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LEZIONE 2
➔ Il restauro tra il XVIII e XIX secolo
- introduz
4 elementi:
1) pensiero filosofico fondato sul vero e sull’autentico
2) sistema giuridico capace di
3) un’interpretazione della materia autentica come portatrice di valori spirituali
4) visione lineare del tempo—> passato come esempio e modello, suppurazione del tempo
presente (scissione tempo presente e tempo passato concetto fondamentale per l’illuminismo)
OVVERO una visione lineare del tempo che riconoscesse il mondo antico come ormai distante
(…)Però, essendo io stato assai studioso di q(ues)te antichità, et havendo posto non picciola cura
in cercarle minutamente et misurarle con diligentia, et leggendo i buoni autori, confrontare l’opere
con le scritture, penso di haver conseguito qualche notitia dell’architettura antica. Il che in un punto
mi dà gra(n)dissimo piacere, per la cognitione di cosa tanto eccellente, et grandiss(im)o dolore,
vedendo quasi il cadavero di quella nobil patria, che è stata regina del mondo, così miseram(en)te
lacerato.
Roma luogo chiave: contiene per massima parte le vestigia dell’impero romano e naturalmente il
fatto che Roma diventi sede del papato e della cristianità fa si che si arricchisca ancora di più. La
concezione che si ha della Roma antica si ha dai singoli monumenti e dai suoi simboli. Non viene
letta come un continuum ma fatta da singoli luoghi e monumenti. Mantegna fa una
rappresentazione della Roma ideale.
Con l’umanesimo si consolida progressivamente l’interpretazione delle rovine come segni di una
magnificenza ormai perduta e remota – più tardi espressa dalla celebre massima «Roma quanta
fuit ipsa ruina docet», apparsa sul frontespizio del Quinto libro di Architettura di Sebastiano Serlio
nel 1547 – ma anche di una possibile rinascita, fondata su una visione ciclica della storia. Il
concetto stesso di ruinae, riferito nei testi letterari quattrocenteschi prevalentemente a resti di
edifici solenni e grandiosi, va direttamente rapportata alla coeva nozione di monumenta
Dallo studio delle rovine della Roma antica ha origine, fin dalla prima metà del XV secolo, la
redazione delle prime “guide” della città, a partire dalla Descriptio Urbis Romae di Leon Battista
Alberti, fino alla più significativa Roma instaurata di Flavio Biondo (1446), fondata su una sintesi
delle conoscenze letterarie in rapporto alla reale consistenza dei monumenti superstiti.
Attraverso la guida del Biondo, si diffonde il ricorso al metodo induttivo, fondato sull’analisi diretta
delle costruzioni, spesso in contrasto con le testimonianze scritte e con le leggende tramandate nel
tempo. Spesso ci sono dei contrasti tra la narrazione della città e quelli che sono i monumenti fisici.
I temi dei trattati è fondamentale per lo sviluppo dell’architettura rinascimentale ma anche per il
restauro: iniziano a delinearsi alcuni concetti che fanno capire come il restauro è un’istanza
importante.
Nel suo Trattato di Architettura (Libro architettonico, 1460 ca) Antonio di Pietro Averlino detto il
Filarete, che scrive programmaticamente in volgare e dedica al Francesco Sforza, conia un nuovo
vocabolo Malato Domo, ossia quell'architettura che presentava problemi di salute.
Analogia tra il restauro e la medicina: l’edificio si “ammala” come il corpo e deve essere “curato”
attraverso la diagnosi e la terapia (il medico ovviamente è l’architetto).
Leon Battista Alberti nel decimo libro del De Re Aedificatoria tratta di come restaurare un edificio.
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Intervenire sugli edifici preesistenti poichè essi possono presentare difetti intrinsechi (errori di
progettazione, sito non appropriato) ed estrinsechi (distruzioni per terremoti, guerre).
“l’efficacia della cura dipende dalla conoscenza della malattia”.
I difetti possono essere congeniti o possono derivare da fattori esterni (clima, gelo, azione umana
come le guerre, terremoti ecc… ).
“In mancanza di una visione storica del passato il rapporto uomo- opera d’arte è sempre impreciso,
mutabile, arbitrario e quando gli architetti si accostano al monumento per riadattarlo alle nuove
esigenze , per sostituirvi qualche parte o per completarlo, è sempre il monumento che deve
entrare nella visione dell’architetto e mai viceversa, il che non è precisamente quello che noi
chiamiamo restauro”. C. Ceschi, Teoria e Storia del restauro, 1970.
