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Lezione 10

Vi accenavo la volta scorsa che oggi faremmo una lezione sul mondo latino e quindi su
quello che accde nell riflessione dei latini in questo medesimo periodo che noi stiamo
analizzando ovvero il VI secolo. Dopo di che passeremo al VII secolo. Ci avvicinerrmo alla fine
delle grandi questioni critologiche nella antichità cristiana.

Allora, cosa intendiamo per mondo latino? Almeno per quello che riguarda la nostra
epoca. Il mondo latino è soprattutto l’Italia. Ricordate che Roma aveva una influenza su
Macedonia e Tiro, regioni latine, soggetti al Papa. Arrivava anche a Dacia. Questo è sotto
l’influsso del Papa. In realtà, l’oriente aveva poco. Il patriarchato di Constantinopoli verrà poi
favorito dall’imperatore, ed eroderà un po delle diocesi soggette a Roma per creare questo
patriarchato greco. Però nel nostro periodo, ha molto importanza l’africa romana. C’è un
centro molto forte per la nostra epoca soprattutto per l’influsso su Roma. Tra Cartagine e
Roma, c’era una nave che è giornaliera. Quindi ogni giorno si salpava ad Ostia e si arrivava a
Cartagine. Da Cartagine si salpava e si arrivava ad Ostia. C’era un collegamento proprio diretto
tra wueste 2 città. Sappiamo che Cartagine è una fondazione romana. Anche la zona qui,
Spagna e sud di Francia fanno fanno parte dell’occidente.

Attenzione! Non dobbiamo pensare che il nord africa fosse come lo immaginiamo noi.
No completamente! Perchè noi oggi guardiamo al nord africa, e trovima delle popolazioni
arabe ed islamiche. Allora non era così. Le popolazioni del nor Africa erano popolazione indo-
europèe., come le popolazioni del su europa. Resisteva soltanto un gruppo di berberi. Questa
popolazione esiste ancora oggi. Non ricondotte alla colonizziazione romana ed anche quella
islamica. Resistessero finchè potessero. Sono così le popolazioni berberi che anche
fisicamente sono una popolazione strana per noi. Ci sono molto alti, con colore oscuro però
con gli occhi chiari-azzuri. Questa è una popolazione preesistente alle varie colonizzazioni sia
romane sia islamiche. Il volto dell’africa del nord che abbiamo noi oggi viene dopo del VII
secolo sia dall colonizzazione araba che communque una disgrazia per il nord africa, perchè qui
era una altamente civilizzata. Avevano tutto, terme, aquedotti e quando arrivano gli arabi,
hanno distrutto tutto. E diciamo che hanno ancora oggi la conseguenza di quella distruzione.
L’africa del nord era una zona bella. C’era una buona situazione climatica. Quindi, i nobili
dell’Italia, Spagna e Francia volevano avere dei possedementi nell’africa perchè così si
andavano a riposare. Stavano bene. Non soffrivano troppo il freddo.

Qui c’è una grossa cultura cristiana, molto forte. Noi abbiamo nella nostra epoca, tre
grandi autori che ci dicono la situazione teologica in occidente e sono: 1) Liberato di Cartagine,
2) il diacono Rustico, e 3) Facondo di Ermiane. Liberato ha origine da Cartagine ma Rustico è il
nipote del Papa Virgilio e Facondo è di Ermiane. Tutti questi trovavano rifugio in Africa del
nord. Perchè lì c’era la roccaforte della teologia latina occidentale. Era proprio tutta
concentrata qui perchè Roma, nei tempi di Giustiniano, era troppo sottemessa all’imperatore.
Giutiniano stava faciendo pressione continuamente. Addirittura, ha chiamato il papa ad
Constantinopoli. Dunque, l’unica zona independente dall’influsso greco-orientale è qui nel
Africa del Nord, la roccaforte latina in questo periodo.

