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FISIOPATOLOGIA DEL FEGATO E MALATTIE DEL FEGATO

Il fegato è la più grande ghiandola del corpo umano. E’ organo di colore rosso scuro-bruno, la cui forma
ricorda vagamente un triangolo allungato con angoli smussati e la parte più voluminosa si estende,
internamente, lungo il fianco destro. Il fegato è situato nella parte alta e destra dell'addome, subito al di
sotto del diaframma e localizzato tra quest'ultimo, il colon trasverso e lo stomaco.
Il fegato ha due lobi (o porzioni principali), ciascuno dei quali è ulteriormente suddiviso in otto segmenti.
Ogni segmento ha circa 1.000 lobuli epatici, che rappresentano l'unità funzionale del fegato. Ciascuno di
questi lobuli, è dotato di un piccolo condotto che scorre verso il dotto epatico comune.
Rispetto al resto del corpo, il fegato ha una quantità significativa di sangue che scorre attraverso di esso.
Il fegato avvolto da una capsula fibrosa e rivestito da uno strato di peritoneo viscerale. Sulla faccia
anteriore, vi è il legamento falciforme che separa il lobo sinistro dal lobo destro.
L'organo è costituito da numerose cellule chiamate epatociti. Ogni epatocita vive in media centocinquanta
giorni ed è fortemente irrorato; si calcola infatti che in condizioni di riposo giunga al fegato circa un litro e
mezzo di sangue al minuto.
Nelle cellule epatiche è particolarmente sviluppato il reticolo endoplasmatico liscio, un particolare organulo
cellulare adibito alla sintesi dei lipidi, al metabolismo dei carboidrati e alla detossificazione di scorie
metaboliche e sostanze nocive. Le cellule del fegato sono inoltre ricche di perossisomi, organuli cellulari che
intervengono nella neutralizzazione delle sostanze tossiche.
ll fegato:

• È responsabile della gluconeogenesi, ovvero la formazione del glucosio indispensabile per nutrire
le cellule del corpo umano, in particolare:
o Interviene nel metabolismo dei glucidi fungendo da deposito di glicogeno.
• Produce la bile che serve per emulsionare i grassi, quindi rende possibile il loro assorbimento da
parte dell'intestino;
• Interviene nella sintesi di acidi grassi come forme di deposito delle calorie assunte in eccesso
(all'interno del fegato avviene la sintesi di trigliceridi e colesterolo, fondamentali fonti di energia
per la vita cellulare);
• Distrugge e metabolizza i globuli rossi che hanno esaurito la loro funzione, recuperando
il ferro legato all'emoglobina e creando metaboliti che vengono aggiunti alla bile come pigmenti;
• Produce fattori di coagulazione come il fibrinogeno e la trombina;
• Funziona da deposito di emergenza per la vitamina B12, il ferro e il rame ed interviene nel loro
metabolismo;
• Demolisce e cattura le sostanze tossiche che il nostro corpo può assumere più o meno
accidentalmente (es. alcol etilico e ammoniaca, che viene trasformata in urea, sostanza più
tollerabile per l'organismo). Questa metabolizzazione delle sostanze chimiche viene sfruttata
farmacologicamente per rendere disponibili i principi attivi dei medicinali introdotti nel nostro
corpo. Gioca un ruolo di primo piano nella detossificazione di scorie metaboliche o di tossine
introdotte nell'organismo tramite l'alimentazione, l'inquinamento o i farmaci (rende questi
composti idrosolubili, facilitando l'attività escretoria dal rene);

La bile viene sintetizzata dagli epatociti, accumulata nella cistifellea e, infine, escreta nel lume del duodeno.
La bile è essenziale per la digestione dei grassi e delle vitamine liposolubili (A-D-E-K). Dopo essere stata
prodotta dal fegato, viene convogliata nella cistifellea o colecisti, dove viene raccolta e concentrata per poi
essere riversata, al momento opportuno (quando i cibi passano dallo stomaco all'intestino), nel duodeno.

