Sei sulla pagina 1di 15

GESÙ UNA STORIA O STORIA?

E' VERAMENTE ESISTITO ?

Iniziamo con questo primo incontro un cammino che si propone un


obiettivo , a dir poco, presuntuoso, ma, a parer nostro,necessario per poterci
dire cristiani.
La fede cristiana infatti teme soltanto questo: essere rifiutata o accettata
senza essere conosciuta.
Lo scopo dunque del nostro percorso, che si articolerà in nove incontri
distribuiti nell'arco di tre anni, sarà proprio la conoscenza di Gesù e del suo
messaggio.
Noi sappiamo che principio della religione cristiana è la Morte, ma
soprattutto la Resurrezione di Gesù.
Questa affermazione era il nucleo della predicazione dei primi seguaci di
Gesù.
A tal riguardo, poniamoci un duplice obiettivo: da un lato è necessario
interrogarci sull'esistenza storica di Gesù di Nazareth e da un altro è
indispensabile stabilire se i testi che ci parlano di Lui siano veritieri e
attendibili.

Iniziamo dunque il nostro percorso di scoperta.


L'incontro con Gesù suscita in ogni persona la nascita di molti interrogativi
e, probabilmente, una delle prime domande che ci poniamo riguarda proprio la
sua esistenza storica. È lecito porsi dei quesiti riguardo all'esistenza storica
di un uomo detto Gesù di Nazareth e nel corso della storia molti studiosi hanno
dato numerose risposte talora discordanti tra di loro.
A questa domanda si prospettano due possibili risposte:

 Gesù è solo una bella e suggestiva storia.


 Gesù è un personaggio storico, realmente vissuto in un certo luogo e in
certo tempo, dunque è storia.

Se prendiamo per buona la prima risposta, bisogna concludere che Gesù è


frutto della fervida fantasia di qualcuno; insomma dal momento che di Gesù si
parla solo su dei libri, possiamo concludere che lo riteniamo essere una
invenzione letteraria, e dunque la figura di Gesù è di competenza dei critici
letterari e poco più.

Se invece riteniamo che Gesù sia un personaggio storico dobbiamo affidarci


al lavoro degli storici che sono scienziati e che basano le loro affermazioni su
dati oggettivi.
I dati usati dagli storici si dividono in due grandi tipologie:
 documenti o fonti orali e scritte.
 testimonianze materiali.

Le testimonianze materiali sono molteplici e lo storico per interpretarle e


utilizzarle al meglio nel suo lavoro di ricostruzione del passato deve avvalersi di

1
vari esperti perché esse consistono in reperti archeologici, opere d'arte,
manufatti di arti minori (ceramica, tessuti...)...

I documenti principi per lo storico sono sicuramente i primi, i documenti


orali o scritti: le fonti orali sono fondamentali per la trasmissione degli
avvenimenti del passato e contengono particolari interessanti. Soprattutto
questo tipo di fonti si è rivelato fondamentale per la ricostruzione della storia
del Novecento... ma anche per conoscere la storia di Gesù è importante e su
questa tipologia di fonte torneremo più avanti.

Il lavoro dello storico si basa, dunque, essenzialmente, sull'analisi di


documenti scritti.
Per quanto riguarda le testimonianze su Gesù gli storici possono vantare
documenti di due tipi:
 documenti non cristiani
 documenti cristiani
Per poter dimostrare l'esistenza storica di Gesù è meglio avvalersi dei
documenti definiti non cristiani piuttosto che dei secondi, in quanto questi
hanno tipologie (generi letterari) molto particolari e poi, domandiamoci:” Si
chiederebbe all'oste se il vino è buono?”

Vi sono numerosi autori dell'antichità che parlano o almeno citano Gesù o i


suoi seguaci; tra questi autori ricordiamo: Giuseppe Flavio1, Tacito2, Plinio il
Giovane3, Svetonio4 e il Talmud5.

1 Storico romano, vissuto tra il 37 e il 100 d.C., scrisse le sue opere in greco, fu legato all'imperatore Vespasiano. Le
sue opere più importanti furono la Guerra Giudaica e le Antichità giudaiche.
2 Oratore, avvocato e senatore romano, vissuto tra il 55 e i 117 d.C. Viene considerato uno dei più importanti storici
dell'antichità. Le sue opere più importanti sono: Annales e Historiae che ricostruiscono la storia dell'impero dalla
morte di Augusto (14 d.C.) alla morte dell'imperatore Domiziano (96 d.C.)
3 Senatore e scrittore romano, vissuto tra il 61 e il 113 d.C.. Di famiglia molto ricca intraprese una splendida carriera
pubblica; fu amico di Tacito e dell'imperatore Traiano. La sua opera più importante è l'Epistolario.
4 Scrittore romano, visse tra il 70 e il 126 d.C. Si specializzò nella scrittura di biografie; la sua opera più importante
giunta a noi quasi per intero si intitola Vita di dodici Cesari.
5 Il Talmud (‫( )תלמוד‬che significa insegnamento, studio, discussione dalla radice ebraica LMD) è uno dei testi sacri
dell'Ebraismo: diversamente dalla Torah, il Talmud è riconosciuto solo dall'Ebraismo, che lo considera come la
Torah orale, rivelata sul Sinai a Mosè e trasmessa a voce, di generazione in generazione, fino alla conquista romana.
Il Talmud fu fissato per iscritto solo quando, con la distruzione del Secondo Tempio, gli ebrei temettero che le basi
religiose di Israele potessero sparire.
Il Talmud consiste in una raccolta di discussioni avvenute tra i sapienti (hakhamim) e i maestri (rabbim) circa i
significati e le applicazioni dei passi della Torah scritta, e si articola in due livelli:
 la Mishnah (o ripetizione) raccoglie le discussioni dei maestri più antichi (giungendo fino al II secolo);
 la Gemara (o completamento), stilata tra il II e il V secolo, fornisce un commento analitico della Mishnah.
Il Talmud è anche conosciuto con il nome di Shas, acronimo di Shisha Sedarim, i sei ordini (Zeraim, Moed,
Nashim, Nezikin, Kodashin, Tohorot) in cui è divisa la Mishnah. La suddivisione del Talmud è identica a quella
della Mishnah: i Shisha Sedarim si suddividono in Massechtot - trattati, i quali a loro volta sono composti da
capitoli.
Secondo la tradizione ebraica la Torah scritta non può essere applicata senza la Torah orale.