Qual è il problema che scandalizza gli occidentali in questo period? La condanna dei 3
capitoli: Teodoro di Mopsuestia, Teodoreto di Ciro, Ibas di Edessa. Questa è una cosa che gli
occidentali non mandavano giù . Questi tre padri erano stati condannati da Giustiniano e poi
nel concilio Constantinopolitano II, perchè ritenuti gli ispiratori di nestorio oppure gli
continuatori di nestorio, i maggiori esponenti del nestorianesimo. Gli occidentali , invece,
vedevano in questa condanna un rifiuto del concilio del Calcedonia si come in Occidente, il
Conclio di Calcedonia era un punto riferimento per tutta la teologia. Allora la condanna di
questi autori significava in qualche modo condannare Calcedonia. Voi sapete che Papa Virglio
era rimasto titubante alla condanna dei 3 capitoli, perchè diceva che è impossibile condannare
dopo la morte personaggi che sono morti in communione con la Chiesa. Questa era la sua
teoria. Quindi aveva resistito. Poi, però, anche sotto le presioni dell’imperatore Giutiniano,
aveva scritto l’iudicatum in cui confermava la condanna dei tre capitoli. Questo aveva irritato
gli occidentali, tanto è vero che pensate, che rustico il diacono, era il nipote del papa Virgilio, il
filgio del fratello del Papa Virgilio e stava con lui a Constantinopoli. E addirittura siccome
Rustico non accoglie la condanna dei tre capitoli, il papa scommunica Rustico, il nipote nel
550. E Rustico se ne scappa in Nord Africa dove trova rifugio tra i vescovi del Nord Africa
occidentali. E rimane lì fino alla morte dell’imperatore Giustiniano che averrà nel 565.

Io non so fino a che punto questa riflessione che faccio l’opera di Giustianiano è stata
una opera positiva o negativa. Nel periodo di Giustiniano, quasi 40 anni di regno, lui ha
tentato in tutti i modi di coartare la teologia della Chiesa e del Cristianesimo, a volte
sbilanciandosi verso i calcedonesi, a volte ai severiani monofisiti, etc. Non so fino a quando è
stata utile questa cosa. In genere, quando i politici entrano nella chiesa, fanno di solito danni.

Liberato

Prima di tutto, andiamo a vedere questi 3 personaggi: Liberato, anche Liberato era un
diacono . Di lui legeremmo una pagina oggi, molto interessante perchè lui dà un contributo
alla questione cristologica, solo che è molto trascurato questo aspetto qui, perchè di solito
tutti parlano della cristologia in oriente e dicono che gli occidentali non capiscono niente.
Invece non è proprio così. Liberato vive nella metà del VI secolo e intrapresse diversi viaggi
tra Roma e l’oriente per comprendere la polemica del tempo. Quindi lui era un latino, un
Cartaginese. E voleva capire perchè questi fanno tutto questo chiaso su questa questione di
Gesù Cristo. E allora scrive un’opera tra 560 e 565 che si intitola il breviarium, che vuol dire
riassunto. Si intitola così, breviarum causae nestorianorum et eutichianorum- Riassunto della
controversiatra i nestoriani ed eutichiani. In effetti, quest’opera è un un resoconto della
controversia cristologica e apartire dai tempi di nestorio, cioè, dall’elezione di Nestorio, come
patriarcha di Constantinopoli dall’anno 428 fino all’editto di condanna dei 3 capitoli dell’anno
543-544, quindi, 120 anni di storia. La posizione che Liberato ha, rispetto agli altri autori di
questo tempo è soprattutto un posizione apologetica, una posizione di difesa degli africani che
erano contrari all’editto dei 3 capitoli, proprio perchè questo editto di 543 sembrava una s
scomfesione di Calcedonia. Vi ho già detto tante volte che Roma è stata sempre calcedonese.
Mentre nell’oriente, c’è stata posizione contrastanti. Roma è sempre calcedonese.

Facondo di Ermiane

L’altro autore si chiama Facondo di Ermiane. Di Facondo sappiamo poco. In realtà, di


questi autori noi sappiamo solo quello che ci raccontano di se all’interno delle opere che si sono
aggiunte. Sappiamo che Facondo si trovava a Constantinopoli nell’anno 544 quando avenne
la condanna dei 3 capitoli. L acondanna così come è stata formulata da Giustiniano,
consisteva nel ritenere i tre capitoli, Teodoro,Teodoreto ed Ibas, ispiratori e sostenitori di
Nestorio. Facondo, come tutti gli occidentali, naturalmente era contrario. Se mette in
opposizione all’imperatore a alla linea teologica dell’imperatore. Quind è costretto a fuggire
in Africa. Pure lui. In Italia, era pericoloso. Ricardotevi che Giustiniano aveva rinconquistato
il sud d’Italia ed è arrivato alle porte di Roma. E quindi anche L’Italia non era sicura per coloro
che si opponevano all’imperatore. Mentre l’Africa del Nord, soprattutto la Numidia, era sicura.
In quella zona, c’erano molti Berberi che facevano paura, pecrhè facevano sempre delle
incursioni, delle razzie lungo la costa. Quindi fugge in africa e qui scrive un’opera che si
intitola pro defensione trium capitolorum- cioè, in difesa dei tre capitoli. In questa opera
troviamo quello che vi ho già accenato relativamente a Virgilio, il problema della condanna
post mortem dei personaggi morti in pace con la Chiesa. Secondo Facondo, questa condanna
non ha nessun effetto. No ha valore. Facondo mantiene nella sua teologia la equidistanza tra
la cristologia divisiva di tipo nestoriano e quella ecessivamente unitiva di tipo monofisita.
Quindi la via media che è tipica dei latini. I latini prefiriscono la via media, mantenere la
equidistanza già da allora c’è questo stile, diremmo, molto sobrio , mantenere la equidistanza,
fare le cose con calma senza agitazione.