Le funzioni principali del fegato sono, riassumendo:


- Processazione di amminoacidi, lipidi, carboidrati, vitamine assorbiti con la dieta;
- Sintesi delle proteine sieriche (in particolare delle lipoproteine);
- Detossificazione e secrezione nella bile di prodotti tossici endogeni ed ambientali (xenobiotici).

La struttura epatica ha una vascolarizzazione particolare derivata dal sistema portale; il piccolo intestino
assorbe i prodotti della digestione e li elimina attraverso un sistema venoso, il sistema venoso converge
nella vena porta che va al fegato e si ramifica all’interno del suo parenchima partendo dall’ilo epatico:
questa ramificazione delle vene all’interno dell’unità strutturale del tessuto epatico, ovvero il lobulo
epatico, dà luogo al sistema delle vene centro-lobulari le quali convergono nelle vene sovra-epatiche e
queste convergono poi verso la vena cava inferiore (segmento terminale della circolazione venosa). La vena
cava inferiore e quella superiore sboccano nell’atrio destro e il ritorno venoso viene garantito a livello
cardiaco da parte di questi due grossi vasi venosi. La peculiarità è che il sistema portale nella sua
ramificazione è accompagnato da un altro sistema. Un lobulo epatico ha una geometria esagonale e
presenta sulla sua superficie una serie di fori che sottendono anche l’afferenza di sistemi vascolari diversi;
nell’angolo di un lato della struttura esagonale, nello spazio portale si ha la ramificazione della vena portale
che vi arriva ma anche altre strutture vascolari riferite all’arteria epatica, che deriva dalla ramificazione
dell’aorta addominale preceduta dalle arterie iliache interna ed esterna, che entra insieme alla vena portale
e si ramifica: all’interno di queste sinusoidi (vasi che separano un lobulo dall’altro) si trova un sangue misto
ovvero un sangue che ha una derivazione arteriosa e una derivazione venosa; accanto a questi due vasi c’è
il sistema del trasporto biliare che è un altro sistema autonomo deputato all’escrezione dei prodotti di
metabolismo degli eritrociti (bilirubina, eccesso del colesterolo). Il lobulo epatico ha una struttura
triangolare che è una sotto-unità del lobo epatico che ha una struttura esagonale, ai vertici di questo
esagono si trova lo spazio portale in cui convergono una ramificazione della vena porta, l’arteria epatica e il
canalicolo biliare. La vena epatica che è una ramificazione della vena portale si ramifica e afferisce ai vari
sinusoidi i quali si frappongono tra i diversi cordoni di epatociti e poi convergono nella vena centro-lobulare
la quale porta il sangue a livello delle vene sovra-epatiche e queste afferiscono alla vena cava inferiore.
LA BILIRUBINA
La BILIRUBINA è un pigmento biliare di colore giallo-arancione, un metabolita di rifiuto derivante
dal catabolismo dei globuli rossi invecchiati.
Gli eritrociti (globuli rossi) vivono in media 110-130 giorni, al termine dei quali possono andare incontro a
rottura spontanea mentre tentano di passare nei capillari o essere intercettati e distrutti
dai macrofagi della milza. In entrambi i casi, l'organismo non può permettersi il lusso di sprecare alcuni dei
loro costituenti, primo tra tutti il ferro contenuto nel gruppo prostetico EME (che rappresenta il
cuore legante l'ossigeno dell'emoglobina). Le operazioni di riciclo avvengono soprattutto a livello della
milza, dove le molecole di rifiuto sono inglobate in un pigmento di colore verde, chiamato BILIVERDINA,
prontamente convertito in bilirubina. La bilirubina, di colore giallo-arancione e non riutilizzabile, dev'essere
eliminata; per fare ciò, l'organismo deve prima di tutto farle acquisire solubilità in acqua; per questo motivo
viene trasportata nel torrente ematico da un carrier specifico, in questo caso l'albumina.
L'albumina plasmatica veicola la bilirubina sino al fegato, che contribuisce a renderla idrosolubile
coniugandola con l'acido glucoronico e trasformandola in bilirubina diglucuronide, nota anche
come bilirubina diretta o come bilirubina coniugata. Si parla invece di bilirubina indiretta per indicare la
quota di bilirubina che dev'essere ancora processata dal fegato.
Quindi, riassumendo:
La bilirubina è una sostanza che deriva dalla degradazione dell'emoglobina, più in particolare dalla
conversione del gruppo prostetico EME in essa contenuto.
• La maggior parte della bilirubina (85%) deriva dal normale processo di distruzione dei globuli
rossi esausti. Queste cellule hanno una vita di circa 120 giorni: dapprima vengono degradate
dalla milza e sono inglobate nella biliverdina, poi i residui sono trasportati a livello epatico per
essere metabolizzati.
• La rimanente parte della bilirubina proviene, invece, dal midollo osseo o dal fegato.
In condizioni normali, tutta la bilirubina che origina dall'emoglobina viene eliminata mediante un
meccanismo che solitamente si trova in equilibrio: ciò che viene prodotto, è anche processato per essere
degradato. Tuttavia, se si nota un colorito giallastro della pelle e degli occhi, ci troviamo difronte a una
condizione clinica - causata dalla bilirubina alta in circolo (iperbilirubinemia) - detta ittero, in cui la pelle si
presenta di colore giallognolo.

