabile in @0 su qualsiasi curva regolare g


di estremi P0 e P1 con il risultato che lo spostamento relativo fra i due punti
Du(x) 5 u(P1) 2 u(P0) sia indipendente dalla curva scelta. Le condizioni citate,
si ottengono scrivendo la condizione necessaria di Schwartz per i differenziali
esatti nei domini monoconnessi , che si esplicita come segue:
0eji
0xk

0vji

0xk

0ejk
0xi

0vjk

(5.92)

0xi

Poich
0vjk
0xi

0eji
0uk
0eik
1 0 0uj
a
2
b 5
2
2 0xi 0xk
0xj
0xk
0xj

per sostituzione nella (5.92) si ottiene


0vji
0xk

0ejk
0xi

0eik
0xj

(5.93)

Analogamente la derivata rispetto a unaltra variabile xl determina


0vji
0xl

0ejl
0xi

0eil
0xj

(5.94)

Le (5.92), (5.93) e (5.94) consentono di pervenire alla scrittura dei differenziali


delle componenti della rotazione rigida infinitesima:

0ejk

0eik
2
b
 a
0xi
0xj


0 0vij
0 0vij
5
0xi 0xk
0xk 0xl

dvji 5

0vij
0x1

dx1 1

0vij
0x2

dx2 1

0vij
0x3

dx3

Affinch i dvij siano anchessi differenziali esatti, le (5.93) e (5.94) funzioni delle
assegnate quantit , devono a loro volta soddisfare la condizione necessaria di
Schwartz delleguaglianza delle derivate in croce  la quale si traduce nellequazione differenziale fra le assegnate componenti della deformazione:

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 353

5.1

0 2ejk

0xi 0xl

Spostamento, deformazione finita e infinitesima

0 2ejl
0 2eil
0 2eik
5
1
0xk 0xj
0xi 0xk
0xj 0xl

(5.95)

costituenti le cercate condizioni di congruenza interna fra le assegnate componenti


di deformazione, condizioni necessarie per lesistenza di un campo di spostamento
continuo e differenziabile soddisfacente le (5.92), (5.93), (5.94).
La (5.95) banalmente soddisfatta se tre fra gli indici i, j, k, l sono uguali fra
loro.
Specificando la (5.92) per le seguenti sei scelte degli indici
i 5 l 5 2, j 5 k 5 1;
i 5 l 5 1, j 5 2, k 5 3;

i 5 l 5 3, j 5 k 5 2;
i 5 l 5 2, j 5 1, k 5 3;

i 5 l 5 1, j 5 k 5 3;
i 5 l 5 3, j 5 1, k 5 2;

si ottengono ordinatamente le sei equazioni:


0 2e33
0 2g23
0 2e22
5
1
0x2 0x3
0x22
0x23

0 2g12
0 2e11
0 2e22
5
1
0x1 0x2
0x22
0x21
0 2g31
0 2e3
0 2e11
5
1
0x3 0x1
0x23
0x21
2

0g31
0g23
0 2e11
0 0g12
5
a
1
2
b (5.96)
0x2 0x3
0x1 0x3
0x2
0x1

0g12 0g31 0g23


0 2e22
0
5
a
2
1
b
0x3 0x1 0x2 0x3
0x1 0x1

0 2e33
0g12 0g31 0g23
0
5
a2
1
1
b
0x2 0x1 0x3
0x3
0x2 0x1

dette equazioni di congruenza interna o di compatibilit della deformazione o


equazioni di de Saint Venant.
Delle sei Equazioni (5.96) solo tre sono linearmente indipendenti.
Tuttavia, se il corpo pluriconnesso, le (5.96) pur costituendo condizione necessaria, non assicurano la monodromia, per la quale sono richieste ulteriori condizioni (E. Cesaro 1906, V. Volterra 1907). Nel caso riportato in Figura 5.21, operando idealmente un taglio secondo la superficie S* si ottiene un corpo monoconnesso ove le (5.96) garantiscono la continuit degli spostamenti in tutto il volume,
senza peraltro implicare luguaglianza degli spostamenti fra i punti separati dalla
superficie S*. Sono pertanto necessarie ulteriori condizioni di congruenza che impongano lannullarsi degli spostamenti relativi fra questi punti.

Equazioni di congruenza
interna

Figura 5.21 Corpo


pluriconnesso.
S*

353

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 354

354

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Relazioni fra le componenti dei tensori W ed E


Nellipotesi in cui la deformazione e lo spostamento siano funzioni regolari e differenziabili fin che si desidera , inoltre, possibile esprimere le componenti vij
del tensore di rotazione W in funzione delle componenti eij del tensore di deformazione infinitesima E.
Si consideri per esempio la prima delle (5.91) e la si derivi rispetto alla terza
coordinata x3; si ha:
1
1
v12,3 5 1u1,2 2 u2,1 2 , 3 5 1u1,32 2 u2,31 2
2
2
1
 u3,12
2

(5.97)

ove si inoltre applicata linvertibilit dellordine di derivazione (Teorema di


Schwarz); aggiungendo e togliendo alla precedente il termine  si perviene alla
seguente identit:
v12,3 5 e13,2 2 e23,1

(5.98)

In modo del tutto analogo si ottengono altre identit che possono essere sinteticamente espresse mediante lespressione seguente:
vij,h 5 eih,j 2 ejh,i

i, j, h 5 1, 2, 3

(5.99)

Pertanto se il campo delle deformazioni E(x) sufficientemente regolare, possibile mediante le identit (5.99) ottenere le derivate delle componenti di W e,
per integrazione, il tensore di rotazione infinitesima W. pertanto noto, essendone
nota sia la parte simmetrica sia quella antisimmetrica, il gradiente di spostamento
H. Il vettore di spostamento u(x) pu infine essere valutato, se sono soddisfatte
le (5.96), per integrazione.

Condizioni di vincolo o di congruenza al bordo


Alle condizioni di congruenza interna (5.96) occorre affiancare ulteriori condizioni che derivano, come descritto nei capitoli precedenti, dalla presenza di eventuali vincoli che l dove agiscono limitano la cinematica del corpo vincolato.
Per esempio il punto x (ovvero un insieme di punti) della superficie esterna
0@ pu essere vincolato a muoversi su una superficie rigida di equazione:
g(y) 5 0

(5.100)

In Figura 5.22 si mostra come pu essere realizzato in pratica un vincolo di cerniera per una struttura metallica. In unanalisi dello stato di deformazione locale
Figura 5.22 Esempio
di cerniera per strutture
metalliche.

x
g(y) = 0

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 355

5.2

Problema dellequilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j

occorre tener conto che il generico punto x vincolato a muoversi sulla superficie
inferiore g.
Occorre pertanto che il punto y, trasformato di x nella configurazione attuale
(y 5 x 1 u), appartenga alla superficie, dovendosi verificare:
g(y) 5 g(x 1 u) 5 0

Condizioni di vincolo bilatero

(5.101)

Tenendo presente la piccolezza degli spostamenti lecito scrivere:


g(x) 1 n` =g 5 0

(5.102)

ove il gradiente =g(x) 5 n definisce la direzione efficace del vincolo e n# la


direzione normale a n.
Poich anche il punto x nella configurazione iniziale verifica localmente il
vincolo g(x) 5 0, annullando la proiezione dello spostamento nella direzione efficace, la (5.102) si riduce alla seguente relazione lineare fra le componenti del
vettore spostamento:
u1

0g
0g
0g
1 u2
1 u3
50
0x1
0x2
0x3

(5.103)

ed equivale a imporre al punto di muoversi sul piano tangente in x alla superficie g.


Altri casi di vincolo possono essere studiati analogamente e comunque comportano, nellipotesi di piccoli spostamenti, lannullarsi di combinazioni lineari
delle componenti dello spostamento, ovvero, nei casi pi semplici, lannullarsi
delle stesse.
Si consideri per esempio un vincolo semplice (carrello) che imponga al punto
x di spostarsi sul piano x3 5 0; in tal caso la (5.103) si scrive semplicemente:
u3 5 0
Le condizioni definite dalla (5.103) sono dette condizioni di congruenza esterna.
Talvolta necessario o utile fare riferimento ai cosiddetti vincoli cedevoli. Sulla natura di tali cedimenti si entrer altrove nel merito; basti pensare a vincoli che
non costringano rigidamente il punto vincolato a rimanere sulla superficie iniziale
ma che consentano determinati movimenti relativi rispetto a essa proporzionali
alle reazioni vincolari.
Infine, talvolta, i vincoli sono espressi tramite disequazioni del tipo:
g(x 1 u) > 0

Vincoli cedevoli

(5.104)

che impongono, nella configurazione attuale, al punto di rimanere al di sopra della


superficie g, traducendosi in disequazioni lineari fra le componenti dello spostamento. Questi vincoli vengono detti vincoli unilateri o monolateri.

Vincoli monolaterali

5.2 j Problema dellequilibrio dei solidi


deformabili, tensioni, tensore di sforzo
Lo scopo di questo paragrafo formulare le condizioni che descrivono lequilibrio
di un solido deformabile che subisce lazione di un sistema di forze esterne nella
sua configurazione deformata @ (si sottolinea, tuttavia, che nellipotesi di spostamenti e deformazioni piccole risulta peraltro possibile confondere, ai fini dello
studio dellequilibrio, la configurazione attuale o deformata con quella di riferimento). Si definisce, come nella fisica elementare, forza lente che provoca la variazione dello stato di quiete o di moto uniforme di un punto materiale; nel caso
dei solidi deformabili si definiscono forze enti descritti da vettori che inducono
variazioni nella configurazione del corpo.

355

Forze esterne

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 356

356

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Nel seguito si prenderanno in considerazione quasi sempre forze che sono applicate a corpi inizialmente in quiete in modo tale da non indurre effetti inerziali; i
campi di accelerazione e di velocit, eventualmente indotti, si considerano quindi
trascurabili.

Le forze
Si assume che le forze agenti su un corpo possano essere classificate nel modo
seguente.
Forze di volume
Esse sono esercitate dallambiente sui punti interni al corpo mediante azione a
distanza. Come esempio si consideri innanzitutto lattrazione di gravit terrestre, o di altri astri, esercitata sul corpo; altre interazioni a distanza sono determinate dai campi di accelerazione, dalle azioni centrifughe, dai campi elettromagnetici ecc.
Con riferimento al generico punto x (Figura 5.23), sia DV un volume elementare interno al corpo, contenente x, e sia Dr il vettore risultante delle forze agenti
su di esso; si assume che esista e sia finito il limite seguente (ci esclude forze
di volume concentrate):
b(x) 5 lim

DVS0

Forza di volume

Dr
DV

(5.105)

La b viene chiamata forza di volume (o densit di forza volumetrica) nel punto


x e ha dimensioni [FL23].
Come esempio si consideri la forza di gravit; in tal caso Dr 5 rgDv (ove r
la densit del mezzo e g laccelerazione di gravit) ed diretto verso il centro della
terra, pertanto b ne conserva direzione e verso e coincide col peso specifico.
Si osservi che lanalisi della deformazione svolta in precedenza considera
unicamente lo spostamento u del punto materiale, ovvero solo la traslazione del
punto: per questa ragione nel seguito si assume nullo il momento risultante delle
forze di volume. In altre parole nella presente trattazione non sono ammesse
coppie, n distribuite n concentrate, applicate a punti interni del corpo. Tali
ipotesi, tipiche del presente modello di solido deformabile, detto solido di Cauchy, non sono presenti in estensioni successive come quella introdotta agli inizi
del secolo scorso dai fratelli Cosserat, ove sono ammesse distribuzioni volumetriche di coppie.

Figura 5.23 Forze di


volume b e di superficie f.

x3

n
Porzione del solido caricata
Piano tangente al solido

f
O
x1

x2

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 357

5.2

Problema dellequilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j

Forze di superficie
Esse sono esercitate su porzioni 09@ della frontiera del corpo 0@ (o eventualmente
su tutta la frontiera) dal contatto con corpi esterni; per questa ragione si definiscono anche forze di contatto esterne.
Si consideri un generico punto x appartenente alla frontiera 09@ del corpo, Figura 5.23, e per semplicit, si supponga che in x sia definito un piano tangente
di normale n. Si denoti con A lelemento di superficie sul piano tangente e sia Dr
il vettore risultante delle forze agenti su di esso; si assume che esista e sia finito
il limite (e ci esclude forze superficiali concentrate):
f(x) 5 lim

DAS0

Dr
DA

(5.106)

La f viene denominata forza di superficie (o densit di forza superficiale) nel


punto x e ha dimensioni [FL22].
Per le stesse considerazioni svolte in precedenza non si considerano distribuzioni superficiali di coppie.

Forza di superficie

Equilibrio del corpo privo di vincoli


Le equazioni cardinali della statica riferite allintero sistema delle forze esterne
costituiscono unicamente condizioni necessarie per lequilibrio del corpo considerato privo di vincoli. Infatti per assicurare lequilibrio del corpo necessario verificare che sia in equilibrio ogni sua parte e non solo il corpo nel suo complesso.
Le equazioni cardinali, come precisato nel Capitolo 2, richiedono che il sistema delle forze esterne sia staticamente equivalente a un sistema nullo:
r 5 3 b dV 1 3 f dA 5 0
b

(5.107)

0b

m 5 3 (x 2 O) 3 b dV 1 3 (x 2 O) 3 f dA 5 0
b

Equazioni di equilibrio
o cardinali della statica

(5.108)

0b

ove r e m rappresentano, rispettivamente, il vettore risultante e il momento risultante rispetto al polo O del sistema di forze; il primo addendo lintegrale esteso
al volume @ occupato dal corpo delle forze di volume, mentre il secondo rappresenta il contributo delle forze di superficie ed esteso allintera frontiera @
poich il corpo privo di vincoli.

5.2.1 Concetto di tensione


Sezione di Eulero
Si consideri un corpo @ soggetto a un generico sistema di forze in equilibrio. Sia
x un generico punto interno al corpo e si immagini di operare in esso una sezione
S, detta sezione di Eulero, mediante una superficie, non necessariamente piana,
che separi il corpo in due parti, @1 e @2 (Figura 5.24).
Per effetto delle sole forze esterne ciascuna parte non in equilibrio; infatti
solo nel loro insieme le azioni esterne sono equivalenti a un sistema nullo. Il principio di separazione di Eulero assume lesistenza di un campo di forze interne
superficiali di contatto, rispettivamente t1 e t2, che le due parti si scambiano attraverso S e che assicurano separatamente lequilibrio di @1 e @2. Infatti se in
equilibrio un corpo deve esserlo ogni sua parte.

Sezione di Eulero

Forze interne

357

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 358

358

Capitolo 5

Meccanica dei continui

f
+
x3

n =n

x3

x
t

x
S

n
O

x2

x2

x1

x1

Figura 5.24 Sezioni di Eulero.

Tali distribuzioni superficiali di forze interne t non sono osservabili sperimentalmente, ma costituiscono un costrutto mentale utile alla formulazione dellequilibrio dei corpi deformabili.

Postulato di Cauchy

Vettore tensione di Cauchy

naturale attendersi che la forza di contatto interna t dipenda non solo dal punto
x ma anche dalla sezione S. Il postulato di Cauchy assume che abbiano la stessa
forza di contatto interna tutte le possibili sezioni, sufficientemente regolari, che hanno in x il medesimo piano tangente di normale n (Figura 5.25); tale forza specifica
prende il nome di vettore tensione nel punto x secondo il piano p di normale n.
Con riferimento alla Figura 5.25 sia Dr il vettore risultante dellazione superficiale trasmessa in x attraverso larea elementare DAn, si assume che esista e sia
finito il limite:

Figura 5.25 Il vettore


di tensione t dipende
dalla normale n al piano p.

n
x3

r
x
An
f

O
x1

x2

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 359

5.2

Problema dellequilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j

359

Figura 5.26 Un
qualunque elemento ,
interno al corpo @,
in equilibrio.

x3

x2

O
x1

t(x, n) 5 lim

DAn S0

Dr
DAn

(5.109)

Si osservi che nei corpi solidi, a differenza di quanto accade nei gas o nei liquidi
perfetti, t e r non sono, in genere, diretti secondo la normale n. Si osservi inoltre,
in analogia a quanto asserito nel paragrafo precedente, che nel modello di Cauchy
non sono presenti coppie di sforzo interne, presenti invece nei continui di Cosserat.

Equazioni di equilibrio
Il concetto di tensione sopra esposto consente di definire delle relazioni sufficienti
a garantire lequilibrio di ogni parte del corpo.
Si consideri, Figura 5.26, un arbitrario volume , di frontiera 0, interno a
@, contenente il generico punto x. Gli assiomi di Eulero (o pi in generale i principi di conservazione della quantit di moto e del momento della quantit di moto)
assumono che sia in equilibrio sotto lazione delle forze di volume b e delle
forze di contatto interne t. Pertanto dovranno risultare nulli il loro vettore risultante
r* e il loro momento m*, risultante rispetto allorigine O
r* 5 3 b dV 1 3 t(n, x) dA 5 0
p

(5.110)

0p

m* 5 3 (x 2 O) 3 b dV 1 3 (x 2 O) 3 t(n, x) dA 5 0
p

Assiomi di Eulero

(5.111)

0p

Si consideri ora il corpo suddiviso nelle due parti @1 e @2 (Figura 5.24); lapplicazione degli assiomi sopra esposti comporta:
t1 5 t(x, n1) 5 2t2 5 t(x, n2) 5 t(x, 2n1)

(5.112)

che rappresenta il principio di azione e reazione per i continui deformabili.

5.2.2 Tensore degli sforzi di Cauchy


Il vettore di tensione pu essere rappresentato (Figura 5.27), oltre che nel riferimento esterno (O, x1, x2, x3), rispetto a una terna locale ortogonale avente un asse
coincidente con la normale n al piano p.

Principio di azione e reazione

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 360

360

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Figura 5.27 Componenti


normali e tangenziali
di tensione.
n
x3

n
t

x2

x1

Tensione normale

Si definisce tensione normale o componente normale di tensione la proiezione


del vettore tensione t sulla normale n
sn 5 nTt(x, n)

Tensione tangenziale

e componente tangenziale t la sua proiezione sul piano p che, omettendo nel seguito per semplicit di notazione la dipendenza del vettore di tensione dal punto
e dalla normale, si scrive:
t 5 t 2 snn

Tensore di sforzo di Cauchy

(5.113)

(5.114)

che a sua volta pu essere decomposta lungo due direzioni assegnate.


Si considerino nel punto x tre piani paralleli ai piani coordinati (di normali
e1, e2, e3). Su questi piani agiscono rispettivamente i vettori tensione t1 5 t(e1),
t2 5 t(e2), t3 5 t(e3). Le nove componenti dei vettori tensione t1 5 t(e1), t2 5 t(e2),
t3 5 t(e3) definiscono le componenti speciali di tensione, che, come si mostrer,
sono le componenti sij del tensore degli sforzi di Cauchy T:
s11 s12 s13
s
T 5 C 21 s22 s23 S
s31 s32 s33

(5.115)

A titolo illustrativo si consideri (Figura 5.28), il punto x e il relativo intorno del


corpo @ rappresentati da un piccolo cubo avente le facce parallele ai piani coordinati. Si considerino le due facce opposte ortogonali allasse x2; il vettore
tensione t su tali facce risulta (ponendo come secondo indice quello che denota
la normale):

t2 5

t21

s12
5 T e2 5 s22
s32

t2
2

2s12
5 T(2e2) 5 2s22 5 2t2 (5.116)
2s32

Risulta quindi che la seconda colonna di T rappresenta il vettore t2, mentre la


tensione sulla faccia opposta ha segno opposto. Analogamente la prima e terza
colonna rappresentano la tensione sulle facce di normale rispettivamente n1 e n3.

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 361

5.2

Problema dellequilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j

Figura 5.28 Componenti


del tensore degli sforzi.

x3

33

22

23

13

12

32

31
12

32

11

21

22
x2

x1

Tale rappresentazione evidenzia come le componenti sulla diagonale principale


s11, s22, s33 costituiscano le tensioni normali sui piani coordinati mentre le componenti con indici distinti sij(i ? j) individuano le tensioni tangenziali.

Vettore tensione su un piano di normale n: teorema di Cauchy


possibile ora dimostrare la seguente propriet del tensore degli sforzi:
Il vettore di tensione t(x, n) dipende linearmente da n tramite il tensore degli sforzi
T(x), secondo la relazione t 5 T n.

Si consideri un punto x interno al solido e un piano p, passante per esso, avente


normale n; si consideri inoltre un triedro di dimensioni infinitesime, interno a @,
avente tre facce parallele ai piani coordinati e la quarta parallela a p (Figura 5.29).
Su questultima agisce il vettore di tensione t 5 [t1, t2, t3]T, mentre, per
quanto detto in precedenza, i vettori di tensione sulle prime tre facce risultano
rispettivamente:

Figura 5.29 Tetraedro


di Cauchy.

x3
t

12

32

23
33

x1

11
21

O 13

22

361

31

x2

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 362

362

Capitolo 5

Meccanica dei continui


T
t2
1 5 [2s11, 2s21, 2s31] ,
T
t2
2 5 [2s12, 2s22, 2s32] ,
T
t2
3 5 [2s13, 2s23, 2s33]

Inoltre allinterno del tetraedro agisce la forza di volume b. Nel caso in esame
lequilibrio alla traslazione del triedro [Equazione (5.110)] comporta:
2s11 Ds12s12 Ds22s13 Ds3 1 t1 Ds 1 b1 DV 5 0
2s21 Ds12s22 Ds22s23 Ds3 1 t2 Ds 1 b2 DV 5 0

(5.117)

2s31 Ds12s32 Ds22s33 Ds3 1 t3 Ds 1 b3 DV 5 0


ove Ds1, Ds2, Ds3 e Ds sono rispettivamente le aree sulle facce parallele ai piani
coordinati e a p, e V il volume del tetraedro. Detti n1, n2, n3 i coseni direttori
di n si ha
Ds1 5 n1 Ds

Ds2 5 n2 Ds

Ds3 5 n3 Ds

(5.118)

Volendo rappresentare localmente in x le (5.117), ossia facendo tendere a zero


lelemento di volume DV, esso rappresenta un infinitesimo di ordine superiore rispetto a s e pertanto il contributo delle forze di massa risulta trascurabile, essendo
b limitato; inoltre, tenendo conto delle (5.118) il sistema (5.117) pu essere scritto
nella forma:
2s11n1 2 s12n2 2 s13n3 1 t1 5 0
2s21n1 2 s22n2 2 s23n3 1 t2 5 0

(5.119)

2s31n1 2 s32n2 2 s33n3 1 t3 5 0


ovvero in modo equivalente
t5Tn

Teorema di Cauchy

 0t0 5 "t t 2 s2

j Esempio 5.7

(5.120)

La relazione precedente mostra che sufficiente conoscere il vettore di tensione


su tre giaciture ortogonali e cio conoscere il tensore degli sforzi, per conoscere
il vettore di tensione t su una giacitura qualunque. La (5.120) definisce anche T
come il tensore che applicato al generico versore n fornisce il vettore di tensione
sulla giacitura da esso individuata.
Una dimostrazione pi rigorosa di questo teorema riportata in [M.E. Gurtin
1971].
Noto t, si possono calcolare la componente normale sulla giacitura s 5 t ? n
(Figura 5.27) e la componente tangenziale .

Tensioni normali
Come detto, i termini sulla diagonale principale di T rappresentano le tensioni
normali sui piani coordinati.
In Figura 5.30 rappresentato un parallelepipedo soggetto unicamente a tensione normale sulle facce di normale n 5 [1, 0, 0]T.

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 363

5.2

Problema dellequilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j

363

= /4

x2

x2
n

n
t

x1

x3

x1

x3

a)

b)

Figura 5.30 Stato di tensione monoassiale di trazione di direzione x1.

Lo stato di tensione viene detto monoassiale e il tensore degli sforzi assume la


forma:
s11 0 0
T 5 0 0 0
0 0 0

(5.129)

In particolare se s11 . 0, lo stato di tensione detto di trazione monoassiale,


viceversa se s11 , 0, si ha compressione monoassiale.
In Figura 5.30b mostrata la tensione t sul piano inclinato di p>4 rispetto
allasse x1,  di normale. Tramite il teorema di Cauchy (5.120) si ottiene:
"2
"2
s11 0 0
2
s11
T
t(n) 5 0 0 0 E "2 U 5 D 2
0
0 0 0
2
0
0

Stato di sforzo monoassiale

n5 c

T
"2 "2
,
,0d
2
2

(5.122)

e in virt delle (5.113) e della (5.114) risulta:


sn 5 nTt 5

s11
2

"2
"2
"2
s11
s11
4
4
2
T 2 E "2 U 5 s11E "2 U
t 5 t 2 snn 5 D
0
s
2
4 11
4
0
0
0

(5.123)

(5.124)

Le relazioni precedenti, che possono anche essere ottenute con semplici considerazioni di equilibrio, mostrano come al variare della giacitura anche in uno
stato di tensione normale monoassiale risultino presenti tensioni tangenziali.
Si consideri, ora, un parallelepipedo con facce parallele ai piani coordinati e
soggetto a tensioni normali sulle superfici laterali di normali n1 5 [1, 0, 0]T e
n2 5 [0, 1, 0]T mentre le tensioni tangenziali sono nulle (Figura 5.31). Uno stato
di tensione normale di questo tipo viene detto biassiale e il tensore degli sforzi
assume la forma:

Stato di sforzo biassiale


o piano

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 364

364

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Figura 5.31 Tensione


normale biassiale,
di trazione secondo lasse x2
e di compressione
secondo lasse x1.

x2

22 > 0

11 < 0

11 < 0

x1

22 > 0

x3

s11 0 0
T 5 0 s22 0
0
0 0

Stato di sforzo triassiale

Infine, se tutti i termini sulla diagonale principale del tensore degli sforzi sono
non nulli, mentre le tensioni tangenziali sono uguali a zero, si ha tensione normale triassiale:
s11 0
0
T 5 0 s22 0
0
0 s33

Stato di sforzo sferico


Tensione idrostatica

(5.125)

(5.126)

Nel caso s11 5 s22 5 s33 5 p lo stato di tensione si dice idrostatico o sferico,
in ricordo degli stati di pressione presenti nei liquidi perfetti o nei gas. Si definisce tensione media o idrostatica la quantit
p5

1
(s 1 s22 1 s33)
3 11

(5.127)

costituente la media delle tensioni normali.

Propriet del tensore degli sforzi


Viene nel seguito presentata una forma puntuale delle condizioni sufficienti di
equilibrio in funzione del tensore degli sforzi di Cauchy.
Equazioni indefinite di equilibrio Lequilibrio alla traslazione di un arbitrario volume , di frontiera 0, interno al corpo @ comporta [Equazione (5.110)]:
3 b dV 1 3 t dA 5 0
p

(5.128)

0p

Si consideri, per semplicit, lequilibrio in direzione x1 sostituendo, in virt del teorema di Cauchy [Equazione (5.120)], al vettore di tensione il tensore di sforzo T.
3 b1dV 1 3 (s11n1 1 s12n2 1 s13n3)dA 5 0
p

0p

(5.129)

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 365

5.2

Problema dellequilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j

applicando la formula di Gauss-Green per trasformare lintegrale di superficie in


integrale di volume e raccogliendo sotto un unico segno di integrale, si ottiene
0s13
0s11
0s12
3 a b1 1 0x 1 0x 1 0x b dV 5 0
1
2
3

(5.130)

Poich lequilibrio deve essere verificato per un arbitrario volume interno ,


necessario, nelle ipotesi di regolarit introdotte per la tensione, che si annulli identicamente la funzione integranda.
Considerando ora lequilibrio nelle rimanenti direzioni x2 e x3 e ripetendo
il procedimento, si ottengono le tre equazioni indefinite di equilibrio o di equilibrio locale:

Equazioni indefinite
di equilibrio

0s13
0s12
0s11
1
1
1 b1 5 0
0x1
0x2
0x3
0s23
0s22
0s21
1
1
1 b2 5 0
0x1
0x2
0x3

(5.131)

0s32
0s33
0s31
1
1
1 b3 5 0
0x1
0x2
0x3
che possono essere espresse in forma compatta
divT 1 b 5 0

(5.132)

ove div(?) loperatore divergenza.


possibile derivare le equazioni indefinite di equilibrio per altra via operando
in modo del tutto analogo a quanto fatto nel caso delle travi nel Capitolo 2. Si
consideri (Figura 5.32) un elemento di volume infinitesimo a forma di parallelepipedo con facce parallele ai piani coordinati e lunghezza degli spigoli rispettivamente pari a dx1 dx2 e dx3.
Le ipotesi di regolarit precedentemente introdotte consentono di sviluppare
in serie di Taylor, con punto iniziale lorigine, le componenti di T, in particolare,
considerando un incremento della coordinata xj si ha:
sij(xj 1 dxj)>sij 1

x2

0sij
0xj

12 +

dxj

(5.133)

Figura 5.32 Equilibrio


dellelemento di volume
in direzione x1.