Rustico
Poi abbiamo Rustico. Come vi dicevo che Rustica era il figlio del fratello del Papa
Virgilio. È proprio Rustico che aveva accompagnato il Papa Virgilio a Constantinopoli nell’anno
547. È un errore grave su questo, quello che il Papa andava a Constantinopoli. Si spostava
practicamente che vuol dire che si assoggetava all’imperatore. Sarebbe stato meglio che il
Papa risedesse a Roma ed avesse mandato i suoi ambascitori. Ma qui vediamo che il Papa
viene assoggetato all’imperatore. Virgilio aveva condannato i tre capitoli e Rustico non aveva
accetato questa condanna, e ssendo poi scommunicato dallo zio nel 550. Esiliato nella
Tibaide, questa è anche in Africa ma in Egitto. Scrisse un’opera intitolata Disputatio contra
Acephalos, Gli acefali erano i monofisiti, in difesa dei tre capitoli e contro il monofisismo. Le
opere teologiche di questo periodo di questi autori sono in difesa dei tre capitoli contro i
monofisiti. Questa ulitma opera è una disputa in forma del dialogo tra lui ed un eretico
monofisita sulla cristologia. Notiamo che Rustico cita tutta una serie di autori che veranno
poi utilizzati dagli altri autori sia latini ma anche greci, oppure che ormai facevano parte del
bagaglio antologico della questione cristologica ossia Gregorio Nazianzeno, Cirillo ma il Cirillo
approvato da Calcedonia, e poi si sofferma molto sul dogma di Maria, Madre di Dio. Notiamo
che già in Rustico, però anche in Liberato, il tentativo di rendere in latino i termini importanti
della questione cristologica, soprattutto, i termini ipostasis che viene tradotto con
subsistentia, e poi il termine natura o fusis che viene tradotto con substantia. Qui inizia la
traduzione ed il tentativo di rendere latino questioni che non erano latine. Adesso il nostro
caro fratello Emmanuele che è un tomista, San Tomasso d’Aquino, infatti, adopera subsistentia
e substantia. Ora se sei un tomista serio vai a vedere se subsistentia o ipostasis corrisponde
perfettamente all’ipostasi di San Tomasso d’Aquino. Ma lì siamo ormai 600 anni dopo rispetto
a quest’epoca. Siamo nel 1200 mentre qui siamo nel 500. Peròp già inizia perchè per lo più
mi sembra di aver notato, vado con calma perchè io non sono esperto, che nel mondo latino, e
poi nella scolastica, ipostasis vienetradotta con subsistentia regolarmente. Per loro diventa
subsistentia questa parola. Dopo la morte, vi dicevo, di Giustiniano nell’anno 565, il diacono
Rustico torna a Constantinopoli e dove va al monastero degli ascemeti. Perchè il monastero
degli ascemeti, questi scatenati, diremmo, condannati purtroppo erano questi filopapali ma il
papa ha dovuto consegnare la testa all’imperatore. Il nostro Rustico va a questo monastero
per consultare la biblioteca del monastero dove c’erano appunto gli atti del concilio di
Calcedonia. Gli atti sono conservati lì e poi gli ascemeti avevano solo opere difisite. Che
conservavano la cristologia di tipo calcedonese. Tutto ciò che avevano sentore di
monofisismo, veniva brucciato subito. E qui scrive un’opera Henotikon in difesa di Efeso e di
Calcedonia, tanto per cambiare. Anche lui difende l’ortodossia di Teodoreto di Ciro. Anche
Liberato visitò il monastero degli ascemiti. Questo monastero era un punto di riferimento veri-
latini, perchè erano di obbedienza papale. Quindi i latini andavano lì e poi era un centro di
irradiazione della cristologia rigorosamente calcedonese nel VI secolo. Naturalmente lì c’era
questa biblioteca. Non c’era una scuola teologica come qualcuno potrebbe pensare. Non era
un centro teologico vero e proprio. Ma era un punto di riferimento per gli occidentali e latini.

