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Lezione n° del 28/10/2021

Sbobinatori: Alessandro La Torraca, Silvia Zema


Controllore: Laura Pileggi
Docente: Prof. Francesco Azzaroli
Argomenti: fegato, via biliare, pancreas

BILE

Composizione, funzioni e produzione della bile


La bile è fondamentale per la vita, ha una composizione per lo più acquosa (95%), ma contiene anche
elettroliti, proteine, colesterolo, fosfolipidi (lecitina o fosfatidilcolina) e sali biliari (o acidi biliari).
Le funzioni della bile sono sostanzialmente digestive:
➢ favorire la digestione e l’assorbimento intestinale di: lipidi, sostanze liposolubili e calcio.
Senza la bile l’assorbimento crolla e diventa deficitario;
➢ eliminare dall’organismo sostanze il cui accumulo sarebbe dannoso: tossici, farmaci,
xenobiotici (sostanze non fisiologiche con cui entriamo in contatto). L’organo principe della
metabolizzazione e della detossificazione è il fegato, poi, una volta metabolizzati, vengono
eliminati in buona parte con la secrezione biliare.
I sali biliari hanno diverse funzioni, anche ormonali, sono così importanti da essere fortemente
conservati: infatti il 95% viene recuperato a livello intestinale. I Sali biliari, una volta secreti a livello
luminale con la bile, vengono riassorbiti sia con modalità passiva (passaggio trans-membrana) che con
modalità attiva (tramite proteine di trasporto che legano l’acido, lo portano nell’enterocita) e infine
vengono immessi nel circolo entero-epatico.
Slide: circolo enteroepatico di alcuni suoi componenti (in parte eliminazione fecale ed in parte
riassorbimento per via portale con fini omeostatici, metabolici, immunitari e antiossidanti) di:
- Sali biliari (anche circolo cole-epatico con riassorbimento tramite il plesso arterioso
peribiliare);
- Colesterolo;
- Bilirubina.

➢ Proteggere l’organismo dalle infezioni enteriche mediante l’escrezione di IgA e citochine


infiammatorie.
Produzione:
La bile viene prodotta dagli epatociti e non è ancora quella matura, bensì solo fluida, ricca di acqua e
non concentrata → la sua concentrazione avviene nella colecisti.
La colecisti è un piccolo serbatoio contenente 40-50 ml che, nel periodo di digiuno (tra un pasto e
l’altro) riassorbe l’acqua e concentra la bile. Tale funzione non è banale in quanto attraverso la
concentrazione della bile, mediante il riassorbimento dell’acqua, cambia la concentrazione di sali
biliari, fosfolipidi e colesterolo, tale per cui si mantiene in sospensione il colesterolo stesso. Quando
mangiamo il pasto lo stimolo alla CCK (colecistochinina) favorisce la contrazione della colecisti, il
rilasciamento dello sfintere di Oddi e quindi la secrezione della bile nel lume duodenale.

Il flusso biliare è di circa 600-800 ml/24h (è molto importante da valutare in situazioni particolari in
cui si deve stimare il bilancio elettrolitico in un paziente con un drenaggio biliare esterno → perde
sostanze e acqua e dobbiamo tenere in considerazione di questo quantitativo perso).
Slide:
- 450-600 ml: prodotti dagli epatociti a livello dei canalicoli biliari
frazione canalicolare sale biliare-dipendente
frazione canalicolare sale-biliare-indipendente
- 150-200 ml: prodotti dai colangiociti a livello dei duttuli e dotti biliari (frazione duttulare)
dipendente dalla secrezione di bicarbonati, cloro e acqua
Negli epatociti e nei colangiociti vi sono trasportatori deputati a favorire la secrezione di soluti e di
acqua con conseguente formazione della bile; alterazioni congenite od acquisite di questi
trasportatori provocano malattie colestatiche.
I sali biliari hanno 2 ordini di funzioni:
1) guidare la secrezione biliare: questa è composta al 50% da una secrezione acido biliare-
dipendente (i sali biliari vengono secreti attivamente da proteine e si portano dietro l’acqua), e
l’altro 50% è acido biliare-indipendente;
2) sospensione del colesterolo. I Sali biliari, infatti, sono molecole anfipatiche (hanno un lato
idrofilo e uno idrofobo) e quindi permettono la formazione di micelle con lato interno idrofobo
e lato esterno idrofilo: in questo modo permettono di tenere in sospensione i lipidi, quindi il
colesterolo.
Slide:
Derivano dal metabolismo epatico del colesterolo:
- lipoproteine a bassa densità (LDL);
- lipoproteine ad alta densità (HDL);
- neo-colesterologenesi epatica.
Sono i principali soluti che richiamano acqua nei canalicoli biliari e formano la bile.
Costituiscono le micelle che:
- nella bile solubilizzano il colesterolo impedendone la precipitazione e la formazione dei calcoli
di colesterolo;
- nell’intestino favoriscono l’assorbimento dei lipidi e delle vitamine liposolubili.
Sono sottoposti a pressoché completo (95%) riassorbimento attraverso:
- circolo cole-epatico;
- circolo entero-epatico.

I Sali biliari sono fortemente conservati attraverso:


• circolo entero-epatico. Alcuni sali biliari vengono riassorbiti passivamente in quanto più
idrofobi (potere detergente maggiore) e riescono a passare pia agevolmente attraverso la
membrana. Altri Sali biliari, che sono coniugati ad una molecola di glicina o taurina, hanno
bisogno invece di un trasporto attivo con una molecola di trasporto;
• circolo cole-epatico: riassorbimento da parte dei colangiociti e ritorno agli epatociti tramite il
plesso arterioso peribiliare (circuito molto breve).
Negli ultimi 15/20 anni è stato identificato per gli acidi biliari anche un ruolo ormonale: si legano a
recettori nucleari, in particolare FXR (farnesoid X receptor), che ha un con ruolo centrale in una serie
di processi metabolici, quali la regolazione glucidica, lipidica, sintesi e secrezione degli acidi biliari.
(nds: in merito ai recettori nucleari il prof. dice solo questo)

Slide saltata:
L’eliminazione renale con le urine dei Sali biliari è molto scarsa per due motivi:
- il legame con le proteine del plasma riduce la filtrazione glomerulare;
- il riassorbimento tubulare è altamente efficiente.
Pool circolante dei sali biliari: 2-4 gr.
Sintesi e perdita giornaliera con feci/urine dei sali biliari: 500 mg.
Per ogni pasto il pool dei sali biliari ricircola 3-4 volte.
In 24 ore: 10-15 ricircoli del pool dei sali biliari.
Questa è una rappresentazione grafica della sintesi degli acidi biliari: gli acidi biliari sono captati
dall’intestino e poi tornano al fegato attraverso il sangue portale. A livello intestinale (scoperta degli
ultimi 10 anni), si è visto che gli acidi biliari portati all’interno della cellula ileale determinano la
secrezione di una citochina (FGF19, Fibroblast Growth Factor-19) (enterormone) che torna al fegato
e blocca l’enzima chiave della produzione degli acidi biliari, CYP7A (citocromo 7α-idrossilasi) →
quindi vi è una regolazione a feedback negativo nella secrezione degli acidi biliari.
Dietro la loro secrezione ci sono molti enzimi, fattori, scambiatori di membrana. (nds: il prof. afferma
che non va saputa ai fini dell’esame).