12
dx2
x2

dx2

13

11

11 +
x1

dx3

12
x3

dx1

13 +

13
dx3
x3

11
dx1
x1

365

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:51 Pagina 366

366

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Figura 5.33 Simmetria


del tensore degli sforzi.

x2
s12 + 0s12 dx2
0x2
dx2
s21

e2
O
e3 e1
s12

s21 + 0s21 dx1


0x1
x1
dx3

dx1
x3

Lequilibrio del parallelepipedo alla traslazione in direzione x1 comporta:


a

0s13
0s11
0s12
1
1
1 b1 b dx1dx2dx3 5 0
0x1
0x2
0x3

(5.134)

da cui segue la prima delle (5.131).


Simmetria del tensore degli sforzi Si consideri, per semplicit, un elemento
infinitesimo di volume di forma cubica, appartenente a un intorno di x, con le
facce parallele ai piani coordinati e spigoli di lunghezze dxi, s12 e s21 agenti rispettivamente sui piani di normali 6 e2 e 6 e1 e riportate da sole, con i loro incrementi in Figura 5.33. Le uniche componenti di T che concorrono allequilibrio
alla rotazione attorno allasse x3 sono le componenti tangenziali; pertanto, trascurando leventuale contributo delle forze di volume b (che dipende da una potenza
di ordine superiore di dx) si ha:
2(s12dx1dx3) dx2 1 (s21dx2dx3) dx1 5 0

(5.135)

da cui risulta s12 5 s21. Scrivendo, in modo analogo, lequilibrio alla rotazione
attorno alle altre direzioni coordinate ne risulta che:
s13 5 s31
(5.136)
s23 5 s32
Simmetria delle tensioni
tangenziali
Simmetria del tensore di sforzo

e pertanto T simmetrico
T 5 TT

(5.137)

Tale propriet pu essere dimostrata in generale per stati di tensione non omogenei.
Si ritiene opportuno sottolineare unimportante diversit fra le travi e i mezzi
continui. Nel caso delle travi le equazioni indefinite di equilibrio sono tante quante
le caratteristiche dellazione interna e possono, pertanto, essere determinate direttamente, mentre nel caso dei mezzi continui si hanno unicamente tre equazioni
di equilibrio che non possono consentire da sole la determinazione delle sei componenti distinte del tensore T.
Lequilibrio al bordo Si consideri un punto x sulla frontiera 0@ del corpo
ove sono applicate forze di superficie di intensit f (Figura 5.34); si supponga
inoltre che ivi sia definito il piano tangente p e si denoti con n il versore della

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 367

5.2

Problema dellequilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j

Figura 5.34 Equilibrio


al bordo.

n
x3

Porzione del solido caricata


Piano tangente al solido in x

367

x*

f
O

x2

x1

normale in x uscente da @. Si consideri inoltre un punto x* interno a @ e appartenente a un intorno infinitesimo di x. Lapplicazione del teorema di Cauchy consente di definire il vettore di tensione in x* su una giacitura parallela al piano p
di normale n
t(x*, n) 5 T(x*) n

(5.138)

Sotto opportune ipotesi di regolarit possibile definire il vettore di tensione nel


punto x sulla frontiera 09@:
t(x*, n)
t(x, n) 5 lim
*
x Sx

(5.139)

che per equilibrio deve risultare coincidente con la densit delle forze superficiali applicate:
f(x) 5 t(x, n)

per x P09@

(5.140)

Lequazione precedente scritta per esteso assume la forma:


f1 5 s11n1 1 s12n2 1 s13n3
f2 5 s21n1 1 s22n2 1 s23n3

(5.141)

f3 5 s31n1 1 s32n2 1 s33n3


Queste relazioni costituiscono le equazioni di equilibrio al bordo e correlano le
forze di contatto esterne in x con le tensioni ivi emergenti dallinterno.

Equazioni di equilibrio
al contorno

Lequilibrio di un mezzo continuo Le equazioni che descrivono lequilibrio


di un corpo continuo risultano in definitiva:

Equilibrio del mezzo continuo

1. equazioni cardinali della statica per il sistema di forze esterne [Equazioni


(5.107) e (5.108)];
2. equazioni indefinite di equilibrio in @ [Equazione (5.132)];
3. simmetria del tensore degli sforzi; T 5 TT in @;
4. equazioni di equilibrio al bordo su 0@ [Equazione (5.141)].
Come osservato il campo di tensione definito da sei componenti incognite s11,
s22, s33, s12, s13, s23 da determinare con sole tre equazioni di equilibrio di campo
e al contorno. Il problema risulta pertanto indeterminato.

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 368

368

Capitolo 5

Meccanica dei continui

5.2.3 Tensioni principali e direzioni principali di tensione

Direzioni principali di tensione


Tensioni principali

Tra tutti gli infiniti piani passanti per il punto x si cercano le giaciture su cui
presente unicamente la tensione normale sn, cio quelle su cui il vettore di tensione t ha direzione coincidente con la normale n al piano, essendo nulla la tensione tangenziale (Figura 5.35). Le direzioni e i corrispondenti piani su cui agisce
solo la tensione normale vengono denominati direzioni e piani principali e la corrispondente tensione denominata tensione principale.
Pertanto su un piano principale il vettore tensione ha la forma:
t 5 sn

(5.142)

ove s il valore della tensione presente.


Per il teorema di Cauchy, in corrispondenza di tali piani deve risultare:
Tn 5 t 5 sn
(5.143)
La (5.143) con la posizione n 5 In si trasforma nella seguente equazione
omogenea negli incogniti coseni direttori ni:
(T 2 s I)n 5 0

Equazione di autovalori
Equazione caratteristica

(5.144)

La ricerca delle tensioni principali e delle corrispondenti direzioni principali corrisponde dunque, anche in questo caso, alla soluzione del problema agli autovalori
(5.144). Il problema ammette, come noto, tre coppie di soluzioni (autovaloreautovettore) che vengono ottenute imponendo al sistema omogeneo di ammettere
soluzioni diverse dalla banale, cosa che espressa dallequazione caratteristica:
det(T 2 sI) 5 2s3 1 I1s2 2 I2s 1 I3 5 0

(5.145)

dove:
I1 5 s11 1 s22 1 s33
I2 5 s11s22 1 s11s33 1 s22s33 2 s212 2 s213 2 s223

(5.146)

I3 5 detT
Invarianti del tensore di sforzo

sono funzioni delle componenti di T dette invarianti di tensione, poich risultano


indipendenti dal sistema di riferimento. Lequazione cubica (5.145) ammette tre
soluzioni reali chiamate autovalori di T o tensioni principali che, se distinte, ven-

Figura 5.35 Tensione su


un piano generico a);
tensione su un piano
principale b).

x3

x3
t

n
t

x
x2

x1

a)

x1

x2

b)

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 369

5.2

Problema dellequilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j

369

gono di norma ordinate in ordine decrescente sI > sII > sIII; a queste sostituite
ordinatamente nel sistema (5.144) corrispondono i tre autovettori nI, nII e nIII soluzioni del sistema omogeneo (5.144), utilizzando la condizione riguardante i versori: n12 1 n22 1 n32 5 1.
Si ricorda inoltre che, per una nota propriet degli autovalori, la pi grande e
la pi piccola delle tensioni principali costituiscono rispettivamente la tensione
normale massima e minima fra tutte quelle presenti sui piani della stella nel punto
considerato.

Classificazione degli stati tensionali


Uno stato tensionale dicesi triassiale se le tre tensioni principali sono diverse da
zero, mentre dicesi biassiale ovvero monoassiale se il tensore di sforzo T presenta
rispettivamente uno o due autovalori nulli.
Uno stato biassiale dicesi anche piano in quanto il vettore di tensione t appartiene, qualunque sia la giacitura che si considera, a un piano, detto piano delle
tensioni, che ortogonale alla direzione principale m, tTm 5 0, associata allautovalore nullo (Figura 5.36).
Unanalisi dellequazione caratteristica (5.145) mostra facilmente che:
uno stato tensionale biassiale se I3 5 0;
uno stato tensionale monoassiale se I3 5 I2 5 0.

T5

Uno stato triassiale dicesi idrostatico, , se le tre tensioni principali coincidono,


cio se risulta: .
Infine si dice tensore deviatore di sforzo il tensore , ottenuto sottraendo a
T la sua parte idrostatica:
I1
a s11 2 b
3
TD 5 F

s12

s12

a s22 2

s13

s23

s23
a s33 2

x3 m

21
11

n
t

12

Stato di sforzo idrostatico


Tensore deviatore di sforzo

 TD 5 T 2

I1
3

1
I1I
3

Figura 5.36 Stato


di tensione biassiale o piano,
il vettore t appartiene
al piano x3 5 0.

n
t

x2

1
x1

(5.147)

I1
b
3

x3

22

1
I1I
3

 sI 5 sII 5 sIII 5

s13
I1
b
3

Stati di sforzo: triassiale,


biassiale, monoassiale

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 370

370

Capitolo 5

Meccanica dei continui

5.2.4 Spazio di Haig-Westergaard


Vettore tensione principale
deviatorico

agevole verificare che il tensore deviatorico di sforzo TD presenta gli stessi autovettori (nI, nII, nIII) del tensore di sforzo T e valori principali raccolti nel vettore
tensione principale deviatorico:
II
3
sI
II
sD 5 sII 5 F sII 2 V
3
sIII
II
sIII 2
3
sI 2

Spazio delle tensioni principali


di Haig-Westergaard

Vettore tensione principale

1 0 0
 T 5 a 0 1 0 5 aI
0 0 1


m531>"3 1>"3 1>"3 4 T

s11 s12 s13

 T 5 s21 s22 s23

s31 s32 s33


 sm 5 p 5 II>3 5

5(s111s221s33)>35
5 (sI 1 sII 1 sII)>3
Vettore sforzo idrostatico
Vettore deviatorico

(5.148)

forniti dalle differenze fra tensione principale e tensione media sm 5 II>3.


Per alcune applicazioni connesse con lo studio degli stati tensionali, in particolare per le applicazioni in Plasticit, molto utile la rappresentazione del
tensore di sforzo T nello spazio delle tensioni principali detto anche spazio di
Haig-Westergaard.
Si consideri a questo scopo lo spazio vettoriale euclideo tridimensionale riferito alla base delle direzioni principali di sforzo (O, nI, nII, nIII), nel quale si rappresenta il vettore le cui componenti sono le tensioni principali organizzate nel
vettore tensione principale sP 5 [sI, sII, sIII]T.
I tensori di sforzo idrostatici, del tipo  presentano vettore tensione principale
del tipo sP 5 a[1 1 1]T.
Nello spazio delle tensioni principali il versore , equinclinato rispetto alle
tre direzioni principali, definisce il cosiddetto asse idrostatico di sforzo, in quanto i vettori sforzo principali aventi la sua direzione sono del tipo idrostatico; i
vettori di sforzo idrostatico del tipo sP 5 a[1 1 1]T sono coassiali con lasse
idrostatico m.
Nello spazio delle tensioni principali il piano di equazione sI 1 sII 1 sIII
definisce il cosiddetto piano deviatorico D, che risulta ortogonale allasse m.
Con riferimento a un generico tensore di sforzo , avente tensioni principali
(sI, sII, sIII) e tensione media , stata qui sopra enunciata la scomposizione
nelle sue parti idrostatica e deviatorica T 5 T i 1 TD, ove
II
T 5 I, e TD 5 3sij 4 5
3
i

s11 2 II>3
s12
s13
(5.149)
s21
s22 2 II>3
s23
s31
s32
s33 2 II>3

Nello spazio delle tensioni principali la proiezione del vettore tensione principale
sP 5 [sI sII sIII]T sullasse m determina lintensit [sP ? m 5 (sI 1 sII 1
sIII)>3] del vettore idrostatico si 5[(sI 1 sII 1 sIII)>3] m, coassiale con m, il
quale rende conto della parte idrostatica del tensore di sforzo.
Inoltre il vettore tensione principale deviatorico
sD 5 3(sI 2 II>3) (sII 2 II>3) (sIII 2 II>3)4 T

Piano deviatorico

avente per componenti le tensioni principali (5.148) del deviatore di sforzo TD,
tiene conto della parte deviatorica del tensore di sforzo. sD risulta ortogonale a
m e appartiene quindi al piano deviatorico D. agevole verificare che i vettori
idrostatico si e deviatorico sD costituiscono rispettivamente le componenti secondo m e nel piano deviatorico D del vettore tensione principale sP, essendo soddisfatta la:
sP 5 si 1 sD

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 371

5.2

Problema dellequilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j

371

Figura 5.37 Spazio di


Haig-Westergaard.

sIII
sP

si

sd
O
D
sI

sI+

sII

+s

III

=0

1
3
1
3
1
3
s II

La scomposizione nello spazio vettoriale di Haig-Westergaard di sP, tramite le


sue componenti idrostatica si e deviatorica sD, sono molto utili dal punto di vista
geometrico per la discussione e rappresentazione di stati di sforzo in condizione
limite e dei criteri di resistenza dei materiali (Figura 5.37).

j Esempio 5.8

Stato di tensione biassiale o piano


Sia assegnato un tensore degli sforzi in cui siano nulle tutte le componenti di
pedice 3 e tale che il generico vettore di tensione t appartenga al piano ortogonale
allasse x3:
s11 s12 0
T 5 s12 s22 0
0
0 0

(5.150)

si vogliono determinarne le direzioni e le tensioni principali.


Il procedimento risolutivo coincide con quello relativo allo stato di deformazione
biassiale, presentato nel Paragrafo 5.2.3. Le tensioni principali nellipotesi in
cui siano di segno opposto per non contraddire lordine assunto, risultano:
`

s11 1 s22 ; "(s11 2 s22)2 1 4s212


sI
f 5
sIII
2
(5.151)
sII 5 0

Sostituendo una delle tensioni principali non nulle sI e sIII nelle prime due righe
del sistema lineare (5.144) si ottiene:
(s11 2 sI,III)n1 1 s12n2 5 0
s12n1 1 (s22 2 sI,III)n2 5 0

(5.152)

Mentre dalla terza riga si ricava n3 5 0. Imponendo inoltre che n abbia modulo
unitario si ha
n12 1 n22 5 1
Pertanto le direzioni principali risultano

(5.153)

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 372

372

Capitolo 5

Meccanica dei continui

nI, nIII5; e c11a

T
s2s11 2 22 s2s11
s2s11 2 22
b d ,a
b c11a
b d ,0f
s12
s12
s12

(5.154)

Alla tensione principale sII 5 0 risulta inoltre associata la direzione dellasse x3.

j Esempio 5.9

Stato di tensione biassiale tangenziale


Nel caso della tensione biassiale tangenziale (Figura 5.38) in cui risulta
s11 5 s22 5 si3 5 0 si ottengono le seguenti tensioni e direzioni principali

sI 5 s12
T
"2 "2
nI 5 ; c
,
,0d
2
2

sII 5 0
nII 5 ;30,0,14 T

sIII 5 2s12
T
"2 "2
,2
,0d
nIII 5 ; c
2
2

(5.155)

Alla tensione tangenziale agente sui piani coordinati corrispondono due direzioni
principali nI e nIII ruotate di 45 su cui agiscono rispettivamente le tensioni principali di trazione e compressione sI 5 s12 e sII 5 2s12, come mostrato in
Figura 5.38. Per questo risultato si veda anche lEsempio 5.15.

Trasformazione di T al variare della base cartesiana


La ricerca delle direzioni principali ha evidenziato come al ruotare degli assi del
riferimento cambino le componenti di T. Per determinare la legge di trasformazione delle componenti del tensore degli sforzi si ricorda che il vettore di tensione
nel riferimento ruotato t9 espresso in funzione del suo valore t nel riferimento
iniziale tramite la:
t9 5 R t

x2

Figura 5.38 Tensione


biassiale tangenziale.

(5.156)

nIII

12

21 = 12

nI

sIII = 12

sI = 12

21 = 12
sI = 12

nII

nI

12
nIII

x1

nI

sIII = 12
nIII

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 373

5.2

Problema dellequilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j

373

dove R il tensore di rotazione. Si consulti il Paragrafo 5.4.8 per la trattazione


generale.
Analogamente il versore n della normale al piano su cui viene valutata la tensione si trasforma secondo la
n9 5 R n

(5.157)

Ricordando che R un tensore ortogonale (R21 5 RT) il teorema di Cauchy comporta:


t 5 T n 5 T RT n9

(5.158)

premoltiplicando entrambi i membri della seconda uguaglianza per R si ha:


t9 5 (R T RT) n9

(5.159)

da cui si ottiene la cercata relazione della trasformazione di T in T9


T9 5 R T RT

Trasformazione di T al variare
della base

(5.160)

Trasformazione di un stato di tensione piano. Direzioni principali di sforzo.

j Esempio 5.10

Si consideri il seguente stato di tensione biassiale:


s11 s12 0
T 5 s12 s22 0
0
0 0

(5.161)

Il sistema di riferimento ruoti di un angolo w attorno allasse x3 (Figura 5.39) e


dunque risulti:
cos w sen w 0
R 5 2 sen w cos w 0
0
0
1

(5.162)

Sostituendo le espressioni precedenti di T e R nella (5.160) si ottengono le seguenti componenti non nulle di T9
s9 11 5 s11 cos 2w 1 s22 sen 2w 1 s12 sen 2w

Figura 5.39
Trasformazione di uno stato
tensionale piano al ruotare
del riferimento.

22
22

12

12

12

11

x2
x1

x2

21

x1

11

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 374

374

Capitolo 5

Meccanica dei continui

s9 22 5 s11 sen 2w 1 s22 cos 2w 2 s12 sen 2w


s9 12 5 s12 cos 2w 2

(5.163)

(s11 2 s22)
sen 2w
2

Nel caso considerato di stato piano di tensione con x3 direzione principale a tensione nulla, le altre due direzioni principali appartenenti al piano (x1, x2) possono
essere determinate cercando langolo per cui si annulla la componente tangenziale s912, quindi risolvendo lequazione
s912 5 s12 cos 2w 2

(s11 2 s22)
sen 2w 5 0
2

(5.164)

Nei casi in cui le tensioni normali siano diverse (s11 ? s22), si ottiene:
tan 2w 5

2s12
s11 2 s22

(5.165)

che fornisce:
w5

2s12
1
arctan a
b
s11 2 s22
2

(5.166)

Viceversa, se s11 5 s22 risulta w 5 6 p>2

5.2.5 Cerchio di Mohr per le tensioni: trattazione


generale

s11 t12 t13

 T 5 t21 s22 t23

t31 t32 s33

La costruzione del cerchio di Mohr per le tensioni costituisce un metodo assai


sintetico e pratico per la rappresentazione anche grafica dello stato di tensione in
un punto del solido. Esso determina lo stato di tensione su particolari piani, e
consente di dedurre talune qualit dello stato di tensione. In un approccio generale,
si consideri la base cartesiana (O, e1, e2, e3) centrata nel punto del solido considerato. Il tensore di sforzo di Cauchy, in questa base, sia  (Figura 5.40). Con-

Figura 5.40
Stato di tensione
nella base (x1 , x2 , x3 )

a
x3

x3
s33
t23

t3n

t13

t31
s11

tln
,

x2

sn
n

x1

x1

t21

t32
t12

s22 x 2

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 375

5.2

Problema dellequilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j

sideriamo ora un piano a, appartenente al fascio di piani che si appoggia allasse


e3, definito dal versore della normale uscente nT 5 [n1 n2 0], formante con la
direzione e1 langolo m (Figura 5.40). Il piano a interseca quello (x1, x2) nella
retta , normale a n e a e3, sulla quale si fissa la direzione ,T 5 [n2 2n1 0], talch
la base (O, ,, n, e3) sia congruente con quella (O, e1, e2, e3). Si vuole ora determinare il vettore della tensione t agente sul piano a e le sue due componenti sn,
t,n agenti nel piano (x1, x2) aventi rispettivamente le direzioni di n e ,. Grazie al
teorema di Cauchy (5.120), si ottiene , dalla quale
sn 5 t # n 5 s11n21 1 s22n22 1 2t12n1n2

(5.167)

tln 5 t # < 5 1s11 2 s22 2 n1n2 1 t12 1n22 2 n21 2

(5.168)

s11n11t12n2
#
t5T
n5
s

22n21t12n1
t13n11t23n2

Sottraendo ai due membri della (5.167) la quantit  si perviene alla


s11 1 s22
1
sn 2
5 1s11 2 s22 2 a n21 2 b 1 2t12n1n2
2
2

375

(5.169)

s11 1 s22
2

Quadrando le (5.168) e (5.169) e sommando membro a membro si ottiene:


a sn 2

s11 1s22 2
1 2
b 1t2ln 5 1s11 2s22 2 2 c a n21 2 b 1n21n22 d 1
2
2

1t212 34n21n22 1 1122n21 2 4 1t12 1s11 2s22 2 c 4 a n21 2

1
b n1n2 121122n21 2n1n2 d
2

facile verificare che le tre parentesi quadre al secondo membro dellequazione


di sopra valgono rispettivamente: 1>4, 1, 0, ottenendosi in definitiva:
a sn 2

s11 1 s22 2
s11 2 s22 2
b 1 t2ln 5 a
b 1 t212
2
2

(5.170)

Ricordando che lequazione della circonferenza nel piano (x, y), di centro (x0, y0)
e raggio r si scrive , la (5.170) si interpreta come equazione del cerchio di Mohr
nel piano (sn, tln), avente centro di posizione , raggio dato da  e presenta
levidenza geometrica riscontrabile nella rappresentazione di Figura 5.41. La
(5.170) permette di riconoscere che, al variare del piano a fra tutti quelli del fascio
di piani di sostegno lasse e3, le componenti (sn, tln) del vettore tensione di Cauchy
appartenenti al piano (x1, x2) descrivono nel piano di Mohr (sn, tln) il cerchio di
Mohr di Equazione (5.170).
Per costruire il cerchio di Mohr basta riportare sullasse delle sn i punti di
ascisse s11 e s22; il centro C del cerchio il punto medio, di ascissa . Il punto
P di coordinate (s11, t21) permette di visualizzare il raggio r del cerchio nel
segmento CP.
Si sottolinea che le componenti di tensione (s11, s22, t21), atte a definire il
cerchio di Mohr, vanno considerate con i loro segni nel riferimento x1, x2. Il punto
P assume in questa rappresentazione importanza particolare, in quanto ricopre il
ruolo di polo del cerchio.
Una volta assodato che il punto tensione T 5 (sn, tln), al variare di a nel
fascio di piani di sostegno x3 descrive i punti della circonferenza di Figura 5.41,
resta da stabilire la relazione esistente fra langolo m che definisce il piano a di
normale n e il punto tensione T 5 (sn, tln). Con riferimento alla Figura 5.41, si
consideri il triangolo PRT. La tangente dellangolo che il segmento PT forma con
quello PR, grazie alle (5.167) e (5.168) dato da:

Cerchio di Mohr
 1x2x0 2 211y2y0 2 25r2
C5 a
 r25 a

s11 1 s22
,0b
2

s112s22 2 2
b 1t12
2

s11 1 s22
2

Polo del cerchio di Mohr

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 376

376

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Figura 5.41

tln

x2

t12

tnm

sm

p +m a

tnm

Q
sm

s22 C

s11

sn

s11

x1
,

, x2

(s11- s22)

sm

t ln
p +m

R
s22
(s11+ s22)

sn

sn

t ln

sn
m

sn -(s11+ s22)
2

s 22
t 21
s 11

x1

sn

sn 2 s11
n2
TR
5
5
5 tan m
t12 2 tln
n1
PR

22

x2

12
21

11

11

21
O
12

x1

Questo risultato permette dunque di riconoscere che il punto T che si ottiene quale
(seconda) intersezione della retta per P, formante con la PR langolo m, ha coordinate T 5 (sn, tln) e determina dunque le cercate componenti della tensione
agenti sul piano a aventi le direzioni rispettivamente di n e ,.
I segni delle componenti (sn, tln) vanno considerati con riferimento alla base
(O, ,, n) che congruente con quella (O, 2e2, e1) e pertanto sono quelli rappresentati sullelementino solido in Figura 5.41. utile sottolineare che la tensione
tangenziale tln rappresentata in Figura 5.41 negativa e seguendo la convenzione
di Mohr il suo verso sullelementino materiale va fissato facendo riferimento alla
base (O, ,, n). Nel seguito si utilizzer anche una rappresentazione degli assi del
piano di Mohr che vede il verso positivo dellasse delle tln verso il basso, in modo
da riconoscere pi direttamente il loro verso.

22
x2

Il cerchio di Mohr per stati piani di tensione


n

11

21

x1

12
22

Figura 5.42 Componenti


di tensione nel piano x1, x2
sui piani coordinati e su un
generico piano.

In presenza di uno stato tensionale piano [Equazione (5.150)] ovvero anche nel caso
di deformazione piana in cui anche la componente di tensione normale al piano risulta diversa da zero, si pu utilizzare un metodo grafico dovuto a O. Mohr per determinare la tensione su un piano generico e quindi direzioni e tensioni principali.
Siano s11, s22, s12 le componenti riferite al sistema (O, x1, x2) di Figura 5.42.
Si vogliono determinare le tensioni normale sn e tangenziale tn sul piano di
normale n. La costruzione grafica di Mohr si ottiene effettuando le operazioni seguenti (Figura 5.43).
1. Si traccia un sistema di assi ortogonali riportando sullasse delle ascisse la componente normale di tensione sn e sullasse delle ordinate la componente tangenziale tn cambiata di segno. Il piano in oggetto prende il nome di piano di Mohr.

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 377

5.2

Problema dellequilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j

M( 11, 12)

12

377

Figura 5.43 Costruzione


del cerchio di Mohr.

C
O

B( 22, 0)
(11 + 22)
2

A( 11, 0)

S(n, n)

(11 22)
2

Si individuano sul piano di Mohr i punti A 5 (s11, 0) e B 5 (s22, 0).


Si determina il centro C 5 (, 0).
Si determina il polo della rappresentazione M 5 (s11, 2s12).
Si costruisce la circonferenza di centro C e raggio R 5 MC 5 .
Si traccia per M una retta parallela al piano di normale n (Figura 5.42), formante un angolo w con lasse x1.
7. Si individua il punto S in cui la retta per M interseca la circonferenza. Le sue
coordinate sul piano di Mohr (sn, tn) rappresentano le tensioni normale e tangenziale cercate.

2.
3.
4.
5.
6.

s11 1 s22
2

(s11 2 s22)2
1 s212

j Esempio 5.11

Stato di tensione monoassiale


Si considera (Figura 5.44) lo stato di trazione monoassiale diretto secondo lasse
x1 gi esaminato in precedenza [Equazione (5.121)].
s11 5 s . 0

s22 5 s12 5 0

Figura 5.44 Cerchio


di Mohr per uno stato
di tensione monoassiale.