Disputatio Contra Acephalos di Liberato (¿?)

Detto questo ho introdotto dal punto di vista storico e literario questi autori
diversamente sconosciuti. Andiamo adesso a leggere une bella pagina di Latino. Qui ho
presso una pagina dalla Patrologia Latina, e quest scritta del Migne. Questa proviene da
Liberato (¿?), disputatio contra acephalos. Qui noteremo qualcosa di interessante da un
punto di vista teologico, quello che poi ci interessa. La disputatio è in forma dialogica.
Dunque c’è un dialogo tra l haereticus e Rusticus.

Haeret. Et quid pertinet hoc ad propositam quaestionem? Quasivi enim cur perfectus
homo personam habeat non perfectam, et hoc audire omnino desidero.

Trad. E che ci entra questo con la questione proposta in precedenza? Ho chiest infatti
perchè un uomo perfetto abbia una persona non perfetta. E questo desidero assolutamente
ascoltare.

Rust. Hoc enim et dictum est; sed quia minime advertisti, audi cur humanitas Domini
perfecta quidem natura sit, non vero per semetipsam habens quoque personam, et cur non
duae Christi personae, sed una solaque sit: causa enim, sicut et tu in sermonis initio, licet ad
aliud quid intendens, dixisti, Verbum Deus est, carnis assumptae;

Trad. Infatti anche questo è stato detto, ma poichè non hai prestato a fatto
attenzione, ascolta perchè l’umanità perfetta del Signore sia una natura non avendo però per
se stessa anche una persona. E perchè non ci siano due persone di Cristo ma una soltanto.
In fatti la causa sia al origine come anche tu hai detto all’inizio del discorso, se pur riferendoti
ad altro, È il Dio Verbo la causa della carne assunta.

in quo quasi in fundamento illa assumpta natura, quae est servi forma, incumbit:

Trad. In cui come su un fondamento quella natura assunta che è forma del servo si
fonda.

Il commentario del Professore

Una prima cosa notiamo che la natura umana ha un fondamento nel Verbo . qui è una
piccola novità rispetto ai greci. Si vede il Dio Verbo , fondamento della natura umana. Perchè
vedete che anche i latini si erano accorti del problema: com e è possibile che c’è una natura
perfetta ma manca la persona. Come è una natura perfetta senza la persona? E allora qui è il
problema. Il fondamento della natura è il Verbo. Ancora così siamo in una situazione molto
vaga, molto generica.

ad hoc assumpta, ut Filius Dei, qui sempiternus est Deus, pro nostra salute homo in
diebus ultimis fieret.

Trans. Allora assunta questa natura naturalmente, per questo ovvero affinchè il Figlio
di Dio che è Dio eterno divenisse nei ultimi tempi uomo per la nostra salvezza.

Il commentario del Professore

Sottolineate in quo quasi in fundamento illa assumpta natura, quae est servi forma,
incumbit.

Nec enim homo de vergine originem habere potuisset, nisi nos per eum Deus ineffabiliter
secundum subsistentiam sibi unitam redimere complaceret; unitum vero, ex quo ejus
quodlibet subsistere inchoavit in unam personam unamque susbistentiam, sicut saepius
diximus.

Trad. Infatti ne l’uomo avrebbe potuto avere origine dalla vergine, se non fosse piaciuto a Dio
redimere noi attraverso di lui in modo ineffabile secondo l’ipostasi a se l’unità.

Il Commentario del Professore

Questo vuol dire che questa subsistentiam all’ipostasi. Che cosa ci autorizza a questo?
Ci autorizza quello que viene dopo - unitum vero, ex quo ejus quodlibet subsistere inchoavit in
unam personam unamque susbistentiam, sicut saepius diximus. – una sola persona e una sola
ipostasi. Vedete dopo. Probabilmente, posso anche dire, sicuramente, qui sotto c’è prosopon ed
ipostasis. Probabilmente lui ha questa in mente. Queste parole originarie greche sotto.

unitum vero, ex quo ejus quodlibet subsistere inchoavit in unam personam unamque
susbistentiam, sicut saepius diximus.

Trad. L’unito da cui qualsivoglia cosa di lui comminciò a susistere in una persona e ipostasi come
abbiamo detto spesso.

