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Andamento planimetrico e altimetrico

Il “D.M. 5.11.2001 n.6792” fornisce le indicazioni funzionali e geometriche per la costruzione delle
strade in relazione alla loro classificazione secondo il Codice della Strada.
Si definisce "strada" l'area ad uso pubblico destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli
animali. Secondo il “Codice della strada” sono classificate, riguardo alle loro caratteristiche
costruttive, tecniche e funzionali, nei seguenti tipi:
A – Autostrade;
B – Strade extraurbane principali;
C – Strade extraurbane secondarie;
D – Strade urbane di scorrimento;
E – Strade urbane di quartiere;
F – Strade locali;
F–bis – Itinerari ciclopedonali.
Le strade, pocanzi elencate devono avere le seguenti caratteristiche minime (NCdS – art.2 comma
3):
A - Autostrada: strada extraurbana o urbana a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico
invalicabile, ciascuna con almeno due corsie di marcia, eventuale banchina pavimentata a sinistra e
corsia di emergenza o banchina pavimentata a destra, priva di intersezioni a raso e di accessi privati,
dotata di recinzione e di sistemi di assistenza all'utente lungo l'intero tracciato, riservata alla
circolazione di talune categorie di veicoli a motore e contraddistinta da appositi segnali di inizio e
fine. Deve essere attrezzata con apposite aree di servizio ed aree di parcheggio, entrambe con
accessi dotati di corsie di decelerazione e di accelerazione;
B - Strada extraurbana principale: strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico
invalicabile, ciascuna con almeno due corsie di marcia e banchina pavimentata a destra, priva di
intersezioni a raso, con accessi alle proprietà laterali coordinati, contraddistinta dagli appositi
segnali di inizio e fine, riservata alla circolazione di talune categorie di veicoli a motore; per
eventuali altre categorie di utenti devono essere previsti opportuni spazi. Deve essere attrezzata con
apposite aree di servizio, che comprendano spazi per la sosta, con accessi dotati di corsie di
decelerazione e di accelerazione.
C - Strada extraurbana secondaria: strada ad unica carreggiata con almeno una corsia per senso di
marcia e banchine.
D - Strada urbana di scorrimento: strada a carreggiate indipendenti o separata da spartitraffico,
ciascuna con almeno due corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici,
banchina pavimentata a destra e marciapiedi, con le eventuali intersezioni a raso semaforizzate; per
la sosta sono previste apposite aree o fasce laterali esterne alla carreggiata, entrambe con
immissioni ed uscite concentrate.
E - Strada urbana di quartiere: strada ad unica carreggiata con almeno due corsie, banchine
pavimentate e marciapiedi, per la sosta sono previste aree attrezzate con apposita corsia di manovra,
esterna alla carreggiata.
F - Strada locale: strada urbana od extraurbana opportunamente sistemata ai fini di cui al comma 1
non facente parte degli altri tipi di strade.
F-bis - Itinerario ciclopedonale: strada locale, urbana, extraurbana o vicinale, destinata
prevalentemente alla percorrenza pedonale e ciclabile e caratterizzata da una sicurezza intrinseca a
tutela dell'utenza debole della strada.
I criteri di progettazione riguardano gli elementi geometrici dell'asse e della piattaforma delle strade
urbane ed extraurbane, affinché la circolazione degli utenti ammessi si svolga con sicurezza e
regolarità.
La domanda di trasporto, individuata dal volume orario di traffico, dalla sua composizione e dalla
velocità media di deflusso, determina, come scelta progettuale, la sezione stradale e l’intervallo
della velocità di progetto. In particolare, la scelta del numero di corsie di marcia della sezione
stradale e della loro tipologia definisce l'offerta di traffico, mentre la scelta dell'intervallo di velocità
di progetto condiziona, in relazione all'ambiente attraversato dall'infrastruttura, le caratteristiche
plano-altimetriche dell'asse e le dimensioni dei vari elementi della sezione. Con il termine
"intervallo di velocità di progetto" si intende il campo dei valori in base ai quali devono essere
definite le caratteristiche dei vari elementi di tracciato della strada (rettifili, curve circolari, curve a
raggio variabile). Detti valori variano da elemento ad elemento, allo scopo di consentire al
progettista una certa libertà di adeguare il tracciato al territorio attraversato. Il limite superiore
dell’intervallo è la velocità di riferimento per la progettazione degli elementi meno vincolanti del
tracciato, date le caratteristiche di sezione della strada. Essa è comunque almeno pari alla velocità
massima di utenza consentita dal Codice per i diversi tipi di strada(limiti generali di velocità). Il
limite inferiore dell’intervallo è la velocità di riferimento per la progettazione degli elementi plano-
altimetrici più vincolanti per una strada di assegnata sezione. Il passaggio da un elemento con una
certa velocità di progetto ad un altro con velocità di progetto sensibilmente diversa dovrà avvenire