S(n, n)

sen 2
2
R

A=M

n
11
I

11 =

(1 + cos 2)
2
A = (R, 0)
B= (0, 0)

R=

(1 + cos 2)
2

sen 2
2

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 378

378

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Si vuole determinare la tensione agente sulla giacitura, la cui normale risulta


inclinata di un angolo w rispetto allasse x1.
Dalla costruzione risulta:
sn 5 R(1 1 cos 2w) 5

s
(1 1 cos 2w)
2

s
tn 5 2R sen 2w 5 2 sen 2w
2
Si confronti il risultato ottenuto con le Equazioni (5.122) e (5.124); inoltre si
consiglia di ripetere la costruzione nel caso di trazione monoassiale secondo
lasse x2, s22 . 0, e di compressione monoassiale, s11 , 0.
j Esempio 5.12

Stato di tensione tangenziale


Si considera (Figura 5.45) lo stato di tensione biassiale tangenziale discusso in
precedenza e si assume:
s11 5 s22 5 0

sn 5 R sen 2w 5 t sen 2w
tn 5 R cos 2w 5 t cos 2w

j Esempio 5.13

s12 5 t . 0

Anche in questo caso si vuole determinare la tensione agente sulla giacitura, la cui
normale risulta inclinata di un angolo w sullasse x1. Dalla costruzione risulta .
Si osservi inoltre che i punti di intersezione della circonferenza con lasse
delle sn, SI e SIII, hanno componenti tangenziali nulle e componenti normali rispettivamente massima e minima; rappresentano dunque le tensioni principali
sI 5 t e sIII 5 2t. Le congiungenti il polo della rappresentazione M con SI e
SIII e le loro normali rappresentano rispettivamente le giaciture e le direzioni
principali.

Stato di tensione biassiale principale


Si considera (Figura 5.46) uno stato di tensione di cui sono note le tensioni principali e si ricerca lo stato di tensione su una giacitura generica; si assume:
sI 5 s11 ? 0

Figura 5.45 Cerchio


di Mohr per uno stato
di tensione tangenziale.
Direzioni principali.

sII 5 s22 ? 0

s12 5 0

(sI, sII tensioni principali)

M B
/4

SIII

III

cos 2
n

SI

n n
I

sen 2

21 =

I =
II

II =

A = (0, ), B = (0, ), C = (0, 0), M = (0, ), R = .

12 =

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 379

5.2

min

Problema dellequilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j

n =

22

A=M
11

11

max

A = ( 11, 0); B = ( 22 , 0); C = (

Figura 5.46 Cerchio


di Mohr per stato di
tensione biassiale principale.

(11 + 22)
+
2
( 22) cos 2 )
+ 11
2

S(n, n)

x1

n=

I =

379

(11 + 22)
2
sen 2

22

22
11 + 22
,0); M = A; R = 11
2
2

Ancora una volta si vuole determinare la tensione agente sulla giacitura la cui
normale risulta inclinata di un angolo w sullasse x1.
Dalla costruzione risulta:
sn 5

s11 1 s22
s11 1 s22
s11 2 s22
1 R cos 2w 5
1
cos 2w
2
2
2
tn 5 2R sen 2w 5 2 a

s11 2 s22
b sen 2w
2

Si osservi come su ogni giacitura, diversa da quelle principale, sia presente una
componente tangenziale di tensione, il cui valore massimo si ha per w 5 645
e vale t 5 61>2 (sI 2 sII).

j Esempio 5.14

Ricerca grafica delle tensioni principali


Si considera uno stato tensionale piano generico caratterizzato, per esempio,
dalle componenti di tensione
s11 5 s . 0

s22 5 0

s12 5 t . 0

Allo scopo di individuare le direzioni e le tensioni principali si costruisca (Figura


5.47) la circonferenza di Mohr ove:
s
s2
A 5 1s, 0 2 B 5 10, 02 C 5 a , 0 b M 5 1s, 2t 2 R 5
1 t2
2
4
e si esegua la costruzione grafica descritta in precedenza. I punti SI e SIII, intersezioni della circonferenza con lasse orizzontale, rappresentano rispettivamente la massima e la minima tensione principale. Le due rette che uniscono
il polo della rappresentazione M con i punti SI e SIII individuano le giaciture
principali.
Le tensioni principali risultano: .
Considerando il triangolo CAM possibile constatare che .

 sI 5

sIII 5

s
s2
1
1 t2,
2
4

s
s2
2
1 t2
2
4

 tan 2wI 5

2t
s

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 380

380

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Figura 5.47 Ricerca


grafica delle tensioni
e giaciture principali.

R
2

SIII = ( III, 0)

III

o B

x1

nI

SI = (I, 0)

I =
III =

+
2

2
+ 2
4

+ 2
2
4

Dimostrazione sintetica della costruzione di Mohr


Una giustificazione della costruzione di Mohr si ottiene, a partire dalle (5.163)
osservando che sulla giacitura di normale x1 si ha sn 5 s11 e tn 5 s12 e dunque:
(s11 1 s22)
(s11 2 s22)
1
cos 2w 1 s12 sen 2w
2
2

1
tn 5 2 (s11 2 s22) sen 2w 1 s12 cos 2w.
2
sn 5

(5.171)

Si ponga

R sen 2g 5 s12
s11 2 s22
R cos 2g 5
2

(5.172)

ove R e g indicano il raggio della circonferenza e langolo per cui si annulla la


tensione tangenziale (5.164); infatti dalle (5.172) si ricava:
R2 5 c a

s11 2 s22 2
b 1 s212 d
2

2s12
tan 2g 5
s11 2 s22

(5.173)

Sostituendo le (5.172) nelle (5.171) si ottiene:


s111s22
s111s22
1R cos 2w cos 2g1R sen 2w sen 2g5
1R cos 2(g2w)
2
2

(5.174)
tn52R sen 2w cos 2g1R cos 2w sen 2g5R sen 2(g2w)
sn5

Le precedenti costituiscono la rappresentazione parametrica di una circonferenza,


ove il generico punto S 5 (sn, tn) rappresenta lo stato di tensione su una giacitura
ruotata di un angolo g rispetto al riferimento assegnato. Infatti per quadratura le
(5.174) divengono:
(s111s22) 2 2 2
d 1tn5R cos 2 32(g2w)41R2 sen 2 321g2w2 45R2 (5.175)
2

c sn2


s11 1 s22
2

che rappresenta lequazione della circonferenza di centro C 5 (, 0) e raggio R.

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 381

5.2

Problema dellequilibrio dei solidi deformabili, tensioni, tensore di sforzo j

381

Rappresentazione grafica di stati tensionali triassiali


Lillustrazione dettagliata della rappresentazione grafica per stati di tensione triassiali generici, arbelo di Mohr (Figura 5.48), esula dagli scopi di questo testo.
Tutti i punti sn tn che rappresentano gli stati tensionali presenti sui piani dellintera stella di piani passanti per il punto considerato sono contenuti nella regione
del piano sn tn scurita in Figura 5.48. I cerchi di centri C1 C2 C3 rispettivamente
di ascisse:
C1 5

sII 1 sIII
2

C2 5

sI 1 sIII
2

C3 5

sI 1 sII
2

(5.176)

e di raggi rispettivamente  vengono detti cerchi di Mohr principali.

I punti tensione sn, tn descrivono la zona interna al cerchio principale massimo ed esterna agli altri due cerchi principali: tale zona si chiama arbelo
di Mohr.
Linsieme {sI, sII, sIII} delle componenti principali di tensione contiene la
massima e la minima delle tensioni normali relative alle infinite giaciture che
possono considerarsi per il punto in esame.
La massima tensione tangenziale in un punto uguale al pi grande dei raggi
dei tre cerchi e si pu dunque valutare attraverso la formula:
1
tmax 5 max 1 0sII 2 sIII 0 , 0sI 2 sIII 0 , 0sI 2 sII 0 2
2

sII 2 sIII
2
sI 2 sIII
2
sI 2 sII
2

(5.177)

Con lordinamento sIII < sII < sI, si ha  e la tmax presente sulle giaciture
che si appoggiano a n2 e formano angoli di 6p>4 con nI e nIII (Figura 5.48).
Nel caso piano una delle tre tensioni principali si annulla, per cui due dei tre
cerchi di centro C1 C2 C3 sono tangenti allorigine.

 tmax 5

sI 2 sIII
2

Linee isostatiche
Uninteressante rappresentazione dello stato di tensione si ottiene tracciando,
nellinterno del solido, gli inviluppi delle direzioni principali. Si ottengono, nelle
ipotesi di regolarit assunte, tre famiglie di linee, mutuamente ortogonali, dette
linee isostatiche.
min

Figura 5.48
Rappresentazione di Mohr
di stati di tensione triassiali.

+
I

ax

III
max

III

III

C3

C2

C1

III

II
I

nI

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 382

382

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Figura 5.49 Mesh per


lanalisi agli Elementi Finiti
della testa di un femore
umano.

Se in un punto qualsiasi, si evidenzia un elemento cubico infinitesimo avente le


facce perpendicolari alle isostatiche, su queste agiscono solo tensioni normali.
Ci suggerisce lidea di sostituire al materiale continuo che costituisce il solido
una maglia formata da tre ordini di aste soggette solo a sforzo normale orientate
secondo le isostatiche, che in tal modo visualizzano le linee di flusso delle tensioni
normali allinterno del corpo.
Con i moderni codici di analisi dei solidi agli elementi finiti normali oggi possibile determinare lo stato di sforzo e le linee isostatiche in un qualunque elemento
strutturale. In Figura 5.49 riportata la discretizzazione per elementi finiti (mesh)
effettuata per un femore umano, costituente una griglia spaziale di elementi, la quale
consente di effettuare lanalisi dello stato di deformazione e tensione nellosso tramite la soluzione di un sistema di equazioni algebriche (M. Fraldi, Un modello costitutivo per solidi porosi, Tesi di Dottorato. Univ. di Napoli Federico II, 1999).
In Figura 5.50a rappresentata la mesh per lanalisi agli elementi finiti di un portale e in Figura 5.50b rappresentata la soluzione deformata, insieme alle isosurfaces
(superfici isostatiche), della prima tensione principale (Ing. Luca Esposito, 2010).

Figura 5.50 Andamento delle linee isostatiche.

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 383

5.3

Principio dei Lavori Virtuali per il solido deformabile j

383

j Approfondimento 5.2
Tensore di sforzo di Piola-Kirchhoff
Come gi intuito in tempi antichi e sancito dal motto
ut tensio, sic vis (anagrammato come ceiiinosssttuv da Robert Hooke), che si tradurrebbe oggi
dalla deformazione dipende lo sforzo, lo stato di
sforzo interno di un solido deve dipendere dalla sua
deformazione, e pertanto il tensore di sforzo non potrebbe a rigore essere definito in @0 (come si fa sotto
lipotesi di piccoli spostamenti) bens sulla configurazione deformata @. Qui, a titolo didattico, si vuole
solo mostrare il filo del ragionamento cha va sviluppato quando si voglia correttamente trattare lequilibrio tenendo conto della deformazione.
Nella configurazione deformata @ del solido opportunamente caricato, sia presente lo sforzo interno, rappresentato dal tensore di sforzo di Cauchy T. In @ su
un elemento di superficie infinitesimo dS passante per
y agisce dunque il vettore tensione t 5 Tm, che sulla
superficie S, per la formula di Nanson (AP5.1), risulta
RS 5 3 Tm dS 5 3 J T(F 21)Tn ds (AP5.4)
S

in cui F il gradiente di deformazione, J il determinante Jacobiano della trasformazione da @0 a @,


m il versore della normale a S in y P @, n il versore della normale a s in x P @0. La (AP5.4) consente

di definire il cosiddetto primo tensore di sforzo di


Piola-Kirchhoff, ottenibile trasponendo lintegrando
della (AP5.4):
S 5 J F21 T

(AP5.5)

che opera sulla configurazione indeformata del solido, trasformando su @0 il tensore di Cauchy T, e permette di calcolare la cercata risultante tramite la:
RS 5 3 ST n ds
s

nella quale lintegrale opera sulla configurazione indeformata del solido. Si noti che T, tensore di sforzo di
Cauchy, definito sulla configurazione deformata @ e
per questo motivo viene anche chiamato tensore reale
di sforzo. T simmetrico, come mostrato precedentemente. A T, nella configurazione @0 corrisponde peraltro il tensore S (AP5.5), che perde il carattere della simmetria. Si tenga inoltre conto del fatto che, mentre in @
le componenti di T agiscono sui piani di un riferimento
cartesiano, mutuamente ortogonali, in @0 le componenti
di S agiscono sulle facce trasformate allindietro e cio
tramite lapplicazione inversa della deformazione, del
cubetto cartesiano presente in @, e pertanto su piani che
non sono, in generale, fra loro ortogonali.

5.3 j Principio dei Lavori Virtuali per il solido


deformabile
Nel Capitolo 2 stato trattato il Principio dei Lavori Virtuali per i corpi rigidi
che, come si potuto notare, fornisce una importante condizione di equilibrio.
Nel Capitolo 3 stato introdotto il Principio dei Lavori Virtuali (PLV) per le strutture composte da travi deformabili, che stato utilizzato prima per calcolare spostamenti generalizzati e poi per scrivere le equazioni di congruenza per la deduzione delle iperstatiche per sistemi di travi elastiche.
Successivamente, nei paragrafi dedicati ai principi e teoremi della Teoria dellElasticit, si introdotto direttamente e fatto ampio uso del Principio dei Lavori
Virtuali, nella sua formulazione rivolta alle travi elastiche: il principio si rivelato
uno strumento fondamentale, per ottenere importanti risultati che hanno dato origine a molteplici deduzioni teoriche e importanti applicazioni.
Il Principio dei Lavori Virtuali, gi ampiamente utilizzato nei capitoli precedenti in tema di strutture elastiche, presenta unautonoma validit indipendente
dal legame costitutivo: esso pertanto deducibile per il solido deformabile in modo del tutto generale, senza alcuna precisazione sul tipo di materiale strutturale.
Per questo motivo esso pu essere utilizzato per una generalit di problemi strutturali in ambito non necessariamente elastico: in plasticit, nellanalisi limite e

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 384

384

Capitolo 5

Meccanica dei continui

n
f
f

b
f

f
u

al collasso delle strutture, in presenza di materiale viscoso, o in presenza di un


qualunque legame costitutivo.
Si mostrer in questo paragrafo che si tratta infatti di uno strumento estremamente generale, che mette in relazione i campi di forze-tensioni con quelli spostamenti-deformazioni, senza che questi e quelli abbiano fra loro una qualche relazione di causa ed effetto. Mediante il PLV si esprimono condizioni di equilibrio
fra forze e tensioni presenti sul corpo, oppure condizioni di compatibilit fra spostamenti e deformazioni. Queste condizioni scritte tramite il PLV sono in forma
integrale e cio riguardano lintero solido, pesando su tutta la sua estensione
lequilibrio o la compatibilit, e consentono altres di evidenziare il rispetto di
condizioni locali di equilibrio o compatibilit.
A questo punto dunque evidente che le applicazioni gi mostrate per le strutture elastiche sono solo alcune fra quelle di una casistica ben pi ampia.
La trattazione verr svolta utilizzando gli enti meccanici spostamento, deformazione, forza, tensione, e le nozioni di equilibrio e compatibilit, gi introdotti
in questo Capitolo.
Si consideri un solido deformabile occupante il dominio connesso @, a frontiera generalmente regolare 0@. Si considerino le due rappresentazioni @f e @u,
del solido, come in Figura 5.51.
Su 0@f sia applicato il campo di forze superficiali f e su @f il campo di
forze volumetriche b: questi due campi di forze siano dotati di opportuna regolarit (per esempio continui con le derivate prime continue). Il sistema delle
forze f e b equilibrato e soddisfa per ipotesi le equazioni cardinali della statica
(5.107) e (5.108).
Sia T(x) il campo tensoriale di sforzo di Cauchy in @f, simmetrico e soddisfacente, con le assegnate forze, le equazioni indefinite di equilibrio e quelle di bordo:
0sij
0xj

u
u

u
Figura 5.51

(5.178);

1 bi 5 0

 3 (sijui)njdA 5

0sij

0ui

# a u 0x 1 s 0x b dV
i

ij

# u dA 5

0b

0
5 3 (sijui)dV 5
0xj

#
3 fi ui dA 5 3 sijnjuidA
0b

(5.180)

0b

in cui lintegrando sviluppato secondo la convenzione di Einstein sugli indici


ripetuti.
Lultimo membro dalla (5.180) esprime il flusso attraverso la frontiera di @ del
vettore (aj 5 sijui); ne consegue che lintegrale di superficie pu trasformarsi in integrale di volume tramite il teorema di Gauss-Green:  sicch la (5.180) diventa:
0sij
0ui
3 fiui dA 5 3 ui 0x dV 1 3 sij 0x dV
j
j

0b

Identit fondamentale

(5.179)

il sistema di forze tensioni rappresentato in questa parentesi (f, b, T) dunque,


per ipotesi, equilibrato su @f.
Sul dominio @u, uguale per geometria a quello @f, sia definito un campo di
spostamento u piccolo, dotato di opportuna regolarit (per esempio continuo, derivabile con derivate prime e seconde continue).
A questo punto possibile scrivere il prodotto scalare delle forze f agenti su 0@f
per gli spostamenti u della 0@u, utilizzando le tensioni emergenti di Cauchy (5.179):
3f

0b

sijnj 5 fi

(5.181)

che assume il nome di identit fondamentale e si riassume in notazione assoluta:


T

3f
0b

# u dA 5

3u
b

# divT dV 1

3 T ? =u dV
b

(5.182)

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 385

5.3

Principio dei Lavori Virtuali per il solido deformabile j

Il termine T ? =u 5 sij (0ui>0xj) viene definito prodotto interno dei tensori T e


=u ed dato da T ? =u 5 tr(T=uT).
Considerando il tensore di deformazione infinitesima  compatibile con il
campo di spostamento u, (5.90) si osserva che lultimo integrando nella (5.181),
grazie alla simmetria di sij, pu trasformarsi come segue:
sij

E5 c

0uj
0ui
0ui
1
5 sij a
1
b 5 sij eij
0xj
2
0xj
0xi

Peraltro lequazione di equilibrio interno (5.178) consente di trasformare il primo


integrando al secondo membro della (5.181) nella forma: .
A questo punto la (5.181) diventa lequazione dei Lavori Virtuali:
3 fiuidA 1 3 biuidV 5 3 sijeijdV
0b

 ui

0sij
0xj

385

0uj
1 0ui
a
1
bd
2 0xj
0xi

5 2 biui

Equazione dei Lavori Virtuali

(5.183)

Il primo membro della (5.183) il cosiddetto lavoro virtuale delle forze o lavoro
esterno, che costituito dal prodotto scalare delle forze agenti su @f per gli spostamenti presenti in @u, il secondo membro il cosiddetto lavoro virtuale interno delle
tensioni sij in equilibrio con le assegnate forze, per le deformazioni connesse con u.
La funzione integranda sij eij del lavoro interno Li ha un significato meccanico
riconducibile al lavoro interno che le tensioni sii, tij agenti sullelemento infinitesimo di volume dV, compiono per le deformazioni corrispondenti eii, gij, come
rappresentato in Figura 5.52.
Il campo u uno spostamento virtuale, ove con questo termine si intende un
arbitrario campo di spostamento piccolo appartenente a una classe di opportuna
regolarit.
La (5.183) stata ricavata postulando lequilibrio per il sistema forze-tensioni
(f, b, T), pertanto essa costituisce una condizione necessaria di equilibrio; risulta
dunque dimostrato il seguente teorema.

Lavoro virtuale esterno


Lavoro virtuale interno

Spostamento virtuale

Condizione necessaria
di equilibrio

1 Teorema degli Spostamenti Virtuali


Definito su @ un sistema equilibrato di forze-tensioni (f, b, T) e un campo di spostamenti-deformazioni virtuali compatibili (u, E), il prodotto scalare delle forze superficiali e di volume per lo spostamento u, detto lavoro virtuale delle forze o esterno, uguale al lavoro virtuale delle tensioni in equilibrio con le assegnate forze
per le deformazioni virtuali compatibili con u, detto lavoro virtuale interno.

ij

ji

ji
dxi

dxi
(1 + ji )dxi

Figura 5.52

ji dxj

ji

ij = ij
dxi

ij

dxj

ij = 1/2 ij
dxi

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 386

386

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Questo teorema si chiama degli spostamenti virtuali, a sottolineare il ruolo di campo


di prova assunto dal generico spostamento u appartenente alla prescelta classe.
Si nota esplicitamente che i lavori di cui si parla non vengono realmente compiuti, ma sono soltanto dei prodotti scalari fra campi di enti duali. In questo teorema gli spostamenti e le corrispondenti deformazioni sono soltanto strumenti di
prova da inserire nellequazione dei Lavori Virtuali, allo scopo di ottenere tramite
il soddisfacimento dellequazione una condizione necessaria di equilibrio per il
sistema di forze-tensioni.
Utilizzando una tecnica matematica propria del calcolo delle variazioni, possibile dimostrare il seguente teorema.

Teorema degli spostamenti


virtuali

2 Teorema degli Spostamenti Virtuali


Sia T un campo tensoriale di sforzo opportunamente regolare definito su @, e siano
assegnate le forze superficiali e volumetriche (f, b) soddisfacenti le equazioni cardinali della statica, ma non a priori in equilibrio con T. Se lEquazione dei Lavori
Virtuali (5.183) scritta per (f, b) e T soddisfatta per tutti i campi di spostamento
virtuale u con le corrispondenti deformazioni compatibili E, allora T in equilibrio
con le forze (f, b), nel senso del soddisfacimento delle (5.178) e (5.179).

j Approfondimento 5.3
Particolarizzazioni ed estensioni del PLV

Si riportano qui di seguito una particolarizzazione e


due estensioni del PLV a campi discontinui, che risultano assai utili in talune applicazioni particolari in
meccanica dei solidi.

PLV per il corpo rigido costituisce particolarizzazione di quella per il corpo deformabile, allo svanire della deformazione.
Campi di spostamento discontinui

Corpo parzialmente rigido


Nel caso in cui in una parte del solido br 8 b lo spostamento u del tipo rigido, risulta ivi
E 5 [eij] 5 0
e lequazione del PLV sopra scritta si particolarizza
nella forma:
3 fiuidA 1 3 biuidV 5 3 sijeijdV (AP5.6)
0b

b2br

Se in tutto il solido lo spostamento del tipo rigido,


la (AP5.6) diventa:
3 fi ui dA 1 3 bi ui dV 5 0
0b

e coincide con lequazione del PLV per il corpo rigido, potendo quindi affermare che lequazione del

In taluni problemi il campo di spostamento presenta


discontinuit di prima specie. A titolo di esempio, in
Figura 3.29c rappresentato lo scivolamento di una
parte di un terrapieno, dovuto a un meccanismo di
scorrimento in corrispondenza di una certa superficie
SD, talch il moto incipiente del tipo scorrimento rigido delle due parti b1, b2 separate del solido SD. Lo
spostamento relativo fra le due parti Du 5 u1 2 u2,
ove u1, u2 sono i due limiti destro e sinistro dello
spostamento nelle due parti volumetriche, del tipo
tangente in ogni punto alla superficie di discontinuit SD. Non sono consentite discontinuit delle
componenti normali a SD dello spostamento, in quanto queste potrebbero comportare una inconsistenza
volumetrica dellipotesi di biunivocit della deformazione y 5 f(x) (5.1).
Lestensione del PLV a questo tipo di discontinuit si persegue considerando la SD, come ulteriore superficie di frontiera per le due parti b1, b2. Sulle due

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 387

5.3

Principio dei Lavori Virtuali per il solido deformabile j

Questo teorema fornisce una condizione sufficiente di equilibrio fra forze e tensioni.
Si faccia poi riferimento a un preassegnato spostamento infinitesimo u definito
su @, e a uno stato di deformazione infinitesima E, preassegnati e non a priori necessariamente compatibili fra loro. Invertendo il ruolo di parametri di prova fra gli
enti spostamenti-deformazioni (u, E) e forze-tensioni (f, b, T) fra loro equilibrati e
arbitrariamente scelti in una classe di opportuna regolarit, possibile dedurre tramite
lEquazione dei Lavori Virtuali la seguente condizione di compatibilit fra u ed E.

387

Condizione sufficiente
di equilibrio

3 Teorema delle Forze Virtuali


Sia u un campo di spostamento regolare e infinitesimo ed E un campo di deformazione infinitesima regolare assegnato indipendentemente da u. Se lEquazione dei
Lavori Virtuali (5.183) scritta per i prefissati campi u ed E vale per ogni campo di
forze-tensioni (f, b, T) regolari e fra loro equilibrati, allora u compatibile con le
deformazioni E, nel senso che sono soddisfatte le (5.29), (5.30).

Questo teorema fornisce dunque una condizione sufficiente di compatibilit fra


spostamento e deformazione.

superfici, nellambito del sistema forze, emergono i


vettori di sforzo di Cauchy (5.120):
ti1 5 sij nj 5 ti

x[SD1

ti2 5 2sij nj 5 2ti

x[SD2

e lequazione del PLV assume la forma generalizzata:


3 fiuidA 1
0b

3 biuidV 1 3 ti DuidA 5
b 1 cb 2

SD

3 sijeijdV

(AP5.7)

b 1 cb 2

in cui le deformazioni sono discontinue su SD. Questa


discontinuit che interessa la superficie SD, a misura
nulla in R3, non modifica lintegrale volumetrico al
secondo membro della (AP5.7).

ficie SD viene riguardata come frontiera per ciascuna


della due parti del solido b1, b2 che si affacciano su
di essa. In ogni punto x di SD, per la parte b2 di normale uscente n, il vettore tensione di Cauchy emergente (5.120) vale t2i 5 s9ijnj, e per la parte b1 il
vettore di Cauchy vale t1i 5 s0ij(2nj). Per lequilibrio
in x su SD, devono risultare soddisfatte le tre equazioni di equilibrio
t1i 1 t2i 5 0

(AP5.8)

Ci possibile, in quanto i due tensori di sforzo sono


definiti ciascuno da sei componenti indipendenti, e
possono pertanto essere diversi fra loro e discontinui
su SD, pur continuando a rispettare in ogni punto x
di SD le tre equazioni di equilibrio (AP5.8) alla frontiera. Lequazione del PLV, si continua a scrivere formalmente nella forma (5.181), nella quale vanno tenuti in conto ulteriori due termini alla frontiera su
SD, sintetizzabili nellintegrale:
1
2
3 (ti 1 ti ) ui dA 5 0

Campi di tensione discontinui


Nel solido esista una o pi superfici SD di separazione
fra parti b1, b2 nelle quali siano definiti rispettivamente tensori di sforzo T9 5 [s9ij], T0 5 [s0ij] diversi
e con discontinuit di prima specie su SD. La super-

Condizione sufficiente
di compatibilit

SD

che non modificano lequazione del PLV:


3 fi ui dA 1 3 bi ui dV 5 3 sij eij dV
0b

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 388

388

Capitolo 5

Meccanica dei continui

5.4 j Meccanica dei materiali. Legami costitutivi


Teoria dellelasticit

Rilevazione sperimentale
di spostamenti e deformazioni

In questo capitolo dedicato alla meccanica dei solidi, fino a questo punto sono
stati introdotti ed esaminati gli enti meccanici che hanno consentito di definire lo
spostamento e la deformazione dei corpi solidi deformabili mediante una trattazione avente evidenza geometrica; daltro canto lintroduzione dei concetti di forza e di tensione secondo Cauchy ha permesso di definire le relazioni di equilibrio
del solido deformabile di tipo anche puntuale, a differenza del corpo rigido.
Si noti che gli spostamenti e le rotazioni dei solidi deformabili sono misurabili
sperimentalmente tramite opportuni apparati, macchine, strumenti (Figura 5.53)
e tecniche di prova, con opportuna precisione (comparatori meccanici, tecnica interferometrica Moir, interferometria laser, tecniche ottiche ecc.). La stessa deformazione dellintorno di un punto accessibile di una struttura leggibile tramite
la rilevazione di spostamenti relativi su basi molto piccole, a mezzo di estensimetri
potenziometrici, strain gauge (Figura 5.19) o altre apparecchiature. Le forze e le
tensioni sono invece enti convenzionali di cui non possibile la misura, se non
facendo riferimento ai loro effetti: questi enti rimangono un importante strumento,
pur rimanendo di un carattere astratto che li sottrae a una diretta misurazione. In
elasticit lineare, utilizzando gli enti spostamenti-deformazioni, duali di quelli forze-tensioni, possibile dedurre lentit di questi ultimi per confronto analogico.
Il Principio dei Lavori Virtuali ha fornito condizioni di tipo globale di equilibrio per le forze-tensioni, o di compatibilit per spostamenti-deformazioni, che
generano altres condizioni locali, di equilibrio o compatibilit, in maniera indipendente dalle reali caratteristiche del singolo materiale strutturale utilizzato.
Finora gli enti statici e quelli cinematici non sono stati posti in una relazione
di causa-effetto su un particolare materiale, mentre in realt essi coesistono nelleffettiva modellazione del problema strutturale di una costruzione.