Il Commentario del Professore


Allora, notate qui subsistentiam e ipostasi. Io ho trovato, perchè ho fatto una piccola
ricerca nei manuali della teologia classica preconciliare, per esemprio leggetevi il manuale che
può ancora essere utile, Parente, l’Io di Cristo. Qui si studiavano coloro che si preparavano
al sacerdozio fino agli anni 60. Dopo il concilio Vaticano II , cambia. Però qui, diremmo, la
Cristologia classica che è molto utile per noi. Questi manuali preconciliari ripetono la teologia
classica. Quindi naturalmente sono superati rispetto alle questioni moderne, ma per noi
patrologhi, vanno bene perchè ci dicono come avevano pensato la teologia fino a quel tempo.
E poi abbiamo il grande Schmaus. Questo qui è un manuale di teologia preconciliare però
molto utile ai fini della comprensione toelogica ossia delle questioni classiche della teologia.
C’è in tutte le biblioteche in tutti i seminari. Perhcè questo è il manuale più difusso, molto
chiaro e limpido. Lì voi prendete le questioni classiche. Oggi non si può parlare della teologia
trascurando il porto del concilio Vaticano II e quindi naturalmente delle costituzioni
dogmatiche che al meno per noi cattolici hanno il loro peso. Però per noi patrologi questi
autori classici possono darci un aiuto va bene per capire loro. Per esempio, loro parlano
sempre di susistenza, una natura e 3 susistenze, così si può capire. Io non so quanto capissero
gli studenti di quei manuali. Perchè se non fai la patrologia loro non capivano. Quindi loro
imparavano a memoria senza sapere. Però penso che noi, non vorrei essere, diremmo, un po
presuntuoso, ma noi che facciamo patrologia, li capiamo meglio perchè c’è tutta patristica lì.
Vedete anche il Santo Padre come continuamente parla di tutta la patristica. Anche l’enciclica,
spes salvi, perchè lui è augustiniano, è tutto di Agostino. È una continua citazione di Agostino.
Poi si capisce come poi questa teologia confluisce la scolastica atrraverso la mediazione di San
Tomasso d’Aquino. Tra questo periodo que stiamo studiando e questo period, nell’anno 50 ,
60. In mezzo c’è San Tomasso d’Aquino. Dopo il Vaticano II, hanno buttato tutto a mare
facendo la teologia moderna.

Igitur, etsi in imaginatione mentis sive speculatione tenuissima, intellecta humanitas Domini
Christi videtur et substantia esse et persona (nec enim habet aliquid minus, praeter alias
subsistentias rationales et individuas);

Trad. Dunque, anche se, nel percorso intelletuale o nella speculazione accutissima, l’umanità
del Signore Cristo sembra essere intesa come sostanza e persona. Infatti non ha niente di
meno rispetto alle altre ipostasi razionali ed individuali.

Il commentario del Professore

Secondo me qui, lui stava traducendo in teoria. Notate le parole substantia che che vuol dire
natura, e poi persona, e poi susbsistentia che vuol dire ipostasi. Quindi lui dice che
certamente se noi diciamo un percorso intelletuale non possiamo che accogliere una natura
umana perfetta provista anche una persona. Certamente, se devo seguire la raggione, devo
dire ad ogni natura corresponde un’ipostasi ed una persona. Dunque ci dovrebbe essere una
substantia et persona visto che anche la persona uomo di Cristo è una subsistentia rationalis.

Che cos’è questa susistenza? Che cos’è questa ipostasi? Come li possiamo intendere?
Andiamo avantia leggere.

Sed tamen intellecta per semetipsam, hoc esse videtur, sed non jam sicut unita
Sermoni: igitur non veritas rei, sed mentis hoc cogit putari defectus, quasi oblivio unitionis
existens.

Trad. Ma tuttavia intelleta per se stessa sembra essere questo ma non già come unita al
Verbo : Qui c’è l’umanità del Verbo. Se è intessa da sola, l’umanità si può intendere come una
natura e una persona ma non in quanto l’umanità di Cristo unita al Verbo.

Quando vero id quod humanum est, non quasi in semetipso manens, sed per
untionem proprium factum subsistentiae Dei Verbi recommemorata mens fuerit, non potest
id pro persona suscipere: quoniam neque proprie subsistentia nominatur, cujus altera circa
intellectum res susbsistendi causa, id est Verbum , est quid sempiternum.

Trad. Quando in verità la mente avrà ricondotto ciò che è umano, non per così dire restando
in se stesso ma fatto proprio per l’unione, quindi la mente avrà condotto tutto questo
all’ipostasi del Dio Verbo, non può questo essere inteso/ prendere come una persona. Infatti,
non è detto propriamente ipostasi ciò la cui causa di susistenza è un’altra, cioè, il Verbo , cioè
che è eterno.