Metabolismo della bilirubina


La bilirubina è il prodotto del catabolismo
del gruppo eme, di cui:
- 80% deriva dal catabolismo dei globuli
rossi;
- 20% deriva dalla eritropoiesi inefficace.
Dal catabolismo del gruppo eme si forma
biliverdina, ferro e cobalamina. La
biliverdina viene ridotta e trasformata in
bilirubina.
La bilirubina non è idrofila e come tale a
livello epatico viene coniugata con acido
glucuronico per renderla idrosolubile e
permetterne la presenza in sospensione in
acqua per poi essere eliminata.
Quando la bilirubina viene coniugata con 2 molecole di acido glucuronico viene detta DIRETTA.
La bilirubina INDIRETTA è la forma non coniugata oppure coniugata con una singola molecola di
acido glucoronico.
La bilirubina totale è la somma della diretta + indiretta.
Nel fegato la bilirubina viene trasportata da proteine e portata alla membrana canalicolare dove c’è una
molecola di trasporto, MRP2, che trasporta preferenzialmente la bilirubina secernendola all’interno
delle vie biliari e quindi della bile stessa.

Slide saltata:
Il circolo enteroepatico della bilirubina
Dati recenti suggeriscono che la circolazione enteroepatica della bilirubina potrebbe esercitare effetti
metabolici benefici e aumentare lo stato antiossidante e la risposta immunitaria.
Condizioni che riducono lievemente l’attività di UGT1A1, come la sindrome di Gilbert (variante
genetica benigna) o l’ittero fisiologico neonatale proteggono da diverse malattie metaboliche,
infettive, allergiche tumorali.

CALCOLI BILIARI
La litiasi delle vie biliari rappresenta quel processo patologico che porta alla formazione di calcoli
all’interno delle vie biliari.

Nell’immagine si può vedere:


• calcoli BIANCHI (o gialli) (a sinistra): sono formati da colesterolo. Sono tra i pochi, se non
unici, tipi di calcoli che possono essere affrontati, quando giovani, con terapia medica;
• calcoli BRUNI (al centro): fanno parte dei calcoli pigmentari, insieme ai calcoli neri. Sono
spesso legati a fenomeni di tipo infettivo: batteri o altri microbi che entrano all’interno del lume
delle vie biliari e nella bile e possono, tramite enzimi secreti dagli stessi microbi, portare alla
liberazione di acidi grassi palmitati che si legano al colesterolo e alla bilirubina e formare
complessi che rendono ragione del processo di litiasi;
• calcoli NERI (a destra): sono collegati alla precipitazione della bilirubina. Sono composti
soprattutto da bilirubinato di calcio o da composti formati da bilirubina. Tendono ad essere
numerosi e piccoli.

Fattori di rischio
• Fattori dietetici: obesità,
sovrappeso che a loro volta si
associano a diete ipercaloriche, ad
alto contenuto di carboidrati
raffinati (dolci soprattutto, zuccheri
o ricche di carboidrati), a basso
contenuto di fibre. Si può associare
anche a ripetute e rapide perdite di
peso. Nel passato si è visto che nelle
diete fortemente ipocaloriche
prescritte 25 anni fa (sotto 800-500
calorie) (prescritte a pz obesi e sovrappeso): i soggetti perdevano peso rapidamente ma erano
fortemente soggetti alla formazione di calcoli. Questa è una cosa da tenere presente soprattutto
nei pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica o ad una dieta molto drastica, tale per cui si verifica
un rapido calo di peso. Se questo è prevedibile, possiamo prevenire la formazione di calcoli
somministrando acido sodio-desossicolico (ndr: non sono sicura che il nome del farmaco sia
esattamente questo), anche se in Italia il suo utilizzo è off label;
• Dislipidemia: ipertrigliceridemia, correlata ad una alimentazione scorretta o a forme
familiari;
• Fattori ormonali:
- gravidanze: rappresentano un duplice fattore di rischio: (1) alterazione della secrezione
ormonale → aumento di estrogeni e progesterone che presenta ha effetti miorilassanti sulla
muscolatura liscia → impatto sulla motilità di tutto il tratto gastroenterico, compresa la
colecisti, essendo formata da muscolo liscio. (2) Altro aspetto su cui va ad agire la gravidanza,
non sempre, ma soprattutto oggi per l’aumento dell’età media delle gravide, è l’incremento
ponderale di una certa portata, non sempre smaltito tra una gravidanza e l’altra; il peso in più
costituisce un fattore di rischio per la litiasi biliare (gli anglosassoni dicevano che il paziente
emblema della litiasi era: donna, 40enne, sovrappeso);
- contraccettivi orali, anche se le forme moderne hanno un dosaggio inferiore rispetto ai
precedenti;
- terapia di rimpiazzo con estrogeni.
• Stili di vita: sedentarietà;
• Farmaci: octreotide è l’emblema del farmaco che causa litiasi. L’acromegalico è stato a lungo
un modello di studio e si è visto che l’octreotide, utilizzata per questi soggetti, rallentava molto
il transito intestinale, compreso quello del colon, e questo si associava a una alterazione della
composizione biliare con deposizione di colesterolo e formazione del calcolo. Altro farmaco
rilevante è il ceftriaxone (cefalosporina utilizzata per via iniettiva) che può precipitare
all’interno della bile → quindi non si parla di precipitazione di colesterolo, bensì di cristalli di
farmaco, e può favorire così un processo di nucleazione e di formazione del calcolo attorno a
questi cristalli precipitati.
[integrazione da internet: Dall'1,4% al 7,8% dei bambini trattati con ceftriaxone ha una litiasi renale
ecograficamente evidente entro 7 giorni dall'inizio della terapia. 6-8 La maggior parte resta
asintomatica, ma alcuni bambini possono avere ematuria, anuria, iperazotemia e sintomi di una colica
renale].

Forest Plot degli studi dimostranti l’associazione tra malattia litiasica e NAFL

Si propone uno studio sull’associazione tra la malattia litiasica e il fegato grasso (NAFL, Non-
Alcoholic Fatty Liver) e si è visto che il comune denominatore è il metabolismo: questo è servito per
sospettare nel paziente con calcoli che sotto ci possa essere un problema metabolico. Se non è stata già
fatta un’indagine metabolica è bene fare una valutazione del fegato e del metabolismo glucidico.