Premesse
La Scienza delle Costruzioni deve avviare allo studio e alla soluzione dei reali problemi strutturali e non pu prescindere a questo punto dal trattare i principali aspetti

Figura 5.53

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 389

5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

del comportamento dei materiali di normale utilizzo nelle costruzioni, definendone


il modo di deformarsi e la capacit di resistere a sollecitazioni crescenti.
Questa parte della disciplina, attinente ai legami costitutivi dei materiali e alla
loro resistenza, ha ricevuto storicamente una sistemazione generale in un arco di
tempo di circa tre secoli, a partire fondamentalmente dagli studi proposti da Galilei
nel suo Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti alla meccanica e i movimenti locali (Leida 1638), nel quale egli si interroga
sul come e sul perch della resistenza dei solidi, utilizzando per primo larmamentario meccanico-matematico e abbandonando le cause metafisiche imperanti
nella filosofia aristotelica.
La ricerca sul comportamento dei materiali e delle strutture ha ricevuto in
varie epoche grandi impulsi legati alle sfide derivanti dalla necessit di realizzare
costruzioni (opere infrastrutturali, mezzi di trasporto, navi, automezzi, aeromobili, strumenti, macchine e oggetti in genere) dotati delle necessarie qualit di resistenza, stabilit, leggerezza, funzionalit: questa sfida, sempre presente ma che
si pone continuamente in modo nuovo, unita alla curiosit e allingegno delluomo, da sempre stato il vero motore dellinnovazione tecnologica.
In letteratura esistono diversi trattati, anche in italiano, che consentono agli
studiosi interessati di approfondire la conoscenza sullevoluzione storica della resistenza dei materiali, qui solo introdotta in termini di primo approccio (vedasi
per esempio: E. Benvenuto, La Scienza delle Costruzioni e il suo sviluppo storico,
Sansoni, 1981).
Le tappe principali della moderna teoria dei materiali sono scandite da quelle
delle conquiste tecnologiche, che sono rese possibili dal forte e parallelo sviluppo
della modellazione fisico-matematica e delle applicazioni avanzate.
Nellambito delle conquiste in tema di teoria dellelasticit, assai rilevante
stato il contributo della Scuola Italiana nel periodo a cavallo fra lOttocento e
il Novecento.
Un forte e decisivo impulso alla razionalizzazione della teoria dei legami costitutivi e della meccanica dei solidi si avuta nella seconda met del Ventesimo
secolo grazie alle formulazioni assai complete ed esaustive dovute a eminenti
meccanici teorici e applicati.
Ma la prepotente avanzata cui si assistito non ha certo esaurito n risolto
tutte le problematiche: sono infatti tuttora in corso nei moderni centri di ricerca
forti progressi sulla conoscenza di nuovi e vecchi materiali.
Peraltro la Scienza dei Materiali e delle Strutture, dopo avere dato risposte
nellambito pi proprio del mondo delle costruzioni, ha assunto un ruolo fondamentale di supporto nellavanzamento di discipline diverse e apparentemente lontane da quelle tecniche tradizionalmente concepite.
Attualmente il nucleo metodologico della meccanica strutturale sta trovando
nuovi e assai fecondi campi di applicazione in diverse discipline, quali per esempio quelle legate alla tecnologia di nuovi materiali, in geomeccanica, in rischio
sismico e vulcanico, nello studio dei fenomeni di instabilit del territorio, in biologia e in diverse branche della medicina e chirurgia: queste importanti e nuove
richieste poste alle competenze esistenti costituiscono segno dellattuale persistente vitalit e grande potenzialit di una certa concezione della meccanica dei
solidi e delle strutture.

5.4.1 Legami costitutivi


In questa sede si esporranno alcuni elementi introduttivi alla moderna teoria dei
legami costitutivi, limitandoci poi nel seguito a fornire gli elementi essenziali del
legame elastico, che storicamente sono quelli di maggiore interesse nello studio

Meccanica strutturale

389

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 390

390

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Equazioni costitutive

Teoria molecolare

Legge fenomenologica

Elemento di volume
rappresentativo

Materiali progettati

delle costruzioni ordinarie. Qualche cenno verr dato in seguito sulla descrizione
delle condizioni di crisi del materiale e sul comportamento plastico.
La descrizione matematica del comportamento macroscopico dei diversi materiali reali in opportuni intervalli di deformazione e temperatura conduce a certe
relazioni coinvolgenti gli enti meccanici fin qui trattati (tensioni, deformazioni)
che si chiamano equazioni costitutive o legami costitutivi.
Per materiale ideale si intende quello il cui comportamento idealmente descritto da un certo legame costitutivo che consiste in una legge matematica coinvolgente le variabili meccaniche, capace di interpretare la qualit della risposta
sperimentale di unampia classe di materiali reali.
La meccanica del continuo solido tratta svariati materiali reali accorpandoli
in classi aventi caratteristiche comuni, pi che studiare le propriet di ogni singolo
materiale; ogni legame costitutivo va quindi inteso come rappresentativo del comportamento di svariati materiali reali.
Nella descrizione del legame costitutivo di un materiale si possono seguire
essenzialmente due strade. La prima, chiamata teoria molecolare e risalente a
studi di Navier e Cauchy (1820), formula un modello meccanico capace di interpretare i legami esistenti fra gli atomi e le molecole del materiale reale, pervenendo
poi alle equazioni matematiche che ne descrivono la legge di comportamento.
La seconda, largamente affermatasi nello scorso secolo, cui si far riferimento
nel seguito, utilizza la descrizione del continuo solido, pervenendo a una legge
matematica valida per il continuo quale equazione di campo; essa prescinde dallinterpretazione degli effettivi legami fra le particelle preferendo fare riferimento
a una legge di tipo fenomenologico, che capace di interpretare in media su parti
di materia finite la risposta sperimentale del materiale indagato.
Lo stesso Cauchy contribu in modo decisivo ad abbandonare la teoria molecolare che conduceva ad alcune contraddizioni e a formulare la teoria fenomenologica del continuo, che ancora oggi costituisce base per le pi moderne
trattazioni.
La definizione di questo tipo di legame presuppone la cosiddetta omogeneizzazione, che consiste nello stabilire propriet medie del materiale, a partire dalla
risposta sperimentale di un certo elemento di volume rappresentativo (RVE) della
risposta del materiale reale. La dimensione dellelemento di volume rappresentativo da prendere in considerazione deve essere la pi piccola possibile, dovendo
dare conto di qualit locali allinterno del modello del Continuo di Cauchy, ma
contemporaneamente di dimensione non inferiore a quella che consente di comprendere e mediare le eventuali notevoli disomogeneit puntuali. Per esempio,
per il conglomerato cementizio realizzato con inerti delle dimensioni di 3 cm,
sabbia, cemento e acqua, un volume rappresentativo delle dimensioni di una decina di centimetri consente di cogliere le propriet medie dellimpasto da porre
a base del materiale ideale omogeneizzato, evitando di descrivere le forti disomogeneit presenti fra inerte, malta e sabbia. Per lomogeneizzazione di un muro
in mattoni con allettamenti di malta il volume rappresentativo deve avere dimensione tale da comprendere diversi corsi di mattoni e malta. Per un osso quale il
femore, lRVE deve comprendere al proprio interno vari fasci di trabecole ossee
e di vasi, quindi avere dimensioni del centimetro cubo.
Presentano un legame costitutivo elastico, in opportune condizioni, materiali
reali molto diversi fra loro quali le terre, gli acciai, i materiali polimerici, la ghisa,
il legno, le ossa ecc.
Si noti peraltro che con il termine materiale reale si intendono non solo i materiali disponibili in natura ma anche quelli costruiti dalluomo.
Oggi, infatti, esistono i cosiddetti materiali progettati, le cui caratteristiche
vengono progettate a tavolino e ottenute mediante processi produttivi e tecnologici

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 391

5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

mirati a ottenere talune desiderate qualit (per esempio i materiali compositi con
fibre di rinforzo progettati per ottenere la scocca di unauto da corsa, o la vela
di una barca, o un paio di sci, o un casco da motociclista): la moderna ingegneria
dei materiali la disciplina che studia tali processi.
Nei materiali progettati dalla moderna ingegneria, si punta a doti particolari
di leggerezza, resistenza e rigidezza, dipendenti dallo specifico impiego cui sono
destinati.
Per risolvere problematiche avanzate in ambito aerospaziale, aeronautico, biomedico, civile e meccanico oggi usuale progettare il materiale partendo dalla
microstruttura o dalla nanostruttura (1026 m, 1029 m), cio dal disegno degli elementi componenti a livello finissimo, che dipende dal processo tecnologico seguito nella sua produzione, per potere dedurre il legame costitutivo omogeneizzato del materiale a livello della meso e macroscala: la disciplina nella quale
queste tamatiche sono sviluppate la micromeccanica dei materiali eterogenei,
materia che comincia a essere inserita in alcuni curricula universitari.
Un esempio di rilievo per la cui analisi necessario utilizzare la micromeccanica costituito dai compositi rinforzati per esempio con fibre di vetro o di carbonio e pi di recente da materiali con strutture formate da nano-tubi di carbonio, come quello della figura allinizio del Capitolo 5. In particolare, tali nano-strutture sono in grado di offrire incrementi di rigidezza fino allordine dei
TPa (1012 Pa) e resistenze dellordine dei GPa (109 Pa).
Frequentemente si utilizzano materiali compositi, cio formati mediante assemblaggi di diversi materiali, ognuno con le sue caratteristiche, la cui risposta
complessiva dipende dal disegno dellassemblaggio e dalle caratteristiche meccaniche dei singoli materiali (scocche di veicoli, di imbarcazioni, alberi di navi
a vela, vele, sci ecc.).
Una branca della moderna ingegneria dei materiali che sta assumendo grande
importanza quella dei cosiddetti Functionally Graded Materials, che sono assemblaggi di diversi materiali ciascuno dei quali pu essere isotropo o anisotropo,
ma omogeneo. Esempi rilevanti di tali materiali sono individuabili nelle fibre ottiche, nella struttura degli osteoni e in molti altri materiali artificiali e tessuti biologici. (Nunziante et al, Mechanics of Advanced Materials and Structures, 2007).
Prima guida alla formulazione del legame costitutivo di una certa classe di materiali deve essere levidenza sperimentale: necessario cio conoscere nel modo
pi completo possibile la risposta sperimentale di elementi del materiale in studio,
sotto le pi svariate condizioni di lavoro; solo partendo dallesperienza di laboratorio infatti possibile poi estrarre i principali parametri che regolano il comportamento del materiale e legarli in unequazione atta a definire il modello di materiale ideale capace di interpretare correttamente il comportamento di quello reale.
Il concetto di materiale ideale squisitamente locale, nel senso che il legame
costitutivo descrive in termini matematici il comportamento di un intorno del materiale reale, di dimensioni teoricamente piccole quanto si vuole; in tal senso descrive le propriet del materiale in un certo punto del corpo.

Micromeccanica dei materiali


eterogenei

Materiali compositi

Functionally Graded Materials

Evidenza sperimentale

Consistenza
Ogni equazione costitutiva deve essere consistente con i principi generali di equilibrio, di congruenza e di bilancio stabiliti dalla meccanica classica, cos come
con i principi della termodinamica.
utile qui ricordare che una teoria matematica si dice consistente se essa
non contraddittoria, ovvero se da essa non possibile dedurre un enunciato e la
sua negazione. Una teoria consistente non pu quindi essere onnicomprensiva;
infatti debbono esistere enunciati non deducibili logicamente da essa (A. Tarski,

391

Consistenza

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 392

392

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Le negazioni, 1930); essa quindi deve dire qualcosa e non pu ammettere come
deducibile qualsiasi risultato.

Principio di azione locale

Azione locale

Si faccia ora riferimento allinsieme delle variabili coinvolte nelle equazioni


costitutive, quali: deformazione, tensione, temperatura, calore e suo flusso, entropia ecc.
Assume il nome di processo locale la descrizione di certe trasformazioni fisiche dei corpi reali, dotate di opportuna regolarit, in condizioni di deformazione
uniforme e di distribuzione lineare di temperatura. Si assume che ogni materiale
possa subire solo certi particolari processi locali, i quali ne caratterizzano in modo
univoco il comportamento. Lequazione costitutiva di un materiale si dice locale
o semplice se lo stato di tensione in ogni suo punto dipende solo dallo stato di
deformazione presente in un intorno infinitesimo del punto.

Principio di indifferenza dal riferimento materiale

Indifferenza dal riferimento


materiale

Lesperienza mostra che ogni processo locale non cambia se al processo studiato
si aggiunge un moto rigido arbitrario dellintorno considerato; il processo locale
parimenti indipendente da una qualunque trasformazione delle coordinate. Tali
considerazioni conducono allassunzione del principio di indifferenza dal riferimento materiale il quale stabilisce che ogni legame costitutivo deve definire un
comportamento del materiale indipendentemente dallosservatore.

Storia principio di determinismo

Memoria
Storia
Determinismo

Il legame costitutivo una descrizione matematica delle propriet del materiale nellistante attuale di tempo t0; per taluni materiali reali le propriet attuali sono fortemente dipendenti dai processi effettivamente subiti nellintervallo di tempo precedente quello attuale t , t0, t P R; tali materiali si dicono materiali con memoria.
Linsieme dei processi locali subiti dal materiale fino allistante attuale si chiama storia del materiale; il principio di determinismo afferma che per potere definire il legame costitutivo attuale del materiale deve essere nota la sua storia.
solo la storia del materiale che ne determina il legame costitutivo.

Isotropia
Isotropia

Si dice isotropo, rispetto a una certa propriet, un materiale per il quale tale propriet non dipende da una particolare direzione e si manifesta, quindi, nello stesso
modo qualunque sia la direzione di prova, dellelemento considerato. In questo
capitolo verr trattata lisotropia elastica del materiale, consistente nel fatto che
la risposta elastica del materiale, che verr definita di seguito, la stessa qualunque sia la direzione di prova e quindi indipendente dalla direzione, nellintorno del punto.

Omogeneit
Omogeneit

Si definisce omogeneo un materiale che, a unopportuna scala, rappresentabile


con una unica legge costitutiva in tutta lestensione del solido. Per i corpi omogenei il legame costitutivo non varia al variare dellintorno considerato ed quindi
lo stesso per gli intorni di tutti i suoi punti.

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 393

5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

393

5.4.2 Risposte sperimentali dei materiali


Si trattano qui di seguito sotto un profilo qualitativo le risposte sperimentali di
alcuni materiali di comune utilizzo nellingegneria delle costruzioni, che pi sopra abbiamo definito materiali reali, allo scopo di evidenziare taluni aspetti fenomenologici del loro comportamento, sui quali verranno poi fondati i legami
costitutivi.
Non si entrer nella descrizione dettagliata delle prove, la quale richiederebbe
conoscenze sulle macchine di prova e sul loro funzionamento, sullambiente di
prova e sulle modalit di esecuzione, rinviando per approfondimenti su tali aspetti
alle discipline di sperimentazione dei materiali e a quelle di tipo tecnologico, per
le rispettive competenze. Per gli approfondimenti riguardanti le prove sperimentali
sui materiali da costruzione si rinvia al trattato di J.F. Bell, The Experimental
Foundations of Solid Mechanics-Encyclopedia of Physics, V. VIa>1, SpringerVerlag, 1973.
Le prove che verranno descritte, per loro natura, trattano un elemento strutturale detto provino e non il materiale; esse possono quindi solo dare unidea
per somma del comportamento degli elementi di materiale che compongono il
provino, la cui risposta rappresenta quella del materiale reale solo nel caso ideale di materiale omogeneo e di campi uniformi di sforzo e di deformazione al
suo interno.

Sperimentazione di laboratorio

r0 F(t)

F(t)
0

La prova di trazione di un provino di materiale metallico


Tale prova, normalmente eseguita presso i laboratori sperimentali di prova dei
materiali (Figura 5.53), viene effettuata in condizioni di temperatura e pressione
costanti, sottoponendo a trazione uniassiale per esempio un provino cilindrico di
materiale metallico avente sezione circolare di raggio iniziale r0 e lunghezza iniziale, del tratto che si considera nella prova, di valore ,0 (Figura 5.54). In Figura
5.54b. si mostrano provini in acciaio, di sezione circolare o piatta, usualmente
usati nelle prove di trazione. In Figura 5.55 si riportano i risultati di prove di trazione effettuate su alcuni materiali metallici.

24

Figura 5.55

22.5
21

Acciaio A.37

19.5
18
16.5

40

1.4

15

30

1.2

13.5

25

1.0

12

20

10.5

15

10

0.4

0.2

7.5
5
4.5

0.8

Diagramma completo
per lAcciaio A.37

50 100 150 200 250 300 350

Ghisa G12

0.6

Diagramma completo
per il piombo
100 200 300 400 500 600 700

mm per m di lunghezza dellasta


(millesimi di mm per mm di provetta

3.0

Piombo

1.5

kg/mm2

Figura 5.54 Provini


metallici per prove di
trazione.

10

11 12

13 14

15

16 17

18 19

20 21

22

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394

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Prova a carico impresso

Prova a controllo
di spostamento

 s(t) 5

F(t)
A0

 e(t) 5

,(t) 2 ,0
,0

La prova pu eseguirsi con apparecchiature e modalit diverse. Un primo modo


di eseguire la prova quello che applica una forza di trazione F(t) di valore lentamente crescente nel tempo, agente nella direzione dellasse a del cilindro, e legge la lunghezza ,(t) assunta dalla parte considerata del provino (inizialmente di
lunghezza ,0) nellistante nel quale presente la forza F(t); in tal caso si parla di
prova a carico impresso o a controllo di forza.
In alternativa, la prova pu eseguirsi utilizzando una macchina di prova che
applica alle estremit del provino un campo di velocit di spostamento relativo
di direzione assiale v 5 u+(t) . 0 costante nel tempo e di entit bassa, che determina nel provino lallungamento D, nellintervallo di tempo Dt e rilevando in
corrispondenza di ogni lunghezza ,(t) del provino il corrispondente valore della
forza F(t) agente. Tale prova si dice a deformazione impressa o a controllo di
spostamento.
Sia questa prova sia la precedente danno luogo a rappresentazioni dei risultati
raccolti in una tabella o in un grafico (,(t), F(t)).
Il modo pi semplice di rappresentare la risposta del materiale che si evidenzia
in queste prove quello di riportare in diagramma la tensione media nominale
(assiale) presente nel provino e definita dalla  ove A0 larea iniziale della sezione del provino cilindrico, in funzione della deformazione nominale assiale
espressa dalla  dove ,0 la lunghezza iniziale assunta quale riferimento per le
letture di spostamento sul provino.
In Figura 5.56 si riporta il grafico riassuntivo di una prova su materiale metallico, evidenziando la differenza fra tensioni nominali e tensioni effettive.
Il grafico rappresentativo della risposta tensione-deformazione della prova monoassiale nel piano e(t), s(t) per un materiale metallico, riportato in modo schematico in Figura 5.57.
Linterpretazione della risposta di tale prova fornisce una prima informazione
sintetica sulle qualit del materiale reale; prima di passare a interpretare il diagramma di risposta conviene spendere qualche parola per evidenziare che la prova
porta altre informazioni, oltre a quelle riassumibili nel grafico di sopra, che qui
di seguito si elencano:

Figura 5.56

le tensioni sono da ritenersi costanti solo nella parte centrale del provino, mentre la presenza alle estremit dei meccanismi di serraggio alla macchina, funzionanti per attrito, ne disturbano in quelle zone luniformit;
le deformazioni assiali e sono accompagnate da deformazioni trasversali et (presenti negli elementi normali allasse del provino) e il loro rapporto et>e risulta di

tensione
effettiva

tensione
nominale

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 395

5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

395

Figura 5.57
Y

S
r

norma negativo e, partendo da qualche decimo (20.1), tende a portarsi, al crescere


della tensione e allinsorgere del comportamento plastico, su valori vicini a 20.5.
Per tale motivo la sezione circolare, inizialmente di raggio r0 e area A0, nel corso
della prova si tramuta in cerchi di raggio r(t) decrescente.
Tale situazione degenera poi per deformazioni vicine a quelle massime, in
quanto nella parte centrale del provino, prima della rottura (R), si ha una forte e
rapida riduzione del raggio, con un effetto irreversibile detto strizione; la strizione,
localizzata in una piccola zona, produce un improvviso aumento della tensione
effettiva in quella zona, ben pi consistente di quanto non rilevato dalla tensione
nominale e la rottura improvvisa del provino.
La maggiore complessit e ricchezza della prova lasciano intravedere definizioni alternative e pi precise della tensione e della deformazione; in particolare
la tensione media assiale riferita alla sezione effettiva di area A determinatasi nellistante t vale  e la deformazione assiale, nellistante t, presenta incrementi
dati da  sicch la deformazione attuale al tempo t si ottiene integrandone gli
incrementi fra 0 e t: .
Il risultato della prova riportato pi sopra in Figura 5.57 in termini di deformazione e tensione nominali, si presta alle seguenti osservazioni.

Deformazione elastica
Nel tratto iniziale OL e fino ai valori nominali (e,, s,) la curva di risposta pressoch lineare; tale curva viene percorsa in modo del tutto reversibile, cio sia che
si carichi il provino (verso di percorrenza della curva da O verso L) sia che lo si
scarichi (curva percorsa da L verso O).
Le deformazioni sono di tipo istantaneo, cio evolvono istantaneamente e senza ritardi rispetto agli incrementi delle tensioni.
In tale tratto, grazie alla reversibilit e alla linearit della risposta, il materiale
evidenzia un comportamento detto linearmente elastico.
Il tratto LE, non pi lineare, viene percorso al crescere della tensione al di sopra
di s,; tale tratto rappresenta ancora trasformazioni reversibili del materiale, nel senso
che tutto il tratto OE viene percorso sia nella fase di carico sia in quella di scarico.
La curva viene percorsa nella fase di carico da O verso un qualunque punto
fino a quello E e nel successivo scarico di nuovo verso O senza che nel materiale

Strizione
Tensione effettiva

 s(t) 5


F(t)
A(t)

de(t)5
,(t1dt)2,(t)
5
,(t)
d,
5
,(t)

5 lim

d,

,(t)

5 ln
 e(t) 5 3
,(t)
,0
0

de(t)5
5 lim

,(t1dt)2,(t)
5
,(t)

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 396

396

Capitolo 5

Meccanica dei continui

rimangano tracce significative del processo subito precedentemente: tale comportamento del materiale si definisce elastico; per il tratto LE si parla di elasticit
non lineare.
Le deformazioni elastiche nei metalli e nelle leghe metalliche sono il frutto
di spostamenti relativi reversibili che si determinano sotto sforzo fra gli atomi
presenti nel reticolo cristallino. Esse seguono istantaneamente la crescita delle
tensioni e sono reversibili.

a)

Limite elastico tensione di snervamento

b)

Si definisce limite elastico lo stato del materiale rappresentato dal punto Y in corrispondenza del quale, per convenzione, allo scarico, cio riportando il materiale
alla tensione nulla (tratto Y, e0), viene determinato un primo valore della deformazione residua er 5 e0 apprezzabile dalla strumentazione adoperata. Per esempio, per le barre di armatura in acciaio del cemento armato questa deformazione
dellordine del 2>1000.
Il punto di limite elastico Y cos definito corrisponde a un valore della tensione
detto tensione limite o tensione di snervamento ss.

Figura 5.58
Tensione limite

Deformazione plastica

Deformazione plastica

Dislocazioni
Duttilit
Fragilit

O
Figura 5.59

0 R

Per il materiale che abbia raggiunto lo stato (e, s) corrispondente a un generico


punto P appartenente al tratto YR, avente andamento pressoch parallelo allasse
delle deformazioni, che venga scaricato tramite riduzione della s presente, la
linea della risposta (e, s) sensibilmente parallela a quella di carico iniziale OL;
in tale caso, a scarico completato (punto S) con valore nullo della tensione nominale, presente una deformazione residua di valore er di tipo permanente che
si chiama deformazione plastica e si indica anche con ep.
Nel tratto YR il materiale, sotto tensione nominale pressoch costante e pari
al valore limite ss, presenta incrementi plastici crescenti della deformazione nominale; alla fine di questo tratto si ha un picco nella tensione effettiva, corrispondente allimprovviso effetto di strizione precedente la rottura. Le deformazioni
plastiche sono di tipo irreversibile, esse infatti permangono nel materiale anche
quando si riduca a zero la tensione.
Tali deformazioni dipendono da spostamenti relativi degli atomi a livello dei
cristalli dette dislocazioni, che creano difetti nelliniziale regolarit del reticolo
cristallino e che permangono alla scomparsa del carico (Figura 5.58). Anche tali
deformazioni, come quelle elastiche, evolvono istantaneamente.
La caratteristica di certi materiali di esplicare grandi deformazioni plastiche
prende il nome di duttilit.
Un materiale si definisce duttile se presenta un rapporto eR>e0 molto maggiore
di uno; in caso contrario il materiale si dice fragilefragilit. In Figura 5.59 rappresentato il diagramma di risposta (e, s) di un materiale fragile, in una prova a
controllo di forza.
Le considerazioni qui sopra svolte per la prova di trazione di un provino metallico possono ripetersi pressoch identicamente per una prova di compressione:
gli aspetti sia qualitativi sia quantitativi della risposta rimangono sostanzialmente
immutati; ci comporta quindi un diagramma di risposta quale quello OL9Y9 di
Figura 5.57, polarsimmetrico rispetto allorigine O di quello OLY determinato
nella prova di trazione.
Un materiale che presenta una risposta come quella di Figura 5.57, con il tratto
nel quale si esplicano le deformazioni plastiche, sotto la tensione limite ss pressoch costante, molto esteso e quindi a risposta duttile, viene detto elastico-per-

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 397

5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

397

fettamente plastico. La sua risposta viene riassunta dalla bilatera di Figura 5.60
del comportamento idealmente elastico-perfettamente plastico.

Incrudimento
Per taluni materiali metallici, ma non solo per questi, al crescere della tensione, nel
tratto YR gli aggregati cristallini del metallo, detti policristalli, scorrono gli uni rispetto agli altri, ma i cambiamenti di orientazione fra i piani cristallografici esistenti
nei diversi aggregati determinano barriere per lo scorrimento, per vincere le quali
necessario un aumento del carico F e conseguentemente della tensione per generare incrementi della deformazione; tale incremento della resistenza agli scorrimenti, nel comportamento plastico, viene chiamato incrudimento (Figura 5.61a).
Per i materiali incrudenti, nel tratto YR la curva (e, s) di risposta si presenta
crescente.

