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UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE

FACOLTÀ DI INGEGNERIA

CORSO DI LAUREA IN EDILE – ARCHITETTURA

STORIA DELL’ARCHITETTURA

La formazione dell’architetto
(Vitruvio, De architettura, Libro I, 2-10)

Docente:
Paolo Clini

Relazione di:
Ilaria Porcarelli

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INDICE

Marco Vitruvio Pollione.................................................................................................................. 1


De architectura .............................................................................................................................. 1
Definizione e formazione dell’architetto secondo Vitruvio .......................................................... 2
La letteratura ..................................................................................................................... 3
Il disegno............................................................................................................................. 3
La geometria ....................................................................................................................... 4
Il canone classico nell’architettura ......................................................................... 5
Il rettangolo aureo .................................................................................................. 5
Il canone classico nella scultura ............................................................................. 6
Il triplice fondamento dei canoni ........................................................................... 6
La musica ........................................................................................................................... 7
La Filosofia ......................................................................................................................... 8
La storia ............................................................................................................................. 8
La medicina ........................................................................................................................ 8
Le norme giuridiche e urbane e l’astronomia ................................................................... 9
La città romana ...................................................................................................... 9
La città romana di Aosta ...................................................................................... 10

2
Marco Vitruvio Pollione
Marco Vitruvio Pollione, ovvero Marcus Vitruvius Pollio, fu un grande architetto, un ingegnere
militare e il primo e più famoso teorico dell'architettura di tutti i tempi.
Non si sa dove sia nato, chi dice a Roma, chi a Fano, Fondi, Verona, Formia, l'area campana in
genere e addirittura in Numidia. Nacque comunque nell'80 a.C. e morì il 23 a.C.. Anche della sua
vita si sa poco, e quel poco è dedotto dalle notizie autobiografiche inserite nel suo trattato, il
“De Architectura”. Sembra fosse un ufficiale sovrintendente alle macchine da guerra sotto Giulio
Cesare e poi architetto-ingegnere sotto Augusto, anche se la sola opera che lui stesso si
attribuisce è la basilica di Fano.
L’unica certezza è che fu lui a scrivere il celebre trattato sull’architettura del tempo, il “De
Architectura”, un’opera che è stata una insostituibile fonte per l’architettura occidentale.

De Architectura

Il “De architectura” è un trattato scritto in latino tra il 29 e il 23 a.C., l'unico testo sull'architettura
giunto integro dall'antichità per cui è il fondamento teorico dell'architettura occidentale, dal
Rinascimento fino alla fine del XIX sec. L'opera costituisce una delle fonti principali sui canoni
architettonici adottati dai Greci, sulle loro costruzioni principali, sui metodi costruttivi degli
antichi romani, sulla progettazione di strutture, sia grandi (acquedotti, edifici, bagni, porti) che
piccole (macchine, strumenti di misurazione, utensili).

Del libro ne è pervenuta un'unica copia, priva delle illustrazioni, proveniente dalle isole
britanniche e portata da Alcuino alla corte di Carlo Magno dove suscitò un interesse
esclusivamente filologico. Copiato in vari esemplari a partire dalla copia originaria oggi persa,
pare che il trattato non abbia esercitato alcuna influenza, sull'architettura, per tutto il medioevo,
sebbene un manoscritto del “De Architectura” a Oxford rechi glosse al margine di mano di
Petrarca, e Boccaccio ne possedesse una copia. Altre copie sono documentate, anche in Italia, a
fine Trecento.

L'opera fu dedicata all'imperatore Augusto, auspicio di un rinnovamento generale dell'edilizia


pubblica. L'influenza di Vitruvio nell'antichità sembra sia stata però limitata, e pure le opere non
furono molte, dato che nel trattato si attribuisce solo la basilica di Fano.

La riscoperta di Vitruvio si ebbe dal XV secolo in poi, soprattutto grazie ad architetti e umanisti
come Lorenzo Ghiberti, Leon Battista Alberti, Francesco di Giorgio Martini a cui dobbiamo la
prima, parziale traduzione in lingua volgare, rimasta manoscritta, e di Raffaello che la fece
tradurre da Fabio Calvo per poterla studiare. Nel 1490 il trattato fu pubblicato a stampa per la
prima volta da Sulpicio da Veroli. Nel 1521 uscì la prima edizione tradotta in italiano da Cesare
Cesariano.
Dunque, a partire dal XV secolo il trattato è stato uno dei fondamenti teorici dell'architettura
occidentale fino alla fine del XIX secolo.