Non si puo’ considerare il restauro come un prodotto tipico della civiltà moderna ma il fenomeno
deve essere ricondotto nell’ambito continuo degli interventi su edifici esistenti, Passando dall’idea
di restauratio est renovata creatio a intervento diretto sul bene attraverso un complesso di
operazioni finalizzate all’integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed
alla trasmissione dei suoi valori culturali DLgs 42/2004 art.29
Dal XV secolo, appare possibile riconoscere a partire da una serie di differenti atteggiamenti verso
le preesistenze un lento processo di avvicinamento al concetto di restauro, anche se ancora
prevale il principio di riuso e rinnovamento secondo forme proprie del periodo di intervento.
Facciata unitaria e normalizzando la facciata rendendola più semplice.
1634 Galileo GAlilei, recluso in casa per le recenti condanne, scrive “Discorsi e dimostrano
matematiche intorno a due nuove scienze”—> da origine a quella che studiamo noi oggi come
statica e scienza delle costruzioni. Nella statica illustra due questioni: 1 è il comportamento di una
mensola e l’altra è un elemento soggetto a trazione (?).
Tutti i problemi sul costruito che prima venivano affronatati attraverso la conoscenza empirica
(conoscere facendo), vengono affrontati da qui in poi con strumenti scientifici—> chiamati a
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dissertare sui problemi delle costruzioni dei matematici. Il “grande malato” è la cupola di Sani
Pietro (+ la cupola del Brunelleschi)—> il papa e la chiesa si preoccupano di queste grandi
costruzioni. Se l’approccio inizialmente poteva essere empirico, dal 1700 in poi questi problemi
vengono affrontati da matematici che iniziano ad applicare le conoscenze che Galileo galilei aveva
evidenziato.
I componenti della triade di Vitruvio diventano cosi concatenati. Non si può pensare ad un restauro
pensando soltanto ai problemi strutturali dell’edificio.
Dogana di Terra a Roma—> esempi comuni con cui si interviene su strutture antiche (tempio
romano di Adriano).
Alle soglie del XVIII secolo sono gli architetti Carlo e Francesco Fontana a sintetizzare il modello
più aggiornato dell’atteggiamento del periodo nei confronti dell’architettura antica. Nel 1695 è
chiamato a utilizzare ciò che rimaneva del tempio costruito dall’imperatore Adriano per edificare la
nuova fabbrica della Dogana di Terra.
Demoliscono tra parte delle strutture che si erano inserite tra le colonne e rendono
omogenea la facciata costruendo un palazzotto che mantenesse queste colonne giganti.
- Stem e Valadler:
A partire dalla seconda metà del XVIII secolo si sviluppa un nuovo approccio alle opere del
passato che non prevede più tentativi di completamento, ma il massimo rispetto per l’integrità del
testo: all’esigenza di ‘richiudere ’una forma, subentra la volontà di valutare il frammento nella sua
autenticità, anche a costo di rinunciare alla lettura della compiutezza della forma originaria.
Le idee della Rivoluzione francese contagiano il secolo ed i paesi che Napoleone conquista. Nel
700 vengono scoperte Pompei ed Ercolano: due grandi città del passato ed un’enorme quantità di
reperti archeologici, che fa sorgere una nuova cultura e passione: ARCHEOLOGIA.
Uno dei temi più ricorrenti sarà quello di riscoprire i resti che emergevano nella città romana.
Riemergere letteralmente, a causa della sovrapposizione dei materiali, parzialmente annegati nel
terreno sovrapposto. Campagne di scavo e di rimessa in luce, sempre co la tecnica del
monumento isolato. Il cardinale Fea iniziera a concepire la ricerca archeologica concentrandosi su
uno scavo sistematico per mettere alla luce un sistema e non solo un singolo elemento.
1) scoperta di molte città archeologiche da cui rinnovato interesse per le antichità classiche
(Ercolano 1734, Pompei 1748)
2) nascono le prime proposte di restauro di statue ed edifici per la conservazione come modelli.
COLOSSEO
Raffaele Stern: nasce a Roma nel 1774. Stern si mette a servizio dei signori francesi quando
l’Italia passa a Napoleone. Viene addirittura chiamato da Napoleone per il suo palazzo imperiale a
Roma. Nel periodo napoleonico va anche a Parigi ad ampliare la sua conoscenza dell’architettura.