Fattori associati alla colelitiasi:


• Sesso femminile;
• Età: è fondamentale anche come fattore di insorgenza, infatti nella popolazione anziana la
prevalenza della malattia litiasica arriva anche a punte di poco sotto il 15%);
• Familiarità;
• N° di gravidanze;
• BMI > 8/obesità;
• Ipertrigliceridemia;
• Diabete mellito;
• Ipertensione;
• Resistenza insulinica;
• Bassi livelli sierici di colesterolo;
• Sedentarietà;
• Diete ripetute;
• NAFLD.
Fattori protettivi:
• Attività fisica regolare;
• Dieta ricca di carboidrati complessi;
• Dieta ricca di fibre: la dieta sana e l’attività regolare sono fondamentali nel controllo del peso;
• Modico uso di alcool, considerato non benefico in generale, determina però un’attivazione
enzimatica, in quantità piccole e modeste, che può essere la spiegazione di una migliore
gestione dei lipidi, mantenendoli in sospensione e sfavorendo la loro deposizione;
• Modico uso di caffè: il caffè è ricco di polifenoli, antiossidanti che fanno bene al fegato grasso
(riduce la progressione della malattia, riduce la progressione della fibrosi) (spesso ai pazienti
epatopatici viene consigliato di bere 2-3 tazzine di caffè); inoltre, la caffeina stimola l’attività
muscolare liscia intestinale, soprattutto del retto-sigma, infatti, bevendo il caffè è molto
frequente l’associazione caffè-evacuazione.

Epidemiologia
La differenza tra uomo e donna è abbastanza evidente (dovuto per lo più al discorso ormonale
precedentemente affrontato).
Prevalenza:
- Femmine 18,9%;
- Maschi 9,5%.
Incidenza: media 0,67 casi/100/anno; M:F = 0,81 casi/100/anno.
È presente una relazione lineare tra progressione dell’età e prevalenza della litiasi in entrambi i sessi.

Inoltre, sappiamo che esiste una


predisposizione genetica: la
prevalenza è altissima tra gli indiani
d’America (64-73%) e del Canada
(62%), così come anche i messicani
(27%) e i maori (29%). Da questo si
deduce che ci sono delle
popolazioni portatrici
geneticamente di geni che facilitano
la secrezione di colesterolo nella
bile aumentandone la
concentrazione e quindi fenomeni
di litiasi. L’Italia si attesta sui dati
precedentemente visti per uomini e donne (circa 14%), il Nord Europa leggermente più elevato.

Patofisiologia della formazione dei calcoli


di colesterolo

Momenti fondamentali nella formazione dei calcoli di


colesterolo:
• supersaturazione di colesterolo;
• nucleazione;
• crescita.
Questi sono 3 momenti diversi, il primo sicuramente è
la sovrasaturazione del colesterolo, cioè l’alterazione
degli equilibri a livello biliare che facilita la
nucleazione, a sua volta facilitata da alcuni fattori che
ora vedremo e infine la crescita, condizionata in parte
dalla motilità della colecisti.
Riguardo la supersaturazione: questi
sono due studi (1981, a destra, e 2019,
a sinistra), che pur essendo svolti a
distanza di quasi 40 anni l’uno
dall’altro ci dicono sostanzialmente la
stessa cosa → (GSF sono i pazienti
senza litiasi e GS sono i pazienti con
litiasi) osservando il 2019, viene
replicato il dato del 1981, i pazienti
con calcoli hanno più colesterolo nella
bile rispetto ai pazienti che non hanno
calcoli; si vede anche che c’è una
differenza tra gli acidi biliari, questa sembra non importante, ma se riportata ai grandi numeri assume
una grande significatività.

Altro ruolo fondamentale viene espresso dalla iperproduzione di muco: viene prodotto in tutte le
mucose, ovviamente anche da quella intestinale, ma se è troppo ci sarà un problema.
Questo a fianco è uno studio condotto da Carey, uno dei massimi esperti di litiasi biliare (1981), in cui
sono stati studiati i cani della prateria: questi sono stati messi in dieta litogenica, per favorire la
formazione di calcoli, e quello che è stato osservato è che col progredire dei giorni (la colecisti veniva
prelevata e studiata), c’era un incremento progressivo dei cani messi in dieta litogenica di produzione
di muco con precipitazione di cristalli di colesterolo all’interno del muco, e quindi veniva dimostrata
per la prima volta che l’ipersecrezione di muco era fondamentale per la formazione della litiasi biliare
e che questa era stimolata dalla dieta litogenica (una dieta ricca di carboidrati o di grassi saturi).
Altro studio fondamentale, in cui si mostrano pazienti in bianco (senza calcoli) e in grigio (con calcoli):
si vede che nella bile le differenze di immunoglobuline e di attività di enzimi (aminopeptidasi,
aptoglobina, α1-glicoproteinasi) facilitano la precipitazione del calcolo → disequilibrio tra fattori anti
e pro-nucleanti: tra quelli che mantengono in sospensione il colesterolo e quelli che ne facilitano la
precipitazione.
Ritornando allo schema iniziale, vediamo anche i fosfolipidi e gli
acidi biliari: il caso dei fosfolipidi è molto interessante → negli anni
90’ in Francia è stata descritta un’intera famiglia in cui tutta la linea
femminile aveva i calcoli, colestasi in gravidanza, alterazione della
gamma-GT e calcolosi intraepatica. Sono stati studiati i geni, e in
questa famiglia si è vista un’alterazione dei polimorfismi del gene
MDR3 (trasportatore di fosfolipidi localizzati sulla membrana
canalicolare dei colangiociti) e che è stato visto difettoso in bambini
che avevano una colestasi intraepatica familiare, caratterizzata da
un’elevazione della gamma-GT. Quindi, questa alterazione genetica
correlava a questa entità patologica; il punto in comune era una riduzione dei fosfolipidi nella bile,
quindi veniva meno uno dei fattori importanti per mantenere l’integrità della micella (formata da sali
biliari, fosfolipidi e colesterolo)→ Quando viene meno l’integrità della micella, anche i sali biliari sono
più liberi e possono essere più detergenti con irritazione delle pareti delle vie biliari e quindi della
mucosa.
Oltre all’eccesso quindi del colesterolo, anche una carenza degli altri soluti, che contribuiscono
a mantenere in sospensione il colesterolo, può favorire il processo patologico di litiasi (carenza
di fosfolipidi o acidi biliari).