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Definizione e formazione dell’architetto secondo Vitruvio
Dare una definizione del termine “architetto” risulta piuttosto difficile. Nel vocabolario della
lingua italiana è inteso come colui che, in possesso dei titoli di studio e dell’abilitazione alla
professione, progetta, disegna e realizza edifici e grandi costruzioni; oppure colui che progetta
una costruzione e ne dirige la realizzazione. In ogni caso, il termine architetto rimanda
all’ideatore, il costruttore di edifici. Anche nei tempi antichi, e specialmente in Grecia, se ne
aveva lo stesso concetto, sebbene in origine la voce τέκτων si riferisse ai costruttori in pietra e
in metallo, in seguito venne a riferirsi a qualsiasi categoria di costruttori. Tuttavia sarebbe un
errore pensare che la qualifica di architetto fosse esclusiva dei costruttori edili. Essa ha un
significato molto generico: come architetto è Ictino, che edificò il Partenone, e Mnesicle che
innalzò i Propilei dell’Acropoli di Atene, così è chiamato architetto Mandrocle di Samo, che gittò
sul Bosforo il ponte di barche per il passaggio dell’esercito persiano; e , come nella categoria
degli architetti furono compresi tutti gli ingegneri (costruttori di opere militari, di porti, di
arsenali, di canali e d'altre opere idrauliche, di navi, ecc.), e non ne furono esclusi quegli altri
inventori di macchine e di ordigni, d'uso civile o militare, che in gran parte, direttamente o
indirettamente, hanno contribuito al progresso dell'arte del costruire. Dunque, se in senso
etimologico il termine architetto significa colui che sta a capo delle maestranze, dal greco ἄρχω
"comando" e τέκτων "costruttore", con il trascorrere degli anni è passato ad indicare una
professione ben qualificata. Infatti ciò è ben comprensibile dall’opera di Vitruvio, architetto e
trattatista romano, autore del “De Architectura”, il più celebre trattato del genere nell’antichità
e l’unico pervenutoci. Nel primo libro si parla di Piteo, uno dei massimi architetti greci, che nei
suoi commentari sostiene che un architetto in tutte le sue arti e discipline deve poter fare più di
coloro che hanno portato alla forma più elevata singole attività con la loro operosità e col loro
esercizio, cioè l’architetto per fare bene il suo compito deve aver una cultura enciclopedica.
Vitruvio trova esagerata questa pretesa e ritiene sufficiente poco più che un'infarinatura; ma
un'infarinatura quasi enciclopedica, in quanto che, a parte la necessaria preparazione particolare
nel campo strettamente tecnico, fondata su studi teorici e sulla pratica, vorrebbe che l'architetto
s'intendesse non solo di geometria ma anche di altre materie.

Perciò la qualifica di architetto non avrebbe dovuto competere se non a chi possedesse un
minimo di determinate cognizioni, sia specifiche, sia sussidiarie. Ma sorge ora inevitabile una
domanda: come si formavano gli architetti antichi? Difficilmente si può pensare a scuole, intese
nel senso moderno della parola, soprattutto per i primi tempi. La vera scuola era l'ambiente
familiare, in quanto la professione si tramandava di padre in figlio e i giovani si addestravano
nell'arte con l'insegnamento e sull'esempio dei genitori o dei parenti. L’unica fonte che ci dice le
materie fonte di studio e approfondimento, è il “De Architectura” di Marco Vitruvio Pollione,
dove viene data maggiore importanza a queste discipline:

1. Letteratura
2. Disegno
3. Geometria
4. Filosofia
5. Musica
6. Medicina
7. Norme giuridiche
8. Astronomia

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Vediamo più dettagliatamente in cosa consisteva lo studio di queste discipline e il loro campo
applicativo.

