LEONARDO
temi della storia dell’architettura e dell’iconografia della città in età Grazie ad una precisa ricognizione documentaria – condotta attra-
moderna e contemporanea, nonché della storia dell’ingegneria, con verso le fonti della sezione Manoscritti e Rari della Biblioteca na-
particolare riferimento alle origini e all’evoluzione della professione poletana, di quella dell’Archiginnasio di Bologna e di altri archivi
nel Mezzogiorno italiano. italiani – Buccaro segue l’intricata vicenda del manoscritto, che nel
DA VINCI
Tra i numerosi saggi, ha pubblicato Istituzioni e trasformazioni urbane 1766 giunge in possesso di Vincenzo Corazza, letterato e scienziato
nella Napoli dell’Ottocento (Ediz. Scientifiche Italiane, 1985), Opere bolognese, attivo prima nella propria città, poi a Roma e infine a
pubbliche e tipologie urbane nel Mezzogiorno preunitario (Electa Napoli, Napoli, presso la Corte borbonica, dal 1784 al 1799 in qualità di
1992), Napoli millenovecento. Dai catasti del XIX secolo ad oggi (con istitutore dei Principi Reali.
G.C. Alisio, Electa N., 2000), Antonio Rinaldi architetto vanvitelliano All’esame degli appassionati studi dedicati a Leonardo da quest’in-
a San Pietroburgo (con G. Kjučarianc e P. Miltenov, Mondadori, tellettuale illuminista e dei conseguenti riflessi sul suo pensiero
2003), Architettura e urbanistica dell’età borbonica. Le opere dello Stato, i IL CODICE CORAZZA critico in campo artistico e architettonico, si affianca nel volume
luoghi dell’industria (con G. Matacena, Electa N., 2004). Ha curato, l’indagine sulla vicenda personale di Corazza e sulle fitte relazio-
tra gli altri studi, Le città nella storia d’Italia. Potenza (Ed. Laterza,
1997), Scienziati-Artisti. Formazione e ruolo degli ingegneri nelle fonti
NELLA BIBLIOTECA NAZIONALE ni con i protagonisti del dibattito culturale e politico del tempo.
Partendo dalla precisa analisi del Codice e dalla sua collocazio-
dell’Archivio di Stato e della Facoltà di Ingegneria di Napoli (con F. De
Mattia, Electa N., 2003), Dalla Scuola di Applicazione alla Facoltà
DI NAPOLI ne nel repertorio delle fonti leonardesche, Buccaro recupera le fila
dell’influenza del metodo vinciano nella formazione dell’identità
di Ingegneria. La cultura napoletana nell’evoluzione della scienza e della professionale dello scienziato-artista e della sua diffusione nel Mez-
didattica del costruire (con S. D’Agostino, Ed. Hevelius, 2003), Ico- zogiorno dal viceregno all’età borbonica.
nografia delle città in Campania (con C. de Seta, 2 voll., Electa N., Gli echi dell’arte e della scienza vinciana, giunti sui lidi partenopei
2006-2008), I centri storici della provincia di Napoli. Struttura, forma, TOMO I già all’alba del Cinquecento, non vi resteranno per caso, ma il loro
B uccaro •
PRESENTAZIONE DI valorizzare, una solida tradizione ancor viva, fino ai primi decenni
del Novecento, nell’attività artistica e tecnica dell’ingegnere-architetto:
CARLO PEDRETTI una figura completa, di cui oggi, sempre più, si auspica un recupero.
* CB Edizioni
Grandi Opere
Edizioni Scientifiche
Italiane
LEONARDO DA VINCI
IL CODICE CORAZZA
TOMO I
PUBBLICAZIONE
REALIZZATA
CON IL CONTRIBUTO
DEL
BANCO DI NAPOLI
Cornice del ritratto di Iacopo Sannazaro da Paolo Giovio, Elogia Virorum literis illustrium, Basilea, 1577, p. 149
LEONARDO DA VINCI
IL CODICE CORAZZA
NELLA BIBLIOTECA
NAZIONALE DI NAPOLI
CON LA RIPRODUZIONE
IN FACSIMILE
DEL MS XII. D. 79
E D I ZI O NE
E SAGGI O CRI TI CO DI
ALFREDO BUCCARO
TO MO I
LEONARDO SCIENZIATO-ARTISTA
NEL CODICE CORAZZA:
L’EREDITÀ DEL METODO VINCIANO
NEL MEZZOGIORNO
E LE RADICI
DELL’INGEGNERE-ARCHITETTO
PRESENTAZIONE DI
CARLO PEDRETTI
© 2011 CB Edizioni
ISBN 978-88-97644-06-4
ISBN 978-88-495-2280-8
Opera sponsorizzata da
Referenze fotografiche: Archivio Fotografico dell’Armand Hammer Center for Leonardo Studies
at the UCLA; Archivio Fotografico della Fondazione Rossana e Carlo Pedretti di Los Angeles;
Archivio di Stato di Napoli; Biblioteca Comunale degli Intronati, Siena; Biblioteca della Facoltà di
Ingegneria, Università di Napoli Federico II; Biblioteca Nazionale di Napoli “Vittorio Emanuele
III”; Edizione Nazionale dei Manoscritti e dei Disegni di Leonardo Da Vinci (Roma, Libreria dello
Università Stato, 1923-1941); Museo Nazionale di S.Martino, Napoli. L’Editore si dichiara disponibile a regolare
Ordine degli Studi eventuali spettanze per quelle immagini di cui non sia stato possibile reperire la fonte.
degli di Napoli
Ingegneri Federico II Tutti i diritti sono riservati. Questa pubblicazione, per intero o in parte, non può essere riprodotta,
della Centro di Ricerca trascritta, filmata, memorizzata, trasmessa in alcuna forma o in alcun sistema elettronico, digitale,
sull’Iconografia meccanico, di fotocopia, di registrazione o altro senza la preventiva autorizzazione scritta degli editori.
Provincia della
di Napoli Città Europea
Volume pubblicato nell’ambito del Bicentenario della Scuola di Ingegneria di Napoli (1811-2011)
[iv]
Sommario
[v]
Q uesto ricco corpus documentario, che propone la trascrizione
per materie del Codice Corazza e la sua analisi diplomatica, ha il
mirabile pregio di voler recuperare in maniera sistematica le tracce dell’in-
I n occasione delle celebrazioni del Bicentenario della nostra Scuo-
la di Ingegneria, fondata nel 1811 da Gioacchino Murat, la prima in
Italia in ambito civile, non avrebbe potuto cogliersi migliore opportunità per
fluenza vinciana nella delineazione e diffusione dell’identità ingegnere-ar- un recupero delle origini della formazione della figura professionale in Italia
chitetto in ambito meridionale, partendo dall’esame dell’intera famiglia di e nel Mezzogiorno che quella dell’edizione integrale e dello studio di questo
apografi di cui lo stesso codice fa parte. Codice leonardesco della Biblioteca Nazionale di Napoli, che il Banco di
Il presente volume rappresenta non solo la giusta conclusione dei diversi Napoli ha voluto finanziare confermando la consueta sensibilità del Presi-
tentativi di dare alle stampe un’antologia vinciana condotti prima, tra dente Dott. Enzo Giustino per la cultura del Mezzogiorno.
Roma e Milano, dal mecenate Cassiano dal Pozzo, poi dal pittore mila- Oltre all’analisi precisa del testo e ai riscontri della ricerca e della metodo-
nese Giuseppe Bossi, ma anche un’attenta ricostruzione delle vicende che logia vinciana all’interno del documento e del suo ricchissimo apparato gra-
hanno portato questo mirabile scritto nella Biblioteca Nazionale di Napoli, fico, Buccaro ripercorre le tracce della diffusione della preziosa esperienza di
oltre che il necessario plauso al poliedrico contributo culturale dato dal pos- Leonardo nell’ingegneria meridionale tra il volgere del XV secolo e la prima
sessore del codice, nonché profondo conoscitore di Leonardo, l’illuminista metà del XX, attraverso l’esame del contributo tecnico-scientifico e dell’at-
Vincenzo Corazza. tività dei suoi protagonisti, in molti casi personalità di spicco nel panorama
Particolarmente importante l’investigazione in merito agli effetti del me- italiano ed europeo.
todo vinciano sulla formazione tecnico-scientifica dell’ingegnere-architetto In questo contesto, appare oltremodo significativa la figura di Vincenzo Co-
meridionale nella prima età moderna e nell’ambito della Scuola napoletana razza quale rappresentante di quella cultura poliedrica e cosmopolita che,
d’Ingegneria tra Otto e Novecento, nonché l’analisi in merito ai più ampi nella Napoli del Settecento e in pieno fervore rivoluzionario, assicurò la
esiti della diffusione del leonardismo nel Mezzogiorno contemporaneo, in maturazione di una coscienza laica e sperimentale, nel contempo umanistica
seguito al rinnovato interesse verso la figura dello scienziato-artista e alla e scientifica, tale da favorire la diffusione del dettato di Leonardo nel campo
conseguente affermazione di un innovativo metodo professionale. delle scienze, dell’arte e dell’architettura, delle opere meccaniche e idrauliche,
Un nuovo ‘empirismo’ che vede in Leonardo il suo ispiratore: «artista-scien- in un momento di delicato passaggio dalle ‘regole dell’arte’ al nuovo reperto-
ziato applicatore di teorie ma anche sperimentatore di tecniche, intento a una rio tecnico e metodologico offerto dall’Enciclopedia e dal progresso industriale.
continua ricerca e verifica di principi naturali attraverso l’acuta osservazione Questa pubblicazione intende testimoniare di come, in un momento di parti-
e la minuziosa rappresentazione dei fenomeni, con una precipua finalità colare difficoltà e transizione per l’Università italiana, sia indispensabile per
divulgativa», così come ci spiega Alfredo Buccaro. l’ingegneria salvaguardare le radici antiche di una fisionomia professionale
Il Banco di Napoli ha deciso di sostenere gli studi del prof. Buccaro perché ‘completa’, ai fini del riconoscimento della propria identità e di un patrimo-
sottolineano come Leonardo rappresenti la più alta espressione delle comuni nio di esperienze e di una impostazione metodologica comuni anche a tante
radici culturali dell’intero Paese. nuove branche specialistiche. Non è, infatti, da porsi una questione di settore,
Nel centocinquantenario dell’unità d’Italia e nella ricorrenza altrettanto si- bensì quella delle origini e della solida tradizione di ‘primati’ dell’ingegneria
gnificativa del bicentenario della fondazione della Scuola di Applicazione di meridionale – basti pensare solo a quelli ottocenteschi, dai primi ponti ‘so-
Ponti e Strade di Napoli, poi divenuta la prestigiosa Facoltà d’Ingegneria spesi’ di ferro di Luigi Giura al battello a vapore, alla prima ferrovia italiana
dell’Università di Napoli Federico II, non poteva immaginarsi iniziativa – che, nel corso di molti secoli, lo scienziato-artista di matrice vinciana seppe
più significativa per interpretare appieno il più alto spirito unitario. esprimere e consolidare nel Mezzogiorno con il suo pensiero e la sua opera,
La presenza del Banco di Napoli nell’edizione promossa dalla Facoltà di e che trovano riscontro nelle preziose testimonianze scientifiche e didattiche
Ingegneria testimonia, ancora una volta, l’attenzione costante rivolta dal rinvenibili nella sezione Libri Antichi della Biblioteca della nostra Facoltà,
nostro Istituto alla valorizzazione e alla promozione culturale, sociale, scien- oggetto, proprio in occasione del Bicentenario, di studi e iniziative tese a
tifica ed imprenditoriale del Mezzogiorno. promuoverne la valorizzazione.
Per noi, Presidi della Facoltà di Ingegneria a cavallo del duecentesimo anni-
Vincenzo Giustino versario della Scuola, è dunque un grande onore aver sostenuto e accompa-
Presidente Banco di Napoli gnato il prezioso lavoro del Collega Alfredo Buccaro.
Giuseppe Castagna
Direttore Generale Banco di Napoli Edoardo Cosenza
Assessore Regione Campania Opere e Lavori Pubblici
già Preside della Facoltà di Ingegneria (2005-2010)
Università di Napoli Federico II
Piero Salatino
Preside della Facoltà di Ingegneria
Università di Napoli Federico II
[vi]
A natole France, figlio di libraio antiquario, bibliotecario e
scrittore – una vita passata tra manoscritti e libri – era di quelli con-
vinti che la storia si ripetesse. Ingenuo obiettare che questa convinzione gli
napoletana, a difesa di una tradizione fondata sulla figura dell’ingegnere
integrale – emblematicamente rappresentata, nella citazione di Buccaro, da
Camillo Guerra e Luigi Cosenza – di fronte all’imperversare delle pol-
venne perché non ebbe modo, come noi, di vivere le strepitose innovazio- verizzazioni specialistiche. L’occasione della pubblicazione del facsimilare
ni tecnologiche d’oggi. Non le visse, ma le descrisse con profetico dettaglio del Codice Corazza, al di là della soddisfazione di noi bibliotecari della
nell’indimenticabile romanzo Sulla pietra bianca. Aveva ragione. La storia Nazionale di Napoli nel diffondere i contenuti e la bellezza corporea di
si ripete. E, per fortuna, lo fa spesso senza che noi, attori protagonisti e un’opera così importante, diviene preziosa se letta come ulteriore tentativo di
comprimari, proiettati come siamo nel futuro, ce ne accorgiamo. Lo dimostra restituire alla figura dell’ingegnere quell’impronta di humanitas che sembra
la straordinaria operazione scientifica ed editoriale che Alfredo Buccaro ha sopraffatta dal tecnicismo. Questo recupero è auspicabile per noi bibliotecari
condotto in porto, con grande soddisfazione di chi vi ha creduto e lavorato, di storiche biblioteche-museo, costretti a misurarci con le difficoltà di una sede
e di noi bibliotecari della Nazionale di Napoli che raggiungiamo un altro monumentale da tutelare, valorizzare e adeguare alle necessità di un’utenza
traguardo significativo nell’impegno, che ci è proprio, di promuovere la cono- in continua mutazione, costantemente bisognosa di tutte le possibili cure per
scenza di quegli straordinari e multiformi strumenti di cultura affidati alla le quali non si sa mai fin dove deve intervenire l’architetto e fin dove deve
nostra tutela. Propagazione della conoscenza che si fa, ancora e sempre, con farlo l’ingegnere, speranzosi sempre di imbatterci in un ingegnere con una
incrollabile fedeltà alla tradizione della memoria scritta, grazie alla beneme- solida formazione umanistica e di un architetto con un altrettanto solido
rita e intramontabile scienza ancillare della copia, non sempre adeguatamen- bagaglio tecnico… Sarebbe anche una bella soddisfazione per chi scrive,
te elogiata, anzi talvolta sottovalutata. L’esercizio della copia ha segnato la figlio di un ingegnere d’altri tempi, un ingegnere umanista dal quale è stata
storia della cultura, dai monumenta della trasmissione della parola scritta, ereditata la passione per Anatole France, che ci fa sicuri che la storia si ripeta,
gli scriptoria del mondo antico e medievale, ai torchi tipografici dell’età riproponendosi con opere come quella del Codice Corazza.
moderna, fino a giungere ai copialettere dei nostri nonni, alla carta carbone
delle macchine da scrivere, al ciclostile della prima associazione studentesca, Mauro Giancaspro
alla fotocopiatrice, allo scanner... Anche frequentare biblioteche era spesso, in Direttore della Biblioteca Nazionale
passato, collegato all’attività della copia: lo si è fatto fino ad una quarantina di Napoli “Vittorio Emanuele III”
di anni fa, quando, con l’irrefrenabile progressione dei moderni strumenti di
riproduzione, s’è smarrita quasi del tutto la capacità di scrivere a mano. Così
Cassiano dal Pozzo, identificato come l’estensore del Codice Corazza
della Biblioteca Nazionale di Napoli, “copiò” – testo e immagini, diremmo
oggi – dai codici leonardeschi, per poi selezionare e assemblare un compendio
di scritti sulla pittura e, anche e soprattutto, di meccanica, di idraulica, di
prospettiva, di ottica e di rappresentazione del paesaggio e dell’architettura;
compendio destinato alla stampa, secondo un programma mai realizzato.
E noi, posteri intraprendenti e versati nell’uso delle più avanzate tecniche
di riproduzione, finiamo per fare le stessa cosa: una copia. Una copia, però,
fedelissima all’originale, sottratta dal computer all’umana distrazione dell’a-
manuense. Una copia che avvince per la sua somiglianza all’originale di cui
consente, mantenendone inalterato il fascino dell’antica grafia e dei disegni
originali, la massima possibile divulgazione. Una copia che diventa stimolo
per una risistemazione critica, storica, codicologica, e che è anche occasione
preziosa per affrontare, forse per smorzare, una querelle recente, ma così acce-
sa da sembrare antica, quella tra ingegneri e architetti.
Siamo perciò felici che il Codice Corazza rimandi a tempi in cui tra ar-
chitetto e ingegnere non era possibile creare una demarcazione di competen-
ze, sapendo l’uno e l’altro allo stesso modo calcolare, disegnare, progettare,
inventare. Distinzione di competenze esaltata dai rigidi precetti dell’attuale
burocrazia. Quaranta anni fa, sulle pagine della rivista L’ingegnere libero
professionista, scriveva l’ingegnere Sergio Giancaspro, mio padre: “Oggi
non v’è un buon ingegnere edile, che non sia anche, consciamente o poten-
zialmente, buon architetto, e non v’è, viceversa, buon architetto, che non sia,
alla stessa maniera buon ingegnere”. E citava come esempi Nervi, Le Cor-
busier e Neutra. Al centro del Codice Corazza c’è questa idea dell’inge-
gnere-architetto, dell’ingegnere-artista, sottolineata da Buccaro, sostenuta con Luigi Cosenza, schizzi di progetto della nuova sede della Facoltà di Inge-
convinzione nel secondo dopoguerra dai docenti della Scuola d’Ingegneria gneria di Napoli, c. 1958. Napoli, Archivio Cosenza
[vii]
Bernardino Luini, Puttino che mostra un suo trastullo, c. 1525, Peterborough, Elton House, Collezione Proby
[viii]
Presentazione
Carlo Pedretti
[ix]
A B g ec a
M
p o
O R
C D n m
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P S
G H h fd b
[x]
❧ James E. McCabe,
Modello del teatro
di Curio
secondo l’interpretazione
di Leonardo
(1969)
CATENE: CB IN ALTO
AD IN BASSO
❧ James E. McCabe, Illustrazione grafica del meccanismo del teatro di Curio nell’interpretazione di Leonardo (1969)
[xi]
Ambrosiana provenienti dalla Francia al posto degli autografi requisi- loro possessore, faceva conoscere non solo a Napoli ma anche altro-
ti da Napoleone, ma anche in altre biblioteche in quanto provenienti ve, a Bologna, a Milano, e poi in Francia e in Inghilterra e perfino
da un’unica fonte – la celebre biblioteca del cardinale Albani –, come in Russia, dove si affidava all’amico Jacopo Quarenghi, l’architetto
nel caso di quello a Montpellier da me segnalato nel 1957 quando mi del teatro dell’Ermitage a San Pietroburgo, per una loro auspicata
fu dato di menzionare anche quello del Corazza a Napoli. vendita a quella Imperatrice. Opera dunque di sostenuta e sistema-
“Ai due codici milanesi”, scrivevo allora, “già noti non foss’altro per- tica promozione del loro contenuto teorico in base al quale andava
ché furono sostituiti agli originali nella restituzione degli autografi ra- delineandosi sempre meglio la personalità di Leonardo come artista e
pinati da Napoleone, si aggiunge ora la copia dell’H 229 inf. che Cas- scienziato e quindi come tecnologo e architetto.Veramente non è un
siano dal Pozzo fece eseguire per il cardinale Barberini e che si con- caso – e questa è l’entusiasmante tesi di Buccaro – che proprio a quel
serva oggi nella Biblioteca Nazionale di Napoli (segn. XII.D, 79). Si tempo in epoca post-Vanvitelliana e proprio nel meridione, con Na-
sapeva che il Bossi nel 1810 si era recato a Napoli a copiare un «mano- poli come punto focale, andava prendendo corpo l’idea dell’architet-
scritto di Leonardo» e che da queste copie G.B.Venturi ricavò alcuni to-ingegnere secondo criteri innovativi di formazione professionale
capitoli di cui si servì in una memoria inedita su l’ottica di Leonardo. dove si riconosce l’esempio di Leonardo come modello a cui ispirar-
Si è potuto ora accertare che si tratta proprio dell’apografo Barbe- si. A me, capitano di lungo corso come Paolo Galluzzi ebbe amabil-
rini”. Conclusione confermata da Buccaro, che dimostra però non mente a definirmi, gratifica oltremodo vedere realizzato un progetto
trattarsi di una copia, bensì della silloge completa di quegli apografi. editoriale di tanto respiro come questo che all’ancor giovane amico
A lui del resto va lasciato il racconto puntuale e circostanziato del- e collega ha richiesto un impegno ventennale di sistematiche ricer-
le complesse vicende di quegli apografi considerati nel più ampio che e riflessioni coronate da una efficace, lucida sintesi di un vasto e
contesto culturale che fra Milano e Parigi (e poi col Corazza pure a complesso quadro di eventi ricostruibili col rigore scientifico dello
Bologna e a Napoli) avrebbe portato all’editio princeps del Trattato della storico attraverso il fuoco incrociato dell’avvicendarsi di informa-
pittura di Leonardo nel 1651 e di riflesso avrebbe stimolato analoghe zioni spesso contrastanti e spesso carenti ma che sempre gli lasciano
iniziative in altre parti d’Italia e di Europa: basta ricordare l’attività del l’orgoglio di avere raggiunto un punto fermo di arrivo che è anche
pittore svizzero Ludovico Antonio David (1648-1720) che all’inizio un promettente punto di partenza come esempio a studiosi di là da
del Settecento a Roma trascriveva il codice Leicester (poi Ham- venire. Di qui l’omaggio che desidero offrirgli di un piccolo ma non
mer) allora di proprietà del pittore Grezzi e la cui corrispondenza insignificante contributo alla soluzione di un problema lasciato aper-
con Ludovico Antonio Muratori, allora prefetto dell’Ambrosiana, to nella sua imponente opera di interpretazione. Ecco di cosa si tratta.
mostra la sua convinzione che nei manoscritti vinciani di quella bi- Alla pagina 143 di questo volume il nostro Autore si sofferma su
blioteca dovessero trovarsi estese trattazioni scientifiche e tecnolo- alcune testimonianze dell’indiscussa autorità di Corazza in ambito
giche meritevoli di essere prese in seria considerazione da esperti culturale e artistico rinvenibili fino agli ultimi anni di vita che son
di fisica e matematica, convinzione sostenuta con accesa passione poi gli ultimi anni del Secolo dei Lumi. Di qui si arriva a riscontra-
al punto di provocare l’invito di un esperto del calibro del Padre re l’impegno del bolognese nel reperimento e commercio di opere
Giuseppe Maria Stampa che l’8 maggio 1704 informava il Muratori d’arte come si ricava dalla corrispondenza con lo studioso toscano
sull’esame compiuto del Codice Atlantico affermando, sconsolato, di Onofrio Boni (1739-1818) con lettera da Firenze del 30 luglio 1793
“avere esaminato foglio per foglio quel gran volume” ma solo per dove si prospettano le possibilità e difficoltà di ottenere opere del
avere “giuocato ad indovinare che cosa volesse darci ad intendere Domenichino e perfino di Michelangelo per un personaggio che a
con quelle sue figure”. Severo giudizio, questo, che settant’anni dopo, Napoli già possiede un piccolo Leonardo, un “Leonardino”. La lette-
nel 1778 al ventilarsi di un’ipotesi di edizione forse suggerita dal Co- ra si conclude con una nota che è insieme di rammarico e compiaci-
razza, avrebbe trovato l’eco nel giudizio sorprendentemente negativo mento all’impossibilità di poter soddisfare la richiesta dei menzionati
e ancor più circostanziato di un altro insigne matematico e fisico, il dipinti da parte di tanto personaggio indubbiamente altolocato: “Mi
Padre Gregorio Fontana, che ebbe a soffermarsi anche sul De ombra spiace che non potrò servirla”, conclude il Boni, “ma tal dispiacere si
e lume – ora Ms. C – le cui proposizioni “alcune sono malamente modesta [cioè si modera] quando penso a chi Ella gli destina, cioè al
enunciate, alcune indeterminate e ambigue, ed alcune anche espres- Padrone di quel Lionardino così saporito. Ben gli sta che ne sia privo
samente false”. L’esame poi del Codice Atlantico portò decisamen- […]”.Verrebbe spontaneo pensare subito al re Ferdinando come in-
te ad escludere la necessità di pubblicarlo: “Il voler pubblicare un nominato possessore del piccolo Leonardo nel quale verrebbe fatto
tal manoscritto sarebbe lo stesso che far totalmente perdere al Vinci di riconoscere il Luini che in effetti esiste ancora nella collezione
quella riputazione di buon Matematico che egli gode presso di mol- Farnese, la Madonna con Bambino, una tavoletta di 84 x 66 cm un
tissimi, i quali tengono come sinonimi Architetto e Matematico”. “Io tempo attribuita a Leonardo (catalogo del 1802) e ora giustamente
peraltro sono ora convinto”, conclude il Fontana, “che quest’Uo- riconosciuta del Luini nella Pinacoteca Nazionale a Capodimonte.
mo, veramente sommo e incomparabile nelle arti del disegno, pos- Ma il “Leonardino” menzionato dal Boni è un altro dipinto, più pic-
sa aspirare a tutt’altra gloria, che a quella di buon Matematico”. colo, ora pure riconosciuto del Luini dopo essere stato considerato di
Con questo in mente risalta, per contrasto, la tesi di Alfredo Buccaro Leonardo fin dal tempo del conte di Arundel – il primo possessore
nel dare alla luce questi testi apografi di Leonardo che il Corazza, dei disegni di Leonardo ora a Windsor – dopo il quale passò ad altre
[xii]
prestigiose collezioni inglesi, da quella di Betty Germaine a quella del Ma il trastullo per bambini non si limita al ruolo di curiosi-
mitico Beckford di Fonthill (1801), per passare poi a Lord Hamilton tà, poiché molto probabilmente risale all’antichità o per lo meno
ambasciatore di Sua Maestà Britannica a Napoli. È questo il Puttino a molto tempo prima del tempo di Leonardo. Questo è accerta-
che mostra un suo trastullo, una tavoletta di 66 x 50,8 cm che dopo la bile sulla base della descrizione che Luca Pacioli, il matemati-
sosta a Napoli ritornava in Inghilterra per passare alla collezione Far- co amico di Leonardo, ne fa nella sezione di giochi scientifi-
quhar (1822) via via fino alla collezione Proby a Peterborough, Elton ci nel suo De viribus quantitatis recentemente pubblicato in edi-
Hall (v. p. viii, supra). zione critica a cura di Augusto Marinoni (1997). (L’illustrazione
La certezza del riconoscimento ci viene dallo stesso Boni che ovvia- manca ma è facilmente ricostruibile.) Nella seconda parte al cap.
mente vide il “Leonardino” a Napoli presso Lord Hamilton secondo CXXXII, f. 229 r-v (pp. 316-317 dell’edizione) si legge quanto segue:
quanto egli stesso afferma nel 1808 nelle sue Riflessioni sopra Miche-
langelo Buonarroti, un saggio pubblicato in appendice all’Idea della per- Capitolo CXXXII. Documento: del solazo puerile ditto bugie
fezione della pittura di Rolando Freart Segneur de Chambrai tradotta Usano li atempati [i.e. anziani] per dar solazo et piacere alli fanciuli certo
dal francese da Anton Maria Salvini e pubblicata da Domenico Mo- strumento ditto bugie, o ver le bugie, qual sia facto con doi taulete e
reni a Firenze nel 1809. Val la pena soffermarsi sul modo come l’ar- tre corigiuoli de cuoro, fitti capo <e> piè, tramezati alle teste de ditte
gomento viene da lui introdotto (pp. 41-42) partendo dal concetto di taulette tetragone [i.e. a quattro angoli], pare, uniformi in colore et gros-
bellezza espresso nei volti dipinti dagli antichi fino ai moderni pittori: sezza a maggior fallacia, como sia l’una qui abcd, l’altra efgh. E ne la testa
ab ferma con un chiu<o>do el coregiuolo unico a ponto nel mezzo, e
Dubiterei che l’espressione fosse riposta in quello che tra gli Artisti si l’altro capo ficarai nella testa ef de l’altra tauletta, in modo che ditto co-
definisce per Greco disegno, cioè per quei modelli superiori di bellezza, regiuolo in una e l’altra tauletta arà un capo fitto in lo mezzo ambedoi,
che Parrasio, o altri fissarono per ciascuno dei loro Dei, o Eroi, nella comme vedi la fila [nm]. Poi li doi capi de li altri doi coregiuoli ficarai
qual cosa niuno dei moderni gli ha superati. A me sembra riposta in ne la testa dc con doi altri chiuodi e l’altre doi estremità ficarai nela testa
questo la bellezza; ma l’espressione in quello che i latini diceano vul- hg, in modo che ditti doi coregiuoli aranno doi capi fitti in una de ditti
tus, e che Cicerone definisce per tacito linguaggio dell’animo (Orat. in taulete e doi in l’altra [op, rs]. Ora, al piacere, se prende una paglia e me-
Calp. Pisonem.), con cui manifesta nel viso di ognuno ciò che pensa; in tesse a traverso sotto qual voi coregiuoli, comme sia in la tauletta abcd
quelle argutiae vultus di Parrasio, che più tosto che galanterie, come dice sotto l’unico, et sirando [i.e. serrando] voltano capo piedi et aprano ditte
il Dati, io tradurrei espressioni del sembiante. Per questa ragione le te- taulette; farò che la ditta paglia se retrova sotto li doi coregiuoli, comme
ste degli Apostoli della Cena di Lionardo, benché sì poco greche, tanto vedi in la tauletta hgef, et così, or qua or là, la fanno venire dicendo che-
piacciono, perché sì argute nella muta loro espressione tanto dicono”. le [i.e. quelle] ale uno e chele [i.e. quelle] ali doi etc.: et dicendo a un
modo, quello apre voltandole a l’altro et e converso. Ideo.
Ed è qui che il Boni conclude col ricordo di una singolare esperienza
di fronte al “Leonardino” visto a Napoli: È probabile che si possano rintracciare altri esempi dello stesso tra-
stullo anche in immagini, in bassorilievi o in carte o pergamene, ri-
Mi sovviene di essere stato forzato a ridere vedendo nel gabinetto del salenti all’antichità e all’età di mezzo. È certo comunque che il prin-
Cav. Hamilton, Ministro d’Inghilterra a Napoli, un putto dello stesso cipio per così dire tecnologico del trastullo si trova applicato all’ar-
pittore, che ridendo mostrava un suo trastullo, benché non avesse l’idea chitettura quando Leonardo avrebbe spiegato, unico fra i maggiori
più bella del mondo, come non l’hanno tanti putti del Correggio, che teorici dell’architettura durante e dopo il suo tempo, dall’Alberti
pure tanto piacciono. al Palladio, il dispositivo menzionato da Plinio e Vitruvio quando
descrivono il monumentale teatro mobile di Curio. Il disegno e
L’acuto osservatore s’è dunque concentrato sull’espressione di trion- commento di Leonardo si trovano nel Ms. I di Madrid, f. 110 r, data-
fante ilarità infantile provocata dalla dimostrazione del trastullo che bile intorno al 1497, e sono stati correttamente interpretati da James
nella scheda del catalogo della grande mostra dell’arte italiana a Lon- E. McCabe, ingegnere nei programmi spaziali della NASA per il
dra nel 1930, dove la tavoletta del Luini figurava col titolo di “Boy progetto “Apollo” e mio allievo in storia dell’arte presso l’Università
with a puzzle”, veniva giustamente descritta come “a wooden puzzle della California a Los Angeles. Nella sua relazione pubblicata in ap-
with straps, similar in construction to modern note-cases”, e cioè pendice alla IX Lettura Vinciana di Kate T. Steinitz, Leonardo architet-
una sorta di giochetto rompicapo in legno con reggette di pelle e to teatrale e organizzatore di feste (1969), si riporta il mio suggerimento
simile ai moderni portafogli. E infatti io stesso ben ricordo l’identico di riconoscere lo stesso principio tecnologico nel dipinto del Luini
trastullo di moda come portafoglio negli anni Quaranta del secolo della collezione Proby a Peterborough: “The naked infant is shown
scorso. In mancanza di un esemplare che avrei desiderato di ritrovare playing with a trick toy constructed of two wooden planks hinged
presso rigattieri o antiquari per riprodurla accanto al dipinto di Luini, together by flexible bands, two across one plank and one across the
sarebbe facile ricostruirlo con due tavolette di legno per mostra- other”. Nello spirito del metodo di comunicazione applicato da
re come, rivoltandole su se stesse, una banconota posta liberamente Leonardo artista e scienziato che privilegia il ricorso alle illustrazio-
fra di loro la si ritroverebbe fermamente assicurata sotto le reggette. ni e ai grafici, ogni spiegazione o commento scritto risulta superflo.
[xiii]
Codice Corazza, c. 1640, frontespizio della sezione I/a. Napoli, Biblioteca Nazionale
[xiv]
Introduzione
“Ars sine scientia nihil est”
Jean Mignot, 1398
[1]
fenomeno della diffusione del ‘metodo vinciano’ in ambito napo-
letano assumerà l’importanza che merita ai fini di una precisa rico-
gnizione delle radici dello scienziato-artista, una figura nata di fatto
sul principio dell’età moderna ma definita nel ruolo professionale e
istituzionale tra Sette e Ottocento, prima che se ne perdesse la trac-
cia a causa degli ‘specialismi’ introdotti nel corso del XX secolo.
Prima, allora, di immergerci negli esiti di una ricerca documenta-
ria che annovera un repertorio di fonti che va ben oltre la pur no-
tevole consistenza del nostro Codice – si pensi soltanto al cospicuo
fondo Corazza della stessa Biblioteca Nazionale – va innanzitutto
chiarito il significato che, a partire dall’età dell’Illuminismo, fu
dato proprio al termine scienziato-artista: vero nodo, a nostro pa-
rere, della storia dell’ingegneria meridionale, cui qualche tempo
fa dedicammo un volume e un mostra tenutasi presso l’Archivio di
Stato di Napoli3. Si è trattato quindi di riprendere le fila di quell’e-
sperienza per andare a ritroso, ricercandone le origini all’inizio
dell’età moderna4.
Avvertiamo intanto che tale definizione, riferita ad esempio a Leo-
nardo, agli architetti-ingegneri post-vanvitelliani o ai tecnici del
Corpo di Ponti e Strade in età preunitaria, può indicare sia il pro-
fessionista ‘teorico-pratico’ – intendendosi artista come tecnico, ossia
applicatore delle regole dell’arte attraverso l’abilità e l’esperienza (con
riferimento a quella che gli antichi definivano arte, ossia la téchne)
– sia la doppia figura dello scienziato sperimentatore (e quindi sco-
pritore, codificatore e divulgatore) dei principi della scienza costrut-
tiva e dell’artista creatore di forme degne di essere annoverate nel
campo delle arti belle: nella fattispecie, quindi, non solo applicatore
delle regole del mestiere, bensì dei principi dell’estetica e del gusto.