Esiti della Commissione Camporesi, Palazzi, Stern nominata nel 1806 da Papa PioVII
Lo scolocamento dei massi di travertino cagionato dalle aperture verticali che segnatamente si
osservano nel secondo e terzo ordine, ha prodotto praticamente nei piedritti dei due ultimi archi
una divergenza per la quale le pietre cuneiformi che ne compongono le chiavi sono notabilmente
calate in forza della loro gravità. Stern realizzò il grande sperone in laterizi e la tamponatura delle
due campate su tre ordini di fornici all’estremità settentrionale dell’anello interrotto.
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Conservò l’effetto visivo del dissesto delle arcate, quasi un’istantanea dell’attimo di un crollo.
In questo modo, egli non cancellò i segni del tempo e del degrado subito dal monumento.
Rifiutando ogni ipotesi di smontaggio delle parti degradate e precarie, l’architetto provvide infatti a
murare le arcate pericolanti con mattoni, che ancora oggi svolgono la funzione di immobilizzare i
concilapidei nella loro posizione di dissesto.
Conservò l’effetto visivo del dissesto delle arcate, quasi un’istantanea dell’attimo di un crollo. In
questo modo, egli non cancellò i segni del tempo e del degrado subito dal monumento. Rifiutando
ogni ipotesi di smontaggio delle parti degradate e precarie, l’architetto provvide infatti a murare le
arcate pericolanti con mattoni, che ancora oggi svolgono la funzione di immobilizzare i concilapidei
nella loro posizione di dissesto
Scelta molto contemporanea, quasi poetica e rispettosa del tempo. È possibile un parallelismo con
la camera dei Giganti a Palazzo Te, in cui viene rappresentata questa forma di congelamento.
RICONOSCIBILITA DELL’INTERVENTO, COMPATIBILITÀ CONSERVANDO LA MATERIA
ORIGINALE NELLA SUA PERMANENZA. Viene messa una targa con la data dell’intervento per
chiunque visiti il monumento.
Ricorrendo a un espediente tecnico di limitata invasività strutturale, Stern costruì inoltre uno
sperone di appoggio all’estremità delle arcate, che essendo incomplete e quindi prive di sostegno,
tendevano ulteriormente a sgretolarsi.
Il nome di Pio VII Chiaramonti, sotto il cui pontificato Stern portò a compimento l’intervento sul
Colosseo, si legò anche all’importante chirografo (1802) che costituì il primo nucleo organico di
leggi per la tutela nello Stato Pontificio. Alle direttive segnate nel chirografo si richiamò nel 1820
l’editto emanato dal cardinale Bartolomeo Pacca, esso conteneva le misure da prendersi per
verificare il complesso di antichità esistenti nello Stato Pontificio.
ARCO DI TITO
- Epoca medievale: Resti dell’Arco di Tito incorporato nelle mura dei Frangipane. Spoliazione dei
marmi, per recupero del materiale; presenza della struttura costruttiva, quasi totale mancanza
del rivestimento. Sostituzione del preesistente attico con costruzione in mattoni.
- XVIsec.: Primi restauri consistenti nella demolizione di alcuni edifici dal lato Sud, e
realizzazione di un contrafforte. Successivo inglobamento dell’arco nelle strutture del Convento
di S. Francesca Romana.
- 1812-13: Danni a seguito del sisma del 1812. Interventi di iniziale liberazione dalle strutture
conventuali, demolite.
Stern però fa una cosa diversa→ libera l’arco dalle costruzioni addossate: decide di ricostruire parti
mancanti con materiale diverso e semplificando le forme degli elementi architettonici (colonne,
capitelli, cornici, paraste…). Dietro queste scelte probabilmente ci sono anche motivi economici
(no marmo ma travertino, stessa cosa per la stilizzazione dei dettagli: abbattere i costi). Stern
viene sostituito poi alla sua morte da Valadier che concluse l’intervento nel 1824. Eredita i materiali
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che Stern aveva già acquistato, smontando l’arco, smonta e ricostruisce i pezzi con delle forme
semplificate.
L’intervento di Valadier Il monumento venne studiato dal Valadier e per confronto con altri archi
romani meglio conservati con l’intento di comprendere quale potesse essere stata la sua forma
originale, ormai irrimediabilmente manomessa e della quale rimaneva solo il fornice. Egli decise
per un intervento di liberazione dell’antica architettura dagli edifici addossati in età medievale.