Incrudimento

Anisotropia da deformazione permanente


Generalmente le deformazioni fin qui trattate, per i metalli cos come per altri
materiali, avvengono in modo isotropo, cio in modo invariante rispetto alla direzione di prova. Ci vuol dire che provini uguali ottenibili secondo generiche e
diverse orientazioni a partire da un blocco grande del materiale, evidenziano, se
provati in modo uguale, lo stesso comportamento, indipendentemente dalloriginaria giacitura nel blocco di provenienza.
Le deformazioni residue o permanenti nei metalli dipendono da dislocazioni
di atomi che determinano slittamenti con conseguenti microdeformazioni e autotensioni elastiche residue, necessarie ad assicurare la compatibilit a seguito della
nascita delle dislocazioni (Figura 5.58). Tale stato instabile di deformazioni elastiche locali presenti al livello macroscopico, con i corrispondenti sforzi autoequilibrati, sono causa della riduzione del carico necessario a produrre scorrimenti
di segno opposto a quelli precedentemente verificatisi, fenomeno questo ultimo
particolarmente evidente per i metalli incrudenti.
Al livello macroscopico ci si traduce in una anisotropia derivante dalle deformazioni permanenti verificatesi, che si manifesta attraverso una riduzione della
tensione limite in compressione, per un materiale che abbia precedentemente subito deformazioni plastiche di allungamento (tratto SY9 di Figura 5.61b).
Leffetto di tale anisotropia consiste nel raggiungimento di una tensione limite
ss0 in compressione di valore assoluto minore di s9s  per il materiale precedentemente snervato in trazione (tratto OYS). Tale effetto di anisotropia indotta dalle
deformazioni plastiche noto sotto il nome di effetto Bauschinger.

O
a)

O
s

Y
b)

Figura 5.60

 0s0 s 0 6 0 s9 s
Effetto Bauschinger

Figura 5.61

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 398

398

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Figura 5.62

3 > 2

compressione

2 > 1
1

a)

Figura 5.63

b)

t /

0.5

0.3

O
s

s
a)

b)

Un modello semplificato di tale comportamento quello rappresentato in Figura


5.63a da tratti rettilinei paralleli rappresentanti le risposte plastiche incrudenti.

Deformazione viscoplastica, creep

Deformazioni viscoplastiche

Creep
Rilassamento

Deformazione istantanea

Se il materiale giunto nelle condizioni simboleggiate da un punto del tratto YR


(Figura 5.61), sotto tensione costante, evidenzia un incremento progressivo delle
deformazioni plastiche nel tempo, si dice che in uno stato viscoplastico o di
creep e tali deformazioni si dicono viscoplastiche.
Entrambi i comportamenti elastico e plastico sono indipendenti dal tempo in
quanto la deformazione segue pressoch istantaneamente lo sforzo. Questa circostanza non sempre verificata. In acciai a elevata temperatura o in polimeri,
per esempio, sforzi e deformazioni variano nel tempo anche se le condizioni di
costrizione permangono immutate.
Un tale comportamento detto viscoso e due sono i principali esperimenti che
permettono di investigarlo: la prova detta di creep, in cui si misurano le variazioni
della deformazione nel tempo a sforzo costante, e quella di rilassamento, in cui
si valutano le variazioni di sforzo a deformazione imposta. I risultati di una prova
di creep sono rappresentati in Figura 5.62, che mostra deformazioni che evolvono
in funzione del tempo t per diversi livelli di sforzo (s1 , s2 , s3), che viene
mantenuto costante durante la prova. Lordinata a t 5 0 rappresenta la deformazione istantanea che si produce in concomitanza con lapplicazione del carico.
Dopo un transitorio, generalmente breve, si raggiunge una fase in cui, dopo un

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 399

5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

certo intervallo di tempo (pi o meno grande a seconda del livello di sforzo) la
pendenza della curva di risposta cresce rapidamente, fino alla rottura del provino.
Se durante la prova il carico viene rimosso, la parte elastica della deformazione
viene recuperata istantaneamente. Le deformazioni viscose possono essere o meno
recuperate nel tempo. I polimeri, dopo un certo tempo, ritornano alle condizioni
iniziali, mentre nei metalli le deformazioni viscose sono in generale permanenti.
In Figura 5.62b rapresentata la risposta tipica di una prova di rilassamento
in compressione. Il provino viene accorciato e mantenuto in tale stato deformativo;
lo sforzo indotto dallaccorciamento, misurato al suo evolversi nel tempo a deformazione costante, decade nel tempo. Un materiale che presenta comportamento
viscoso in condizioni di creep, in generale presenta anche il fenomeno del rilassamento: queste due propriet sono dunque, in generale, correlate.
Il comportamento dipendente dal tempo dei materiali da costruzione, presenta
alcune analogie con quello di un fluido viscoso perfetto. I modelli costitutivi per
questi comportamenti combinano le leggi che governano la risposta di tale fluido
con quelle che predicono la parte indipendente dal tempo nella risposta del materiale. In letteratura vengono formulati modelli viscoelastici o elasto-viscoplastici, a seconda che contengano solo parametri atti a descrivere propriet elastiche
e viscose o anche plastiche.

Fluido viscoso perfetto

Punto di rottura
il punto terminale R della curva di carico, corrispondente allimprovvisa perdita
di continuit del provino che si spezza in due parti. La deformazione eR ultima
del provino in corrispondenza della rottura si chiama deformazione alla rottura.

Deformazione alla rottura

Incompressibilit
Le deformazioni plastiche e quelle viscoplastiche dei metalli, fatta eccezione per
quei reticoli nei quali sono presenti dislocazioni (Figura 5.58), non alterano la
struttura cristallina delle rimanenti parti, essendo riconducibili a meccanismi di
scorrimento; pertanto esse modificano molto poco il volume degli aggregati cristallini, risultando giustificato in modelli semplificati considerare nulla la variazione volumetrica in ambito plastico.
In ambito elastico si hanno piccole deformazioni volumetriche reversibili. Per
approfondimenti su questo tema utile la descrizione degli esperimenti di J. Baushinger, Civilingenieur, Leipzig, 1879, 25, 81-124.
Gli esperimenti effettuati sui metalli, come quello della prova di trazione monodimensionale sopra descritta, hanno mostrato che alla dilatazione e del provino
nella direzione del suo asse, che coincide con quella della tensione s applicata,
si accompagna la deformazione trasversale di valore et, uniforme in qualunque
direzione normale allasse del provino. La et di contrazione e quindi negativa.
Il rapporto n 5 2et>e nellambito delle piccole deformazioni elastiche viene chiamato modulo di contrazione trasversale o modulo di Poisson e assume valori caratteristici per i diversi materiali.
Per un acciaio, il valore iniziale di n 5 0.30 , 0.33 durante la prova tende a
incrementarsi, evidenziando allinsorgere del fenomeno della strizione e alla nascita delle deformazioni plastiche valori prossimi a n 5 0.5 (Figura 5.63b). Questo
comportamento si accompagna a quello della strizione, il cui effetto macroscopico
quello di una drastica e repentina riduzione del diametro del provino, in una
zona di piccola estensione.
Si mostrato precedentemente che il coefficiente di variazione volumetrica
[Equazione (5.37)] vale

Deformazioni volumetriche

Modulo di Poisson

399

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 400

400

Capitolo 5

Meccanica dei continui

cv 5 e11 1 e22 1 e33


nel caso della prova di trazione, con la posizione e11 5 e, si ha e22 5 e33 5 et e
con et>e 5 0.5 consegue
et 5 20.5e
Incompressibilit

e cv 5 e 22(0.5)e 5 0

Questo risultato evidenzia che un rapporto 2et>e tendente a 0.5 comporta una sostanziale invariabilit del volume e quindi lincompressibilit del materiale durante lesplicazione delle deformazioni plastiche, che sono dunque connesse con
meccanismi di tipo essenzialmente da scorrimento.
Questo comportamento peraltro del tutto diverso da quello evidenziato da
numerosi altri materiali da costruzione (conglomerati, terre, materiali granulari,
porosi, materiali polimerici), che anche al limite della resistenza evidenziano valori
molto pi bassi di 0.5 del valore et>e. Questi materiali presentano pertanto una
consistente variabilit volumetrica, quindi compressibilit in condizioni limite.

Frattura

Frattura

Sfaldatura

Le deformazioni elastiche e quelle permanenti derivanti da spostamenti relativi


degli atomi mantengono la coesione della materia.
La frattura invece, per sua definizione, un meccanismo che interrompe la
continuit della materia e crea discontinuit di superficie o di volume allinterno
del materiale.
Le fratture avvengono inizialmente a livello degli aggregati cristallini; esse
hanno dimensioni di centesimi o millesimi di centimetro e la loro propagazione
pu determinare linee di frattura delle dimensioni dei millimetri o dei centimetri.
La frattura fragile dipende dalla rottura dei legami interatomici dovuta a concentrazione di sforzi e di energia di deformazione.
I piani cristallografici si distaccano direttamente per clivaggio o sfaldatura.
A livello macroscopico tale fenomeno determina la rottura immediata del provino, con piccole deformazioni plastiche (Figura 5.59).
Si ha la frattura duttile quando deformazioni locali si verificano nellintorno
di imperfezioni del reticolo cristallino. Le fratture nascono a livello microscopico,
propagandosi poi e collegando diversi rami, fino a che giunge la rottura. In questo
caso la nascita delle fratture si pu accompagnare a un comportamento globalmente duttile del materiale, cio alla nascita di grandi deformazioni permanenti
prima della rottura (Figura 5.54, Figura 5.60).
La disciplina che tratta la nascita e la propagazione della frattura, dei difetti
e delle fessure si chiama Meccanica delle Frattura, ma i suoi scopi esulano da
questo testo. Nel Capitolo 7 verranno solo dati cenni su questa teoria.

5.4.3 Elasticit
Comportamento elastico

Laspetto principale del comportamento elastico del materiale deducibile dagli


esperimenti eseguiti a temperatura ambiente pu essere descritto nello spazio delle
deformazioni come segue.
Un elemento materiale che a partire da uno stato iniziale di deformazione di riferimento, indicato con A, viene portato, per lintervento di azioni esterne, in un
altro stato B, alla scomparsa degli enti sollecitanti ritorna nello stato A senza
mantenere traccia alcuna della trasformazione subita, qualunque essa sia stata
(Figura 5.64).

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 401

5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

Figura 5.64

hk

Bhk

Ahk

Aij

Bij

ij

Ci vuol dire che nella trasformazione dello stato di deformazione da A verso B


lelemento materiale ha scambiato energia con lambiente esterno, per esempio
dallesterno stato compiuto su di esso un lavoro che lo ha deformato; questo lavoro deve quindi essere stato completamente immagazzinato nellelemento sotto
forma di energia di deformazione. Questa energia viene poi completamente restituita nella successiva trasformazione fra B e A. Poich alla fine del ciclo di trasformazione ABA, qualunque sia il percorso, lo stato di tensione e deformazione
del materiale non mutato, il bilancio dello scambio di energia fra esso e lambiente nullo; se ne deduce che nella trasformazione AB lo scambio di energia
uguale e opposto a quello relativo alla trasformazione BA, qualunque siano i
percorsi g seguiti; la variazione di energia deve allora essere funzione solo degli
stati iniziale A e finale B. Lenergia, che una funzione di stato, una funzione
integrabile ed differenziabile. Tale condizione tipica delle trasformazioni reversibili o conservative.
Con riferimento a un incremento elementare del processo di carico descritto
di un elemento unitario di materiale che parta dallo stato (sij, eij), in condizioni
adiabatiche e quasi statiche e in assenza di fenomeni dissipativi, il Principio dei
Lavori Virtuali consente di scrivere leguaglianza del lavoro esterno e di quello
meccanico interno:
dLe 5 dLi 5 dF 5 sijdeij

Trasformazioni reversibili

(5.184)

la quale conduce alla:


sij 5

0F
0eij

(5.185)

che costituisce il legame costitutivo del materiale che ammette una funzione energia di deformazione elastica specifica F 5 F(eij), avente il ruolo di funzione potenziale dello stato di tensione, detta anche potenziale elastico.
Lesistenza dellenergia elastica F 5 F(eij) quale potenziale elastico, in quanto
generatore dello stato di tensione tramite la (5.185), consente di affermare che lo
stato di tensione nellelemento che presenti valore F dellenergia elastica dipende
dallo stato deformativo raggiunto e non dalle trasformazioni precedentemente subite: il materiale in tale senso non conserva memoria del processo deformativo
precedente allistante attuale.

Energia di deformazione
elastica
Potenziale elastico

401

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 402

402

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Materiale iperelastico

Lipotesi di esistenza del potenziale elastico F(eij) definisce i materiali iperelastici; essa fu assunta per la prima volta da G. Green nel 1839. il caso di notare
che in letteratura, con il termine elastico ci si riferisce normalmente al modello
iperelastico del materiale. Pi avanti si esporr, quale controesempio, un modello
di materiale non iperelastico.
La condizione necessaria di differenziabilit di F(eij) (5.184) richiede il soddisfacimento delle equazioni:
0sij
0ehk

Condizione di conservativit
di Schwartz

0shk
0eij

(5.186)

che tramite la (5.185) fornisce la condizione di Schwartz:


02F
02F
5
0eij 0ehk
0ehk 0eij

 d(sijeij) 5

5 sijdeij 1 eijdsij 5
5 dF(eij) 1 dF c(sij)


DF c(sij)53 eijdsij53 dF c


dF c(sij)5

ben noto che negli aperti semplicemente connessi la (5.187) anche condizione
sufficiente per la differenziabilit di F(eij).
Si voglia ora invertire la relazione costitutiva (5.185) che ha la forma
sij 5 sij(ehk). Si consideri lelemento materiale infinitesimo nello stato elastico
caratterizzato dai valori (E, T) della deformazione infinitesima e dello sforzo, e
il prodotto interno T ? E 5 sijeij, gi introdotto nella (5.182), definibile nello
spazio vettoriale di dimensione 12 delle tensioni e delle deformazioni; se per ipotesi il prodotto interno differenziabile, risulta .
La funzione Fc(sij), avente differenziale dFc(sij) 5 eijdsij, introdotta per la
prima volta da Alberto Castigliano (1875), in quanto differenza di differenziali
esatti, anchessa un differenziale esatto e pu quindi integrarsi nel processo, risultando , o equivalentemente , che fornisce (trasformazione di Legendre):

0F c
ds 5e ds
0sij ij ij ij

Potenziale complementare
Energia complementare

Figura 5.65

(5.187)

eij 5 eij(shk) 5

0F c
0sij

(5.188)

che ha il significato di inversa dellequazione costitutiva (5.185) e assegna alla


Fc(sij) il ruolo di potenziale delle deformazioni elastiche.
La funzione Fc(sij) si chiama energia complementare specifica.
Con riferimento a un elemento di materiale soggetto a ununica componente
di tensione, detta s, per una trasformazione generica il grafico della funzione
s 5 s(e) in funzione della deformazione associata e presenta laspetto di Figura
5.65; con riferimento ai valori finali della tensione s e della deformazione e e al

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 403

5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

403

rettangolo di dimensioni s ed e, larea tratteggiata in verticale al di sotto del grafico rappresentativa dellenergia di deformazione F(eij), mentre quella a questa
complementare nel rettangolo di dimensioni s e rappresenta lenergia complementare Fc(sij).

5.4.4 Elasticit lineare


Molti materiali strutturali per valori bassi delle tensioni presentano una risposta
sperimentale elastica caratterizzata da una relazione tensioni-deformazioni pressoch lineare.
Su tale evidenza sperimentale si fondato il legame costitutivo del materiale
linearmente elastico. Peraltro la linearit di tali relazioni ha consentito di dedurre,
fra la seconda met dellOttocento e la prima met del Novecento, importanti risultati nella teoria delle strutture costituite da materiale modellabile in tal modo,
consentendone uno sviluppo e una completezza davvero notevole e certamente
preminente in confronto alla teoria di strutture aventi altri legami costitutivi.
Sotto lipotesi di iperelasticit, lo stato di tensione fornito dalle (5.185): .
Affinch le (5.185) forniscano una relazione lineare omogenea fra tensioni e
deformazioni necessario che il potenziale elastico F(eij) del materiale che parte
dallo stato naturale abbia la seguente struttura quadratica nelle componenti di
deformazione:
1
1
F(eij) 5 cijhkeijehk 5 E # cE
2
2

Simmetria maggiore

Simmetrie minori

(5.192)

Grazie alle propriet di simmetria maggiore e minori possibile condensare gli


indici presenti nella (5.191). Si consideri a ci fare la rappresentazione vettoriale
dei tensori di deformazione e di sforzo, di seguito definita nello spazio vettoriale
di dimensione 6 (dovuta a Voigt):
eT53e1 e2 e3 e4 e5 e6 453e11 e22 e33 2e12 2e23 2e31 453e11 e22 e33 g12 g23 g31 4
sT53s1 s2 s3 s4 s5 s6 453s11 s22 s33 s12 s23 s31 453s11 s22 s33 t12 t23 t31 4

Tensore di elasticit

(5.191)

propriet che esprime le cosiddette simmetrie minori.


La (5.185) si pu scrivere:
T 5 #E

0F
0eij

(5.190)

la quale afferma la propriet cosiddetta di simmetria maggiore del tensore di


elasticit #.
Daltra parte, grazie alla simmetria dei tensori di sforzo e di deformazione, si
deduce che il contributo alla F(eij) della eij deve essere lo stesso di quello della
eji; analogamente per quello dovuto alle ehk ed ekh; ne consegue
#ijhk 5 #ijkh 5 #jihk,

 sij 5

(5.189)

ove # un tensore del quarto ordine costituito da 81 costanti, e viene chiamato


tensore delle costanti elastiche o tensore di elasticit.
Si gi osservato che la condizione di integrabilit di F(eij) fornita dalla
(5.187), che applicata alla (5.189) fornisce
#ijhk 5 #hkij,

Materiale linearmente
iperelastico

(5.193)

La definizione data basata sulla consistenza dellespressione del corrispondente


prodotto interno:

Rappresentazione vettoriale
di tensioni e deformazioni
Condensazione di Voigt

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 404

404

Capitolo 5

Meccanica dei continui

T ? E 5 sT e

Potenziale elastico
Matrice di elasticit

La (5.189) pu scriversi a questo punto:


1
1
1
F 5 Cij eiej 5 eT # Ce 5 sTe
2
2
2

(5.194)

ove C la matrice di elasticit del secondo ordine nello spazio vettoriale di dimensione 6.
Con questa rappresentazione si pu agevolmente dedurre la propriet di simmetria maggiore (5.190) sopra enunciata, esplicitando la (5.194) e utilizzando la
s 5 C e; con C nella forma:
C11
C21
C31
C5F
C41
C51
C61

C12
C22
C32
C42
C52
C62

C13
C23
C33
C43
C53
C63

C14
C24
C34
C44
C54
C64

C15
C25
C35
C45
C55
C65

C16
C26
C36
V
C46
C56
C66

si ha:
1
1
1
1
F5 eT # Ce5 sT # e5 Cijeiej5 3s1e11s2e21s3e31s4e41s5e51s6e6 45
2
2
2
2
1
5 3(C11e11C12e21C13e31...1C16e6)e11(C21e11C22e21C23e31...1C26e6)e21...
2
(5.195)
... 1 (C61e1 1 C62e2 1 C63e3 1 ... 1 C66e6)e64 5
5

0sj
0si
5
0ej
0ei

1 6
a 3Ci1eie1 1 Ci2eie2 1 Ci3eie3 1 Ci4eie4 1 Ci5eie5 1 Ci6eie6 4
2 i51

Si nota qui esplicitamente che, mentre il tensore di elasticit # muta, al cambiare


del riferimento, nel rispetto delle equazioni di trasformazione tensoriale [Equazioni (5.85)] la matrice C non gode di tale propriet.
Affinch la F(ei) sia integrabile nelle variabili ei, devono valere le condizioni
di Schwartz di uguaglianza delle derivate miste delle si espresse dalle quantit
in parentesi tonde nella (5.195):  dalle quali si ottiene la simmetria della matrice
delle costanti elastiche:
Cij 5 Cji

(5.196)

che riduce le 36 costanti che definiscono la C a sole 21 quantit indipendenti.


La (5.189), nella rappresentazione (5.195), assume la forma
si 5

0F
0ei

(5.197)

che si esplicita derivando la (5.195) rispetto a ei e tenendo conto della propriet


(5.196) di simmetria della C:
si 5

0F
5 Cijej 1 s 5 Ce
0ei

(5.198)

e fornisce il vettore della tensione s noto lo stato di deformazione e e la matrice


di elasticit.
Tramite la (5.198) il potenziale elastico specifico si scrive in funzione delle
tensioni e delle deformazioni:
1
F 5 sT # e
(5.199)
2

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 405

5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

405

Un materiale elastico nello stato naturale, per essere deformato, necessita lintervento di forze esterne che compiano un lavoro che si trasforma completamente
nellenergia di deformazione. LEquazione dei Lavori Virtuali consente di affermare che il lavoro delle forze, che assunto positivo, deve uguagliare il lavoro
interno; ne consegue il carattere positivo di F qualunque sia lo stato di deformazione e non nullo raggiunto:
F5

1 T
s #e70
2

5e?0

(5.200)

Questa condizione, che va sotto il nome di stabilit del materiale elastico, equivale
ad affermare che la (eT Ce) una forma quadratica definita positiva; risulta infatti per tali forme:
eT # Ce 7 0
eT # Ce 5 0

Stabilit del materiale elastico


Forma quadratica definita
positiva

5e?0
(5.201)
3

e50

Poich la propriet definitoria (5.201) vale per ogni determinazione di e, essa


deve riguardare la matrice C che viene quindi detta definita positiva.
Una matrice definita positiva se e solo se tutti i suoi minori principali hanno
determinante positivo. Una condizione equivalente che ciascuno dei suoi autovalori sia positivo.
Poich la matrice C presenta determinante positivo essa invertibile.
Detta C21 la sua inversa, lequazione costitutiva (5.198) presenta linversa
e 5 C21s 5 As

(5.202)

che fornisce in elasticit lineare la deformazione in funzione della tensione mediante la matrice A 5 C21 di cedevolezza elastica.
Il potenziale complementare nel caso di elasticit lineare assume lespressione:
1
F c 5 sT # As
2

Matrice di cedevolezza elastica


Potenziale complementare

(5.203)

5.4.5 Relazioni di Hooke dellelasticit lineare isotropa


Si otterranno qui le equazioni costitutive dellelasticit lineare isotropa secondo
una procedura assiomatica semplificata. In seguito si mostrer che le stesse relazioni sono ottenibili in generale utilizzando il potenziale elastico.
Si mostrato che per un materiale linearmente iperelastico il potenziale elastico F(ei) deve avere unespressione quadratica nelle componenti di deformazione (5.194), affinch da esso per derivazione si possano dedurre tensioni lineari
nelle deformazioni (5.197).
La propriet di isotropia daltra parte richiede che il materiale esibisca una risposta non dipendente dalla direzione di prova; ne consegue che il potenziale F(ei)
deve essere funzione delle deformazioni tramite il primo e il secondo invariante
di deformazione, che sono appunto quantit indipendenti dal riferimento. Il potenziale elastico, nel caso lineare isotropo, deve dunque avere la seguente forma:
F(ei) 5

k1 2
I (e) 1 k2I2(e)
2 1

Materiale isotropo

(5.204)

nella quale gli invarianti di deformazione sono forniti dalla (5.65), mentre le k1
e k2 sono le due costanti elastiche del materiale, (che come si mostrer in seguito
determinano le costanti o moduli di Lam). La (5.204) mostra che, per il materiale
linearmente elastico e isotropo, le costanti elastiche indipendenti sono due.

Moduli di Lam

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 406

406

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Figura 5.66

ii

ii
dxi
(1 + ii )dxi

dxi

In un elemento di materiale linearmente elastico e isotropo (Figura 5.66) sia presente lunica tensione sii; la direzione xi dunque principale di tensione. Si fa
qui lipotesi che le direzioni principali di tensione coincidano con quelle di deformazione: si dimostrer successivamente in tutta generalit che ci vero per
il solo materiale isotropo. La deformazione associata alla sii data dalla relazione
lineare del tipo (5.202):
sii
(5.205)
eii 5
E
Modulo di Young

Modulo di Poisson

 ekk 5 2neii 5 2n

sii
E

nella quale E il modulo di elasticit normale o di Young. Per la condizione


(5.200) il modulo di Young deve essere positivo E . 0.
Gli esperimenti eseguiti sui materiali reali isotropi, come gi rilevato sopra,
evidenziano che in una qualunque direzione normale a quella xi in cui applicata
la sii, si ha una deformazione, di segno opposto a quello della eii, a questa legata
tramite il modulo di Poisson o di contrazione trasversale n, esplicitata per esempio
per la direzione xj a mezzo della:
sii
ejj 5 2neii 5 2n
(5.206)
E
Similmente nella direzione xk si ha: .
Sulla base di questa osservazione, si pu ora considerare uno stato di tensione
nel quale siano presenti le tre tensioni normali (sii 5 s1, sjj 5 s2, skk 5 s3).
Per semplicit tensioni normali e dilatazioni corrispondenti si rappresentano con
un unico pedice. Le direzioni (x1, x2, x3) sono dunque principali sia di sforzo che
di deformazione. La deformazione nella direzione x1 si ottiene ora per sovrapposizione degli effetti. In particolare alla deformazione diretta (5.205) vanno sommate quelle dovute agli effetti trasversali (5.206); si ottiene in definitiva:
s3
s2
s1
2n
2n
e1 5
E
E
E
Generalizzando il ragionamento alle tre direzioni si ottengono:
1
e15 3s12n(s21s3)4
E

1
e25 3s22n(s11s3)4
E

1
e35 3s32n(s11s2)4 (5.207)
E

che legano le tensioni normali alle dilatazioni, per il materiale linearmente elastico isotropo.
Similmente, levidenza sperimentale mostra che una tensione tangenziale t
determina lo scorrimento g corrispondente, pertanto si ha:
t23
t31
t12
g23 5
g31 5
g12 5
(5.208)
G
G
G
Modulo di elasticit
tangenziale
Equazioni inverse di quelle
di Hooke

relazioni che legano le tensioni tangenziali ai corrispondenti scorrimenti. Il coefficiente G si chiama modulo di elasticit tangenziale e per la condizione di stabilit
(5.200) deve essere positivo G . 0. Le (5.207) e (5.208) sono le relazioni inverse
di Hooke dellelasticit lineare isotropa. Delle tre costanti elastiche (E, n, G) fin
qui introdotte, solo due sono indipendenti.