Il Commentario del Professore

Questo è il punto nuove di teologia. Che vuol dire susistenza? Come ci intende ipostasi? Non
si intende nel senso cappadoce ossia come il proprium rispetto al commune – to idion to
koinon. Ma susistenza o ipostasi vuold dire manens in semetipso- cioè, una cosa che permane
in se stessa e vedete, divene proprium- to idion, a causa dell’unione, perchè il problema qui, la
svolta in Cristologia che la abbiamo quasi si supera la teologia cappadoce. In Basilio c’è
divisione tra proprium e commune, tra individuo e natura. Noi non possiamo accogliere
una natura umana priva di individualità. Notate bene. Questo è il problema. Quando noi
diciamo la natura umana, la dottrina d’inipostasia, che la natura umana non ha la propria
ipostasi ma è inipostatizzata nel Verbo. Questa è la dottrina classica. Di quello anche dicono i
padri. Ma il problema è quello che si erano accorti già i latini e se ne accorge San Tommaso
dopo. Questa natura, che cos’è? Era presente o anche la natura umana è provista di una
certa indiviudalità . Questo è un problema teologico. Perchè se è vero quello che dicono
alcuni che questa dottrina d’inipostasia è una dottrina che sbilancia verso il monofisismo.
Ma invece loro dicono che l’unica ipostasi.... vedete che i latini lo hanno capito, ma i greci
riuscivano , perchè erano nel binario dei cappadocci... individuo e natura, individuo particolare,
ciò che è proprio . Abbiamo visto come l’ipostasi viene intesa in senso concreto, e la natura
invece è generica . La natura non permane in se stessa , ma ha il suo fondamento in
Verbo. Questo vuol dire anipostatica. Non vuol dire che del tutto è privo della sua
individualità. È molto interessante perchè ci fa vedere un progresso nella teologia. Allora
vedete come dive il nostro Rustico: Se come una natura non permane, non si può dire, non si
può chiamare persona, perchè la ragione dalla sua susistenza è il Verbo ossia questa natura
non rimane in se stessa. Non ha il fondamento in se stesso. Dunque non ha una persona
propria perchè la causa che lo fa susistere è il Verbo. Notate che è cambiata la teologia.
Questo è un punto sottile da capire. Però certamente i latini stavano aprendo la strada della
soluzione. Più che altro il problema è questa natura umana. Non aveva il carattere di
individualità la natura umana di Cristo. Sempre il Verbo è il fondamento . La questione qui dei
latini non è una contraposizione rispetoo al concilio, ma un chiaramento . Ci permette
chiaramento questo. Perchè l’ipostasi così come l’intendevano i Greci, è ciò che è proprio.
Loro dicevano che ciò che è proprio dell’unione solo il Verbo. La natura umana non ha un
proprium. Però notate qui : per unitionem proprium factum. Allora vuol dire che la natura
umana nell’unione, fondandosi sul Verbo che è l’unica persona, che è l’unica ipostasi
communque, però ha qualcosa di proprio, cosa che i greci non avrebbero mai detto perchè to
idion nel senso di Basilio è solo del Verbo. Mentre to koinon è la natura. Qui c’è una grande
novità. Non quasi in semetipso manens, id quod humanum est, sed per unitionem proprium
factum. Però dice questo che riceve questo umano- in quod humanum est, fondandosi sul
Verbo ha il suo proprium. Questo ci aiuta comprendere la questione cristologica. Mentre se
noi avessimo utilizzato un linguaggio cappadoce, dovremmo dire che to koinon è la natura
umana e la natura divina e to idion o il proprium è il Verbo. Qui il riferimento è alla natura
non al Verbo. Perchè qui il problema è che questo proprium factum va a riferito a id quod
humanum est, al neutro. Vedi l’ipostasi del Verbo subsistentiae Dei Verbi recommemorata
mens. Id quod humanum non manens in semetipso, allora vuol dire che questo sembra per
chiarire , cioè, che l’umano non rimane in se stesso ma nella misura in cui si fonda sul Verbo,
allora vedete che si richiama in quo fundamentum est, come abbiamo già detto prima.

