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Farmaci che agiscono sul sangue

ANTICOAGULANTI

Emostasi: fase coagulativa


L’emostasi è l’arresto di un’emorragia dato da una serie di reazioni biochimiche e cellulari, finalizzate a
ripristinare l’integrità dei vasi e la fluidità del sangue.

È distinta in quattro fasi:

1. fase vascolare, in cui si ha vasocostrizione;

2. fase piastrinica, in cui si ha la formazione del tappo piastrinico;

3. fase coagulativa, in cui si ha la formazione del coagulo di fibrina;

4. fase fibrinolitica, data dalla dissoluzione del coagulo di fibrina dopo la riparazione della lesione vascolare.

La fase coagulativa è volta alla formazione del coagulo di fibrina, a cui si giunge attraverso l’attivazione
sequenziale dei fattori della coagulazione.

I fattori della coagulazione sono tredici, indicati con numeri romani, e sono in gran parte degli zimogeni, cioè
delle serin-proteasi inattive che costituiscono i precursori delle forme attive stesse.
Fanno eccezione i fattori VIII e IX, che agiscono come cofattori, anziché come proteasi.

Ulteriori componenti fondamentali della coagulazione sono:

• i fosfolipidi piastrinici ed endoteliali → fungono da superficie adatta alle reazioni della coagulazione;

• il Ca2+ → favorisce le reazioni tra enzimi, substrati, cofattori e superficie.

La cascata coagulativa è distinta in fase estrinseca e fase intrinseca, ma questa divisione non è netta, in
quanto elementi di una fase possono influenzare quelli di un’altra. Entrambe le fasi convergono poi nella fase
comune, che ha inizio con l’attivazione del fattore X.

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Via estrinseca
La via estrinseca viene attivata quando si verifica una lesione di un vaso sanguigno. In seguito ad essa
l’endotelio danneggiato libera un complesso proteico chiamato fattore tissutale (FT).

Il fattore tissutale si lega al fattore VIIa, già presente in forma attivata in piccola quantità prima del danno.

Il complesso VIIa-FT converte il fattore IX in IXa (in figura nella via intrinseca).

Si forma un trimero per l’unione del fattore IXa al complesso VIIa-FT.

Questo trimero, in presenza di Ca2+ e dei fosfolipidi piastrinici, porta all’attivazione del fattore X in Xa, facente
parte della via comune.

Via intrinseca
L’innesco della via intrinseca è dato dal contatto di alcune proteine plasmatiche con il collagene esposto sulla
superficie endoteliale vascolare alterata.

Tra queste proteine vi sono il fattore di Hageman, o fattore XII della coagulazione, la precalicreina e il
chininogeno ad alto peso molecolare. La precallicreina dà luogo alla callicreina, che contribuisce alla
formazione di altro fattore XIIa.

Il fattore XIIa permette la conversione del fattore XI in XIa.

Il fattore XIa converte poi il fattore IX in IXa.

Il fattore IXa contribuisce in sinergia con il complesso fattore VIIa-FT della via estrinseca, il Ca2+ e i fosfolipidi
ad attivare il fattore X in Xa, appartenente alla via comune.

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Via comune
Il fattore Xa, grazie al Ca2+ e ai fosfolipidi, converte la protrombina in trombina o fattore IIa, e il fattore XIII in
XIIIa.

La trombina poi converte il fibrinogeno in fibrina, che, grazie al Ca2+, polimerizza formando un legami crociati
con il fattore XIIIa, dando luogo alla formazione del coagulo di fibrina.

Sistema di amplificazione della trombina


Inizialmente la quantità di fibrina formatasi è molto
piccola, quindi per aumentarla la trombina agisce a
ritroso su alcuni fattori della via intrinseca:

• converte il fattore XI in XIa, a monte della via


intrinseca, il quale trasforma il fattore IX in IXa; il
fattore IXa poi, in sinergia con il complesso fattore
VIIa-FT della via estrinseca, il Ca2+ e i fosfolipidi ,
contribuirà ad attivare il fattore X in Xa;

• attiva il fattore VIII in fattore VIIIa, che insieme al


Ca2+ e ai fosfolipidi agisce come cofattore del
fattore IXa, che converte il fattore X in Xa;

• attiva il fattore V in fattore Va, che insieme al Ca2+


e ai fosfolipidi agisce come cofattore del fattore Xa
per convertire la protrombina in trombina.

Inibitori della coagulazione


Si tratta di meccanismi fisiologici di controllo per prevenire l’estensione incontrollata della coagulazione.