La letteratura

Secondo Vitruvio, è importante avere una buona istruzione letteraria per sostenere la propria
memoria facendo ricorso ad appunti, ma anche perchè c’è un forte legame tra la letteratura e
l’architettura, poiché entrambe sfidano e contribuiscono alla continua definizione di cosa sia
l’Arte e quali siano le sue funzioni. Lo scopo principale dell’Arte è dare forma al mondo che ci
circonda. Come tale, sia l’architettura che la letteratura, anche se in modo diverso, possono
essere viste come espressione dell’immaginario individuale e collettivo. Mentre l’architettura dà
una forma concreta al mondo, la letteratura dà una forma simbolica. In termini pratici,
l’architettura rappresenta ciò che la letteratura crea. Questo concetto è riscontrabile nella
cultura Greca dove c’è completa analogia tra pensiero e rappresentazione. Infatti il concetto
chiave della civiltà greca è “ricerca dell’armonia e dell’equilibrio”. Come in letteratura si trova
questo principio nel mito, dove gli dèi vengono descritti come esseri bellissimi sia in senso
estetico che dionisiaco, così nell’architettura si cerca di trovare regole geometrico-matematiche
che regolino la costruzione degli edifici in modo che essi appaiano il più possibile perfetti alla
vista.

Il disegno

Il disegno è la forma di comunicazione visiva fondamentale. Non c’è artista che non si sia servito
del disegno per analizzare, comprendere, ideare, abbozzare un’idea artistica.

Il disegno ha diversi funzioni, quali:

- Copia della realtà. Serve a comprenderne proporzioni, misure, finitura superficiale, volumi,
rapporti. I taccuini di artisti ed architetti sono pieni di disegni e schizzi di opere altrui o di luoghi
osservati. Questo tipo di disegno è anche un modo per analizzare visivamente un’opera d’arte e
conoscerla in maniera profonda e definitiva.

- Schematizzare un’idea, per abbozzare un’opera in modo rapido e sintetico (ma anche molto
dettagliato e preciso, in certi casi). Di questo genere di schizzi se ne trovano in abbondanza dal
Rinascimento in poi. In pratica è ciò che viene chiamato progetto nel campo dell’architettura.

In età classica, prima di costruire un edificio venivano fatti studi molto dettagliati ed
approfonditi. Basti pensare alla codifica degli ordini architettonici, dove ogni elemento è
proporzionale all’altro e segue delle precise regole geometriche.

Un esempio è dato dal Doriforo di Policleto, artista del V secolo a.C.: prima di realizzare questa
magnifica scultura, l’artista aveva condotto studi sui rapporti proporzionali di ogni parte del
corpo in modo che ognuna di essa fosse il più possibile reale e seguisse rapporti di armonia e
ordine che regolano la natura.

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Schema del canone Policleteo

L’unità di misura sulla quale si basava


il canone di Policleto è la lunghezza
della testa, che deve essere pari ad
un ottavo della lunghezza del corpo.

Il disegno assumerà un ruolo di primaria importanza nel Rinascimento, il periodo artistico e


culturale che iniziò a svilupparsi a Firenze all’inizio del 1400 e che si protese fino al 1600 circa.
Infatti per tutto il Medioevo, il disegno, in architettura, era stato utilizzato in minima misura, se
non come appunti di lavoro, o come schemi distributivi molto schematici (ne sono un esempio
gli appunti di Villard de Honnecourt, architetto francese del XIII secolo noto per il “Livre de
Portraiture”, una raccolta di disegni, corredati da annotazioni, fondamentale per la conoscenza
dell’architettura gotica).La cultura architettonica si basava essenzialmente sulla pratica di
cantiere, e si preoccupava di risolvere i problemi costruttivi, e non quelli formali. Il disegno,
infatti, non consente di controllare la statica dell’edificio, bensì il suo aspetto visivo. Tuttavia, è
grazie al disegno che gli architetti rinascimentali possono riavvicinarsi a concetti quali la
proporzione, l’equilibrio, la simmetria, e così via, che nell’architettura medievale non erano
affrontati. Coloro che si servirono del disegno, considerandolo il fondamento di tutte le arti,
furono Brunelleschi in primis e in seguito Leon Battista Alberti. Tramite il disegno è infatti
possibile raggiungere l’euritmia, uno dei principi fondamentali dell’architettura secondo
Vitruvio, ovvero l’armonia delle proporzioni.