Loro sapevano bene che questa era l’accusa che veniva posta ai calcedonesi da parte
dei monofisiti. Ma lui dice che non è così, perchè questo proprium non vuol dire un altra
ipostasi. Infatti lui dice dopo, però questo non potest id pro persona sucipere, cioè, id quod
humanum est, non può essere accolto come un persona perchè non permane in stesso, no
ha fondamento in se stesso. Quindi vedi che il problema è il cambiamento del concetto
dell’ipostasi. Il conetto dell’ipostasi è diverso, perchè se va intesa come hai detto tu allora cade
in nestorianesimo, cioè, il rishio di avere 2 ipostasi in Cristo. Notate che loro erano attenti a
questo. Io vorrei farvi comprendere questo cambiamento teologico.

Il proprium di Cristo e la sua natura umana si fonda sulla persona del Verbo. Perchè no ha un
fondamento in se stessa, ma si fonda nel Verbo. Ma fondandosi sul Verbo, ha una sua
individualità. Perchè il problema era che questa unica ipostasi e la natura anipostatica poteva
in qualche modo fare svanire la natura umana. Questo è il rischio. Si comprende? Allora per
non farla svanire, quando lei si fonda sul Verbo, non è una persona a parte. No. Perchè la
persona è una. L’ipostasi è una. Però acquisisce una certa individualità. Qui è una natura
vera, una natura che ha tutte le caratteristiche d’ individualità. I termini sono
correspondenti. Lui cerca di non cambiare i termini però i significati sono diversi. Io dico
che LA NATURA HA INDIVIDUALITÀ, non dico mai che è un individuo. Perchè c’è rischio di
fare 2 persone e 2 ipostasi.

Anche il concetto di ipostasi inteso nel senso conreto come in un individuo, non va
bene dal punto di vista teologico. Ci sono 2 nature ed un unica ipostasi. Poi il concilio
Constantiponolitano II dice che quest unica ipostasi è il Verbo, la seconda Persona della
Santissima Trinità. Questo è il dogma. Ma questa unica persona ossia il Verbo, in che
rapporto è con la natura umana? È in un rapporto di “fabocitazione” apprende tutta la
assume. Però la natura fondandosi nel Verbo, dicono questi padri, ce l’ha il proprium. Non è
del tutto commune, generico. È la natura di Cristo. Si prende un po le distanze da un
concetto d’ipostasi come individuo.

Non c’è una persona umana, ma anche ha il suo fondamento sul Verbo. Le proprietà
sono delle nature, non sono della persona. Quindi le proprietà sono coerenti o sono coesive
della natura non della persona. Nella persona, le proprietà si communicano. Questo sì. Però
qui si vuol dire. non si fa tanto il discorso della proprietà quanto della consistenza ontologica
della natura umana. Però questo è già un discorso filosofico. Non lo dice lui. Sto dicendo io.
Questa natura, come consiste? Allora non in se stessa, ma si fonda sul Verbo. Qui abbiamo
bisogno delle catogerie metafisiche per comprendere questo.

Anche io avevo notato una ipostasi unita a se. Io la intenderei in riferimento ad Deus.
Dio ha una subsistentiam sibi unitam. Io lo intenderei qui come unica ipostasi de Verbo.
Dio unisce la natura umana ad una sussistenza che è in se, cioè, al Verbo. Io ho visto la
distinzione. Cosa vuol dire ipostasi unita in se stessa? Però il soggetto di questa frase è Deus.
Quindi Dio, il Dio Trino, in questo senso unisce ad una ipostasi , cioè, al Verbo.
Nam si homo subsistentia esset, non oportebat ut eum solus Deus Verbum in semetipso
susciperet, et quod nostrum est, ut ita dixerim, in semetipso fundaret, sed potius ut aut
praexistens homo proprium faceret Deum Verbum, et stabiliret atque fundaret sibimetipsi
quod Dei; aut magis ut praexistens uterque ad invicem conveniret, et unus Christus, unus
Filius, unus Dominus, unaque persona et subsistenia, et praexistente apud se puro uno
quoque, no fieret.

Trad. Infatti, se l’uomo fosse una ipostasi, non poteva essere che il solo Dio Verbo lo
accogliese in se stesso. (Se l’uomo era una ipostasi, non può essere accolto dal Dio Verbo.
Rimaneva strinse con il Dio Verbo.) e ciò che è nostro, per così dire, è postesse fondare in
se stesso ciò che è nostro. ( qui c’è sempre il tema del fondamento. Ciò che fonda non è più
to idion , l’individuo ma è ciò che fonda.) Ma piuttosto, se l’uomo fosse una persona, non
poteva portare se stesso, ma piuttosto o l’uomo preesistente aveva fatto proprio il Dio Verbo
o piuttosto entrambi preesistenti si sarebbero uniti vicendevolmente, e l’unico Cristo, l’unico
Figlio, l’unico Signore, l’unica persona ed ipostasi, non si sarebbero verificati, e preesistendo ad
ognuno presso di se in modo puro.

