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Introduzione:
Nel settore industriale ogni prodotto di importanza critica (travi per l'edilizia, viti di sostegno,
componenti aeronautici, componenti automobilistici, corpi a pressione) deve essere controllato per la
verifica della sua integrità e conformità alle norme vigenti.
I Controlli Non Distruttivi (CND) sono esami, prove e rilievi condotti impiegando metodi che non
alterano il materiale e non richiedono la distruzione o l'asportazione di campioni dalla struttura in
esame, finalizzati alla ricerca e all’identificazione di difetti strutturali nella struttura stessa. Essi
consistono nell’applicazione di principi fisici per la rilevazione della presenza di disomogeneità nei
materiali senza che ne sia compromesso l’utilizzo. I CND richiedono estrema cautela ed estrema
competenza poiché sono capaci di fornire entro certi limiti delle informazioni sulle non conformità
presenti nel prodotto per via indiretta.
-in-service NDE: determinazione dell’accettabilità per utilizzo continuativo di un prodotto già in uso.
Le metodologie di controllo non distruttivo sono varie, e ognuna di esse si adatta, per caratteristiche
o per tipo di strumentazione, ad essere utilizzata con efficacia nelle diverse situazioni, a seconda delle
caratteristiche del prodotto da analizzare. C’è da precisare che nella maggior parte dei casi non ci si
affida ad un’unica tecnica, ma al confronto e alla sovrapposizione dei dati messi a disposizione
dall’utilizzo di metodi differenti. È importante inoltre ricordare che questi controlli basandosi su un
principio fisico, hanno una soglia di sensibilità e dunque non è detto che se un difetto è presente, si
riesca a rilevare. Il fatto che l’esito sia negativo non permette di asserire che non ci siano difetti, ma
potremmo solo dire che non sono stati rilevati nell’analisi. Contrariamente esistono anche i “falsi
positivi” per cui è importante essere capaci di studiare questi fenomeni ed assumersi la responsabilità
di effettuare il controllo più opportuno.
-Controllo magnetoscopico: adatto solo a materiali ferromagnetici come ferro, nickel e cobalto. Il
controllo consiste nel prendere il manufatto e dopo averlo accuratamente pulito, cospargervi una
polverina ferromagnetica (ferrite) e immergerlo in un campo magnetico generato da due magneti posti
alle estremità del campione. Se sono presenti poli magnetici come porosità e cricche, le linee di campo
e dunque la polverina, si addensano su tali difetti aggirando la parti amagnetiche.
-Controllo con liquidi penetranti: si può applicare a tutti i materiali ma rileva soltanto i difetti
superficiali. Avviene mediante l’applicazione di un liquido che penetra nei difetti per capillarità. Essi
verranno messi in evidenza mediante l’utilizzo di una polvere, dopo aver ripulito la superficie con un
panno, la quale assume il colore del liquido che rimane intrappolato all’interno di un difetto.
-Controllo visivo: analisi condotta ad occhio nudo da un operatore esperto nella difettologia del
componente esaminato. Rileva caratteristiche superficiali quali graffi, cricche o variazioni
cromatiche, corrosione e deformazione nei materiali plastici. L’esame può essere svolto in modalità
diretta (ad occhio nudo e/o tramite lenti d’ingrandimento) o remota (con l’ausilio di specchi,
endoscopi, fibre ottiche e telecamere), a seconda delle condizioni di accessibilità delle super fici da
ispezionare o in base alla necessità di registrazione.
Le limitazioni all’uso della termografia invece sono legate all’alto costo dell’apparecchiatura, alla
necessità di un operatore qualificato e ad alcuni impedimenti di tipo tecnico: la difficoltà di ottenere
dati precisi e veritieri per materiali con bassa emissività, la necessità in alcuni casi di schermare la
termocamera dalle emissioni ambientali e l’influenza delle condizioni climatiche.
Prima di analizzare nel dettaglio la termografia come nuova tecnica di controllo non distruttivo,
soffermiamoci su cosa sono le cricche e sulla causa della formazione di queste e di altri difetti.
La saldatura è un processo mediante il quale è possibile ottenere l’unione di due parti solide,
generalmente metalliche, tramite l’apporto di calore, al fine di ottenere un unicum metallurgico e
dunque un unico pezzo monolitico. Se non si ha dunque una perfetta continuità fisica si hanno i così
detti: difetti di saldatura.