• Antitrombina (AT-III) → glicoproteina sintetizzata nel fegato che può legare la trombina (fattore IIa) o il fattore
Xa, inattivandoli.

• Trombomodulina → cofattore proteico associato alla membrana delle cellule endoteliali, prodotto sotto
stimolo della fibrina. Il legame della trombina alla trombomodulina determina un cambiamento
conformazionale della trombina stessa, che le impedisce di svolgere la sua attività pro-coagulante. Infatti la
trombina perde la capacità di attivare i fattori XI, VIII, V e XIII, di interagire con la superficie piastrinica e di
trasformare il fibrinogeno in fibrina.

• Proteina C → zimogeno vitamina K-dipendente prodotto dal fegato. Viene attivata dalla trombina quando
questa si è legata alla trombomodulina. In forma attiva, la proteina C è una serin-proteasi, che agisce
distruggendo i fattori della coagulazione V e VIII sia in forma inattiva che attiva.

• Proteina S → proteina vitamina K-dipendente prodotta da fegato, endotelio e megacariociti midollari. Agisce
come cofattore della proteina C attivata nella degradazione dei fattori della coagulazione Va e VIIIa.

• Fibrinolisi → distruzione del coagulo di fibrina.


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Cumarine
• Warfarin
• Dicumarolo
• Bisidrossicumarina
• Etilbiscumacetato
• Fenprocumone

Meccanismo d’azione
I fattori della coagulazione, fatta eccezione per il fattore di Hageman o fattore II, vengono sintetizzati nel fegato.

Alcuni di questi fattori, prima di venire rilasciati nella circolazione sistemica, devono subire un processo di
γ-carbossilazione in corrispondenza dei loro residui di acido glutammico, necessaria per garantire la loro
funzionalità nel processo di coagulazione.

I fattori che devono essere γ-carbossilati sono il VII, il XI, il X, e la protrombina o fattore II, ma anche la proteina
C e la proteina S.

La reazione di γ-carbossilazione è catalizzata da una carbossilasi vitamina K-dipendente.

La vitamina K viene assunta con l’ingestione di vegetali a voglia verde, ma viene anche prodotta da alcuni
batteri della flora intestinale.

Nel fegato la vitamina K si trova in


forma ridotta (idrochinone). Un residuo
di cisteina della carbossilasi
interagisce con la vitamina K, dando
una reazione di ossidoriduzione: la
carbossilasi si riduce, mentre la
vitamina K si ossida ad alcossido.

La vitamina K in forma di alcossido è


una base forte e intabile, e trasferisce
un e⁻ al carbonio γ dell’acido
glutammico dei fattori della
congaulazione, attivandolo.

L’acido glutammico viene carbossilato,


mentre la vitamina K in forma di
alcossido diventa un epossido.

La vitamina K in froma di epossido viene poi ridotta da due reduttasi, l’epossido-reduttasi e la chinone-
reduttasi, che la riportano alla forma di idrochinone.

I farmaci cumarinici hanno una struttura chimica analoga a quella della vitamina K, e agiscono interferendo con
il suo ciclo ossidoriduttivo, in particolare antagonizzano l’azione dell’epossido-reduttasi.

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In questo modo i farmaci cumarinici impediscono la rigenerazione della vitamina K in forma ridotta, e con essa
l’attività della γ-carbossilasi. Pertanto prevengono la liberazione di fattori della coagulazione VII, XI, X, e II, e
dei proteine C ed S funzionali.

La loro azione viene antagonizzata dalla vitamina K, utilizzabile come antidoto per annullare l’effetto
anticoagulante.

Effetti
Il grafico riporta l’attività del warfarin sulla produzione
dei fattori di coagulazione VII, XI, X e II e sulle proteine
C ed S.

Ognuno ha tempi di riduzione diversi: il primo fattore a


diminuire è il fattore VII, seguito dalla proteina C, dal
fattore IX, X, e infine dal fattore II e dalla proteina S.

I cumarinici non agiscono sui fattori e sulle proteine carbossilate e già in circolo, quindi per avere l’effetto
anticoagulante occorre aspettare qualche giorno di terapia.

Inoltre l’inibizione della carbossilazione delle proteine C ed S, che hanno attività anticoagulante, induce un
periodo transitorio iniziale di ipercoagulabilità.

Un’altra proteina di cui viene impedita al carbossilazione mediata dalla vitamina K è l’osteocalcina, prodotta
dagli osteoblasti e importante per la formazione ossea.

