Normativa di riferimento
Per le modalità di esecuzione di tale prova si fa riferimento alla norma UNI EN 13286-47 del 2004, anche la
UNI 10009 descrive il procedimento in maniera molto simile, così come la normativa ASTM D1883-16. In
tutti i casi si tratta di una prova a gradiente di velocità di carico costante.
La prova di portanza C.B.R. trova applicazione in tutti i tipi di materiali dalle argille ai misti granulari con o
senza leganti ed è largamente diffusa nel caso di dimensionamento di sovrastrutture. Le prove trovano un
largo impiego nel settore della geotecnica che si occupa della (1) stabilizzazione di terreni con calce e
cemento Infatti, la percentuale di calce e la quantità d’ acqua con cui effettuare l’impasto in una
stabilizzazione a calce vengono determinate sperimentalmente in laboratorio sulla base di prove
meccaniche, quali la prova CBR e resistenza a compressione ELL, e di (2) prove di costipamento Proctor
AASTHO (modificate). I risultati di tali prove condotte su miscele sperimentali confezionate con diverse
percentuali di calce e diversi tenori di umidità, permettono di determinare la miscela ottimale terra – acqua
– calce.
La preparazione del materiale per la prova è analoga alla (3) prova di costipamento o compattazione
Proctor. Il provino da sottoporre alla prova CBR dovrà quindi essere confezionato all’umidità ottima,
determinata dalla prova precedente prova di costipamento, e compattato con compattatore automatico
Proctor in modo da raggiungere la densità massima. Se durante la preparazione dei provini da sottoporre
alla prova di compattazione Proctor prima e C.B.R. poi la frazione in peso del trattenuto al crivello ¾’’ è
superiore al 35% (ovvero vi sono elementi con dimensioni superiori ai 25 mm per oltre il 35% in peso del
materiale), l’indice C.B.R. viene convenzionalmente considerato non significativo e la prova C.B.R. può
essere sostituita da altri controlli in situ, quali (4) prove di carico su piastra. La preparazione del provino per
la prova C.B.R. è quindi del tutto analoga alla prova Proctor, salvo l’introduzione (in modo da costituire il
vuoto necessario alla penetrazione) del disco spaziatore. La fustella con il terreno costipato va poi immersa
in acqua, in modo da ricoprire completamente il terreno di prova e si predispone al di sopra un sistema per
la misura del rigonfiamento attraverso un comparatore. Le letture si eseguono ogni 24 ore per 4 giorni
consecutivi. Si passa poi alla fase del punzonamento alla base inferiore del provino posizionando la fustella
sulla pressa. Si eseguono le diverse letture di resistenza in corrispondenza alle diverse profondità di
infissione del punzone (0,5 mm, 1, mm 1,5 mm, 2 mm, 2,5 mm, 3 mm, 4 mm, 5 mm, 6 mm, 7 mm, 8 mm, 9
mm) alla velocità costante di 1,27 mm/min. Il risultato è sintetizzato in un grafico carico (kg) – penetrazione
(mm).
Esempio di curva CBR
Si esegue infine la determinazione del contenuto d’acqua prelevando una idonea quantità di terreno al di
sotto della zona di impronta del punzone.
Risultato prova
L’indice CBR può essere utile quindi per decidere se un dato materiale può essere impiegato così come
rinvenuto. Se dalla prova eseguita su un campione con contenuto d’acqua originario risulta un CBR
maggiore di 10 il materiale è certamente utilizzabile, se il CBR è inferiore a 5, il materiale non può essere
utilizzato senza particolari provvedimenti. Si utilizzano tre tipi di determinazioni del C.B.R.: normale
(effettuato con provino nelle condizioni di umidità di rinvenimento), all’ottimo Proctor (effettuato con
provino in condizioni di umidità ottima) e saturo (effettuato con provino in condizioni di umidità ottima e
successivamente saturato). La prova va effettuata ogni qualvolta si realizzi un rilevato o nel caso si operi con
tecniche di stabilizzazione dei terreni con calce e cemento poiché, se associata ad altre prove, quali ad es.
la Proctor, fornisce delle utili indicazioni sulle caratteristiche dei materiali che verranno utilizzati, ovvero se
sono idonei o meno, e sul loro comportamento in caso di imbibizione (ad es. a seguito di abbondanti
piogge).