in maniera graduale.
Il D. M. sopra citato e le varie norme ad esso collegate (es. D.M. 19.04.2006, D.M. 18.02.1992
n.223) fanno riferimento alla costruzione di tutti i tipi di strade previste dal Codice, con esclusione
di quelle di montagna collocate su terreni morfologicamente difficili, per le quali non è
generalmente possibile il rispetto di tutti i criteri di progettazione. L’intero dimensionamento
geometrico è inoltre basato su due ipotesi iniziali: la strada è in condizioni bagnate, il veicolo che
procede sulla strada è unico, ovvero non vengono tenute in conto le interazioni tra i veicoli durante
la marcia.
La progettazione dell’asse stradale consiste nell’individuare un tracciato, dati un punto di partenza e
uno di arrivo sul terreno, che garantisca in primis sicurezza e regolarità agli utenti oltre che un
equilibrio tra sterri e riporti e all’attraversamento delle curve di livello in modo omogeneo.
La progettazione della linea d’asse di una strada si realizza studiando separatamente l’andamento
planimetrico e l’andamento altimetrico (o profilo longitudinale). Il tracciato planimetrico è
costituito da una successione di elementi geometrici, quali i rettifili, le curve circolari ed i raccordi a
raggio variabile, mentre quello altimetrico si articola in una successione di livellette e raccordi
concavi o convessi. Una volta studiati separatamente, si procede al coordinamento plano-altimetrico
al fine di rendere il tracciato percepibile in maniera corretta.
L’andamento planimetrico è costituito da due elementi a raggio costante (rettifili e curve circolari)
connessi da elementi a raggio variabile lungo la quale si ottiene la graduale modifica della
piattaforma stradale, cioè della pendenza trasversale, e, ove necessario, della larghezza.
La definizione di questi elementi e la loro combinazione è connessa ad esigenze di sicurezza. Per
evitare il superamento delle velocità consentite, la monotonia, la difficile valutazione delle distanze
e per ridurre l’abbagliamento nella guida notturna è opportuno che i rettifili abbiano una lunghezza
Lr contenuta nel seguente limite
Lr= 22* Vpmax
Dove Vpmax è il limite superiore dell’intervallo di velocità di progetto delle strade (in Km/h).
Inoltre, in genere, l’adozione dei rettifili di lunghezza limitata favorisce l’inserimento della strada
nell’ambiente. Per poter essere percepito come tale dall’utente, un rettifilo deve avere una
lunghezza non inferiore a determinati valori riportati dal DM 6792/01 funzione della velocità
massima desunta dal diagramma delle velocità.
Per la progettazione delle curve circolari sono due gli elementi fondamentali cui fare riferimento
nella progettazione: lo sviluppo ed il raggio minimo.
Lo sviluppo minimo è la lunghezza minima dell’arco di cerchio inserito nel tracciato stradale ed è
espresso dalla seguente eq: Lmin=vp*t=(Vp/3.6)*t dove vp e Vp sono le velocità di progetto
derivanti dal diagramma delle velocità. Affinché il conducente possa percepire correttamente la
curva è necessario che essa abbia uno sviluppo minimo corrispondente ad un tempo di percorrenza
pari a 2.5 secondi. I rapporti tra i raggi R1 e R2 di due curve circolari che, con l’inserimento di un
elemento a curvatura variabile, si succedono lungo il tracciato di tipo A,B,C, D e F extraurbane,
sono regolati da un abaco in cui sono evidenziate tre zone: zona accettabile, zona buona, zona da
evitare. Per le strade A e B detto rapporto deve collocarsi nella “zona buona”; per gli altri tipi è
utilizzabile anche la “zona accettabile”.
A tal proposito tra un rettifilo di lunghezza Lr e il raggio più piccolo fra quelli delle due curve
collegate al rettifilo stesso, anche con l’interpolazione di una curva a raggio variabile, deve essere
rispettata la relazione:
R>Lr per Lr < 300m
R>= 400 m per Lr>=300m
Per allontanare l’acqua dalla superficie pavimentata il DM 6792/01, in funzione della tipologia di
strada, fornisce le pendenze trasversale da adottare per i rettifili. Indipendentemente dal tipo di
strada, la pendenza minima delle falde della carreggiata è del 2.5%. valori inferiori possono essere
adottati solo nei tratti di transizione tra elementi di tracciato caratterizzati da opposte pendenze
trasversali. In curva la carreggiata è inclinata verso l’interno. La pendenza trasversale è la stessa su
tutta la lunghezza dell’arco di cerchio. La pendenza massima trasversale vale 7% per le strade di
tipo A B C F extraurbane e strade di servizio extraurbane; vale 5% per le strade di tipo D e 3,5 %
per le strade di tipo E ed F urbane, nonché per le strade di servizio delle autostrade urbane e delle
strade di scorrimento. In curva il veicolo sono sottoposti ad accelerazioni centrifughe, la cui entità è
funzione del raggio e della velocità. A tal proposito per determinare la pendenza è indispensabile
stabilire il legame tra la velocità di progetto Vp, la pendenza trasversale ic e la quota parte del
coefficiente di aderenza impegnato trasversalmente ft. Dall’equilibrio di un veicolo transitante su
una curva circolare si ottiene:

Dove:
Vp=velocità di progetto della curva (Km/h)
R=raggio della curva (m)
Q = ic/100
Ft = quota parte del coefficiente di aderenza impegnato trasversalmente.
I valori di quota limite del coefficiente di aderenza impegnato trasversalmente sono riportati nel
DM 6792/01. I valori tengono conto che una quota parte dell’aderenza possa essere impegnata
anche longitudinalmente in curva. Dopo aver fissato la pendenza trasversale (q) è necessario
coordinarla con la pendenza longitudinale (i) data dalla livelletta in cui la curva è inserita. A tal fine
si intrude la pendenza geodetica J, data dall’equazione seguente:

Se j<=10% per strade di categoria A e B;


J<=12% per tutte le strade (tranne A e B) in condizioni ordinarie;
J<=8% per tutte le tipologie di strade con frequente innevamento.
Se non ciò non è verificato bisogna correggere la pendenza (i) del profilo longitudinale.
Il terzo elemento geometrico che caratterizza l’andamento planimetrico sono gli elementi a raggio
variabile che hanno il compito di graduare il passaggio da un rettifilo a una curva a raggio costante
o tra due curve a raggio costante. Esse devono essere progettate in modo da garantire i seguenti
requisiti:
 una variazione di accelerazione centrifuga non compensata (contraccolpo) contenuta entro
valori accettabili;
 una limitazione della pendenza (o sovrapendenza) longitudinale delle linee di estremità della
piattaforma;
 la percezione ottica corretta dell’andamento del tracciato.
La curva a raggio variabile che viene comunemente utilizzata in ambito stradale è la clotoide, che è
una particolare curva della famiglia delle spirali generalizzate definite dalla seguente equazione:
r*s=A2
dove A è il parametro di scala
s l’ascissa curvilinea
r il raggio di curvatura
La normativa impone delle verifiche geometriche del parametro A affinché questa possa garantire i
requisiti precedentemente esposti.
1° Criterio (Limitazione del contraccolpo)
Affinché lungo un arco di clotoide si abbia una graduale variazione dell’accelerazione trasversale
non compensata nel tempo (contraccolpo c), fra il parametro A e la massima velocità, V (km/h), per
l'elemento di clotoide deve essere verificata la relazione:

In cui:

qi = ici/100 , con ici = pendenza trasversale nel punto iniziale della clotoide
qf =icf/100 , con icf = pendenza trasversale nel punto finale della clotoide.