Si comprende allora come questa definizione, adottata come sino-
nimo di ingegnere, abbia mostrato sin dall’inizio un significato di
completezza in grado di rappresentare un’autentica minaccia per gli
architetti di pura estrazione accademica che, a partire dalla metà del
XIX secolo, considerarono l’opera degli ingegneri priva di dignità
Codice Corazza, c. 1640, sez. II, p. 20, Napoli, Biblioteca Nazionale
architettonica, arroccandosi nella loro presunzione di unici deposi-
tari del ‘buon gusto’.
poluogo campano, come tenteremo di dimostrare, solide e antiche In realtà le cose stavano in maniera assai diversa. E se, ancora nel
radici, mostra una perfetta coerenza con le ragioni stesse dei nostri 1809, nel Vocabolario toscano dell’arte del disegno pubblicato da Fi-
assunti. lippo Baldinucci5 , l’ingegnere era definito genericamente «Inge-
gnoso ritrovator d’ingegni e di macchine, lo stesso che Architetto»,
Lo studio che proponiamo avrà come punto focale la vicenda e in età napoleonica la fondazione della prima scuola di ingegneria
il significato storico-documentario del Codice Corazza, come ab- italiana in ambito civile voluta a Napoli da Murat con decreto
biamo da tempo battezzato1 questa preziosa ‘antologia’ vinciana del 4 marzo 18116 – di cui quest’anno celebriamo il bicentenario,
seicentesca – conservata presso la Sezione Manoscritti e Rari della cogliendone quindi l’occasione per dare alle stampe il nostro stu-
Biblioteca Nazionale di Napoli2 – dal nome del possessore, il lette- dio – si basò proprio sul presupposto dell’ispirazione alla figura
rato filosofo e scienziato bolognese Vincenzo Corazza, precettore, professionale completa, di marca vinciana, dello scienziato-artista:
sul volgere del Settecento, del principe ereditario Francesco, figlio essa era destinata a consolidarsi fino ai primi decenni del Nove-
di Ferdinando IV di Borbone e futuro re Francesco I. cento nella fisionomia dell’ingegnere-architetto. L’unità di questa
Il Codice, la cui esistenza è stata segnalata per la prima volta da figura, infatti, supererà indenne – anzi rafforzandosi – anche la
Carlo Pedretti mezzo secolo fa, non è mai stato oggetto di una progressiva frattura tra arti figurative e tecniche costruttive dovuta
pubblicazione integrale, né di uno studio atto ad approfondirne la alle applicazioni dell’industria all’architettura: si dovrà attendere,
vicenda storica e il significato in relazione alla vasta eco e al ruolo
che la lezione di Leonardo ha avuto nel Mezzogiorno moderno e
contemporaneo. Ma tutto questo non basta: solo attraverso le fonti 3
A. Buccaro, Da architetto «vulgo ingeniero» a «scienziato artista»: la formazione
a nostra disposizione sugli ingegneri, sino ad oggi indagate, an- dell’ingegnere meridionale tra Sette e Ottocento, in Scienziati-artisti. Formazione ruolo
degli ingegneri nelle fonti dell’Archivio di Stato e della Facoltà di Ingegneria di Napoli, a
che da chi scrive, senza riferimenti né nessi con questa vicenda, il cura di A. Buccaro, F. De Mattia, Napoli, Electa Napoli, 2003, pp. 17 sgg.
4
Cfr. pure A. Buccaro, Invarianti e dinamiche della professione tra Cinque e Sette-
cento, in Storia dell’Ingegneria. Atti del 3° Convegno Nazionale (Napoli, 19-21 aprile
2010), a cura di S. D’Agostino, Napoli, Cuzzolin Editore, 2010, I, pp. 261-269.
1
A. Buccaro, Ingegneria tra scienza e arte: il Codice Corazza e la permanenza del 5
F. Baldinucci, Vocabolario toscano dell’arte del disegno, Milano, Soc. Tipografica
modello vinciano nella cultura napoletana, in Storia dell’Ingegneria. Atti del 2° Convegno Classici Italiani, 1809, I, p. 265.
Nazionale (Napoli, 7-8 aprile 2008), a cura di S. D’Agostino, Napoli, Cuzzolin 6
A. Buccaro, Istituzioni e trasformazioni urbane nella Napoli dell’Ottocento, Na-
Editore, 2008, II, pp. 797-809. poli, E.S.I., 1985, cap. I e passim; Id., Opere pubbliche e tipologie urbane nel Mezzo-
2
BNN, Manoscritti e Rari, XII. D. 79. giorno preunitario, Napoli, Electa Napoli, 1992, pass.
Introduzione
2
Codice Atlantico, f. 537r, c. 1515; studi di centine per archi e volte. Milano, Biblioteca Ambrosiana
Introduzione
[3]
Arconati, furono redatti dai frati dell’Ambrosiana gli apografi da
utilizzare come basi per un testo concepito dal cardinale e dallo
stesso dal Pozzo quale raccolta del ‘meglio di Leonardo’ presen-
te in quella biblioteca; una selezione ‘mirata’, dunque, e finaliz-
zata alla pubblicazione di una ricca antologia di scritti vinciani.
Cassiano curò nella stessa epoca la redazione di un testo finalizzato
all’editio princeps del Trattato della Pittura, poi effettivamente esegui-
ta a Parigi nel 1651 con le illustrazioni di Poussin. Ciò fu realizzato
attraverso riscontri sugli originali dell’Ambrosiana e sulla base di
apografi più antichi, tratti in forma ‘abbreviata’ dal Libro di Pittura:
quest’ultimo, conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana e
compilato intorno al 1546 sui manoscritti di Leonardo dall’allievo
Melzi secondo il progetto impostato dal maestro, fu ignoto a dal
Pozzo nella forma originale, pubblicata solo agli inizi dell’Ottocento.
Gli apografi custoditi a Milano e a Napoli propongono selezioni
Codice apografo, H 228 inf., c. 1637-40, particolare. Milano, Biblioteca tratte da originali databili tra il 1490 e il 1518 e redatti da Leonardo
Ambrosiana (da Solinas) tra Milano, Firenze, Roma e Amboise: l’operazione fu condotta da
dal Pozzo estendendo gli ambiti d’interesse rispetto alla coeva editio
nell’Italia fascista, la nascita delle Facoltà di Architettura perché princeps del Trattato, evidentemente su precisa richiesta del Barberini,
il titolo di ingegnere edile venga separato ufficialmente da quello dalla pittura e dalla teoria della rappresentazione all’ottica, all’idrauli-
di architetto, con tutte le conseguenze che tuttora si registrano. ca, alla meccanica e alle scienze della terra, nonché a quanto concer-
La nostra indagine verterà dunque sulla doppia ‘anima’ della profes- nesse l’applicazione di tali materie di base alla tecnica dell’architet-
sione e sull’importanza che essa assume in relazione alla svolta veri- tura e dell’ingegneria. L’importanza di questi apografi è dovuta sia ai
ficatasi a partire dagli inizi dell’età moderna grazie al ‘nuovo’ model- criteri di selezione dei testi vinciani, sia al valore intrinseco delle tra-
lo rappresentato dai primi tecnici dotati di rango liberale e, quindi, scrizioni e del loro apparato iconografico, sia infine, come ha dimo-
da Leonardo. Per fare questo, sarà ovviamente opportuno partire strato Pedretti, per l’opportunità che ci offrono di sostituire in alcuni
dall’ampia letteratura di base concernente la figura del genio toscano, casi gli originali perduti o di aiutarci nella lettura tecnica di partico-
cui ci avvicineremo con la dovuta modestia e cautela, e con il rispetto lari illustrati da Leonardo con immagini a volte difficilmente com-
che si deve a studiosi che su tali temi hanno speso un’intera vita, pri- prensibili per la scala del disegno o per il loro stato di conservazione.
mo fra tutti Carlo Pedretti, e poi Augusto Marinoni, Alessandro Vez- La nostra ricerca ha avuto dunque inizio dallo studio del Codice
zosi, Paolo Galluzzi, Carlo Vecce e altri ancora. Ma da questo onero- della Biblioteca Nazionale di Napoli, che rappresenta la stesura
so compito non possiamo esimerci se, lungi dal pensare di apportare più ampia della trascrizione antologica coordinata da Cassiano dal
particolari contributi di novità sul piano della critica vinciana, inten- Pozzo. È risultata del tutto evidente, sin dall’inizio, la difficoltà di
diamo mettere a frutto inedite ricerche documentarie per collocare un approccio alla sconfinata materia vinciana su cui, specie da un
la vicenda della diffusione dell’eredità leonardesca nel Mezzogior- secolo a questa parte, si sono cimentati fior di studiosi e speciali-
no nel quadro della formazione della descritta figura professionale. sti del genio toscano, con particolare attenzione alla ricostruzione
dell’intricata vicenda di quei manoscritti, alle connessioni tra ori-
La storia del Codice napoletano si inserisce a pieno titolo nella più ginali e apografi e all’importanza dei contenuti di quei testi in re-
ampia e complessa vicenda dei manoscritti e apografi vinciani, con lazione alle formidabili intuizioni tecnico-scientifiche e artistiche
la quale dovremo fare i conti in ogni punto della trattazione: riper- di Leonardo: speriamo, tuttavia, di aver potuto aggiungervi al-
corriamone allora le linee principali. meno un tassello con riferimento alla fortuna critica di Leonardo
I manoscritti donati all’Ambrosiana nel 1637 dal conte Galeazzo nel Mezzogiorno moderno e contemporaneo, e soprattutto di aver
Arconati furono depredati da Napoleone nel 1796, passando dalla recuperato le fila della sua influenza sulla delineazione dell’iden-
Biblioteca Nazionale di Parigi all’Institut de France, ove tuttora tità professionale dell’ingegnere-architetto, come oggi lo intendiamo
si trovano, tranne il Codice Atlantico, restituito nel 1815, e quelli nella sua doppia ‘anima’ tecnico-scientifica ed estetico-artistica.
che, con la caduta di Napoleone, giunsero in Inghilterra, finendo Lo ‘scienziato-artista’ Leonardo, dunque, come matrice culturale
in parte presso il British Museum e il Victoria and Albert Mu- di una figura di professionista che, dopo la lunga gestazione ve-
seum, in parte presso le collezioni private di lord Leicester e lord rificatisi tra Quattro e Settecento, giunge a maturazione in età
Ashburnham, oltre ai fogli sciolti tuttora presenti nella Biblioteca napoleonica con la fondazione, a Napoli, della prima scuola di in-
Reale di Windsor e nella Biblioteca Reale di Torino. Ma alcuni gegneria italiana in ambito civile. A dispetto di quanto affermato
dei codici francesi risultano oggi mutili di fogli sottratti nell’Otto- da più parti con riferimento alla dubbia ‘scissione’ tra architetto e
cento, solo in parte ricostruiti attraverso gli apografi a partire dagli ingegnere che si sarebbe verificata a partire dalla fondazione della
inizi del secolo scorso. École des Ponts et Chaussées a Parigi nel 1747, in realtà ancora per
Riguardo appunto agli apografi, oltre che a quelli cinquecenteschi, oltre un secolo questa separazione, del tutto innaturale nel cam-
nel nostro caso va fatto specifico riferimento alle trascrizioni rien- po delle opere architettoniche e dell’ingegneria civile, sarà ben
tranti in una vasta operazione promossa dal cardinale Francesco lontana dall’attuarsi. Anzi, proprio nell’architettura dell’Illumini-
Barberini ed eseguita tra il 1637 e il 1640 da Cassiano dal Pozzo, smo e nella nuova estetica del funzionalismo ottocentesco saranno
suo segretario a Roma, intellettuale raffinato, collezionista d’arte, da ricercare, come è noto, le premesse del Movimento Moderno.
noto per l’imponente attività di raccolta e riproduzione di opere Il ‘filo rosso’ vinciano sarà sempre rinvenibile nella vicenda dell’ar-
dell’antichità confluita nel suo Museo Cartaceo, in cui dovette inse- chitettura e delle opere pubbliche nel Mezzogiorno: basterà seguir-
rirsi anche questa iniziativa. A Milano, sotto il controllo del conte ne le tracce, leggere tra le righe dei documenti, cercare di ricostruire
Introduzione
4
le carriere e annoverare le opere dei protagonisti di questo affasci-
nante scenario, da cui il territorio meridionale risulterà fortemente
connotato e pregno di valori artistici, architettonici e infrastrutturali
in esso disseminati, ancora oggi riconoscibili e solo in parte fruibi-
li. Ci interesserà, in particolare, individuare gli aspetti significativi
del ruolo svolto, nella formazione dell’identità di tali professionisti,
dall’acquisizione e maturazione del metodo scientifico-speculativo
dei primi ‘ingegneri’ dell’età moderna da parte del pensiero meri-
dionale. In tal senso, il ruolo degli scienziati e dei filosofi napoletani,
a partire dalla seconda metà del Cinquecento sino alle soglie della
rivoluzione del 1799, avrà un diretto riscontro sulla rielaborazione e
sull’aggiornamento di quel metodo nell’età dei Lumi, permettendo
di giungere alle importanti riforme che caratterizzeranno, anche in
questo campo, il governo murattiano. In altre parole, il metodo vin-
ciano e la sua diffusione fino e oltre l’Età dei Lumi rappresenteranno
la premessa per una piena espressione, anche in campo professionale,
del passaggio dall’esprit de système all’esprit systematique – per dirla
con D’Alembert – ossia da una concezione aprioristica e deduttiva
ad una basata sulla precisa classificazione e analisi dei fenomeni ai
fini dell’elaborazione delle ‘regole dell’arte’.
La figura di Vincenzo Corazza, insieme con tutto l’ambiente cul-
turale che lo circonda, è per molti versi emblematica proprio di
quell’età post-vanvitelliana in cui si fa sempre più consistente il ba-
gaglio delle teorie scientifiche poste al servizio dell’architettura e
dell’ingegneria, e sempre più avvertita l’esigenza di una solida pre-
parazione dello ‘scienziato-artista’ sia in campo umanistico, sia in
quello tecnico-scientifico. Nel corso del Novecento, poi, nell’am-
biente napoletano vi sarà sempre chi, come Luigi Cosenza, indi-
cherà proprio nella lezione vinciana la via di uscita dall’impasse dato
dall’inesorabile quanto forzosa divisione dei ruoli professionali.
[8]
Capitolo primo
La professione tra arte, scienza e tecnica,
prima e dopo Leonardo
3
P. Gaurico, De sculptura, Firenze, F. Giunta, 1504, f. 1v.
1
C.Vasoli, A proposito di scienza e tecnica nel Rinascimento, in Leonardo nella scienza 4
Si veda sull’argomento: B. Gille, Leonardo e gli ingegneri del Rinascimento, Mi-
e nella tecnica, Atti del simposio internazionale (Firenze 23-26 giugno 1969), Firenze, lano, Feltrinelli, 1972; P. Galluzzi, Gli ingegneri del Rinascimento da Brunelleschi
Giunti, 1969, pp. 290-291. a Leonardo da Vinci, catalogo della mostra (Firenze 22 giu. 1996-6 gen. 1997),
2
Ibidem. Firenze, Giunti, 1996.
[9]
cantieri, sono spesso chiamati ad occuparsi di architetture auliche re da Leon Battista Alberti; nel contempo nell’ambito della trattati-
come di infrastrutture, di macchine o di apparati militari, di ponti o stica si assisterà, specie nel corso del Cinquecento e del Seicento, al
di congegni idraulici, avvertendo essi per la prima volta il bisogno graduale abbandono dell’impostazione scientifica dogmatica per un
di sistematizzare all’interno di veri e propri trattati una serie di me- adattamento della teoria alle esigenze funzionali e di cantiere8. Ma
todologie acquisite nella pratica del mestiere. tale processo di gestazione della fisionomia del ruolo sarà destinato
Il segno lasciato dai tecnici del secondo Quattrocento nel campo a un lungo travaglio e ad un percorso tutt’altro che lineare: intorno
della scienza applicata alla realizzazione di ‘ingegni’ per la soluzio- alla metà del XVII secolo, a partire dalla Francia, la nascita delle ac-
ne dei principali problemi costruttivi o infrastrutturali rappresente- cademie di architettura favorirà a sua volta una marcata dicotomia
rà una pietra miliare per l’intera vicenda rinascimentale e barocca, tra teoria e prassi dell’edificare e un’inesorabile accentuazione for-
giungendosi così, attraverso la rivoluzione illuminista e in eviden- malistica del bagaglio formativo dell’architetto. In questo contesto la
te continuità con la gestazione della prima età moderna, alla de- diffusione della lezione vinciana, mai interrotta e, anzi, consolidatasi
finitiva affermazione del ruolo dell’ingegnere come professionista tra Sei e Settecento, si imporrà come unica alternativa a tale frattura.
di Stato nell’età napoleonica. Infatti se a partire dal Cinquecento Con la nascita dell’enciclopedia e dello sperimentalismo illumini-
nell’architettura militare si tenderà ad una specializzazione tecnica stico, di pari passo con il nuovo sviluppo industriale, la fisionomia
sempre maggiore, in ambito civile l’architetto e l’ingegnere saranno dello scienziato-artista emergerà in tutti i suoi caratteri di figura pro-
identificabili, ‘ad unum’, in quello scienziato-artista che seguirà, salvo fessionale unica, attrezzata non solo sul piano empirico e tecnico,
poche eccezioni, la vicenda più generale della storia dell’architet- ma quale esperto dell’applicazione della scienza del costruire ai vari
tura. Questa figura completa, come vedremo, non scomparirà con settori della vita sociale e persino in grado di sostenere dispute in
la fondazione delle scuole di ingegneria all’inizio del XIX seco- ambito storico-critico e stilistico; insomma, ancora una volta, sarà
lo, uscendone anzi rafforzata: l’ingegnere si separerà dall’architetto salva la secolare figura dell’ingegnere-architetto.
solo sotto il profilo istituzionale, venendo sì affidate ai due, come
distingue Durand, rispettivamente le opere pubbliche e quelle pri- Già nella nota «Patente» con cui nel 1468 Federigo di Montefeltro
vate, ma conservandosi l’unità di queste ‘anime’ nello stesso corpo, sceglie Luciano Laurana quale direttore delle opere per il palazzo
come facce della stessa medaglia. Specie nel tardo Ottocento, a mi- di Urbino si passa, con evidente indifferenza lessicale, dalla nomi-
nare quest’unità ci saranno da un lato le sterili dispute stilistico- na di «ingegniero et capo di tutti li maestri» a quella di «Architet-
accademiche sorte all’interno del dibattito architettonico, dall’altro tore et capo maestro»9. Anche il noto assunto albertiano, secondo
una certa presa di distanza da parte dell’ingegneria legata all’uso cui «architetto sia l’ingegniero che discorre», teso a sottolineare
di nuovi materiali e tecnologie industriali, e ad una preparazione la prevalente preparazione umanistica del primo rispetto a quella
tecnica sempre più specifica, o, più ancora, da parte delle tante al- precipuamente tecnica del secondo, anche fuori dal campo edili-
tre ‘ingegnerie’ che andranno nascendo; ma sarà solo la pretestuosa zio, si tradurrà più spesso nell’identificazione dei due professionisti
divaricazione professionale verificatasi nel secondo Novecento, che nella stessa persona. Ancora nel 1587 la medesima definizione verrà
tuttora permane, a far perdere di vista l’originaria unità della figura adottata dal Garzoni 10 e suffragata con citazioni di Aristotele e di
professionale e della sua opera. Platone, ma di fatto parificando le professionalità e la loro ‘digni-
Sappiamo come, già a partire dagli ultimi secoli del Medioevo, si tà’: «Tutte queste cose pertengono agli architetti, o maestri d’edi-
faccia strada una cultura di impronta protoumanista tesa a distin- ficii, i quali si dimandano anche ingegnieri, et mecanici, benché
guere tra progettista ed esecutori, facendo emergere i primi nomi di uno ingegniero o mecanico si adoperi ancora fuor de’ predetti
artefici ‘di rango’ – valga per tutti quello di Villard de Honnecourt5 edificii»11 , ossia nel campo delle fortificazioni, delle macchine da
– attrezzati anche dal punto di vista teorico, specie nel campo della lavoro e dell’idraulica.
matematica e della geometria, e dotati di un bagaglio tecnico e lin- A partire da quando, sulla scorta di Vitruvio, Alberti sosterrà l’im-
guistico ampiamente sperimentato e tradotto in raccolte di disegni portanza del ruolo dell’architetto dotato di fabrica e ratiocinatio, e
e schemi tipologico-stilistici utili a collaboratori e maestranze. Se, quindi dell’architettura come scienza ‘pratica’, allo stesso profes-
come sottolinea la Mazzi6, con la ripresa economica duecentesca sionista, nelle vesti di ‘meccanico’ o di ‘ideatore di ingegni’12 non
e il conseguente incremento degli interventi edilizi la distinzione basterà più predisporre le macchine e coordinare le operazioni di
tra progettista ed esecutori si fa sempre più netta, come più rapidi cantiere, bensì egli dovrà conoscere la scienza, i principi primi
i cantieri, quella tra architectus, ingenierius, magister operis, fabricator o della propria téchne, onde conseguire determinate finalità in cam-
machinis peritissimus di fatto ancora non esiste: il titolo viene adottato po edilizio, idraulico, meccanico o militare, scegliendo i metodi
con indifferenza, variando più in relazione ai costumi e alle accezio- e le tecniche più opportuni affinché la machinatio assicuri la riu-
ni locali che per l’esistenza di ruoli professionali ben riconoscibili. scita e quindi l’utilità e la bellezza stessa dell’opera. Qui è tutto il
Il famoso giudizio dato dal francese Jean Mignot nel 1399 a proposi- nodo, in quanto l’antica téchne è ora arte e scienza nel contempo,
to dei maestri lombardi impegnati nel cantiere del duomo di Mila- e solo in casi specifici, e con difficoltà, l’unica figura professionale
no, basato sull’aforisma «ars sine scientia nihil est», dimostra come a potrà parcellizzarsi. Lo scienziato-artista si prepara così, su basi so-
partire da questo momento la pratica costruttiva, vale a dire la capa-
cità di esercitare un mestiere, in una parola la téchne, possa elevarsi al 8
Ibidem. Ciò si riconosce specie in Serlio e poi in Vignola e in Scamozzi, dalle cui
rango di professione solo grazie al contributo del pensiero teorico- tavole i progettisti avrebbero tratto elementi tipologici e formali ritenuti ‘esemplari’
matematico e geometrico7, come effettivamente si registrerà a parti- per un’architettura basata sul ‘mestiere’.
9
G. Gaye, Carteggio inedito d’artisti dei secoli XIV, XV, XVI, pubblicato ed illustrato
con documenti pure inediti, Firenze, Molini, 1839, I, pp. 214-215.
10
T. Garzoni, La piazza universale di tutte le professioni del mondo, Venezia, presso
5
G. Mazzi, «Una cosa ben aggiustata e che s’accosti alla perfezione», in «Architetto sia G.B. Somasco, 1587.
l’ingegniero che discorre». Ingegneri, architetti e proti nell’ età della Repubblica, a cura di G. 11
Cit. in G. Mazzi, op. cit., p. 41.
Mazzi, S. Zaggia,Venezia, Marsilio, 2004, p. 11. 12
La Brizio, nel glossario dei termini vinciani, indica semplicemente per ingegno
6
Ivi, p. 14. un «congegno» e quindi l’ingegnere sarà un «creatore di ingegni». Cfr. Scritti scelti di
7
Ivi, pp. 37-38. Leonardo da Vinci, a cura di A.M. Brizio, Torino, Utet, 1966, p. 693.
Capitolo primo
10
lidamente fondate, a conseguire finalmente il riconoscimento del gegneri. Più duramente incalza Gille16 e con lui storici illustri della
rango di arte liberale per la propria attività 13 . tecnologia rinascimentale, come Beck o Feldhaus, ridimensionan-
Se, quindi, entro la fine del Quattrocento la figura dell’ingeniero (o do con decisione, come si vedrà, il ruolo di Leonardo inventore e
ingegniero) avrà ormai assunto una fisionomia tecnica ben definita, dimostrando come i suoi enunciati teorici, oltre alle innumerevoli
lo stesso professionista potrà divenire, in qualunque momento, archi- osservazioni e applicazioni, possano essere ritrovati in molti autori
tetto: lo sarà, infatti, ‘honoris causa’, quando dimostrerà di possedere coevi, medievali o addirittura dell’età classica. Come spesso accade,
quel bagaglio di cultura umanistica che, con la riscoperta ufficiale si potrebbe dire che la verità sia nel mezzo.
di Vitruvio e il diffondersi della trattatistica albertiana e filaretiana, Effettivamente tra il Duecento e il Quattrocento, sulla scia della
verrà ritenuto valido e autorevole supporto per le scelte tecniche. machinatio vitruviana e dei meccanici arabi, si diffondono molti
Architetto, dunque, secondo il modello del classicismo, nell’accezione testi manoscritti di macchine, mai o quasi mai dati alle stampe,
completa di artista-costruttore destinata a rafforzarsi in tutta la pri- ma fatti circolare in più copie che vengono adoperate dai profes-
ma età moderna, da un lato con lo sviluppo della scienza e della tec- sionisti nella loro attività. Tali materiali sono basati su un ricco e
nica del costruire, dall’altro con lo studio e la diffusione del linguag- suggestivo apparato illustrativo, a tutto discapito del testo, forte-
gio dell’architettura antica. Sicché quella definizione di architetto mente ridotto: specie a partire dalla seconda metà del XV secolo
«vulgo ingeniero» che, coniata proprio agli inizi dell’età moderna, si inizia una sorta di sfida nei confronti dei letterati, allo scopo di far
ritrova almeno fino alla metà del XVII secolo14, calza alla perfezione comprendere come, rispetto a una cultura fondata sull’eloquenza
come attributo di un artefice colto che diviene «ingeniero» sia per e sulla retorica, quella basata sulle capacità di rappresentazione e
nomina regia che per riconoscimento popolare, ossia nell’unica ve- divulgazione tecnica aspiri ormai a una pari dignità; il disegno,
ste di progettista e realizzatore di infrastrutture che può essere nota dunque, come base della produzione trattatistica di questi ‘nuovi
agli strati sociali più bassi, con cui egli entra in contatto operando tecnici’. Ma, nel contempo, essi avvertono costantemente l’esigen-
sul territorio. za di un aiuto da parte degli stessi letterati, non conoscendo il lati-
Per comprendere allora le ragioni della fortuna critica del pensie- no né il greco per poter accedere alle fonti classiche di pertinenza
ro di Leonardo nel contesto della formazione e maturazione della architettonica e ingegneristica, come il trattato vitruviano, o di
professione di architetto-ingegnere già a partire dalla prima metà matematica e geometria, come le opere di Archimede e di Eucli-
del Cinquecento, faremo riferimento a recenti studi concernenti il de, o di ottica, come quelle di Erone, o ancora di meccanica, come
contributo tecnico-scientifico del maestro, da cui si trae l’impressio- gli studi dello stesso Archimede e la scientia de ponderibus medieva-
ne di un merito altissimo, fondato non soltanto sul tentativo di una le. Dal canto loro gli artisti-ingegneri sono in grado di proporre
‘riduzione’ trattatistica di principi tecnici e soluzioni strumentali più per la prima volta restituzioni grafiche di strutture, metodi e mac-
o meno consolidati, o di una più precisa definizione, rappresentazio- chine soltanto descritte in quei testi. Così la figura professionale
ne in dettaglio e sperimentazione di macchine e ingegni già in buo- può evolvere da quella dei tecnici operanti nel campo esclusivo
na parte presenti nella speculazione teorica degli autori precedenti, della pratica e dell’esperienza, in posizione nettamente subalterna
ma anche sull’aspirazione alla scoperta o sulla semplice intuizione rispetto agli umanisti, all’altra di intellettuali e teorici capaci di
non formulata dei principi sottesi alle più complesse fenomenologie codificare le proprie norme, e in grado di mettere in pratica la
naturali, che fungeranno da base per lo sviluppo sei-settecentesco teoria attraverso una rigorosa applicazione di formule e calcoli. In
delle nuove scienze sperimentali. E se, forse, il contributo di Leonar- Leonardo il processo si completerà, in quanto finalmente l’artista-
do nel campo delle applicazioni meccaniche, idrauliche o dell’arte ingegnere assurgerà al livello del filosofo che conosce e interpreta
militare non ebbe sempre quel carattere di originalità che molti gli la natura, svelandone i segreti e utilizzandone i meccanismi a van-
hanno voluto attribuire sine conditione – e che invece è sicuramente taggio dell’uomo. In tal senso, il Nostro va considerato non tanto
riconoscibile nei suoi studi nei campi della fisica strettamente legati come il genio isolato, bensì quale massima espressione di quella
all’attività artistica – restano comunque innegabili i suoi sforzi per figura professionale che si inizia a formare un secolo prima con
una sistematizzazione di tali materie finalizzata alla divulgazione. Brunelleschi, passando per gli ingegneri senesi e giungendo solo
Non sarà allora inutile tratteggiare, in rapida sintesi, quanto già era alla fine all’esperienza vinciana 17.
stato fatto prima di Leonardo da Taccola e da Francesco di Giorgio, Dopo l’importante contributo brunelleschiano per la cupola fioren-
specie con riferimento al ruolo avuto da quest’ultimo proprio a tina, il cui cantiere fu anche, come è noto, luogo di sperimentazione
Napoli nel preparare il terreno per quella che sarà, già qualche de- di ingegnose macchine per il sollevamento di uomini e materiali, si
cennio più tardi, la diffusione di una ‘coscienza vinciana’ utile alla giunge all’opera dei citati professionisti di ambito senese. In parti-
formazione dello scienziato-artista. colare Taccola e Francesco di Giorgio mostrano già competenze di
Galluzzi15 sottolinea come il merito di Leonardo nel campo dell’in- meccanica e di idraulica applicata davvero sorprendenti. Nel centro
gegneria delle macchine non sia stato quello di anticipatore o di toscano sin dalla metà del Trecento si verifica un’eccezionale colla-
iniziatore, quanto piuttosto di applicatore e divulgatore di metodi borazione tra umanisti e artisti, in cui il tema classico viene adottato
e tecniche già indagati nel corso del XV secolo da altri artisti-in- come riferimento anche in ambito tecnico e tecnologico: le mac-
chine, gli ingegni sono ora intesi come vere e proprie ‘magie’ capaci
di piegare la natura ai voleri e ai comodi dell’uomo, e di assicurargli
la difesa dalle insidie o il benessere in tempo di pace. Ancora Gal-
13
A. Biral, P. Morachiello, Immagini dell’ingegnere tra Quattro e Settecento: filosofo, luzzi18: «Nei primi decenni del Quattrocento sulla scena italiana è
soldato, politecnico, Milano, F. Angeli, 1985, p. 7.
14
ormai chiaramente riconoscibile la fisionomia di un nuovo tipo di
A. Buccaro, Da architetto «vulgo ingeniero» a «scienziato artista»: la formazione
dell’ingegnere meridionale tra Sette e Ottocento, in Scienziati-artisti. Formazione e ruolo
degli ingegneri nelle fonti dell’Archivio di Stato e della Facoltà di Ingegneria di Napoli, a
cura di A. Buccaro, F. De Mattia, Napoli, Electa Napoli, 2003, p. 17.
16
15
P. Galluzzi, op. cit., pp. 13 sgg. Si veda inoltre Id., The Career of a Technologist, in B. Gille, op. cit., passim.
17
Leonardo da Vinci Engineer and Architect, a cura di P. Galluzzi, Montreal,The Montreal Ivi, p. 9.
18
Museum of Fine Arts, 1987, pp.41-109. P. Galluzzi, op. cit., p. 27.
Capitolo primo
12
cheologica27, che avrà conseguenze significative ancora un secolo più autorità della sua figura»32: dopo le importanti esperienze di Urbino
tardi, come dimostra l’opera di Domenico Fontana, su cui torneremo. e di Rimini, nella capitale aragonese egli entra in contatto, tra gli
Nel Trattato I della Biblioteca Laurenziana, databile intorno al 1480, altri, con Fra Giocondo, il quale, come vedremo, deve aver avuto un
è evidente l’impostazione vitruviana ispirata alla machinatio e, an- ruolo peculiare nella diffusione, in quell’ambito, dei grafici di mac-
cora una volta, un’assimilazione di Taccola, ritornando il Martini chine e fortificazioni del tecnico senese33.
sulle fondazioni in acqua, sulle dighe e sui metodi di misurazione Il fatto stesso che Vitruvio considerasse la machinatio parte indispen-
di altezze e distanze; ma ai quattro temi del Codicetto si aggiunge sabile dell’architettura rappresenta, per tutto il Quattrocento, un for-
ora quello della tecnica militare e delle armi. Questo trattato – di te stimolo alla ricerca sulle macchine edili dell’antichità, visto anche
cui Leonardo possedette una copia che postillò personalmente – il largo uso di monoliti lapidei nei nuovi cantieri rinascimentali e
dimostra l’avvenuta maturazione di Francesco di Giorgio come in- la riconosciuta impraticabilità dei sistemi gotici, per giunta coperti
gegnere, visto il grado di approfondimento dei dettagli e la vasta dal segreto corporativo34. Sebbene non ancora ‘ufficialmente’, l’at-
gamma di modelli di macchine, dai mulini alle pompe. Nel Trattato tenzione per gli aspetti tecnici indicati nell’opera vitruviana rappre-
II o Codice Magliabechiano – che compare citato da Leonardo in senta già un elemento fondamentale della nuova architettura basata
numerosi brani del Codice di Madrid II – egli mostra un ulteriore sulla riscoperta dell’antico. Un secolo più tardi sarà ormai pieno il
sforzo di sintesi, riducendo il numero di esempi di macchine per riconoscimento dato all’importanza dell’antica scienza meccanica
cercare piuttosto l’individuazione dei principi comuni, anche con e dei suoi strumenti; nel frattempo il nesso tra macchine, meto-
l’aiuto di una rappresentazione basata sul diretto rapporto testo- di costruttivi e forme dell’architettura antica resterà inscindibile,
immagine, e giungendo così ad affinare la propria tecnica grafica al proseguendo ininterrotto il legame tra ogni tipo di machinerie e il
punto da distinguersi nettamente dagli autori coevi. I suoi grafici linguaggio del classicismo35. Non a caso all’editio princeps del De Ar-
sono certamente più dettagliati e ricchi di contenuti estetici rispetto chitectura curata da Sulpicio da Veroli nel 1486 è allegato il libro di
a quelli vinciani, sebbene di Leonardo gli manchi la curiosità dello Frontino sulle acque e a quella del 1523 anche l’opera di Vegezio
sperimentatore, troppo preso com’è dalla professione per dedicarsi sull’architettura militare.
alla ricerca28. Della prima versione di questo trattato, o Codice senese, È pur vero che la parte del trattato vitruviano dedicata alle mac-
ci occuperemo nel quarto capitolo per l’importante contributo fi- chine belliche è ancor più oscura del resto, richiedendo per questo
lologico e critico dato, anche in questo caso, da Vincenzo Corazza. notevoli ricostruzioni immaginarie, come si vede nel De re milita-
Nei due trattati è evidente un nesso tra le macchine illustrate e le ri di Roberto Valturio (1446-55, pubblicato nel 1472); ma ciò non
esperienze effettivamente svolte che non si trova in Taccola, specie scoraggia la ricerca operativa di Francesco di Giorgio, il quale in-
per quanto riguarda le opere idrauliche che il Martini realizza a troduce nell’ambiente urbinate la consapevolezza della possibilità
Siena, per le quali fu noto ai propri concittadini, più che per le di un recupero delle antiche ‘architetture meccaniche’ aiutandosi
doti nel campo dell’architettura militare, che andava dimostrando in con la loro interpretazione condotta sulla base delle testimonianze
tutta Italia. Sicché verrà definito da Vasari, nell’edizione de Le vite archeologiche36.
del 156829, il vero prosecutore dell’opera di Brunelleschi nell’inter- Se, in definitiva, Taccola era stato più che altro un ‘maestro di con-
pretare e illustrare la terza parte del trattato vitruviano, affrontando gegni’ e Alberti un teorico, Francesco di Giorgio è certamente colui
egli il tema della progettazione delle macchine necessarie ad age- che fonde le due anime in un uomo solo, impersonando il primo
volare la costruzione secondo i metodi degli antichi: l’argomen- vero scienziato-artista del Rinascimento; ma egli è più ‘artefice’ che
to verrà ripreso da Daniele Barbaro nell’edizione vitruviana del teorico, e quindi ingegnere autentico: è ormai chiaro che le tecni-
1556 con dovizia di descrizioni in lingua volgare e di illustrazioni30. che non hanno più soltanto valore pratico, ma concorrono con pari
Se, dunque, in architettura il linguaggio classico era stato studiato dignità alla realizzazione della nuova architettura37.
meglio che da ogni altro dal letterato Alberti, spettando poi a Bra-
mante il passaggio alla fase successiva pur nella costante ispirazione A Milano, intorno alla metà del XV secolo, le opere promosse
all’antichità, nel campo delle macchine e dell’architettura delle for- dagli Sforza, come il canale della Martesana – collegamento tra
tificazioni il trait-d’union tra l’Umanesimo e il Rinascimento maturo
è segnato proprio da Francesco di Giorgio; i suoi riferimenti classici
in ambito tecnico-costruttivo sono reali: egli riesce a sostanziare la 32
F.P. Fiore, op. cit., p. 20.
forma perfetta dell’ideale platonico in strutture che segnano dav- 33
Ivi, pp. 19-20. Molti i metodi che Francesco di Giorgio riprende dal De re
vero la rinascita dell’antica arte del costruire31. Gli importanti studi militari di Roberto Valturio (1446-55) e dall’antica opera di Erone alessandrino,
Pneumatica, riportati anche nell’Opusculum de architectura conservato al British
sul nuovo ‘fronte bastionato’ da lui inaugurati nel Codice Maglia- Museum, in cui egli fonde il sapere di Taccola con il proprio, rendendoli indi-
bechiano verranno approfonditi proprio negli anni del soggiorno stinguibili in una sintesi mirata a illustrare, come in un opuscolo pubblicitario,
le prestazioni che erano in grado di offrire l’ingegnere e la propria bottega.
napoletano, «reso fruttuoso dall’ampiezza degli scambi con le altre 34
Ibidem e sgg. Esempi dell’impegno degli inventori di ingegni nel trasporto e
personalità presenti a Napoli al tempo di Alfonso e della consolidata collocazione in opera di grandi pietre si trova nell’opera di Fioravanti, che sin
dal 1471 progetta la collocazione dell’obelisco vaticano in asse con la basilica,
opera non realizzata per la morte di Paolo I, che sarà eseguita, come è noto, da
Fontana oltre un secolo più tardi. Ivi, p. 26.