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La stabilizzazione dei sottofondi consiste nell’aggiungere al terreno di sottofondo che non possiede
inizialmente le qualità richieste delle sostanze tali che la miscela risultante abbia maggiore portanza e
minore suscettibilità all’azione dell’acqua e del gelo. Si parla quindi di terre stabilizzate. I principali tipi di
stabilizzazione corrispondono alla stabilizzazione granulometrica o meccanica, che si effettua incorporando
al materiale sabbioso o sabbioso-ghiaioso e compattato con rulli, la stabilizzazione a bitume (terra-bitume),
la stabilizzazione a calce, la stabilizzazione a cemento (terra-cemento), la stabilizzazione binaria a calce e
cemento. Il trattamento a calce viene utilizzata per bonificare e migliorare le caratteristiche geomeccaniche
di terreni coesivi, limoso-argillosi e argillosi, di sottofondo. I campi di applicazione spaziano dall’utilizzo per
la realizzazione delle strade di campagna, il miglioramento immediato della viabilità in cantiere specie in
terreni che diventano molto plastici in presenza di acqua, la stabilizzazione dei piani di posa di rilevati
stradali, pavimentazioni o sottofondi che garantiscono una portanza idonea e più in generale per la bonifica
di aree destinate a nuove opere urbanistiche in terreni coesivi e plastici. l trattamento consiste nella
miscelazione di una terra con calce e acqua in quantità tali da modificare, attraverso reazioni chimico-
fisiche, le caratteristiche di lavorabilità e di resistenza meccanica in opera (portanza). L’aggiunta di calce
viva (CaO) o calce idrata Ca(OH)2 a un terreno limoso-argilloso o argilloso anche molto plastico produce a
breve termine effetti di bonifica, mentre a medio e lungo termine effetti di stabilizzazione con
miglioramento delle caratteristiche geomeccaniche. L’azione svolta è duplice:
Bonifica del terreno: (effetto a breve termine) poco dopo il mescolamento, l’azione chimico fisica di
scambio di ioni, modifica la granulometria dei terreni rendendoli “incoerenti”, si riduce l’indice di
plasticità, aumenta il limite di ritiro e aumenta l’umidità ottima. In questo modo i terreni plastici
coesivi con elevati contenuti di umidità divengono lavorabili, costipabili e stabili all’acqua. In
particolare, l’utilizzo di calce viva, piuttosto che idrata, produce un processo esotermico dovuto alla
reazione della calce con l’acqua presente nel terreno che ne favorisce l’essiccamento.
Cementazione dei grani: (effetto a medio e lungo termine), si ottiene una vera e propria azione di
cementificazione dei granuli fra loro dovuta all’interazione della calce con i minerali silico-
alluminosi presenti nei terreni argillosi, migliorando notevolmente le caratteristiche geotecniche e
di portanza dei terreni. Il terreno si trasforma quindi da corpo granulare a un vero e proprio strato
duro e relativamente impermeabile con significativa capacità portante.
I terreni idonei al trattamento con calce sono terre fini, plastiche limoso argillose dei Gruppi A6 e A7 con
valori di indice plastico maggiori di 10. Per terre argillose e umide è preferibile utilizzare calce viva. Possono
essere trattati anche con calce terreni appartenenti ai gruppi A2-6 A2-7 qualora contengano una frazione di
passante al setaccio 0.4 UNI prossimo al 35%. Terre appartenenti ai gruppi A4 e A5 possono essere trattati
con calce in fase preliminare per ridurre l’umidità; il loro miglioramento meccanico richiede, invece,
l’aggiunta di cemento. Sotto l’aspetto geotecnico l’azione svolta dalla calce è la seguente:
A breve termine:
– riduzione del contenuto in acqua, ovvero essicazione del terreno se si utilizza calce viva;
– cambiamento dei limiti di Atterberg: aumento del Limite Plastico mentre il Limite Liquidi rimane
pressoché costante, ciò porta a una riduzione dell’Indice di Plasticità e riduzione del limite di ritiro. In
questo modo lo stato solido del terreno è mantenuto per valori di umidità molto maggiori rispetto allo
stesso terreno non trattato con calce;
– appiattimento della curva Proctor con conseguente spostamento a valori maggiori del punto di umidità
ottima, il che significa terreno più lavorabile;
– aumento del valore dell’Indice CBR che si traduce in un aumento di portanza del terreno.