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 407

5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

Sommando le (5.207), si ottiene:


c 5 e1 1 e2 1 e3 5

3(1 2 2n)
1 2 2n
(s1 1 s2 1 s3) 5
p
E
E

(5.209)

la quale costituisce la relazione di elasticit lineare fra la tensione media p (5.127)


e la variazione volumetrica c (5.48). La (5.209) nella forma c 5 p>cv, definisce
il modulo di elasticit volumetrica (o bulk modulus) del materiale:
cv 5

E
3(1 2 2n)

(5.210)

Come il modulo E, anche il modulo volumetrico cn deve essere positivo; ne consegue che il modulo di Poisson deve rispettare la seguente limitazione n , 1>2.
Precedentemente si gi avuto modo di osservare che se il modulo di Poisson
tende al valore 1>2, il materiale diventa incomprimibile; ci confermato dalla
(5.210) che mostra un cn che in tale condizione divergente. Si mostrer nellesempio seguente che il modulo di Poisson deve anche rispettare la limitazione
n . 21. In definitiva, il modulo di Poisson appartiene allintervallo:
21 6 n 6

1
2

Modulo di elasticit
volumetrica

Limitazioni del modulo


di Poisson

(5.211)

Taluni materiali quali il caucci e la gomma presentano valori di n intorno a 0.48


e sono quindi quasi incompressibili.
Pur risultando in via teorica possibili, per la (5.211), valori negativi del modulo
di contrazione trasversale, non sono noti materiali che presentino tale caratteristica.
Taluni materiali progettati, di recente utilizzo, ottenuti per assemblaggio di
celle aventi forma particolare, quale quella di Figura 5.67, evidenziano su parti
macroscopiche un effetto paragonabile con quello di un materiale avente n negativo (Niels Olhoff, On optimum design of structures and materials, General lecture
al XII Congresso Nazionale AIMETA 1995, Napoli, Italia)
Le Equazioni (5.207) e (5.208) possono essere invertite tramite risoluzione rispetto alle componenti di tensione, ottenendosi:
s1 5

2G
3 112n2e1 1ne2 1ne3 4
122n

s3 5

2G
3ne 1 ne2 1 11 2 n2e3 4
1 2 2n 1

t12 5 Gg12

t23 5 Gg23

s2 5

2G
3ne 1 112n2e2 1ne3 4
122n 1
(5.212)

t31 5 Gg31

Le (5.212) esplicitano il legame costitutivo del materiale linearmente elastico isotropo, o legge di Hooke.
I moduli elastici dei principali materiali di uso nelle costruzioni, unitamente
ad altri valori caratteristici del loro comportamento, sopra descritto, vengono riassunti nelle Tabelle 5.2 e 5.3. I valori presentati, per i quali ove possibile si forniscono intervalli di variabilit, sono desunti dalla letteratura tecnica disponibile;

Legge di Hooke

Figura 5.67

407

15-40

1.1-1.9

2.75-3.2

2.5-2.7

2.7-2.8

2.2-2.7

Basalto

Granito

Marmo

Vetro
Gomma
Tufo

1.4-1.6

60-70
0004
2-4

40-70

30-60

90-120

70-80
66-140
210-230
100-120
14-18
120-150
45-115
69-71
105-150
14
100-120
3.5-150
20-35

2.7-3.9
7.15
8.80
8.50
11.34
8.9
7.1
2.7-3.9

22-29
0.0013

26

11.8

25-26
51
87
37
6.2
44
45

78-81
82
82-84

0.17-0.22
0.48
0.18-0.22

0.15

0.14

0.15-0.16

0.16-0.35
0.17-0.25
0.32
0.36
0.40-0.45
0.35-0.36
0.27
0.30-0.34
0.34-0.37

0.3
0.26-0.33
0.26-0.33

41.6
0033

28.6

25-55

14

71.6
73
213
143
57
133
8.3

169
172
172

Traz. .0.7-0.8;
Compr. 3.5-4.5

275-690
Traz. 7.4
Traz. 3-4
Compr. 25-40
Traz.1
Compr. 2-15
Traz.7-9
Compr. 200-400
Traz.2-6
Compr. 100-120
Traz.1
Compr. 2-15
100-120

216
28-124

310-400

60-150
7-14
50-70
65
35-550
76-1100
7-14
140-550

50-80

280-400
400-600
1800

Tensione di
rottura sr MPa

22-35

140-200
200-500
1700

Tensione di
snervamento
ss MPa

35%

20-40%
40%
variabile

40%

8-20

15-20%
12-25%
3-5%

Deformazione
a rottura %

0.5-0.6

6-7.5

8.5-9.5

3-3.5
12-13

16.5

19-20

23.6-25
10.7

11.8-12
12-16
11.6

4.87
1.5-2.3
2-2.4

180-210
190-210
207-210

7.86
7.83
7.83

Modulo
volumetrico
Cv MPa

Capitolo 5

Ferro
Acciaio
Acciaio x
precompresso
Alluminio
Ghisa
Nichel
Ottone
Piombo
Rame
Zinco e leghe
Leghe di alluminio
Leghe di rame
Leghe di piombo
Leghe di titanio
Grafite
Conglomerato
cementizio
Calcare

Materiale

Modulo di
Poisson n

Densit r
103 kg>m3

Modulo di
elast.
tangenz. G,
GPa

Coeff. di Var. Termica


Lineare
variaz. di lung. su un
milionesimo per grado
centigrado o Kelvin
a, (1026 K21)

408

Modulo di
Young E
GPa

Tabella 5.2 Costanti Elastiche e parametri meccanici dei materiali da costruzione.

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 408

Meccanica dei continui

Frazione
volumet.
fibre 5
0.60-65

Frazione
volumet.
fibre 5
0.60-0.65

Frazione
volumet.
fibre 5
0.60-0.65

46-72

72-87
42

2.1-4.8

0.17

4-7

0.2

0.2

0.4
0.4

0.3-0.4

45-90

14-75

9-45

65
75-80

130-170

6-15

1000-1800

3300-4500
600-800

2400-5700
1200-3000

4-90

8-70

65
75-80

Traz. parall.
fibre 10-20
Compr. parall.
fibre 16-25
Compr. ortog.
fibre 4.5-8.5

2.5-4

2.5-5
1.4-2

0.3-1.8
1.2-1.5

8
Longitudinale 10

60-70
90-100

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

Tabella di conversione unit di misura: 1 GPa 5 109 Pa 5 109 N>m2 5 104 Kg>cm2; 1 MPa 5 106 Pa 5 106 N>m2 5 105 Kg>m2 5 10 kg>cm2 5 1 N>mm2

Fibre aramidiche
Polimeri rinf. fibre
aramidiche AFRP

Fibre di vetro
Polimeri rinf. fibra
vetro GFRP

Fibre di carbonio
Polimeri rinf. fibra
carbonio CFRP

Tecnopolimeri

2.38
1.4-2.8
3.5
2-4
42-48
0.9-2.4
trazione
1.25
trazione
0.5-309
trazione
290-400
110-160

10-21

E: Normale
fibre
0.27-0.7

1.20

Direz.
Longitud.
1-2
1.2
1.13-1.15
1.3
0.92-0.96
2.71
0.90-1.30

Ossa umane
(25-30 anni) Femore,
tibia, omero, radio.
Policarbonato
Nylon
PVC
Polistirene
Carbonio
Polimeri termopl.

15-25
E: Dir
fibre 8-15

5.4

Polimeri termoind.

0.37-0.75

Laterizi
Legno (abete)

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 409

409

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 410

410

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Tabella 5.3 Prefissi per le potenze di dieci con le unit metriche


Potenza
10224

Prefisso

Abbreviazione

Denominazione

10221

yocto
zepto

y
z

Quadrilionesimo
Triliardesimo

10218

atto

Trilionesimo

femto

Biliardesimo

10

215

10

212

pico

Bilionesimo

1029

nano

Miliardesimo

1026

micro

10

milli

m
m

Milionesimo

23

10

22

centi

Centesimo

10

21

deci

Decimo

unit

Unit

deka
etto
kilo
miria
mega
giga
tera
peta
exa
zetta
yotta
googol
googol
anton

da
e
k
mi
M
G
T
P
E
Z
Y

Dieci
Cento
Kilo
Diecimila
Milione
Miliardo
Bilione
Biliardo
Trilione
Triliardo
Quadrilione
Googol
Googolplex
Antonplex

100 5 1
101
102
103
104
106
109
1012
1015
1018
1021
1024
10100
(1010)100
(10100)100

Millesimo

essi sono da considerarsi come puramente indicativi degli effettivi valori, i quali
debbono comunque essere saggiati sperimentalmente sul materiale reale in studio,
nei casi concreti in cui ci sia necessario.
j Esempio 5.15

 eI 5

sI
nsII
2
5
E
E
tij 11 1 n2
E

 P9P0 5 eI

dxi

5
"2
dxitij 11 1 n2
"2E

A titolo di esercizio si determina qui di seguito lespressione del modulo di elasticit tangenziale G, in funzione di quello di Young E e di quello di Poisson n.
Si faccia riferimento allelemento di materiale a base quadrata, di vertici OPQR,
di dimensione dx nel piano (xi, xj), al quale sia applicata la sola tensione tangenziale tij (Figura 5.68). Il tracciamento del cerchio di Mohr per questo stato
piano di tensione mostra che le direzioni principali di tensione nI, nII nel piano
(xi, xj) formano angoli di p>4 con gli assi (xi, xj). Le tensioni principali agenti
sui piani principali valgono rispettivamente sI 5 tij, sII 5 2tij. Le direzioni
principali di deformazione coincidono con quelle di tensione nI, nII. La dilatazione principale eI si ottiene dalla prima delle (5.207): .
Poich le dilatazioni e gli scorrimenti forniti dalle (5.207) e (5.208) sono disaccoppiati, in funzione rispettivamente delle tensioni normali e di quelle tangenziali,
ne consegue che nel riferimento (xi, xj) non vi sono dilatazioni: ci implica che nella
deformazione il punto P si sposta nel punto P9, ortogonalmente allasse xi. Lo spostamento P9P0 del punto P nella direzione principale di deformazione nI vale .

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5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

Figura 5.68
nII

nI

xj
R

ij

nm

ij
dx
ij

ij
P
P
P
ij = 1/2 ij
ij
dx

xi

II

II

I
n

II

Lo spostamento di P vale dunque:


PP9 5 P9P0 "2 5

dxitij 11 1 n2
E

Lo scorrimento gij dato dal doppio dellangolo P9OP, assimilabile alla sua tangente:
gij 5 2

2tij 11 1 n2
PP9
5
dx
E

Confrontando questa relazione con quella analoga delle (5.212), si ottiene la


cercata espressione per il modulo di elasticit tangenziale:
G5

E
211 1 n2

(5.213)

In forza della positivit di E e di G, dalla (5.213) consegue la seguente limitazione per il modulo di Poisson n . 21.

Il potenziale elastico lineare isotropo


Qui si sviluppa in termini pi completi il legame costitutivo del materiale linearmente elastico isotropo, gi anticipato sopra in forma semplificata, a partire dal
suo potenziale che, come si visto nella (5.204), fornito dalla
k1 2
I1(E) 1 k2I2(E)
2
che richiede due sole costanti elastiche.
F(E) 5

(5.214)

411

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 412

412

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Lipotesi di isotropia consente di ridurre le 21 costanti dellelasticit lineare a sole


due indipendenti.
Le espressioni degli invarianti di deformazione (5.65) si pongono nella forma:
I1 1E 2 5 e11 1e22 1e33, I2 1E2 52e11e22 2e22e33 2e33e11 1e12e21 1e23e32 1e31e13
Il legame costitutivo (5.189) nel caso presente si specifica in componenti tensoriali
sij 5 k1I1 1E2
Costanti di Lam

0I2 1E2
0I1 1E2
1 k2
5 1k1 2 k2 2dijell 1 k2eij
0eij
0eij

(5.215)

Tramite la definizione delle costanti di Lam


l 5 k 1 2 k2

G 5 k2>2

(5.216)

si hanno le relazioni di Hooke gi anticipate sopra in forma esplicita:


sij 5 2Geij 1 dijleii

(5.217)

in cui dij il delta di Kroneker.


La (5.217) fornisce la relazione deformazioni-tensioni per il legame linearmente iperelastico isotropo e in forma assoluta si scrive
T 5 2GE 1 l(e11 1 e22 1 e33)I

(5.218)

e si specifica in termini dei vettori di tensione e deformazione:


s1
l 1 2G
l
l
s2
l
l 1 2G
l
s3
l
l
l 1 2G
F V5F
s4
0
0
0
s5
0
0
0
s6
0
0
0

 s11 1 s22 1 s33 5

5(2G13l)(e111e221e33)

Modulo volumetrico

0
0
0
0
G
0

0 e1
0 e2
0 e3
VF V
0 e4
0 e5
G e6

(5.219)

Le (5.218) mostrano che le tensioni normali si sono funzioni delle sole dilatazioni
ej e la tij della sola omonima gij; in tale senso c un disaccoppiamento delle relazioni tra tensioni normali e dilatazioni da un lato e fra tensioni tangenziali e
scorrimenti dallaltro.
Le (5.218) si invertono agevolmente, come di seguito. La traccia di T vale 
che tramite la definizione della tensione media p (5.127) e del coefficiente di variazione volumetrica c (5.46) fornisce:
p5

Relazione fra variazione


volumetrica e tensione media

0
0
0
G
0
0

2G 1 3l
c
3

(5.220)

che costituisce la relazione elastica lineare isotropa fra variazione volumetrica


e tensione media; la (5.220) consente di definire il modulo di elasticit volumetrica
(o bulk modulus):
cv 5

p
2G 1 3l
5
c
3

(5.221)

che rappresenta la tensione media necessaria per ottenere una variazione volumetrica unitaria [il che significa dimezzamento (o raddoppio) del volume].

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 413

5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

Le relazioni di Hooke (5.218) e (5.219) si invertono sostituendovi il valore


c 5 e11 1 e22 1 e33 fornito dalla (5.220), pervenendo alle inverse di Hooke:
eij 5

3dijlp
1
a sij 2
b
2G
2G 1 3l

(5.222)

E5

3lp
T
2
I
2G
2G12G 1 3l2

(5.223)

413

Inverse di Hooke

e in forma assoluta:

Le relazioni elastiche si esplicitano, con tensioni e deformazioni in forma vettoriale:


G1l
G12G 1 3l2
2l
e1
2G12G 1 3l2
e2
2l
e3
2G12G
1 3l2
F V5I
g12
0
g23
0
g31
0

2l
2l
000
2G12G 1 3l2 2G12G 1 3l2
G1l
2l
s1
000
G12G 1 3l2 2G12G 1 3l2
s2
2l
G1l
000
s
2G12G 1 3l2 G12G 1 3l2
Y F 3 V (5.224)
t12
1
00
0
0
t23
G
1
0
0
0 0 t31
G
1
0
0
00
G

Coassialit delle direzioni principali di sforzo e deformazione


per il materiale linearmente iperelastico isotropo
In questo paragrafo si mostra che per il materiale linearmente iperelastico isotropo,
le direzioni principali di sforzo coincidono con quelle principali di deformazione.
A questo fine necessario introdurre il Teorema di Cayley-Hamilton il quale afferma che ogni tensore soluzione della propria equazione caratteristica. Ci
pu essere facilmente verificato, per esempio, per il tensore di deformazione infinitesima E la cui equazione caratteristica (5.64) 2e3 1 I1(E)e2 2 I2(E)e 1 I3(E) 5 0
scritta in forma matriciale per tutti e tre gli auto-valori (eI, eII, eIII) nella base principale
e2I 0 0
eI 0 0
0
e3I 0 0
3
2 0 eII 0 1 II(E) 0 e2II 0 2 I2(E) 0 eII 0 1 I3(E) 5 0
0 0 e3III
0 0 e2III
0 0 eIII
0
si sintetizza nella forma
2E3 1 I1(E)E2 2 I2(E)E 1 I3(E) 5 0

(5.225)

a dimostrazione dellassunto.
Seguendo limpostazione di Eric Reissner (1945), si fa qui lipotesi che nella
base principale della deformazione, le componenti principali della tensione
T 5 [sij] del materiale linearmente iperelastico isotropo (5.215)
sij 5

0F(I1,I2,I3)
0 F 0I1
0F 0I2
0F 0I3
5
1
1
0eij
0I1 0eij
0I2 0eij
0I3 0eij

siano espresse in funzione di E 5 [eij] nella forma polinomiale:

(5.226)

Teorema di Cayley-Hamilton

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 414

414

Capitolo 5

Meccanica dei continui

T 5 c0I 1 c1E 1 .... 1 cnEn

(5.227)

nella quale, grazie allisotropia, i coefficienti ci sono funzioni dei soli invarianti
di deformazione.
Dalla (5.225) consegue che una qualunque potenza n-esima (n P N) del tensore
E 5 [eij] pu essere espressa come combinazione lineare di dij, eij, eijejk a mezzo
di coefficienti che sono funzioni polinomiali dei tre invarianti di E. Infatti la (5.225)
permette di esprimere E3 in funzione delle sole E2, E: E3 5 I1E2 2 I2E 1 I3 e di
esplicitare E4 in funzione dei soli E, E2, nella forma
E4 5 E E3 5 I1E3 2 I2E2 1 I3E 5 (I21 2 I2)E2 1 (I3 2 I1I2)E 1 I1I3I
Per iterazione del procedimento, un qualunque termine c1Ei del polinomio
(5.227) pu esplicitarsi in funzione dei soli E2, E, per cui la (5.227) pu riscriversi
nella forma:
T 5 3sij 4 5 a1 I 1 a2 E 1 a3 E2
0F
 c
d 5a1I1a2E1a3E2
0eij

(5.228)

ove le costanti a1, a2, a3 sono polinomi negli invarianti di deformazione. Il risultato
(5.228) mostra che il potenziale elastico F(eij) deve soddisfare lequazione ,
quindi il potenziale elastico, nel caso di elasticit lineare isotropa, cubico nelle
deformazioni.
Tenendo conto delle espressioni degli invarianti di deformazione:
I1(E) 5 eii 5 e11 1e22 1e33
1
I2(E) 5 (eiiejj 2eijeji) 5 e11e22 1e22e33 1e33e11 2e12e21 2e23e32 2e13e31
2
I3(E) 5DetE5e11e22e33 1e12e23e31 1e13e21e32 2e13e22e31 2e11e23e32 2e12e21e33

0I1
50
0eij

0I2
5 eji
0eij

0I3
5 ekiejk 2 ekkeij
0eij


0I1
51
0eij

0I2
5 2ell 2 ekk
0eij
0I3
5 ekkell 2 eklelk
0eij


0I1
50
0eij

0I2
50
0eij

i coefficienti della (5.226) si specificano: per i ? j: ; per i 5 j: e nel riferimento


principale di deformazione per i ? j risulta eij 5 0, ; pertanto la (5.226) fornisce
sij 5 0. Ne consegue, come volevasi dimostrare, che sulle facce della base principale di deformazione nIe, nIIe, nIIIe sono nulle le componenti di tensione tangenziali sij, i ? j e pertanto questa base coincide con la base principale di tensione
nIs, nIIs, nIIIs.

Relazione fra i deviatori


La relazione costitutiva (5.218) si pu esplicitare in termini delle parti idrostatiche
e deviatoriche dei tensori di sforzo e deformazione. Infatti si gi mostrato tramite
le (5.147), (5.148) e (5.149) che il tensore di sforzo presenta la decomposizione
additiva T 5 TD 1 pI, in cui la parte deviatorica TD definita dalle (5.147),
(5.148) e (5.149). Similmente il tensore di deformazione viene scomposto additivamente nella sua parte deviatorica e in quella volumetrica E 5 ED 1 (c>3)I,
in cui c il coefficiente di variazione volumetrica e la parte deviatorica data da:

0I3
50
0eij

e11 2
ED 5 F

e12
e13

c
3

e12
e22 2
e23

e13
c
3

e23
c
e33 2
3

(5.229)

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 415

5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

415

La parte ED responsabile del cambiamento di forma dellintorno, ma non di


quello di volume: infatti il suo invariante lineare nullo. La parte (c>3) I, complementare di quella deviatorica, essendo isotropa, trasforma qualunque direzione
in s stessa e non modifica pertanto la forma, ma solo il volume dellintorno.
La (5.218) consente di scrivere T 5 TD 1 pI 5 2GE 1 lcI la quale con la
scomposizione E 5 ED 1 (c>3)I determina la:
c
TD 5 2pI 1 2GED 1 (2G 1 3l)I
3
Tenendo presente la (5.221) si ottiene in definitiva la cercata relazione elastica
lineare isotropa fra i deviatori di sforzo e deformazione:
TD 5 2GED

Relazione fra i deviatori


di sforzo e deformazione

(5.230)

La Tabella 5.4 che segue fornisce le costanti elastiche del materiale linearmente
elastico isotropo in funzione di sole due delle costanti assunte quali parametri
indipendenti.

Un esempio di legame lineare non conservativo: il materiale


di Cauchy
Si visto che le relazioni
s5C?e
definiscono lelasticit lineare.
Questa relazione, indipendentemente dallesistenza del potenziale elastico, definisce il cosiddetto materiale di Cauchy, nel quale le tensioni sono linearmente
legate alle deformazioni.
per necessario evidenziare che la sola linearit pu non coniugarsi con la
conservativit del materiale.
Infatti, operando a titolo di esempio in dimensione due, la relazione lineare
si scrive .
Tabella 5.4 Materiale linearmente elastico isotropo. Espressioni delle
costanti elastiche in funzione della coppia di costanti indipendenti.
Costanti
indipendenti

Modulo
di Young
E

Modulo
tangente
G

Modulo
volumetrico
c

Costante
di Lam
l

Modulo
di Poisson
n

G, n

2G(1 1 n)

2G(1 1 v)

2Gv
1 2 2v

G, E

GE
9G 2 3E

G(E 2 2G)

E 2 2G
2G

3(1 2 2v)

3G 2 E

G, l

G13l 1 2G 2

l
2(l 1 G)

G, cv

l1G
9Gcv
3cv 1 G

3l 1 2G
3

3cv 2 2G
3

3cv 2 2G
2(3cv 1 G)

E, n

E
211 1 v2

E
3(1 2 2v)

vE
(1 1 v)(1 2 2v)

E, cv

3Ecv
9cv{E

cv(9cv 2 3E)

3cv 2 E
6cv

3cv(1 2 2v)

cv, n

3cv(1 2 2n)

2(1 1 v)

9cv 2 E
3cvv
11v

s5 c

s1
C11 C12 e1
d5c
dc d
s2
C21 C22 e2

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 416

416

Capitolo 5

Meccanica dei continui

agevole verificare che per i due diversi percorsi deformativi g1 e g2 di Figura


5.69, sono diversi per tale materiale i valori dellenergia di deformazione:
e21
e22
C11
C22
F 1 5 3 sde 5 C11 1 C21e1e2 1 C22 5 e2 a
1 C21 1
b
2
2
2
2
g1

C21
C12
C22
C11
F 2 5 3 sde 5 e2 a
1
1
1
b
2
2
2
2
g2

Materiale non conservativo


 DF 5

e2
1C 2 C21 2
2 12

1
=2

5.4.6 Equazioni dellequilibrio elastico isotropo

2
Ahk

Questo materiale quindi non conservativo; infatti una trasformazione chiusa g


corrispondente per esempio al percorso (1g2 2 g1) porta a un valore dellenergia
di deformazione non nullo pari a  che in dipendenza dei valori assunti dalle costanti pu essere positiva o negativa e corrisponde quindi allaccumulo nel sistema
di energia o alla produzione di energia.
Solo nel caso C12 5 C21 tale materiale conservativo, risultando in accordo
con la simmetria maggiore e con lesistenza di un potenziale.

=1 2

Figura 5.69

Nellelastostatica lineare il problema dellequilibrio di un solido o di una struttura


assume particolari forme, adatte alla risoluzione in forma chiusa o approssimata.
Nei Capitoli 3 e 4 sono gi state trattate le particolari forme che assumono i
sistemi di equazioni di equilibrio elastico per le diverse modellazioni dei sistemi
di travi e sono state altres fornite le principali metodologie solutive, con le corrispondenti esemplificazioni.
In questa sede si vuole mostrare la forma generale che il sistema di equazioni
di equilibrio elastico assume per il solido linearmente iperelastico e isotropo. Di
norma assegnato un solido @ linearmente elastico isotropo, vincolato, sul quale
agiscono sistemi di forze superficiali e di volume.
I dati del problema sono in generale i seguenti.

assegnato il solido, rappresentato dal dominio connesso @, di frontiera 0@


generalmente regolare. Per la regolarit della frontiera in letteratura vengono
proposte diverse definizioni; per gli scopi che qui ci si prefigge sufficiente
fare riferimento a una frontiera costituita dallunione di un numero finito di
superfici differenziabili (regolarit secondo Kellog: O. D. Kellog, Foundations
of Potential Theory, Dover, 1929).

La frontiera 0@ a sua volta partizionata nelle due parti:


0@u sulla quale sono assegnate le condizioni di vincolo

Regolarit secondo Kellog

Problema misto al contorno

u5u
(5.231)
0@f sulla quale sono assegnate le forze superficiali f.
Su ogni punto della frontiera sono dunque assegnati o i carichi superficiali
o i vincoli: per questo motivo si parla delle equazioni di equilibrio elastico
come di un problema misto al contorno.
In @ assegnato il campo di forze di volume b.
Il materiale linearmente iperelastico isotropo e omogeneo assegnato tramite
due costanti elastiche, in questa sede identificate nelle (G, v).

5.4.7 Equazioni di Navier-Cauchy


Nella prima formulazione che qui si propone, lincognita del problema il campo
di spostamento soluzione u 5 u(x1, x2, x3), dal quale sono poi deducibili deformazioni

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 417

5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

e sforzi. Lincognito campo infinitesimo soluzione u 5 u(x1, x2, x3), deve rispettare
le condizioni di vincolo (5.230). Dallo spostamento soluzione si ottiene lo stato di
deformazione infinitesimo corrispondente, tramite le equazioni di compatibilit
eij 5

0uj
1 0ui
a
1
b
2 0xj
0xi

(5.232)

Dalle deformazioni, tramite le equazioni costitutive dellelasticit lineare (5.192),


si ottiene il tensore di sforzo T 5 # E. Le tensioni, in quanto soluzioni, debbono
a loro volta rispettare le Equazioni (5.131) di equilibrio interno (0sij>0xj) 1 bi
5 0 e quelle dellequilibrio al bordo (5.141) sijnj 5 fi.
Le condizioni di congruenza al contorno del tipo (5.231), che impongono preassegnate forme per lo spostamento nelle zone vincolate, vengono denominate
condizioni al contorno alla Dirichlet.
Sulla parte vincolata del contorno 0@u, le tensioni emergenti determinano le
reazioni vincolari sijnj 5 ri.
Le condizioni di equilibrio al contorno caricato (5.141) che lavorano sul flusso
degli sforzi emergenti al contorno, quindi tramite le (5.192) e (5.232) vincolano
le derivate del campo di spostamento incognito, vengono chiamate condizioni al
contorno alla Neumann.
Si pu in definitiva affermare che il campo di spostamento infinitesimo
u 5 u(x1, x2, x3) soluzione del problema di equilibrio elastico lineare, se esso
rispetta i seguenti cinque sistemi di equazioni differenziali alle derivate parziali:

Vincoli alla Dirichlet

Vincoli alla Neumann

equazioni di congruenza al contorno vincolato (5.231);


equazioni di compatibilit spostamento-deformazione (5.232);
legame costitutivo dellelasticit lineare isotropa (5.192);
equazioni di equilibrio interno (5.131);
equazioni di equilibrio al bordo (5.141).