35
27
F.P. Fiore, op. cit., p. 29.
Ivi, p. 42. 36
Ivi, pp. 39-40.
28
B. Gille, op. cit., pp. 127 sgg. 37
A. Biral, P. Morachiello, op. cit., p. 21. Alberti non aveva mancato di oc-
29
G.Vasari, Le vite de più eccellenti pittori, scultori, e architettori […], riviste et ampliate cuparsi, all’interno dei suoi molteplici interessi scientifici, di materie stru-
con i ritratti loro et con l’aggiunta delle Vite de vivi, & de morti dall’anno 1550. insino al mentali alle nuove applicazioni tecniche, come nei Ludi matematici (c. 1450)
1567, Firenze, Giunti, 1568, p. 18. e nel De motibus ponderis, quest’ultimo mai ritrovato, come del resto l’ope-
30
F.P. Fiore, Città e macchine del ‘400 nei disegni di Francesco di Giorgio Martini, ra riguardante il tentativo fatto nel lago di Nemi per recuperare una nave ro-
Firenze, Olschki, 1978, pp. 11-12. mana nel 1447, in cui doveva essersi occupato di scafandri, macchine elevatrici,
31
Ad esempio, conoscendo le macchine di Brunelleschi per la Cupola attraverso ecc., illustrati anche da Taccola proprio con riferimento alla stessa impresa. Nel
le illustrazioni contenute nei codici di Taccola, nella soluzione del problema del De re aedificatoria, poi, egli aveva affrontato praticamente tutti i problemi con-
tiburio del Duomo di Milano il Martini imporrà una soluzione strutturale di ispi- nessi alla ‘nuova’ ingegneria, ma con precipui intenti didattici e di sistematizza-
razione classica su quella gotica. F.P. Fiore, op. cit., pp. 16-17. zione teorica rispetto a quelli eminentemente pratici e professionali dei senesi.
Capitolo primo
14
Trivulziano e dei numerosi e famosi fogli del Codice Atlantico ri- nel campo dell’ottica; allo stesso scopo, per tutti gli anni ’90, cer-
guardanti carri falcati, carri armati, cannoni, bombarde, balestre. cherà di attrezzarsi in materia di geometria: è del 1497 l’incontro
Leonardo deve innanzitutto studiare il territorio milanese, con la con Pacioli, presso il quale si formerà sugli Elementi di Euclide.
fitta rete di navigli che consentono di servire la città a partire dai Anche nel campo della meccanica porterà avanti in questo periodo
grandi fiumi Adda e Ticino attraverso un sistema di affluenti, laghi importanti ricerche per fissarne i principi generali, attingendo ad
e canali, tra cui quello della Martesana: proprio la ricchezza d’ac- Archimede, alla tradizione medievale del De Ponderibus, alla fisica
qua derivante da un’ottimizzazione di tale impianto gli suggerisce dell’impetus, al Marliani, al Cardano. Contemporaneamente giun-
i noti progetti di ampliamento urbano, in cui sfrutta la possibilità gerà a definire la teoria delle «quattro potenze di natura» (moto,
di allestire una rete di corsi d’acqua perfettamente regolata, tale da peso, forza e percussione) alla base dei fenomeni fisici, approfon-
potenziare e rinnovare il vecchio centro medievale. Poi, stando a dendo le leggi dell’aria e dell’acqua allo scopo di sfruttarne le ca-
Pavia con Francesco di Giorgio nel 1490 per la nuova cattedrale, ratteristiche a vantaggio dell’uomo.
studia il naviglio Bereguardo. Nell’ultimo decennio del secolo ap- Mentre si documenta e studia le diverse discipline teoriche, Leonar-
pare interessato ad apprendere tutto quello che può dai «maestri do non manca di condurre esperimenti anche nel campo dell’au-
d’acque» lombardi e a disegnare accorgimenti visti in opera 41; ad tomazione, del volo degli uccelli e di quello umano: altro ‘sogno
un certo punto la svolta: a partire dal ms. A (1490-92) Leonardo tecnologico’ irrealizzabile, basato sulla convinzione della uniformi-
accenna per la prima volta ad un «trattato dell’acqua», cioè si rende tà della natura, secondo cui l’uomo ne può riprodurre i principi
conto che non basta l’esperienza ma bisogna conoscere a fondo meccanici43. Ma le difficoltà sono subito evidenti: egli riprenderà
le leggi dell’idraulica per poi applicarle nelle diverse situazioni. l’argomento solo intorno al 1505 nel Codice conservato a Torino,
Così intraprende lo studio dei testi antichi e inizia a pensare a assimilando ora il fenomeno a quello del nuotare dei pesci, ossia
questo argomento come al capitolo più importante di un testo passando dal mezzo dell’aria a quello dell’acqua.
enciclopedico, che comprenda anche un trattato su «moto e peso», Se, come si è visto, molti temi della ricerca vinciana sono in real-
uno sull’anatomia umana e uno sul mondo terracqueo. L’acqua, tà ritrovabili già negli ingegneri senesi del Quattrocento, numerosi
dunque, come elemento universale che percorre il mondo ma an- altri non sono riconducibili a un filone preesistente, bensì vanno
che l’uomo, formato quest’ultimo, proprio come il globo, da aria, considerati il frutto di un processo autonomo, specie dopo il 1490,
acqua, terra e fuoco, e quindi mondo ‘minore’ secondo l’antica allorché Leonardo cerca sempre più di fare attività applicative: una
teoria dei quattro elementi primordiali già presente nel Timeo di volta impadronitosi delle leggi naturali e osservatene le manifesta-
Platone, tradotto da Ficino nel 1482. zioni, il nostro scienziato-artista può riprodurre nei suoi congegni ciò
Nella riflessione vinciana risulta fondamentale l’azione dell’acqua che appare in natura. Per quanto riguarda invece le esperienze non
nell’atmosfera, le conseguenze sulla percezione degli oggetti e dei personali cui fa riferimento, oltre agli studi dei tecnici che ha modo
paesaggi e il ruolo più generale nelle trasformazioni del mondo di frequentare o che ha alle proprie dipendenze, o di quelli di cui
naturale: l’acqua diventa quasi ossessiva, poiché si infiltra ovun- ha notizia attraverso Francesco di Giorgio, vi sono sicuramente le
que, sposta e corrode le cose ed è quindi in qualche modo ‘ne- opere antiche, che spesso cita riportandone i brani: Erone di Ales-
mica’ della geometria e della permanenza delle forme stabili, che sandria con la Pneumatica e il trattato di Mechanica sulla trazione dei
tende a dissolvere, a deformare; essa ghiaccia, spegne, inficiando corpi pesanti, poi Vitruvio, Vegezio e Frontino, quest’ultimo con la
così anche l’azione del calore. Specie negli ultimi anni, Leonardo sua opera sugli acquedotti; tra gli autori di età medievale, Ruggero
sarà ossessionato dalla visione generale di un mondo dominato Bacone,Villard de Honnecourt, grande appassionato di automi e di
dal contrasto tra gli elementi, che produce catastrofi e fenomeni moto perpetuo, Nemorario e il trattato militare di Guido da Vige-
irreparabili 42. Effettivamente, nel campo dell’idraulica molte sa- vano, il cui studio sulle macchine e sui meccanismi assume per
ranno le sue intuizioni, ma mai seguite da dettagli esecutivi: si Leonardo un significato particolare.
veda, ad esempio, la macchina per dragare i fondali tratta dal ms. Egli vive in un periodo in cui la matematica è già divenuta uno
E, che ritroviamo anche nel nostro Codice, più frutto della fanta- strumento importante della professione e si può apprendere dai
sia che effettivamente realizzabile; pompe, sifoni e altri elementi trattati che si vanno diffondendo anche a stampa e che ha sicu-
si trovano già in Frontino e in autori coevi che Leonardo copia ramente modo di consultare quando lavora a Firenze presso il
e che torneranno, in identica forma, in testi successivi per oltre Verrocchio. Fin dall’inizio della sua attività milanese si è pre-
un secolo. Se è vero che, a fronte dell’ambizioso programma di sentato al Moro come ‘ingegnere’ e tale rimarrà in prevalenza:
redigere il trattato sull’acqua, egli procederà sempre in maniera il suo sapere scientifico e matematico è estremamente mirato a
frammentaria – a dispetto di quanto il maestro riferirà nel 1517 al quanto serve per l’applicazione e la sperimentazione; fa leggere
cardinale Luigi d’Aragona in visita ad Amboise, dando per cosa e tradurre molti libri in latino da amici, ma altri li trascura per
fatta il proprio testo «de la natura de le acque» – il suo contri- la fretta di arrivare al nocciolo della questione, che più gli pre-
buto sarà comunque significativo nello studio delle correnti, dei me; acquisisce molte nozioni per sentito dire o attraverso con-
vortici, delle onde, nel proporzionamento dei letti, degli argi- versazioni, e molte altre le desume dall’osservazione o le intuisce.
ni, delle sinuosità, dei meandri, pervenendo anche, per la prima Cerca in più occasioni di integrare le proprie lacune e di raggiun-
volta, alla formula per il calcolo della portata dei corsi d’acqua. gere un livello soddisfacente di conoscenze teoriche ma, dicia-
Vanno poi tenuti presenti gli altri molteplici ambiti d’interesse in molo pure, il suo metodo non sarà mai sistematico né ordinato.
cui, nel contempo, Leonardo è attivo. Volendo il pittore imitare la Non possiamo, a questo punto, non accennare alle perples-
natura, deve percepirla per conoscerne i vari aspetti e fenomeni e sità di Bertrand Gille circa il reale contributo di Leonardo
infine rappresentarla: a Milano egli conduce allora specifici studi sia in ambito scientifico, sia in quello tecnico e tecnologico44.
41
P. Galluzzi, op. cit., p. 63.
43
42
A. Chastel, Leonardo da Vinci: studi e ricerche. 1952-1990, Milano, Einaudi, P. Galluzzi, op. cit., p. 70.
44
1995, p. 135. B. Gille, op. cit., pp. 170 sgg.
45
Ibidem. Egli disegna comunque una catena articolata per la trasmissione dei
46
movimenti, simile a quelle delle biciclette moderne, superando in questo Taccola P. Galluzzi, op. cit., pp. 84-85.
47
per la maggiore precisione. B. Gille, op. cit., p. 228.
Capitolo primo
16
Il grande libro dell’universo è scritto per lui in termini matematici
e quindi non è comprensibile ai non matematici: l’armonia delle
proporzioni è nelle misure, ma anche nei suoni, nei pesi, nelle archi-
tetture, nei siti. Dunque bisogna partire induttivamente dall’osserva-
zione dei fenomeni per risalire alle leggi, esprimendole attraverso lo
strumento matematico e infine verificandole negli effetti. La scienza
non ammette più, quindi, vincoli che possano derivare da verità as-
solute, come quelle religiose, che Leonardo chiama «carte coronate»
e che lascia agli uomini di Chiesa48: potrà esservi al più, come si vede
nel Codice di Madrid I e nel ms. H degli ultimi anni ’90, una sorta
di ‘compromesso’, di concessione ‘deduttiva’ assicurata da un sapere
basato sulle cause acquisite degli eventi; così proprio il «discepolo
della sperienza», come egli stesso si definisce, arriverà a sostenere:
«intendi ragione e non ti bisogna sperienza»49.
Il tramite ideale tra teoria e pratica sarà allora la prospettiva, come si
legge nel Trattato della Pittura:
54
A. Chastel, op. cit., p. 144.
53 55
A. Biral, P. Morachiello, op. cit., p. 30. Ivi, p. 145.
Capitolo primo
18
dologico. In realtà, egli non vuole creare una scienza sistematica, sua invenzione, trattandosi più spesso della prima rappresentazio-
bensì proporre considerazioni e prescrizioni utili per l’ingegnere ne di congegni già in uso da tempo: in precedenza, però, nessuno
o per l’artista; insomma pervenire piuttosto a una manualistica per aveva mai proposto un così gran numero di applicazioni mecca-
i vari settori della professione, indicando in prevalenza casi ricor- niche dedotte da principi generali attraverso una rigorosa analisi
renti e non leggi generali56. Basandosi sull’osservazione diretta, ne quantitativa e una schematizzazione geometrica. Egli parte dalla
ricava una somma di aforismi e annotazioni spesso caotiche, frutto meccanica praticata nelle botteghe dai «sanza lettere», privi di co-
di un’attività mentale caleidoscopica, che invano si cercherebbe di noscenze dell’antica statica geometrica, e fa un grande sforzo di
ridurre a sistema: bisogna invece trarne le constatazioni e le intui- aggiornamento teorico, studiando gli elementi della geometria e
zioni originali, che certamente precorrono i tempi, sebbene all’e- applicandoli al campo a lui già noto delle macchine reali, di cui
poca non divulgate opportunamente. Colombo osserva a ragione ora, in maniera ben più attenta che in precedenza, riconosce i li-
che, a fronte della ben nota meticolosità iconografica di Leonardo, miti nell’attrito, negli ostacoli naturali di vario genere e nella li-
i suoi appunti sono formalmente disordinatissimi e non suscettibili mitata resistenza dei materiali. Così facendo si allontana dal mero
di una ricollocazione né per materie né per cronologia57: lo dimo- pragmatismo di molti ingegneri coevi per giungere a un radica-
strano, del resto, proprio gli strenui tentativi rappresentati dai codici le aggiornamento dell’identità stessa della figura professionale.
apografi di cui ci occuperemo, in cui la selezione tematica dai testi Assumendo le «quattro potenze di natura» come cause di ogni effet-
originali, sebbene lodevole come primo passo verso una collazio- to, Leonardo arriva ad estendere l’anatomia delle macchine a molti
ne mirata in chiave disciplinare, non va oltre l’impianto antologico. altri campi, compresa l’architettura. Tutti i processi dinamici per lui
A partire dai primi anni del Cinquecento gli studi teorici di Leonar- si realizzano attraverso «elementi macchinali»: l’edificio stesso non
do appaiono finalizzati, in particolare, alla redazione di un trattato va considerato come struttura statica formata da parti proporzionate,
sugli «elementi macchinali»58, che nel 1517, come apprenderemo dal ma quale organismo ‘vivente’ composto di membri in equilibrio
diario della visita del cardinale Luigi d’Aragona ad Amboise, doveva dinamico, proprio come l’uomo. Di qui l’analogia tra il medico e
ormai essere compiuto: dai due codici di Madrid si evince peraltro l’architetto rinvenibile in alcuni fogli del Codice Atlantico:
chiaramente l’intenzione di distinguere una parte concernente la
meccanica teorica da un’altra relativa a quella applicata. Il Reti59, cui Sì come ai medici […] bisogna intendere che cosa è omo, che cosa è
si deve il ritrovamento dei manoscritti spagnoli nel 1966, individua vita, che cosa è sanità […] e conosciuto ben sopra le dette nature potrà
in particolare nel primo (che però è il secondo in ordine di stesura) meglio riparare che chi n’è privato […] questo medesimo bisogna al
la versione quasi definitiva del trattato: a suo parere vi si possono malato edifizio, cioè uno medico architetto che intenda bene cosa è
già riconoscere modelli di analisi teorica e metodi quantitativi de- edifizio e da che regole il retto edificare deriva e donde dette regole
stinati ad essere esposti in forma compiuta e divulgati solo agli inizi sono tratte e in quante parti sieno divise e quale siano le cagioni che
dell’Ottocento all’interno dell’École Polytechnique e, poi, nella Teoria tengano lo edificio insieme e che lo fanno premanente e che natura sia
generale delle macchine di Franz Reuleaux (1874). quella del peso e quale sia il desiderio della forza61.
Effettivamente, tra il 1499 e il 1510 il trattato rinvenibile nel codice
madrileno viene più volte citato anche nel Codice Atlantico e in Anche la Terra è organismo vivente, solcato da fluidi circolanti, dove
altri manoscritti vinciani (ms. I, Codice sul volo degli uccelli, Co- ogni flusso di liquidi avviene secondo leggi meccaniche: parimenti
dice di Windsor): secondo Galluzzi – da cui traiamo molte consi- l’uomo; ma l’analogia tra l’uomo e il cosmo non è più fondata sulle
derazioni che seguono – partendo dalla statica classica e medievale proporzioni e sull’armonia, come negli ideali fondativi del Rinasci-
e applicando quindi l’analisi geometrica, il testo definitivo avrebbe mento, bensì su principi meccanici elementari, sempre gli stessi per
ospitato nella prima parte la teoria delle «quattro potenze di natura», l’uomo, gli animali, le macchine, gli edifici. Sicché per l’anatomia
quella dei centri di gravità e l’analisi delle macchine semplici; nella umana e animale Leonardo trae da quella delle macchine finan-
parte pratica, invece, sarebbero stati descritti i dispositivi meccanici che il lessico e le tecniche di illustrazione, come si evince dai fogli
indipendenti e combinati, i metodi per ottimizzarne l’impiego e di Windsor: «Fa che il libro delli elementi macchinali con la sua
le macchine per produrli. Nel Madrid I gli «Elementi macchinali» pratica vada innanzi alla dimostrazione del moto e forza dell’omo
sono dunque intesi come ‘fondamenti di macchine’, proprio come e mediante quelli tu potrai provare ogni tua proposizione»62; e an-
gli «Elementi geometrici» nell’opera di Euclide, venendo analizzati cora, nella nota intitolata «Delle macchine»: «E la natura non può
congegni e dispositivi meccanici dal punto di vista del funziona- dare moto alli animali sanza strumenti macchinali, come per me si
mento e dell’applicazione, della potenza e della resistenza, e accen- dimostra in questo libro»63. Sono dunque continui i rimandi agli
nandosi per la prima volta anche al problema degli attriti. Si tratta di «elementi macchinali» nel descrivere il corpo umano, anche in ter-
una vera e propria ‘anatomia delle macchine’: mini di articolazioni, con l’analisi delle singole parti proprio come
se fossero pezzi meccanici.
E tali strumenti si figureranno in gran parte sanza le loro armature o In più punti egli torna sull’importanza dell’illustrazione, insosti-
altra cosa che avessi a impedire l’occhio di quello che le studia. Poi si tuibile con un semplice testo descrittivo, mostrandosi consapevole
dirà d’esse armadure per via di linie, poi delle lieve in sé, poi delle for- della qualità grafica raggiunta: «Adunque, per il mio disegno ti fia
tezze de’ sostentaculi60. noto ogni parte e ogni tutto […] non altrementi che se tu avessi in
mano il medesimo membro e andassi voltandolo di parte in parte»64.
Come si è notato, non tutto ciò che Leonardo rappresenta è di Allude quindi alla rappresentazione tridimensionale delle parti ana-
56
B. Gille, op. cit., p. 200. 61
Codice Atlantico, f. 730r, cit. in P. Galluzzi, op. cit., p. 78.
57
A. Colombo, Ecco Leonardo, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1966, p. 331. 62
Windsor, 143r, cit. in P. Galluzzi, op. cit., p. 79.
58
P. Galluzzi, op. cit., p. 74. 63
Windsor, 153r. Cfr. pure K.D. Keele, Leonardo da Vinci’s elements of the science of
59
L. Reti, Trascrizioni del Codice di Madrid I, Firenze, Giunti-Barbera, 1974. man, New York, Academic Press, 1983, passim, e P. Galluzzi, op. cit., p. 87.
60 64
Cod. Madrid I, f. 82r, cit. in P. Galluzzi, op. cit., p. 77. Windsor, 154r, cit. in P. Galluzzi, op. cit., p. 80.
Capitolo primo
20
fenomeni fisici. Questi nuovi tecnici sono ormai lontani dall’astratto metica, risolvendosi la balistica, la meccanica e le fortificazioni nella
sapere accademico e dalle dispute teoriche dei «philosophi naturales». pura geometria, che prescinde dai casi particolari e dalle opinioni.
L’artigiano anonimo o il «mechanico» di bottega si trasforma così Leggiamo ancora Morachiello: «Questa la conclusione, chiarissima:
nel tecnico di prestigio al servizio del signore o dello Stato, nell’ar- le tecniche saranno vere conoscenze solo quando apparterranno a
tista che progetta opere pubbliche civili e militari ed è consigliere scienze autonomamente costituitesi al di fuori dell’empiria e mai
tecnico dei potenti, acquisendo sempre più credito e autorità, oltre il perfezionamento dell’uso in sé produrrà vera scienza»73. Così, ad
che una nuova condizione sociale, tanto da imporsi o quanto meno esempio, nel campo delle tecniche costruttive militari la tendenza
porsi sullo stesso piano dei letterati e dei filosofi. Anche i dotti più cui si assiste a partire dalla seconda metà del XVI secolo è quella di
avveduti e sensibili cominciano a mostrare interesse per il nuovo un allontanamento dal dominio ‘unico’ della scienza dell’architettu-
mondo delle macchine, per quell’apparato sempre più ricco di tec- ra, ossia l’aspirazione a dotarsi di un’autonoma attrezzatura teorica.
niche e strumenti atti a dominare la natura, a controllarne i processi Nelle Diverse et artificiose machine Ramelli sottolinea la differenza
e le forze, per quel valore pratico dato alle matematiche, per quel- tra le arti manuali e quelle ‘meccaniche’, queste ultime derivanti
le invenzioni verso cui filosofi importanti, da Cusano a Ficino, da dalla matematica e quindi scienze a tutti gli effetti: esse competono
Bacone a Bruno a Campanella, non mancheranno di manifestare all’ingegnere che, essendo matematico, non si confonderà con gli
il proprio interesse e simpatia. Qui comincia anche la ‘popolarità’ ‘empirici’, con gli artefici. Ecco che, finalmente, anche l’ingegnere,
degli ingegneri all’interno del mito umanistico dell’«homo faber» come già l’architetto-letterato di stampo albertiano, è assurto al ran-
presso tutti coloro che, specie nei più umili ranghi sociali, ammirano go di filosofo, in quanto è a conoscenza delle regole della meccanica
le loro conoscenze dei meccanismi artificiali, lontane dalle diatribe e delle ragioni matematiche che ne sono alla base: come sostenuto
accademiche e fondate su un sapere legato alle cose, al fare, alla vita da Pitagora, da Platone e infine da Aristotele, solo la padronanza dei
quotidiana: questa popolarità della tecnica e della scienza applicata principi matematici che la mente divina ha adottato nel formare il
si protrarrà nei secoli successivi a tutto danno delle scienze di base71. mondo e la natura garantisce il controllo delle arti manuali e quin-
Bisogna però stare attenti a non pensare che la scienza moderna derivi di dell’opera. Quando la matematica si applica alle ‘cose sensibili’
direttamente dall’opera innovativa dei tecnici dell’età rinascimentale si scompone in astrologia, scienza militare, aritmetica, geometria,
contro l’isolamento ‘ozioso’ dei letterati umanisti e degli eruditi le- geodesia e meccanica: l’ingegnere, possedendo la meccanica, che è
gati all’antichità e ai miti classici, e al di fuori delle disquisizioni pu- unione di geometria e fisica (il leonardiano «paradiso delle mate-
ramente teoriche degli scienziati. In realtà, le innovazioni tecnologi- matiche»), non può ignorare le altre parti ed è quindi in grado di
che hanno certamente stimolato e contribuito a più ampie riflessioni assicurare il conseguimento del necessario, dell’utile, dell’onesto per
in campo scientifico, ma la svolta che porterà a Galilei ha un sostrato la società e per l’uomo. Come sosteneva Archimede, la meccanica
più ampio, da ritrovarsi in quell’autentica rivoluzione culturale che, è dotata di un’autonoma capacità produttiva delle cose prime della
nel corso di due secoli, produrrà la scienza ‘nuova’ – per dirla con natura e dell’uomo, e come tale non dipende dall’architettura74, ossia
Vico – affermando in via definitiva l’infondatezza delle teorie illuso- dalla scienza del costruire, che ne è semmai un’applicazione.
rie e indimostrabili del passato. Questo passaggio si attuerà grazie al Con il trattato Delle fortificationi di Lorini del 1596 l’ingegnere
concorso di molti aspetti del pensiero, della politica, dell’economia militare – nonostante i tentativi di Carlo Theti, di cui diremo, di
e della società, e non è possibile ridurlo al mero progresso tecnolo- mantenerne il ruolo all’interno di quello più generale dell’inge-
gico, solo in parte causa, ma soprattutto effetto, di questo processo. gnere-architetto – prosegue nella propria tendenza all’isolamento
Dal nostro punto di vista, lo scatto in avanti non si sarebbe mai dal ceppo dell’ingegneria civile: ora, però, egli non intende tenersi
compiuto senza l’appello alla «certezza delle matematiche» da parte fuori dalle dispute teoriche quale ‘puro tecnico’, bensì aspira a un
di Leonardo e degli uomini della sua epoca, senza l’interesse per la pari rango professionale, essendo ormai la sua tecnica fondata sulla
geometria e per le sue applicazioni pratiche, e senza il recupero uma- geometria e non sulla semplice esperienza75. Egli è innanzitutto sol-
nistico dei testi di Euclide, Archimede e tanti altri72. In questo clima dato, ma si differenzia dal tradizionale ‘esecutore’ perché conosce le
sono sempre più numerosi, nel corso del Cinquecento, i tecnici di regole dell’insieme, le dimostrazioni geometriche, scrive trattati e il
origine ‘artigiana’ che si impegnano nello studio della matematica e suo ruolo non è più limitato alla materialità. La progettazione delle
della geometria ritrovabili nelle fonti antiche o medievali. L’esempio strutture di difesa avverrà secondo l’unica logica matematica che
più significativo di quanto scienza e tecnica fossero tra loro stretta- regola la forma delle fortificazioni in rapporto all’ormai autonoma
mente correlate è rappresentato da Niccolò Tartaglia, che dopo la scienza militare e non a necessità cosmiche o di mimesi della natura.
Nova Scientia (1537) traduce Euclide e Archimede nel General trattato La scienza delle fortificazioni va allora intesa come ars o téchne, in
di numeri et misure (1556-60) affrontando tutte le questioni matemati- quanto trasferisce le regole geometriche nella materialità e fisicità
che note a quel tempo. Ma è nei Quesiti et invenzioni diverse (1546) che delle strutture. Ma è arte dimostrabile, quindi ‘liberale’ a tutti gli ef-
egli tratta specificamente dei problemi dell’ingegneria civile e mili- fetti. Nella prima metà del Seicento questa posizione verrà sostenuta
tare, della balistica, della scienza delle costruzioni e del rilievo topo- da numerosi trattatisti, che ne rafforzeranno la teoria scientifica alla
grafico, sebbene non rinunciando a indagini nel campo dell’algebra base, cancellando ogni traccia di empiria. L’ingegnere militare è ora
e della geometria pura: alla sua scuola si formano coloro che avranno anch’egli scienziato e uomo universale; nel contempo, egli conserva
una profonda influenza su Galilei. Attraverso il ragionamento ma- responsabilità di cantiere sui tempi di esecuzione, sui prezzi, sulla
tematico, nelle opere di Tartaglia si dànno spiegazioni di fenomeni mano d’opera. Se prima la fortificazione era solo parte dell’architet-
altrimenti inspiegabili: egli critica il metodo aristotelico fondato su tura, ora è alla stessa stregua, avendo come scopo il perseguimento
un artificioso accordo tra l’osservazione naturale e la logica dei nu- della difesa e, di conseguenza, della bellezza; ma, essendo più impor-
meri; la verità proviene solo dalla dimostrazione geometrica o arit-
73
A. Biral, P. Morachiello, op. cit., p. 32.
71 74
Ivi, p. 292. Ivi, pp. 35-39.
72 75
Ibidem. Ibidem.
Capitolo primo
22
viatico per la nuova fortuna del metodo vinciano all’inizio dell’età
contemporanea.
Se con Cartesio l’algebra era stata applicata per la prima volta alla
geometria, rendendosi la scienza autonoma da ogni costrizione o
autorità, con gli enciclopedisti il sapere scientifico viene definitiva-
mente estromesso dalle accademie: d’Alembert indica nella scienza
la strada dell’emancipazione sociale dall’ignoranza e dall’oppressio-
ne, perché essa rappresenta l’educazione alla libertà87.
Nel Discours sur les sciences mathématiques, pronunciato da Condorcet
al Liceo di Parigi il 15 febbraio 1786, questi principi sono eviden-
ti e l’Illuminismo trionfa con la sua convinzione nella possibilità
di un riscatto del popolo attraverso la scienza: dunque l’ingegnere
non può essere estraneo a questo processo88. Pure in questo senso
va letta la fondazione, il 28 settembre 1794, sotto la Convenzione,
dell’École centrale des travaux publics, che il 1° settembre 1795 diviene
École Polytechnique, propedeutica alla ‘specialistica’ École des Ponts et
Chaussées (già presente dal 1747 e diretta da Jean-Rodolphe Perro-
net), oltre che a quelle del genio e dell’artiglieria. La Polytechnique
napoleonica sarà dunque il luogo di formazione sulle teorie di base
da ‘applicare’ poi nelle scuole di specializzazione: con l’opportuna
diffusione del sapere teorico e tecnico, si garantirà la libertà di pen-
siero nonché il contatto tra le scienze generali e la tradizione degli
antichi corpi, un tempo chiusi nei loro privilegi e segreti. Ora le
scienze sono libere e hanno un immediato riscontro sociale.
Siamo proprio negli anni in cui si svolge la vicenda che ci accin-
giamo a narrare, allorché, nell’ambiente dell’Illuminismo meri-
dionale, la lunga ma ininterrotta gestazione dello scienziato-artista
di matrice vinciana troverà esito nella figura dell’ingegnere-archi-
tetto contemporaneo.
anche in questo delicato campo ad una sistematizzazione teorica? inevitabilmente fondata su un ordine gerarchico nelle sue varie
Durand assume questo onere, condannando l’architettura tradizio- componenti. Gli ingegneri, scelti a livello centrale, saranno ripar-
nale intesa come ‘bella imitazione’ della natura e strumento dell’au- titi uniformemente sul territorio, con diversi gradi di competenze
torità per fini di propaganda nello Stato assolutistico: l’uso ‘mimeti- e di autorità, sebbene tutti sottoposti alla direzione generale, che
co’ e privo di ogni esito pratico degli ordini tradizionali impedisce sola conosce la globalità delle imprese e dei bisogni dello Stato;
all’architettura di imporsi come scienza al servizio del nuovo Stato. sotto il controllo dell’autorità statale, essi eserciteranno a loro volta
Non più sottoposta alle finalità meramente estetiche e propagan- il proprio ‘dispotismo illuminato’ in nome dell’utile sociale e dello
distiche dell’Antico Regime, essa non può continuare ad usare il spirito ‘rigeneratore’ della scienza. L’idea è quindi quella di fare
linguaggio accademico rischiando di destare, anziché piacere, orrore dell’ingegnere, oltre che uno scienziato, anche un amministratore,
e ripugnanza; così concepita, non è più conveniente né economi- o quanto meno il braccio autoritario del governo nei confronti
ca, ma autentico spreco. Anziché arte mimetica, l’architettura deve delle amministrazioni locali, con la salda convinzione che la diffu-
essere emancipazione dell’uomo dalla condizione naturale e quindi sione della cultura e dell’esercizio della Ragione porti ad innescare
simbolo di civilizzazione, di utilità sociale, di soddisfacimento dei un meccanismo tale che gli amministrati possano sconfiggere l’i-
bisogni oggettivi della nuova società, al di là degli arbitrî del gusto. gnoranza e prosperare nel benessere93 .