A lungo termine:
I quantitativi in genere sono compresi tra il 4 e l’8 % in peso della terra secca. Normalmente per la fase di
bonifica occorre un quantitativo inferiore al 4% mentre con tenore di legante superiori al 6% si ottengono
gli effetti a medio e lungo termine. La percentuale idonea si ottiene attraverso prove sperimentali
geotecniche di laboratorio preventive effettuate su campioni di terreno rappresentativi.
Prove di compattazione Proctor modificata per determinare l’umidità ottima e la densità massima
secca del materiale;
La fase iniziale di classificazione dei terreni è fondamentale per capire se il materiale è idoneo a essere
trattato con calce.
La fase successiva corrisponde all’identificazione della miscela ottimale: a questo scopo si confezionano
provini all’umidità ottima e densità massima con diverse percentuali di calce da sottoporre a prove CBR con
lo scopo di ottenere la corretta percentuale di calce.
Una volta stabilito che è corretto trattare il terreno con calce e individuata la percentuale corretta da
aggiungere, occorre realizzare in situ dei campi prova da cui verrà stabilità definitivamente la miscela
ottimale per ottenere il grado di addensamento richiesto.
Per verificare il corretto costipamento si dovranno effettuare delle prove di carico su piastra da cui
dovranno essere determinati sia il modulo di reazione del piano di posa Ks sia il modulo di deformazione
Md. I valori di riferimento sono generalmente:
per strati di usura di strade a limitata intensità di traffico valori non inferiori a 1000 kg/cmq;
per strade a traffico leggero: valore di 400 kg/cmq per strati di fondazione profondi e 800 kg/cmq
per strati di base;
per strade a traffico pensante o medio : valori maggiori di 800 kg/cmq per gli strati di fondazione
profonda e non inferiore a 1000 kg/cmq per strati di base;
La prova di compattazione Proctor, detta anche AASTHO, prende il nome dall’ingegnere americano che
analizzò per primo l’influenza del contenuto d’acqua nei terreni e dell’energia di costipamento.
La prova così ideata consiste nella compattazione di strati di terreno disposti in una fustella cilindrica
attraverso la caduta libera di un pestello. L’energia di compattazione viene fatta variare cambiando il peso
del pestello, l’altezza di caduta del pestello, il numero di colpi per strato di terreno, o lo spessore degli
strati.
La prova trova applicazione prevalentemente nella geotecnica stradale e, in particolare, per la realizzazione
di rilevati.
La prova Proctor serve quindi per verificare l’efficacia della compattazione (intendendo con questo termine
l’aumento artificiale della densità della terra tramite mezzi meccanici) e non la portanza delle terre.
diminuzione del rischio di deformazione della struttura costruenda (ad esempio un rilevato in terra)
connesso all’avvicinamento dei granuli con la conseguente riduzione dei cedimenti differenziali;
La prova si effettua nel seguente modo: si fa variare il contenuto di acqua dei provini di terreno,
mantenendo costante l’energia di costipamento, e si rappresenta su di un grafico la variazione della densità
secca in funzione del contenuto di acqua. L’interpolazione delle diverse coppie di punti (contenuto d’acqua
– densità secca) per ciascun provino di terreno restituisce una curva a campana il cui vertice corrisponde
al maximum della densità secca in corrispondenza di un certo contenuto di acqua, indicato appunto
come optimum Proctor. Il valore di umidità optimum corrisponde al valore per il quale si ottiene, per quella
energia spesa, il miglior risultato in termini di resistenza e di indeformabilità. Le coppie punti (umidità –
densità secca) crescono fino al massimo e poi decrescono; per le coppie di punti che corrispondono
all’aumento dell’umidità del terreno sul lato della curva prima di aver raggiunto il massimo, l’energia è
spesa interamente per favorire l’assestamento dei grani, mentre dopo aver superato il massimo della curva
l’ulteriore aumento del contenuto d’acqua genera della sovrappressioni interstiziali che riducono l’efficacia
del compattamento.