2
Particolare interesse riveste quanto scrisse Giuseppe Flavio nelle Antichità
Giudaiche:
“Ci fu verso questo tempo (anno 30 d.C.) Gesù uomo sapiente. La sua
condotta era buona ed era stimato per la sua virtù. E attirò a sé molti Giudei e
anche molti Greci. Pilato lo condannò ad essere crocifisso e a morire. Ma non
cessarono di amarlo coloro che da principio lo avevano amato. Essi
raccontarono che era apparso loro tre giorni dopo la sua crocifissione e che era
vivo. Forse perciò era il Cristo di cui i Profeti hanno raccontato tante
meraviglie.”
Flavio è uno storico e procede con metodo. Infatti ci dice il chi, il quando e
il dove, elementi fondamentali per la ricostruzione storica anche se nel brano
riportato non emerge in modo così netto dove avvengano i fatti descritti, per
quanto noi sappiamo che parlando della storia del popolo eletto gli avvenimenti
avvengono nella provincia della Palestina, come la chiamavano i romani.
Il brano risulta essere una sorta di riassunto di quanto anche noi sappiamo
di Gesù, la peculiarità risulta dal fatto che l'autore è un ebreo al servizio della
famiglia imperiale dei Flavi e scrive dedicando ai suoi protettori la sua opera di
storia relativa alla Palestina piegata dai Flavi stessi; dunque Giuseppe Flavio
non aveva alcun interesse a promuovere la figura di Gesù, ma essendo uno
storico serio non poteva dimenticare evidentemente un personaggio che non
tanto tempo prima di lui aveva fatto parlare di sé. Giuseppe Flavio ci riporta un
dato importante, e cioè che la resurrezione è un punto fondamentale per coloro
che si rifacevano a quell'uomo giusto e sapiente. A onor del vero bisogna
ricordare che questo brano è stato considerato, almeno in passato non
originale di Giuseppe Flavio, ma essere una interpolazione, un inserimento
fatto dai cristiani. Oggi gli studiosi ritengono che il brano sopra citato sia
originale dell'autore.

Qualche anno dopo, Tacito, narrando l'incendio di Roma avvenuto nel 64 ci


d.C., mette al corrente di come Nerone avesse fatto ricadere la colpa sui
cristiani e lo storico spiega l'origine di questo nome: “Per mettere fine alla
diceria, Nerone fece passare per colpevoli e sottopose a pene raffinatissime
coloro che la plebaglia, detestandoli per le loro vergognose azioni, denominava
Cristiani. L'autore di questo nome, Cristo, era stato messo a morte sotto
l'impero di Tiberio, per ordine del procuratore Ponzio Pilato” (Annales, XV, 44).
Tacito riporta un dato interessante: sottolinea che Gesù era stato messo a
morte e ci dice anche quando, sotto l'imperatore Tiberio6, e per ordine di chi, il
procuratore Ponzio Pilato. Questa è una delle poche fonti extra
neotestamentarie che parlino di Pilato.

Attorno al 112 d.C., Plinio il Giovane dalla provincia del Ponto e della Bitinia
(attualmente regioni della Turchia) invia una lettera all'imperatore Traiano per
avere ragguagli sul comportamento da tenere nei confronti di alcuni cittadini
definiti cristiani. E veniamo a sapere che questi cristiani erano “soliti riunirsi
all'alba in un giorno fisso ed intonare a cori alterni, un inno in onore di Cristo,

6 Secondo imperatore dell'impero romano, appartenente alla dinastia Giulio Claudia, vissuto tra il 42 a.C. e il 37 d.C.,
regnò dal 14 al 37 d.C.

3
come se fosse un dio”. Da ciò emerge come l'autore non abbia ben chiaro chi si
trovi davanti, ma ci dice che quei cristiani si radunavano in un giorno fisso
(probabilmente la domenica, nella nostra dizione, perché ai tempi dei Romani
non si chiamava così) e ritenevano il Cristo un dio.

Anche Svetonio, altro storico romano che scrisse le Vite dei Cesari, fa un
piccolo accenno a Gesù. Nella Vita di Claudio egli scrisse “espulse da Roma i
Giudei diventati per istigazione di Cresto, una continua causa di disordini”. In
effetti Claudio espulse nel 49 d.C. gli ebrei da Roma e il fatto che scriva Cresto
al posto di Cristo è spiegabile con l'uso greco di due parole, Christos (l'Unto) e
Chrestos (il Migliore) che nel greco di quegli anni si pronunciavano allo stesso
modo e, dunque, Svetonio non poteva, non essendo di cultura ebraica,
comprendere il senso profondo di “Unto” e, pertanto, parlando di un capo di
una setta scelse il “Migliore”.