Le cricche sono discontinuità originatesi per strappo del materiale metallico che inizialmente era
continuo. Sono uno dei difetti più seri riscontrabili in saldatura poiché a causa delle ridotte
dimensioni, risultano poco visibili. Per tale motivo i comuni controlli non distruttivi, presentano molte
difficoltà nell’individuare difetti superficiali. Per esempio, se il difetto è situato nella così detta “zona
morta”, in prossimità della superficie, la sonda che emette il segnale ultrasonoro non riesce a rilevare
il difetto. Ancora altre prove richiedono un contatto diretto con la superficie rischiando di
danneggiarla, oppure sono molto sensibili alla rugosità.
Una cricca può aumentare le sue dimensioni nel tempo a seconda delle sollecitazioni di esercizio cui
è sottoposta e può portare (al limite) al cedimento del giunto.
La legge con la quale, in un punto del pezzo la temperatura varia in funzione del tempo prende il
nome di ciclo termico di saldatura. L’andamento di un generico ciclo termico è riportato in Fig.3.8:
Durante una saldatura per fusione, i cicli termici prodotti dal movimento della sorgente di calore
influenzano la struttura finale del prodotto. Quest’ultimo potrebbe contenere discontinuità fisiche,
dovute ad una solidificazione troppo rapida, oppure una diversa microstruttura dovuta ad un errato
raffreddamento, o ancora tensioni residue causate dall’esistenza di deformazioni plastiche residue.
Questi parametri influenzano: l’altezza, il peso e la profondità di penetrazione del giunto e dunque la
geometria finale e la resistenza della parte realizzata perché possono essere la causa della nascita di
distorsioni termiche, sollecitazioni termomeccaniche, microstruttura risultante, suscettibilità a
formare ossidi e silicati sulla superficie e impurezze all’interno del materiale depositato.
Altro parametro fondamentale che deve essere valutato correttamente è la velocità di raffreddamento
del bagno fuso. I cicli termici si dividono in blandi quando sono caratterizzati da velocità di
raffreddamento basse e severi quando esse sono piuttosto elevate. La linea tangente alla curva di
raffreddamento indica la velocità di raffreddamento della microstruttura dopo il processo di saldatura
e il suo valore determina la formazione di una certa struttura all’interno del cordone. È necessario
quindi capire quale velocità di raffreddamento adottare per far sì che si origini una struttura quanto
più omogenea e resistente possibile. In generale nelle costruzioni saldate vengono normalmente
impiegati acciai il cui contenuto di carbonio non supera lo 0.25% e gli acciai di più comune impiego
appartengono alla categoria degli acciai dolci nei quali il tenore di carbonio è inferiore, spesso anche
sensibilmente, allo 0.20%. Per elevati tenori di carbonio l’acciaio infatti può subire un effetto di
tempra con la formazione di strutture dure e fragili quale la martensite. Allo scopo di migliorare la
resistenza degli acciai al carbonio, possono essere fatte aggiunte di manganese in tenore compreso
tra 1 e 1,5%. Si ottengono così gli acciai “ad alto limite elastico” con carichi di rottura di 500-600
N/mm^2 . Si noti in particolare che il manganese, come il carbonio, facilita la tempra dell’acciaio,
tuttavia la sua azione in questo senso è molto più debole. Inoltre questi acciai hanno un tenore di
carbonio limitato, dell’ordine dello 0.2%, per cui la loro temprabilità è, in definitiva, solo un po’
maggiore di quella degli acciai dolci. Quando si desidera incrementare ulteriormente la resistenza,
senza rendere troppo difficile la saldatura, si aggiungono piccole quantità di elementi di lega come
vanadio, titanio, cromo, ecc. e si hanno così gli acciai microlegati. Questi elementi producono, in fase
di fabbricazione dell’acciaio, una diminuzione della dimensione dei grani a cui consegue un
miglioramento delle caratteristiche di resistenza e tenacità.
Per comprendere quindi la relazione che sussiste tra velocità di raffreddamento adottata e struttura
che si origina, si ricorre all’utilizzo delle curve di Bain dette anche curve TTT isoterme (Temperatura,
tempo, trasformazione) o anisoterme CCT (trasformazione a raffreddamento continuo). Bain fu il
primo a studiare le reazioni isoterme dell’austenite per l’acciaio eutettoide e in seguito di molti altri
acciai, tracciando delle curve a S di trasformazione, oggi conosciute come diagrammi TTT o di Bain,
in suo onore. Per l’acciaio eutettoide, Bain portò numerose provette alla temperatura di 750 °C (ca.
25°C al di sopra di Ac1), spegnendole bruscamente in bagni di sali a diverse temperature (costanti
per ciascun bagno) a tempi crescenti. Analizzando la microstruttura delle varie provette, gli fu
permesso di tracciare per un acciaio eutettoidico le curve di trasformazione in un grafico T (°C) vs t
(s), caratterizzato da due curve a forma di C, rispettivamente di inizio e fine trasformazione per diversi
campi di esistenza, e due rette orizzontali di inizio e fine trasformazione della martensite.