Considerate le carenze statiche del monumento, l’architetto optò per lo smontaggio dei conci di
marmo dissestati, numerandoli precisamente. Questa operazione gli consentì di verificare anche il
sistema costruttivo dell’Arco.
I conci marmorei vennero poi ricomposti e opportunamente fissati. Infine, l’arco fu completato
integrandone le parti mancanti con nuovi conci di travertino. A questo proposito, l’Abate Carlo Fea,
in qualità di Commissario alle antichità dello Stato Pontificio, impose all’architetto di non spingersi
a ricostruire i capitelli e le cornici secondo il criterio di analogia con gli elementi originali ancora
conservati, limitandosi a ripristinarli in forme molto semplificate dal punto di vista stilistico, affinché
rimanessero chiaramente distinguibili.
“Col ricostruire la massa intiera dell’Arco...non si è voluto imitare nella qualità del marmo, e negli
intagli perché si è dovuto praticare la possibile economia, senza togliere la decenza e il rispetto
dovuto al monumento, che per una malintesa
venerazione si voleva da qualcuno assicurato con due
solidi ma inconvenienti speroni...” .
Volle inoltre chiudere gli accessi al monumento con dei cancelli. È costruita in laterizio ma cera
l’intenzione di rivestire con intonachino per migliorare la resa estetica.
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L’architetto fece ricostruire per analogia alcune delle arcate crollate, in numero decrescente a
partire dal basso, secondo modalità che vorrebbero rendere lo sperone perfettamente mimetico
con le parti originali dell’edificio.
Lo stesso Valadier riporta nel suo scritto del 1833 “Opere di Architettura e di Ornamento”: «Il
nuovo lavoro, per procurare la possibile economia, ha di travertino soltanto la metà dell’altezza dei
primi piloni, le imposte degli archi, le basi delle colonne e i rispettivi capitelli e l’ultima membratura
dei cornicioni, perchè siano più stabili. Tutto il resto è di mattoni, con i quali si sono fedelmente
imitate le antiche scorniciature, ed avendovi data una patina a fresco generale, imitante l’antico,
sembra di travertino intieramente »
Sotto Gregorio XVI furono ricostruite le parti mancanti del secondo anello nel settore meridionale,
ovvero sette arcate del primo ordine e otto del secondo ordine. L'intervento iniziato dal Salvi fu
concluso dal Canina che eseguì anche, nel 1852, il restauro del settore nord, ove l'architetto
ricostruì parte del piano dell'ultimo ordine. Restituisce questa forma complessiva del fabbricato per
arrivare ad una forma concreta del colosseo.
Seconda basilica della cristianità dove era stato seppellito San Paolo. Basilica paleocristiana a
cinque navate, immensa che nel 1823 subisce un incendio a partire dalle capriate del tetto e, per
effetto della temperatura, si calcinano i marmi della parte centrale della chiesa.
Valadier propone una soluzione architettonica molto contemporanea: abbandonare le forme della
basilica paleocristiana e di costruire una costruzione a croce greca sulla parte che era rimasta
intatta. Doveva a essere diversa dalla forma originale, con delle forme neoclassiche. Il colonnato
esterno sopravvissuto doveva essere recuperato come quadriportico. (e tenere un modello in
legno 1:20 della basilica precedente).
Dal momento che era bizantina per lui aveva meno valore di una vestigia romana. Valadier era
molto vicino al Papa. Il cardinale Fea, molto erudito di arte antica, si oppone a questa decisione,
ovvero la basilica sarebbe dovuta essere ricostruita tale e quale, imponendo la ricostruzione della
chiesa come voleva. La vicenda è conclusa da un atto papale del 1825 che stabilisce che il
progetto di restauro si dovrà eseguire secondo le forme antiche.
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Cultura erudita—> cultura condotta esclusivamente sugli studi vs cultura degli architetti —
> cultura data anche dal cantiere, dal campo
➔ quatremere de quincy
QUATREMERE DE QUINCY
Nasce a Parigi, archeologo, conoscitore dell’arte antica. Scrive tra l’altro il Dizionario storico
d'architettura, pubblicato in Francia nel 1832 e poi tradotto in Italia nel 1842-44.
Il Dizionario pubblicato a Mantova nel 1842 ebbe larga diffusione nel nostro paese, grazie a
Leopoldo Cicognara, all'amicizia di Canova e all'interesse che entrambi ebbero per la scultura.