Interessante notare come anche nel Talmud la figura di Gesù sia nota; in
particolare nell'edizione babilonese è scritto: “Ecco ciò che è trasmesso. Il
giorno di preparazione di Pasqua, fu appeso Gesù (di Nazareth, aggiunge un
manoscritto). Un araldo aveva camminato quaranta giorni davanti a lui
(dicendo): «Deve essere lapidato perché ha praticato la magia e ha sviato e
sedotto Israele. Chiunque sa qualcosa a sua discolpa venga a difenderlo». Ma
non fu trovata alcuna difesa e fu appeso il giorno di preparazione della
Pasqua.”
Questo testo è degno di attenzione perché se c'era qualcuno che aveva un
qualche interesse a negare l'esistenza storica di Gesù, erano proprio gli ebrei,
perché da quella vicenda non uscivano con un'immagine troppo bella, pertanto,
se anche loro narrano di Gesù morto in croce, è chiaro che ammettono la sua
esistenza.

Queste fonti sono solo alcune, o meglio le più famose, di ambito estraneo
al cristianesimo, che parlano di Gesù. Sono importanti perché sono state scritte
quando il cristianesimo non si era ancora affermato e dunque non poteva
influenzare l'opera degli storici.

Usando una terminologia moderna, possiamo definirle fonti al di


sopra di ogni sospetto, che ci garantiscono l'esistenza storica di Gesù.

Veniamo ora alla seconda parte del nostro problema e cioè alla veridicità e
autenticità dei testi che parlano di Gesù.
Alla domanda “dove possiamo trovare notizie su Gesù?”, tutti noi
risponderemmo in coro “nel Nuovo Testamento”, ma i testi che lo compongono
non sono i soli. Ve ne sono anche altri. Allora le cose si complicano. Cerchiamo
di procedere con ordine.

Le prime due domande cui si può rispondere sono quando e perché


vengono scritti i documenti che definiamo “cristiani” su Gesù.

4
L'uomo Gesù nasce presumibilmente tra il 8 ed il 6 a.C. 7, fece vita di
dalla fondazione di Roma , oggi gli storici hanno dimostrato che il monaco sbagliò e
bisogna anticipare di qualche anno l'effettiva data di nascita

famiglia sino probabilmente attorno al 28 d.C. quando iniziò la sua vita


pubblica per terminarla nel 30 d.C. morendo in croce (sono state avanzate
altre ipotesi, ma questa sembra quella più probabile).
I suoi apostoli dopo un primo momento di sbandamento, rinserrano le fila e
incominciano a meditare e a predicare gli insegnamenti di Gesù, incentrando la
loro azione sull'annuncio di Gesù morto ma soprattutto risorto, come abbiamo
già visto.
Gesù prima di ascendere al cielo aveva detto ai suoi che sarebbe tornato.
I discepoli, che avevano fatto l'esperienza della Pasqua, non dubitano della
veridicità delle parole del Maestro e attendono fiduciosi, a breve, il suo ritorno.
Ma Cristo si fa attendere. Intanto attorno agli apostoli si vanno creando gruppi
che, poco per volta, diventeranno comunità che riflettono, predicano e
celebrano quanto ricevuto da Gesù.
La trasmissione delle parole e dei fatti compiuti da Gesù è esclusivamente
orale.
E' necessario premettere che il mondo antico basava la trasmissione del
sapere attraverso l'oralità, anche perché pochi erano coloro in grado di leggere
e scrivere e rari e preziosi erano i “libri”. Per le prime comunità non vi era nulla
di strano nell'imparare a memoria le parole degli apostoli che ripetevano quelle
udite dalla viva voce di Gesù. Ma gli anni passano, Gesù non tornava, gli
apostoli invecchiano o si allontanano verso altre comunità dove urgeva la loro
presenza; si faceva, così impellente l'esigenza di fissare quei racconti su un
supporto fisico.

In questa fase risultava importante l'autorevolezza del testimone orale che


trasmetteva le parole e le opere di Gesù.
Per la fonte orale, lo storico sottolinea con forza l'importanza della
credibilità del teste. Pensiamo anche alla nostra esperienza: se a raccontarci di
un certo evento, è stata, magari, nostra nonna cui siamo legati per affetto e
perché la riteniamo persona autorevole, noi faremo nostro il suo racconto, che
riterremo vero e, a nostra volta, provvederemo a trasmetterlo ai nostri figli e,
forse un giorno ai nostri nipoti, rifacendoci, però sempre all'autorità di nostra
nonna.

Nel momento in cui si iniziò a mettere per iscritto la testimonianza degli


apostoli si produssero molti testi di varia ampiezza.

Quando avvenne questo passaggio? I primi testi cristiani sono datati a


partire dal 50 d.C. e se ne produssero molti negli anni seguenti (I e II secolo).
In periodo antico la distanza dai fatti narrati, circa venti anni, è decisamente

7 Questo è dovuto ad un errore di calcolo di un monaco, Dionigi il Piccolo che fissò la data di nascita di Gesù nel 754
dalla fondazione di Roma, oggi gli storici hanno dimostrato che il monaco errò e bisogna anticipare di qualche anno
l'effettiva data di nascita.