Che differenza c’è tra prova in modalità Standard e Modificata?
La prova in origine (anni ’30) nasceva in modalità Standard, poi con l’aumentare del traffico dei mezzi
pensanti è stato necessario modificare la precedente prova e passare alla Modificata che conserva la
metodica di preparazione dei campioni e il tipo di attrezzatura della Standard, mentre varia il peso del
pestello, l’altezza di caduta del pestello (energia di compattazione) e il numero di strati per fustella.
In generale, le prove in modalità Standard vengono utilizzate per lo studio dei rilevati di vario tipo, mentre
la prova Modificata trova applicazione nei terreni di sottofondo, nelle pavimentazioni stradali o
aeroportuali.
Differenze tra la metodologia Standard e Modificata
Nel costipare il terreno si possono fare variare sia il contenuto di acqua, sia il tipo di
compattazione che l’energia di costipamento. Variando ognuno dei predetti fattori nella posa delle terre si
fanno variare anche la permeabilità, la compressibilità e con essa il rigonfiamento, oltre che la resistenza e
le relazioni sforzo – deformazioni. Si tratta quindi di una prova molto importante che, se associata in modo
oculato con altre prove di laboratorio, è in grado di fornire molte informazioni sull’opera che si sta
realizzando.
Per quanto riguarda la resistenza e la rigidità, è stato osserva che esse sono maggiori nei terreni compattati
con contenuto d’acqua inferiore all’optimum.
Campioni argillosi costipati con umidità inferiore all’optimum rigonfierà maggiormente di un altro costipato
con umidità maggiore all’optimum poiché ha una organizzazione delle particelle più disordinata e un minor
grado di saturazione.
Se si aumenta l’energia di compattazione (in laboratorio è possibile farlo facendo variare l’altezza di caduta,
o aumentando il numero di colpi, o ancora facendo variare lo spessore degli strati; mentre in cantiere è
possibile farlo aumentando le passate con il rullo compressore) si osserva che la curva a campana tende a
innalzarsi verso l’asse delle ordinate (peso di volume secco), ovvero verso valori di umidità minori, ma con
peso di volume maggiori.
Per ogni tipologia di terreno, l’optimum, il maximum e la forma della curva a campana variano in funzione
dell’energia e della modalità di compattazione adottate. Ciò che accomuna però le diverse terre è che
spostandosi verso contenuti di acqua via via maggiori, e in particolare oltre l’optimum, le curve tendono ad
assumere un andamento circa parallelo alla cosiddetta curva di saturazione. Questa curva è descritta
dall’equazione di una iperbole equilatera.
La forma della curva a campana, varia in ragione della tipologia di terreni: in particolare terreni costituiti
da misti granulari si osserva che essendo molto eterogenei, si possono ottenere sensibili effetti della
compattazione anche per bassi valori di umidità; nei terreni sabbiosi-monogranulari, rispetto ai precedenti
occorre un contenuto d’acqua maggiore, anche se in questi terreni risulta più difficile individuare il
maximum in quanto danno luogo a curve a campana molto appiattite; mentre nei terreni poco
assortiti o nei terreni argillosi si osserva che il contenuto d’acqua necessario per raggiungere il maximum è
piuttosto elevato in quanto si tratta di terreni dotati di coesione (forza di attrazione e repulsione presenti
sulla superficie delle particelle).
A parità di energia spesa, inoltre il peso di volume secco massimo sarà maggiore nei terreni granulari misti e
poi a seguire quelli argillosi e infine quelli sabbiosi monogranulari.
Dal grafico è possible fare un’ulteriore considerazione: agli stessi valori di desità secca massima, non
corrispondono, per i diversi terreni, gli stessi gradi di indeformabilità; pertanto, il valore di densità secca
massima non può può essere indicativo del grado di indeformabilità. Ecco quindi perchè nei capitolati non
viene prefissato un valore di densità secca massimo che deve avere la terra, ma, invece, viene richiesto di
raggiungere in situ il 90 o 95% del valore di riferimento Proctor.
Esempi di prove Proctor su materiali granulari (due grafici sopra) e argillosi (ultimo grafico)
I valori ottenuti dalla prova Proctor di laboratorio dovranno essere confrontati con quelli ottenuti in situ
dalle prove di densità, con l’intenzione di verificare che in situ sia stato raggiunto l’addensamento prescritto
dal progetto.