L'esame della bilirubina ne misura la concentrazione nel sangue per valutare la funzionalità epatica o per
diagnosticare l'anemia causata dal danno o degrado dei globuli rossi (anemia emolitica).

La bilirubina non coniugata, non essendo idrosolubile, non può essere filtrata dal rene, quindi non si ritrova
nelle urine. Tuttavia per la sua elevata liposolubilità, una volta scorporata dall'albumina, può facilmente
penetrare nei tessuti.
METABOLISMO DELL’EMOGLOBINA A LIVELLO EPATICO
(METABOLISMO BILIRUBINA)
Una delle principali funzioni del fegato è l’azione emocateretica, cioè il metabolismo dei prodotti residuali
degli eritrociti senescenti che vengono eliminati insieme all’emoglobina la quale, attraverso
l’emoossigenasi, viene convertita a livello del reticolo endoplasmatico delle cellule in biliverdina e
attraverso l’enzima biliverdina reduttasi viene trasformata in bilirubina. In seguito, la bilirubina ha
un’altra processazione epatica: attraverso l’enzima bilirubina uridin-difosfo-glucoronosil transferasi (UGT)
viene coniugata a livello del RE dell’epatocita con l’acido glucuronico. La bilirubina che deriva dal
metabolismo di questo pigmento da parte della milza (emuntorio splenico) non è idrosolubile e per
circolare nel plasma deve legarsi all’albumina quindi una frazione sarà legata all’albumina e un’altra sarà
libera; l’emoglobina non coniugata con l’acido glucuronico, non sottoposta a questa attività di
processazione epatica è definita bilirubina indiretta mentre la bilirubina sottoposta a questo processo è
detta bilirubina diretta. Un aumento della bilirubina costituisce un danno per l’organismo in quanto il
trasporto della bilirubina non è un trasporto che può accogliere anche le quantità in eccesso circolanti,
invece, la quota di bilirubina in eccesso che non può essere neanche accolta dall’epatocita per essere
coniugata e processata va nei tessuti, si accumula, ha effetto tossico, dà un colorito tipicamente giallastro a
livello della sclera orbitale, sulla cute del volto, la pigmentazione aumenta in modo patologico e si ha
l’ittero.

ITTERO
Per ittero si intende la colorazione giallastra ed uniforme che la cute, le sclere ed altri tessuti assumono in
risposta ad un innalzamento patologico dei valori ematici di bilirubina. Essa è inoltre secreta con la bile
nell’intestino, dove è in parte riassorbita dal circolo enteroepatico e in parte viene eliminata ed è
responsabile del colore delle feci: la parte riassorbita è escreta con le urine (responsabile del colore delle
urine) sotto forma di urobilinogeno. Abbiamo:

- Ittero pre-epatico (primo tipo);


- Bilirubina non coniugata → non c’è coniugazione con acido Glucuronico;
- Bilirubina coniugata → coniugazione con acido glucuronico attraverso UGT;

Classificazione dell’ittero:
- Ittero pre-epatico: aumento di bilirubina non coniugata (indiretta) → eccessiva produzione di bilirubina:
anemie emolitiche;