5
esigua.
Dobbiamo fare, in maniera molto succinta, naturalmente imperfetta, una
brevissima storia del testo che noi abbiamo tra le mani.
Noi adoperiamo una traduzione italiana di un testo che non è stato scritto nella
lingua italiana ma in un’altra lingua e che viene tradotto, un testo del quale non si
possiede l’originale. Per testo originale si intende quel papiro o pergamena scritta di
mano dall’evangelista.
Questi testi non esistono più del resto, tutte le opere dell’antichità classica, non ci
sono più. Ad esempio tra le opere di Aristotele e Cicerone ci sono quasi mille anni tra il
testo originale e la copia.
Per i vangeli fortunatamente non è così, c’è una distanza di pochissimi decenni.
A riguardo proviamo a fare una rapida storia del testo, da quando venne scritto
dall’autore a quello che abbiamo oggi.
La raccolta più antica è quella delle lettere di Paolo e, in una lettera ai Colossesi,
nel finale, Paolo invita la comunità di Colossi di leggerla e spedirla a quelli di Laodicea.
Cosa succedeva?
Non si trasmetteva l’originale della lettera di Paolo ma se ne faceva una copia e
tutte queste copie venivano raccolte.
È da sottolineare che, a differenza del mondo ebraico dove il testo sacro era
considerato tale perché le copie dell’Antico Testamento sono una esatta all’altra
perché c’era il timore reverenziale di scrivere esattamente la parola così come si
presentava, il testo del NT, che è maturato in un ambiente di cultura greca, non è mai
stato considerato un testo sacro, piuttosto la comunità cristiana lo considerava un
testo vivente.
La comunità che riceveva la lettera, la copiava e la rimandava ad un’altra
comunità, ma con delle aggiunte per spiegare e arricchire il testo.
Il criterio per sapere qual è il testo originale è quello che rimanda al testo più
breve.
I copisti aggiungevano e mai eliminavano. Ad esempio:
1. nel vangelo di Marco, vangelo più antico, la posizione di Gesù riguardo al
ripudio è netta: all’uomo non è lecito ripudiare la propria moglie.
2. La comunità si allarga e in Matteo si legge: non è lecito all’uomo ripudiare la
propria moglie eccetto in caso di fornicazione

I testi che vennero prodotti in questo periodo possono essere divisi in tre
grandi gruppi:
 i testi che verranno raccolti in quello che noi chiamiamo Nuovo
Testamento.
 I testi definiti Apostolici, come la Lettera di Barnaba o la Didaché
(Insegnamento dei Dodici Apostoli) che contribuirono a creare
l'ortodossia del pensiero cristiano.
 I testi che definiamo Apocrifi, la parola di derivazione greca significa
nascosto e fa riferimento a libri che dovevano avere un uso esclusivo
degli adepti. Tra questi vi sono molti vangeli, alcuni dei quali con notizie
interessanti, ma altri risultano essere totalmente frutto della fantasia di
alcuni autori che cercavano di colmare le numerose lacune della vita di
Gesù, come ad esempio la sua infanzia.

I testi del Nuovo Testamento risentono profondamente delle comunità in

6
cui hanno preso forma.

Nel periodo indicato (I-II secolo d.C.) vengono prodotti molti testi cristiani
e sono scritti nella lingua greca della Koiné, cioè un greco ellenistico diffuso in
tutto il bacino del Mediterraneo (funzionava come oggi l'inglese internazionale).

I vangeli dunque sono scritti in greco perché gli evangelisti e tutti gli autori del
nuovo testamento hanno voluto compiere un’opera che fosse diffusa in maniera
universale.
Ma cosa successe? Il tempo per scrivere questi testi e la lingua greca tramontò e
subentrarono altre lingue ( cinquant’anni fa la lingua più studiata a scuola era il
francese mentre ora è quasi esclusivamente l’inglese). In occidente si diffuse infatti la
lingua latina, in Africa quella coopta ed in Palestina la lingua siriaca.
Nel 250 d.c. la chiesa occidentale latina fa tradurre i testi in latino e ….
QUANDO SI TRADUCE SI TRADISCE!!
Proviamo a fare qualche esempio: alcuni fanno sorridere altri hanno permesso
delle interpretazioni che hanno indotto la chiesa in errori piuttosto gravi:
1. Il papa Damaso aveva incaricato Girolamo di tradurre l’AT dalla lingua
ebraica a quella latina e di rivedere la traduzione esistente del NT. Fu
un’opera ciclopica portata avanti da un uomo solo che incappò in una serie
di errori:
 Mosè ( cheren= raggiante traduce coren= cornuto)
 Genesi:” metterò inimicizia tra la tua stirpe e la sua stirpe e questa ti
schiaccerà la testa e tu gli insidierai il calcagno”
 Giovanni 10,16: “sarà un solo ovile, un solo pastore” al posto di:” e
sarà un solo gregge, un solo pastore”
La traduzione di Girolamo diventò l’edizione ufficiale dei testi per molto tempo.

Altro problema da affrontare: perché nella parte della Bibbia definita Nuovo
Testamento ci sono solo quei ventisette “libri” e non anche tutti gli altri?

Attorno al 140 d.C., si trasferì a Roma un certo Marcione, proveniente da


Sinope (Mar Nero) per commerciare, ma anche per predicare il Cristianesimo.
Marcione aveva un'idea tutta sua di Gesù e del Cristianesimo. Marcione era
profondamente antigiudeo e rifiutava in blocco quello che noi definiamo l'Antico
Testamento e dunque, coerentemente, non accettava negli scritti cristiani
nessun riferimento alle scritture ebraiche.
Inoltre si rifaceva ad una filosofia proveniente dalle province orientali
dell'Impero nota come “gnosticismo”.
La gnosi (=conoscenza) si poneva il problema del male nel mondo e
riteneva che Dio non potesse e non volesse fare il male.
Gli gnostici trovarono la risposta nel Manicheismo (filosofia del I-II secolo
d.C.) che sosteneva che nell'universo esistevano due principi: uno, Dio-spirito,
da cui proveniva il Bene; e l'altro, la materia, fonte di ogni male. Marcione
rifacendosi a questi pensatori, non poteva accettare un Gesù che muore in
croce.
Marcione arrivò a negare la vera umanità di Cristo.
Per diffondere al meglio le sue idee Marcione, probabilmente sottocosto,
fece circolare delle edizioni, purgate e consone al suo pensiero, del Nuovo

7
Testamento.
A questo punto le comunità cristiane si dovettero interrogare sui testi che
erano in circolazione e dovettero trovare dei parametri per fissare in modo
inequivocabile i testi che parlavano nel modo corretto di Gesù.
Il rischio che uomini ricchi e potenti, come Marcione, potessero presentare
un Gesù a loro immagine e somiglianza, fece prendere delle chiare decisioni
alle comunità, che stabilirono un elenco di libri che non poteva più essere
mutato e ogni copia di questo Nuovo Testamento doveva essere controllata e
vi doveva apporre la sua firma il vescovo, a garanzia che quella copia era
conforme.
Questo elenco prese il nome di “canone”, che significa “misura”.
Il primo documento che riporta il Canone del Nuovo Testamento, cioè
l'elenco dei libri ammessi, è stato datato al 180 d.C. e venne scoperto nel 1740
da Ludovico Antonio Muratori8 e per questo è noto come Canone Muratoriano.