Normalmente si richiede all’impresa di raggiungere il 95% della densità secca massima ottenuta in
laboratorio per gli strati superori e il 90% per gli strati di base.
(3) prove di carico su piastra
Le prove di carico su piastra circolare rigida (dette anche prove di portanza) sono una tipologia di prove
geotecniche in situ che vengono effettuate prevalentemente per il controllo:
Il loro utilizzo corrisponde quindi a una sorta di collaudo degli strati di terreno in itinere con l’opera
costruenda.
Esse vengono inoltre utilizzate anche per indagare la capacità portante dei terreni di fondazione (cfr:
Barbero, Garello & Tissoni, in press). Esse vengono poi utilizzate anche nel settore delle discariche, in casi
particolari, per la verifica del fondo vasca.
Dalla prova di carico su piastra (con diametro 760 mm) è inoltre possibile determinare il modulo di reazione
o costante di sottofondo o coefficiente K in accordo al modello di Westergaard. Per i dettagli si legga
questo post.
In genere vengono effettuate in accordo alla normativa CNR BU N. 146 del 14.12.1992, anche se è molto
diffusa la normativa Svizzera SVN 670317/81. Seguendo la norma italiana CNR e facendo riferimento alla
piastra con diametro 300 mm la prova può essere eseguita con 3 comparatori (disposti a 120° rispetto alla
circonferenza della piastra) o con uno solo comparatore.
– un manometro;
– una serie di estensioni e nodi sferici per il centramento del carico da disporre al di sopra della piastra di
carico;
– termometro;
– martello, sessola e sacchetti si nylon per raccolta campione sotto l’area di carico;
La prova viene così eseguita: scelta la zona in cui eseguire la prova, la superficie di carico deve essere
sufficientemente levigata e privata di asperità per consentire alla piastra di avere il massimo contatto con il
livello del terreno; vanno pertanto eliminate le sporgenze legate alla presenza di ciottoli, riempiendo i vuoti
lasciati con sabbia. Il test inizia dopo aver sistemato il contrasto sopra il martinetto idraulico. Viene
applicato un precarico di 0,20 kg/cm2, in accordo con le regole seguite, e che i cedimenti sono esauriti si
azzera il comparatore e si inizia la prova. Si procede quindi ad applicare i carichi leggendo i corrispondenti
cedimenti Il tempo di permanenza di ogni carico è sempre di 2’ indipendentemente dalla granulometria del
terreno.
Prova di carico su piastra per verifica strato di rilevato (terra rinforzata)
La prova può essere eseguita a un unico ciclo o a doppio ciclo di carico (carico e scarico).
Con la prova si misura il cedimento del terreno sottostante la piastra (considerata infinitamente rigida),
caricata per gradi, permettendo di determinare il Modulo di Deformazione al primo ciclo di carico Md
definito dalla seguente espressione:
essendo:
Dp = differenza di carico unitario trasmesso dalla piastra al terreno, compreso tra due gradini di carico
consecutivi
Il Modulo di Deformazione al secondo ciclo di carico Md’ è analogamente definito dalla seguente
espressione:
essendo:
Dp’ = differenza di carico unitario trasmesso dalla piastra al terreno, compreso tra due gradini di carico
consecutivi
Al termine della prova, sotto l’area di impronta di carico della piastra, si preleva un campione significativo di
materiale per determinarne l’umidità.
Si riporta nel seguito lo schema dei cicli di carico e scarico in accordo alla normativa CNR.
Ad esempio, per gli strati do sottofondo, i gradini di carico e scarico applicati sono stati i seguenti: 0,5 – 1,0
– 1,5 – 2,0 – 0,5 – 1,0 -1,5 kg/cm².
Dall’esito della prova si risalità al valore di Md che confrontato con il valore di capitolato consentirà di
valutare se i terreni hanno raggiunto il grado di addensamento (compattazione) richiesto.
I rapporti Md/Md’ e Md’/Md rappresentano inoltre un ulteriore parametro di valutazione sul “grado di
costipamento” raggiunto dallo strato di terreno.