Altro elemento fondamentale è


la motilità della cistifellea, in
merito a questo viene riportato a
fianco uno studio molto
importante del 1999, scuola
bolognese. È stato dimostrato
che, una volta avvenuta la
nucleazione, nel tempo cresce di
dimensioni, favorito da alcuni
fattori e la motilità della
cistifellea è uno dei principali.
Un’alterazione della motilità
colecisti, che quindi svuota non ottimamente e porta ad una riduzione del “ricambio’’ della bile nella
colecisti stessa, e quindi i cristalli che sono precipitati è più facile che vadano incontro ad un processo
di litiasi.
Altro lavoro della scuola
bolognese, sempre ad opera
dell’equipe del professore,
ha dimostrato come
(facendo un parallelismo
con l’octreotide) anche
un’alterazione della
motilità e del transito
intestinale portava alla
alterazione della
composizione biliare, in
special modo nella presenza
di acido desossicolico,
acido secondario, e favoriva la formazione del calcolo.

Nds: Il prof scorre le seguenti due slides senza commentare.

Riassunto.
Per la formazione dei calcoli biliari, i fattori fondamentali sono:
- sovrasaturazione di colesterolo, che può dipendere dall’eccesso di secrezione o da un deficit
relativo di fosfolipidi e sali biliari che determinano una sovrasaturazione di colesterolo;
- disequilibrio tra i fattori pro e anti-nucleanti;
- stasi biliare: alterazione della motilità colecistica che può favorire la crescita del calcolo. In
alcuni frangenti anche l’alterazione della motilità intestinale.
Si parla molto oggi di
disbiosi intestinale e
microbiota. Soggetti con
calcoli hanno spesso e
volentieri anche delle
alterazioni a carico
proprio della flora
intestinale. Un
microbiota che è in
grado di intervenire sulla
formazione degli acidi
biliari. Circa 20 anni fa
era stato dimostrato che
alcuni ceppi intestinali
erano produttori di 7α-idrossilasi, e potevano intervenire sul metabolismo degli acidi biliari secondari
e cambiare il profilo della composizione degli acidi biliari e interferire anche sulla sintesi degli acidi
biliari.

I calcoli biliari di colesterolo della colecisti: la storia naturale.

- aumento della saturazione del colesterolo;


- formazione di cristalli;
- formazione dei calcoli;
- nell’arco della vita una minoranza dei soggetti possono sviluppare i sintomi (circa l’1%),
mentre un buon 80% rimane asintomatico.

Condizioni cliniche
Circa l’85% dei pazienti con litiasi della via biliare è asintomatico.
La malattia è indicata dalla colica e dalle possibili complicanze.
Le principali manifestazioni cliniche nei sintomatici sono:
• dolore acuto: con esordio brusco localizzato all’ipocondrio destro/epigastrio; può rimanere
localizzato all’addome anteriore o in alcuni casi anche irradiarsi posteriormente verso la
schiena e la spalla omolaterale. Il dolore raggiunge solitamente un apice nell’arco di circa 30
minuti. Se la colica è semplice (non colica complicata) il dolore regredisce nell’arco di qualche
ora: questo è un dato estremamente utile che permette di effettuare diagnosi differenziale. In
generale conoscere la semeiotica del dolore è fondamentale ed è di grande aiuto nel processo
diagnostico. Spesso il dolore della colica biliare si presenta fra le 2 e le 3 di notte: il paziente si
addormenta e viene, verso quest’orario, svegliato dal dolore acuto (nessuno sa perché
effettivamente questo avvenga). Questa caratteristica pone spesso la litiasi biliare in diagnosi
differenziale con l’ulcera duodenale. È un dolore che costringe al riposo e non scompare alla
defecazione;
• Sintomi vegetativi: come vomito e nausea; si manifestano in generale in presenza di un dolore
molto intenso, sono pertanto sintomi considerati aspecifici, che non permettono di fare diagnosi
ma possono accompagnare il dolore della colica biliare classica.

Esistono fattori scatenanti e fattori allevianti.


Tra i fattori scatenanti è doveroso citare il pasto infatti, tendenzialmente, la colica si manifesta nel
periodo successivo al pasto, sebbene non sia sempre necessariamente così perché potrebbe anche
insorgere a digiuno.
Tra i fattori allevianti (oltre ai farmaci) si annovera il calore, infatti spesso il paziente trova sollievo
mantenendo la zona al caldo.

NON vanno considerati patognomonici i cosiddetti sintomi dispeptici: pesantezza post-prandiale,


gonfiore epigastrico, eruttazioni, intolleranza a grassi/fritti, ecc.
Spesso i pazienti tendono a correlare la presenza di calcoli a questa tipologia di manifestazioni.
Sappiamo che sono sintomi associabili statisticamente alla litiasi, ma non sono legati da un rapporto
di causa-effetto. A volte i pazienti pensano che sottoponendosi a colecistectomia si libereranno dai
sintomi dispeptici, ma questo non è in alcun caso vero, anzi, a volte si rischia addirittura di peggiorare
il quadro.
Quindi, i sintomi dispeptici non possono MAI costituire un’indicazione alla colecistectomia.

Complicanze della litiasi biliare


L’85% dei pazienti (circa 3 su 4) rimane asintomatico per tutta la vita, senza andare incontro a
complicanze, coliche o altri disturbi.
C’è una minima percentuale (1 su 4) che invece può sviluppare delle complicanze, tra le quali le più
frequenti sono:
• colecistite acuta litiasica (0.3-0.4% per anno);
• pancreatite acuta biliare (0,04-1,5 % per anno), che nella sua forma più severa può risultare
anche fatale;
• calcolosi del coledoco (0,1-0,4% per anno);
• colangite (0,3-1,6% per anno).

Colecistite acuta
La colecistite acuta si distingue dalla colica biliare principalmente per le caratteristiche del dolore.
Innanzitutto, si valuta la durata del dolore: la colica è caratterizzata da un dolore acuto che tende a
regredire, nella colecistite invece il dolore è prolungato (non dura solo qualche ora ma ad esempio
tutta la giornata).
Il paziente con colecistite inoltre non ha appetito perché, generalmente, ogni qual volta provi ad
ingerire del cibo lamenta dolore quindi, per difesa, diventa inappetente.
Quello che fa la differenza generalmente è la febbre.
Il paziente, quando insorge il dolore intenso e la febbre, di norma si reca in pronto soccorso, dove viene
fatto l’emocromo, da cui risulterà leucocitosi e innalzamento della PCR, parametri che permettono già
di porre un sospetto clinico di colecistite acuta. Il sospetto viene poi confermato tramite eco FAST o
TC (se non è disponibile l’eco fast).
Nella maggior parte dei casi la colecistite acuta è litiasica, cioè correlata a presenza di calcoli.