La geometria

«La geometria fornisce all’architettura non poche conoscenze ausiliarie, e innanzitutto insegna,
dopo le rette, l’uso del compasso grazie al quale in particolare si approntano molto
speditamente le piante degli edifici all’interno degli spazi loro destinati e si tracciano gli angoli
retti e i livelli e le linee. […] I difficili problemi relativi ai principi modulari vengono risolti
ricorrendo a calcoli e procedimenti geometrici».

Vitruvio, De architectura, libro I

La geometria è lo strumento necessario per la rappresentazione grafica. Inoltre presso i Greci


prima e nel Rinascimento poi, ogni edificio è costruito secondo regole geometriche ben precise
al fine di raggiungere la perfezione formale. Le figure piane per eccellenza, maggiormente usate
per la realizzazione di edifici sono il quadrato ed il cerchio, rispettivamente simboli, secondo
Platone, della Terra e del Cielo.
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I Greci utilizzavano per la costruzione delle loro opere un canone, cioè un insieme di norme
rigorose che hanno lo scopo di ottenere un equilibrio compositivo in modo da giungere ad opere
che appaiano perfette e armoniosamente proporzionate.

Il canone classico nell’architettura

Il canone dell'architettura greca classica aveva un carattere matematico e geometrico. Il romano


Vitruvio, che seguiva la tradizione degli architetti greci del periodo classico, scrive: «La
composizione dipende dalla simmetria, le cui leggi gli architetti dovrebbero rigidamente
osservare. La simmetria è creata dalle proporzioni […] noi definiamo le proporzioni di un edificio
per mezzo di calcoli relativi sia alle sue parti sia al tutto, conformemente a un modulo stabilito».
Non a caso, nel tempio greco, l’edificio architettonico più importante per i Greci, ogni particolare
si attiene a proporzioni stabilite, come è ben visibile nel Partenone di Atene.

C'è un rapporto matematico che si trova


comunemente in natura, il rapporto di 1-1,618 cui
sono stati attribuiti vari nomi. Il più noto è la Sezione
Aurea, ma a volte è anche indicato come numero
aureo, Divina Proporzione, proporzione aurea.

Si può vedere rappresentato il rapporto aureo


(nell’immagine del Partenone) come un unico grande
rettangolo formato da un quadrato e un altro
rettangolo. Che cosa c'è di unico è che è possibile
ripetere la sequenza all'infinito, sempre
perfettamente, all'interno di ogni sezione.

Utilizzato nell'arte, il rapporto aureo è la più


misteriosa di tutte le strategie compositive.
Sappiamo che con la creazione di immagini basate su
questo rettangolo i nostri lavori saranno più gradevoli
per l'occhio umano, ma non sappiamo perchè.

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Il canone classico nella scultura

Gli scultori greci tentarono di definire un canone anche per la loro arte. Si tratta di un canone
numerico che dipendeva da una proporzione fissa, come attesta Policleto, uno degli scultori più
importanti, in un piccolo frammento pervenutoci: “la perfezione dipende da vari rapporti
numerici, e anche le piccole varianti sono decisive”. Però va aggiunto che il canone degli scultori
non riguardava l’arte ma la natura; misurava le proporzioni quali apparivano in natura, in
particolare in un uomo ben fatto, piuttosto che quelle che avrebbero dovuto figurare in una
statua. Era quindi un canone «antropometrico». Questo perché i Greci davano per scontato che
la natura, e in particolare il corpo umano, contenesse proporzioni matematicamente definite, e
ne deducevano che la sua rappresentazione nell'arte doveva conservare le stesse proporzioni.

Durante il periodo greco classico si afferma anche l’idea secondo cui il corpo umano idealmente
costruito può essere compreso entro semplici figure geometriche del cerchio o del quadrato.
«Se distendiamo un uomo sul dorso - dice Vitruvio - con braccia e gambe allargate e disegniamo
un cerchio avente per centro l’ombelico, la circonferenza del cerchio toccherà le punta delle dita
delle mani e dei piedi». I Greci pensavano che il corpo umano potesse analogamente essere
inscritto entro un quadrato e ciò diede origine all’idea dell’uomo quadrato, idea sopravvissuta
nell’anatomia artistica sino ai tempi moderni. In questo modo gli artisti greci erano convinti di
applicare e di rivelare nelle loro opere le leggi che governano la natura, di rappresentare non
soltanto l'apparenza delle cose, ma anche la loro struttura eterna. Il concetto per loro
fondamentale di simmetria designa proporzioni che non sono inventate dagli artisti ma sono una
proprietà della natura stessa. Vista sotto questo aspetto, l'arte era una forma di scienza.