Impieghi clinici
• Protesi o malattie valvolari cardiache

• Trombosi cardiaca

• Tromboembolismo arterioso

• Prevenzione e trattamento della trombosi venosa profonda

• Infarto del miocardio

• Ictus

Parametri farmacocinetici
Farmaco Legame alle proteine Emivita (h) Durata d’azione
plasmatiche (%)

Warfarin ≥ 99 35-45 Intermedia

Dicumarolo > 99 24-100 Lunga

Etilbiscumacetato 90 2-5 Breve

Fenprocumone > 99 65-170 Lunga


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Interazioni farmacologiche del warfarin


Il warfarin è metabolizzato dall’enzima microsomiale CYP-2C9, un’isoforma del citocromo P450.

FARMACI CHE DIMINUISCONO LA RISPOSTA

• Induttori del CYP-2C9 → i farmaci induttori del CYP-2C9 portano all’aumento dell’espressione di tale
citocromo. La conseguenza è che il warfarin verrà metabolizzato più velocemente, quindi permarrà meno a
lungo in circolo e darà una minore risposta. Tra gli induttori del CYP-2C9 si ricordano:

- barbiturici;
- fenitoina (antiepilettico);
- rifampicina (rifamicine);
- griseofulvina (antimicotico).

• Stimolazione della sintesi dei fattori della coagulazione, attraverso:

- l’aumento dell’apporto di vitamina K → perché essa antagonizza l’azione dei farmaci cumarinici;
- l’uso di contraccettivi orali → perché gli estrogeni hanno un’azione positiva sulla sintesi dei fattori della
coagulazione, pertanto aumentano il rischio di trombosi.

FARMACI CHE AUMENTANO LA RISPOSTA

• Inibitori del CYP-2C9 → i farmaci inibitori del CYP-2C9 portano alla diminuzione dell’espressione di tale
citocromo. La conseguenza è che il warfarin verrà metabolizzato più lentamente, quindi permarrà più a lungo
in circolo e darà una maggiore risposta. Tra gli inibitori del CYP-2C9 si ricordano:

- disulfiram;
- uso cronico di alcool;
- metilfenidato (psicostimolante);
- cloramfenicolo;
- fenotiazine (antipsicotici);
- antidepressivi triciclici;
- chinidina (antiaritmico).

• Farmaci che spiazzano il legame del farmaco alle proteine plasmatiche → aumentano la quota libera di
farmaco, che è quella in grado di agire. Tra questi farmaci si ricordano:

- salicilati;
- fenilbutazone (FANS);
- ormoni tiroidei;
- colfibrato (fibrati).

• Riduzione dell’apporto di vitamina K → perché si ridurrà la sintesi dei fattori della coagulazione, quindi
aumenterà l’azione dei cumarinici. Tra i farmaci che possono diminuire la quantità di vitamina K presente ci
sono antibiotici a largo spettro che possono distruggere la flora batterica intestinale, responsabile della
produzione endogena di vitamina K, ma anche lassativi in grado di inibire l’assorbimento intestinale della
vitamina.
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Effetti collaterali
• Emorragie → necessaria la sospensione del farmaco;

• Necrosi da cumarine → dovuta alla mancata γ-carbossilazione delle proteine C ed S, che dà uno stato di
ipercoagulazione.

• Calcificazione vascolare, in particolare della valvola aortica, delle coronarie e dell’arteria femorale →
probabilmente dovuta al blocco della γ-carbossilazione di proteine della matrice vasale.

• Malformazioni ossee ed emorragie nel feto → i cumarinici passano la barriera placentare e bloccano la
γ-carbossilazione di proteine fetali vitamina K dipendenti, provocando disordini emorragici nel feto,
malformazioni ossee (ipoplasia nasale, microcefalia), ritardo mentale, microftalmia e atrofia ottica.

• Fratture ossee → dovuta al blocco della γ-carbossilazione dell’osteomalcina.

Eparine
• Enoxaparina
• Dalteparina

Meccanismo d’azione
Si tratta di polimeri a lunga catena glucidica appartenenti alla famiglia dei glicosamminoglicani, estratti dalla
mucosa intestinale del suino e poi purificati.

In base al processo di purificazione si ottengono due tipi di eparine:

• eparine ad alto peso molecolare (da 3 a 30 kDa);

• eparine a basso peso molecolare (da 1 a 10 kDa).

L’antitrombina-III (AT-III) è una glicoproteina coinvolta nella


disattivazione di alcuni fattori della coagulazione, tra cui il
fattore Xa e la trombina o fattore IIa. L’antitrombina si lega
ad essi, dando luogo alla formazione di due dimeri: uno tra
l’antitrombina e il fattore Xa, e l’altro tra l’antitrombina e la
trombina.