Il Commentario del Professore

Non si sarebbe stata l’unione se questi due, cioè, l’uomo e il Dio Verbo fossero rimasti
ognuno in se. Ma la natura umana non permane in se, ma si fonda nel Verbo. Ecco questa è
la novità di Rustico. Questo apre un altro capitolo ma sarà Boezio che ancora lo contribuirà,
però, diciamo, con Boezio siamo un po fuori del nostro ambito, pero in effetti, da cui si
sviluppa la riflessione. Lui prende una strada nuova rispetto a quella cappadoce, perchè
secondo me, che quando se supererà la riflessione cappadoce di Basilio, Epistola 214, se
riuscirà ad uscire fuori di questo, allora si comprende, si risolve la questione cristologica, se no
la contraposizione tra calcedonesi e severiani rimarrà sempre forte. Perchè i severiani ,
quando parlano della natura hanno in testa Basilio. Allora bisognerà cambiare, come diceva
prima Marcello, adoperano con le stesse parole ma con i significati diversi.

Rustico dice, se l’uomo fosse una ipostasi, allora ci potrebbe essere il rischio di una
ipostasi preesistente, però qui non dice una ipostasi preesistente, ma qui si tende un uomo
preesistente all’unione in questo senso. Prima dell’uinione c’è una ipostasi, ma in realtà, lui
dice che non c’è mai una ipostasi. Lui dice se intendi tu la natura umana devi intenderla come
gli altri- nec enim habet aliquid minus, praeter alias subsistentias ratonales et individuas, se tu
prendi la antura umana, devi avere la natura e la persona però ti dimentichi dell’unione. Ma
così è intellecta per semetipsa.. etc. …mentis hoc cogit putari defectus, quasi oblivio unitionis
existens.
Prima di andare all’altra pagina, vorrei ritornare sul modo nuovo di intendere la
persona. Allora, da questa pagina di Rustico , vieni poi che perosna vuol dire , rimanere in se
stessso, rimanere nella propria sussistenza. Vuol dire anche essere per se o essere in se.
Questo essere in se è communicato alla natura umana di Cristo dal Verbo . dunque, la natura
umana è perfetta, all’essere perfetto ma non ha l’essere in se e per se. Perchè il suo essere
in se e per se va inesso nel Verbo, nel Logos. In altre parole, la individualità piena della
natura umana è possibile nella misura in cui è rapportata all’unico soggetto, ovvero al
Logos. Fs Questa soluzione fa uscire dal vicolo in cui la teologia si era imbarcata, infiltrata
dal vicolo dovuto all’equivalenza o identificazione di persona e di individuo. C’è un testo di
GIOVANNI MASENSIO che aiuta questo a pagina 421 di Grillmeier 2/2, dove si parla di questo
nuovo concetto della cosidetta insussistenza.

Ad Iustinianum di Facondo di Ermiane

Adesso andiamo a vedere questo altro testo , se non abbiamo tempo, io devo per forza
finire perchè ormai ci restano 3 lezioni. Vediamo adesso Facondo di Ermiane

Proinde considerare debent qui verborum captionibus supervacue student, quia non simul et
coniuncte dicimus unum Filium ex Trinitate crucifixum, ut tres aut duos filios inducere
videamur, sed prius dicentes, quod magna synodus confirmavit, unum ex Trinitate
incarnatum, vel passum, vel crucifixum, cum interrogati fuerimus, quem unum de Trinitate
dicamus, recte postea respondemus: Filium.

Trad. Dunque devono prendere in considerazione coloro che si impegnano superficialmente


in parole capziose che non diciamo allo stesso tempo e insieme un solo Figlio dalla Trinità
crocifisso come se intendessimo 3 o 2 Figli ma noi dicendo prima cosa che il grande sinodo ha
confermato uno dalla Trinità incarnato o ha patito o crocifisso, e poi quando saremmo
interrogati chi è queso uno della Trinità, rettamente respondiamo . Il Figlio.

Il Commentario del Professore

Non si può utilizzare insieme le espressioni uno e filgio, ma si deve dire uno della Trinità
e poi dire e questo uno della Trinità è Filgio, perchè se tu dici un Figlio della Trinità, allora
sembri inducere duos figlios o tres figlios.

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