- Ittero post-epatico: aumento di bilirubina coniugata (diretta) → ostruzione delle vie biliari;

- Epatiti virali: prevalentemente bilirubina coniugata ma anche non coniugata;

Ittero emolitico o pre-epatico (con iperbilirubinemia non coniugata o indiretta)


È dovuto a un'aumentata produzione di bilirubina e/o a un'impossibilità da parte del fegato di effettuare
il processo di coniugazione con acido glucuronico.
Ittero colestatico o post-epatico (con iperbilirubinemia coniugata o diretta)
È dovuto a colestasi, condizione in cui la bilirubina viene normalmente prodotta, va a costituire la bile, ma
questa incontra un ostacolo e non può percorrere il normale tragitto che la porterebbe nell'intestino e
quindi a essere eliminata con le feci.
Questo porta ad altri sintomi e segni che coesistono in questi tipi di ittero:

• urine color marsala (o color Coca-Cola); questo è dovuto al fatto che la bilirubina diretta,
essendo idrosolubile (a differenza di quella indiretta), una volta in circolo può essere eliminata
con le urine, conferendogli il caratteristico colore;
• feci ipocoliche o acoliche. Dovute al fatto che il colore delle feci è normalmente dato proprio
dai pigmenti biliari, che in questa situazione non raggiungono l'intestino;
• prurito. Infatti nella bile sono presenti anche i sali biliari, che quando vanno in circolo tendono
a depositarsi a livello cutaneo, dando appunto un intenso prurito.
La cause di ittero colestatico di gran lunga più frequente è la calcolosi della colecisti, quando un calcolo si
incunea nel dotto biliare causa un ostacolo al deflusso della bile, e quindi ittero.

Ittero neonatale
L'ittero neonatale solitamente viene considerato fisiologico ed è causato da aumentata emocateresi,
ovvero distruzione di emazie, tale da non essere supportato dalle capacità epatiche, essendo il fegato
ancora immaturo. I livelli di bilirubina solitamente si assestano senza alcun intervento. I neonati con l'ittero
neonatale vengono trattati con l'esposizione a una intensa luce blu (fototerapia).

COLESTASI
Più che malattia vera e propria, la colestasi è una condizione associata a svariate patologie, accumunate
dalla riduzione o dall’arresto del flusso biliare. (La bile è un fluido digestivo prodotto dal fegato).

Nella colestasi, il flusso di bile è compromesso in uno qualsiasi dei punti di passaggio tra le cellule
epatiche (che producono la bile) e il duodeno (primo tratto dell’intestino tenue). Quando il flusso della
bile viene arrestato, il pigmento bilirubina (un prodotto di scarto che si forma quando i globuli rossi
vecchi o danneggiati vengono distrutti) si riversa nel flusso sanguigno e si accumula. Normalmente, la
bilirubina si lega alla bile nel fegato, si sposta nei dotti biliari fino al tratto digerente e viene eliminata
dall’organismo.

Le cause della colestasi sono di due tipi: le patologie che originano all’interno del fegato (intraepatiche)
e quelle che originano all’esterno del fegato (extraepatiche).

Cause intraepatiche
Le cause comprendono: epatite acuta, epatopatia correlata all’alcol, cirrosi dovuta a epatite virale B o C.

Cause extraepatiche
Le cause comprendono: calcolo in un dotto biliare, restringimento (stenosi) di un dotto biliare, tumore di
un dotto biliare, tumore del pancreas e infiammazione del pancreas (pancreatite).
STEATOSI
La steatosi epatica (fegato grasso) è un accumulo anomalo di alcuni grassi (trigliceridi) nelle cellule
epatiche. Le persone affette da steatosi epatica si sentono affaticate o hanno un leggero malessere
addominale, ma non presentano altri sintomi.