Trascurando il secondo termine dell’espressione del radicando e assumendo per il contraccolpo il


valore limite:

[m/s3]

Si ottiene:

A ≥ 0.021 V2

2° Criterio (Sovrapendenza longitudinale delle linee di estremità della carreggiata)

Nelle sezioni di estremità di un arco di clotoide la carreggiata stradale presenta differenti assetti
trasversali, che vanno raccordati longitudinalmente, introducendo una sovra-pendenza nelle linee di
estremità della carreggiata rispetto alla pendenza dell’asse di rotazione.
Nel caso in cui il raggio iniziale sia di valore infinito (rettilineo o punto di flesso), il parametro deve
verificare la seguente disuguaglianza:

In cui:
Bi = distanze fra l’asse di rotazione ed il ciglio della carreggiata nella sezione iniziale della curva a
raggio variabile [m];
∆imax(%) = sovrapendenza longitudinale massima della linea costituita dai punti che distano Bi
dall'asse di rotazione; in assenza di allargamento tale linea coincide con l'estremità della
carreggiata;
qi = ici/100 dove ici= pendenza trasversale iniziale, in valore assoluto;
qf = icf/100 con icf = pendenza trasversale finale, in valore assoluto.
Nel caso in cui anche il raggio iniziale sia di valore finito (continuità) il parametro deve verificare la
seguente disuguaglianza:

In cui:
Ri = raggio nel punto iniziale della curva a raggio variabile [m];
Rf = raggio nel punto terminale della curva a raggio variabile [m].
Il controllo del valore massimo della pendenza longitudinale delle estremità della carreggiata,
esclusi gli allargamenti in curva, risulta già verificato con la verifica del parametro “A” in base a
questo secondo criterio.

3° Criterio (Criterio ottico)

Per garantire la percezione ottica del raccordo deve essere verificata la relazione:

( in caso di continuità)
Per garantire la percezione dell’arco di cerchio alla fine della clotoide, invece, deve essere:

Le verifiche sono risultate tutte soddisfatte

Una volta eseguito l’andamento planimetrico si procede con quello altimetrico. Il profilo
longitudinale dell’asse stradale è costituito da una successione di livellette (tratti lineari a pendenza
costante) e raccordi verticali. Secondo il DM 6792/0, la pendenza massima da dare alle livellette
dipende dalla categoria di strada. In particolare essa vale 5% per la categoria A in ambito
extraurbano, 6% per le categorie A e D in ambito urbano e per la categoria B in ambito extraurbano,
7% per la categoria C, 8% per la categoria E, 10% per la categoria F.
I raccordi verticali sono elementi inseriti tra due livellette consecutive con l’obiettivo di mitigare gli
effetti di diminuzione di comfort e sicurezza di marcia dovuti alla variazione di pendenza data dal
passaggio di livelletta. Essi sono costruiti mediante archi di parabola quadratica ad asse verticale. Il
parametro geometrico che definisce tali raccordi è il raggio verticale (Rv) del cerchio osculatore nel
vertice della parabola. Note le pendenze delle due livellette i1 e i2 e l’equazione della parabola
quadratica, y=bx-ax2, è possibile calcolare i coefficienti a e b della suddetta equazione, infatti:
a=1/(2*Rv) b=i1/100. La lunghezza del raccordo L e Rv sono legati dalla seguente relazione:
Rv=(100*L)/Δi  L=Rv*(Δi/100) dove Δi=|i1-i2|. Il DM 6792/01, per il calcolo dei raccordi
verticali stabilisce due diverse metodologie a seconda che tali raccordi siano convessi (dossi) o
concavi (sacche).
 Per calcolare il raggio verticale Rv di un raccordo stradale convesso (dossi), è necessario
eseguire le seguenti fasi:
1. Costruzione del profilo longitudinale con inserimento delle livellette di progetto;
2. Calcolo del Δi con i assunta positiva se la livelletta è percorsa in salita e negativa se
in discesa
3. Fissata l’altezza del conducente a 1.10 m e dell’ostacolo a 0.10m
4. Calcolo della distanza di visibilità D tramite formule o abachi forniti dalla stessa
normativa
5. Determinazione di Rv mediante abachi
6. Calcolo di L mediante l’equazione precedente