L’eparina è in grado di legarsi all’antitrombina-III attraverso


una sequenza pentasaccaridica, e di velocizzare l’azione
della glicoproteina sul fattore Xa e sulla trombina. Infatti
l’interazione dell’eparina con l’AT-III determina una
modificazione allosterica del sito reattivo dell’AT-III, che
diventa più affine per la trombina.

Si formano così due trimeri:

• eparina + AT-III + Xa;

• eparina + AT-III + trombina.

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Le eparine ad alto peso molecolare, sono in grado di legare anche la trombina o il fattore Xa, oltre all’AT-III.

Le eparine a basso peso molecolare come l’enoxaparina e la dalteparina, invece, essendo più piccole,
riescono a legare solo il fattore Xa oltre all’AT-III, ma non la trombina.

Pertanto l’eparina ad alto peso molecolare è più potente rispetto a quella a basso peso molecolare, ma espone
a un maggior rischio di emorragie.

Via di somministrazione
Soltanto parenterale: per via sottocutanea o endovenosa. La somministrazione endovenosa è più rischiosa, in
quanto può causare più facilmente emorragie.

Impieghi clinici
• Trombosi

• Prevenzione dell’infarto del miocardio

Effetti collaterali
In figura è illustrato il meccanismo d’insorgenza di
due importanti effetti collaterali:

• trombocitopenia;

• trombosi.

L’eparina può legarsi a una proteina di membrana


delle piastrine, il fattore piastrino 4 (PF4), dando
luogo alla formazione di un complesso. Il complesso
tra eparina e PF4 può indurre la produzione di IgG, e
può legarsi ad esse, dando luogo alla formazione di
un complesso immune.

Il complesso di IgG, eparina e PF4 si lega poi al


recettore Fc presente sulla membrana delle piastrine.

A questo punto le piastrine possono seguire due


destini possibili:

1. possono essere rimosse dai macrofagi della milza, provocando così trombocitopenia;

2. possono attivarsi e dare inizio all’aggregazione piastrinica, con liberazione di ADP e di trombossano A2,
portando alla trombosi.

Altri effetti collaterali sono:

• emorragie;

• necrosi cutanea;

• osteoporosi.

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Inibitori diretti della trombina


• Lepidurina
• Bivalirudina
• Argatroban
• Dabigatran

Meccanismo d’azione
Gli inibitori diretti della trombina sono dei polipeptidi in grado di inibire la trombina in modo irreversibile, alcuni
di questi legandosi a questa in corrispondenza del suo sito catalitico e di un ulteriore sito (lepidurina,
bivalidurina), altre soltanto al sito catalitico (argatroban, dabigatran).

La trombina svolge un ruolo centrale nel processo


trombotico, in quanto agisce scindendo il fibrinogeno in
monomeri di fibrina, e attivando la conversione del fattore XIII
in XIIIa. Pertanto permette alla fibrina di polimerizzare e di
formare una rete con legami crociati, stabilizzano il trombo.

Inoltre la trombina è responsabile del meccanismo di


amplificazione del sistema di congaulazione, per azione sui
fattori della coagulazione XI, VIII e V.

I fattori VIII e V poi stimolano l’aggregazione delle piastrine.

Quindi gli inibitori diretti della trombina prevengono gli effetti


della trombina.

Impieghi clinici
Gli inibitori diretti della trombina vengono utilizzati nei soggetti affetti da trombocitopenia indotta da eparina.

Inibitori del fattore Xa


• Fondaparinux
• Idraparinux
• Rivaroxaban
• Danaparoid
Il fattore Xa è il primo fattore della via comune. Esso, grazie al Ca2+ e ai fosfolipidi, converte la protrombina in
trombina o fattore IIa, e il fattore XIII in XIIIa.

Gli inibitori del fattore Xa sono meno potenti e più maneggevoli degli inibitori diretti della trombina.

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Analoghi della proteina C attivata


• Drotrecogin α

Meccanismo d’azione
Il drotrecogin α è un analogo glicoproteico ricombinante della
proteina C attivata naturale.

La proteina C attivata gioca un ruolo critico nel processo della


coagulazione: riduce la formazione di trombina disattivando i fattori
della coagulazione Va e VIIIa, e stimola la fibrinolisi.

Impieghi clinici
Trattamento di sepsi grave, durante la quale si ha l’interazione tra il processo infiammatorio sistemico e la
risposta pro-coagulativa nei confronti di un’infezione.

Effetti collaterali
• Emorragie

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