Uno dei segni semeiologici fondamentali nel percorso diagnostico è il segno di Murphy, che nella
colecistite acuta risulta positivo.
Il segno di Murphy si effettua ponendo la mano sotto l’arcata costale destra (in corrispondenza del
punto cistico*) e chiedendo al paziente di inspirare; se durante l’inspirazione il paziente lamenta dolore
intenso (tale spesso da interrompere bruscamente l’inspirazione) allora il segno è positivo. Il paziente
può, durante questa manovra, sviluppare anche dei segni di difesa diffusi tipo Blumberg, in questi casi
bisogna ipotizzare che si sia complicata ulteriormente la situazione.
*Il punto cistico è un punto che si trova all’incrocio tra la linea dell’arcata costale e la linea che
congiunge l’ombelico all’ascellare interiore (nds. da semeiotica il punto cistico è definito come quel
punto che nasce dall’intersezione del margine esterno destro del muscolo retto dell’addome con
l’arcata costale destra).
Slide:
Diminuito assorbimento liquidi endoluminali, edema della regione dell’ostruzione (infiammazione
meccanica) formazione di lisolecitina per l’azione delle fosfolipasi (infiammazione chimica)a,
infezione batterica (infiammazione batterica). Addome scarsamente trattabile, resistenza al quadrante
superiore destro (dolore peritoneale dovuto alla stimolazione dei rami anteriori del nervo frenico, che
innerva il peritoneo diaframmatico).
Altri sintomi: vomito e nausea.
Febbricola, raramente ittero (la bilirubina difficilmente supera 4-5 mg/dl).
Colecisti palpabile e arresto respiratorio alla palpazione durante inspirazione profonda per dolore
(segno di Murphy).
Leucocitosi neutrofila (10-15.000 cellule per mm^3), positività agli indici di flogosi (proteina C
reattiva, PCR) e aumento modesto delle transaminasi, della ɣ-glutamiltranspeptidasi e fosfatasi
alcalina.
Nel 60-70% dei pazienti dopo il primo attacco di colecistite acuta la sintomatologia regredisce
spontaneamente.

Idrope
L’idrope è un quadro più particolare, che identifica una distensione della colecisti. Per definire questa
condizione ci si basa su due parametri: il diametro longitudinale e quello trasversale della colecisti. Per
parlare di idrope, infatti, il diametro longitudinale deve superare i 10 cm e quello trasversale i 5 cm; se
non si superano questi valori, non possiamo parlare di idrope della colecisti.
L’idrope generalmente determina un ostacolo all’efflusso della bile.
Nella valutazione delle dimensioni della colecisti bisogna sempre considerare che, come per gli altri
organi, esiste una certa variabilità individuale.
Slide: idrope (mucocele)
Spesso asintomatica, ma i pazienti avvertono una dolenzia a carico del quadrante di destra; la colecisti
è palpabile come una massa che si può estendere fino alla fossa iliaca.

Empiema
L’empiema è caratterizzato da una rilevante infezione della bile all’interno della colecisti.
A volte, tramite ecografia, si possono apprezzare all’interno della colecisti delle bolle d’aria, prodotte
dai batteri (condizioni che fortunatamente non si evidenziano più così spesso ormai).
Questo quadro può evolvere in colecistite enfisematosa e gangrena della parete che, a sua volta, può
determinare perforazione della colecisti stessa. Se si perfora la parete, la bile, qualora non venga
tamponata dal fegato, può raggiungere la cavità peritoneale e causare la cosiddetta peritonite biliare.
Questa condizione peggiorerà ulteriormente determinando una rilevante difesa dell’addome nel
paziente e il Blumberg risulterà francamente positivo.
Slide:
Quadro clinico tipico della sepsi con febbre alta, brividi scuotenti, intenso dolore all’ipocondrio
destro, leucocitosi neutrofila, elevazione degli indici di flogosi, prostrazione.

Slide:
Colecistite enfisematosa
Esordio come colecistite acuta (litiasica o alitiasica); infezione sostenuta da batteri gas-produttori
(Clostridium welkii o perfrigens ed Escherichia coli), complicata da ischemia o gangrena della parete
colecistica. Favoriscono questa complicanza condizioni cliniche quali il diabete, la vasculite, la
torsione della colecisti con occlusione arteriosa.

Gangrena della colecisti


Predisposizione alla perforazione dell’organo e può insorgere comunque su una colecistite acuta
senza sintomi premonitori.

Ileo biliare
L’infiammazione cronica della colecisti (generalmente causata da un calcolo) può portare ad erosione
progressiva della parete, determinando un accollamento della colecisti agli organi vicini. Ricordando
che medialmente alla colecisti si trova il duodeno e inferiormente l’intestino e colon, possono
verificarsi principalmente due eventi:
1) si crea una fistola tra il fondo della colecisti e il colon: la connessione favorisce il passaggio
della bile direttamente nel lume del colon. In questo caso si avrà essenzialmente un
malassorbimento, perché la bile non entrerà più nel duodeno, ma si dirigerà preferenzialmente
nel colon e il paziente manifesterà diarrea e calo ponderale;
2) Si crea una fistola con il duodeno; nel caso in cui il calcolo migri dalla colecisti verso il
duodeno e riesca a raggiungere il colon, il paziente probabilmente neanche se ne accorgerà. Se
però il calcolo, fuoriuscito dalla colecisti, si va a localizzare a livello della valvola ileocecale,
il paziente andrà incontro ad un’occlusione intestinale, quadro che determina la necessità di un
intervento di rimozione del calcolo (una decina di anni fa è stato brillantemente risolto il
problema dell’occlusione, senza ricorso alla chirurgia, utilizzando la litotrissia extracorporea,
che si basa sulla frantumazione del calcolo dall’esterno tramite onde d’urto).

Pancreatite acuta biliare


Precedentemente è stato detto che una delle complicanze della litiasi è la pancreatite acuta biliare e/o
la colangite; affinché queste complicanze si verifichino è necessario che il calcolo esca dalla colecisti
e migri nel coledoco per poi collocarsi nella papilla di Vater.
Se il calcolo determina un’ostruzione completa con assenza di efflusso della bile nel duodeno, si avrà
ristagno di bile a monte e rischio di infezione.
Questo di solito è un evento molto grave perché può portare a sepsi e richiede pertanto un intervento
rapido (entro comunque 72h).
La pancreatite acuta può manifestarsi in maniera grave nel 12% dei casi di pancreatite acuta biliare, e
ha una mortalità del 2%. È una condizione che non deve essere sottovalutata e viene considerata una
complicanza temibile della litiasi biliare.
Slide: 74/100.000 ammissioni ospedaliere per PA: litiasi biliare (71,4%), idiopatica (12%), post-
ERCP (6,6%) e alcool (5,5%).
La pancreatite biliare si distribuisce equamente tra maschi e femmine.
Gravità: lieve nel 61,1%, moderatamente grave nel 26,7% e grave nel 12,2%.
Cancro della colecisti
Alcuni studi dimostrano un rischio di sviluppo di cancro della colecisti correlato alla presenza di
calcoli. Inoltre, il rischio sembrerebbe in parte legato alla dimensione del calcolo, cioè più grande è il
calcolo, maggiore è il rischio. In particolare, la presenza calcoli di dimensioni superiori a 3 cm
costituisce un importante fattore di rischio per lo sviluppo di cancro, per cui sussiste indicazione
chirurgica. Altro fattore di rischio, praticamente certo, è la colecisti a porcellana. Il paziente in cui è
stata riscontrata la colecisti a porcellana deve sempre essere mandato dal chirurgo per effettuare una
colecistectomia profilattica.
La colecisti a porcellana è caratterizzata dalla deposizione di calcio nelle pareti della colecisti, per
cui la diagnosi è principalmente radiologica (tramite lastra o ancora meglio TC, che permette una
visione più dettagliata).