 Per calcolare il raggio verticale Rv di un raccordo stradale concavo (a sacca), è necessario


eseguire le seguenti fasi:
1. Costruzione del profilo longitudinale con inserimento delle livellette di progetto;
2. Calcolo del Δi con i assunta positiva se la livelletta è percorsa in salita e negativa se
in discesa
3. Fissata l’altezza h=0.50m che definisce l’altezza dal piano stradale del centro dei fari
4. Valutazione del termine θ che definisce la massima divergenza verso l’alto del fascio
luminoso rispetto all’asse del veicolo  θ=1°
5. Calcolo della distanza di visibilità D tramite formule o abachi forniti dalla stessa
normativa pari a DA
6. Determinazione di Rv mediante abachi
7. Calcolo di L mediante l’equazione precedente

Una volta tracciato l’andamento planimetrico e quello altimetrico si procede al raccordo tra di essi
in modo da evitare variazioni brusche delle linee che lo definiscono nel quadro prospettico. Un
valido strumento di controllo di tale coerenza è fornito dalla rappresentazione prospettica del
tracciato.
Pertanto definiti e verificati gli elementi che compongono il tracciato si passa ad una verifica
globale che consideri il tracciato nella sua interezza garantendo l’efficacia comunicativa della strada
nei confronti del generico utente.
L’errata composizione dell’andamento planimetrico e di quello altimetrico può creare condizioni
che possono influire sulla percezione ottica del tracciato o, nei casi peggiori, mascherare parte di
esso. Il normatore riporta una serie di “difetti” di coordinamento che devono essere evitati o limitati
con correzioni specifiche caso per caso.
Quando un raccordo verticale è situato in un tratto ad andamento rettilineo ed è sufficientemente
distante dai punti di tangenza delle curve planimetriche, la percezione del tracciato è corretta. Se
non è possibile evitare la sovrapposizione dei due elementi curvilinei, è opportuno far coincidere il
vertice del raccordo verticale con quello della curva planimetrica. In tal caso, il risultato ottimale
dal punto di vista ottico lo si ottiene se la lunghezza dei due raccordi è dello stesso ordine. Nei tratti
con andamento planimetrico sinuoso è opportuno evitare cambiamenti di pendenza longitudinale.
Occorre evitare che il punto di inizio di una curva planimetrica coincida o sia prossimo con la
sommità di un raccordo verticale convesso. Se ciò si verifica, risulta mascherato il cambiamento di
direzione in planimetria.
Un miglioramento del quadro prospettico lo si ottiene anticipando l’inizio dell'elemento curvilineo
planimetrico quanto più possibile.
Occorre evitare che un raccordo planimetrico inizi immediatamente dopo un raccordo concavo. Se
ciò si verifica la visione prospettica dei cigli presenta una falsa piega.
Quando non sia possibile spostare i due elementi in modo che le posizioni dei rispettivi vertici
coincidano, un miglioramento della qualità ottica del tracciato lo si ottiene imponendo che il
rapporto fra il raggio verticale Rv ed il raggio della curva planimetrica R sia ≥ 6.
Occorre evitare l’inserimento di raccordi verticali concavi di piccolo sviluppo all’interno di curve
planimetriche di grande sviluppo. In questo caso, la visione prospettica di uno dei cigli presenta
difetti di continuità. Per correggere tale difetto occorre aumentare il più possibile il rapporto Rv/R
in modo che gli sviluppi dei due raccordi coincidano.
Occorre evitare il posizionamento di un raccordo concavo immediatamente dopo la fine di una
curva planimetrica. Anche in questo caso nelle linee di ciglio si presentano evidenti difetti di
continuità ed inoltre si percepisce un restringimento della larghezza della sede stradale che può
indurre l’utente ad adottare comportamenti non rispondenti alla reale situazione del tracciato.
Questo difetto può essere ancora corretto portando a coincidere i vertici dei due elementi.
Occorre evitare che il vertice di un raccordo concavo coincida o sia prossimo ad un punto di flesso
della linea planimetrica. Anche in questo caso la visione prospettica è falsata e l’utente percepisce
un falso restringimento della larghezza della sede stradale. Per ovviare a tale difetto si provvede
come nel caso precedente. Quando un raccordo concavo segue un raccordo convesso, nel quadro
prospettico dell’utente può rimanere mascherato un tratto intermedio del tracciato. Si definisce
questa situazione come "perdita di tracciato". Questa perdita può disorientare l’utente quando il
tracciato ricompare ad una distanza inferiore. Occorre evitare queste situazioni, in particolare,
quando mascherano intersezioni o cambiamenti di direzione.

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