Si deducono qui di seguito le equazioni di Navier-Cauchy dellequilibrio elastico,


le quali assumono come incognita esplicita lo spostamento u 5 u(x1, x2, x3).
Le relazioni di Hooke (5.217), utilizzanti le costanti elastiche (G, v), si scrivono
sij 5 2Geij 1 dij

2Gn
e
1 2 2n kk

(5.233)

La sostituzione delle equazioni di compatibilit  nelle relazioni di Hooke


(5.233) fornisce:
sij 5 G a

0uj
0ui
0uk
2Gn
1
b 1
d
0xj
0xi
1 2 2n ij 0xk

0 2uj
0u3
0u2
0 0ui
2Gn
0 0u1
a
b 1
d 1
dij a
1
1
b 1 bi 5 0
0xj 0xj
0xj 0xi
1 2 2n 0xj 0x1
0x2
0x3

ove nei monomi vanno sviluppate le somme sugli indici ripetuti. Tenendo conto
che il delta di Kroneker assume valore diverso da zero e unitario solo per j 5 i,
lequazione diventa:
G

0u3
0 2ui
0u2
0 0u1
G
a
1
1
b 1 bi 5 0
2 1
1 2 2n 0xi 0x1
0x2
0x3
0xj

0uj
1 0ui
a
1
b
2 0xj
0xi

(5.234)

Questultima, sostituita nella i-esima equazione dellequilibrio interno  (5.135),


la trasforma come di seguito:
Gc

 eij 5

(5.235)

0sij
0xj

1 bi 5 0

417

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 418

418

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Le (5.235) che si scrivono per esteso:

Equazioni di Navier-Cauchy
dellequilibrio elastico

Ga

0 2u1 0 2u1 0 2u1


G
0 0u1 0u2 0u3
a
1
1
b 1b1 50
2 1
21
2 b1
122n 0x1 0x1 0x2 0x3
0x1
0x2
0x3

Ga

0 2u2 0 2u2 0 2u2


0 0u1 0u2 0u3
G
a
1
1
b 1b2 50
2 1
21
2 b1
122n 0x2 0x1 0x2 0x3
0x1
0x2
0x3
(5.236)

Ga

0 2u3 0 2u3 0 2u3


G
0 0u1 0u2 0u3
1 21 2b1
a
1
1
b 1b3 50
122n 0x3 0x1 0x2 0x3
0x21
0x2
0x3

sono le equazioni differenziali dellequilibrio elastico di Navier-Cauchy, che associate alle condizioni di congruenza al contorno vincolato (5.231) e a quelle di

j Approfondimento 5.4
Equazioni di Beltrami-Michell

Il problema di equilibrio elastico stato risolto con


una formulazione alternativa a quella di Navier-Cauchy, assumendo quali incognite le componenti di tensione. Qui di seguito si ripropone la procedura analitica che produce le equazioni di Beltrami-Michell,
nel caso di forze volumetriche costanti.
Derivando la prima equazione indefinita di equilibrio rispetto alla variabile x1, derivando la seconda
rispetto alla variabile x2 e la terza rispetto a x3, sommando le prime due e sottraendo la terza si ottiene:
2

0 2s11 0 2s22 0 2s33


0 2t12
52 2 2
1
(AP5.9)
0x1 0x2
0x1
0x22
0x23

La prima delle equazioni di compatibilit (5.96),

Le (AP5.9) e (AP5.10) permettono di ottenere:


(1 1 n) a
1 na2

0 2s33
0 2s11
0 2s22
b 5 (AP5.10)
2 2n a
2 1
0x1
0x1
0x21
5 211 1 n2

0 2t12
0x1 0x2

0 2s33
0 2s22
0 2s11
b
2 2
2 1
0x1
0x2
0x23

che si trasforma con i seguenti passaggi


(11n) a

0 2s11 0 2s22 0 2s11 0 2s22 0 2s33


1
1
1
2
b5
0x22
0x21
0x21
0x22
0x23
5 n=2I1 2 n

(11n) c

0 2I1
0x23

0 2s33
02
02
(s
1s
)
1
(s
1s
)2
)d5
11
22
11
22
0x21
0x22
0x23

0 2s33
0 2s11
0 2s22
2
n
a
1
b 1
0x22
0x22
0x23
1

0 2I1
0 2I1
0 2I1
0 2I1
2
2
1
b 5
0x21
0x22
0x23
0x23

(1 1 n) a 2

0 2g12
0 2e11
0 2e22
1
5
0x1 0x2
0x22
0x21
tenendo conto delle relazioni inverse di Hooke, fornisce:

0 2s22
0 2s11
1
b 1
0x22
0x21

5 n=2I1 2 n
(11n) c

0 2I1
0x23

0 2I1 0 2s33 0 2I1 0 2s33 0 2s33


2
1 22
2
d5
0x21
0x21
0x2
0x22
0x23
5 n=2I1 2 n

0 2I1
0x23

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 419

5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

419

equilibrio ai limiti (5.131), determinano la soluzione u 5 u(x1, x2, x3) del problema. Le (5.236) si scrivono in forma assoluta:
G
grad div u 1 b 5 0
1 2 2n

G=2u 1

(5.237)

dove =2 loperatore di Laplace. Lesistenza della soluzione del problema qui


sopra formulato, che dipende essenzialmente dalla regolarit degli enti coinvolti
(dominio e sua frontiera, carichi, vincoli ecc.) stata discussa sotto ipotesi assai
generali in trattati specialistici, ai quali si rinvia per gli approfondimenti (G. Fichera, in Enciclopedia of Physics, Springer, III/3, Via/1, Via/2, 1972).
Nella teoria di de Saint Venant, le (5.236) sono state utilizzate per dedurre le
soluzioni di base del problema della trave elastica.

(11n) =2s335(11n) a =2I12

0 2I1
0 2I1
b2n
a
=
I
2
b
2
1
0x23
0x23

e in definitiva:
=2 I1 2

0 2I1
5 (1 1 n)=2 s33 (AP5.11)
0x23

dalla quale permutando gli indici si ottengono le tre


equazioni:
=2I1 2

=2I2 2

=2I3 2

0 2I1
5 (1 1 n) =2s33
0x23
0 2I2
5 (1 1 n) =2s22 (AP5.12)
0x22
0 2I1
5 (1 1 n) =2s11
0x21

Sommando le tre (AP5.12) si ottiene:


3=2I1 2 =2I1 5 (1 1 n)=2I1
la quale deve risultare =2I1 5 0 e determina lequazione:
(1 1 n)=2s33 1

0 2I1
50
0x23

(AP5.13)

Le altre cinque equazioni di congruenza, con la stessa


procedura, determinano il sistema finale di equazioni

di Beltrami-Michell dellequilibrio elastico del tipo


(AP5.13):
(1 1 n)=2 s11 1

0 2I 1
50
0x21

(1 1 n)=2 s22 1

0 2I 1
50
0x22

(1 1 n)=2 s33 1

0 2I 1
50
0x23

0 2I1
50
(1 1 n)=2t12 1
0x1x2
(1 1 n)=2t23 1

0 2I1
50
0x2x3

(1 1 n)=2t31 1

0 2I1
50
0x3x1

(AP5.14)

Le (AP5.14) sono le equazioni di Beltrami-Michell


dellequilibrio elastico nelle componenti di tensione,
le quali, per come sono state ottenute, garantiscono
il rispetto delle equazioni di congruenza interna, di
equilibrio e di quelle di elasticit; esse, associate a
opportune condizioni al contorno, consentono di dedurre lo stato di tensione soluzione. Noto questo, le
relazioni di elasticit determinano le deformazioni e
queste per integrazione conducono al campo di spostamento soluzione.

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 420

420

Capitolo 5

Meccanica dei continui

5.4.8 Cambiamento di base relazioni elastiche1


e3

fb

fa

Oltre alla base {ei} 5 {e1, e2, e3} si consideri unaltra base {fp} 5 {fa, fb, fc};
per semplicit ambedue le basi siano ortonormali (Figura 5.70)
I versori della base {fp} sono esprimibili nella base {ei} nella forma cartesiana:
fa 5 aa1e1 1 aa2e2 1 aa3e3

o
e2

fb 5 ab1e1 1 ab2e2 1 ab3e3


fc 5 ac1e1 1 ac2e2 1 ac3e3

e1
fc
Figura 5.70

Ove aqj la componente q-esima di fq nella base {ei}; aqj quindi il coseno direttore di fq rispetto allasse ej:
aqj 5 fq ? ej
Si indica con p, oppure con q e r, lindice generico degli assi della nuova base p, q,
r P {a, b, c} mentre con i, j, k gli indici generici della base {e1, e2, e3}, i, j, k P {1, 2, 3}.
La matrice R dei coefficienti del sistema di sopra viene definita matrice di trasformazione dalla base iniziale {ei} a quella nuova {fp}; ogni riga della R formata
dalle componenti di un versore della nuova base {fp} rispetto a quella iniziale {ei}.
aa1 aa2 aa3
R 5 ab1 ab2 ab3
ac1 ac2 ac3

v1

 v 5 v2

v3

Poich i versori {fp} sono indipendenti, R ha determinante nullo ed invertibile


presentando quale inversa la RT.
Un generico vettore v nella base {ei} abbia rappresentazione  e nella base
{fp} rappresentazione .
Si vuole ora dimostrare che nel cambiamento della rappresentazione dello
stesso vettore da una base allaltra valgono le seguenti relazioni di trasformazione
delle sue componenti:

va

 v9 5 vb

vc

v9 5 Rv

v 5 RTv9

Infatti con riferimento alla rappresentazione di v9 nella base {fp} si ha:


v9 5 vafa 1 vbfb 1 vcfc
e sostituendo in questa le espressioni sopra assegnate per le {fp} si ottiene:
v9 5 va(aa1e1 1 aa2e2 1 aa3e3) 1 vb(ab1e1 1 ab2e2 1 ab3e3) 1
1 vc(ac1e1 1 ac2e2 1 ac3e3)
e mettendo a fattore nei versori della base {ei} si ottiene lespressione di v in tale
base:
v 5 (vaaa1 1 vbab1 1 vcac1)e1 1 (vaaa2 1 vbab2 1 vcac2)e2 1
1 (vaaa3 1 vbab3 1 vcac3)e3
dalla quale si deduce lespressione di v nella base {ei}:
vaaa1 1 vbab1 1 vcac1
v1
v 5 v2 5 vaaa2 1 vbab2 1 vcac2
v3
vaaa3 1 vbab3 1 vcac3
che si pu anche scrivere:

Nunziante L. Scienza delle Costruzioni. Il Continuo. JOVENE,1997. Cap.1.

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 421

5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

421

aa1 ab1 ac1


va
v 5 aa2 ab2 ac2 # vb 5 RTv9
aa3 ab3 ac3
vc
Questultima equazione fornisce le cercate espressioni delle componenti del vettore nella base {ei} in funzione di quella nella base {fp} e dellinversa della matrice
di trasformazione RT. Lequazione di sopra pu invertirsi come segue premoltiplicando primo e secondo membro per R:

Trasformazione di un vettore
al mutare della base
cartesiana

v9 5 R v
Il prodotto scalare fra due vettori v e w una quantit intrinseca; essa deve essere
indipendente dalla base scelta. Con riferimento alle due basi sopra introdotte si ha:
v 5 RTv9

w 5 RTw9

e deve risultare:
(v ? w) 5 (RTv9) ? (RTw9) 5 v9RRTw9 5 v9w9
la quale implica
RRT 5 I
e quindi
RT 5 R21
Matrici che rispettano tale condizione si dicono ortogonali. Di tale tipo devono
essere le matrici della trasformazione sopra introdotta.
Si vuole qui determinare la legge di variazione delle componenti della matrice
del tensore di deformazione infinitesima E al cambiare della base del riferimento
scelto, da quella {ei} a quella {fq} e viceversa.
Si faccia riferimento allEquazione (5.54) che correla il vettore posizione x al
campo di spostamento da deformazione pura ue:
ue 5 Ex
scritta nella base {ei}. Nella nuova base {fq} lequazione presenti la scrittura
ue9 5 E9x9
ove gli elementi con apice sono riferiti alla nuova base {fq}.
In funzione della matrice di trasformazione R e della sua inversa RT e grazie
alle relazioni di trasformazione sopra dedotte, si ha:
ue9 5 Rue

x9 5 Rx

ottenendosi:
Rue 5 E9 Rx
dalla quale si deduce:
ue 5 RT E9 Rx
che per confronto fornisce:
E 5 RT E9 R
avente la seguente forma indiciale
eij 5 epq aqj api

(5.238)

Matrice ortogonale

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 422

422

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Linversa dellequazione precedente data dalla


E9 5 RERT

(5.239)

equazione che determina la matrice E9 nella nuova base in funzione della E e


della matrice di trasformazione R.
La forma indiciale dellultima equazione la seguente:
epq 5 eij apj aqi
Trasformazione di un tensore
al mutare della base
cartesiana
Matrici simili
Propriet riflessiva, simmetrica
e transitiva

(5.240)

Matrici E ed E9 che si trasformano luna nellaltra tramite una matrice R invertibile, secondo le equazioni sopra riportate, si dicono simili. La similitudine delle
matrici una relazione di equivalenza, godendo delle propriet riflessiva, simmetrica e transitiva.
Matrici simili hanno uguali i determinanti, le equazioni caratteristiche, gli invarianti, gli autovalori.
Due matrici che al variare della base si trasformano per similitudine, cio mediante equazioni del tipo sopra definite, hanno equazioni caratteristiche coincidenti e quindi invarianti uguali e autovalori coincidenti.
Con riferimento alla matrice di deformazione infinitesima E, essa diagonalizzabile se esiste una base {pi} 5 {pa, pb, pg} nella quale la sua trasformata per
similitudine E9 ha la forma diagonale; E diagonalizzabile se esiste quindi una
matrice invertibile P tale che risulti:
E9 5 PEP21

eI 0 0
 E9 5 0 eII 0
0 0 eIII

con E9 avente la forma: .


Le propriet qui stabilite a titolo esemplificativo per il tensore E valgono anche
per gli altri tensori trattati nel testo. In particolare per il tensore di sforzo si hanno,
al ruotare del riferimento, le equazioni di trasformazione:
T 5 RT T9 R

(5.241)

RT

(5.242)

T9 5 R T

 sij 5
f5

0f
0eij

1
c ee
2 ijhk ij hk

Si vogliono qui ottenere le equazioni dellelasticit lineare valide al ruotare della


base di riferimento ortonormale da quella iniziale (e1, e2, e3) a quella (a, b, c).
Lo stato di tensione fornito dalla (5.185) .
Se il potenziale elastico dato dalla (5.189)  il tensore di sforzo risulta
espresso dalla
T 5 #E nella base {ei}

(5.243)

T9 5 #9E9 nella nuova base {fq}

(5.244)

Le formule di trasformazione del tensore di deformazione (5.238)-(5.240) e di


quello di sforzo (5.241)-(5.242) si scrivono in forma indiciale:
epq 5 eij apj aq

(5.245)

ekl 5 ers ark asl

(5.246)

spq 5 sij apj aqi

(5.247)

skl 5 srs ark asl

(5.248)

ove i, j, k, l P {1, 2, 3}, mentre gli indici p, q, r, s P {a, b, c}.


Le equazioni dellelasticit lineare sopra richiamate (5.243) si scrivono, nelle
due basi, nella forma indiciale:
sij 5 cijklekl

(5.249)

spq 5 cpqrsers

(5.250)

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 423

5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

con le inverse
E 5 bT

(5.251)

E9 5 b9 T9

(5.252)

eij 5 bijklskl

(5.253)

epq 5 bpqrssrs

(5.254)

Sostituendo nella (5.242) la (5.243) e in questa la (5.238), si ottiene:


T9 5 R T RT 5 R c E RT 5 R cRTE9R RT 5 R c RTE9
la quale, confrontata con la (5.243), fornisce
c9 5 Rc RT

(5.255)

che costituisce la formula di trasformazione del tensore di elasticit al ruotare del


riferimento. La sua inversa si ottiene premoltiplicando per RT e postmoltiplicando
per R la (5.255):
c 5 RT c9 R

(5.256)

La forma indiciale della (5.255) si ottiene come segue:


spq 5 sijapjaqi 5 cijklapjaqiekl 5 cijklapjaqiaslarkers

(5.257)

che, confrontata con la (5.249), fornisce:


cpqrs 5 cijklapjaqiaslark

(5.258)

Con procedimento simile si ottengono le seguenti formule di trasformazione della


matrice inversa di quella di elasticit al mutare della base
bpqrs 5 bijklapjaqiaslark

(5.259)

5.4.9 Elasticit lineare non isotropa2


Si gia mostrato che per il materiale a elasticit lineare che ammetta potenziale
elastico
1
f 5 cijhkeijehk
2

(5.260)

lo stato di tensione fornito dalla:


sij 5

0f
5 cijhkehk
0eij

(5.261)

la quale presenta la forma inversa:


eij 5 bijklskl

(5.262)

Il materiale stato definito isotropo se si comporta nello stesso modo in tutte le


direzioni; ci significa che la relazione costitutiva invariante al mutare della
base del riferimento.
2

Nunziante L. Scienza delle Costruzioni. Il Continuo. JOVENE, 1997. Cap. 4.

Trasformazione del tensore


di elasticit al mutare
della base cartesiana

423

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 424

424

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Gruppi di simmetria

Materiale anisotropo

Materiale ortotropo

Si gi dimostrato che le costanti indipendenti del materiale nel caso isotropo


sono due.
Taluni materiali, non isotropi, presentano peraltro le stesse propriet e quindi
lo stesso legame costitutivo al ruotare della base del riferimento secondo valori
opportuni degli angoli; gli insiemi di basi ottenibili luna dallaltra con tali direzioni costituiscono gruppi di trasformazioni che vengono detti gruppi di simmetria
delle costanti elastiche (Smirnov V.I., Corso di Matematica Superiore, Editori
Riuniti, 1982).
Un materiale ideale avente, secondo tutte le direzioni, propriet diverse si dice
anisotropo; le costanti indipendenti di tali materiali sono ventuno, grazie alla simmetria di #.
Fra il materiale isotropo e quello anisotropo si collocano quindi una serie di
materiali dotati di certe simmetrie.

Definizione 1: Materiale ortotropo


Un materiale si dice ortotropo se esso presenta tre piani di simmetria delle costanti
elastiche mutuamente ortogonali.

Direzioni principali
del materiale
Piani principali del materiale

A tale classe, per esempio, appartiene il legno, (Figura 5.71) di cui un elemento
proveniente dal taglio di un albero presenta nella direzione radiale r, orizzontale
o e verticale v (fibre) comportamenti diversi; i tre piani ortogonali rispettivamente
r, o, v sono piani di simmetria delle costanti elastiche.
Le direzioni r, o, e v vengono chiamate direzioni principali del materiale.

Definizione 2: Materiale a isotropia trasversa


v

o
Figura 5.71
Materiale a isotropia trasversa
Materiale ortotropo

Un materiale la cui storia di formazione presenti una sola direzione n particolare,


si definisce a isotropia trasversale; esso presenta nel piano a ortogonale a n le
stesse propriet ed in tal senso isotropo nel piano a

Ricadono in questa classe materiali come il marmo, i materiali stratificati, le ardesie, i laminati, i metalli che abbiano subito processi di rollatura piana, nonch
taluni materiali compositi.
La n direzione principale del materiale a isotropia trasversa.

Il materiale ortotropo
Si vogliono qui dedurre le relazioni dellelasticit lineare per il materiale ortotropo.
Questo materiale, sopra definito, presenta le stesse relazioni costitutive e quindi le stesse costanti elastiche, al ruotare dellelemento materiale di un angolo p
intorno alle tre direzioni {e1, e2, e3} che per ipotesi sono ortogonali ai piani di
simmetria del materiale e che sono le direzioni principali del materiale. Invece
di ruotare lelemento materiale intorno agli assi, si pu pensare di descrivere lo
stesso effetto al ruotare della base di riferimento nel quale si descrive lequazione
costitutiva: cos si operer nel seguito.
Si consideri per prima la base ortonormale {e1, e2, e3} delle tre direzioni principali del materiale.
Le equazioni costitutive del materiale nella base {e1, e2, e3} scritte in forma
estesa sono del tipo:

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 425

5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

425

#1111 #1112 #1113 #1121 #1122 #1123 #1131 #1132 #1133


e11
s11
#1211 #1212 #1213 #1221 #1222 #1223 #1231 #1232 #1233
e12
s12
#1311 #1312 #1313 #1321 #1322 #1323 #1331 #1332 #1333
s13
e13
#1311 #2112 #2113 #2121 #2122 #2123 #2131 #2132 #2133
s21
e21
H s22 X5H #2211 #2212 #2213 #2221 #2222 #2223 #2231 #2232 #2233 X?H e22 X (5.263)
#2311 #2312 #2313 #2321 #2322 #2323 #2331 #2332 #2333
s23
e23
#3111 #3112 #3113 #3121 #3122 #3123 #3131 #3132 #3133
s31
e31
#3211 #3212 #3213 #3221 #3222 #3223 #3231 #3232 #3233
s32
e32
#3311 #3312 #3313 #3321 #3322 #3323 #3331 #3332 #3333
s33
e33
e in forma sintetica e indiciale:
s 5 ce

sij 5 cijhkehk

(5.264)

e 5 bs

eij 5 bijhkshk

(5.265)

con le inverse:

dove si utilizzata la forma vettoriale dei tensori di deformazione e di sforzo,


@ 5 #21 e i, j, h, k P {1, 2, 3}.
Si ricorda qui che, per lesistenza del potenziale elastico, per la matrice #
delle costanti elastiche devono valere le propriet di simmetria totale: .
Si consideri poi una nuova base ortonormale di versori {a, b, c}, ottenibile
per rotazione intorno a e3 di un angolo p da quella iniziale (Figura 5.72).
In tale nuova base le equazioni costitutive si scrivono in forma assoluta e indiciale:
s9 5 c9e9

spq 5 cpqrs # ers

(5.266)

e9 5 b9s9

epq 5 bpqrs # srs

(5.267)

Simmetria totale
 cijhk 5 chkij

cijhk 5 cjihk 5 cijkh

con le inverse

dove p, q, r, s P {a, b, c}, @9 5 #921.


Nelle (5.266)-(5.267), nella forma assoluta si sono indicati con apice gli enti
riferiti alla nuova base {a, b, c}.
La matrice di trasformazione per tale rotazione  come gi ampiamente
espresso nel Paragrafo 5.4.8, formata quale assemblaggio dei vettori riga {a, b,
c} letti nella base {e1, e2, e3}; apj il coseno direttore del versore p P {a, b, c}
rispetto allasse ej.
Se la nuova base {a, b, c} si ottiene ruotando quella iniziale di un angolo p
intorno allasse e3, la matrice di trasformazione assume la forma .

a
e2

e1

21 0
 R 5 0 21
0
0

Figura 5.72

c
e3

aa1 aa2 aa3


 R 5 ab1 ab2 ab3
ac1 ac2 ac3
0
0
11

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 426

426

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Lesplicitazione delle (5.252) consente di pervenire alla seguente equazione, nella


quale, grazie alla simmetria maggiore, si pu riportare la sola parte superiore delle
matrici di elasticit nel riferimento ruotato, in funzione delle componenti relative
al riferimento iniziale:
caaaa caaab caaac caaba
cabab cabac cabba
cacac cacba
cbaba

caabbcaabc
cabbbcabbc
cacbb cacbc
cbabbcbabc
cbbbbcbbbc
cb cbcbc
cb
cb
cb

c1111 c1112 2c1113 c1121


c1212 2c1213 c1221
c1313 2c1321
c2121
5H

caacacaacb
cabcacabcb
cacca caccb
cbacacbacb
cbbcacbbcb
cbcca cbccb
ccaca ccacb
cb ccbcb
cb

c1122 2c1123
c1222 2c1223
2c1322 c1323
c2122 2c2123
c2222 2c2223
c2 c2323
c2
c2
c2

caacc
cabcc
caccc
cbacc
cbbcc X 5 segue
cbccc
ccacc
ccbcc
ccccc

2c11312c1132
2c12312c1232
c1331 c1332
2c21312c2132
2c22312c2232
c2331 c2332
c3131 c3123
c3 c3232
c3

c1133
c1233
2c1333
c2133
c2233 X
2c2333
2c3133
2c3233
c3333

A seguito della detta rotazione la matrice a primo membro delle costanti elastiche
deve essere coincidente con quella della (5.242) riferita alla base iniziale; ne consegue pertanto il necessario annullarsi delle costanti elastiche della matrice qui
sopra scritta aventi segno negativo. Le costanti nulle indipendenti, avendo scontato
le equivalenze dovute alle simmetrie maggiori e minori, sono le otto segnate con
una croce nella seguente espressione aggiornata della matrice e corrispondono a
valori nulli indipendenti delle costanti
c1113,c1123,c1213,c1223,c1322,c1333,c2223,c2333
0 0
c1111 c1112 3 c1121 3
0 0
c1212 3 c1221 c1222 3
c1313 0
3 c1323 c1331c1332
0 0
c2121 c2122 0
c2222 3
0 0
H
c2 c2323 c2331c2332
c2
c3131c3123
c2
c2 c3232
c2
c2

 R 5 0 21

0
0
21

c1133
c1233
3
c2133
c2233 4 X
3
0
0
c3333

Procedendo poi a una rotazione di un angolo p intorno allasse e1 si ottiene la


nuova base {a, b, c} rappresentata in Figura 5.73.
La matrice di trasformazione, per tale rotazione si scrive .
Lesplicitazione delle (5.257) in tale caso conduce alla matrice nella forma
che si aggiorna grazie a quattro nuove costanti nulle indipendenti, segnate con

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 427

5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

Figura 5.73
e3
b

e2

e1

una croce, corrispondenti ai valori, che grazie alle simmetrie maggiori e minori
conducono alla:
1111

0
0
1122
0
0




1212
0
1221

0
0

1331

0
0

1313

 2121

0
0
0

2222
0
0

2323
0

3131

0
0
0
0
0


2332
0

3232

1133

0
2233 (5.268)

0
3333

Lultima rotazione della base iniziale di un angolo p intorno allasse e2, che porta
alla base {a, b, c} di Figura 5.74, retta dalla matrice di trasformazione  tramite
la quale si calcolano per mezzo della (5.258) le nuove costanti, le quali lasciano
invariati gli zeri della forma (5.268) precedente.
La matrice di elasticit del materiale ortotropo quindi quella (5.268) nella
quale sono sottolineate le costanti indipendenti; sono contrassegnate superiormente allo stesso modo le costanti uguali fra loro a causa delle simmetrie minori.
Per il materiale ortotropo le costanti indipendenti sono quindi nove. Con i
simboli E, v, G gi adoperati per definire le costanti elastiche ingegneristiche nel
caso isotropo, le relazioni elastiche del materiale ortotropo si scrivono pi sinteticamente, nello spazio vettoriale di dimensione sei, nella forma inversa:

Figura 5.74

e3
a
e2

e1

21 0 0
R5 0 1 0
0 0 21

427

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 428

428

Capitolo 5

Meccanica dei continui

n13
n12
1
2
2
E1
E2
E3
n23
n21
1
2
2
E1
E2
E3
n31
n32
1
2
2
E1
E2
E3

Relazioni inverse di elasticit


lineare per il materiale
ortotropo

e11
e22
e33
F V5H
g12
0
g23
g31
0
0

1
G12

1
G23

s11
s22
0
X # Fst 33V
12
0
t23
t31
0

(5.269)

1
G31

nella quale, per la simmetria, devono risultare soddisfatte le tre relazioni:


n13
n31
n23
n32
n12
n21
5
5
5
(5.270)
E2
E1
E3
E1
E3
E2
Delle nove costanti E1, E2, E3, v12, v21, v13, v31, v23, v32, le (5.270) riconducono a
sole sei quelle indipendenti.
Si noti che, in questo caso, le direzioni principali di sforzo non coincidono
con quelle di deformazione; ne consegue che i tre moduli tangenti G12, G23, G31
non sono correlati alle altre costanti, come accade nel caso isotropo. Le costanti
indipendenti sono quindi nove.
La (5.269) ha la forma assoluta e 5 @s avente per inversa s 5 #e. La
matrice # si scrive:
c11
c12
c13
c5F
0
0
0

Relazioni di elasticit lineare


per il materiale ortotropo

c12
c22
c23
0
0
0

c13 0
c23 0
c33 0
0 c44
0
0
0
0

0
0
0
0
0
0
V
0
0
c55 0
0 c66

definita tramite le:


c11 5
c12 5

E21 1E3n223 2 E2 2

E21n212 1 E2E3n213 1 E1 3E3n23 12n12n13 1 n23 2 2 E2 4


2E1E2 1E1n12 1 E3n13n23 2

E21n212

c13 5 2
c22 5

E1E3 1E2n13 1 E1n12n23 2

E21n212 1 E2E3n213 1 E1 3E3n23 12n12n13 1 n23 2 2 E2 4


E22 1E3n213 2 E1 2

E21n212 1 E2E3n213 1 E1 3E3n23 12n12n13 1 n23 2 2 E2 4

c23 5 2
c33 5

1 E2E3n213 1 E1 3E3n23 12n12n13 1 n23 2 2 E2 4

E1E2E3 1n12n13 1 n23 2


E21n212

E2E3n213

1 E1 3E3n23 12n12n13 1 n23 2 2 E2 4

E1E3 1E1n212 2 E2 2

E21n212 1 E2E3n213 1 E1 3E3n23 12n12n13 1 n23 2 2 E2 4

(5.271)

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 429

5.4

Meccanica dei materiali. Legami costitutivi Teoria dellElasticit j

429

Figura 5.75 Elemento


di muratura in mattoni
a una testa.

x2

e2
e1

c44 5 G12

c55 5 G23

x1

c66 5 G13

Si osserva che la descrizione omogeneizzata di una muratura in mattoni a una


testa, come quella rappresentata in Figura 5.75, corrisponde a un materiale ortotropo, con e1, e2, e3 direzioni principali del materiale.