La scienza dell’architettura non può più basarsi su un apparato nor- Come abbiamo ampiamente sperimentato in altra sede con riferi-
mativo e formalistico, ma deve prevedere la combinazione pratica- mento allo Stato napoletano tra il Decennio francese e la Restau-
mente infinita di elementi semplici, da cui può scaturire qualsiasi razione94, si tratta chiaramente di un programma che intende agire,
tipo di edificio: non più tipologie formali, dunque, ma funzionali e all’interno di un sistema rigidamente centralizzato, a tutti i livelli
utili alla nuova società91. della società e del territorio statale: gli ingegneri inseriti nei corpi
Va detto però che la scuola politecnica, della quale Durand è un governativi dovrebbero allora essere uomini illuminati che realiz-
autorevole docente, pur eliminando distinzioni di rango e garan- zino, con la loro scienza e in modo neutrale rispetto ai governi, il
tendo pari dignità di istruzione, non evita di selezionare dall’in- bene della nazione. Tutto questo, invece, si rivelerà un’utopia, come
terno i propri allievi e di individuare i migliori sin dai primi anni, si riconosce proprio nei tecnici dello Stato borbonico: al di là degli
introducendo di fatto per essi una condizione di privilegio e quindi indubbi meriti professionali e dei tanti primati conseguiti, essi mo-
una gerarchia che nega il principio di uguaglianza per quello di streranno sovente l’impossibilità di assumere decisioni politicamente
autorità92. Lo deve ammettere lo stesso Prony nella sua Mécanique gradite, finendo per prevaricare le autorità locali in nome di un
philosophique (1799-1800) a consuntivo dei risultati del primo quin- governo più spesso preoccupato della propria sussistenza che del
quennio di insegnamento nella Scuola: non è possibile una società benessere dei sudditi.
retta dai soli lumi della Ragione, dalla scienza, ma essa dovrà essere
93
A. Biral, P. Morachiello, op. cit., p. 112. Cfr. G. Teyssot, Illuminismo e architettura:
saggio di storiografia, in E. Kaufmann, Tre architetti rivoluzionari. Boullée Ledoux Lequeu,
91
A. Biral, P. Morachiello, op. cit., pp. 100-110; A. Buccaro, op. cit., pp. 7 sgg. Milano, F. Angeli, 1991, pp. 40-43.
92 94
Ibidem. A. Buccaro, op. cit., passim.
[24]
Capitolo secondo
Il Codice della Biblioteca Nazionale di Napoli:
storia e struttura di un’antologia vinciana
I. Dagli originali agli apografi cardinale, è conservata in triplice copia presso la Biblioteca Nazio-
nale di Napoli; il documento è stato studiato prima dall’Uzielli, poi,
§ 1 Il Libro di Pittura e la prima diffusione con particolare attenzione, dallo Chastel4 sulla base della trascrizione
del pensiero di Leonardo pubblicata nel 1905 dal Pastor, il celebre storico dei papi5. Dal diario
si evince il fascino notevole che dovette suscitare nei visitatori la fi-
[25]
Antonio de Beatis, Itinerario di monsignor Reverendissimo, Illustrissimo il Cardinal de’ Aragona incominciando dalla città di Ferrara, 1517-18, cc. 166v-167r. Napoli,
Biblioteca Nazionale, Ms. XIV. H. 70
dipinti in esso descritti8, e dell’inevitabile risonanza che la visita l’opera di elaborazione destinata alla pubblicazione di quei testi
del cardinale dovette avere nell’ambiente scientifico e artistico na- fosse quindi cominciata ben prima del ritorno del giovane epigo-
poletano, va sottolineato come una sola delle tre stesure del diario no in Italia qualche anno dopo la morte del maestro12 . Del resto
presenti presso la Biblioteca Nazionale9 rechi, a chiosa dell’ultimo ancora nel 1523 Alberto Bendidio, corrispondente dalla Francia di
rigo del brano (ossia in corrispondenza del nostro asterisco, che Alfonso d’Este duca di Ferrara, riferirà che Melzi «fu creato di
sostituisce un segno di rimando), la seguente postilla, segnalata Leonardo da Vinci et herede, et ha molti de’ suoi secreti et tutte
per la prima volta da Vecce10 : «*esso ult.a [ultra] le spese et stantia da le sue opinioni. Credo ch’egli habbia quelli libriccini di Leonar-
re di franza ha 1000 scudi l’anno di pensione et lo creato trecinto». L’ap- do de la notomia et di molte altre belle cose». Secondo quanto
punto, che si riferisce alla lauta pensione concessa da Francesco I riferisce lo stesso ambasciatore, a quell’epoca Melzi è ancora ad
a Leonardo, non includente le spese, il vitto e l’alloggio, completa Amboise con il servitore de Villanis come «pensionario» di Fran-
il riferimento fatto da de Beatis all’attività di collazione e ridu- cesco I, lavorando pure nell’«arte del minio» 13 ; ma già alla fine di
zione in forma di trattati dell’enorme mole di testi manoscritti, da quell’anno il «creato» tornerà a Vaprio d’Adda, ove porterà tutti i
finalizzarsi alla diffusione a stampa; lavoro questo promosso dallo manoscritti lasciatigli da Leonardo, tenendoli presso di sé fino alla
stesso sovrano sin dall’arrivo di Leonardo in Francia e da lui già morte, avvenuta intorno al 1570.
intrapreso con l’aiuto di Melzi, suo «creato», ossia collaboratore Se, per quanto concerne la diffusione della dottrina vinciana
all’uopo specificamente pagato11. Si può sostenere a ragione che nell’ambito delle scienze fisiche e naturali, l’opera di trascrizione
apografa non verrà intrapresa prima del 1580 (ci riferiamo al Co-
dice Huygens) e in ambito meccanico e idraulico bisognerà addi-
8
A. Chastel, op. cit., pp. 82-83.
9
BNN, Manoscritti e Rari, XIV. H. 70; le altre sono ivi, X. F. 28 e XIV. E. 35. Il Carusi
segnala una copia del diario presente presso la Biblioteca Vaticana: cfr. E. Carusi, 12
A partire dal 1505 sui manoscritti di Leonardo compaiono note scritte da sinistra
Un codice sconosciuto (il Vat. lat. 3169) dell’opera di A. de Beatis, in «Raccolta Vinciana», a destra da un collaboratore in cui Pedretti (cfr. Libro di pittura: Codice urbinate lat.
XIV (1930-34), pp. 240-243. 1270 nella Biblioteca apostolica Vaticana. Leonardo da Vinci, a cura di C. Pedretti, trascri-
10
C.Vecce, La Gualanda, in «Achademia Leonardi Vinci», 3 (1990), pp. 51-72. zione critica di C. Vecce, Firenze, Giunti, 1996, p. 97) individua proprio il Melzi,
11 anche per quello che concerne le note sui mss. di carattere scientifico redatte da
In realtà, nelle Vite (op. cit., p. 551) Vasari nomina il Salai quale unico «creato» di
Leonardo, ma si sa che egli restò per poco tempo ad Amboise, spostandosi spesso Leonardo in Francia (1517-19).
13
a Parigi e non essendo presente presso la dimora del maestro nell’ultimo periodo E. Solmi, La resurrezione dell’opera di Leonardo, in Aa.Vv., Leonardo da Vinci. Con-
della sua vita, né il giorno della scomparsa. ferenze fiorentine, Milano, Fr.lli Treves, 1910, pp. 20-21.
Capitolo secondo
26
rittura attendere le iniziative seicentesche, per quanto concerne il le quali io hocqui copiate, sperando poi di metterli alli lochi loro,
settore artistico e le scienze ad esso applicate il primo passo è rap- secondo le materie di che esse trateranno; credo che avanti ch’io sia
presentato dalla redazione del Libro di Pittura, ossia del cosiddetto alfine di questo, io ci avrò a riplicare una medesima cosa più volte,
Codice Urbinate 1270 (secondo l’attuale segnatura della Biblioteca sicché, lettore, non mi biasimare perché le cose son molte e la me-
Apostolica Vaticana), portato a termine da Melzi intorno al 1546. moria non le può riservare, e dire: questa non voglio scrivere perché
Sappiamo che il Codice fece parte della biblioteca del duca di Ur- dinanzi la scrissi, e se io non volessi cadere in tale errore sarebbe
bino a partire dal 1640, ove fu trasferito insieme con il patrimonio necessario che per ogni caso ch’io volessi copiare su, che per non re-
librario del duca di Castel Durante, e nel 1657 arrivò alla Vaticana. plicarlo, io avessi sempre a rileggere tutto il passato e massime stante
Ma esso fu scoperto e catalogato solo nel 1797 (pur essendone già coi lunghi intervalli di tempo allo scrivere da una volta all’altra.
note varie trascrizioni parziali) per essere pubblicato per la prima
volta da Guglielmo Manzi nel 1817. Dell’effettiva esistenza di carte redatte da Leonardo e già in qual-
La formulazione teorica dei precetti sulla pittura da parte di Leo- che modo destinate alla redazione di un trattato sulla pittura si trae
nardo dovette avvenire a Milano a partire dalla fine degli anni conferma dalle parole di Luca Pacioli nell’introduzione al De Divina
’80, secondo l’impostazione data dall’Alberti nel suo De Pictura Proportione (Venezia 1509), da cui si evince che nel 1498 Leonardo
del 1435 che, prima di essere edito nel 1568, era già stato diffuso in aveva «già con tutta diligentia al degno libro de pictura e movimenti
copie manoscritte14 . L’apografo della Vaticana rappresenta il tenta- humani posto fine», ossia alle considerazioni in materia di ottica,
tivo di dare vita, in questa materia, ad uno dei numerosi trattati prospettiva, anatomia e fisionomia, volgendosi quindi agli studi di
che Leonardo, se solo ne avesse avuto il tempo e, diciamolo pure, meccanica, ossia al de ponderibus17. Come sottolinea Pedretti, egli ave-
la costanza, avrebbe voluto redigere in forma finale e divulgare, va cominciato a stendere quei precetti nel periodo sforzesco (1491-
anche nel rispetto dei desiderata del suo mecenate francese; il resto 92) ma non aveva mai smesso, ampliandoli e approfondendoli con
dei manoscritti, invece, rimarranno a lungo inediti e, quello che sempre nuove osservazioni, come quelle su «ombre e lumi», sulle
è più grave, mai più verranno rielaborati in un testo concepito nel piante e sul paesaggio, tutte databili dopo il 1510, fino agli studi sui
rispetto dell’idea del maestro, come fu il Libro di Pittura. Quelli che colori, sulle nuvole e sull’orizzonte, eseguiti tra il 1515 e il ’18, ossia
saranno noti ai nostri giorni, ci giungeranno invece nell’originaria in buona parte tra Milano e la Francia. In effetti il trattato sulla
forma disordinata e criptica, divenendo oggetto di interminabili pittura, nell’idea di Leonardo, avrebbe dovuto costituire con quelli
dibattiti e diatribe che tuttora perdurano. di anatomia e di prospettiva una trilogia cui egli aspirò per l’inte-
Quanto ci accingiamo a narrare con riferimento alla storia del Co- ra esistenza; d’altronde per circa trent’anni (1491-1519), tra Milano,
dice Corazza acquista dunque ancor più valore, poiché la redazione Firenze, Roma e Amboise, il maestro, dopo aver preso appunti su
di questo apografo è legata alla prima vera iniziativa finalizzata a innumerevoli temi, progettò trattati in ogni materia, dalla pittura
diffondere, della ricchissima messe di ‘precetti’ vinciani presenti nei alla meccanica, dall’idraulica all’ottica, dall’architettura alla botanica.
manoscritti dell’Ambrosiana, non solo i più significativi riferibili Anche il pittore Giovan Paolo Lomazzo18, nel suo Trattato dell’arte
agli ambiti della teoria della visione e della rappresentazione della de la pittura del 1584, riferisce che Leonardo aveva effettivamente
natura, dell’architettura e del paesaggio, ma il ‘meglio’ del corpus intrapreso, su richiesta di Ludovico il Moro, la stesura della prima
un tempo presente a Milano in materia di scienze fisiche e naturali, parte di un trattato sulla pittura, relativa al cosiddetto «Paragone»
di meccanica, di idraulica, di scienze e tecniche dell’ingegneria. Per tra le arti19, secondo il titolo che comparirà nel proemio alla prima
raccontare allora sinteticamente le premesse cinquecentesche della edizione del Libro di Pittura curata nel 1817 dal Manzi, bibliotecario
nostra vicenda, partiamo proprio dal Libro di Pittura, oggetto, al ter- della Barberini:
mine di una lunga sequenza di studi iniziata sul principio dell’Otto-
cento, dell’esaustivo saggio di Carlo Pedretti e Carlo Vecce del 1996, Nel qual modo va discorrendo & argomentando Leonardo Vinci in un
in cui, oltre alla trascrizione completa del documento e al confronto suo libro letto dà me questi anni passati ch’egli scrisse di mano stanca
critico con gli originali vinciani e con gli apografi, si può trovare la à prieghi di Lodovico Sforza, Duca di Milano, in determinatione di
più ampia e aggiornata bibliografia sull’argomento15. questa questione sé è più nobile la pittura, ò la scoltura […].
La redazione dell’apografo della Vaticana, intrapresa esatta-
mente un secolo prima dell’opera di selezione antologica pro- Ma di questo «Codice Sforza» non si ha notizia dall’elenco dei ma-
mossa da Cassiano dal Pozzo, dovette far seguito ai tentati- noscritti in possesso di Melzi alla morte del maestro: è quindi proba-
vi, già iniziati da Leonardo in Italia, di sistematizzare i pro- bile che, secondo quanto sostenuto anche dalla Steinitz20, il trattato,
pri scritti, sebbene con le difficoltà date dal carattere fram- redatto da Leonardo prima della caduta di Ludovico il Moro, fosse
mentario di quel coacervo di appunti, come si comprende da andato perduto in quella circostanza e che quindi egli non lo avesse
un noto brano del Codice Arundel riportato dalla Steinitz 16 : potuto portare con sé quando lasciò Milano, venendo letto in copia
da Lomazzo; a meno che questi non possedesse degli originali, che
Chominciato in Firenze in casa di Piero di Barto Martello addì 22 secondo Vasari erano effettivamente nelle mani di un «pittore mila-
marzo 1508 ecquesto fia un racolto senz’ordine, tratto di molte carte nese». Ecco perché, come nota anche la Pierantoni a proposito del
libro «della luce ed ombra»21, anch’esso mai giunto in forma ordinata
14
Libro di pittura…cit., p. 17. 17
15
Ivi, nota 1, pp. 11 sgg. Libro di pittura…cit., p. 16.
18
16
K.Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della pittura (Treatise on painting): G.P. L omazzo, Trattato dell’Arte de la Pittura, Milano, per P. Gottardo Pontio,
a bibliography of the printed editions, 1651-1956 based on the complete collection in Elmer Belt 1584, p. 158.
19
Library of Vinciana, Copenhagen, Munksgaard, 1958, p. 21. Si veda pure G. Uzielli, Cfr. pure A. Chastel, Leonardo da Vinci: studi e ricerche. 1952-1990, Milano, Einaudi,
Ricerche intorno a Leonardo da Vinci, II, Roma, Salviucci, 1884, p. 146; E. Carusi, Per il 1995, pp. 183-186.
20
«Trattato della pittura» di Leonardo da Vinci. Contributo di ricerche sui manoscritti e sulla K. Trauman Steinitz, op. cit., pp. 21-24.
21
loro redazione, in Aa.Vv., Per il IV centenario della morte di Leonardo da Vinci, Bergamo Va detto che il Ms. C su «ombre e lumi» fu legato nella forma attuale solo molto
1919, p. 433. tempo dopo la compilazione del Melzi, che altrimenti avrebbe potuto attingere a
Or tornando al libro che io ebbi del detto Lionardo, in fra l’altre mi-
rabili cose che erano in su esso, trovai un discorso della prospettiva,
il più bello che mai fusse trovato da altro uomo al mondo perché le
regole della prospettiva mostrano solamente lo scortare della longi-
tudine e non quello della latitudine e altitudine. Il detto Lionardo
aveva trovato le regole, e le dava a intendere con tanta bella facilità et
ordine, che ogni uomo che le vedeva ne era capacissimo24 .
Capitolo secondo
28
In effetti l’urgenza da parte di Melzi di trascrivere in forma piana nardo si sarebbe poi spostato gradualmente verso sempre maggiori
i manoscritti completi e meglio ordinati (1490-1500) aveva fatto sì interessi tecnico-scientifici nel campo della meccanica e dell’idrau-
che egli rinunciasse alla prima idea di un riordinamento generale lica (si vedano i mss. E e I di Parigi), facendo quindi uso del disegno
per materie che si evidenzia in appunti e suggerimenti posti a mar- non tanto, o non solo, per indagare sui metodi più opportuni di
gine dei testi stessi29. Ad ogni modo è certo che per la redazione del rappresentazione di fenomeni ottici o di elementi naturali, bensì
Libro di Pittura Leonardo fece in tempo ad indicare a Melzi l’ordine quale strumento per comprendere la struttura e le funzioni del cor-
secondo cui i testi presenti nello studio di Amboise dovevano essere po umano o delineare dettagli di macchine.
trascritti30. Nacque così l’apografo più ricco, anche se incompleto, Si deve ancora a Pedretti il merito di aver affrontato con maggiore
tra i tanti poi tratti a partire dalla metà del ‘500 dai manoscritti vin- sistematicità, a partire dal 1959, il problema dell’individuazione di
ciani in materia di pittura: proprio attraverso l’analisi di questo testo, un libro specificamente dedicato da Leonardo alla pittura e quello
e a valle degli studi di Ludwig, Tabarrini, Richter, Pierantoni e Mc della datazione degli altri scritti presenti nella ‘lista’ di Melzi posta
Mahon, Pedretti e la Steinitz hanno proposto un quadro preciso dei alla fine del Codice Urbinate35. Tra le materie trattate nella parte
rapporti tra originali e apografi, che converrà tenere ben presente31. di quest’ultimo tratta dal «Libro A» – redatto presumibilmente tra
Quando, circa un secolo più tardi, vedrà la luce la compilazione il 1508 e il 1515 e contenente il citato «Paragone» tra le arti36 – il
apografa dei nove libri Del moto e misura dell’acqua curata da Fra- tema della prospettiva è svolto in modo non esaustivo, anche perché
te Luigi Maria Arconati, essa risulterà senza dubbio più organica e l’allievo, con ogni probabilità, si era riservato di affrontare personal-
metodologicamente meglio concepita rispetto all’opera di Melzi. mente l’argomento, sebbene poi non lo abbia più fatto. Mancano
Così Carusi: «Certo mentre per il trattato d’idraulica noi conoscia- del tutto, ad esempio, considerazioni sulla cosiddetta «costruzione
mo con precisione l’autore e forse anche il metodo seguito per la legittima» albertiana, largamente praticata da Leonardo, come pure
raccolta, sicché esso ci può servire come direttiva nel rintracciare le note sull’anamorfosi, solo in parte recuperate da Melzi. Eppure,
il materiale vinciano sulle acque, per il trattato della pittura […] il tra gli scritti di pittura e prospettiva cui si fa diretto riferimento nei
lavoro di restituzione è più difficile e incerto, date le fortunose vi- testi del Codice Urbinate, l’Heydenreich individua proprio il De
cende dei manoscritti vinciani e le dispersioni più volte ripetute»32. Pictura libri II di Leon Battista Alberti (1435), oltre al Libro dell’Arte
Lo stesso Carusi giudicherà quindi impresa impossibile rintracciare di Cennino Cennini (c. 1400), al De Architettura libri XXV di Filarete
il codice originale predisposto da Leonardo sulla pittura – il «Libro (1451-1461) e al De Perspectiva Pingendi di Piero della Francesca (1485).
A» perduto della lista di Melzi – azzardando persino l’ipotesi della Ma per Leonardo, come sappiamo, la prospettiva basata su rego-
sua inesistenza. La Brizio33, invece, fa deciso riferimento al testo del le matematiche va sempre integrata con la conoscenza della pro-
ms. A di Parigi (c. 1492), contenente a suo parere il nucleo principale spettiva aerea e di quella degli effetti cromatici in lontananza, con
dell’opera, di cui rappresenterebbe la versione pronta per la divul- lo studio dei ‘perdimenti’ e dello sfumato, degli scorciamenti, della
gazione. Sicché risulterebbe chiaro il carattere sempre più evoluto prospettiva ‘accelerata’ e ‘ritardata’, e di quella ‘composita’ (naturale e
delle proposizioni di carattere scientifico nel passaggio dal Codice artificiale) contro l’antico ‘primato della linea’: infatti dopo il 1500
Atlantico al ms. C (in particolare in materia di «ombre e lumi» e di egli comincia gradualmente a prendere le distanze dalla tradizio-
anatomia) e di qui, specie in materia di prospettiva e di ottica, allo
stesso ms. A di Francia34. Dalla pittura e dalle scienze connesse, Leo-
noscritto stesso: i fogli mostrano inizialmente una maggiore attenzione all’anatomia
e all’ottica, tendenti a chiarire i meccanismi della visione, prima che l’esclusivo in-
29 teresse per la pittura e per la rappresentazione pittorica del corpo umano finisca per
Libro di pittura…cit., pp. 18-19. Nel 1956 la Brizio (A.M. Brizio, Il Trattato della prevalere in Leonardo: «[nei fogli del Codice Atlantico] le proposizioni che trattano
pittura di Leonardo, Roma, De Luca, 1956), con una rigorosa analisi testuale, aveva della natura del vedere e della virtù visiva sono estremamente incerte, generiche,
individuato il sistema di trascrizione adoperato dal compilatore del Codice, dimo- confuse, e persino contraddittorie, mentre molto più decantate, filtrate attraver-
strando come i capitoli siano posti in ordine cronologico all’interno di ogni sezio- so un’osservazione diretta e sottilissima, sono quelle che riguardano la visione in
ne: il redattore ha cioè attinto prima agli scritti del 1487-92 e poi a quelli successivi quanto premessa alla figurazione. Di queste la maggior parte vertono sulla forma
al 1505 (fino al 1513), che sono i periodi in cui Leonardo si occupò maggiormente delle ombre in rapporto alla forma del corpo inframmesso fra la sorgente luminosa
di teoria dell’arte. Ma c’è anche un periodo di transizione tra il primo e il secon- e l’ombra, sugli angoli d’incidenza e riflessione dei raggi luminosi, sui termini delle
do periodo milanese, ossia gli anni 1498-1502, in cui egli si occupa di movimento ombre, ecc.: termini tutti trattati nel manoscritto C, alle cui proposizioni quelle dei
umano e di paesaggio. Dopo ogni sezione del Codice, il compilatore ha lasciato un fogli atlantici sono assai simili, vorrei dire uguali, se la loro estrema varietà e sotti-
certo numero di fogli bianchi da riempire con altri testi sull’argomento, recupera- gliezza, quasi una casistica, non rendesse la ricerca puntuale dei riscontri un vero
bili nei manoscritti più tardi. rompicapo» (ivi, p. 57).
30
Melzi trascrive i testi originali nella sequenza (un libro per volta) concepita 35
C. Pedretti, Note sulla cronologia del “Trattato della Pittura” di Leonardo, in «L’Ar-
da Leonardo, senza riordinarli ulteriormente dopo la trascrizione, probabilmente te», gen.-giu. 1959, pp. 25-37.
perché copiati su fogli legati. Può essere capitato soltanto che Melzi abbia trasposto 36
Riferendosi appunto alla parte del Paragone posta come proemio del Codice
un capitolo ad un altro.
31 Urbinate, il Richter (J.P. Richter, The literary works of Leonardo da Vinci compiled and
Il citato studio di Pedretti e Vecce (Libro di pittura…cit., passim) risulta aggior- edited from the original manuscripts, London, Sampson Low, 1883) ha per primo sot-
nato anche in relazione a quanto osservato dallo stesso Pedretti circa i contenuti tolineato come la geometria greca, in particolare gli Elementi di Euclide, vengano
dei due manoscritti di Madrid (in particolare il secondo) in materia di pittura e di qui assunti come modello, specie nei primi tre capitoli, redatti probabilmente sulla
ottica: si tratta di precetti databili al 1504-1505, non tutti trascritti poi nel Libro di base di scritti di Leonardo successivi al 1505, quando il suo interesse per Euclide
Pittura. Cfr. C. Pedretti, Leonardo da Vinci inedito.Tre saggi, Firenze, G. Barbera, 1968. si fa più palese, come si nota nel ms. K. Leonardo mostra costantemente questo
32
E. Carusi, Per il «Trattato della pittura»…cit., p. 434. Cfr. pure C. P edretti, riferimento alla tradizione in ambito geometrico, come si nota anche in certe sue
Un nuovo apografo del «Trattato della Pittura» di Leonardo da Vinci, in «Bibliothèque considerazioni sul De ludo geometrico dell’Alberti circa i principi fondamentali della
d’Humanisme et Renaissance», a. 1959, t. 21, p. 449. pittura, contenute in vari capitoli del Paragone. Seguono interessanti riferimenti
33
A.M. Brizio, Correlazioni e rispondenze tra fogli del Codice Atlantico e fogli dell’A- al concetto di «quantità continua» in geometria (Libro A e Codice Atlantico) e
natomia B e dei codici A e C su l’occhio, la prospettiva, le piramidi radiose e le ombre, in altre questioni matematiche, tratte da vari manoscritti. Alla fine del primo capi-
«Raccolta Vinciana», XVII (1954), pp. 81-89. tolo del Paragone abbiamo un chiaro accenno all’importanza delle dimostrazioni
34
Nel Codice Atlantico la parte relativa allo studio dell’occhio, della prospettiva, matematiche per qualunque affermazione in campo scientifico: «Nessuna umana
delle piramidi radiose e delle ombre (ma anche del moto e delle acque, pure trattati investigazione si pò dimandare vera scienza, s’essa non passa per le matematiche
nel ms. A) è una sorta di minuta finalizzata alla redazione del testo definitivo. La dimostrazioni, e se tu dirai che le scienze che principiano e finiscono nella men-
Brizio (Correlazioni e rispondenze…cit., passim), nel sottolineare come il criterio te abbiano verità, questo non si concede ma si nega, per molte ragioni, e prima
cronologico sia, nel caso dei mss. leonardeschi, indispensabile per chiarire l’evolu- chè in tali discorsi mentali non accade esperienza, senza la quale nulla dà di sé
zione del pensiero vinciano, ricorda che il ms. C, ricco di proposizioni su «ombre certezza» (C.A., 167r-a). «Nessuna certezza è dove non si po’ applicare una delle
e lume», è del 1490, mentre il ms. A è del 1492. Anche con riferimento al ms. C, i scienze matematiche, ovver che non sono unite con esse matematiche» (ms. G,
fogli del Codice Atlantico che trattano degli stessi argomenti appaiono quanto mai 96v); o ancora nel C.A. 154 r-c e Windsor 19,070, fino alla celebre frase: «non mi
frammentari e disordinati, costituendo le minute dei testi finali contenuti nel ma- legga chi non è matematico nelli mia principi». Cfr. Libro di pittura…cit., pp. 26-27.
Capitolo secondo
30
G. Manzi, Trattato della Pittura di Lionardo da Vinci, Roma 1817; frontespizio G. Manzi, Trattato della Pittura di Lionardo da Vinci, Roma 1817; tav.VI
e la superficie non ha corpo, com’è definito in geometria. A dir meglio spettivamente «degli alberi e delle verdure», «dei nuvoli» e «dell’o-
ciò che è visibile è connumerato nella scienza della pittura. Adunque rizzonte», riuscendo a individuare anche in questi casi le concor-
i dieci predicamenti dell’occhio detti di sopra ragionevolmente sono i danze con gli originali 47.
dieci libri in ch’io parto la mia pittura. Ma luce e tenebre sono un sol Intorno alla metà del ‘500 il programma editoriale di Melzi dovette
libro, che tratta di lume e ombra, e fassene un medesimo libro, perché vedersela con una spietata concorrenza se, come riferisce ancora
l’ombra è circondata ovvero in contatto del lume, e ‘l simile accade al Vasari, a quell’epoca il non identificato «pittore milanese» si recò
lume coll’ombra, e sempre ne’ confini si mista insieme lume ed ombra. a Roma per pubblicare un apografo vinciano, inducendo quindi il
«creato» di Leonardo ad affrettare il compimento del proprio lavo-
Lo stesso tema è svolto, ma ancora in modo asistematico, nel Co- ro48; o, ancora, se un altro codice fu redatto a Firenze sulla base del
dice Atlantico (fogli di poco anteriori al 1508) e nel ms. F, f. 77v,
in cui il maestro allude chiaramente ad un trattato: «Sole-Luna:
47
questa arà inanzi a sé il trattato de ombra e lume»46. Il ms. C di Così Pedretti (ibidem): «Nella parte sesta dedicata agli alberi e verdure è ripor-
tata la materia dei mss. G ed E. La parte settima dedicata ai nuvoli contiene note
Parigi, del 1490-91 circa, benché registrato da Melzi come «Libro sull’atmosfera riconoscibili come posteriori al 1510 e così l’ultima parte, dedicata
de ombra e lume segnato G», non fu praticamente utilizzato nel all’orizzonte, è di un tempo molto avanzato. Non è improbabile che qualcuna di
Codice Urbinate, evidentemente perché i precetti in esso con- quelle note fosse stata scritta in Francia, negli ultimi anni di vita di Leonardo».
Seguono interessanti considerazioni sui formati dei diversi codici originali da cui
tenuti erano stati nel frattempo approfonditi da Leonardo, sia in è tratto il Codice Urbinate e sulla tecnica a matita o inchiostro, a seconda che si
ordine sparso nei mss. H, I, K di Parigi (di un periodo intermedio, trattasse di taccuini da viaggio o di libri da scrivania (di maggiore formato). Pedretti
nota inoltre alcuni errori di trascrizione da parte di Melzi (salto di righe). Infine
pure ripresi da Melzi), sia nel «Libro W», sebbene in modo non osserva: «Un’altra caratteristica delle scritture leonardesche tarde, riscontrabile in
ancora esaustivo. Molte sono le ulteriori allusioni di Leonardo ad particolare nel Codice Leicester ed anche nei taccuini del tipo dei mss. E, F e G, è la
un trattato in corso di preparazione su «ombra e lume» ritrovabili, colonna di scrittura a fianco del testo principale, con note e schizzi complementari»
(ivi, p. 26). Lo studioso conclude ribadendo la propria convinzione che il Codice,
ad esempio, in alcuni capitoli del Codice Urbinate anteriori al comprese le figure e le annotazioni successive, sia tutto opera di Melzi e che esso sia
1508. Vedremo come il primo sforzo per una più ampia collazione stato redatto non molto tempo dopo la morte di Leonardo (anni ’20-’30 ?), a giu-
dicare dalla carta e dall’inchiostro (ivi, p. 27). Seguono tentativi di cronologia delle
dei precetti su questo argomento sia da attribuirsi proprio all’opera varie parti del Codice, tra cui «Ombre e lumi» (cfr. le importanti considerazioni
promossa da Cassiano dal Pozzo. riportate ivi, pp. 61-79). Così pure per le sezioni intitolate Degli alberi e verdure (parte
sesta), Delli nuvoli (parte settima) e Dell’orizzonte (parte ottava). Pedretti propone in
Pedretti analizza infine le altre parti (sesta, settima e ottava) del conclusione (ivi, pp. 88-89) la tavola delle concordanze dell’intero codice con i mss.
testo, tutte riferibili a scritti vinciani del 1510-15, che trattano ri- originali. Insomma, proprio come auspicato dall’Heydenreich sin dal 1956, Pedretti
svolge finalmente, nel suo studio del 1996 sul Libro di Pittura, un lavoro esaustivo e
analogo a quello già eseguito sulla meccanica vinciana dall’Uccelli o in materia di
volo e aerodinamica da Giacomelli.
46 48
C. Pedretti, Note sulla cronologia ...cit., p. 20. Libro di Pittura…cit., pp. 95-96.
Capitolo secondo
32
fedeli rispetto a quelle del Libro di Pittura e, in più di un caso, per-
sino meglio leggibili di quelle originali, rappresentò un’operazio-
ne culturale degna del Barberini e del suo ministro. Ma, mentre
la pubblicazione del Trattato della Pittura verrà eseguita a Parigi nel
1651 con le preziose illustrazioni di Nicolas Poussin62 e l’edizione
a stampa del trattato di idraulica vedrà la luce, sia pure con note-
vole ritardo, nel 1826, quella della selezione antologica non avrà
seguito per i motivi che diremo, restando inutilizzata presso la
biblioteca di dal Pozzo a Roma la versione completa e ‘in bella’ di
quel testo, anche se non definitiva, individuabile proprio nel Co-
dice napoletano. Il manoscritto, di cui, come vedremo, Corazza
entrerà in possesso a Roma nel 1766, recandolo con sé a Napoli
nel 1772, agli inizi dell’Ottocento si renderà disponibile per un
nuovo (ma anche questa volta sfortunato) tentativo editoriale: in-
fatti, depredati da Napoleone i codici originali dell’Ambrosiana
– custoditi dal 1796 presso l’Institut de France, tranne il Codice
Atlantico, l’unico restituito nel 1815 – l’apografo acquisterà pro-
prio per queste vicende, oltre che per le manomissioni perpetrate
sugli originali nel 1830, particolare importanza ai fini dello studio
dei testi oramai inaccessibili e, in seguito, di un parziale recupero
dei contenuti dei fogli perduti.
Cerchiamo allora, innanzitutto, di tracciare le linee dell’ampio
programma seicentesco, per poi passare a descrivere la struttura e i
contenuti del nostro apografo.