Incidenza globale cancro della colecisti

L’incidenza del cancro alla colecisti è fortunatamente bassa, mediamente inferiore ai 2/100.000
Fattori di rischio per il cancro della colecisti
Il rischio relativo di sviluppo di
cancro può dipendere da alcuni fattori
come:
• diametro del calcolo. Calcoli
più piccoli (sotto i 3cm)
comportano un rischio relativo
di 2 volte/2 volte e mezzo
mentre la presenza di calcoli
più grandi (>3cm) determina
un rischio fino a 10 volte;
quindi, si ha un rilevante
incremento del rischio;
• durata della condizione. È chiaro che avere un calcolo da più di 20 anni, di grandi dimensioni
e che ha avuto più tempo per irritare la colecisti, predispone a un rischio maggiore rispetto
all’avere un calcolo da meno tempo;
• obesità. L’obesità è sempre un fattore di rischio per qualunque tipologia di tumore;
• Infezioni. Tralasciando l’Helicobacter bilis, che ormai non viene più ricercato, bisogna tenere
presente l’infezione da salmonella. Nei soggetti che hanno avuto salmonellosi, può rimanere
un serbatoio di salmonella all’interno della colecisti e determinare un fattore di rischio per il
cancro.

Ricordando ciò che è stato detto all’inizio della lezione riguardo l’associazione tra malattia litiasica e
fegato grasso, che a sua volta è una spia di malattia metabolica; non stupisce quindi più tanto che i
portatori di calcoli biliari sono soggetti per il 40% a maggiore mortalità per malattie cardiovascolari.
Pertanto, bisogna porre molta attenzione, in questi pazienti, a tutti quei fattori legati a dislipidemie e
in generale al sistema cardiovascolare.
Slide:
I portatori di calcoli biliari sono soggetti per:
- Il 30% a maggiore mortalità per qualsiasi causa (HR 1.3, 95%CI 1.1-1.5);
- Il 40% a maggiore mortalità per malattie cardiovascolari (HR aggiustato 1.4, 95% CI 1.2-
1.7);
- Il 30% a maggiore mortalità per cancro (HR aggiustato 1.3, 95% CI 0,98-1,8).

Il primo grafico mostra l’incremento del rischio di mortalità per cancro nei pazienti che hanno subito
colecistectomia.
Indicazioni chirurgiche
Le indicazioni alla colecistectomia sono poche:
- presenza di calcoli di dimensioni superiori a 3 cm. Bisogna però sempre considerare il
rapporto rischio beneficio: se si trova un calcolo di 3 cm in un soggetto piuttosto anziano, il
rapporto non sempre è a favore dell’intervento, potrebbe essere invece a favore di una attenta
osservazione;
- Colica complicata: se la colica è complicata (non parliamo di colica semplice) quindi
accompagnata ad esempio da colecistite, colangite, pancreatite, etc. è sufficiente che si
manifesti un solo episodio di questi per far scattare l’indicazione all’intervento.
Per quanto riguarda la colica semplice, le indicazioni sono più sfumate, non esiste infatti una soglia o
un cut off che valga per tutti. Generalmente ci si orienta in base al numero di eventi verificatisi nel
corso del tempo: una sola colica non è sufficiente per l’indicazione chirurgica. Non ci si basa su un
valore ben preciso ma tendenzialmente si interviene chirurgicamente nel caso in cui si ripetano 3-5
coliche in un anno.
Nella pratica clinica, inoltre, è sempre importante considerare eventuali elementi personali del soggetto
in questione, ad esempio: se un paziente viaggia spesso per lavoro in paesi del terzo mondo, nonostante
non sussista strettamente l’indicazione (magari ha avuto solo una colica) si può pensare di sottoporre
ugualmente il soggetto a colecistectomia, per scongiurare la possibilità che possa incorrere in un
episodio acuto in un paese che non fornisce assistenza sanitaria ottimale.

Sindrome post colecistectomia


Slide: 10% dei soggetti USA colecistectomizzati lamenta sintomi post-colecistectomia; in letteratura
la prevalenza varia tra il 5 ed il 30%.
È fondamentale informare il paziente sulle complicanze prima che venga sottoposto all’intervento.
Innanzitutto, è importante che l’intervento vada bene (in tal caso la dimissione dopo laparoscopia
avviene anche dopo soli tre giorni), se così non fosse invece ci si ritrova davanti ad un quadro spesso
problematico, perché la via biliare è un distretto molto delicato e purtroppo e se non viene trattata con
estrema attenzione si creano facilmente delle cicatrici, degli inginocchiamenti, etc. A seguito di stenosi
cicatriziale, ad esempio, potrebbero verificarsi delle colangiti ripetute, che compromettono
notevolmente la qualità della vita perché comportano l’insorgenza frequente di episodi con febbre a
40°C accompagnata da brivido, terapia antibiotica, ricovero. È essenziale quindi che le indicazioni
siano sempre rigorosamente rispettate.
Ci sono poi delle complicanze considerate più “fisiologiche”, perché sono dovute effettivamente
all’assenza della colecisti. La colecisti di norma provvede alla conservazione e concentrazione della
bile, svuotandosi in seguito al pasto. Il fegato ovviamente, dopo colecistectomia, continuerà comunque
a produrre la bile, che, in assenza della colecisti, fluirà attraverso la papilla di Vater nel duodeno anche
nei periodi di digiuno. In alcuni casi si può avere un calo del riassorbimento, che determina diarrea
da acidi biliari. La diarrea è data dal fatto che al colon arriva una quantità di acidi biliari nettamente
superiore e, se non si riesce a complessare e riassorbire una quota pari al 95%, il soggetto manifesterà
diarrea; si ha un fenomeno essenzialmente identico a quello che si verifica ad esempio dopo
l’assunzione della senna, con la differenza che nella diarrea da acidi biliari il catartico è endogeno.
Fortunatamente questa conseguenza della colecistectomia risponde molto bene alla colestiramina, che
è una resina in grado di assorbire gli acidi biliari sequestrando il catartico e permette così di risolvere
il quadro. L’unico aspetto problematico da considerare è che la resina è poco solubile in acqua ed è un
po’granulosa e deve essere assunta per lunghissimi periodi di tempo, se non per tutta la vita in alcuni
casi. Slide: terapia della diarrea catartica da acidi biliari: colestiramina buste da 3 g. fino a 3 buste
½ ora prima dei pasti (cercare per ogni paziente la dose individuale):
- Resina a scambio anionico;
- Lega anche altre sostanze tra cui vitamine liposolubili e può determinare sindromi carenziali;
- Non indicata in gravidanza (spesso usata per alleviare il prurito della colestasi gravidica);
- Abbassa il colesterolo sierico perché legando gli acidi biliari ne stimola la sintesi a partire dal
colesterolo.
Chi soffriva già da prima di intestino irritabile o di sindrome dispeptica potrebbe manifestare,
dopo la colecistectomia, un peggioramento dei sintomi. Se la bile non va verso il colon ma prosegue
verso l’alto quindi verso lo stomaco, potrebbe irritarne le pareti perché la bile ha un forte potere
detergente (è paragonabile ad un sapone liquido). L’irritazione chimica dello stomaco, che è anche
molto difficile da trattare, determina gastrite da reflusso biliare.