Ma quali furono i criteri per definire la canonicità dei testi?

I criteri furono:
 ecclesialità: furono accolti quei libri che erano letti nella liturgia da tutte
le comunità che li conoscevano.
 apostolicità: vennero scelti i libri che si riteneva fossero stati scritti
direttamente o indirettamente (dal segretario) da un Apostolo. Infatti
vennero accolti tra tutti i Vangeli scritti, solo quelli i cui autori furono o gli
Apostoli o diretti ascoltatori degli Apostoli. Per quanto riguarda le Lettere
furono le stesse comunità che garantirono sul mittente.
 tradizionalità: le comunità accettarono i libri che erano conformi alla
tradizione orale preesistente e pertanto rifiutarono i testi che
presentavano Gesù in modo diverso da quello tradizionale.

Noi non possediamo i manoscritti originali ma solo delle copie (il più antico
manoscritto in nostro possesso risale al III secolo).
Allo stato attuale delle ricerche sono conservate circa 5500 copie scritte tra
il III ed il XV secolo, ma siamo sicuri di leggere testi conformi agli
originali?

I manoscritti in nostro possesso e risalenti dal II al XV secolo d.C. Sono in


totale 5500 e si dividono in due gruppi, in base al materiale su cui si è scritto:
 papiri del Nuovo Testamento (III secolo e un papiro del II); incompleti
ma fondamentali poiché molto antichi e ne possediamo solamente 72
 pergamene. I manoscritti di questo tipo sono chiamati “codici”.
Vi è una scienza che si interessa della ricostruzione dei testi antichi ed è la
filologia, che nasce in Italia nel periodo dell'Umanesimo (XV secolo).

(La filologia è quell'insieme di discipline che studia i testi letterari al fine

8 1672-1750. ecclesiastico, erudito e storico. Le sue opere più importanti frutto di oltre vent'anni di ricerche in
biblioteche e archivi di tutt'Italia, furono: Rerum Italicarum Scriptores 1723-1738), le Antiquitates Italicae Medii
Aevi (1738-1743) e il Novum Thesaurum Veterum Inscriptionum (1738-1743) in “soli” 38 volumi.

8
della ricostruzione del loro testo originale)

La filologia opera su più fronti, analizzando il testo in modo intrinseco ed


estrinseco.

Quando ci si trova di fronte ad un manoscritto occorre, anzitutto, collocarlo


in un'epoca e individuare il luogo in cui è stato prodotto. Per far ciò si analizza
in primo luogo il supporto fisico (papiro o pergamena) e l'inchiostro utilizzato,
poi si passa all'analisi paleografica (la paleografia è lo studio delle grafie
antiche) ed all'analisi delle eventuali miniature. Con queste tecniche si risale
con grande precisione al tempo e al luogo in cui il manoscritto è stato prodotto.
In alcuni casi il copista lasciava testimonianza di sé nell'opera, indicando in
modo preciso il luogo e il tempo della copiatura.
A questo punto il filologo raggruppa varie famiglie di manoscritti e si pone il
problema di risalire al capostipite.
Il filologo riesce a individuare il manoscritto capostipite analizzando gli
errori di copiatura o come il copista ha modificato il testo cercando di
semplificare il testo originale.
Ricordiamo che all'epoca non esisteva la punteggiatura, che verrà inventata
solo alla fine del Medioevo, e che le parole erano abbreviate, per cui un piccolo
errore di distrazione (i copisti erano uomini come noi!) poteva avere grosse
influenze su tutta una frase.
Il filologo studia dunque le varianti presentate dai vari testi sino a stabilire
quale tra tutte quelle analizzata possa essere uscita dalla penna dell'autore.
Per far ciò il filologo deve conoscere bene il lessico (le parole) e la sintassi
utilizzata nel periodo in cui si deve collocare l'originale e se si tratta di un
singolo autore le peculiarità di scrittura , cioè lo stile di quel determinato
scrittore (a titolo di esempio, solo dall'analisi testuale, Lorenzo Valla nel '400
stabilì che la Donazione di Costantino9 era un falso, prodotto nell'800 d.C.).
In base a questo percorso il filologo riesce a ricostruire il testo originale: il
lavoro è molto lungo e complesso, ma al termine di questo processo si pubblica
una edizione critica che riporta il testo originale secondo il lavoro deduttivo del
filologo, e in nota vengono riportate le varianti al testo ritrovate.

Per quanto riguarda il Nuovo Testamento vi sono due importanti edizioni


critiche conosciute dagli addetti ai lavori con il nome del coordinatore delle
équipe di studiosi che hanno collaborato alla pubblicazione: nello specifico sono
l'edizione di E. Nestle, protestante, edita nel 1898 (ultima edizione 1979) e la
cattolica nota come Merck, pubblicata per la prima volta nel 1933, ultima
edizione 1966.