Abbiamo già in parte accennato alle vicissitudini, non certo fortu-
nate, che riguardarono i codici di Leonardo che Melzi portò con sé
dalla Francia63: se, fino al 1570, essi furono gelosamente custoditi dal
devoto «creato», dopo la sua morte la negligenza del figlio Orazio
fu causa della dispersione di buona parte di quei manoscritti: tra
alterne vicende, essi giungeranno sino a noi nella misura di circa un
quinto del totale. Tali eventi iniziarono già intorno al 1585: Pedretti
Codice Atlantico, frontespizio. Milano, Biblioteca Ambrosiana
è, anche in questo caso, autore della più dettagliata ricostruzione
dell’intricato percorso che i codici dovettero seguire sino alla metà
del Novecento64; ad essa dunque faremo riferimento, aggiungendovi
alcune osservazioni su quanto specificamente ci compete. co. Altri tredici codici pervennero nel 1588 all’architetto barnabita
Se nulla si può dire del destino dei codici di Leonardo ‘in giro’ per milanese Giovanni Ambrogio Mazenta (1565-1635)65, il quale nell’ul-
l’Italia (o addirittura all’estero) già da quando il maestro era ancora timo ventennio di attività operò a Napoli, progettando tra l’altro le
in vita, né di quelli che, alla morte di Melzi, presero il largo per chiese di Santa Caterina Spinacorona e di San Carlo alle Mortelle66.
mete imprecisate, meglio nota è la sorte toccata ai manoscritti che, Dei codici posseduti da Mazenta, dieci giunsero anch’essi al Leoni;
intorno al 1590, giunsero direttamente in possesso di Pompeo Leo- dei tre rimanenti, uno andò nel 1603 al cardinale Federico Borro-
ni, scultore al servizio del re di Spagna: di essi, oltre agli attuali due meo (ms. C di Parigi), uno al pittore Ambrogio Figino (perduto) e
codici della Biblioteca Nacional di Madrid (ritrovati solo nel 1966), uno al duca di Savoia (perduto67). Nel 1609, all’atto della fondazione
al Codice Arundel, ai fogli di Windsor e al ms. D di Parigi, facevano dell’Ambrosiana, il cardinale Borromeo donò alla nuova istituzione
parte anche quelli con cui Leoni formò il famoso Codice Atlanti- il proprio manoscritto, mentre i codici del Leoni, ossia il Codice At-
lantico e gli undici ‘taccuini’ di piccole dimensioni – tra cui il Libro
62
B della lista di Melzi (attuale ms. E di Francia) – furono acquistati
Traité de la Peinture de Leonard de Vinci donné au Public et traduit d’Italien en François
par R. Du Fresne, Paris, J. Langlois, 1651. Cfr. in proposito i recenti studi: D.L. Sparti,
dal conte Galeazzo Arconati e infine donati, come si è detto, alla
Cassiano dal Pozzo, Poussin, and the making and publication of Leonardo’s Trattato, in biblioteca milanese68. Sono dunque questi (Atlantico e mss. A-M,
«Journal of the Courtauld and Warburg Institutes», LXVI, 2003; M. Pavesi, Cassiano
dal Pozzo, Nicolas Poussin e la prima edizione a stampa del ‘Trattato della pittura’ di Leo-
nardo tra Roma, Milano e Parigi, in A. Rovetta, Tracce di letteratura artistica in Lombar-
65
dia, Bari, Ediz. di Pagina, 2004; C. J. Farago, Leonardo da Vinci’s ‘Treatise on Painting’ Partendo dalle memorie di Mazenta, si ha notizia che un istitutore in servizio
in its cultural context, Londra, Courtauld Institute, Leonardo da Vinci Society Annual presso i Melzi, Lelio Gavardi d’Asola, prelevò tredici manoscritti di Leonardo da
Lecture, 20 maggio 2005; C.Vecce, L’eredità vinciana nel Cinquecento, Lumière et vision Villa Melzi e li portò a Firenze per venderli al Granduca di Toscana; ma, morto
dans les science set dans les arts, de l’antiquité au XVIIe siècle, atti del convegno a cura di quest’ultimo nel 1587, Gavardi andò a Pisa e incontrò Mazenta, che lo convinse a ri-
M. Hochman, Parigi, Ecole pratique des Hautes Etudes, Institut National d’histoire portare i mss. al loro proprietario, offrendosi anzi di farlo lui stesso. Così l’architetto
de l’art, 2005; A. Sconza, La réception du ‘Libro di pittura’ de Léonard de Vinci : de la barnabita divenne proprietario dei codici, poiché Orazio Melzi, erede di Francesco,
mort de l’auteur jusqu’à la premier publication du ‘Trattato della pittura’ (Paris, 1651), tesi non si curò di richiederli, ignaro del loro valore. C. Pedretti, Leonardo da Vinci On
di dottorato, Université de la Sorbonne, Paris III, 2007. Painting...cit., pp. 252 sgg.; Libro di Pittura…cit., pp. 109 sgg.
66
63
Libro di Pittura…cit., pp. 109 sgg. L. Manzini, Giovanni Ambrogio Mazenta barnabita architetto, in «Bollettino di S.
64
Si veda, in particolare, lo schema contenuto in C. P edretti, Leonardo da Zaccaria», 1929.
67
Vinci On Painting...cit. Manca nel quadro sinottico, naturalmente, la notizia del Potrebbe trattarsi, come per il precedente, del perduto Libro A della lista di
rinvenimento dei due codici della Biblioteca Nacional di Madrid (1966). La Melzi; non sappiamo però se quest’ultimo fosse stato dato al Leoni direttamente dai
ricostruzione della vicenda dei mss. vinciani da parte dell’autore fa seguito e Melzi. Cfr. C. Pedretti, Leonardo da Vinci On Painting…cit., pp. 22 sgg.
68
chiarisce quelle proposte a partire dalla fine del Settecento da Comolli, Uzielli, Si sa che il Libro A non era in possesso di Arconati, sebbene non sia certo che
Dozio e Carusi. egli abbia dato all’Ambrosiana tutto quello che aveva. Ad esempio, è possibile che
egli abbia trattenuto il ms. D, per poi scambiarlo con l’attuale Codice Trivulziano,
inizialmente parte della donazione. Libro di Pittura…cit., pp. 109 sgg. 72
Cfr. M. Pavesi, op. cit., p. 89.
69
Ciò era da eseguirsi attraverso attenti riscontri, sugli originali, dei precetti già 73
Si veda su Cassiano dal Pozzo: G. Lumbroso, Notizie sulla vita di Cassiano dal
disponibili attraverso le numerose trascrizioni ‘abbreviate’ che all’epoca circolavano, Pozzo, in «Miscellanea di storia italiana», XV, 1876, pp. 131 sgg.; D.L. Sparti, Le
non essendo ancora noto il testo integrale dell’opera di Melzi. collezioni dal Pozzo: storia di una famiglia e del suo museo nella Roma seicentesca, Mo-
70
D.L. Sparti, op. cit., pp. 145-146. dena, Panini, 1992; I segreti di un Collezionista. Le straordinarie raccolte di Cassiano
71
Lo evidenzia A. Sconza, La prima trasmissione…cit., p. 353, sottolineando quindi dal Pozzo 1588-1657, a cura di F. Solinas, Ediz. De Luca, Roma 2000, pp. 1-11,
come l’apografo non sia cinquecentesco come inizialmente si pensava. 17-20, 77-81, 122-123.
Capitolo secondo
34
artistico dell’età barocca. Così, in collaborazione con Bernini, Pietro Alla figura di dal Pozzo è dunque interamente legata sia l’edizione
da Cortona e Nicolas Poussin, egli fu sostenitore di quella sintesi francese del Trattato della Pittura, che vedrà la luce a Parigi nel 1651, a
delle arti che distinse il Barocco: quantunque lo stesso Urbano VIII cura di Roland Fréart de Chambray e Raphaël Trichet Du Fresne78, sia
non gliene abbia mai reso effettivo merito, a lui si devono le massicce quella in lingua italiana, uscita nella capitale francese nello stesso anno79.
campagne di acquisti per la quadreria barberiniana e la scelta dei gio- Per la redazione dei testi utili alla stampa del Trattato Cassiano avviò
vani artisti da incoraggiare nell’ambito dell’Accademia di San Luca. nuove trascrizioni80 dagli originali presenti a Milano, condotte anche
Tra questi era Poussin, che Cassiano, suo grande amico, fece lavo- sulla base di apografi già disponibili in ambito romano81 e milanese82.
rare in ogni modo, inserendolo anche nel fervido mercato artistico Tra i testi redatti ai fini della pubblicazione, l’H 228 inf. dell’Ambro-
romano; con lui collaborò alla stesura di testi in materia di pittura siana, proveniente, come gli altri apografi ambrosiani, dalla Biblio-
antica, considerandolo anche l’unico, per il carattere del suo tratto e teca Albani e restituito da Parigi nel 1815 in ‘sostituzione’ degli ori-
dei suoi colori, a rispondere alla fisionomia di artista contempora- ginali83, rappresenta la base principale del Trattato, redatta di proprio
neo degno di illustrare Leonardo74: è noto come il Bellori, suo bio- pugno da Cassiano. Va detto che, avendo questi fatto redigere più
grafo, lo definisse decisamente un pittore «à la manière de Léonard copie del primo testo di riferimento, poi ricopiato ‘in bella’ e invia-
de Vinci». to a Parigi, si era persa la memoria di quale fosse il vero apografo
Attivo stabilmente a Roma dal 1624, l’artista francese divenne sim- contenente le illustrazioni originali di Poussin: si deve alla Steinitz84
bolo di una pittura didattica, erudita, «filosofica», come la definì l’individuazione di esso proprio in questo codice, sebbene, come ha
sin dal 1611 Federico Cesi (ispiratore di Cassiano e fondatore dei dimostrato recentemente la Fiorani, molti grafici siano pure attribu-
Lincei), adatta all’illustrazione di storie e miti dell’antichità, che si ibili al disegnatore di Cassiano, Pierfrancesco degli Alberti85. Innanzi
prestava ai programmi della Riforma cattolica: è ben nota la querelle al codice dal Pozzo aveva collocato la «Vita di Lionardo da Vinci
che in breve sarebbe sorta in seno all’Accademia parigina di pittura scritta da Giorgio Vasari Aretino» tratta dall’edizione del 1568 (la co-
e scultura tra Poussinistes e Rubénistes, ossia tra i sostenitori dello spi- siddetta «Giuntina»), mentre nella pubblicazione parigina essa verrà
rito di autorità e del razionalismo dogmatico e quelli dello spirito sostituita con la rielaborazione curata dal Du Fresne86.
di libero esame e del sensismo empirico; disputa che annuncerà la
rivoluzione artistica settecentesca.
Per il giovane cardinale Barberini, esigente bibliofilo, esperto di sto- ritrovar di Leonardo». (cit. in V. Lumbroso, op. cit., p. 132).
78
Traité de la Peinture de Leonard de Vinci ...cit. L’opera contiene la prima biografia
ria cristiana e di teologia, Poussin realizzò numerose opere. Solinas di Leonardo e quella che è considerata la prima bibliografia in materia artistica,
sottolinea come, nella biografia scritta alcuni anni dopo la morte posta in calce al testo, entrambe redatte dal Du Fresne.
79
di Cassiano, il Dati ricordi e biasimi la gelosia del Barberini nei Trattato della pittura di Lionardo da Vinci novamente dato in luce con la vita dell’istesso
autore scritta da Raffaele Du Fresne. Si sono giunti i tre libri della pittura et il trattato della
confronti della fama acquisita dal suo ‘coppiere’. Fino alla morte, dal statua di Leon Battista Alberti con la vita del medesimo, Parigi, G. Langlois, 1651. Cfr. E.
Pozzo non smise mai di occuparsi di Leonardo, dei cui manoscritti Carusi, Sulla redazione abbreviata del Trattato della Pittura di Leonardo da Vinci (a propo-
sito di un nuovo manoscritto), in «Accademie e Biblioteche d’Italia», I, n. 4 (gen.-feb.
promosse con ogni mezzo lo studio e la diffusione75. A differenza 1928), passim; M. Pavesi, op. cit., passim.
di Mazenta, che nelle sue memorie scritte intorno al 1635 offre un 80
Nella prefazione a Mc Mahon (op. cit.), Heidenreich osserva che Cassiano e
riscontro piuttosto freddo dei manoscritti che dovettero appartene- Poussin si basarono sui disegni del Codice Barberini 4304 e, forse, del Codice
Corsiniano, anch’esso a Roma, comparandoli con gli originali di Leonardo della
re alla propria famiglia, prima che i suoi fratelli li disperdessero, dal collezione Arconati.
Pozzo era animato da un forte entusiasmo, facendo immediatamen- 81
Si tratta del citato Codice Barberini 4304.
82
te rientrare le trascrizioni vinciane nelle attività finalizzate all’allesti- 83
Si tratta del citato Codice Pinelliano.
Nel 1815 gli apografi H 227, 228, 229 inf. furono spediti a Milano in luogo degli
mento del Museo Cartaceo76. Avendo conosciuto l’architetto barnabi- originali ivi trattenuti, sostenendosi che gli originali non si trovavano nella Biblio-
ta a Roma nel 1620 attraverso il cardinale Barberini, potrebbe averlo teca Nazionale, mentre erano in quella dell’Institut. Cfr. E. Carusi, Per il «Trattato
spronato egli stesso a scrivere la Memoria su quei manoscritti, prima della pittura»…cit., p. 427. Ciò è attestato da una nota della metà dell’Ottocento
leggibile a margine dell’H 228 inf: «N.B. Questa è la copia mandata da Parigi in
di occuparsene in prima persona proprio grazie all’intercessione di luogo dell’Originale Ambrosiano che quei Bibliotecari attestarono non trovarsi
Mazenta presso i responsabili dell’Ambrosiana77. nella Biblioteca Reale».
84
K.Trauman Steinitz, Trattato studies. II. Second Supplement to «Leonardo da Vinci’s
Trattato della Pittura. Treatise on Painting, A Bibliography». Copenhagen, Munksgaard,
1958, in «Raccolta Vinciana», XIX, 1962, pp. 223-253. Riguardo poi al ms. n. 11706
74
Nel 1655, con l’elezione di Fabio Chigi a papa col nome di Alessandro VII, dopo dell’Hermitage, la Steinitz espone i dubbi che ancora rimangono circa quali siano i
Innocenzo X Pamphilj, Cassiano aspirerà, senza però riuscirvi prima della morte disegni originali di Poussin (e non dei suoi collaboratori di studio), se quelli allegati
(1655), a ricevere dall’amico ora papa l’elevazione alla porpora che il cardinale Bar- a questo ms. o all’H 228 inf.: tra questi ultimi ci sono comunque degli originali di
berini gli aveva rifiutato durante vent’anni di devoto servizio. Egli era all’epoca mano del pittore (specie quelli di ossa o profili di teste), come attestano gli studi di
uno degli uomini più famosi d’Europa, ricco, onorato, residente in un’elegante A. Blunt sui disegni di Poussin. Comunque l’autrice, d’accordo con la Kamenskaja,
dimora di via dei Chiavari attribuita a Peruzzi, collezionista di opere del Domeni- ritiene che il ms. dell’Hermitage sia quello effettivamente adoperato per la stampa
chino, di Bernini e dello stesso Poussin, ma anche di scritti e disegni in cui erano nel 1651, come del resto lascia intendere anche Du Fresne nella premessa alla sua
raccolte le istanze più avanzate della ricerca scientifica in campo europeo: il Museo edizione, ove tra i manoscritti risultati più utili per l’opera cita quello redatto da
Cartaceo contava migliaia di incisioni sul tema dell’antico e su quello naturalistico, Cassiano dal Pozzo, corredato dalle immagini di Poussin e donato dallo stesso Cas-
oltre a rarissimi volumi. Insomma, sebbene solo recentemente rivalutato, Cassiano siano al signor di Chantelou. Cfr. E. Carusi, Per il «Trattato della pittura»…cit., p. 426.
fu certamente «regista dell’erudizione romana, della pittura e dell’antiquaria della 85
La Fiorani (cfr. F. Fiorani, Abraham Bosse e le prime critiche al Trattato della Pittura
prima metà del XVII secolo» (I segreti di un Collezionista…cit., p. 11) e maestro di di Leonardo, in «Achademia Leonardi Vinci», V, 1992, pp. 78-95) ricostruisce bene il
generazioni di artisti e studiosi. problema delle manipolazioni dei disegni originali – finalizzate alle edizioni parigi-
75
Cfr. L. Gramatica, Le memorie su Leonardo da Vinci di Don Ambrogio Mazenta ri- ne (in francese e in italiano) – da parte di Poussin (solo per i movimenti delle figure
pubblicate ed illustrate da D. Luigi Gramatica prefetto della Biblioteca Ambrosiana, Milano, umane), di Pierfrancesco degli Alberti e di Charles Errard (che realizza a Parigi le
Alfieri e Lacroix, 1919, p. 17 sgg.; E. Carusi, Lettere di Galeazzo Arconato e Cassiano incisioni per la stampa nonché la correzione di alcuni disegni di degli Alberti); ella
dal Pozzo per lavori sui manoscritti di Leonardo da Vinci, in «Accademie e Biblioteche nota inoltre l’incongruenza di alcune di queste figure con i testi di alcuni capitoli.
d’Italia», I, n. 6 (1929-30). In effetti, a differenza dei disegni presenti nel Codice Urbinate, direttamente tratti
76
E. Carusi, Lettere di Galeazzo Arconato…cit., p. 505: «Il ricchissimo Museo dei dagli originali, quelli del 1651 sono interpretazioni fin troppo libere degli autori,
Dal Pozzo con una libreria di stampati e manoscritti preziosi fu venduta nel 1703 che spesso dànno agli scarni e astratti schizzi geometrici di Leonardo un tono
all’abbate Zaccagna per la Vaticana, ma presto, nel 1714, passò in proprietà di Ales- «pittorico», realistico, finalizzato alla stampa per gli artisti. Vi sono infine figure
sandro Albani, e dopo varie vicende la biblioteca Albani, come si sa, andò distrutta introdotte ex novo dagli autori dell’edizione del 1651, che non si trovano né nel
quasi interamente». Codice Urbinate, né nelle altre versioni abbreviate note, come è il caso delle figure
77
Infatti in una lettera di Mazenta a Cassiano si legge: «Scrissi da Roma al Can. a corredo dei capitoli sui riflessi: di esse la Fiorani conduce un approfondito studio.
86
Alfieri che in assenza mia a V.S. mandasse immediatamente quel tanto che poteva In calce al documento troviamo copia della citata memoria in cui Mazenta
Capitolo secondo
36
aveva tratto copia di scritti vinciani in un ‘libro’ inviato nell’agosto di timo. Così, in parte padre Gallo, in parte direttamente il conte e
quell’anno al cardinale Barberini (non si tratterebbe ancora del trat- suo figlio frate Luigi, continuarono l’opera nel corso di quell’anno,
tato sulle acque, sebbene il Gramatica propenda per quest’ipotesi97). Il che però si svolse a tratti, sia per le difficoltà incontrate, sia per dare
cardinale, gradito il dono, dovette manifestare il desiderio di ricevere occasione all’Arconati di chiedere al Barberini, attraverso dal Pozzo,
altri apografi al fine di avviarne la stampa; l’Arconati, di conseguenza, continui favori per il figlio in cambio del faticoso lavoro.
spronò padre Gallo a tale opera, auspicata da dal Pozzo con queste L’attenzione del conte e dei suoi collaboratori si soffermò partico-
parole: «[…] et è veramente con comodità di tempo da cavar dalle larmente sugli scritti di carattere scientifico, assai utili all’opera anto-
fatiche di quel grand’ingegno del Vinci tutto quello che si può»98. logica cui il cardinale aspirava. Cassiano si riprometteva di inviare al
Importante è, poi, la lettera del 7 agosto 1635 del conte Arconati a cardinale il testo completo di tutte le parti e nel maggio 1639 poteva
padre Gallo (in quel periodo rientrato a Roma) da Milano99, da cui dirsi soddisfatto del lavoro svolto, cui mancava solo la trascrizione
traspare il chiaro proposito del Barberini di promuovere un’edizione dei capitoli su «ombre e lumi»: infatti a quell’epoca dal Pozzo, ormai
a stampa del ‘meglio di Leonardo’: ricevuta «quella parte de’ discorsi del Vinci che si desiderava», era
intento a farla «ridurre in forma da accompagnarla al libro che S.
R.mo Padre, Em.za ha, che qualche tempo fa da me gli fu donato e posto nella
Veggo dalla cortesissima sua quanto desideraria l’Eminent.mo sig. sua copiosissima e sceltissima libreria, e talvolta potrebbe giunger in
Card.e di far cavare da libri che presso di me si trovano, ed io voglio tempo l’altra parte […] che s’è V.S. Ill.ma compiaciuto di accrescere
essere prontissimo in servire signor di tanto merito e di così rare qua- e far copiare, trattanti dell’ombre e lumi»103.
lità, perciò anderò trattando con il sig. Alfieri del modo esser scritti Il «libro» cui accenna dal Pozzo potrebbe essere il citato Codice
alla riversa di carateri minuti, con infinite figure, e se Sua Eminenza Barberini 4304; ma, mentre il codice contenente il trattato Del moto
persisterà in questo non mancherò affaticarmi perché ne segui l’effetto, e misura dell’acqua, tratto dagli originali da frate Arconati, giungerà
avendo per fermo che trovandovi le materie esquisite per ogni genere effettivamente al cardinale entro il 1643, restando nella Biblioteca
Sua Eminenza vorà vadi alle stampe per il publico benefitio, che vera- Barberini, le prime stesure apografe – l’H 227 inf. e l’H 229 inf. –,
mente sarà quanto io possia desiderare […]. rimaste anch’esse nella biblioteca di Cassiano e poi acquisite dalla
Biblioteca Albani nel 1714, andranno a finire a Parigi a seguito del-
Messosi all’opera, dal Pozzo entrò innanzitutto in amicizia con la dismissione di quella biblioteca ordinata dal Direttorio nel 1798,
il Mazenta, che aveva salvato i manoscritti dalla totale dilapida- venendo restituite solo nel 1815 in luogo degli originali trattenuti
zione e nel 1631 aveva scritto la citata Memoria, unica traccia del- presso l’Institut de France104.
le intricate vicissitudini seicentesche di quei codici100. Sin dall’i- Neppure il nostro Codice, forse perché ancora da rendere in for-
nizio dunque l’azione del Barberini, lungi dall’aspirare al dono ma definitiva per la stampa, verrà mai consegnato da dal Poz-
degli originali da parte del conte, fu improntata ad una chia- zo al cardinale, non venendo quindi a far parte della Biblioteca
ra onestà intellettuale e alla precipua finalità della stampa101. Barberini, come si evince anche dal catalogo di quest’ultima re-
Nel 1639, intrapresa la correzione dei primi testi trascritti, dal Pozzo datto nel 1681105: d’altra parte è da escludere, per i motivi che di-
inviò all’Arconati, attraverso padre Gallo, un elenco dei ‘capitoli’ per remo, che esso sia mai passato nella Biblioteca Albani, giungen-
i quali si trovavano «difficultà per intelligenza dell’opera di Leonardo do in altre mani prima del 1714 e, infine, a Vincenzo Corazza.
da Vinci della Pittura», ricordando l’«humanità e cortesia» del cardi- Le lettere più significative del citato carteggio sono quelle che Ar-
nale nei confronti del conte102, ossia i favori già ricevuti da quest’ul- conati scrive a Cassiano tra il giugno 1639 e il giugno 1640, in cui
parla specificamente del criterio di selezione dei testi dagli origi-
97
nali, con riferimento alle parti scientifiche, alla prospettiva, ecc. Nel
Biblioteca Apostolica Vaticana, Cod. Vat. Barb. 4332. Il Gramatica (op. cit., p. 57)
riferisce: «In una lettera di Cassiano dal Pozzo al Conte Galeazzo Arconato scritta luglio 1639, ritiratosi per il caldo estivo nella propria villa in Valle
il 6 ottobre 1634 si accenna al P. Baccelliere fra Luigi Maria Arconato Domenica- d’Ossola con tutte le carte, Arconati annuncia a dal Pozzo di aver
no e a un certo punto è detto: “Ho visto il libro che ha copiato che gusterà; ed è
veramente con comodità di tempo da cavar delle fatiche di quel grand’uomo del
Vinci tutto quello che si può: ma dovrebbe V.S. Ill.ma non affaticar in questo modo portato alcuni libri, da quali vo facendo cavare gli effetti del moto, che
detto buon Padre… Nella pretesa carica di Maestro sarà il suddetto servito come mi paiono trattati molto degni, e usciti da un cervello bizzarro, ne farò
dirà poter bisognare, e stiassi V.S. Ill.ma certa”. Dal che mi parve poter desumere
che il ms. Barberiniano sia stato scritto nel 1634 e non 1643 e che la sottoscrizione, estraere più si potrà; et perché chi s’affatica in questo [cioè frate Luigi],
che apparisce stesa con inchiostro diverso debbe ritenersi aggiunta più tardi, dallo dovrà essere costì per mezzo di settembre, li mostrerà a V.S.I., che, es-
stesso fra Luigi, che nel frattempo aveva avuto agio di esperimentare gli effetti della sendo di gusto di S.E. [il cardinale], s’anderà compiendo il trattato, qual
protezione del Card. Barberini ed essere nominato Padre Maestro». Cfr. pure su
Luigi Maria Arconati: A. Favaro, Note Vinciane, in «Atti del R. Istituto veneto di è assai longo; et di più le darà conto d’altre curiosità, che paiono uscite
scienze, lettere ed arti», LXXIX, II, 1920. come furono da un ingegno divino106.
98
E. Carusi, Lettere di Galeazzo Arconato…cit., p. 506. Si veda pure la lettera
di Cassiano ad Arconati del 16 ottobre 1634, pubblicata da Carusi (ivi, p. 516), in
cui il ministro segretario suggerisce di non affaticare troppo frate Luigi Maria, Nel settembre successivo l’Arconati invia, attraverso il figlio, altre
ma di avvalersi di padre Gallo per trarre dai manoscritti quanto più si possa trascrizioni a dal Pozzo:
dell’opera di Leonardo.
99
Ivi, p. 510.
100
L’architetto barnabita sostenne in ogni modo Cassiano nello sforzo di colla-
zione da lui programmato e il 20 novembre 1635, poco prima di morire, gli scrisse eseguito: “Li Capitoli segnati suon confrontati”. Poi di mano ancora diversa: “e
da Napoli, avvertendolo di aver ordinato al canonico Alfieri che, in sua assenza, l’altri non si trovano in questi libri”». Alla nota 1 Gramatica osserva: «Dall’esame
avrebbe dovuto mandare al ministro pontificio tutto quello che avesse trovato di compiutosi a Milano per opera del P. Gallo risultò che soltanto alcuni di quei ca-
Leonardo. pitoli furono identificati nei libri posseduti dall’Arconati». Ma non si comprende il
101
Lettera dell’Arconati a dal Pozzo del 7 agosto 1635 (ibidem). perché, visto che da quegli originali erano stati tratti gli apografi inviati a dal Pozzo.
103
102
In proposito alla fine dell’H 227 inf. troviamo uno scritto intitolato: «Capitoli Ivi, p. 517, lettera di dal Pozzo all’Arconati del 21 maggio 1639.
104
ne’ quali si trova difficultà per intelligenza dell’opera di Leonardo da Vinci della L. Gramatica, op. cit., p. 21.
105
Pittura, i titoli de’ quali sono li seguenti, secondo la copia che si ha qui in Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, Index Biblioth. qua ex Fr. Barberini S.R.E. Cardi-
dalla quale è cavata quella che s’è mandata al P. Antonio Gallo per riceverne il favor nalis Vicecanc. magnificentissimas suae fam. ad Quirinalem aedes magnificentiores reddidit.
del riscontro». Riguardo a questo elenco il Gramatica osserva: «È di mano di Cas- Vol. 3 libros typis editos complectentes. Romae, 1681 in fogl.
106
siano dal Pozzo ad eccezione dell’ultima linea che contiene il risultato del riscontro E. Carusi, Lettere di Galeazzo Arconato…cit., p. 507.
Dall’epistolario si evince pure che l’attività dovette svolgersi su- […] se vi si è trovata cosa che paja non faccia senso, o pur qualche pa-
perando numerosi ostacoli di natura paleografica o interpretativa. rola manca, si è lasciata così per essere conforme all’originale, però da
Ci interessa qui porre l’attenzione sui due apografi dell’Ambro- correggersi da miglior giuditio.
siana dai quali nacque il Codice che avrebbe dovuto essere pre-
sentato al cardinale Barberini insieme con il trattato di idraulica. Dunque i trascrittori intervennero in alcuni casi sui testi dal punto
Nell’H 227 inf. è stato individuato il primo apografo inviato da di vista ortografico, ma senza integrarne le eventuali lacune o sna-
Milano a dal Pozzo e di conseguenza anche la prima ‘copia’ della turarne il senso. Insomma, abbiamo una garanzia certa della corret-
trascrizione antologica109, mentre l’H 229 inf. sarebbe il documento tezza filologica del lavoro svolto e questo non fa che giovare anche
successivamente elaborato di proprio pugno dal ministro segretario, alla nostra opera.
a seguito della revisione dell’ordine dei diversi gruppi di «precetti» Con riferimento poi alle figure presenti nei codici H 227 inf. e H 229
prima della copia finale per il cardinale110. Ma, oltre all’esame della inf., Carusi sottolinea che esse sono fedeli quasi in tutto alle originali,
grafia dell’H 229 inf., non appartenente a Cassiano (si confronti con a differenza di quelle ritrovabili nell’H 228 inf., che risultano affatto
l’H 228 inf., certamente di suo pugno), il fatto che una parte del diverse, spesso arbitrarie e prive della semplicità e rapidità di esecuzio-
primo apografo non sia nel secondo, e viceversa, ci autorizza a pen- ne che distingue gli appunti di Leonardo: tra l’altro mentre Poussin,
sare che anche nel caso dell’H229 inf. si tratti ancora di una versione nel ‘copiare’ Leonardo, interpreta le figure umane inclinandole verso
intermedia; insomma, essi sarebbero per così dire ‘fratellastri’ del Co- destra, negli altri due apografi milanesi esse sono rivolte nel verso
dice napoletano, ospitando sì l’annunciata selezione degli argomenti opposto, proprio come negli originali, redatti con la mano sinistra114.
destinati all’opera a stampa, ma nessuno dei due in forma completa111. L’H 227 inf.115, compilato da padre Gallo secondo una prima idea di
Cassiano, è databile al 1634-1640 ed è formato da tre sezioni, più il
testo originale della relazione Mazenta, un tempo allegato all’H 228
107
Ivi, p. 507. inf.116. Il codice reca sul frontespizio, di pugno di dal Pozzo, la seguen-
108
Ivi, p. 509. te dicitura: «Trattati di Pittura di Leonardo da Vinci.Vi sono le opere
109
C. Pedretti, Studi vinciani. Documenti, analisi e inediti leonardeschi, Geneve, Li- mandate dal sig. Galeazzo Arconato al sig. Cardinal Barberino da
brairie E. Droz, 1957, pp. 257-258; Id., Copies of Leonardo’s lost writings in the ms. H 227
inf. of the Ambrosiana Library, Milan, in «Raccolta Vinciana», XIX (1962), p. 61. rivedersi per farsene una copia aggiustata»; appunto che ci fa capire
110
Cfr. K. Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della pittura…cit., p. 105. che proprio da questo e dagli altri apografi sarebbe stata tratta la copia
Addirittura Dozio fa derivare l’H 227 inf. dall’H 229 inf.; non così il Carusi, sulla
scorta del Gramatica. Cfr. E. Carusi, Per il «Trattato della pittura»…cit., p. 429. Carusi
attribuisce i titoli d’intestazione dell’H 227 inf. e dell’H 229 inf. – scritti da mano 112
diversa da quella del redattore dei testi – a Cassiano dal Pozzo sulla base di docu- Rimandiamo all’esame delle varie parti del Codice Corazza l’indicazione delle
menti segnalatigli dal Gramatica, sebbene quest’ultimo, nella sua pubblicazione del corrispondenze con gli originali vinciani, attentamente studiate da Pedretti e dalla
testo del Mazenta, attribuisca, in maniera alquanto contraddittoria, anche i testi a Steinitz con esclusivo riferimento agli apografi milanesi.
113
dal Pozzo. Cfr. L. Gramatica, op. cit., p. 21: «Mi domandai se quella scrittura non Si tratta del cosiddetto apografo di Montpellier, di cui torneremo ad occuparci.
114
potesse essere di mano del Cav. Dal Pozzo, e fatto il confronto con alcune delle E. Carusi, Sulla redazione abbreviata…cit., p. 20.
115
di lui lettere autografe, che trovansi nella corrispondenza del Card. Barberini alla G. Dozio, op. cit., p. 30; G. Uzielli, op. cit., II, pp. 337-341; E. Carusi, Per il «Trattato
Vaticana, nell’archivio Sola-Busca e in quello di S.A.R. il Duca d’Aosta nel palazzo della pittura»…cit., pp. 425-427; K. Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato
della Cisterna di Torino, ho potuto convincermi essere la supposizione tutt’altro della pittura…cit., pp. 99-104.
che infondata». Ma alla nota 2 si legge: «Da una lettera di Cassiano Dal Pozzo 116
Anch’esso passato dalla biblioteca di Cassiano a quella del cardinale Albani nel
all’Arconati si viene a sapere che al ricevere da Milano copia dei Mss. Leonardeschi 1714, per essere poi trafugato a Parigi nel 1796 e infine restituito all’Ambrosiana
egli li trascriveva nel formato voluto per accompaganarli al libro che sua Eminenza nel 1815 in sostituzione degli originali di Leonardo. Ma in un appunto erroneo
aveva, donatogli dallo stesso Cassiano e posto nella copiosissima e sceltissima sua del Dozio sull’apografo (f. 2) si legge: «Il card. Francesco Barberino, nato nel 1597
libreria; così è presumibile che l’opuscolo Ombre e Lumi che trovasi al n. 1 della e morto nel 1679, emulando il card. Federico Borromeo, raccolse a Roma nel suo
miscellanea [ossia l’H 227 inf.] e i numeri 2 e 3 siano appunto gli scritti avuti da palazzo una ricca biblioteca, di cui fu stampato il catalogo nel 1681. […]. Pare che
Milano; i quali, dopo aver servito per la trascrizione, finirono per restare in mano questo Codice abbia appartenuto alla Biblioteca Barberini di Roma, e di là sia stato
del Cav. Dal Pozzo». Da ciò si arguirebbe quindi, a differenza di quanto affermato trasportato a Parigi, donde fu poi mandato all’Ambrosiana di Milano». In realtà,
in precedenza, che i testi erano quelli redatti dai trascrittori milanesi e non da Cas- nessuno degli apografi H 227 inf., H 228 inf., H 229 inf. e Cod. Corazza giungerà
siano, che si sarebbe limitato a collazionarli e ad apporvi i titoli di testa. mai al Barberini, restando presso la biblioteca di dal Pozzo. Nel 1798, confiscata
111
Su questi si veda pure l’utile contributo di G. Govi, Alcune memorie di Giovanni la biblioteca Albani per ordine del Direttorio, molti libri andranno in Francia o
Ambrogio Mazenta intorno a Leonardo da Vinci e a’ suoi manoscritti con illustrazioni, in «Il saranno venduti; infine essa verrà in parte ricostituita nel 1803, ma definitivamente
Buonarroti», s. II,VIII (1873), pp. 341-350, IX (1874), pp. 164-171, XII (1878), pp. 45-53. smembrata negli anni 1857-58. Cfr. G. Uzielli, op. cit., pp. 333, 340.
Capitolo secondo
38
Leonardo da Vinci, Traité de la Peinture, Paris 1651; frontespizio dell’edizione Leonardo da Vinci, Trattato della Pittura, Parigi 1651; frontespizio dell’edizio-
in lingua francese ne in lingua italiana
«aggiustata» e completa di tutte le parti, da riconoscersi nel nostro Co- to solo in parte120 dal Manzi: si tratta di un supplemento ai precetti
dice, di cui questo manoscritto è, insieme con l’H 229 inf., una bozza del Trattato della Pittura presenti nell’H 228 inf. e già destinati alle
iniziale. L’appunto farebbe intendere che l’apografo, stilato a Milano, stampe. Dozio, direttore dell’Ambrosiana negli anni postunitari, sot-
dopo essere giunto a Roma sia stato poi rinviato da dal Pozzo a pa- tolinea il carattere inedito del testo, soffermandosi in particolare sul
dre Gallo per essere perfezionato e, in qualche caso, ‘aggiustato’ onde citato brano in cui Leonardo espone la propria idea di pervenire a
risultare meglio comprensibile anche in certi passaggi sostanziali. un trattato sull’argomento121. Peraltro, come appunta lo stesso Dozio
L’importanza data al testo dagli autorevoli personaggi della corte sul frontespizio originale, il maestro aveva effettivamente iniziato
pontificia è testimoniata da alcuni appunti sul documento, in cui a scrivere il testo il 23 aprile 1490, facendosene cenno in una nota
si citano, tra l’altro, Poussin («Monsié Pusino deve rest.r [restituire] editoriale che ritroveremo anche nel nostro Codice.
uno [un trattato] dell’ombre e lumi con le fig.e appartate»117) e alti La seconda parte122 dovette fungere da base per la copia poi fat-
prelati che gravitavano intorno al cardinale Barberini, come il car- tane nella terza sezione dell’H 229 inf.123. Il manoscritto contiene
dinale Massimo e mons. Albrizzi. Oltre, quindi, al fatto che Poussin una miscellanea di 40 capitoli in materia di scienze e di ingegneria,
aveva preso in prestito la parte più significativa del codice, sappiamo più un breve trattato di prospettiva in 22 capitoli: «Pare – appun-
pure che a sua volta Albrizzi aveva chiesto e ottenuto da Cassiano ta ancora Dozio – che la Biblioteca Ambrosiana abbia posseduto
copia del trattato di Zaccolini sulla «Prospettiva Lineale»118. l’autografo di questa Miscellanea, benché non compaja nel novero,
La prima parte del codice119 contiene copia di una bozza del trattato per altro mal descritto, che il Bonsignori mandò al Comolli verso
su Ombre e Lumi tratto dai mss. A, C e Cod. Atlantico, poi pubblica- il 1790 […]. È ben da credere che un esemplare di questo fosse la
copia, non già l’autografo, che Benvenuto Cellini, morto poi nel
117
Poussin era a Roma dal 1625. Cfr. C. Pedretti, Studi vinciani…cit., p. 257. Nella
scheda di M. Pavesi in I segreti di un Collezionista…cit., p. 81, questo appunto è
120
riferito al fatto che Poussin avrebbe preso in prestito la parte riguardante «Ombre Ff. 61-82.