Il triplice fondamento dei canoni


Nel fissare i loro canoni i Greci, come già detto, tennero conto di parecchi principi, così
riassumibili:

1. Anzitutto esisteva un fondamento filosofico generale. I Greci erano convinti che le


proporzioni del cosmo fossero perfette, per cui le opere umane dovevano conformarsi a
esse. Vitruvio scrive: «Poiché la Natura creò il corpo in modo che le sue membra fossero
proporzionate al complesso della corporatura, gli antichi si attennero al principio per cui
anche nelle costruzioni il rapporto tra le parti doveva corrispondere al tutto».

2. Un altro fondamento dei canoni risiedeva nell'osservazione dei corpi organici, che aveva
una funzione decisiva per la scultura e per il suo canone antropometrico.

3. Un terzo fondamento, significativo nell'architettura, era rappresentato dalla conoscenza


delle leggi della statica. Piú alte erano le colonne, piú pesante doveva essere la
trabeazione, e maggiore il sostegno necessario: di conseguenza le colonne greche erano
distanziate in modo diverso, a seconda dell'altezza. La struttura del tempio greco era il
frutto dell'esperienza tecnica e della conoscenza delle proprietà dei materiali usati.

Questi fattori erano in larga misura responsabili di quelle forme e proporzioni che i Greci e noi
stessi sentiamo perfette.

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La musica

Viene subito spontaneo parlare delle musica, un’altra disciplina importante per la formazione di
un buon architetto. Come in architettura si parla di armonia, di proporzione, di ordine, di
equilibrio, anche nella musica ritroviamo gli stessi concetti. Infatti entrambe si fondano su
proporzioni matematiche che vogliono riprodurre l’armonia del cosmo: in architettura si stabilì
un canone compositivo basato sugli ordini mentre nella musica di definì una sorta di alfabeto
musicale, chiamato sistema diatonico. Dunque lo studio musicale aveva come fine ultimo lo
studio dell’armonia e capire cosa essa significhi; non a caso una delle materie studiate presso le
scuole di musica si chiama, appunto, “armonia”, principio che è alla base della composizione
musicale.

Il luogo in cui musica e architettura venivano a contatto era il teatro, dove si conducevano anche
studi sulla propagazione del suono. Vitruvio dice in merito a ciò “ nei teatri greci venivano
collocati dei vasi di bronzo sotto le gradinate secondo un criterio matematico in proporzione agli
intervalli sonori, e che i Greci designano con il termine echeia, distribuiti, per dare accordi
musicali, ovvero armonie, lungo una circonferenza, in rapporto alla quarta, alla quinta, all’ottava
fino alla doppia ottava, in modo che la voce dell’attore, armonizzandosi con i suoni lungo la
distribuzione dei vasi quando li urterà, venga amplificata e giunga alle orecchie degli spettatori
più chiara e più gradevole”.

Vitruvio ci riferisce nel ‘De


Architectura’ di esperimenti
circa l’acustica architettonica,
rifacendosi al libro perduto di
Aristoxenos e mettendo in
luce l’esistenza, tutt’altro che
certa, dei vasi acustici.
Seguendo la tesi poco
convincente di Vitruvio, questi
vasi di bronzo venivano posti
in maniera particolare nel
teatro e funzionavano da
risonatori per determinati
accordi. Non è stata però
rinvenuta nessuna traccia che
ne dimostrasse l’effettiva
esistenza.

Sistema diatonico.
Rappresentazione di Andrea Palladio tratta dal libro “I
dieci libri dell’architettura”, Bardi Editore, Roma 2006.