Terapia medica dei calcoli


Si basa sull’acido ursodesossicolico ad un dosaggio di circa 15-20 mg/kg. Ha delle indicazioni
specifiche che nascono sostanzialmente dall’efficacia d’azione; è particolarmente indicato per calcoli
piccoli (dimensioni inferiori a 1cm) di colesterolo (i calcoli di calcio o pigmentati non possono in
alcun modo essere sciolti con acido ursodesossicolico). Inoltre, affinché sia efficace il paziente deve
avere una colecisti dotata di motilità, se si è in presenza di una colecisti sclerotrofica è inutile
somministrare il farmaco. Queste indicazioni fanno sì che pochi pazienti vengano effettivamente
sottoposti a tale terapia litolitica.
L’efficacia di questa terapia nello scioglimento dei calcoli si aggira fra il 60% e l’80% e si raggiunge
generalmente dopo 12 mesi di terapia, è quindi una terapia di lunga durata. L’AIFA prevede la
somministrazione del farmaco per non più di 24 mesi, in ogni caso, qualora si raggiunga l’obiettivo
dello scioglimento del calcolo, la terapia può essere sospesa.

Litiasi del coledoco


La litiasi della via biliare nella maggior parte dei casi (95%) è secondaria alla migrazione del calcolo
nell’albero biliare. Esiste una piccola quota (<5%) di casi in cui la litiasi è da considerarsi primitiva.
L’occlusione della via biliare determina colangite che si manifesta con la triade di Charcot:
1) febbre elevata con brivido scuotente;
2) dolore in ipocondrio destro;
3) ittero.
Se il problema è il calcolo generalmente si procede con una manovra endoscopica (ERCP = colangio-
pancreatografia retrograda endoscopica) con papillo-sfinterotomia (PST) che permette di raggiungere,
con uno strumento endoscopico, la via biliare e con uno sfinterotomo si procede al taglio dello sfintere
di Oddi (il muscolo).
Le due complicanze più frequenti, che si verificano al massimo nel 2% dei casi, sono l’emorragia data
dal sanguinamento della papilla e la perforazione.
Secondo le linee guida la manovra dovrebbe essere effettuata entro le 72h.
Slide saltate:
La litiasi biliare: concetti chiave
La litiasi della colecisti è una condizione ad elevata prevalenza nella popolazione generale (circa
15%) e la sua incidenza complessiva è dello 0,6% all’anno; la forma più frequente (70-80% dei casi)
è colesterolica, che viene oggi considerata una delle espressioni cliniche della sindrome metabolica.
I fattori di rischio della malattia sono: sesso femminile, invecchiamento, eccedenza ponderale/obesità,
storia di diete ripetute e inefficaci, bassi livelli sierici di colesterolo totale, elevati livelli sierici di
trigliceridi, familiarità, numero di gravidanze.
Patologie frequentemente associate sono: diabete, cirrosi epatica, angina pectoris, infarto del
miocardio, ulcera peptica; particolari situazioni cliniche, quali la nutrizione parenterale totale e la
chirurgia bariatrica.
La litiasi della colecisti è frequentemente (80% dei casi) asintomatica o pauci-sintomatica. Il sintomo
specifico della malattia litiasica è la colica biliare. La storia naturale della malattia è benigna e un
trattamento attivo (medico o chirurgico) è richiesto solo nelle forme sintomatiche e/o complicate.
La litiasi della via biliare è quasi sempre secondaria e sintomatica. Richiede pertanto quasi sempre
un trattamento attivo.
L’interrelazione tra litiasi biliare colesterolica (LBC) e NAFLD è complessa e bidirezionale. La
NAFLD è associata ad aumentata prevalenza di LBC, probabilmente perché condividono gli stessi
fattori di rischio.
LBC si associa a NAFLD e ne può influenzare la severità attraverso meccanismi non ancora ben
conosciuti.
Dati recenti suggeriscono che la colecistectomia è un ulteriore fattore di rischio di NAFLD.
Il ruolo degli acidi biliari come molecole chiavi di “signaling” e le nuove funzioni endocrine, di
recente scoperta, della colecisti forniscono una trama meccanicistica per le conoscenze
dell’associazione NAFLD e LBC e le potenziali conseguenze metaboliche della colecistectomia.

Altre patologie della colecisti

Slide:
Colecisti a porcellana
Deposizione di calcio nella parete della colecisti.
Diagnosi: ecografia e radiografia diretta dell’addome.
Utile la colecistectomia profilattica per un maggior rischio di sviluppo di carcinoma della colecisti.

Colesterolosi della colecisti


La colesterolosi della colecisti è una condizione abbastanza frequente e consiste nell’accumulo di
colesterolo (lipidi) nella parete della colecisti, generalmente a livello della sottomucosa. Esistono due
tipologie:
• forma focale, quindi localizzata;
• forma diffusa, che invece coinvolge tutta la parete della colecisti o una parte quale il corpo e
il fondo.
La forma focale ricorda la morfologia di un polipo, infatti all’ecografia si evidenzia una protrusione
della parete della colecisti verso il lume.
L’ecografia non permette di effettuare diagnosi differenziale certa tra e un polipo vero, che può essere
displastico e un polipo di colesterolo. Sappiamo però che il polipo di colesterolo tende ad essere piccolo
(<6-7mm).
Le linee guida prevedono che:
- se il polipo non supera i 10 mm, si procede con l’osservazione ecografica;
- se le dimensioni superano i 10 mm (1cm), allora il paziente viene mandato dal chirurgo per
effettuare una colecistectomia profilattica.
Il polipo di colesterolo è una formazione benigna che non dà particolari conseguenze, mentre il polipo
vero, displastico, può progredire determinando l’insorgenza di cancro della colecisti.
Una delle caratteristiche ecografiche della colesterolosi colecistica è l’iperecogenicità della parete che
diventa più chiara e brillante e possono essere presenti dei caratteristici artefatti, come il riverbero
posteriore a coda di cometa, che è un segno ecografico suggestivo della colesterolosi della colecisti.