Le comunità accettarono nel canone i seguenti libri:

9 Con questo documento a lungo lo Stato della Chiesa legittimò le sue pretese ad avere un regno temporale, cioè un
vero e proprio reame con capitale Roma, sostenendo che era stato l'imperatore Costantino a fare dono al Papa di
Roma e dei territori ad essa confinanti. Per legittimare ciò si presentava un documento noto appunto come
Donazione di Costantino.

9
 Vangeli sinottici10: Matteo11, Marco12 e Luca13
 Vangelo di Giovanni
 Atti degli Apostoli
 Lettere di San Paolo: Lettera ai Romani, Prima lettera ai Corinzi,
Seconda lettera ai Corinzi, Lettera ai Galati, Lettera agli Efesini, Lettera
ai Filippesi, Lettera ai Colossesi, Prima lettera ai Tessalonicesi, Seconda
lettera ai Tessalonicesi, Prima lettera a Timoteo, Seconda lettera a
Timoteo, Lettera a Tito, Lettera a Filemone.
 Lettera agli Ebrei14
 Lettera di Giacomo
 Prima lettera di Pietro
 Seconda lettera di Pietro
 Prima lettera di Giovanni
 Seconda lettera di Giovanni
 Terza lettera di Giovanni
 Lettera di Giuda
 Apocalisse.

In totale i testi del Nuovo Testamento sono relativamente pochi, solo


ventisette, ma la cosa importante e fondamentale è la seguente:

dal II secolo dopo Cristo, la Chiesa, intesa non come gerarchia ma come
l'insieme dei credenti, si fa garante dell'integrità dei testi, controllando ogni
edizione prodotta sia a mano sia a stampa, in modo che il testo fosse sempre
conforme ai testi antichi, che venivano letti e conosciuti nelle comunità.
La Chiesa fedele al suo mandato di tramandare i testi nella loro originalità
continua attraverso a filologi, esegeti e altri scienziati, il certosino lavoro di
ricerca, per fornire alle moderne comunità lo stesso testo che i nostri fratelli

10 Sinottico è un aggettivo che deriva dal greco e che significa vedere insieme. Infatti i vangeli di Matteo, Marco,
Luca hanno alcune parti molto simili che ha fatto supporre agli esegeti, cioè agli studiosi delle Scritture, che tutti e
tre gli autori abbiano attinto ad una precedente fonte di detti di Gesù (Logia), scritti in aramaico da Matteo. Questa
fonte solo supposta e non ritrovata è conosciuta come Fonte Q.
11 È detto il vangelo ecclesiale. Matteo scrive per delle comunità che sembrano provenienti dal giudaismo, sono in
conflitto con il giudaismo ufficiale e si aprono ai “pagani”. Secondo una tradizione risalente al II secolo si afferma
che Matteo, il pubblicano di Cafarnao avrebbe scritto dei detti di Gesù in aramaico. L'autore del vangelo di Matteo è
ignoto anche se si è ispirato al precedente testo di Matteo. Il testo attuale è datato tra l' 80 e il 90 d.C. Ed è scritto in
greco.
12 Marco sembrerebbe l'inventore del genere letterario dei Vangeli. Marco partendo da una precedente raccolta di detti
di Gesù (logia) li inserisce in un quadro cronologico e geografico, ripreso poi da Matteo e Luca. La ricostruzione di
Marco non ha esattezza storica ma è funzionale ad un ordine teologico. Si ritiene che Marco sia stato scritto attorno
al 70 d.C. a Roma riprendendo la predicazione di Pietro e la comunità a cui si rivolge è composta da cristiani
provenienti dal paganesimo completamenti digiuni di aramaico. Infatti secondo la tradizione (Papia nel 110) Marco
fu l'interprete di Pietro.
13 L'originalità di Luca consiste nel fatto che abbia scritto un'opera divisa in due parti, il Vangelo e gli Atti degli
apostoli. Luca si presenta come uno storico, ma credente in quello che narra. Egli afferma, modestamente di non
volere scrivere un vangelo, ma un racconto degli avvenimenti affinché il discepolo, Teofilo, possa credere. È il
vangelo della misericordia. La comunità a cui si rivolge non è ben chiara, ma da parecchi indizi desumibili dal testo
si può affermare che Luca si rivolge a dei cristiani provenienti dal paganesimo e che hanno fatto l'esperienza dello
Spirito Santo. Dal II sec. si ritiene che Luca sia il caro medico citato da Paolo ( Col 4,14) che avrebbe accompagnato
l'apostolo nei suoi viaggi. Forse, Luca era originario di Antiochia e usava la lingua greca con eleganza.
14 Secondo alcuni studiosi è da attribuirsi a Paolo per altri invece l'attribuzione è dubbia.