Queste curve permettono di capire, in base alla legge di raffreddamento adottata, quale struttura si
otterrà al termine del raffreddamento. Le trasformazioni isoterme e complete dell’austenite al di sopra
del naso perlitico danno microstrutture costituite da: solo perlite negli acciai eutettoidici o perlite e
cementite negli acciai ipereutettoidici (C>0,77%). Agli acciai ipoeutettoidici (C<0,77%) trasformati
sopra il naso perlitico conferiscono, invece, strutture miste costituite da ferrite e perlite. Se invece di
trasformare isotermicamente l’acciaio lo si sottopone a raffreddamento istantaneo fino a temperatura
ambiente, si ottiene la martensite, una struttura molto distorta, ricca di carbonio con reticolo
tetragonale a corpo centrato che si forma per la totale assenza di fenomeni diffusivi. La martensite è
estremamente fragile, dura e molto poco tenace e duttile. Capiamo quindi che essa è l’obiettivo finale
in un processo di tempra per incrementare le proprietà meccaniche dell’acciaio di partenza, ma non
può essere invece ottenuta al termine del processo di raffreddamento di un cordone di saldatura,
altrimenti andrebbe a rendere il giunto estremamente fragile e comprometterebbe la resistenza
dell’intera struttura saldata. Il campo di metastabilità della martensite nel diagramma di Bain di figura
3.9 è rappresentato dalle rette “Ms” e “Mf” rispettivamente temperatura di inizio e fine trasformazione
martensitica. La porzione intermedia del grafico TTT rappresenta invece il campo temperatura-tempo
di stabilità di una fase di para-equilibrio, chiamata bainite, ottenuta dopo spegnimento e permanenza
dell'austenite ad una temperatura superiore a Ms per un tempo prolungato (tempra isotermica
bainitica). Le temperature di inizio e fine trasformazione martensitica sono influenzate dal tenore del
carbonio e degli altri elementi di lega, che abbassano la retta Ms. Variando la quantità di carbonio in
lega, varia anche la forma e la posizione delle curve TTT. Ad esempio, nel caso degli acciai
ipoeutettoidici, nel diagramma compare una nuova linea, quella della trasformazione austenite-ferrite
all'equilibrio. Variando la composizione si osserva inoltre lo spostamento delle linee di inizio e fine
trasformazione. Per taluni acciai fortemente legati, questo effetto di traslazione delle curve risulta
talmente accentuato che persino raffreddamenti molto lenti (ad esempio in aria) possono portare a
trasformazioni martensitiche. Lo spessore del pezzo da trattare è inoltre di rilevante importanza.
Esistono, infatti, pochi acciai che possono essere trattati isotermicamente, fino a certe dimensioni,
affinché si possa trasformare l’austenite a temperatura costante su tutta la sezione d‘interesse. Negli
altri casi si deve tener conto che le velocità di raffreddamento della superficie (a contatto diretto con
il mezzo temprante) e il cuore del provino sono diverse e che quindi in realtà l’intera sezione è
soggetta a raffreddamento continuo. Per questo si considerano solitamente le curve CCT (Continuous
Cooling Curve), mostrate per un’acciaio eutettoidico:
È importante ricordare che in entrambi i casi, sia nei diagrammi TTT che CCT, una volta intersecata
la curva di fine trasformazione si otterrà la struttura corrispondente a quel campo di esistenza e basta,
cioè anche se continuassi a raffreddare entrando in una nuova regione, non otterrei nuove strutture.
3.3 Tipologie di termografia
Riprendendo nel dettaglio la termografia come controllo non distruttivo, possiamo distinguere la
termografia attiva (necessita che il materiale oggetto di studio sia sollecitato dall’esterno con
l’ausilio di specifiche sorgenti) o passiva (prevede l’acquisizione delle radiazioni emesse dal
corpo senza l’utilizzo di sorgenti di eccitamento esterne).
Nel caso della termografia passiva, spesso, l’interpretazione dell’immagine può risultare
complessa dal momento che l’ambiente che circonda il pezzo emette anch’esso radiazioni.
Emerge quindi quanto sia importante il campo di temperature e la sua regolazione mediante il Δt
dell’immagine.
Un Δt meno ampio può essere funzionale se, dopo aver individuato un’anomalia, si desidera
mettere in risalto un particolare termico, mentre, un Δt ampio ci consente di visualizzare un
numero maggiore di componenti a temperature diverse e risulta utile per condurre un’indagine
più superficiale.
Figura 3.11: indagine con Δt stretto al fine di ridurre il rumore di fondo ed evidenziare un
preciso particolare.