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La filosofia

In epoca greca e romana la filosofia comprendeva lo studio della natura. Attraverso


l’osservazione delle forme autoportanti e resistenti alle forze esterne che ci sono in natura,
l’uomo è in grado di riprodurle negli edifici in modo da risolvere i problemi di statica. Un esempio
è dato dall’arco, una forma geometrica naturale che è stata poi applicata in ambito costruttivo
dai Romani.

Ma oltre ai problemi di statica, la natura cela importanti leggi che grandi personalità come
Archimede, Pitagora, Ctesibio sono stati in grado di decifrare in parte. Infatti le conoscenze
geometrico- matematiche in epoca classica erano pressochè limitate rispetto ai tempi moderni,
ma erano comunque sufficiente a risolvere i principali problemi del tempo, come la
canalizzazione delle acqua, costruzione di grandi edifici e di macchine da guerra.

La storia

La conoscenza degli eventi storici, contemporanei e passati, era molto importante per Vitruvio
poiché spesso gli architetti li raffiguravano nelle loro opere.

Nel mondo greco sono spesso presenti nelle metope del tempio dorico o nel fregio continuo del
tempio ionico. Il Partenone di Atene, ad esempio, reca nelle metope del fregio dorico la
rappresentazione di quattro grandi battaglie mitiche come la Gigantomachia,
l’Amazzonomachia, la Centauromachia e la conquista di Troia. Nel fregio ionico è invece
rappresentata la processione delle Panatenee, la più importante festa religiosa ateniese,
celebrata ogni anno a luglio.

Dunque è importante che l’architetto abbia una buona conoscenza degli eventi storici ai fini della
loro rappresentazione negli edifici.

Particolare del
fregio ionico

Particolate del
fregio dorico

La medicina

La medicina ai tempi greco- romani aveva un campo d’indagine completamente diverso da


quello moderno. Vitruvio infatti sostiene che un architetto debba avere una nozione di base di
medicina “in considerazione delle zone determinate dall’inclinazione terrestre, delle proprietà
dell’aria e dei luoghi, che possono essere salubri o malsani, e delle acque”. Cioè la medicina era
una disciplina che studiava le proprietà climatiche e fisiche di un luogo per stabilire quale era il
più adatto per lo sviluppo di una nuova città.

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Le Norme giuridiche e urbane e l’astronomia

Per norme giuridiche si intende l’insieme delle leggi che permettono uno sviluppo urbano
intelligente. Nel De Architettura si dice che un architetto deve essere «sia conoscenza almeno di
quelle norme indispensabili per la costruzione degli edifici che hanno pareti in comune, per
distribuire lungo il perimetro delle costruzioni le grondaie, le fognature, le finestre, e inoltre le
condutture dell’acqua. Su questi e su altri problemi di genere analogo è necessario che gli
architetti abbiano competenza, in modo che, prima di dare inizio alla costruzione degli edifici,
facciano attenzione a che non rimangano ai padri di famiglia, una volta conclusi i lavori, questioni
controverse». Purtroppo non siamo a conoscenza delle norme urbanistiche in uso presso i Greci,
ma possediamo solo i piani regolatori delle poleis. Un esempio è la città di Mileto, pianificata dal
famoso architetto Ippodamo di Mileto secondo uno schema ortogonale, in modo da suddividere
le aree in base alla loro funzione.

Presso i Romani invece la questione è diversa, ci sono giunte delle iscrizioni e dei documenti che
attestano in che modo venivano rimpiegati i materiali di vecchie costruzioni, quali materiali
erano usati nella costruzione delle varie tipologie abitative. La fonte principale è il De
Architettura di Vitruvio che ci permette di conoscere le norme urbanistiche in vigore presso i
Romani.