Talvolta, la steatosi epatica in stadio avanzato è all’origine di malattie del fegato più gravi come fibrosi e
cirrosi.
Le cause sono generalmente:
- obesità
- abuso di alcol

ASCITE
La presenza di liquido nella cavità addominale è un fatto normale, che consente di non creare attrito tra gli
organi interni e tra gli organi e la parete addominale. Quando la quantità di questo liquido sieroso
aumenta in maniera eccessiva si parla di ascite, segnale della presenza di un processo patologico. Questa
condizione si verifica nella maggioranza dei casi (fino all'80%) nei pazienti con malattie del fegato, in
particolare la cirrosi. In caso di cirrosi, infatti, il legame di forte scambio tra il fegato e la vena porta (vena
che “porta” il sangue venoso al fegato) comporta il versamento dei liquidi nella cavità peritoneale causando
l'ascite.

CIRROSI
La cirrosi epatica è una malattia cronica e degenerativa del fegato.
Si manifesta quando l'organo risponde ad una lesione o ad un processo morboso distruggendo le proprie
cellule e sostituendole con interconnessioni cicatriziali, tra le quali si sviluppano noduli di cellule in
rigenerazione; di conseguenza, il fegato perde a poco a poco architettura e funzioni, con ripercussioni
negative sull'intero organismo.
Tutto ciò che determina un danno epatico cronico può provocare cirrosi; tra le principali cause di questa
malattia troviamo le epatiti virali (B, C e D) e quelle autoimmuni, l'abuso di alcol (che nei paesi
industrializzati rappresenta la causa più comune di cirrosi).
A causa delle suddette situazioni patologiche, il fegato si viene a trovare in uno stato infiammatorio
cronico, che porta alla liberazione di determinate sostanze (chiamate citochine); a loro volta queste
sostanze favoriscono la proliferazione di tessuto fibroso (fibrosi epatica) e - nelle fasi più avanzate - portano
allo sviluppo di noduli di rigenerazione tipici della cirrosi.

IPERTENSIONE PORTALE
Si definisce ipertensione portale una pressione sanguigna eccessivamente elevata nella vena porta (la
vena di grosso calibro che porta il sangue dall’intestino al fegato) e nelle sue diramazioni. La vena porta
riceve sangue proveniente da tutto l’intestino, nonché dalla milza, dal pancreas e dalla cistifellea e
trasporta il sangue al fegato. Dopo essere entrata nel fegato, si divide nei rami destro e sinistro e quindi
in diramazioni più piccole che attraversano il fegato. Quando il sangue lascia il fegato, torna di nuovo nel
circolo sistemico attraverso le vene epatiche. L’ipertensione portale porta allo sviluppo di nuove vene
(chiamate vasi collaterali) che bypassano il fegato. Queste vene collegano direttamente i vasi sanguigni
portali alle vene che portano via il sangue dal fegato fino al circolo sistemico. A causa di questa
deviazione, le sostanze che vengono normalmente rimosse dal sangue attraverso il fegato (come le
tossine) vengono immesse nel circolo sistemico.
LE EPATITI
Il termine epatite significa infiammazione e distruzione delle cellule epatiche.
L’epatite è un'infiammazione del fegato. Può essere causata da infezioni virali o da altre cause
(autoiummuni, metaboliche, congenite, tossiche). Di epatiti virali ne esistono 5 forme a seconda del virus
patogeno che le ha causate e che sono contraddistinte da una lettera dell’alfabeto: A, B, C, D, E.

L'epatite virale è una malattia che può interessare sia gli adulti che i bambini e che se trascurata può essere
fatale. Può avere un andamento acuto, come nel caso di epatite A e C, mentre in alcuni casi – soprattutto
con epatite B e C virale – può diventare cronica e può favorire altre patologie, quali:

• disfunzioni metaboliche ed epatiche: ascite (accumulo di liquidi nell’addome), emorragie,


insufficienza renale, ipertensione portale,
• cirrosi epatica,
• cancro del fegato.