Adenomiomatosi della colecisti


L’adenomiomatosi è quadro caratterizzato da una crescita che coinvolge anche la componente
muscolare della parete e interessa quasi sempre solo il fondo della colecisti.
Dal punto di vista ecografico è visibile come una piccola area ecogena, di dimensioni generalmente
inferiori a 1cm, e a volte possono essere presenti degli pseudodiverticoli della parete.
Anche in questo caso, come nella colesterolosi, è indicata sicuramente la sorveglianza ecografica, a
cadenza annuale perché sono stati descritti in letteratura dei casi di adenomiomatosi della colecisti che
hanno progredito in senso neoplastico o comunque casi in cui il cancro ha avuto origine nella medesima
sede dell’adenomiomatosi.
Le indicazioni sono più variabili, alcuni esperti raccomandano colecistectomia profilattica anche in
casi di adenomiomatosi di dimensioni sotto 1 cm, oltre che per i polipi di dimensioni superiori al cm.
Quando non abbiamo dati certi bisognerà considerare anche la volontà e la preferenza del paziente.

Slide:
Colecistopatia alitiasica
Disfunzione della motilità della colecisti in assenza di litiasi.
Si hanno:
- ricorrenti episodi di dolore biliare in assenza di calcoli;
- presenza di anomalie contrattili della colecisti;
- insorgenza della sintomatologia dolorosa dopo infusione di CCK;
- anormalità degli enzimi di citolisi e di colestasi.
La colecistectomia di solito porta alla scomparsa della sintomatologia.

Colecistite acuta alitiasica


Sintomatologia: indistinguibile da quella presente nella colecistite acuta litiasica.
Fattori precipitanti:
- vasculite;
- diabete;
- torsione della colecisti a livello del dotto cistico;
- adenocarcinoma ostruente;
- infezioni batteriche e parassitarie;
- malattie sistemiche;
- traumi o ustioni.

Low phospholipid-associated cholelithiasis (LPAC)


Malattia congenita rara caratterizzata da colelitiasi sintomatica e calcolosi ricorrente della via biliare
per la produzione di bile con basso contenuto di fosfolipidi, con aumento di litogenicità.

Disfunzione dello sfintere di Oddi (SOD)


È una sindrome clinica benigna causata da un’ostruzione funzionale (discinesia) o anatomica
(meccanica).
La disfunzione dello sfintere di Oddi è una condizione piuttosto difficile da diagnosticare. Va citata
perché entra in diagnosi differenziale con la colica biliare semplice.
Tempo fa si effettuava la manometria dell’Oddi, tramite dei sottili cateteri dotati di un palloncino,
grazie a cui era possibile misurare la pressione nello sfintere e conseguentemente la sua motilità.
Quando lo sfintere non funziona in maniera adeguata causa dolore, generato dall’aumento della
pressione endoduttale della via biliare.
Secondo la classificazione di Milwaukee, le disfunzioni possono essere classificate in tre principali
tipologie: SOD 1, SOD 2 e SOD 3 (ma non è richiesto di approfondire queste distinzioni).
L’aspetto sicuramente più importante e complesso riguardo alla disfunzione è la diagnosi.
Il quadro clinico del paziente è caratterizzato principalmente da dolore, identico a quello che si
manifesta nella colica biliare classica (dolore biliare ricorrente della durata da 30 min a parecchie
ore). Più spesso la disfunzione si può trovare in donne che hanno subito una colecistectomia, sebbene
non sia sempre così (slide: più frequentemente colpisce soggetti di sesso femminile di età compresa
tra i 20-50 anni e soggetti colecistectomizzati). Slide: prevalenza stimata: 1,5% nella popolazione
generale.
Ciò che aiuta maggiormente nel processo diagnostico è, in particolare della disfunzione di tipo 1
(SOD1):
1) dolore biliare;
2) alterazione biochimica: aumento degli enzimi della via biliare o del pancreas, come gamma
GT, fosfatasi, amilasi, lipasi;
3) alterazione morfologica del coledoco e/o del dotto di Wirsung (dilatazione).
La positività di questi tre parametri permette di fare diagnosi di disfunzione dello sfintere di Oddi.
La terapia consiste principalmente in una papillo-sfinterotomia, cioè una miotomia dello sfintere.
La SOD è sempre una ipotesi da tenere presente in quei pazienti che manifestano sintomi tipici della
colica biliare ma in cui, ecograficamente, non si riscontra la presenza di calcoli.
Generalmente questi soggetti tendono a fare episodi ripetuti di colica nel corso della vita.

Adenoma/carcinoma della papilla di Vater


Il tumore benigno (adenoma) e maligno (carcinoma) della papilla di Vater sono condizioni
fortunatamente più rare. L’adenoma è più spesso riscontrato negli anziani, mentre il carcinoma è
tendenzialmente associato alla FAP (poliposi adenomatosa familiare).
Se il tumore è ancora in fase iniziale e localizzata si può pensare di effettuare un’asportazione
endoscopica.
Slide: la progressione adenoma-carcinoma è lenta; la recidiva dopo asportazione è molto bassa nella
forma sporadica, mentre è frequente nella FAP.
Il quadro si differenzia rispetto a quello della colica biliare perché esordisce di norma con l’ittero, che
è detto silente, perché non accompagnato da dolore, similmente a quello che si manifesta nel tumore
della testa del pancreas.
L’ittero potrebbe comunque, in alcuni casi, associarsi a dolore e a tutti quei sintomi tipici delle
enteroplasie come calo ponderale e maldigestione.
Slide: spesso il paziente è asintomatico; possono comparire:
- ittero colestatico;
- iperenzinemia pancreatica;
- dolore biliare o pancreatico;
- pancreatite acuta;
- calo ponderale;
- maldigestione;
- positività della ricerca del sangue occulto fecale.
La diagnosi è complessa ma se già dall’ecografia si evidenzia una dilatazione delle vie biliari in
assenza di calcoli, si può iniziare a porre un sospetto. La diagnosi viene poi confermata tramite
visualizzazione diretta con l’endoscopia. Di solito si procede con la gastroscopia classica che permette
comunque di esplorare la papilla, sebbene sia localizzata più lateralmente. Qualora si individui del
tessuto irregolare si potrà approfondire l’indagine con ERCP e/o ecoendoscopia per fare la stadiazione
e poi, se è possibile, si procederà con la resezione, che può essere endoscopica o chirurgica, a seconda
del quadro del paziente.

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