10
leggevano, meditavano e vivevano agli inizi di questa splendida avventura che
si chiama Chiesa.
È necessario comunque precisare ancora che, già nel 180 d.c. la Chiesa ha
riunito quattro vangeli insieme, differenti fra loro dai quali non possiamo
sapere esattamente cosa ha detto o fatto Gesù in quanto essi non sono la
cronaca ma una profonda riflessione teologica che li rende ancora validi
oggi.
Dal punto di vista storico, non abbiamo neanche la certezza di una sola
parola come realmente pronunciata da Gesù.
Perché?
Perché dipende dal vangelo consultato. In passato le differenze erano viste
come diversi momenti della vita di Gesù
Se confrontiamo ad esempio i passi delle beatitudini nei Vangeli di Matteo e
di Luca, emergono delle differenze:
 Quante sono le Beatitudini? Otto secondo Matteo e quattro
secondo Luca
 Dove le ha dette? Una volta sul monte ed una volta in un luogo
pianeggiante
Queste differenze in realtà non sono tali perché quello che gli evangelisti
trasmettono è una verità e questa è uguale per tutti.
E' il modo di trasmetterle che cambia: ogni evangelista, secondo la
comunità a cui si rivolge, secondo il piano teologico che ha, costruisce questa
verità in maniera differente.
Per esempio, riguardo la nascita di Gesù, nel vangelo di Matteo viene
espressa con l’episodio dei Magi; la stessa verità nel vangelo di Luca, con i
pastori.
Per la cultura orientale infatti ciò che conta non è il fatto in sé ma è la
verità contenuta nel fatto stesso. Nell’esempio citato entrambi gli evangelisti
volevano sottolineare l’importanza che Gesù si è manifestato agli ultimi; infatti
i magi e i pastori erano allora considerati ai margini della società e addirittura
esclusi dal piano di salvezza.
Dunque, per comprendere i testi bisogna avere ben presenti i destinatari
perché in base al destinatario il messaggio comunicato assumerà particolari
connotazioni.
Per comprendere bene questo concetto proviamo a immaginare che vi
siano un malato, un farmacista e un medico.
A queste tre persone si presenta un monitore sanitario (rappresentante di
medicinali).
Al malato basterà che il monitore comunichi che è stata messa a punto una
medicina che lo porterà alla guarigione.
Al farmacista potranno interessare altri dati come ad esempio la
composizione chimica del farmaco in questione e magari il prezzo di vendita.
Al medico interessa conoscere come il farmaco agisca sui sintomi della
malattia e le eventuali controindicazioni.
Il contenuto è lo stesso per tutti i destinatari (la pubblicizzazione di un
nuovo farmaco), ma la comunicazione e le informazioni variano a seconda delle
persone a cui il messaggio è rivolto.

11
A questo punto sorge spontaneo un interrogativo:
- i vangeli sono così difficili da capire e interpretare?
- non sono stati scritti con un linguaggio accessibile a tutti ?

PURTROPPO NO!
I vangeli non sono stati scritti per essere letti, ma ascoltati in
quanto la maggior parte dei primi credenti era analfabeta.
Gli evangelisti non presentano una cronistoria di quel che Gesù ha fatto ma
il suo significato nella vita della comunità: non fatti straordinari per suscitare la
meraviglia nel lettore, ma inviti a continuare l'opera di Gesù.
Tutti i personaggi che ricorrono nei vangeli sono visti con l'occhio buono di
Gesù e vengono presentati in modo del tutto anonimo, in quanto la loro realtà
trascende la dimensione storica per proiettarsi nell'attualità di ogni tempo:
eliminando ogni riferimento anagrafico, gli evangelisti presentano personaggi
nei quali ogni lettore può riconoscersi

SECONDA PARTE
NIENTE E' CASUALE

LA GALILEA
piantina
Perche Gesù sceglie di iniziare la sua vita pubblica proprio in Galilea ?

L’evangelista Matteo presenta l’inizio dell’attività di Gesù. Una volta venuto a


sapere che Giovanni è stato arrestato e quindi l’aria si fa pesante e difficile in
Giudea, Gesù sale al nord, nella Galilea, nella regione che vedremo abbastanza
disprezzata, “lascia Nazareth, il suo paese natale, e va ad abitare a Cafarnao”.
E’ interessante il fatto che né Nazareth né Cafarnao vengono mai nominate
nell’Antico Testamento,( comunque Cafarnao era una città di frontiera,
importante posto di dogana).

E qui l’evangelista vede, nell’attività di Gesù, nella scelta di Gesù di salire in


Galilea, la realizzazione della promessa di liberazione messianica da una
situazione di oppressione a una di salvezza, di un territorio che era stato
devastato dagli Assiri e cita, a proposito, il profeta Isaia al capitolo 8, versetto
23, dove si parla di Galilea delle genti.
Mentre la Giudea deve il suo nome a Giuda, uno dei patriarchi più importanti,
questa regione al nord era talmente disprezzata - era una regione abitata da
poveri, da bifolchi, da gente violenta – era talmente disgustata la popolazione
della Giudea da quelli del nord, che lo stesso Isaia non sa come definire questa
regione e usa un termine dispregiativo, la chiama ‘la provincia o il distretto
dei non ebrei’.
Il distretto in ebraico è Gelil da cui il termine Galilea, quindi mentre Giudea
deriva da Giuda, Galilea deriva da questo termine dispregiativo col quale il

12
profeta indica questa regione al nord.
Ebbene proprio questa regione, dove il popolo abita nelle tenebre, proprio lì è
sorta la luce.
E qui l’evangelista anticipa quella che poi sarà l’azione di Gesù, luce del
mondo, di comunicare ai suoi stessi discepoli la possibilità di essere luce del
mondo.

MARIA

Dio sceglie Nazareth (Lc 1,26-38). Un posto peggiore non lo poteva trovare .
Mai nominata nei testi della Bibbia e negli scritti rabbinici, Nazareth gode di
una pessima reputazione. “…da Nazareth può venir mai qualcosa di buono?, si
chiede Natanaele (Gv. 1,46)

E si rivolge a una donna, a una ragazza qualsiasi, da un nome strano, Maria.


Dopo che la sorella di Mosè, Maria, fu punita da Dio con la lebbra, per aver
mormorato contro Mosè, nessuna donna, nell’A. T., portava quel nome.

Maggiorenne a undici anni e un giorno, senza alcuna cerimonia particolare che


ne festeggi l’avvenimento, Maria si trova di fronte alla tappa obbligatoria della
sua condizione di donna: il matrimonio. Nel mondo ebraico non è concepibile la
figura della donna indipendente. Essa deve appartenere o al padre/padrone, o
al marito; o, se vedova, al figlio maggiore.

Luca presenta Maria come “promessa sposa di un uomo, di nome Giuseppe”.