Le epatiti sono di origine:

• virale, sono cioè favorite da una infezione causata da diversi tipi di virus, che rientrano nel gruppo
dei virus epatici maggiori. Questi sono identificati con la sigla HV (Hepatitis Virus) seguita dalla
lettera del tipo di epatite che provoca. Ad esempio, il virus responsabile dell’epatite A è l’HVA,
quello responsabile dell’epatite B è l’HVB ecc. In casi più rari, possono essere causate da virus
quali: il citomegavirus, il virus di EpsteinBarr, il virus dell’herpes zoster e dell’herpes simplex e il
virus della varicella. La trasmissione avviene per via oro-fecale e per contatto;

• non virale: sono causate da abuso di alcool, droghe, uso di certi farmaci, funghi o piante tossiche.
Possono anche avere una origine autoimmune o essere causate da squilibri metabolici (come nel
caso di obesità, ipercolesterolemia, steatosi epatica e diabete).

Fra i fattori di rischio per le epatiti virali che possono facilitare il contagio ci sono:

• rapporti sessuali non protetti,


• bere acqua in bottiglie non sigillate o non imbottigliata o aggiungere ghiaccio,
• mangiare cibi crudi, come frutta e verdura, frutti di mare e molluschi poco lavati o non disinfettati,
• fare tatuaggi o piercing in ambienti non idonei e non sterili con uso di strumenti non disinfettati,
• uso di oggetti (rasoi, siringhe, biancheria) di persone già infette,
• avere una scarsa igiene personale.

EPATITE A
L’epatite A si trasmette per via oro-fecale, bevendo acqua e mangiando cibo (molluschi, frutti di mare…)
contaminati con materiale fecale. Nei paesi in cui l’igiene è scarsa e manca acqua potabile, la malattia è
endemica e spesso asintomatica, soprattutto fra i bambini.

Come si manifesta

I sintomi più comuni sono: nausea, vomito, febbre (solitamente non alta), perdita di appetito, dolori
muscolari, senso di stanchezza e affaticamento, ittero (colorazione giallastra della pelle).
Come si accerta

L’epatite A si accerta tramite analisi del sangue, valutando i parametri della bilirubina e delle transaminasi.
Anche la ricerca di anticorpi IgM anti-HAV nel sangue può aiutare a diagnosticare la malattia in fase acuta
(si formano nel momento dell’infezione e scompaiono pochi mesi dopo la guarigione), mentre per accertare
se si abbia avuta in maniera asintomatica vengono ricercati e misurati gli anticorpi IgG anti-HAV, che si
sviluppano durante la fase di convalescenza della persona e rimangono per il resto della vita.

Come si tratta

Non esiste una cura specifica per l’epatite A che, nella maggior parte dei casi, guarisce spontaneamente. In
caso venga diagnosticata, per aiutare l’organismo a liberarsi più in fretta del virus possono essere
somministrati degli antivirali. Per non affaticare il fegato, viene consigliata un’alimentazione leggera,
evitando cibi grassi, fritti, e pasti abbondanti. Anche l’alcool va evitato.

Come si previene

In Italia è possibile fare due tipi di vaccino, raccomandato per coloro che:

1. viaggiano spesso nei Paesi in cui la malattia è più presente,


2. lavorano a contatto con persone a maggiore rischio (come tossicodipendenti),
3. sono affetti da patologie epatiche croniche che hanno un rischio di mortalità più elevato.

Il rispetto delle norme igienico sanitarie (lavarsi le mani, non bere acqua in bottiglie non sigillate, lavare e
cuocere bene i cibi, non scambiare oggetti che possono venire a contatto con fluidi e liquidi di altre
persone) sono utili per prevenire la malattia.

EPATITE B
Si tratta di un tipo di epatite che può diventare cronica (nel 5-10% dei casi), e si trasmette attraverso il
contatto con sangue e fluidi corporei di persone giù contagiate (durante rapporti sessuali non protetti, per
scambio di biancheria intima o oggetti come spazzolino da denti o rasoi). Può essere trasmessa al nascituro,
se la madre è infetta, al momento del parto.
Il 20% dei pazienti affetti da epatite B cronica sviluppa cirrosi epatica. Non è raro che chi è affetto da questo
tipo di epatite contragga anche la D.

Come si manifesta

Nella maggior parte dei casi l’epatite B è asintomatica. Quando è sintomatica, si manifesta con gli stessi
sintomi tipici dell’epatite A.

Come si accerta

La diagnosi avviene tramite analisi del sangue, attraverso la ricerca di specifici marcatori, come gli antigeni
virali e gli anticorpi.