Figura 3.12: indagine con Δt ampio in cui è visibile anche la radiazione dell’ambiente
circostante.
• Temperatura ambiente,
• Umidità relativa
• Distanza di misura dall’oggetto
• Intervallo di temperatura.
Fin ora abbiamo parlato delle termocamere poiché era necessario ottenere una misurazione su
un’area estesa. Se invece desiderassimo un sensore senza contatto che misuri la temperatura in
un singolo punto utilizzeremo il Pirometro (che fornisce meno dati rispetto ad una termocamera
ma ha anche un costo molto inferiore).
Figura 1: un pirometro
3.5 Difetti riscontrabili nel controllo qualità
Dal momento che lo scopo della saldatura è unire permanentemente con continuità del materiale
due parti solide, parliamo di difetto se si riscontra una discontinuità nel materiale.
• Le cricche: un difetto bidimensionale la cui formazione può avvenire per effetto termico
o per la presenza di tensioni. Presentano un andamento frastagliato dai lembi ravvicinati
con profondità e lunghezza variabili.
• Le cavità: comprendono vari difetti causati dall’assenza di materiale come i pori sferici
(dovuti allo sviluppo di vapore acqueo nel cordone di saldatura), tarli (unione di più pori
dalla forma allungata) e cavità di ritiro.
• Inclusioni solide: sono costituite da materiale metallico o non metallico che rimane
intrappolato nel metallo di apporto o tra quello base e quello di apporto.
Esistono quindi vari metodi per eccitare la cricca e renderla visibile alla termocamera, in
particolare soffermeremo sull’eccitazione mediante fonte di luce.
Quando utilizziamo una luce ad infrarossi su una cricca, dal momento che i metalli hanno un
basso assorbimento, bassa emissività ma alta riflessività, essa sarà riflessa più volte nella fessura
e depositerà una grande quantità di energia che sarà più facile da individuare utilizzando una
termocamera.
Si utilizzeranno delle luci con una lunghezza d’onda che non sia più lunga della profondità della
fessura, altrimenti ci sarebbe una decadenza dell’intensità.
Risulta anche molto importante l’inclinazione della fessura (dal momento che influenzerà la
quantità di radiazioni che cade nella cricca).
Analizzeremo due diverse tipologie di sorgenti: Laser (pulsato e continuo) e delle lampade (UV e
Flash).
Il laser è monocromatico, facile da focalizzare e permette di fornire elevata energia, ma costoso e
più complesso in termini di sicurezza, mentre le lampade illuminano un’area più ampia, con uno
spettro più ampio di lunghezze d’onda e hanno un costo di gran lunga più vantaggioso.
Figura 3.13: immagine termografica di una cricca eccitata con laser pulsato
Il laser continuo, se presenta una lunghezza d’onda al di fuori della banda spettrale della
termocamera può essere utilizzato anche durante l’analisi.
Figura 3.14: immagine termografica di una cricca eccitata con laser continuo
La lampada flash riesce ad eccitare aree vaste, ma ne derivano immagini caratterizzate da
rumore di fondo.
Figura 3.13: immagine termografica di una cricca eccitata con lampada flash
La lampada UV che ricade al di fuori della banda spettrale può essere usata continuativamente
nel corso del processo.
Convenzionalmente la penetrazione del giunto saldato è valutata mediante controlli visivi o con
il rilevamento del suono dell’arco.
Lo stato di penetrazione del giunto potrà essere definito, sulla base della larghezza posteriore
della saldatura (indicata convenzionalmente con “B”), come di non penetrazione (B=0), piena
penetrazione (0<B<4) ed eccessiva penetrazione (B>4) e sulla base di essi si definiranno i
parametri della saldatura.
Figura 3.15: (a) non penetrazione, (b) piena penetrazione, ( c) eccessiva penetrazione
Una rete neurale (detta anche ANN, artificial neural network) è un modello computazionale
composto da “neuroni” artificiali ed è ispirato ad uno schema semplificato della rete neurale
umana.
Essa è utilizzata per risolvere problemi di natura ingegneristica simulando relazioni tra input e
output: In input il sistema riceverà dei segnali che saranno elaborati dai neuroni “di ingresso” e,
ognuno di essi, trasmetterà il risultato dell’elaborazione ai neuroni successivi.
Questa tipologia di modello è anche utilizzata per misurare lo stato di penetrazione nel cordone
di saldatura.
Lo schema di rete neurale visibile in figura è stato formulato da Rongwei Yu, Jing Han, Lianfa
Bai e Zhuang Zhao e trattato in un paper chiamato “Identification of butt welded joint
penetration based on infrared thermal imaging”.