Avevano cioè compiuto lo “sposalizio”, combinato dalle due famiglie, che si
erano accordate sulla dote e sulla verginità della ragazza. Giuseppe aveva
coperto con il suo mantello Maria dicendole “Tu sei mia sposa” e Maria aveva
risposto: “Tu sei mio marito”. Dopo un anno avrebbero celebrato il complesso
rito matrimoniale e sarebbe iniziata la convivenza.

Giuseppe non poteva certo vantare antenati rispettabili. Basti vedere la lista
preparata dall’evangelista Matteo per rendersene conto: un campionario di
imbroglioni e lazzaroni, di donne straniere, di tenutarie di bordelli e di
adultere. Tutto ciò per farci capire in quale squallido contesto sociale nacque
Gesù.
Ed è, forse, per coprire questa macchia che Giuseppe diviene Zaddiq “giusto”,
come lo chiama Matteo, cioè appartenente al gruppo degli osservanti della
Legge in tutta la sua ampiezza.

E’ nel grembo di questa ragazza promessa sposa di Giuseppe, che Dio decide di
iniziare la sua storia tra gli uomini. Lì comincerà ad esistere suo figlio. “Tu
sarai la madre del figlio di YHWH di Dio”. Per la mentalità ebrea questa era
un’eresia e una bestemmia: “Dio è uno!” (Es.20,1; “YHWH non può essere
nominato” (Es. 20,7). Tutto questo Maria lo sa; lo ha sentito tante volte nella
sinagoga, eppure si rende disponibile “Si compia in me quello che hai detto”

13
(Lc. 1,38). Sarà la madre del figlio di YHWH, L’ignota ragazza di Nazareth, sarà
proclamata “beata” (“Beata te che hai creduto” dirà Elisabetta. Lc. 1,48).

La donna che non poteva avvicinarsi al Santuario, conterrà il Dio che quello
stesso santuario pretendeva racchiudere fra le sue mura. La donna che non
poteva neppure toccare la Bibbia (dice il Talmud: ”E’ meglio che il rotolo della
Torah sia bruciato, che toccato da una donna”), accoglierà nel suo grembo la
Parola di Dio fatta carne. La ragazza di Nazareth, in profonda sintonia con Dio
che “Fa nuove tutte le cose" (Ap 21,5), risponde al richiamo della vita che
vuole sbocciare e che, per nascere, esige che "non ci si fermi alle cose passate,
non si pensi più alle realtà antiche..." altrimenti non ci si accorge della cosa
nuova, che proprio ora vuoi germogliare..." (Is 43,18-19). Maria abbandona il
vecchio, il "certo", la tradizione dei padri, per aprirsi al nuovo, all'incognito; si
spoglia della camicia di forza dell'ortodossia, per poter essere pienamente
libera di accogliere la sacrilega eretica proposta di Gabriele.

Dopo il Battesimo sulle rive del Giordano, la prima decisione che Gesù prende
per compiere la sua missione è quella di iniziare in Galilea e secondo i sinottici,
Gesù si ferma in tale regione fino a poco prima della sua morte.

E' indubbio che il posto da cui qualcuno parla condizioni il che cosa tale
persona afferma.

Quando Gesù ha pensato dove poteva essere realizzato il suo progetto, la


prima cosa che fece fu quella di scegliere la regione dei poveri, la regione della
gente senza importanza, in una provincia i cui abitanti non erano ben visti anzi
erano spregevoli, suscitavano facilmente il riso e l'ironia e anche le espressioni
più pesanti ( stupidi galilei ).

Quando Gesù viene chiamato il galileo è evidente il disprezzo.

E' indubbio che Gesù non abbia curato la sua immagine pubblica; i suoi criteri
sono contrari a quanto farebbe chiunque che decidesse di iniziare una
campagna informativa che voglia influire sull'opinione pubblica.
Gesù, per comunicare la buona novella non ha cercato i posti di privilegio, i
favori dei più influenti, non è andato subito nella capitale Gerusalemme o nei
luoghi più religiosi: il suo messaggio di povertà umiltà e semplicità non poteva
essere divulgato da pulpiti o cattedre solenni.

Gesù aveva una convinzione certa: non può esserci dissociazione e meno
ancora contraddizione tra ciò che si dice e ciò che si fa.

Solo quando ciò che si dice è coerente con ciò che si vive, la parola diventa
efficace e convincente.

La decisione di Gesù di vivere in Galilea con gli ultimi è la constatazione di un


fatto dimostrabile anche in sociologia e cioè che i cambiamenti profondi e
duraturi nella società non avvengono mai dall'alto ma dal basso.

14
Traccia per la riflessione

 Quale idea mi sono fatto di Gesù storico? Ho mai pensato a Lui come un
giovane uomo ebreo nato e vissuto in una terra e in un tempo ben
specifico? La mia idea di Gesù è quella presentatami dai film che ho
visto? Mi sono interessato al mondo, cioè, alla cultura in cui Gesù è
vissuto?

 Conoscere la realtà storica e culturale nella quale è vissuto Gesù,


secondo te serve per capire meglio il Vangelo che ascolto alla domenica?

 Quale rapporto ho con la Bibbia e soprattutto con il Nuovo Testamento?


Ritengo che sia una lettura solo per preti? Ho mai provato a leggerlo? Lo
trovo facile o è una lettura complicata? Ho voglia di leggerlo? Ho voglia,
come battezzato di farmi anch'io “Tradizione”, nella mia piccola chiesa
domestica che è la mia famiglia? Pensi che una meditazione e una
comprensione più approfondita dei testi della Bibbia ti possano aiutare a
vivere il tuo essere cristiano?

15

Potrebbero piacerti anche