Come si tratta

La malattia tende a regredire spontaneamente entro qualche mese, senza necessità di interventi medici.
Quando cronicizza, al paziente vengono somministrati farmaci antivirali (come interferone) che hanno lo
scopo di bloccare la replicazione del virus all’interno delle cellule.
Nei casi più gravi, se il fegato risulta gravemente compromesso, può essere eseguito un trapianto d’organo.
Anche in questo caso è consigliata un'alimentazione adeguata, che permetta di non sovraffaticare il fegato.

EPATITE C
Come si previene

Oltre a prestare attenzione ai possibili fattori di rischio, in Italia il vaccino per l’epatite B è obbligatorio per i
nuovi nati e fino ai 12 anni. È inoltre raccomandato per color che sono fortemente a rischio di infezione,
come tossicodipendenti, personale sanitario e coloro che convivono con un malato di epatite B cronica.

È il tipo di epatite più comune in Italia, che secondo i dati, interessa circa il 3% della popolazione. La
trasmissione avviene tramite contatto di sangue infetto, rapporti sessuali non protetti e contatto con saliva
e altri fluidi corporei.

Come si manifesta

L’epatite C ha sintomi lievi o assenti, motivo per cui spesso diventa cronica. Fra i più comuni vi sono: febbre,
vomito e nausea, inappetenza, stanchezza, dolori muscolari.
Nei casi più gravi l’epatite C può facilitare la comparsa di cirrosi epatica e fibrosi.

Come si accerta

La diagnosi avviene tramite le analisi del sangue, attraverso l’analisi di specifici marcatori, anticorpi specifici
anti-HVC, transaminasi e alanina aminotransferasi o ALT (questi ultimi permettono di valutare il danno al
fegato).

Come si tratta

Quando la malattia non guarisce da sola e necessita di intervento medico possono essere prescritti farmaci
antivirali che non eliminano il virus ma aboliscono la replicazione virale. Nei casi più gravi può essere
necessario un trapianto di fegato.

Come si previene

Il modo migliore per prevenire l’epatite C è prestare attenzione ed evitare i fattori di rischio che possono
facilitare la comparsa della malattia.

EPATITE D
Detta anche epatite Delta, è una forma rara ma grave, che si sviluppa in coloro che hanno già contratto
l’epatite B. La compresenza di entrambe le forme può causare un decorso più severo e fulmineo della
malattia, favorendo cirrosi epatica e necrosi (morte) del tessuto epatico con conseguenza grave perdita
della funzionalità del fegato, che può essere fatale.

Come si manifesta

L’epatite D si presenta con gli stessi sintomi dell’epatite B ma in maniera più grave e acuta.
Come si accerta

La diagnosi avviene tramite le analisi del sangue, attraverso la ricerca degli anticorpi anti-HVD.

Come si tratta

L’epatite D viene trattata con l’interferone, un antivirale. Nei casi più gravi può essere necessario un
trapianto di fegato.

Come si previene

Poiché questa forma si manifesta solo in coloro già con epatite B, è utile mettere in atto le misure
preventive per evitarne il contagio. Allo stesso modo, può essere utile il vaccino per la variante B.

EPATITE E
L’epatite E si trasmette attraverso ingestione di cibo o acqua contaminati da feci di persone che hanno
sviluppato infezione del virus a RNA HVE, o anche attraverso contatto con sangue infetto.
La malattia è pericolosa e in certi casi letale soprattutto durante la gravidanza.

Come si manifesta

L’epatite E si manifesta con febbre, vomito e nausea, inappetenza, stanchezza, ittero, dolori muscolari.

Come si accerta

La diagnosi avviene tramite le analisi del sangue, valutando gli anticorpi specifici anti-HVE.

Come si tratta

Non esiste un trattamento specifico contro l’epatite E. Si deve inoltre evitare di consumare alcool per non
danneggiare ulteriormente il fegato.

Come si previene

L’igiene personale, lavarsi le mani spesso, non mangiare cibi poco lavati, poco cotti né bere acqua non
pulita aiutano a ridurre il rischio di esposizione all’epatite E.

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