Omogeneizzazione

Materiale a isotropia trasversa


Il materiale a isotropia trasversa sia isotropo nel piano {e1, e2} e presenti direzione
principale n ; e3.
Si pu in tale caso partire dalla ortotropia che tale materiale presenta rispetto
agli assi {e1, e2, e3} inizialmente considerati quali direzioni principali del materiale; tale assunzione consente di partire dalla matrice di elasticit (5.268).
Data lequivalenza fra le direzioni e1 ed e2, conseguono le eguaglianze fra
le costanti  in forza delle quali, delle nove costanti iniziali, ne restano sole sei
indipendenti.
Inoltre, lulteriore condizione di invarianza delle costanti per una generica rotazione di valore a intorno allasse e3, caratterizzata dalla matrice di trasformazione  consente di esprimere le (5.258), tramite le quali si deduce che le costanti
#1111, #1122, #1212 relative al piano {e1, e2} di isotropia, sono correlate fra loro,
sicch solo due fra le tre sono indipendenti.
Tale circostanza la stessa che si verifica nel caso di materiale isotropo, per
il quale, assegnate la E e la v, si ha che G ottenibile nella forma: G 5 E>[2(1 1 v)].
Le costanti indipendenti per il materiale a isotropia trasversa sono quindi cinque; la matrice di elasticit si scrive:

1111
0

0
0

1122

0
0

1133

1122

G12

G12

1313

1313

G12

G12

1111

1313

1313

1313

1313

1313

1313

1133

1133

0
0

1133 (5.272)

0
0
0

3333

Materiale a isotropia trasversa

 c1111 5 c2222

c1133 5 c2233
c1313 5 c2323


cos a sen a 0
R 5 2 sen a cos a 0
0
0 1

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 430

430

Capitolo 5

Meccanica dei continui

Siano:
e5Bs
le equazioni costitutive inverse del materiale in studio nella notazione di Voigt che
utilizza le forme contratte vettoriali di sforzo e di deformazione; queste si esplicitano agevolmente nelle componenti ingegneristiche delle tensioni e delle deformazioni, utilizzando moduli meccanici di immediato significato, come segue:

Relazioni inverse di elasticit


lineare per il materiale
trasversalmente isotropo

e11
e22
e
F 33 V 5
g12
g23
g31

m
1
n
2
2
E
E
E3
m
1
n
2
2
E
E
E3
m
m
1
2
2
E3
E3 E3

1
G

1
G13

s11
s22
0
X Fst 33V
12
0
t23
t31
0

(5.273)

1
G13

Nelle (5.273) E ed E3 sono i moduli di Young nel piano di isotropia (e1, e2) e
nella direzione principale e3 a questo normale; v il modulo di Poisson nel piano
di isotropia, mentre m il modulo di Poisson che opera fra la direzione principale
e3 del materiale e una qualunque direzione del piano (e1, e2). G13 il modulo tangente operante fra la direzione e3 e una qualunque altra appartenente a (e1, e2).
Le cinque citate costanti sono indipendenti. Il modulo G, operante nel piano di
isotropia, dipende da E e v, come per il materiale isotropo: G 5 E>[2(1 1 v)].
La matrice # inversa della @ presente nella (5.273) si scrive:

E3 2 E
2 E + E3
E

0
0
0
E3 (1 2 ) E 2 2 (1+ ) E3 (1 2 ) E 2 2 (11+ ) 1 2 2 E E3

2
E3 E
E

0
0
0
0

E3 (1 2 ) E 2 2 (1+ ) 1 2 2 E E3

E3 ( 1)

(5.274)
=
0
0
0
0 0
2
1+ 2 E E3

E
0
0
0
0 0

2(1+ )

0
0
0
0 G13 0

0
0
0
0
0 G13

Relazioni di elasticit lineare


per il materiale
trasversalmente isotropo

e consente di esplicitare lequazione costitutiva per il materiale linearmente elastico a isotropia trasversa:
s 5 #e

(5.275)

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 431

Capitolo 5

Esercizi

431

j ESERCIZI j
5.1

u1(x1,x2,x3)
u 5 u2(x1,x2,x3)
u3(x1,x2,x3)
nel dominio di una trave di luce , e sezione retta A

a. Si calcolino i tensori: gradiente di spostamento H, gradiente di deformazione F, deformazione finita D, deformazione infinitesima E 5 symH, rotazione infinitesima
W 5 antisymH.

T
u = uj ,i =

u1
x1

u1
x 2

u2
x1

u2
x 2

u3
x1

u3
x 2

u1

x3
u2

x3

u3
x3

u1
x2

u2
x2

u1
x3

u2
x3

u3

x2

u3

x3

u3
x1

u1
u1
(1 + u1 )

x1
x2
x3

u2
u
u2

F = I + u =
(1 + 2 )
x1
x2
x3

u3
u3
u

(1 + 3 )

x1
x2
x3

Il tensore di deformazione finita D si ottiene tramite


lespressione (5.b):
1
D = dij = (FT F - I) =
2
1
= u + uT + uT u) =

2
3

u u
1 u uj
= i +
+ k k
2 x j xi k =1 xi x j
e si esplicita: 
Il tensore di deformazione infinitesima E si ottiene
troncando in D i termini superiori a quelli lineari nelle
derivate di u, ed di seguito fornito, anche con i simboli ingegneristici della deformazione,

che per trasposizione (delle righe con le colonne) determina anche il trasposto:

u
u
u1 1 u1 2
) + ( 2 )2 + ( 3 )2
+ (

x1
x1
x1 2 x1

D =

u2
x1

La trasposizione fornita da Mathematica con il comando Transpose [=u].


Grazie alla conoscenza di H si pu formare il tensore
gradiente di deformazione

Risposta
Per derivazioni parziali si calcola il tensore gradiente
di spostamento:

H = u = ui , j =

u1
x1

1 u1 u2 u1 u1 u2 u2 u3 u3

+
+
+
+

2 x2 x1 x1 x2 x1 x2 x1 x2
u
u
u2 1 u1 2
+ (
) + ( 2 )2 + ( 3 )2
x2
x2
x2 2 x2

1
i , ij
2

1 u1 u3 u1 u1 u2 u2 u3 u3

+
+
+
+

2 x3 x1 x3 x1 x3 x1 x3 x1

1 u2 u3 u1 u1 u2 u2 u3 u3

+
+
+
+

2 x3 x2 x2 x3 x2 x3 x2 x3

u
u
u3 1 u1 2

+ (
) + ( 2 )2 + ( 3 )2

x3
x3
x3 2 x3

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A titolo introduttivo rispetto alle applicazioni


sulle deformazioni, si intende sviluppare qui di
seguito il percorso logico da seguire, per esempio per lo sviluppo dellEsercizio 5.2 seguente,
soprattutto per semplificare lo sviluppo dellapplicazione che lAllievo alle prime armi deve
svolgere, richiamando procedure, formule e tutto
larmamentario necessario. Per tutte le operazioni richieste si raccomanda vivamente luso del
computer sul quale sia installato uno dei programmi di matematica pi diffusi (Mathematica,
Matlab, ), cosa che consentir di realizzare
con grande efficacia e precisione, senza errori, i
calcoli richiesti. Sia assegnato il campo di spostamento continuo e differenziabile:

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 432

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432

Capitolo 5

Esercizi

1
E = ij = symH = u + uT =

u1 1 u1 u2 1 u1 u3
+
+

x1 2 x2 x1 2 x3 x1

u2
1 u2 u3
=

2 x3 x2
x2

u3

x3

1
12
13

2
2

=
1

i
1
23

i
i

Si calcola il determinante richiesto


J 5 det =f(x) 5 det F . 0.

Il tensore delle rotazioni infinitesime W si ottiene tramite lespressione seguente, esplicitata anche in termini di rotazioni intorno agli assi:
1
W = antisymH = ij = u uT =

1 u1 u2 1 u1 u3

2 x2 x1 2 x3 x1

1 u
u1
1 u2 u3
3

2 x3 x2
2 x1 x3

1 u3 u1 1 u3 u2

2 x1 x3 2 x2 x3

0
3
2

= 3 0 1

2 1 0

b. Si verifichi la condizione per linvertibilit


J 5 det F.0.

Riposta
Noto F:
F 5 I 1 =u 5
a1 1
5F

0u1
b
0x1

0u2
0x1
0u3
0x1

0u1
0x2
0u2
a1 1
b
0x2
0u3
a1
0x2

0u1
0x3
0u2
V
0x3
0u3
1
b
0x3

c. Funzioni invarianti di deformazione.

Risposta
Gli invarianti di deformazione si calcolano esplicitando le espressioni:
I1 5 TrE 5 eii 5 e11 1 e22 1 e33.
1
I2 5 (eiiejj 2 eijeji) 5 e11e22 1 e11e33 1
2
1 e22e33 2 e12e21 2 e23e32 2 e13e32
I3 5 det E 5 e11e22e33 1 e12e23e31 1
e13e21e32 2 e13e22e31 2 e11e23e32 2 e12e21e33
e si ottiene come Det[E].

d. Con riferimento al punto x 5 [x1 x2 x3]T


si calcoli:
1. Dilatazione in direzione x3 e in direzione x1.

Risposta
Il versore dellasse e3 5 [0 0 1]T, pertanto va esplicitata lespressione del coefficiente di dilatazione

n =

dl '
1 = 1 + nT 2D n 1
dl

per lasse x3. Si calcola dunque la quantit:


d d d
11 12 13 0

e3T 2D e3 = 0 0 1 d22 d23 0 = d33



d33 1

che consente di dedurre il cercato coefficiente di dilatazione in deformazione finita

3 = 1 + 2 d33 + 1
In deformazione infinitesima il coefficiente si ottiene
dalla relazione precedente, assumendo al posto di D il
tensore E: in generale rispetto alla direzione n si ha
en 5 nTEn, e per la direzione di x3 si ottiene
e3 5 e3TEe3 5 e33. Similmente si opera per la direzione
x1. Si ottiene il ben noto risultato che le dilatazioni nelle direzioni degli assi sono fornite dalle rispettive componenti della diagonale principale del tensore di deformazione infinitesima E.
2. Spostamento dovuto alla rotazione del segmento di direzione x2 e lunghezza a.

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 433

Capitolo 5

Risposta
In ambito infinitesimo lo spostamento di un punto
dellintorno di pu ottenersi tramite la relazione (5.42),
la parte di spostamento dovuta alla rotazione quella
uR 5 W(x* 2 x), che per un punto dellasse di ascissa
a, fornisce:

0 3 a

= W a = 0

0 1a

Esercizi

433

Risposta
La formula di Nanson (AP5.1) :
dS = dST dS = m m dS2 =
= J2 (dsT F1 ) [(FT )1 ds] =
= J2 ds2 ( nT F1 ) [(FT )1 n]
che poich la normale alla detta superficie e3 5 [0
0 1]T, si specifica
dS = J2 (eT3 F1 ) [(FT )1 e3 ]

3. Coefficiente di variazione volumetrica.


Risposta
Il coefficiente di variazione volumetrica in deformazione finita vale:
c = det(u + I) 1 = J 1
facilmente calcolabile, avendo gi valutato J. In deformazione infinitesima si ha
c = TrE = 11 +22 +33 = div u=

u1 u2 u3
+
+
x1 x2 x3

4. Invarianti di deformazione.
Risposta
Sono i valori che le funzioni gi calcolate per il quesito
c) di sopra, assumono nel punto x.
5. Variazione di volume di un dominio costituito dalla parte di trave superiore al piano
(x1, x3).
Risposta
Il coefficiente calcolato in 3. va integrato al dominio
volumetrico prescritto.
6. Variazione di volume dellintera trave.
Risposta
Il coefficiente calcolato in 3. va integrato al dominio
volumetrico prescritto.
7. Scorrimento fra le direzioni (x1, x2).
Risposta
Il cercato scorrimento (x1, x2), in deformazione infinitesima dato dal valore g12, contenuto nellespressione di E.
8. Larea del trasformato di un quadrato di lato
1 cm di superficie intorno a x, appartenente
al piano (x1, x2).

nella quale F stato calcolato in x.


9. Il coefficiente cs di variazione della superficie
di cui al quesito precedente.
Risposta
A seguito della risposta al quesito precedente, si ottiene:
cs =

dS ds
ds

10. Variazione di area di un quadrato di lato 3


cm appartenente al piano x2 5 0, dovuta alla
deformazione.
Risposta
La valutazione gi effettuata in 8. e 9. Va qui ripetuta
per il versore normale e2 5 [0 1 0]T, valutando dS e
poi come gi mostrato.
11. Si verifichi la prima equazione di congruenza interna.
Risposta
Con riferimento alle funzioni e11, e22, g12, presenti nel
tensore di deformazione infinitesima E, va verificato
che risulta soddisfatta la:
212
211 222
+
=
x1x2
x12
x22
12. Direzioni principali e deformazioni principali.
Risposta
Noto E, bisogna scrivere lequazione caratteristica del
problema di auto-valori [Equazione (5.64)], le cui soluzioni costituiscono i tre autovalori o deformazioni
principali eI, eII, eIII. Questi valori, sostituiti uno alla
volta nellequazione di autovalori (E 2 eI) ? n 5 0, insieme alla condizione riguardante i versori n ? n 5 1,
permettono di determinare le tre direzioni principali di

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x x
1 1


uR = W x2 + a x2


x3 x3

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 434

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434

Capitolo 5

Esercizi

deformazione (nI, nII, nIII). In alternativa, i codici di calcolo numerico consentono, tramite i comandi Eigenvalues [E] ed Eigenvectors [E], di calcolare autovalori e
autovettori di E.
5.2 Questo esercizio viene svolto seguendo la procedura per lEsercizio 5.1. Sia assegnato il campo
20.3xy
1 2
u 5 x 2 3z 1 0.31y2 2 x2 2 4
2
yz

Risposta
S 2 s 5 20.00155235 cm2
o. Si verifichi la prima equazione di congruenza interna.
p. Direzioni principali e deformazioni principali.
5.3

assegnato il tensore di deformazione infinitesima:


21 2 1
E 5 1023 2 3 22
1 22 21

x 5 2.57 3 1025
che costituisce lo spostamento di una trave
IPE200 di luce L 5 300 cm, sollecitata in flessione retta con Mx 5 1 tm (Paragrafo 6.4).
(E 5 2 3 106 kg cm22, Ix 5 1943 cm4, n 5 0.3).
a. Si calcolino i tensori: gradiente di spostamento
H, gradiente di deformazione F, deformazione
finita D, deformazione infinitesima E 5 symH,
rotazione infinitesima W 5 antisymH.
b. Si verifichi la condizione per linvertibilit
J 5 detF . 0.
c. Funzioni invarianti di deformazione.
d. Con riferimento al punto

a. Lo stato di deformazione piano?

Risposta
eI5 0.00427492; eII 5 20.00327492; eIII 50.00;
c. Allungamento del segmento di lunghezza 10
mm disposto nella direzione
n 5 31> !3, 1> !3, 1> !34 T

d. Determinare lo scorrimento fra le direzioni


ortogonali

x
10 cm
x 5 y 5 210 cm
z
150 cm
si calcoli:
e. Dilatazioni lineari in direzione z e in direzione x.
f. Spostamento da rotazione del segmento di
direzione y.
g. Coefficiente di variazione volumetrica.
h. Invarianti di deformazione.
i. Variazione di volume della parte di trave superiore al piano (x, z).
j. Variazione di volume dellintera trave.
k. Scorrimento fra le direzioni x e y.
l. Larea del trasformato di un quadrato di lato
1 cm di superficie intorno a x, appartenente
alla sezione retta (z 5 L>2) (Formula di Nanson: (AP5. 1).

m. Il coefficiente cs di variazione della superficie


di cui al quesito precedente.
Risposta
cs 5 0.000161642

n. Variazione di area di un quadrato di lato 3


cm appartenente al piano y 5 0, dovuta alla
deformazione.

b. Determinare direzioni e deformazioni principali di E e lespressione del tensore nel riferimento principale.

r 5 31> !2, 1> !2, 04 T

s 5 321> !2, 1> !2, 04 T


e. Determinare gli invarianti della deformazione.
f. Determinare la variazione volumetrica del cubo di lato 1 cm.
5.4

Nel riferimento (x1, x2, x3) assegnato il tensore


di sforzo di Cauchy:
150
0
0
T 5 0 2100 260 3 MPa4
0 260 80
a. Lo stato di sforzo piano?

b. Determinare tensioni e direzioni principali risolvendo il problema di autovalori.

Risposta

I = 150.00 MPa
II = 118.167 MPa
III = 98.1665 MPa
n I = [1, 0, 0]T
n II = [0, 0.957092, 0.289754]T
n III = [0, 0.289784, 0.957092]T

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 435

Capitolo 5

c. Determinare tensioni e direzioni principali


utilizzando il cerchio di Mohr (giaciture passanti per lasse x1).

T'

5.5

= R T RT

0
1
2
1
2

"3 "3 "3

T
t = T n = -15.0111, 7.50555, 2.88675 MPa
= t n = -2.66667 MPa

= p p 2 = 16.8193 MPa

f. Calcolare i tre invarianti di sforzo.

Risposta

150

0
0

MPa
=
0
106
962
95

0
95
3.038

Nel riferimento (x1, x2, x3) assegnato il tensore


di sforzo di Cauchy:

I1 = 42 MPa I2 = 445 MPa2

I3 = 0

g. Effettuare la decomposizione di T nella parte


idrostatica e in quella deviatorica (5.149).

Risposta
7.6 0 0

I1
= I = 0 7.6 0 MPa
3
0 0 7.6

-47.66 20
6

TD = T-Ti = 20 -17.66 3
6
3
0.33

Ti

b. Determinare tensioni e direzioni principali risolvendo il problema di autovalori.

Risposta

5.6

I = 50.77 MPa II = 8.76 MPaIII = 0 MPa

MPa

In un punto della sezione rettangolare di una trave, presente lo stato di sforzo


0 0 8
T 5 0 0 23 3 MPa4
8 23 10

nI = [0.8887, -0.44443, 0.1134]T


nII = [-0.1014, 0.0507, 0.9935]T
nIII = [0.4472, 0.8944, 0]T
c. Determinare lespressione del tensore nel riferimento principale, utilizzando la matrice di
rotazione R e verificando in tal modo anche
gli autovalori.

Risposta
0.888656 0.444328 0.113415

R = 0.101442 0.0507208 0.993548

0.447214
0.894427
0

Risposta

a. Lo stato di sforzo piano?

435

Determinare le componenti normale e tangenziale della tensione sul piano ottaedrale.

240 20 26
T 5 20 210 3 3MPa4
26
3
8

e. Determinare il vettore tensione di Cauchy sul


piano ottaedrale, avente normale uscente
n5 c

Risposta
1 0

0 3
R =
2

Esercizi

d. Tracciare i cerchi principali di Mohr e larbelo di Mohr. Determinare le massime tensioni tangenziali relative ai fasci di piani di
sostegno e le direzioni principali.

riferito allausuale base baricentrica (G, x, y, z).


a. Verificare che lo stato di tensione sia piano.
b. Si tracci il cerchio di Mohr dello stato di sforzo
1sz,tz 5 "t2xz 1 t2xy 2
determinando le direzioni e le tensioni principali non nulle.
c. Tramite il cerchio di Mohr si determinino le
giaciture sulle quali si hanno tensioni tangenziali massime (in valore assoluto) e i loro valori.
d. Determinare il piano scarico.
e. Determinare i cerchi di Mohr principali e larbelo di Mohr.

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d. Determinare lespressione del tensore nel riferimento (x1, x92, x93) che si ottiene ruotando quello iniziale (x1, x2, x3) di p>6 intorno allasse x1.
Equazioni della trasformazione: matrice di rotazione [Paragrafo 5.4.8, Equazione (5.242)]).

05txtI_NUNZIANTE_2010 01/07/11 11:52 Pagina 436

436

Capitolo 5

Esercizi

f. Scomposizione di T nella parte idrostatica e


in quella deviatorica (5.149).
g. Determinare la massima componente principale deviatorica.

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5.7

Sia assegnato il campo


2nxy
1 2
u 5 x 2 3z 1 n1y2 2 x2 2 4
2
yz

x5

Mx
EIx

che nellusuale base baricentrica (G, x, y, z) costituisce lo spostamento di una trave a sezione
rettangolare, omogenea di materiale isotropo,
avente luce L 5 150 cm, sollecitata in flessione
retta uniforme dovuta a due coppie }x uguali e
opposte applicate alle due basi, che generano il
momento flettente costante Mx 5 0.8 tm [Equazione (6.41)].
a. Si calcolino i tensori: gradiente di spostamento H, gradiente di deformazione F, deformazione finita D, deformazione infinitesima E 5 symH, rotazione infinitesima
W 5 antisymH.
b. Si calcoli lo stato di sollecitazione tramite le
relazioni di Hooke.

7. Scomposizione del tensore di sforzo nella


parte volumetrica e in quella deviatorica.
8. Scorrimento fra le direzioni x e y.
9. Larea del trasformato di un quadrato di lato 1 cm di superficie intorno a x, appartenente alla sezione retta [formula di Nanson: (AP5.2)].
10. Il coefficiente cs di variazione della superficie di cui al quesito precedente (AP5.3).
11. Variazione di area di un quadrato di lato 3
cm appartenente al piano x 5 0 , dovuta alla
deformazione.
12. Si verifichi la prima equazione di congruenza interna.
13. Direzioni principali di deformazione e di sforzo. Autovalori di deformazione e di sforzo.
e. Variazione di volume della parte di trave superiore al piano (x, z).
f. Variazione di volume dellintera trave.

c. Si calcoli la rotazione relativa fra le sezioni di


estremit utilizzando il Teorema di Clapeyron.

Riposta
Integrazione dellenergia di deformazione
1
= z z
2
allintera trave.
d. Con riferimento al punto
x
15 cm
x 5 y 5 225 cm
z
130 cm
si calcoli:
1. Tensori E, T.
2. Sui piani che si appoggiano allasse per il
punto parallelo a quello x, sono presenti tensioni tangenziali? Se s, quale il valore della t massima e su quale giacitura agisce?
Operare con il cerchio di Mohr.
3. Dilatazioni lineari in direzione z e in direzione x.
4. Rotazione del segmento di direzione y.
5. Coefficiente di variazione volumetrica.
6. Invarianti di deformazione e di tensione.

5.8

La trave di alluminio (E 5 80 GPa, n 5 0.22) a


sezione di corona circolare con Ri 5 10 cm,
Re 5 15 cm, e lunghezza L 5 3 m, presenta il
campo di spostamento:
u
yz
u 5 c d 5 2q9 c d
v
xz
che nellusuale base baricentrica (G, x, y, z) rappresenta lo spostamento dovuto a torsione, di
momento torcente Mz 5 12 tm.
a. Si determini il tensore di deformazione, poi
quello di sforzo tramite le relazioni di Hooke.
b. Si determini langolo specifico di torsione,
particolarizzando il campo u.
c. Si determini la rigidezza torsionale kT della
trave.
d. Si determini la rotazione torsionale relativa fra
le due basi, utilizzando il Principio dei Lavori
Virtuali: sistema forze costituito dalla stessa
trave caricata da due coppie torcenti unitarie
autoequlibranti sulle due basi, sistema spostamenti costituito dalla trave in studio. Si integri
il lavoro interno t9 g a tutta la trave.
e. Con riferimento al punto
x 5 3x y z4 T 5 312.5, 0.0, 3004 T cm
si calcoli:
1. Tensori E, T.
2. Direzioni principali di deformazione e di sforzo. Autovalori di deformazione e di sforzo.
3. Sui piani che si appoggiano allasse per il
punto parallelo a quello x, sono presenti tensioni normali? Se s, quali sono i valori delle

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Capitolo 5

5.9

Costruire il cerchio di Mohr per lo stato di tensione


definito dalle seguenti componenti non nulle:

s11 5 250 MPa, s22 5 2150 MPa, t12 5 180 MPa


Si determinino tensioni principali e direzioni
principali.
5.10 Un parallelepipedo che nel riferimento cartesiano (G, x1, x2, x3) ha le dimensioni l1 5 250 cm,
l2 5 70 cm, l3 5 60 cm, costituito da materiale
ortotropo omogeneo linearmente elastico avente
le seguenti costanti elastiche:
E1 5 10 GPa, E2 5 1 GPa, E3 5 0.8 GPa,
G12 5 2 GPa , G13 5 1.8 GPa, G23 5 0.6 GPa,

Esercizi

437

n12 5 0.10, n23 5 0.15, n31 5 0.2


Il parallelepipedo caricato sulle due facce parallele al piano (x1, x3) da distribuzioni uniformi di
forze superficiali di compressione di valore
f2 5 250 Ncm22 e sulle due facce parallele al piano (x1, x2) da distribuzioni uniformi di forze superficiali di trazione di valore f3 5 130 Ncm22.
a. Si determini il tensore di sforzo uniforme T.
b. A mezzo delle relazioni inverse di elasticit
e 5 @s (5.261)-(5.271) si determini il tensore di deformazione infinitesima E.
c. Tramite integrazioni si determini il campo
di spostamento rispettoso di condizioni
omogenee nel baricentro G del rettangolo di
base iniziale.
d. In un punto qualsiasi si determini:
1. Direzioni principali di deformazione.
2. Direzioni principali di sforzo.
3. Autovalori di deformazione e di sforzo.
4. Sui piani che si appoggiano allasse per il
punto parallelo a quello x2, sono presenti
tensioni tangenziali? Se s, qual il valore
della t massima e su quale giacitura agisce?
Operare con il cerchio di Mohr.
5. Dilatazioni lineari in direzione x3, in direzione x1 e x2.
6. Rotazione di un segmento di direzione x3.
7. Coefficiente di variazione volumetrica.
8. Variazione di volume dellintero parallelepipedo.
9. Invarianti di deformazione e di tensione.
10. Scomposizione del tensore di sforzo nella
parte volumetrica e in quella deviatorica.
11. Scorrimento fra le direzioni x1 e x2.
12. Larea del trasformato di un quadrato di lato
1 cm di superficie appartenente al piano (x1,
x3) [Formula di Nanson: (AP5.2)].
13. Il coefficiente cs di variazione della superficie (AP5.3) di cui al quesito precedente.

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s massima e minima e su quali giaciture


agiscono? Operare con il cerchio di Mohr.
4. Dilatazioni lineari in direzione z, in direzione x e y.
5. Rotazione del segmento di direzione y.
6. Coefficiente di variazione volumetrica.
7. Invarianti di deformazione e di tensione.
8. Scomposizione del tensore di sforzo nella
parte volumetrica e in quella deviatorica.
9. Scorrimento fra le direzioni x e y.
10. Larea del trasformato di un quadrato di lato 1 cm di superficie intorno a x, appartenente alla sezione retta [Formula di Nanson: (AP5.2)].
11. Il coefficiente cs di variazione della superficie di cui al quesito precedente (AP5.3).
12. Variazione di area di un quadrato di lato 2
cm appartenente al piano x 5 0, dovuta alla
deformazione.
13. Si verifichi la prima equazione di congruenza interna
f. Variazione di volume della parte di trave superiore al piano (x, z).
g. Variazione di volume dellintera trave.

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