121
e lumi» della copia del trattato dello Zaccolini fatta stilare da Cassiano e oggi alla G. Dozio, op. cit., pp. 30-31. Il primo libro dell’apografo consta di 54 fogli e 21
Laurenziana. In realtà Poussin aveva preso in prestito il testo sull’argomento tratto tavole di figure.
dai mss. di Leonardo dell’Ambrosiana e formante la prima sezione dell’H 227 inf. 122
Ff. 83-108. Trascrizione rapida e fitta, di qualità evidentemente inferiore sia a
118
K. Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della pittura…cit., pp. 99-100. quella dell’H 229 inf., sia al testo napoletano, idem per i grafici.
119 123
Ff. 4-82. Il libro è formato da 22 fogli con figure intercalate nel testo.
125
Ff. 109-116.
126
Il libro consta di 8 fogli ed è privo di figure. Sull’originale ambrosiano è un
altro appunto di Dozio, in cui si legge che «si tratta di copia del Codice che Govi
verso il 1750 disse di aver trovato tra i Codici dell’Accademia Etrusca» (ossia il ms.
297 della Biblioteca Etrusca di Cortona). Cfr. K. Trauman Steinitz, Leonardo da
Vinci’s Trattato della pittura…cit., pp. 64-65.
127
Ivi, pp. 94 sgg.; C. Pedretti, Copies of Leonardo’s lost writings...cit., pp. 61-94.
128
K. Traumann Steinitz, Bibliography never ends…Addenda to «Leonardo da Vinci’s
Trattato della Pittura, Treatise on Painting, A Bibliography», Copenhagen, Munksgaard,
1958, in «Raccolta Vinciana», XVIII (1960), pp. 97-111.
129
La Steinitz (ivi, p. 103, nota 8) dimostra che, essendo uno dei brani dei «capitoli
aggiunti» degli apografi tratto dal Codice Trivulziano, quest’ultimo doveva far parte
un tempo della donazione Arconati ed essere all’Ambrosiana, dove fu trascritto. I
«Capitoli aggiunti» del cosiddetto ms. Ganay – come del resto quelli dell’H 227 inf.,
anche se privi di immagini, ma non quelli di Belt 36, H 229 inf. e Codice Coraz-
za – mostrano a volte, nel mezzo del testo, delle sigle (AI, A1, Df 7, ecc.) che non
Nicolas Poussin, tavola illustrativa del codice apografo H 228 inf., c. 1637- corrispondono a quelle presenti nell’ultimo foglio del Codice Urbinate 1270, dal
40. Milano, Biblioteca Ambrosiana (da Solinas) titolo Memoria et Notta di tutti pezzi de Libri di mano di Leonardo…. La Steinitz dice
che esse si riferiscono forse alla trascrizione originale di Gallo e Alfieri, che potreb-
be essere andata perduta: in realtà, come dimostra Pedretti (Copies of Leonardo’s lost
writings…, p. 68), si tratta dei riferimenti alle immagini (poste nel ms. Ganay a fine
1570, comperò per 15 scudi d’oro; perocché questo, oltre al discorso testo e non all’interno come negli altri apografi). Come è noto, la maggior parte
dei testi dei capitoli aggiunti sono tratti dalle pagine di Leonardo che Melzi aveva
della Prospettiva, contiene anco altre mirabili cose, cioè i 40 capito- marcato e trascritto nel Codice Urbinate 1270.
li di vario argomento»124. Ma, se per «autografo» della miscellanea 130
C. Pedretti, Copies of Leonardo’s lost writings… cit., p. 64. Si veda, in proposito,
Dozio intende un originale di Leonardo, la notizia è priva di fon- la lettera di Cassiano a padre Gallo del 21 maggio 1639: «Se a lei parrà si differisca il
far scrivere da Sua Em.za al S.r Arconati, dopo che harrà ricevuto non solo quello
damento, sia perché tra i codici dell’Ambrosiana finiti a Parigi esso che già è composto di trattati del Vinci, ma anco quello che s’aspetta dell’ombre e
non esiste, sia perché la «miscellanea» è attribuibile con certezza lumi, acciò possi nella lettera avere il tutto». Dobbiamo ancora a Pedretti la precisa
all’iniziativa voluta da Cassiano dal Pozzo intorno al 1640 e come individuazione dei testi tratti dai fogli originali perduti dei mss. A e B recuperabili
rispettivamente nella prima e nella seconda parte dell’H 227 inf.: ivi, pp. 61-94. Pe-
dretti nota come le altre due parti dell’H 227 inf. siano state descritte per la prima
volta dall’Uzielli nel 1884, poi dal Gramatica nel 1919 e infine dalla Steinitz nel 1958.
124
Nel 1790 Stefano Bonsignori, all’epoca dottore nella Biblioteca Ambrosia- Nel 1957 lo stesso Pedretti (Scritti vinciani…cit., pp. 257-263) aveva individuato nella
na, poi vescovo di Faenza, fornì ad Angelo Comolli per la sua Bibliografia storico- seconda parte dell’H 227 inf. (f. 1r, dal titolo «Come innalzare un albero di nave»,
critica …cit. (III, 1791, pp. 191-192) l’elenco dettagliato dei codici che poco dopo su cui torneremo) un brano tratto da un foglio perduto del ms. B, prefigurando la
sarebbero finiti a Parigi; notizia questa che, come vedremo, risulta assai utile in possibilità che altri brani dell’H 227 inf. fossero stati tratti da fogli perduti: nel 1962
relazione ai rapporti di amicizia esistenti tra Comolli e Corazza. Cfr. C. A mo - lo stesso studioso, a seguito di un lavoro completo di raffronto tra apografo e ori-
retti, Memorie storiche su la vita gli studj e le opere di Leonardo da Vinci, Milano, G. ginali, annuncia di aver individuato altri brani perduti, tratti stavolta dal ms. A; dal
Motta al Malcantone, 1804, p. 132, e G. M anzi, op. cit., p. 8. Comolli si riferisce momento che nell’apografo i brani sono nella stessa sequenza rispetto agli originali,
alla ricostruzione minuziosa della vicenda dei manoscritti fatta dal Du Fresne abbiamo la prova che i testi perduti che si conservano nell’apografo corrispondono
nella premessa al Trattato e dal Mariette nelle sue Pittoriche (II, pp. 171 sgg.); a sua a fogli scomparsi del manoscritto, cioè tra l’86v e il 64v (numerazione inversa data
volta, però, aggiunge agli undici codici donati dall’Arconati, più quello donato dalla stesura vinciana dalla fine verso l’inizio del ms.). Tali brani sono inoltre con-
dal Borromeo, un tredicesimo (in 16°), offerto dal conte Orazio Archinti nel servati in parti barrate del Codice Atlantico (f. 135 r-a, v-a, datato 1490-91) e, come
1674, ossia l’attuale ms. K di Parigi, come si legge dal frontespizio scritto di vedremo, nel Codice Corazza. La Brizio (A.M. Brizio, Correlazioni e rispondenze…
mano dell’allora Prefetto dell’Ambrosiana Pietro Paolo Bosca. cit., pp. 81-89) osserva del resto che ci sono parecchi fogli di questo tipo nel Codice
Capitolo secondo
40
Codice apografo H 227 inf., c. 1637-40, sez. II, c. 1r (da originale perduto), Codice apografo H 229 inf., c. 1637-40, sez. III, c. 35r; studi di ingegneria
illustrazione del metodo «Per drizzare un’albero di nave». Milano, Biblio- idraulica e di prospettiva. Milano, Biblioteca Ambrosiana (da Pedretti)
teca Ambrosiana (da Pedretti)
L’H 229 inf., redatto entro il 1640 e inviato al Barberini, per le spettiva ed altro135. La seconda parte136 contiene i capitoli Del Moto,
esposte considerazioni va dunque ascritto a padre Gallo o all’Alfie- e forza, di meccanica e idraulica, tratti dai ms. A, E, F e mancanti
ri131. L’apografo, che seguì la stessa sorte dell’H 227 inf., è anch’esso nell’H 227 inf.: di essi, i precetti in materia di idraulica si ritrova-
formato da tre ‘libri’132 e reca sul frontespizio un titolo identico a no in gran numero nel trattato Del moto e misura dell’acqua redatto
quello del Codice Corazza133. La prima parte contiene i «Capitoli da frate Arconati137. Infine nella terza parte138, copia della seconda
aggiunti»134, che presentano qui le figure incollate sui fogli e, a mar- parte dell’H 227 inf., si ritrovano i capitoli riguardanti l’ingegneria
gine delle proposizioni, i riferimenti di Dozio all’opera di Manzi, meccanica, l’idraulica, nonché le osservazioni sulla prospettiva e sui
in cui si ritrovano, solo in parte e secondo un diverso ordine, i capi- principali metodi di rappresentazione139.
toli sui modi di rappresentare la natura e i suoi elementi, sulla pro-
135
«Il primo libro di fogli 14 è una miscellanea in cui si parla di prospettiva, di
moto de’ corpi, della testa del cavallo, de’ corpi luminosi e ombrosi; poi seguo-
no alcuni capitoli sul dipingere alberi, stampati da poi, ma con diverso ordine
Atlantico contenenti una prima versione di note sulla pittura poi sviluppate nel ms. e alcune diversità di testo, nel libro VI del Trattato della Pittura edito dal Manzi.
A. Alcuni brani tratti dalla parte mancante del ms. A furono copiati anche da Melzi Questo primo libro è corredato di 26 figure, interposte nel testo e desunte,
nel Cod. Urbinate 1270 e uno di essi anche dal Venturi nel 1796 (Apogr.Venturi 67, credo, dagli originali di Leonardo, ma con abbellimenti: ad alcune mancano le
corrispondente a Ludwig 555, in H 227 inf., f. 48v). Pedretti esclude dalle proprie lettere relative a, b, c, d, ecc.» (G. Dozio, op. cit., p. 29).
tabelle di concordanza la parte III dell’H 227 inf., visto che essa contiene i «capitoli 136
Ff. 21-86.
aggiunti», già oggetto dell’attento studio della Steinitz; egli propone invece le ta- 137
«Il secondo libro di fogli 66 è similmente una miscellanea di idraulica, ottica,
belle di concordanza per la parte II dell’H 229 inf. (mss. A, E, F), che manca nell’H storia naturale, astronomia, ecc., con circa 175 figure; ma i più dei capitoli riguardano
227 inf., in modo da avere un quadro completo delle corrispondenze per tutte le teorie sul moto e misura dell’acque, e sono stampati, ma con notevoli varietà di lezioni,
sezioni, presenti contestualmente, come si vedrà, nel Codice Corazza. nel trattato pubblicato a Bologna nel 1828 dal Cardinali: alcune figure son più esatte
131
Anche questo apografo, in origine presente nella biblioteca di dal Pozzo, giun- in questo codice che in quella edizione, e di più qui hai compiuta qualche lacuna
gerà poi all’Albani e infine all’Ambrosiana, dopo la trasferta parigina. dello stampato. Accenno alcuni altri capitoli a meglio chiarire la varietà delle mate-
132
Uzielli li chiama a-c, più la copia della relazione Mazenta. K. Trauman Stei- rie contenute nel libro: Delle macchie della luna; Dei nicchi dei monti; Dell’arco celeste, Per
nitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della pittura…cit., p. 105. fare la duplicazione del cubo; Del volo degli uccelli; Del sole; Della virtù visiva, ecc.» (G. Do-
133
Il f. 20r reca un titolo a matita quasi illeggibile, decifrato dal Govi: «Trattati zio, op. cit., p. 29). L’autore riporta poi integralmente il capitolo riguardante il canale
e parti di trattati diversi di prospettiva e operat.ni mathem.che di Lionardo da della Martesana, «perché breve e da qualcuno stato o inteso o citato inesattamente».
138
Vinci. Mons. Albrizzi de quelli della Pittura [?] Mons. Camillo de’ Massimi ne Ff. 87-122, con figure acquerellate.
prese la [tre?] copia[e?]». 139
«Il terzo libro di fogli 33 è anch’esso una miscellanea con capitoli di meccanica,
134
Ff. 4-18. di idraulica, di macchine guerresche, di prospettiva, ecc., con più di 100 figure. Po-
Capitolo secondo
42
[…] Ai due codici milanesi già noti non foss’altro perché furono ni nella trascrizione di lettere o legende a corredo, evidentemente
sostituiti agli originali nella restituzione degli autografi rapinati da destinate ad essere corrette in corso di edizione – in più di un caso
Napoleone, si aggiunge ora la copia dell’H 229 inf. che Cassiano Dal possono aiutare a chiarire brani oscuri o poco comprensibili degli
Pozzo fece eseguire per il Cardinale Barberini e che si conserva oggi autografi; senza contare, infine, la possibilità che l’apografo offre di
nella Biblioteca Nazionale di Napoli (segn. H D, 79 149 ). Si sapeva approfondire precetti un tempo presenti in fogli originali perduti.
che il pittore Giuseppe Bossi nel 1810 si era recato a Napoli a copiare Ne consegue tutta l’importanza del Codice che, in linea con l’aulico
un “manoscritto di Leonardo” e che da queste copie G.B. Venturi programma sotteso alla sua redazione, si dimostra per molti aspetti
ricavò alcuni capitoli di cui si servì in una memoria inedita sull’ottica una fonte assai accattivante: non va però sottaciuta la difficoltà di
di Leonardo. Si è potuto ora accertare che si tratta proprio dell’apo- un’analisi più minuta, da svolgersi necessariamente per settori di
grafo Barberini. competenza e che auspichiamo di poter coordinare all’interno di
una futura esperienza di ricerca.
Nel riconoscere l’importanza della segnalazione, dobbiamo pur
osservare come non si tratti, in effetti, di una semplice copia del- Prima di procedere all’analisi generale dei contenuti e a cercare
l’H 229 inf.: dopo Pedretti 150 , sarà la Steinitz a riproporre il Codice quindi le possibili linee-guida che ispirarono la selezione seicente-
all’attenzione degli studiosi, parlando però ancora di una copia sca, descriviamo sinteticamente i dati ‘tecnici’ a nostra disposizione.
dell’apografo ambrosiano151 , e ugualmente farà Vezzosi, in tempi Il manoscritto, databile entro il 1640, è in folio, delle dimensioni di
più recenti, nell’imponente studio a sua cura sul leonardismo tra 220 x 315 mm e redatto ad inchiostro nero con la grafia dell’H 228
Roma e Napoli, in cui i manoscritti vinciani appartenuti a Coraz- inf.; la legatura, come dimostreremo, è opera di Corazza, mentre
za vengono per la prima volta schedati 152 ; infine Pedretti tornerà la coperta esterna risale agli inizi dell’Ottocento155. Il documento
sull’argomento in un interessante contributo del 1996153 . Ma, sino reca su qualche foglio, a margine del testo, brevi annotazioni sei-
ad oggi, non è stata adeguatamente ricostruita l’intera vicenda del centesche e poche altre siglate da Corazza 156 : da queste ultime si
Codice né approfondita la figura di Corazza sulla base dell’inedito comprende immediatamente come l’abate non abbia mai comple-
carteggio della Biblioteca Nazionale di Napoli, della Biblioteca tato la chiosatura del testo, fermandosi ai primi fogli. Ma ciò è del
Comunale dell’Archiginnasio di Bologna e di altre fonti dispo- tutto marginale: l’analisi del documento dovette essere integrale e
nibili. Ora, a partire da quanto abbiamo già accennato sull’ar- approfondita, come dimostrano i «Termini di arte» compilati dallo
gomento in altra sede154 e attraverso un confronto tra il Codice studioso intorno al 1798, che abbiamo trascritto in appendice e
napoletano, gli apografi milanesi – più volte indagati in rapporto più innanzi descriveremo. Il Codice, come i ‘provvisori’ milane-
ai manoscritti vinciani, ma mai fatti oggetto di studi specifici – e si, mostra il carattere di una selezione mirata di argomenti tratti
le più recenti edizioni dei codici originali di Leonardo, potremo da originali databili tra il 1490 e il 1518 e redatti da Leonardo tra
dimostrare il carattere di summa che il manoscritto rappresenta Firenze, Milano e Amboise; la trascrizione appare redatta senza
all’interno dell’intera opera di selezione e trascrizione antologi- alcun riferimento al Trattato della Pittura ma, al contrario, contiene
ca: esso appare redatto con grafia elegante e corredato di disegni molti «precetti» assenti sia in quel testo che nel Codice Urbinate,
fedeli a quelli vinciani, se non, in molti casi, di migliore qualità e tesi, come si è detto, ad ampliare gli ambiti d’interesse al campo
o leggibilità; ciò in relazione sia al pessimo stato di conservazione delle scienze e dell’ingegneria, recando una vastissima messe di
in cui versano gli inchiostri, le matite e i supporti cartacei di quei osservazioni.
taccuini, sia alla scala maggiore adottata nell’apografo e, in molti Vediamo allora in rapida sintesi la struttura del Codice.
casi, ad una più chiara raffigurazione in ribaltamento speculare La prima parte è intitolata, come l’H 229 inf., Copia di capitoli diver-
rispetto alle costruzioni rovesciate di Leonardo. Il corredo grafico si di Lionardo da Vinci circa le Regole della Pittura, e modo di dipingere
non è dunque quello di Melzi, spesso frutto delle sue rielaborazio- Prospettive, ombre, lontananze, altezze, bassezze, d’appresso, e discosto, e
ni, né quello del Trattato della Pittura, realizzato come sappiamo da altro. L’originale de quali dal signor Galeazzo Arconato è stato donato alla
Poussin. Libraria Ambrosiana, e dall’istesso è stata inviata [la copia] all’Em.mo
I testi e le illustrazioni – sebbene gli uni con qualche omissione o S.r Cardinale fran°. Barberino. Sono li sudetti capitoli di più di quelli, che
errata interpretazione lessicale, le altre con sporadiche imprecisio- nell’opera ordinaria de precetti della Pittura si vedono157. Il titolo riprende,
con tutta evidenza, quello ricorrente in numerosi testi ‘abbreviati’
cinque-seicenteschi tratti dal Libro di Pittura di Melzi e contenen-
149
La segnatura corretta è in realtà: BNN, Manoscritti e Rari, XII. D. 79.
150 ti l’«opera ordinaria» che fungerà da base per la pubblicazione del
Il codice è pure segnalato tra i manoscritti della Biblioteca Nazionale di Napoli
da P.O. Kristeller, Iter Italicum, London-Leiden 1963, I, p. 406, sia pure semplice- Trattato della Pittura nel 1651; ma viene anche sottolineato il carattere
mente riportando quanto già riferito dal Miola (cfr. supra). ‘integrativo’ di questi capitoli rispetto a quelli già disponibili. La ‘co-
151
K. Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della Pittura…cit., pp. 107-108.
pia’ inviata al Barberini era l’H 229 inf., mentre il più ampio Codice
Nella scheda relativa al codice napoletano compare anche la segnatura esatta della
Biblioteca Nazionale. Corazza, come vedremo, resterà in casa dal Pozzo.
152
Si veda Leonardo e il leonardismo…cit., pp. 139-142, schede di A.Vezzosi. La col- Questa sezione, dedicata alla rappresentazione e alla ‘costruzione’
locazione indicata nella scheda a p. 139 è di nuovo errata, essendo attribuita al nostro
codice la segnatura XII. D. 80. del paesaggio, ai principi generali di ottica e alla teoria delle ombre,
153
C. Pedretti, I manoscritti ‘inediti’ di Leonardo ricercati da Giuseppe Bossi a Napoli: è divisa a sua volta in due importanti sottosezioni.
autografi o apografi?, in «Achademia Leonardi Vinci», IX (1996), pp. 136-139. Infine è
da segnalare il contributo di M. Rascaglia, I manoscritti di Leonardo e un abate del
‘700, in Aa.Vv., Acqua continuum vitae…il divenire Mediterraneo nel racconto dell’Arte e
155
della Scienza, a cura della Biennale delle Arti e Scienze del Mediterraneo, Salerno, Per ulteriori dati tecnici si veda la scheda relativa al Codice redatta da M.R.
Artecnica Production A.C., 2000, pp. 44 sgg. Grizzuti in Manus online (http://manus.iccu.sbn.it). La coperta, in pelle, decorata
154
Cfr. A. Buccaro, Leonardo tra iconografia e ingegneria nel Codice Corazza: appunti in oro con legatura in vitello marrone alla francese, reca controguardie e relative
dallo studio in corso, in Le città dei cartografi. Studi e ricerche di storia urbana, a cura di C. guardie in carta marmorizzata policroma; sul dorso è presente un tassello in pelle
de Seta, B. Marin, Napoli, Electa Napoli, 2008, pp. 95-105; Id., Ingegneria tra scienza rossa con autore e titolo in oro (“Lionardo da Vinci Le regole della pittura M.S.”).
156
e arte: il Codice Corazza e la permanenza del modello vinciano nella cultura napoletana, Vezzosi è stato il primo a notare la sigla «VC» che accompagna alcune postille
in Storia dell’Ingegneria. Atti del 2° Convegno Nazionale (Napoli, 7-9 aprile 2008), a presenti sul documento. Cfr. Leonardo e il leonardismo…cit., p. 139.
157
cura di S. D’Agostino, Napoli, Cuzzolin Editore, II, pp. 797-809. Consta di 97 pagine, ff. scritti 187.
La prima (che chiameremo I/a, di ff. scritti 35, con grafici inseriti nel di lettere di riferimento introdotte ex novo dal trascrittore. È questa
testo) è tratta, nell’ordine, dai mss. E, A, F158, G (in netta prevalenza, la parte del testo che, come si è accennato, nel 1816 verrà studiata per
con ordine crescente dei fogli), M159, H160 e Trivulziano161 e riguar- i preziosi contenuti in materia di ottica e di teoria delle ombre dallo
da, tra gli altri temi, il significato e la tecnica della prospettiva: essa scienziato reggiano Giovan Battista Venturi attraverso la trascrizione
corrisponde ai citati «Capitoli aggiunti», finora inediti nella loro del nostro Codice eseguita a Napoli da Giuseppe Bossi nel 1810,
selezione, sebbene attentamente studiati da Pedretti e dalla Steinitz, allorché erano ormai a Parigi tutti i documenti dell’Ambrosiana,
i quali, traendoli dagli apografi milanesi, ne hanno analizzato la cor- originali e apografi. In questa sezione, come si vedrà, sono nume-
rispondenza con gli originali di Leonardo e con altri apografi, tra rosi brani tratti da fogli perduti del ms. A di Parigi, che riguardano
cui il Libro di Pittura. La seconda sottosezione (I/b, di ff. scritti 107 e tra l’altro luci e ombre applicate agli interni architettonici: teniamo
21 tavole grafiche tutte a fine testo), intitolata Ombre e Lumi e man- dunque a dare alle stampe il testo su Ombre e Lumi per la prima volta
cante nell’H 229 inf., è tratta (con ordine decrescente dei fogli) dal in forma integrale e con le splendide tavole a corredo nella dimen-
ms. A, dal Codice Atlantico e dal ms. C, donato da Guido Mazenta, sione originale dell’apografo, evidenziandone anche le parti tratte
fratello di Ambrogio, a Federico Borromeo nel 1603 e da questi dagli originali scomparsi.
all’Ambrosiana all’atto della sua fondazione nel 1609162. Significativa La seconda sezione del Codice163 è tratta in ordine discontinuo dai
è, in questa parte del Codice (come di quella corrispondente dell’H mss. B, E, F, G, I, con netta prevalenza dei mss. B (con ordine cre-
227 inf.), la collocazione dei grafici esplicativi al termine della parte scente dei fogli) e F (con ordine decrescente).
scritta e non in sede promiscua come nell’originale, con l’adozione La terza sezione, intitolata Del Moto e Forza164 e mancante nell’H
227 inf., è riferibile quasi per intero al ms. F (con ordine decre-
158
scente) se si eccettua qualche proposizione iniziale tratta da fogli
Si fa riferimento ad un solo foglio di questo manoscritto.
159
Idem ut supra.
dei mss. A ed E.
160
Id. ut supra. Nei contenuti di questi ultimi due ‘libri’ è possibile riconoscere una
161
Id. ut supra. selezione specifica, dedicata rispettivamente all’ingegneria meccani-
162
Al ms. C «De Ombra e lume» si riferisce in particolare Comolli (op. cit., III, ca e all’idraulica; ma in entrambi si possono individuare anche capi-
p. 189), che parla di una trascrizione del testo effettuata intorno al 1780: «In questi
ultimi anni fu copiato per intero, ma senza le figure, ad istanza del P. Abate Venini
Monaco Cisterciense. Di queste notizie, siccome ancora di molte altre, che tra-
scriverò in appresso relativamente ai libri Ambrosiani del Vinci, sono riconoscente
163
al gentilissimo Sig. D. Stefano Bonsignori, che per mezzo, e ad istanza del ch. Sig. Consta di 47 pagine per 92 fogli scritti, con grafici inseriti nel testo.
164
Carlo Bianconi me le ha cortesemente trasmesse». Consta di 82 pagine per 163 fogli scritti, con grafici inseriti nel testo.
Capitolo secondo
44
toli sugli argomenti più vari nel campo delle scienze naturali, della Si comprende quindi l’importanza storica del Codice, ossia il
geofisica, della fisica del moto, dell’idrodinamica, dell’aerodinamica ruolo svolto nel periodo del trasferimento in Francia di tutti gli
e dell’ingegneria civile e militare. Non mancano poi ripetizioni di originali e apografi ambrosiani, oltre alla già notata utilità ai fini
brani tratti dal ms. F, contenenti per la maggior parte capitoli di ot- del recupero dei testi e dell’apparato grafico un tempo presenti
tica che vengono riproposti testualmente nelle due parti o integrati nei fogli sottratti dallo scienziato Guglielmo Libri nel 1830167 ; re-
con nuove «proposizioni». Altri testi, infine, si possono ritrovare nel- cupero condotto per la prima volta da Pedretti con riferimento
la trascrizione di frate Arconati in materia di idraulica. all’H 227 inf.168 , in cui si ritrova, come nel Codice Corazza, la
Il motivo di tante ripetizioni e integrazioni, che confermano quelle trascrizione dei fogli scomparsi del ms. B di Parigi relativi alla
già presenti negli apografi preparatori, potrebbe essere dato dall’e- procedura «per drizzare un’albero di nave» 169 e quella dei fogli
secuzione delle prime trascrizioni su fogli provvisori sciolti, poi se- perduti del ms. A su Ombre e Lumi concernenti, tra l’altro, la rap-
lezionati e trascritti nelle varie parti degli apografi in tempi diversi presentazione di parti architettoniche soggette a differenti condi-
e senza, per il momento, una netta suddivisione per argomenti. Va zioni di illuminazione170 .
invece sottolineato come, sotto l’apparente guazzabuglio di precetti, La struttura antologica assume nel nostro documento un impian-
il modo stesso della selezione di questi ultimi – pur nel rispetto della to che supera decisamente il carattere del semplice ‘zibaldone’.
compilazione vinciana, riconoscibile nella scelta di seguire l’ordine Mentre, come abbiamo visto, i «Capitoli aggiunti» e il testo su
(crescente o decrescente) di quei fogli – avvenga sovente contravve- Ombre e Lumi erano destinati ad integrare i contenuti del testo già
nendo, per interi brani, a quell’ordine con l’andare repentinamente elaborato nell’H 228 inf. per il Trattato della Pittura e pubblicato un
al principio, alla fine o in tutt’altro sito dell’originale: ciò indica la decennio dopo dal Du Fresne, le altre due sezioni appaiono mira-
volontà di giungere ad una stesura organica attraverso un progres- te ad altrettante collazioni nel settore delle scienze e delle tecni-
sivo riordinamento (se mai possibile!) di quello che era ritenuto da che dell’ingegneria, insomma ad un tentativo di ‘ricostruzione’,
Cassiano e dai suoi collaboratori il ‘meglio di Leonardo’ in materia per quanto improbo e parziale, di due di quei trattati – l’uno con
di scienza e tecnica dell’ingegneria, anche sotto l’aspetto dell’ag- prevalente taglio ingegneristico, l’altro fisico-teorico – cui si è
giornamento rinvenibile nei testi vinciani in rapporto alle diverse accennato a proposito dei programmi di Leonardo poi rimasti nel
epoche di stesura. cassetto. Anche l’ordine dato alle sezioni nel Codice napoletano
Se, dunque, si può riconoscere nelle singole parti del Codice una mostra lo scopo multidisciplinare che si intendeva perseguire con
connotazione disciplinare prevalente, molti sono i brani della sele- l’intera selezione.
zione sui temi più disparati atti ad interessare l’artista, lo scienziato Tra i capitoli più significativi nei diversi ambiti, troviamo quelli re-
o l’ingegnere; brani che, introdotti promiscuamente da Leonardo lativi alla teoria della visione e della rappresentazione dell’ambien-
in un medesimo foglio, vengono fatti salvi dal trascrittore. A ben te naturale e dei suoi elementi: dunque, questioni di prospettiva,
guardare, la dissertazione su Ombre e Lumi appare quella dotata di geometria, raffigurazione dell’uomo e del paesaggio, e teoria delle
maggiore organicità (a patto, però, di considerare il carattere ‘da- ombre anche con specifico riferimento agli interni architettonici.
tato’ di una parte di questi precetti, tratti dal Codice Atlantico, il Si indagano poi le scienze fisiche, naturali e applicate alle diverse
più antico degli originali ambrosiani, e, in ogni caso, di integrarli branche dell’ingegneria. In particolare si affrontano importanti temi
con testi sulla stessa materia presenti in altri codici) tanto da essere relativi alle leggi del moto e delle forze, alla statica, all’idrodinamica
considerata nell’Ottocento il risultato di una trascrizione fedele da e all’aerodinamica (il volo degli uccelli), alla geometria e alla fisica
un solo codice originale e non quello di una selezione ragionata terrestre, ma anche applicazioni all’ingegneria civile, militare, idrau-
da più manoscritti. lica e meccanica, non mancando infine di tornare sui principi di
ottica e di prospettiva, integrando (e in qualche caso persino ripe-
Proponiamo di seguito uno schema dal quale si può evincere la tendo) quanto esposto in precedenza.
corrispondenza tra le parti del Codice e quelle dei due apografi Tali argomenti che, verosimilmente, più stimolavano dal Pozzo,
milanesi con riferimento alle singole sezioni di questi ultimi e a appaiono dunque raccolti quali excerpta posti in successione per
quelle in essi mancanti: ‘blocchi’ di precetti su un medesimo tema. Ma un ordinamento
definitivo e organico deve essere risultato sin dall’inizio difficil-
Codice Corazza I/a I/b II III mente raggiungibile senza in qualche modo ‘manipolare’ i testi
H 227 inf. III I II Manca vinciani; cosa che, come ben si comprende, deve avere scorag-
H 229 inf. I Manca III II
Dal prospetto si trae conferma di quanto abbiamo già notato a pro- contributo sugli apografi ambrosiani. Cfr. C. P edretti, Copies of Leonardo’s lost
writings…cit., pp. 76-94.
posito del carattere di completezza che distingue il nostro Codice. 167
Gugliemo Libri Carucci dalla Sommaja (1803-69) fu un insigne matematico
In particolare, notiamo che nell’H 227 inf. manca tutta la sezione (insegnò prima a Pisa, poi al Collège de France a Parigi) ma anche un accanito
più ricca in materia di scienze e di tecnica, mentre nell’H 229 inf. bibliofilo, rendendosi autore di clamorosi furti sia in Italia, presso la Biblioteca
Laurenziana di Firenze, sia presso l’Institut de France, ove, sfruttando la pre-
non c’è la parte su Ombre e Lumi, che tanto appassionerà il Venturi stigiosa carica di Secrétaire de la Commission du Catalogue général des manuscrits des
per i suoi studi di ottica. A margine della trascrizione integrale del bibliothèques publiques de France, fece oggetto delle proprie ‘attenzioni’ i codici
vinciani. Pubblicò importanti opere, tra cui la Histoire des sciences mathématiques
Codice potremo indicare, sulla base dello studio della Steinitz165, le en Italie, depuis la Renaissance des lettres jusqu’à la fin du 17me siecle, Paris, chez J.
concordanze dei «Capitoli aggiunti» con gli originali e con gli even- Renouard et C., 1840. Si vedano in particolare le pagine dedicate dall’autore a
tuali fogli corrispondenti del Libro di Pittura, individuando peraltro Leonardo ivi, t. XIII, pp. 10-57, in cui traccia un quadro sintetico ma circostan-
ziato della vicenda dei mss. vinciani attraverso l’opera del Venturi e i contributi
alcune imprecisioni nei riscontri già noti166. di altri studiosi coevi. Peccato che proprio lui si fosse reso autore, un decennio
prima, dell’incredibile manomissione di quei testi restando, di lì a poco, discre-
ditato per sempre.
168
165
K. Trauman Steinitz, Bibliography never ends…cit., p. 102-103. C. Pedretti, Studi vinciani…cit., pp. 262-263.
169
166
Per le altre parti ci limiteremo a proporre i riferimenti agli originali, seb- Codice Corazza, II, p. 1; H 227 inf., II, f. 1r.
170
bene con alcune precisazioni rispetto a quanto già indicato da Pedretti nel suo Ivi, I/b, pp. 130-139, tavv. pp. 185, 187; H 227 inf., I, ff. 47v-51v, tavv. ff. 81-82.