Anche nel mondo del restauro che la definizione che egli da rimane un elemento che continuerà
nel tempo ad avere la sua valenza. Nella definizione di restauro introduce diversi concetti (anche
dovuti al lungo periodo di gessazione del dizionario). Distinzione tra gli interventi sulle sculture e
quelli sulle architetture.
1) Nella prima l'autore puntualizza la distinzione tra gli interventi sulle sculture e quelli sulle
architetture. —>parla soprattutto di scultura gli avanzi delle statue mutile che il tempo e le
vicende avevano sepolto sotto le rovine degli edifici ", si diffonde l'uso di render loro l'integrità
della forma primitiva, rifacendo colla stessa materia le parti guaste e le membra di cui erano
mancanti: ed in ciò consiste propriamente il restaurare “. Deve intervenire la fantasia
dell’autore per completare le parti mancanti. ll Dizionario rileva la differenza sostanziale che
separa il restauro scultorio da quello architettonico, infatti, mentre il completamento delle opere
d'arte scultorie lacunose, ha bisogno di un contributo creativo, questo non può dirsi per quanto
riguarda il restauro architettonico. L'architettura, infatti, si compone di parti similari che
possono, mediante un'esatta osservanza delle misure, essere identicamente copiate o
riprodotte. Questa operazione, può ridursi ad un semplice meccanismo. Quatremère distingue
pertanto tra atto creativo (Restauro scultorio) e atto meccanico (Restauro architettonico) di
riproduzione ed integrazione
2) Nella seconda parte parla più di architettura. Se per le statue deve intervenire la fantasia,
nell’architettura deve applicare gli elementi già conosciuto per terminare l’edificio. Non è un
teorico del restauro, tende a dare una definizione di che cos’è in quel momento il restauro, nel
momento in cui scrive. Riprendendo i concetti già espressi, e facendo sempre riferimento ai
resti archeologici, critica apertamente la concezione inglese, romantica, del "ruinismo", opposta
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a quella del ripristino. Quatremère cerca poi di dare delle indicazioni per il superamento della
polemica tra " ripristinatori " e "ruderizzatori", suggerendo come si può "tenere una via di
mezzo nella restaurazione degli antichi edifici più o meno rovinati".
- sostenitore della conservazione in situ—> Napoleone portava molte opere a Parigi, nel
Louvre
- oppositore dell’azione di spoliazione delle opere d’arte praticata dalla Francia nei paesi
conquistati durante le campagne napoleoniche. Non è corretto per Q. perché le opere
devono vivere nel proprio ambiente, quindi questa forma di esproprio non ha nessun
senso nella conservazione. In seguito molte delle opere verranno restituite.
- restauro finalizzato a tutte le opere del passato, escluse quelle medievali e moderne
- restauro = reintegrazione delle parti distrutte mediante l’analisi delle parti superstiti,
ripristino delle forme e dell’armonia originale
- fiducia nella conoscenza storica: lo studio del passato può far dedurre le forme esatte,
basta seguire le regole della sintassi.
In sintesi
1) Restaurare è “rifare a una cosa le parti guaste e quelle che mancano, o per vecchiezza o per altro
accidente”
2) Le ragioni del restauro stanno nel “conservare ciò che è suscettibile di somministrare all’arte dei
modelli, o alla scienza dell’antico delle autorità preziose”
3) Occorre conservare, quando possibile, col solo “rimettere al loro posto i materiali caduti”, o con
semplici opere di puntellamento. Importanza della manutenzione
5) Il restauro deve essere fondato sul principio della reintegrazione delle parti distrutte con materiali
differenti dagli originari e limitando la riproduzione degli ornati alle sole linee di inviluppo
6) Distingue il restauro rivolto alle opere di scultura (per le quali considera lecita la reintegrazione
delle parti secondo un atto creativo) da quello riferito all’architettura, per il quale bisogna
rispondere a misure precise.
7) L’architettura è fatta di parti similari che possono essere imitate, ovvero riprodotte attraverso
un’attenta analisi delle misure e delle proporzioni (metodo analogico)
E’ precisamente quel che c’è di fittizio e d’incompleto in ogni arte che la costituisce arte. E’ di là
che trae la sua principale virtù e l’effetto della sua azione è di là che viene il potere che essa ha di
piacerci. Si riconosce in Quatremère la base del pensiero moderno fondato sulle due istanze, la
storica (monumentodocumento) e l’estetica (monumentoopera d’arte-modello