La città romana

A differenza dei piani ippodamei, che si limitavano a pianificare la crescita urbana all’interno
delle poleis, la progettazione romana si estende anche alla campagna circostante. Tutto il
territorio agricolo di una provincia, infatti, era interessato dalla centuriazione. Esso veniva, cioè,
suddiviso in una scacchiera a maglie regolari (quadrate o rettangolari). Ciascun appezzamento
(detto centùria, appunto) aveva una superficie di circa 50 ettari. Tale misura, del resto, non era
affatto casuale, in quanto corrispondeva esattamente a cento volte la superficie dei lotti che,
secondo la leggenda, lo stesso Romolo aveva distribuito ai coloni fin dal momento della
fondazione di Roma. L’orientamento di ogni centuriazione prevedeva, come già nelle città
etrusche, l’adeguamento a due direttrici fra loro perpendicolari (càrdi e decumàni).
Parallelamente a queste, pertanto, si sviluppavano le strade, le opere di canalizzazione e anche

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gli allineamenti delle costruzioni rurali. Questa geometrica ripartizione del territorio fu così
diffusa e capillare da incidere profondamente sulla struttura del paesaggio agrario. Nel corso dei
secoli, là dove non sorsero nuovi insediamenti urbani, la centuriazione rimase la trama di fondo
sulla quale continuarono a svilupparsi sia la viabilità, sia la delimitazione delle varie colture. Non
è un caso, pertanto, che molte aree agricole della Pianura Padana conservino a tutt’oggi
significative tracce di quell’antica e razionale organizzazione del territorio. Il sistema delle
centuriazioni, dunque, ordinava il territorio in modo semplice e ben riconoscibile, favorendo in
particolar modo il tracciamento dei confini di ciascuna proprietà.

Aosta
Molte sono le città italiane che, ancora oggi, conservano con grande evidenza questa forte
impronta romana. Fra queste vi è sicuramente Aosta. La città fu fondata nel 25 a.C. da Augusto,
che vi insediò circa 3000 dei suoi fedeli pretoriani (da cui l’antico nome di Augusta Praetòria).
Essa presenta la tipica forma castrènse, cioè derivante dall’accampamento militare (càstrum). Il
circuito rettangolare di mura è ancora oggi ben visibile. Esso si snoda lungo un perimetro di circa
2590 metri ed è guarnito dai resti di ben venti massicce torri di guardia quadrangolari. In
corrispondenza degli antichi cardo e decumano, infine, si aprivano le quattro porte di accesso.
Gran parte dell’attuale viabilità ricalca l’ortogonalità di quella romana, della quale conserva
l’orientamento prevalente da Nord-Ovest a Sud-Est e da Nord-Est a Sud-Ovest.

Inoltre le città romane, di solito, venivano orientate in base ad allineamenti astronomici, come
avveniva per i Templi greci. Ciò è sostenuto da Giulio Magli, fisico e docente di meccanica
razionale al Politecnico di Milano e studioso di archeoastronomia che, dopo aver misurato e
analizzato 38 città italiane fondate dai romani, ha stabilito che l´orientamento ha forti aspetti
simbolici legati all´astronomia.
Magli ha preso in esame solo città italiane in cui le due strade principali che caratterizzano le
città romane, il decumano e il cardo che si incrociano a 90 gradi, e le altre strade a "griglia" sono
ancora riconoscibili. Poi ha verificato l´orientamento degli assi della griglia in relazione ai
movimenti del sorgere del sole a est durante il corso dell´anno. Da qui tutta una serie di scoperte.
Secondo il ricercatore di Milano gli antichi romani orientarono verso nord solo tre città': Pesaro,
Rimini e Senigallia. La maggioranza dei centri fondati fra il periodo repubblicano e quello
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imperiale sono allineati verso il sorgere del sole durante determinate feste sacre o in base ai
punti cardinali.
Altre città sembrano orientate entro 10 gradi a sudest rispetto al sorgere del sole o in prossimità
del solstizio d'inverno. E poi ci sono Verona e Vicenza, tutte e due nate intorno al I secolo dopo
Cristo e uniche fra le 38, come risulta dallo studio di Giulio Magli, ad essere allineate con il
solstizio d´estate. «Le due città tra l´altro sono anche vicine fra loro - dice l´esperto di archeo-
astronomia, anche se sul motivo di questo tipo di orientamento, come per le tre città
dell´Adriatico allineate verso nord, bisognerà indagare ancora». Insomma l´orientamento delle
città romane non sarebbe casuale, ma pianificato e voluto. Da ciò emerge che l’architetto
romano possedesse profonde conoscenze di Astronomia, disciplina attraverso la quale “si
acquisiscono le nozioni di oriente, occidente, mezzogiorno, il sistema di leggi del cielo,
l’equinozio, il solstizio e il corso degli astri”.

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