Che tale collazione sui manoscritti vinciani si sia tentata almeno in va-
rie epoche lo dimostra, a mio avviso, la nota marginale dei codici Ric-
cardiano e Magliabecchiano, la diversità dell’orientamento delle figure
geometriche e umane, alcune varianti caratteristiche, e principalmente
i due codici Ambrosiani [si tratta appunto dell’H 227 inf. e dell’H 229
Codice Corazza, c. 1640, sez. II, p. 1 (da originale perduto), illustrazione
del metodo «Per drizzare un’albero di nave». Napoli, Biblioteca Nazionale inf.] provenienti, come sembra, dalla biblioteca di Dal Pozzo, dove evi-
dente è il lavorìo di miglioramento del testo accorciato, collazionando i
giato persino l’instancabile ministro segretario, compromettendo manoscritti vinciani esistenti a Milano, indipendentemente dal Codice
l’auspicato esito in un’edizione a stampa 171. Urbinate che intanto era rimasto nascosto e dovette aspettare qualche
secolo prima di essere rimesso in giusto valore172.
171
Prima di scendere nei dettagli del testo che più interessano per le varie materie, Nel nostro Codice, come del resto in tutti gli apografi che conten-
teniamo qui a segnalare osservazioni di carattere generale su temi filosofici legati al gono i «Capitoli aggiunti»173, si legge in proposito l’importante nota
senso più profondo della vita o alla forma e struttura del mondo. Così, ad esempio,
in alcuni fogli della terza parte del Codice tratti dal ms. F leggiamo riguardo alla redazionale di padre Gallo, cui abbiamo già rimandato a proposito
figura della terra: «De’ cinque Corpi regolari, contro alcuni Commentatori, che del rigore filologico della trascrizione:
biasmano gli antichi Inventori, donde nascon le Gramatiche, e le Scienze, e fansi
Cavalieri contro alli morti Inventori, e perche essi non han trovato da farsi Invento-
ri per la pigritia, e commodità de libri, attendono al continuo, con farsi argomenti Delle figure ricercate che non si mandano alcune suono pertinenti al
a riprendere li loro Maestri. Dicono la Terra essere tetracedonica, cioè cubica, cioè trattato della notomia delle cose naturali, et altre al trattato de colori
corpo di 6 base, e questo provano dicendo non essere infra corpi regolari, Corpo
di men movimento ne più stabile ch’el cubo, et al fuoco attribuiron il tetracedron, quali trattati suono nelle mani del Re d’Inghilterra, et perciò li capitoli
cioè corpo piramidale, la quale è più mobile secondo questi filosofi, che non è la in tal materia non si son confrontati. L’altri tutti suon confrontati e
Terra: Pero attribuirono essa piramide al fuoco, el cubo alla Terra. Il che se s’haves-
se a ricercare la stabilità del corpo piramidale, e compararla al corpo cubo, senza quanto alla verità del senso, e quanto alla frase del dire, se non quanto
comparazione è più mobile esso Cubo, che la piramide. […] Dico in effetto, che
stando la base del Cubo, e la base della piramide posta sopra un medesimo piano,
che la piramide volterà il 3°. Della sua quantità à sedere sopra l’altro suo lato, el
cubo volterà la quarta parte della sua circuizione a mutar l’altro lato per farsene loro forma e i rapporti reciproci e giungendo così a ragionare dei massimi siste-
base. Seguita […] che il Cubo dà volta intiera con la mutatione de 4 suoi lati sopra mi, sia pure ancora nel rispetto della dottrina neoplatonica e lontano dalle future
un medesimo piano, quando il triangolo, ò ver piramide darà sua volta intiera con acquisizioni della moderna scienza galileiana. Ancor più interessanti sono le con-
tre di suoi lati sopra esso medesimo piano, et il pentagono posera tutti li suoi cinque clusioni, riferite all’aspetto del Mondo visto dai «più remoti» e alle sue possibili
lati, e così quanti più lati ha, più facile ci ha il movimento, perche più s’avvicina alla trasformazioni: «Libro 4°. S’estende à mostrare, come l’Oceano con gl’altri Mari fa
sfera. Adunque io voglio inferire che la piramide, è di più tardo moto, che il Cubo mediante il sole splendere il nostro Mondo à modo di Luna, e à più remoti pare
in consequenza era da mettere essa piramide, e non il cubo per la terra» (ivi, III, ff. stella, e questo provo» (ivi, III, f. XIII). «Ogni grave tende al basso, e le cose alte non
VI-VIII). La frase «Dicono la Terra essere tetracedonica, cioè cubica, cioè corpo di restan in lor altezza, ma col tempo tutte discenderanno, e così col tempo il Mondo
6 base» è stata giustamente riconosciuta da Marinoni come un’autentica svista di resterà sferico, e per conseguenza fia tutto coperto dall’acqua, e le vene sotterranee
Leonardo, ossia una citazione ‘a memoria’, e quindi inesatta, di Alberto di Sassonia: resteranno immobili» (ivi, f. XXXIX).
172
infatti, mentre il tetraedro ha quattro facce, il cubo, o esaedro, ne ha sei. Ma, come E. Carusi, Sulla redazione…cit., pp. 25-26. La ‘nota marginale’ («qui credo l’au-
si è visto nel brano citato, a Leonardo interessava fare un discorso più generale e tore sia scorretto») presente nei codici citati dimostrerebbe lo sforzo interpretativo
polemico contro i detrattori degli antichi. Nel successivo capitolo, dedicato alla non solo di prima mano, ma anche da una trascrizione all’altra, dovendosi intendere
«Figura degl’elementi» del mondo e anch’esso tratto dal ms. F, la teoria dei quattro per il Carusi, nel caso specifico, «l’autore» come «compilatore» del codice.
173
elementi primordiali – terra, acqua, aria e fuoco – viene affrontata analizzando la Ossia il ms. Ganay, il Belt 36, l’H 227 inf. (III, f. 116) e l’H 229 inf. (II, f. 39).
Capitolo secondo
46
all’ortografia, quale nell’originale è un pocho corotta per la scrittura
rovescia e per essere alcuni scritti col lapis smarrito. Nel resto, se vi si
è trovata cosa che paia non faccia senso, o pur qualche parola manca si
è lasciata così per esser conforme all’originale, però da correggersi da
miglior giudizio. Oltre alla gionta che s’è cavata del modo di formar
paesi, et altri capitoli con sue figure che si mandano, si spera di cavar
anche il trattato dell’ombre e lumi, se bene con un poco di tempo174.
174
Segue: «Delle figure che si mandano altre suono appartenenti al trattato da costì 177
F. Camerota, La prospettiva del Rinascimento. Arte, architettura, scienza, Milano,
mandato, che perciò in fronte suono signate con il numero del capitolo proprio, Electa Mondadori, 2006, p. 104.
altre suono appartenenti alla nova aggionta de’ paesi segnate con alfabeto conforme 178
Cfr. P. Galluzzi, Leonardo, Pacioli e Savasorda, in Leonardo e il leonardismo…cit.,
all’alfabeto signato nell’istessa gionta». pp. 74-75. Nel campo della geometria, negli anni del ritorno a Firenze (1500-1506)
175
E.Verga, Intorno alla donazione dei Codici di Leonardo, fatta da Galeazzo Arconati Leonardo si dedicò molto allo studio di Euclide, come si evince dai ms. del pe-
alla Biblioteca Ambrosiana (1637), in «Raccolta Vinciana», I (1905), p. 60. riodo (cod. K di Francia, cod. Madrid II e alcuni ff. del Codice Atlantico). Egli
176
Ivi, pp. 61-62. Negli ultimi fogli dell’H 227 inf. si ritrova copia della memoria di aveva conosciuto a Milano nel 1496 Luca Pacioli, che andò con lui a Firenze nel
Mazenta presente, come abbiamo visto, in originale nell’H 228 inf.: Dozio appunta 1500, venendo impiegato dagli Ufficiali dello Studio fiorentino come Lettore di
sull’apografo (f. 1) che la parte di questa memoria pubblicata dal Venturi non è la matematica e concentrando la propria attenzione proprio sui tredici libri degli Ele-
stessa e che dal Gramatica furono pubblicati i soli ff. 119-124. menti di Euclide: Pacioli dovette contribuire notevolmente con i suoi insegnamenti
all’interesse di Leonardo per la geometria nel suo secondo soggiorno fiorentino. 182
In particolare fu allora che egli si appassionò agli studi in ambito algebrico e ge- F. Camerota, op. cit., pp. 98 sgg.
183
ometrico attraverso il Liber embadorum (libro delle aree) del Savasorda, un ebreo M. Scolari, Il disegno obliquo. Una storia dell’antiprospettiva, Venezia, Marsilio,
spagnolo dell’XII secolo, da cui lo stesso Pacioli trasse notevoli spunti per la sua 2005, passim. Sui tipi e diversi significati della prospettiva in Leonardo, cfr. pure A.
Summa de aritmetica e geometria (Venezia, 1494). Leonardo, che cita l’incipit del Liber Chastel, Leonardo da Vinci…cit., pp. 192-193.
184
nel foglio di Weimar, deve essersi dunque recato nella Biblioteca di San Marco a C.Vecce, L’eredità vinciana nel Cinquecento, in Lumière et vision dans les science set
studiare la versione latina di quell’opera (c. 1140) oggi conservata nella Biblioteca dans les arts, «Hautes Études Médiévales et Modernes», n. 97, pp. 189-190.
Laurenziana. In particolare, a Leonardo devono aver interessato particolarmente le 185
Id., Leonardo, Roma, Salerno Editrice, 2006, p. 429.
tecniche di divisione delle figure. 186
F. Camerota, op. cit., p. 109.
179
A. M arinoni, La biblioteca di Leonardo, in «Raccolta Vinciana», XXII (1987), 187
Ulteriori osservazioni vanno fatte in materia di prospettiva «de’ colori», sulla
pp. 307 sgg. scorta di quanto sottolineato da Pedretti con riferimento ad alcuni precetti del Co-
180
Cit. in C. Amoretti, op. cit., p. 143. dice II di Madrid che non trovano posto nella selezione di Melzi. Cfr. C. Pedretti,
181
F. Fiorani, op. cit., passim. Leonardo da Vinci inedito…cit., passim.
Capitolo secondo
48
Leonardo da Vinci, illustrazioni del De Divina Proporzione di Luca Pacioli Ms. K 53r, c. 1506-1507; studi di «corpi lenticulari». Parigi, Institut de France
(1509) con figure poliedriche
Nel brano collocato, non a caso, proprio all’inizio del nostro apo- nella sua prospettiva adopra in contrio, conciosia, che nelle maggiore
grafo con il significativo titolo «Delle cose eguali, la più remota par distanze la cosa veduta si dimostra minore, e nella distanza minore la
maggiore» e tratto dal ms. E di Parigi (1513-15), Leonardo osserva: cosa par maggiore. Ma questa tale inventione costringe il veditore à star
con l’occhio a’ uno spiracolo, e all hora da tal spiracolo si dimostreran-
La pratica della Prospettiva si divide in due parti, delle quali la prima no bene. Ma poiche molti occhi s’abbattono a’ vedere a’un medesimo
figura tutte le cose vedute dall’occhio in qualunque distanza e questa in tempo una medesima opera perfetta con tal’arte, e solo un di quelli
se mostra tutte esse cose, come l’occhio le vede di minuto, e non è ob- vede bene l’officio della Prospettiva, e gl’altri tutti restan confusi. E gl’è
bligato l’huomo a star più in un sito, che in un altro [...]. Ma la 2a pratica dunque da fuggire tal prospettiva composta, et attenersi alla semplice,
è una mistione di prospettiva fatta in parte dall’arte, in parte dalla Na- la quale non vuol vedere parete in scorto, ma più in propria forma, che
tura, e l’opera fatta con le sue regole non ha parte alcuna, che non sia sia possibile. E di questa prospettiva semplice della quale la parete taglia
mista con la prospettiva naturale e con la prospettiva accidentale. Con la le piramidi portatrici delle specie all’occhio egualmente distanti dalla
prospettiva naturale, intendo esser la parete188 piana, dove è tal prospet- virtù visiva, ciò ne da sperienza la curva luce dell’occhio, sopra la quale
tiva effigiata, la qual parete ancora che ella sia di longhezza, e d’altezza tali piramidi si tagliano egualmente distanti dalla virtù visiva189.
paradella, ella è costretta diminuire le parti remote, più, che le sue parti
prime. Con la prospettiva naturale, intendo esser la parete piana, dove è
tal prospettiva effiggiata, la qual parete ancora che ella sia di longhezza,
e d’altezza paradella, ella è constretta diminuire le parti remote, più, che 189
Codice Corazza, I/a, pp. 1-2. Cfr. pure Libro di Pittura…cit., pp. 407-463.
le sue parti prime […], e la sua diminutione è naturale; e la prospettiva Nelle carte di G. Bossi (Bibl. Ambrosiana, Fondo Bossi, S.P. 6/13 E, sez. B, n. 1,
f.lo g, f. 59), tra gli appunti da lui tratti dal Codice Trivulziano, si leggono le
accidentale, cioè quella che è fatta dall’arte fa il contrario in se poiche seguenti proposizioni: «Prospettiva. Domandasi a tè Pittore perché le figure da
cresce nella parete scortata tanto più li corpi, che fra loro sono eguali, te fatte in minuta forma per dimostrazione di Prospettiva non pajono in pari
quanto l’occhio è più naturale, è più vicino alla parete, e quanto la parte dimostrazione di distanza grandi quanto le naturali levate di pari grandezza
alle dipinte sopra la pariete? E perché le cose apparenti in piccola lontananza in
d’essa parete, dove si figura è più remota dall’occhio, […] il che natura pari distanzia appajono maggiori che’l naturale?». «Pittura. Le cose di rilievo da
presso viste con un solo occhio parran simili ad una perfetta pittura». In materia
di «virtù visiva» si veda anche A.M. Brizio, Scritti scelti di Leonardo da Vinci, To-
rino, UTET, 1966, pp. 160-246, 397-405, in cui si citano i brani più significativi
188
S’intenda il quadro prospettico. sull’argomento tratti dai mss. vinciani.
Dunque, oltre ai tre tipi di prospettive già ricordati, Leonardo ne apparir assi il 2° maggiore esser circondato al minore. Le cose 2e. non
definisce altri, ossia la «naturale» e la «accidentale», prefigurando fiano mai di tanta grandezza, che le prime minori, non le occupino, e
la distinzione tra la prospettiva sul piano oculare curvilineo, per la circondino191. […] Quella cosa che è più appresso all’occhio, sempre
quale parte dall’antica pratica delle correzioni ottiche e dall’ottica apparisce maggiore, che un’altra di pari qualità, che sia più distante192.
medievale, e quella «fatta dall’arte», con le sue sorprendenti applica- […] Se tu non vuoi fare, che gli huomini, che riguardano la tua opera
zioni, tra cui l’anamorfosi190. stiino a un sol punto, tirati indietro con l’occhio, quando figuri la tua
Altri precetti dei «Capitoli aggiunti» riguardano fenomeni di perce- opera, almeno 20 la maggiore altezza, e larghezza della tua opera; e
zione visiva in relazione alla posizione e distanza degli oggetti dall’os- questa farà nell’immutar l’occhio del Risguardatore sì poca varietà, che
servatore e le conseguenti scelte in materia di rappresentazione: à pena si comprenderà, e fia assai laudabile193. […] Se vuoi fare in su un
Muro storto una figura, che paia in propria forma, e spiccata da esso
Niuna 2a. cosa fia tanto più bassa che la prima, che stando l’occhio di Muro, farai in questo modo. Fa’ d’havere una sottile piastra di ferro, e
sopra, la 2a. non li paia più alta, e quella cosa 2a. non fia tanto più alta, fagli un piccolo spiracolo nel mezzo, il quale sia rotondo, et accostaci
che la prima, che stando l’occhio di sotto non paia la 2a. sotto la prima. un lume in modo che lo tocchi nel suo mezzo, di poi poni quel corpo,
Se l’occhio riguarderà il 2° quadrato per lo centro del minor più vicino, ò figura, che più ti piace à detto Muro in modo, che lo tocchi, e segna
la sua Ombra in detto Muro, e poi la ombra, e dagli i suoi lumi, e fa, che
quello, che vorrà veder detta figura stia à quello medesimo spiracolo,
190 dove stette in prima il lume, e non ti potrai mai persuadere, che detta
F. Camerota, op. cit., pp. 116-117. Altri testi di approfondimento sui tre tipi di
prospettive, rinvenibili nel ms. A (1490-92), non vengono trascritti nei «Capitoli figura non sia di spiccata dal muro194. […] Le cose di rilievo d’appresso
aggiunti» essendo già inseriti, in gran parte, nel testo del Trattato della Pittura da pub- viste con un sol occhio parran simili à una perfetta pittura195.
blicare: cfr. ms. A, ff. 1r-3r, 8v-11r, 23r, 27r, 28v, 36v, 38v, 41r-v, 103r, 105v, riportati da
A.M. Brizio, Scritti scelti…cit., pp. 181-187, 213, 218-219. Tra essi il seguente: «Come
sono di 3 nature prospettive: la prima s’astende intorno alle ragioni del diminuire (e In altri passi il genio vinciano giunge davvero a ‘dipingere con la
dicesi prospettiva diminutiva) le cose che s’allontanano dall’ochio; la seconda con- penna’, rivelando le proprie doti anche in materia di estetica del
tiene in sé il modo del variare i colori che s’allontanano dall’ochio; la terza e ultima
s’astende alla dichiarazione come le cose devono esser men finite, quanto più s’al- paesaggio:
lontanano; e’ nomi sono questi: prospettiva liniale, prospettiva di colore, prospettiva
di spedizione» (f. 98r). Più avanti, riguardo in particolare alla prospettiva «aerea», si
legge: «Ecci un’altra prospettiva, la quale chiamo aerea imperò che per la varietà Li Paesi fatti nella figuration del Verno, non debbon dimostrar le sue
dell’aria si può cognoscere le diverse distanzie di vari edifici terminati ne’ loro montagne azzurre, come far si vede alle Montagne dell’Estate […]. In-
nascimenti da una sola linea, come sarebbe il vedere molti edifici di là da un muro
che tutti apariscono sopra alla stremità di detto muro d’una medesima grandezza,
fra le Montagne vedute in lunga distanza quella si dimostrerà di color
e che tu volessi in pittura fare parere più lontano l’uno che l’altro; è da figurare più azzurro, la qual sia di color più oscuro […]196.
un’aria un poco grossa […] Adunque farai sopra ‘l detto muro il primo edificio del
suo colore; il più lontano fàllo meno profilato e più azzurro, quello che tu voi che
sia più in là altretanto, fàllo altretanto più azzurro […]: e questa regola farà che gli Ancora, trattando degli «Aspetti de’ Paesi», il nostro osservatore di-
edifizi che sono sopra una linea parranno d’una medesima grandezza, chiaramente mostra la massima acutezza e quella capacità unica di vedere ad oc-
si conoscerà qual è il più distante e qual è maggiore che li altri» (f. . 105v). Cfr.
pure Libro di Pittura…cit., pp. 249-250. Altrove, come nel f. 13v del ms. G (1510-15), chio nudo ciò che, per noi ‘normali’, a stento è visibile con l’aiuto
riportato nella seconda parte del nostro apografo (f. 51), egli distingue: «La semplice degli strumenti:
prospettiva è quella che è fatta dall’arte sopra sito equalmente distante dall’occhio,
con ogni sua parte. Prospettiva composta è quella, che è fatta sopra sito, il quale con
nessuna sua parte è equalmente distante dall’occhio». È quanto del resto si ritrova, Quando il sole è all’oriente, tutte le parti alluminate delle Piante
con maggiore chiarezza, nella nota «Della prespectiva naturale mista cholla prespec- son di bellissima verdura, e q.° accade perche le foglie alluminate
tiva accidentale» del Codice Arundel (f. 62r), in cui Leonardo precisa: «Prespectiva
naturale divide chosì delle cose d’egual magnitudine la più remota si dimostra dal sole dentro alla metà dell’orizzonte, cioè la metà orientale, son
minore e de chon uso la più propingua si dimostra maggiore a tal proportione è trasparenti 197.
da diminutione ad diminutione quale è da distantia ad distantia. Ma la prespectiva
accidentale pone le chose inequali in varie distantie riservando la minore più vici-
na all’ochio che la maggiore chon tal distantia che essa magiore si dimostra essere Come nota Pedretti, Leonardo, prima di trasferirsi da Firenze a
minore di l’altre ed di questo è chausa il muro dove tal dimostratione è fighurata, il Milano nel 1482, realizzò nel 1473 quello che si può considerare il
quale a distantia inequale dall’ochio in ogni sua parte della sua lunghezza acquista
tal diminutione del muro e naturale, ma la prespectiva in esso figurata è accidentale, primo paesaggio nella storia dell’arte italiana, ossia la veduta della
perché in nessuna parte non si acchorda cholla vera diminutione del decto muro,
onde ne risulta che removendosi alquanto l’ochio dessa prespectiva risghuardatore
ogni cosa fighurata appariscie mostruoso, il che non ne interviene nella prespectiva
naturale la quale è difinita di sopra e così dunque diremo il quadrato abcd fighu- 191
Codice Corazza, I/a, pp. 6-7.
rato di sopra essere un quadrato inscorto veduto dall’ochio situato in mezzo della 192
Ivi, pp. 10-11.
largheza che à la sua froncte. Ma la prospettiva accidentale mista cholla naturale fia 193
Ivi, p. 11.
trovata nel quadrato decto, cioè efgh, il quale à apparere all’ochio, che lo vede si- 194
mile al abcd stante l’ochio fermo nel primo sito infra cd e questo si dimosterrà fare Ivi, pp. 12-13.
195
buono effecto, perché la perspectiva naturale del muro fa che tal muro ochultare il Ivi, p. 34.
196
mancamento di tal mostruosità». Cfr. pure A. Agostini, Le prospettive e le ombre nelle Ivi, pp. 4-5.
197
opere di Leonardo da Vinci, Pisa, Domus Galilaeana, 1954, pp. 40-41. Ivi, p. 27.
Capitolo secondo
50
mostra più confuso, il quale è più remoto da terra; e questo nasce per-
ché più nebbia è infra l’occhio e la cima dell’edificio, che non è dall’oc-
chio alla sua basa. La torre parallela veduta in lunga distanzia infra la
nebbia si dimostrerà tanto più sottile, quanto ella fia più vicina alla sua
basa. Questo nasce per la passata [proposizione], che dice: La nebbia si
dimostra tanto più bianca e più spessa, quanto ella è più vicina alla terra,
e per la 2a di questo, che dice: La cosa oscura parrà di tanta minor figura
quanto ella fia veduta in campo più di potente bianchezza. Adunque,
essendo più bianca la nebbia da piedi e da capo, gli è necessario che la
oscurità di tale torre si dimostri più stretta da piedi che da capo[…]201.
Della veduta d’una Città in aria grossa. L’occhio, che sotto di se vede la
città in aria grossa, vede le sommità degli edifizi più oscuri, e più noti,
che il loro nascimento, e vede le dette sommità in campo chiaro, perche
vede nell’aria bassa, e grossa […]202.
Li edifici veduti in lunga distanzia di sera o mattina in nebbia o aria
grossa, solo si dimostra la chiarezza delle lor parti aluminate dal sole,
che si trova inverso l’orizzonte, e le parti delli detti edifici che non
son vedute dal sole restano quasi del colore di mediocre oscurità di
nebbia[…]203.
Bello spettacolo fa il sole quando è in ponente, il quale alumina tutti li
alti edifici delle città e castella, e gli alti alberi delle campagne, e li tinge
del suo colore; e tutt’il resto da lì in giù rimane di poco rilievo, perché,
essendo solamente aluminato dall’aria, essi hanno poca differenzia dalle
loro ombre ai loro lumi, e per questo non ispiccano troppo […]204.
Quando il sole è all’oriente, e l’occhio sta sopra il mezzo di una città,
esso occhio vederà la parte meridionale d’essa città aver li tecti mezzi
ombrosi e mezzi luminosi, e così la settentrionale; e la orientale fia tutta
ombrosa, e la occidentale fia tutta luminosa205.
201
vallata dell’Arno presa da Monte Albano verso il padule di Fucec- Ivi, p. 326.
202
Ivi, p. 322.
chio198: la rappresentazione si avvale di una resa ‘impressionistica’ di 203
Ivi, p. 326. Allo stesso tema si riferisce l’osservazione (ibidem): «Quella parte del
derivazione fiamminga molto simile a quella ritrovabile nella coeva vicino edificio si mostra più confuso, il quale è più remoto da terra; e questo nasce
veduta di Firenze detta ‘della catena’ di Francesco Rosselli (1472). Si perché più nebbia è infra l’occhio e la cima dell’edificio, che non è dall’occhio alla
sua basa. La torre parallela veduta in lunga distanza infra la nebbia si dimostrerà
sa del resto, dai precetti sul «ritrar siti e paesi» presenti nel Libro di tanto più sottile, quanto ella sia più vicina alla sua basa». Nel Codice Arundel (f.
Pittura, che Leonardo raccomandava la pratica della ripresa dal vero, 169r) troviamo sullo stesso argomento: «Li edifizi inver ponente, sol si dimostra la
lor parte luminosa, poi che ‘l sol si scopre; e ‘l resto le nebbie lo occultano. […]
da eseguirsi anche con l’uso del prospettografo, concepito come una Quanto più l’aria sarà grossa, li edifizi delle città e li alberi delle campagne parranno
vera e propria macchina fotografica199. più rari, perché sol si mostreranno e più eminenti e grossi». E nel Codice Atlantico
Tutto ciò va integrato con i «precetti» del Libro di Pittura in ma- (f. 130v-b): «Perché le torri e campanili in lunga distanzia, essendo di grossezza
parallela, paian piramidali, di piramide sottosopra. Questo nasce perché l’aria che
teria di percezione del costruito e del paesaggio urbano, che sarà più s’abbassa, essendo grossa e nebbiosa, più occupa; e quell’obbietto che più è oc-
utile riportare per un quadro esaustivo del contributo di Leonardo cupato, più cela la notizia de’ sua stremi; onde la notizia dell’obbietto resta inverso
la sua linia centrale».
su questo tema: 204
Libro di Pittura…cit., p. 333.
205
Ivi, p. 451. Sul tema dell’orizzonte in Leonardo, cfr. gli interessanti contributi
Quella parte dell’edificio sarà manco evidente, che si vedrà in aria di V. Valerio, Leonardo, Leopardi e i loro «orizzonti», in Leonardo, genio e visione in
terra marchigiana, catalogo della mostra, Ancona 2005, a cura di C. Pedretti, Foligno,
di maggior grossezza; e così de converso sarà più noto che fia ve- Cartei e Bianchi Editori, 2005, pp. 119-121; Id., L’Orizzonte e l’Infinito in Leonardo,
duto in aria più sottile. Adonque l’occhio n, vedendo la tor- in Ikhnos. Analisi grafica e storia della rappresentazione, Siracusa, Lombardi, 2005, pp.
re ad, esso ne vedrà in ogni grado di bassezza parte manco nota e 11-40. Interessante poi è quanto si legge tra gli appunti di Bossi (Bibl. Ambrosiana,
Fondo Bossi, S.P. 6/13 E, sez. B, n. 1, f.lo g, f. 60): «Le seguenti osservazioni […], che
più chiara, et in ogni grado d’altezza parte più nota e men chiara200. appartengono alla materia del Trattato della Pittura, furono scritte da Leonardo con
Dell’altezze delli edifici visti nelle nebbie. Quella parte del vicino edificio si matita rossa dietro un disegno rappresentante un piede di donna. Questo disegno
può vedersi nella Galleria portatile regalata all’Ambrosiana dal Padre Resta». Vi
leggiamo tra le altre proposizioni: «Meglio si spedisce la sommità delli monti, e
dell’alti edifizj nelle nebbie e arie grosse, che i loro principj, e in ogni grado di
198
Libro di Pittura…cit., p. 15. Disegno conservato agli Uffizi. altezza acquistano grado di oscurità».
199
Pure significativi sono i brani dei «Capitoli aggiunti» riguardanti le proporzioni 206
Ad esempio, in brani trascritti dai mss. G, F e I compaiono altre interessanti
individuabili nei caratteri anatomici e i conseguenti metodi di rappresentazione «Proposizioni di prospettiva»: «In frà le cose simili, et equali poste l’una doppo l’altra,
dell’uomo e del cavallo, e in particolare della figura umana in movimento, ma an- con una data distanza si dimostrerà maggior differenza nelle lor grandezze, quanto
che il modo di raffigurare i «vestimenti» con le loro pieghe, per i quali Leonardo esse saranno più vicine all’occhio che le vede; et così di converso si dimostreranno
mostrerà sempre particolare interesse nei suoi disegni e dipinti. infra loro di men varietà di grandezza, quanto esse sono più remote dal predetto
200
Libro di Pittura…cit., p. 321. occhio» (Codice Corazza, II, p. 46); «Delle cose equali tal proporzione è da gran-
Capitolo secondo
52
Ms. A, f. 38r, c. 1490-92; studi di prospettiva. Parigi, Institut de France Ms. C, f. 2r, c. 1490; studi di prospettiva. Parigi, Institut de France
inizi del XX secolo, come dimostrano l’edizione di Angelo Borzelli dimostrazioni in materia de’ luminosi raggi, par non si curi nell’istesso
del 1913 e quella francese del 1910, in cui alle illustrazioni dell’editio caso delle dimostrazioni degli ombrosi, et per il contrario mentre tratta
princeps viene data la medesima importanza dei grafici originali del delle ombre, mostrasi non curante de lumi e similmente alle volte par
Libro di Melzi. mancante nel citar la terza decima, l’ottava, la quarta, et il simile nel
Il carattere complementare del testo in esame rispetto a quello del primo, secondo, ò terzo libro, non havendo ancora essi libri ordinato.
1651 è confermato dalla nota redazionale posta alla fine del testo, da Può il Lettore non dimeno aggiungere alle proposizioni le sue conver-
attribuirsi peraltro direttamente alla volontà di Cassiano dal Pozzo se, et nel medesimo modo proporzionalmente discorrere de’ lumi, e
di rendere evidente al lettore, e segnatamente al cardinale Barberi- dell’ombre, et le citate proposizioni supponere al suo loco […]217.
ni, la fedeltà della trascrizione; essa mostra come, in questo caso, il
ministro pontificio non prevedesse ulteriori elaborazioni delle ‘basi’ In questi «precetti» Leonardo formula tra il 1480 e il ‘92 – sebbe-
fornite dai frati impegnati presso l’Ambrosiana, affidando piuttosto ne come al solito in forma incompleta e disordinata – importanti
al lettore ogni approfondimento o riordinamento delle «proposizio- considerazioni in materia di ottica, fotometria, catottrica e teoria
ni» in materia: delle ombre, distinguendo le diverse condizioni ed effetti dell’illu-
minazione: la trattazione, secondo quanto da lui previsto, si sarebbe
Dovendosi unire il presente trattato de lumi, et ombre al trattato del-
la pittura già benissimo ordinato, non se gli è dato nel transcriverlo
altr’ordine, che quello, che la confusione de libri, et il capriccioso, ò per
217
dir meglio misterioso disordine dell’Autore ha somministrato. Non s’è In alcuni casi, a margine del testo si trovano chiose riguardanti proposizioni
«contrarie, e converse», attribuibili a Cassiano dal Pozzo, assumendo egli stesso,
potuto per questo mancare di porre nel fine della presente selva due in un certo senso, il ruolo destinato al lettore nella nota citata. Nella sua trascri-
divisioni proposte dal medesimo Autore nella presente materia, acciò si zione dal Codice napoletano, su cui più avanti ci soffermeremo, Bossi appunterà
dalla nota redazionale questo breve testo: «Volendosi unire questo Trattato a
comprenda l’intenzione di quello. Come ancor benissimo si potrà co- quello di Pittura, non se gli è dato l’ordine che porta il Libro già ben ordinato
noscere, che se bene egli non hebbe espressamente per estenso scritto della Pittura, ma si è copiato com’era. Avvertasi che le Proposizioni de’ raggi
tutto quel tanto che alla perfezione di questo trattato si richiederebbe, luminosi debbono egualmente applicarsi ai raggi ombrosi e viceversa. Ogni
proposizione secondo lo stile di Leonardo debbe avere la sua conversa. A questo
hà nondimeno egli con bonissima arte esposto tanto, che l’Ingegno del medesimo Trattato appartengono i capitoli dal n. 75 all’88 del Trattato stampato
lettore possa à pieno arrivare alla cognizione insino all’ultima verità. della Pittura». A sua volta il Venturi scriverà nella sua copia tratta da quella di
Bossi: «Questo trattato al pari degli altri scritti di Leonardo non ebbe la sua
Et se egli se non ad alcune poche proposizioni pone le loro contrarie, prefazione da lui. […]». Cfr. G.B. De Toni, G.B. Venturi e la sua opera vinciana.
e converse, non curandosi di aggiungere a ciascuna la sua; se facendo Scritti inediti e l’Essai, Roma, P. Maglione e C. Strini, 1924, p. 60.
Capitolo secondo
54
materia di scienze ‘pure’, come ad esempio l’idraulica, che trove-
remo trattata in maniera sistematica nell’ultima parte del Codice,
mostra piuttosto l’intento di giungere ad un’esemplificazione della
ricerca vinciana applicata ai vari campi dell’ingegneria, sceglien-
done i precetti più significativi. In particolare, in questa sezione è
riconoscibile un filo conduttore nell’ingegneria meccanica, che ne
occupa la parte più consistente.
Va pure notato come alcuni precetti tratti dal ms. F, in maggio-
ranza relativi all’idraulica, si ritroveranno anche nella terza parte
dell’apografo; molti altri, sulla stessa materia, vengono ovviamen-
te ripresi nel codice di frate Arconati sul moto e misura dell’acqua.
Ciò si spiega con l’intento di rendere in qualche modo autono-
me le diverse trascrizioni, offrendo all’interno di ciascuna, anche
a costo di qualche tautologia, le proposizioni giudicate di volta in
volta più utili dal selezionatore, nel primo caso a supporto delle
applicazioni di ingegneria, nel secondo nel contesto più ampio
delle scienze pure, nel terzo in relazione agli intenti ‘monodisci-
plinari’ dell’Arconati. Insomma cominciano ad essere chiari gli
aggiustamenti progressivi adottati nel corso dell’operazione con-
dotta da dal Pozzo ai fini dell’elaborazione di testi dotati, nei li-
miti del possibile, di una propria coerenza rispetto a temi specifici.
Quella «nobilissima scienzia strumentale over machinale» che è la
meccanica tecnica è la vera passione di Leonardo, campo in cui, pur
riprendendo, in tutto o in parte, gli studi e le applicazioni di Taccola
e di Francesco di Giorgio, in alcuni casi giunge ad enunciati tali da
anticipare, almeno nell’intuizione, le grandi scoperte di Galilei228.
Sono numerose le macchine illustrate in questa parte del Codice,
in più di un caso con un approfondimento descrittivo non ritro-
vabile in alcuno dei numerosi taccuini quattrocenteschi disponibi-
li all’epoca sugli stessi temi; un’accuratezza nell’illustrazione delle
soluzioni meccaniche che è seconda solo alla dovizia di dettagli
presente in alcuni fogli del Codice Atlantico o in quelli sugli «ele-
menti macchinali» del Codice I di Madrid: troviamo così pompe
Codice Atlantico, f. 9r, c. 1508; studi di ottica. Milano, Biblioteca Am- e strumenti idraulici, mantici, ingegnose artiglierie, motori ‘antifri-
brosiana zione’, macchine laminatrici, bilance, cavafondi, draghe, il famoso
«carro di commodo movimento» – il cosiddetto «carro facile», con
dal 1508, studia le lenti, opponendosi ai pregiudizi dei filosofi, e ap- l’asse appoggiato sull’intersezione di due ruote girevoli, antenato
profondisce le norme per correggere la miopia e la presbiopia con dell’automobile – e persino una macchina idraulica per generare
l’uso degli occhiali: essendosi da tempo riproposto di fare «ochiali quel moto perpetuo che alla fine egli riconoscerà di non aver mai
da vedere la luna grande»225, egli deve aver costruito effettivamente il raggiunto229. Per tutte le macchine Leonardo accenna, sebbene in
cannocchiale, precorrendo gli studi di Della Porta e di Galilei226 con maniera ancora superficiale, ai problemi di attrito e cerca i modi per
quell’«occhiale di cristallo» indicato nel f. 25 r del ms. F, che ricorre eliminarne le resistenze: studia il corretto proporzionamento degli
ben due volte nel nostro apografo227, dopo essere stato annunciato elementi meccanici in rapporto ai materiali di cui sono fatti e alla
in un piccolo disegno del Codice Atlantico, con la scritta: «pon l’oc- potenza del motore che li muove; affronta infine il problema dell’u-
chio a un cannone». sura delle parti, come ad esempio dei cosiddetti ‘perni di spinta’230.
Ma non è solo l’importanza e l’utilità delle applicazioni meccani-
Giungiamo così alla seconda parte del Codice, in cui i capitoli di che che ci colpisce in questi fogli, come del resto negli altri codici
ottica, percezione visiva e rappresentazione, che integrano i pre- vinciani: è il metodo di raffigurazione e descrizione dei conge-
cetti contenuti nelle due sezioni della prima parte, occupano quasi gni che, come si sa, rappresenta l’assoluta novità del contributo
l’intera seconda metà del testo. Ma la prima costituisce un corpus di Leonardo alla meccanica tecnica. Tranne che per Francesco di
assai più organico, formato da capitoli tratti in massima parte dai
mss. B e F, dedicati a macchine di varie specie, a ‘ingegni’ idrauli-
ci, a raffinate osservazioni e applicazioni nel campo dell’ingegne- 228
B. Gille, Leonardo e gli ingegneri del Rinascimento, Milano, Feltrinelli, 1972, p. 46.
229
ria edile, meccanica, militare e portuale, che risalgono agli anni Con riferimento alla ricerca di Leonardo in materia di fisica generale e di mec-
canica, Pedretti (cfr. C. Pedretti, Leonardo dopo Milano, in Leonardo e il leonardismo…
1490-1515. Qui il compilatore, lungi dal proporre una selezione in cit., p. 43) cita un appunto del 1499 presente nel Codice Atlantico (f. 289, ex 104r-b),
in cui si legge: «a dì primo d’agosto 1499 scrissi qui de moto e peso». Si veda pure
ivi, pag. 73, schede di Pedretti sul f. 103.5r (ex 370 v-b) del Codice Atlantico e sul f.
48v del ms. I, entrambi del 1497 e relativi agli studi per una laminatrice; il secondo è
225
Codice Atlantico, f. 190 r-a. trascritto in Codice Corazza, II, p. 25. Cfr. pure sull’argomento A.M. Brizio, Scritti
226
D. Argentieri, op. cit., pp. 405 sgg. È noto come Della Porta nel 1609, in una scelti…cit., pp. 251-279, 341-364.
famosa lettera a Federico Cesi, fondatore dell’Accademia dei Lincei, criticasse l’in- 230
G. De Toni, Studi di meccanica in Leonardo da Vinci. La trasmissione del moto, in
venzione di Galileo, attribuendosene il merito. Aa.Vv., Leonardo nella scienza e nella tecnica, Atti del simposio internazionale di storia
227
Codice Corazza, II, p. 40; III, pp. cxxxx-cxxxxi. della scienza, Firenze-Vinci, 23-26 giugno 1969, Firenze, Giunti, 1969, pp. 91-99.
Giorgio, la macchina è sempre stata per i ‘meccanici’ – da Kyeser importanti risultati nel periodo romagnolo (1500-03)231, potendosi
a Taccola a Valturio, e persino per quelli che verranno, come Ra- ritrovare studi analoghi anche nel Codice Atlantico. Così ad esem-
melli, Zonca, Lorini, Besson – qualcosa di riservato ad artigiani pio troviamo la «Flamea», sorta di palla infuocata da tirare con un
specialisti, di difficile descrizione e, più ancora, rappresentazione. sistema a fionda, specie nelle battaglie navali:
Leonardo la analizza e descrive in tutte le sue parti, intese come
singoli elementi cinematici, e la tratta da artista e divulgatore, Callimaco Architetto fu il primo che l’insegnò a’ Romani, da’ quali
come se i fogli dedicati a questi congegni dovessero servire agli fu poi molto usato, et masimi da Leone Imperatore quando li popoli
esecutori per la realizzazione dei vari pezzi del meccanismo; egli orientali contra di Costantinopoli venero con infinito numero di Navi,
perfeziona macchine esistenti e ne propone di nuove, credendo le quali da questa matteria furono tutte abbrugiate232. [E ancora] Dice
fermamente nella loro utilità per ottenere un lavoro con la mas- Lucano, che Cesare, fatto gettar questo fuoco con le Lampade infra le
sima economia delle forze dell’uomo e, viceversa, il massimo le- Navi de Ceruschi Popoli di Germania, abbrugiò non che le Navi mà
cito sfruttamento di quelle disponibili in natura: oltre ai muscoli, l’edificij edificati su la ripa del mare233.
quindi, l’acqua, l’aria calda, il vento. Su questa scia, sovente l’en-
tusiasmo lo porta a proporre congegni ancora irrealizzabili a quei Altre simili armi sono illustrati in queste pagine, denominate «Filo-
tempi, come la macchina volante o il sommergibile, ma che egli croto», «Arzilla», «Crucida», «Lampade», diversi tipi di bombarde e
sa che un giorno sarà possibile creare. Senza alcuna remora, l’im- proiettili esplosivi, utili anche per l’assalto ai bastioni.
pegno nel campo della meccanica applicata ha per lui pari dignità Un notevole interesse si nota in questi fogli anche nel campo del-
e importanza di quello di artista, tanto è vero che tali attività la statica e della scienza delle costruzioni. Qui Leonardo davvero
si svolgono sovente in ambienti tra loro attigui, come quelli del precorre Galilei, il quale invece ignorerà i suoi studi a causa della
suo studio in Belvedere a Roma. I più importanti meccanici del dispersione dei manoscritti dopo la morte del maestro. Sappiamo
Cinquecento e del Seicento devono molto alla tecnica vinciana: come questi analizzi in più occasioni le travi e i «sostentaculi» di-
con lui, l’approccio e la metodologia di ricerca nella meccanica versamente vincolati e caricati, e calcoli la loro flessione e resistenza,
applicata cambiano totalmente corso. anche a carico di punta, sia pure non conoscendo la teoria matema-
Nel campo della tecnica militare troviamo in questa parte del Co- tica dell’elasticità (formulata tre secoli più tardi) e basandosi quindi,
dice numerosi studi di micidiali ordigni da fuoco tratti dal ms. B e per giungere al valore della resistenza, su un metodo induttivo di
relativi al periodo in cui, lavorando come «ingegniarius et pinctor» semplice confronto tra strutture di diverse dimensioni e materiali.
per gli Sforza (1483-99), Leonardo si dedica maggiormente ai pro- Proprio dagli scritti vinciani in materia di statica e di strutture ela-
blemi della difesa e dell’offesa, studiando le armi antiche descritte stiche Venturi trarrà brani preziosi, sui quali Nando De Toni osserva:
nel citato De re militari di Valturio: anche in questo caso egli ripro- «Ora agli studiosi è offerta la possibilità di maggiormente appro-
pone, spesso persino identicamente, strutture, macchine e congegni fondire le ricerche sulle intuizioni precorritrici di teorie, relative ad
rinvenibili in Taccola, in Francesco di Giorgio o in Aristotile Fio- esempio al ‘cilindro incurvato’ od alla ‘trave inflessa’, come potrem-
ravanti; ma, ancora una volta, l’approfondimento delle peculiarità
di ogni macchina, delle funzioni ad essa affidate e delle parti atte a
svolgerle, nonché il modo di rappresentarle e quindi di divulgarle, 231
I. Calvi, L’ingegneria militare e le armi, in Aa.Vv., Leonardo da Vinci, cit., pp. 275-305.
costituiscono novità assolute, dando vita ad una linea di ricerca 232
Codice Corazza, II, p. 13.
originalissima, che Leonardo porterà avanti con grande passione e 233
Ivi, f. 14.
Capitolo secondo
56
Al di là del carattere contorto del testo, si comprende come Leo-
nardo affronti qui il tema dell’arco con riferimento all’applicazio-
ne al caso di una centina lignea tanto solida quanto, diremmo noi,
iperstatica. Le osservazioni appaiono condotte in maniera ancora
intuitiva per quanto concerne il comportamento delle travi, che
come è noto egli approfondirà, tornando sul tema a distanza di
qualche anno, nel codice Arundel, nel Forster III e nel ms. A, ove
metterà a fuoco l’argomento con particolare precisione236. Anche
nel ms. B, databile al 1487-90, è un brano (f. 27r) non riportato nel-
la selezione seicentesca, in cui leggiamo ancora riguardo all’arco:
Francesco Melzi (da Leonardo da Vinci), Libro di Pittura (Codice Urbinate Altri brani indicativi dell’interesse dei trascrittori per osservazioni di
1270), c. 1546, c. 215r, illuminazione e costruzione di ombre in interni
architettonici. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana scienza delle costruzioni si possono trovare ‘saltando’ per un istante
nella terza parte del documento, come quelli recanti alcune osser-
La selezione presente nella terza parte del Codice inizia con il si-
gnificativo titolo Del Moto e Forza e con il precetto: «Infra le cose
mosse da una medesima cagione, quella che fia di più veloce moto
fia più determinato al suo Motore». Essa è tratta quasi per intero dal
ms. F e perciò contiene «proposizioni» tutte databili al 1508, dedicate
ai principi del moto e alla meccanica teorica; più in particolare, all’i-
drodinamica e all’aerodinamica. Ma vi si trovano anche importanti
osservazioni su temi di geometria, geografia e scienze della terra,
segnatamente di geofisica, meteorologia e astronomia. Non manca
infine l’esposizione di più ampi concetti filosofici relativi a temi
come la forma della Terra o la «figura degli elementi»244.
Con ogni probabilità, doveva esistere una prima bozza di quel Trat-
tato di Meccanica che Leonardo si avviava a completare in Francia,
con l’aiuto di Melzi, nonostante fosse oramai malato e prossimo alla
fine, come del resto comunicò egli stesso al cardinale d’Aragona in
visita presso il suo studio nel 1517. Uno sforzo lodevole per la ricom-
posizione di quanto scritto da Leonardo su questa materia fu fatto
Codice Corazza, c. 1640, sez. II, p. 4, metodo a cassone per vuotare un porto per la prima volta dal Venturi, che avrebbe voluto ridurlo (come
e studi sulla resistenza di un arco centinato. Napoli, Biblioteca Nazionale
quello sull’idraulica) in forma ordinata secondo il metodo da lui
già adottato per l’ottica245; ma solo nel 1942 Arturo Uccelli tornerà
vazioni ‘per assurdo’ sulla statica degli edifici condotte attraverso lo sull’argomento246, proponendo peraltro, come ha notato Pedretti247,
studio dei centri di gravità; ad esempio, in un passo tratto dal ms. un ordinamento dei testi alquanto arbitrario.
F, Leonardo osserva con riferimento al grafico che affianca il testo: La meccanica – il «paradiso delle scienze matematiche, perché in
quella si viene al frutto matematico»248 – è la sua scienza prediletta,
Se saran fatte due torri in continua drittura, e che lo spazio, che s’in- che intende come parte basilare della fisica generale (meccanica dei
chiude infra loro sia paralello, senza dubbio le due torre ruinaranno corpi rigidi e deformabili e dei liquidi), approfondendo soprattutto
l’una contro l’altra, se ’l procedere del murare fia sempre con equal quella tecnica. Leonardo si occupa magistralmente di cinematica e
altezza all’una torre, come all’altra238. in particolare di meccanismi per la trasformazione ‘vantaggiosa’ dei
movimenti: precursore della moderna ingegneria meccanica, lascia
Infatti, in virtù della rotondità della terra, le torri devono risultare numerosissimi studi, sparsi ovunque nei suoi scritti, relativi a princi-
leggermente divergenti e non parallele tra loro, altrimenti crolleran- pi e osservazioni, ma anche a descrizioni di motori e macchine per
no per essere il loro baricentro fuori dalla base di appoggio239. le applicazioni più varie.
Tornando alla seconda parte del Codice, tra gli altri capitoli signifi- Egli mostra solide conoscenze della meccanica greca, da Archimede
cativi troviamo il foglio del ms. B in cui si descrive il «Camino, che ad Aristotele ad Erone, e apprende molto dal De Ponderibus di Eucli-
sempre havera legna senza attizzare» che, oltre all’ingegnoso im- de e dagli studi medievali: partendo da Alberto di Sassonia, ne porta
avanti le ricerche nel campo della caduta dei gravi, cercando la legge
238
Codice Corazza, III, pp. XXXXI-XXXXII. Leggiamo la dimostrazione, ri- 240
Codice Corazza, II, p. 10.
guardo a cui però il trascrittore non si cura di verificare l’effettiva corrispondenza 241
Ivi, pp. 7-8.
delle figure citate nel testo al disegno allegato: «Sia che le due centrali idest EF. delli 242
Ivi, pp. 4, 38.
due angoli BC seguitino in continuo dritto esse taglieranno tal torre in GG all’una, 243
Ivi, p. 38.
et in BF all’altra, seguita che tal linee non passan per il Centro della gravità della 244
lor lunghezza. Onde KL, CG parte dell’una pesa più, che l’ rimanente suo CGD e Si veda l’ultima nota del paragrafo 1 del presente capitolo.
245
le cose inequali superan l’un l’altra, onde per necessità il maggior peso d’essa torre E.Verga, Bibliografia…cit., p. 710, recensione a G.B. De Toni, Giambattista Ven-
tirerà tutta tal torre adosso alla torre opposta, e l’ simile farà l’altra torre in verso di turi…cit.
246
questa». Nel Codice Arundel (ff. 138r, 141v, 157r, 157v) troviamo numerosi brani di Cfr. Leonardo da Vinci. I libri di meccanica nella ricostruzione ordinata di Arturo Uccel-
grande interesse, destinati ad un «Trattato delle cause generatrici delle rotture de’ li, preceduti da un’introduzione critica e da un esame delle fonti, Milano, U. Hoepli, 1942.
muri» mai compiuto, in cui si delinea una vera e propria metodologia per la dia- Si veda pure A. Uccelli, La scienza delle costruzioni, cit., pp. 261-274.
247
gnosi dei dissesti murari. Cfr. A.M. Brizio, Scritti scelti…cit., pp. 474-478. Libro di pittura…cit., p. 73.
239 248
A. Marinoni, La biblioteca…cit., p. 336. Ms. E, f. 8v.
Capitolo secondo
58
matematica che ne regola l’accelerazione, ma prendendo solo tardi
le distanze dalla teoria aristotelica dell’antiperistasis, per la quale l’aria
favorisce l’accelerazione anziché ostacolarla con l’attrito. Dal citato
Liber de ratione ponderis di Nemorario (anch’esso meglio noto come
De Ponderibus) trae fra l’altro la condizione di equilibrio su un piano
inclinato, nonché le considerazioni sul principio dei lavori virtuali e
sulla leva retta e angolare.
Una volta fissata la regola sulla base dei principi già noti, Leonar-
do sorvola spesso sulle dimostrazioni, passando direttamente alle
applicazioni, che sono quasi sempre perfette. Gli è chiaro anche
il concetto di momento, che verrà enunciato solo molto tempo
dopo: scopre casi particolari del teorema (poi detto di Varignon)
sui momenti di forze concorrenti (si vedano il Codice Forster II,
f. 102v, anteriore al 1500, e alcune osservazioni del 1508 nell’Arun-
del), trova il metodo per la risoluzione numerica della composi-
zione e decomposizione di forze, riprende gli studi di Archimede
sulla teoria dei centri di gravità delle figure piane, trova il baricen-
tro del tetraedro, riconosce l’importanza del baricentro nel moto
dei corpi, formulando il principio statico del cosiddetto poligono
di sostentazione.
Nell’edizione delle Vite di Vasari pubblicata tra il 1846 e il 1855,
Gaetano Milanesi scriverà riguardo alla ricerca di Leonardo in
questo campo:
Capitolo secondo
60
Codice Corazza, c. 1640, sez. II, p. 10, argini flu- Codice Corazza, c. 1640, sez. III, p. XXXXII, stu- Codice Corazza, c. 1640, sez. II, p. 6, camino a
viali. Napoli, Biblioteca Nazionale di sul baricentro di strutture a torre e considera- fiamma perenne e macchine idrauliche. Napoli,
zioni di geofisica. Napoli, Biblioteca Nazionale Biblioteca Nazionale
Troviamo in questi fogli il calcolo della «radice di qualunque nu- quantità cresce in infinito e diminuisce in infinito; e se tu pigli licen-
mero per via di Geometria»264 , la costruzione dell’«angolo della zia di dire: se tu mi darai una linia di 20 braccia, io ti dirò di farne
contingenza» («se da cose proporzionate tù levi parti della me- una di 21269.
desima proporzione, il rimanente non si varia dalla sua prima
proporzione») 265 e dell’«angolo dell’incidenza», ossia il citato «pro- Quando studia problemi di geometria, Leonardo lo fa da artista,
blema di Alhazen»266 , e quello della duplicazione del cubo267, au- da esteta: li chiama «ludi geometrici», come già Alberti aveva inti-
tentico tormento per Leonardo, consistente nel trovare la radice tolato il suo «Ex ludis rerum mathematicarum», citato nell’Arun-
cubica di un numero che non sia un cubo. A proposito di quest’ul- del 270. Così nel «De ludo geometrico» del 1514 Leonardo studierà
timo, Marinoni268 dissente da Marcolongo riguardo alla soluzione con palese interesse artistico le proprietà delle lunule, partendo
del problema che Leonardo avrebbe raggiunto sulla scorta di Pa- dalle osservazioni di Ippocrate di Chio e giungendo (senza nep-
cioli e di Valla: in particolare, il carattere unicamente geometrico pure conoscere quanto già affermato al riguardo da Alhazen) a ri-
delle dimostrazioni del primo e l’inaccessibilità del testo latino del solvere il teorema sulla somma delle due lunule costruite sui cateti
secondo autorizzano a pensare che egli non abbia potuto cono- di un qualunque triangolo rettangolo. Particolare impegno egli
scere le dimostrazioni date da Archimede; così nel f. 50v del ms. profonde nelle ricerche sulle costruzioni approssimate dei poli-
F, proprio sulla scorta delle errate traduzioni dell’opera di Valla, goni regolari, sulle trasformazioni dei solidi – per le quali, come
Leonardo giunge a dichiarare che in quel testo la spiegazione non accennato, si ispira al De transformationibus geometricis di Cusano271
esiste. Ma nel nostro Codice non c’è ombra di questi dubbi, anzi –, sull’individuazione del baricentro di figure piane o del centro di
la selezione ‘mirata’ dello stesso foglio vinciano propone dimostra- gravità nei solidi (in particolare, sulla scorta del trattato sull’Equi-
zioni che farebbero pensare all’esatto contrario. Non sono rare le librio dei piani di Archimede, giunge a formulare quello del tetrae-
considerazioni geometriche di più ampio respiro filosofico, come dro), ma con intenti mai meramente speculativi, bensì sperimen-
quelle riguardanti la «figura degli elementi» del Mondo e la forma tali e finalizzati alla meccanica o alle costruzioni. Tant’è vero che,
della Terra, o il carattere infinito delle quantità continue: in più di un caso, egli propone nuovi strumenti basati su principi
matematici, come compassi parabolici ed ellittici, o il cosiddetto
La geometria è infinita perché ogni quantità continua è divisibile ‘tornio ovale’, utile per applicazioni in campo cinematico272 .
all’infinito per l’uno e per l’altro verso. Ma la quantità discontinua Ma il vero scopo della sua ricerca geometrica è la soluzione del
comincia all’unità e cresce in infinito, e, com’è detto, la continua problema della quadratura del cerchio e delle superfici curve. La
questione sarà da lui risolta solo parzialmente, anche perché, come
verrà dimostrato sul volgere dell’Ottocento, di fatto irrisolvibile.
di geometria espressi da Leonardo nel ms. M, risalenti agli ultimi anni del periodo Egli parte anche qui dagli studi di Archimede («la moltiplicazione
sforzesco, siano tutti da ricondursi alla lezione di Pacioli: la studiosa cita poi i brani del semidiametro d’un circulo colla metà della sua circunferenzia
più significativi ritrovabili sull’argomento nel Codice Atlantico e nei mss. G, F,
Forster I e Windsor; ma ve ne sono di importanti anche nei mss. A, B e Forster III.
Cfr. pure A. Marinoni, La biblioteca…cit., pp. 324 sgg.
264
Codice Corazza, III, p. II. 269
Ms. M, f. 18r, cit. in A.M. Brizio, Scritti scelti…cit., p. 387.
265
Ivi, pp. LIV-LV. 270
F. 66r.
266
Ivi, p. LXXXXI. 271
R. Marcolongo, Il trattato di Leonardo da Vinci sulle trasformazioni dei solidi.
267
Ivi, pp. LXXVIII-LXXX. Analisi del Codice Forster I, nel «Victoria and Albert Museum,, Napoli, S.I.E.M., 1934.
268 272
A. Marinoni, La biblioteca…cit., p. 299. U. Cisotti, La matematica vinciana, in Aa.Vv., Leonardo da Vinci, cit., pp. 200-203.
Capitolo secondo
62
Se nella selezio- ambito ad Archimede e ad Erone, e quanto egli abbia contribuito a
ne presente nella far evolvere la materia: secondo lo studioso, nonostante il tentativo
seconda parte del di sistematizzazione condotto da frate Arconati e gli studi eseguiti su
Codice l’attenzio- quell’apografo e su altri codici tra Otto e Novecento – dalla pubbli-
ne di Leonardo per cazione integrale del codice Arconati da parte del Cardinali nel 1826,
l’idraulica appare all’opera di Elia Lombardini sull’idraulica vinciana del 1872286 all’e-
dedicata prevalen- dizione a cura di Carusi e Favaro nel 1923 – «una esposizione critica
temente alla descri- e ordinata di tutto l’immenso materiale lasciato da Leonardo è an-
zione di macchine cora da fare»287. In realtà, Marcolongo mostra sorprendentemente di
e applicazioni di ignorare l’esistenza della trascrizione dell’apografo Del moto e misura
ingegneria, nella dell’acqua eseguita da Corazza alla Vaticana e conservata presso la
terza, dai prevalen- Biblioteca Nazionale di Napoli288, che dimostra l’interesse dell’abate
ti contenuti teorici, bolognese per la trasmissione del pensiero vinciano anche in questo
si dà ampio spazio campo289. Trascrizione del resto citata dagli stessi Carusi e Favaro e,
all’illustrazione di poi, dal Verga, che la segnala, insieme con l’apografo Arconati, quali
principi generali nel unici esemplari della selezione seicentesca in materia di idraulica290.
campo dell’idrosta- Inoltre già dal primo dopoguerra minuziose ricognizioni in questo
tica e dell’idrodi- campo erano state estese anche ai manoscritti di Parigi e importanti
namica. Ma, come studiosi vinciani, tra cui Giovanni Bellincioni e Nando De Toni291,
ha notato la Bri-
zio280 , la precedenza 286
Luca Gaurico, Tetragonismus idest circuli quadra- data da Leonardo E. Lombardini, Dell’origine e del progresso della scienza idraulica nel milanese ed in al-
tura..., 1503; particolare tre parti d’Italia: osservazioni storico-critiche concernenti principalmente i lavori di Leonardo da
proprio in ambito Vinci, di Benedetto Castelli e di Gian Domenico Guglielmini, Milano, Ed. B. Saldini, 1872.
287
idraulico alle espli- R. Marcolongo, Leonardo artista-scienziato, cit., p. 162.
288
BNN, ms. XII. D. 80, a. 1780 circa, in folio, dal titolo: «Leonardo da Vinci del
cazioni pratiche e meccaniche su quelle teoriche e scientifiche ha Moto et Misura dell’Acqua». Cfr. pure la scheda di A. Vezzosi in Leonardo e il le-
un riscontro anche cronologico all’interno dei manoscritti origi- onardismo…cit., p. 140. Cfr. pure A. Miola, op. cit., I, pp. 230-232, scheda intitolata:
nali e conferma come, da buon artista formatosi nella consolidata «XII. D. 80. Codice cartaceo del XVIII, alto cent. 25 e largo 19, di carte 91»; l’autore
cita gli studi di Govi (Saggio delle opere di Leonardo da Vinci, Milano, s.n., 1872, e Al-
tradizione delle botteghe fiorentine, egli si sia applicato innanzi- cune memorie...cit., vol.VIII sgg.) ma mostra di non sapere nulla della vicenda degli
tutto alle attività sperimentali e solo successivamente, specie dopo apografi seicenteschi: «Gioverebbe saper qualche cosa di questo Luigi M. Arconati
qui ricordato, e di cui non trovo cenno nell’edizione del presente trattato (Bologna,
la trasferta a Milano, alle speculazioni utili all’«omo sanza lettere». 1826 in 4°) né altrove».
Se si integrano opportunamente i principi di idraulica enunciati 289
Per completare il quadro dei manoscritti a nostra disposizione sull’argomen-
in questa parte del Codice con quelli contenuti nel citato apo- to, va pure tenuta in debito conto la possibilità dell’esistenza, ancora ai tempi
di Corazza, di un codice leonardesco sull’idraulica, cui si riferisce una lettera
grafo Del moto e misura dell’acqua di frate Arconati – ove peraltro, di Giuseppe Pecis, consultore del Governo lombardo, al principe Alberigo Bel-
come si è detto, molti di essi si ripetono – è possibile avere un giojoso del 14 giugno 1771; in essa si parla di un manoscritto vinciano (ma non è
chiaro se si trattasse di un originale o di un apografo) relativo segnatamente alle
quadro pressoché completo della materia trattata da Leonardo opere per il canale della Martesana da Milano a Pavia e ad altre opere fatte da
negli scritti un tempo presenti all’Ambrosiana, compresi alcuni Leonardo a Milano, presente presso la famosa Biblioteca Imperiali, poi venduta
dei fogli perduti nell’Ottocento. D’altra parte va pure considera- all’asta nel 1796, ossia ben dopo la morte del cardinale Imperiali, venendo pub-
blicati i due cataloghi di vendita, oggi conservati presso la Biblioteca Nazionale
to che in quei testi mancano molti capitoli di idraulica presen- di Roma. Si veda il catalogo settecentesco: G. Fontanini, Bibliothecae Josephi
ti nel codice Forster II, nell’Arundel e, soprattutto, nel Leicester, Renati Imperialis, Romae, ex Officina Typographica Francisci Gonzagae, 1711. Il
codice suddetto non era il Codice Leicester (acquistato dal conte inglese sin dal
che l’Arconati non poteva avere a disposizione281: come segnala 1717), né l’apografo di frate Arconati, conservato all’epoca presso la Biblioteca
Colombo282, in quest’ultimo codice troviamo oltre novecento ap- Barberini e oggi alla Vaticana. Proprio con riferimento alla famosa Biblioteca
plicazioni di ingegneria idraulica collocabili tra il 1505 e il 1506. Imperiali, di cui si occupa a più riprese Corazza, importante è quello che rife-
risce Pedretti (Epilogo…cit., p. 230): «Fra l’altro è sempre aperta la questione del
Parti assai consistenti di questa sezione sono dunque dedicate alla misterioso manoscritto vinciano di proprietà del Cardinale Imperiali (Protetto-
‘scienza dell’acqua’, con illustrazioni come al solito particolarmente re della Pontificia Accademia Ecclesiastica) e presente a Roma prima del 1745,
manoscritto riguardante questioni di idraulica e canalizzazione che certamente
efficaci. Lo stesso Leonardo nota più volte nei suoi scritti che prima non era quello passato in Inghilterra [Codice Leicester, poi Hammer, n.d.r.] nel
di lui nessuno aveva tentato la teorizzazione di questa disciplina, 1717 perché ricordato a Roma dopo quella data secondo quanto si deduce da una
«opera e materia nuova, non più detta»283, dedicandovisi in modo lettera di Giuseppe Pecis del 1771, pubblicata in «Raccolta Vinciana», V, 1908,
pp. 104-105». Lo scritto presente nella Racc. Vinciana è di E. Motta, Un mano-
assai alacre e giungendo ad anticipare molte considerazioni svolte scritto vinciano a Roma?, in cui si legge che il cardinale Renato Imperiali, morto
solo un secolo dopo da Benedetto Castelli, autorevole allievo di nel 1737, aveva nella sua famosa biblioteca il cennato manoscritto di Leonardo,
avuto in dono a Milano quando era «legato a latere» dell’Imperatore Carlo VI;
Galilei284. Persino ricerche sulle quali Leonardo dovrà presto disillu- in esso si parlava dell’opera di livellazione «fatta per congiungere con le acque
dersi, come quella già ricordata sul moto perpetuo, trovano ancora a Milano recate dal Naviglio Grande, e da quello della Martesana, un canale
a barche da Milano a Pavia», con la specifica dei prezzi richiesti a Leonardo e
posto negli appassionati capitoli dedicati all’idraulica285. la descrizione dei vantaggi derivanti dall’opera. Cfr. pure G. Fumagalli, G.
Marcolongo sottolinea quanto Leonardo debba anche in questo Ottino, Bibliotheca Bibliographica. Catalogo degli scritti di bibliologia, bibliografia e bi-
blioteconomia pubblicati in Italia e di quelli riguardanti l’Italia pubblicati all’estero, Graz,
Akademische Druck-U. Verlagsanstalt, 1957, p. 367, e F. Cancedda, Figure e fatti
280 intorno alla biblioteca del Cardinale Imperiali, mecenate del ‘700, Roma, Bulzoni, 1995.
A.M. Brizio, Delle acque, in Aa.Vv., Leonardo saggi e ricerche, cit., pp. 277-289. 290
281 E.Verga, Bibliografia…cit., p. 23.
Cfr. pure G. Uzielli, op. cit., pp. 329-331. 291
282 G. Bellincioni, Leonardo da Vinci fondatore della scienza idraulica, Milano,
A. Colombo, Ecco Leonardo, Novara, Istit. Geografico De Agostini, 1966, Industrie Grafiche Italiane Stucchi, 1939; N. De Toni, Frammenti Vinciani XII.
pp. 212 sgg. Saggio di repertorio dei Passi Leonardeschi ai quali attinse frate Luigi Maria Arconati per
283
Windsor, f. 12, 663r. la compilazione del Trattato del moto e misura dell’acqua (libri 9), Brescia, s.n., 1950;
284
B. Castelli, Della misura delle acque correnti, Bologna, del Dozza, 1659. G.M. P ugno, Leonardo e l’idraulica, Chieri, G. Astesano, 1956. Nel 1975 lo stesso
285
Si veda in proposito C. Zammattio, Idraulica e nautica, in Aa.Vv., Leonardo da De Toni (Frammenti Vinciani XXXII. Trascrizioni inedite…cit., p. 21), partendo
Vinci, cit., pp. 467-482. dalle citate carte del Venturi della Biblioteca Civica di Reggio Emilia, annunciò
Capitolo secondo
64
va ne Paesi più bassi far essi fontanili. Adunque diremo che se tali Ca-
nali sono fatti in Marsigana, che la medema acqa. bevuta dal fondo de
Prati, sarà rimessa di nuovo sopra altri prati mediante tali fontanili,
la qual acqua pa. [prima] era perduta, e se l’acqua mancherà in Giera
d’Adda, e nella Mussa i Paesani potranno fare de fontanili veduto, che
una medema acqua bevuta da Prati più volte riserve à tal offitio 297.
L’acqua che tocchi de’ fiumi è l’ultima di quella che andò e la prima
di quella che viene; così il tempo presente301.
Capitolo secondo
66
fettivamente nella premessa al testo il curatore rivelava di aver rice- § 3 I Termini di arte nelle definizioni di Corazza:
vuto una copia dell’apografo da Francesco Tassi, accademico della per un primo vocabolario vinciano
Crusca e bibliotecario del Granduca di Toscana: il documento, citato
nell’edizione del Cardinali con il titolo di Trattato della natura, peso I «Termini di arte nelli scritti di Lionardo da Vinci ed altri», redat-
e moto delle acque, e osservazioni sul corso de’ fiumi, appare in stampa ti da Corazza, con ogni probabilità, nel 1798310, risultano tuttora ine-
con l’apparato grafico collocato alla fine del testo e privo di note diti311 e sicuramente degni di una trascrizione integrale, che propo-
critiche come di qualunque riferimento all’apografo barberiniano. niamo in appendice. Essi ci offrono una testimonianza dell’impegno
Un secolo più tardi, nel 1923, va in stampa l’edizione del trattato profuso dall’abate nell’analisi dei testi vinciani in suo possesso, ma
Del moto e misura dell’acqua curata da Carusi e Favaro per i tipi di anche della grande esperienza e passione da lui maturate nell’ambito
Zanichelli305 e promossa da Mario Cermenati, direttore dell’Isti- più vasto delle tecniche e delle ‘regole dell’arte’ rinascimentali.
tuto di Studi Vinciani a Roma: a differenza della precedente, essa L’esigenza sorta in Corazza di formare il primo, sia pure provvisorio,
contiene un preciso riscontro dell’apografo Arconati rispetto agli ‘vocabolario vinciano’, interpretato alla luce del modello della Cru-
originali di Parigi, dimostrandosi così che il frate, in più di un sca e opportunamente integrato con quanto ricavabile da Vasari e da
punto, manipola i testi leonardeschi306 : già soltanto da un con- Cellini, è in effetti motivata dalla scarsa comprensibilità di certi ter-
fronto dei brani del ms. F contenuti nella terza parte del Codice mini presenti nel materiale apografo in suo possesso, specie di quelli
Corazza con il testo dell’Arconati si comprende come questi abbia tecnici, spesso del tutto inventati da Leonardo nell’occasione di de-
‘costretto’ i precetti tratti dai codici originali all’interno di una scrivere le proprie innovative esperienze e i relativi grafici illustrativi.
scansione in nove libri e relativi capitoli tutt’altro che vinciana. Sarebbe auspicabile che il documento fosse oggetto, in futuro, di un
E se egli non conobbe certamente quanto contenuto sull’argo- attento studio filologico e lessicale, che esula certamente dai limiti
mento nel Codice Leicester, nel Trivulziano, nell’Arundel e nei di questa ricerca e delle competenze di chi scrive. Ci sia consentita
fogli di Windsor307, viceversa alcuni brani presenti nel suo apo- solo qualche osservazione più generale, rimandandosi alla trascrizio-
grafo potrebbero derivare da manoscritti perduti: cosa facilmente ne del testo per una lettura più accurata.
desumibile dalla mancanza, in corrispondenza di alcuni precetti,
della consueta indicazione dell’originale di riferimento da parte di Saranno opportuni, preliminarmente, alcuni riferimenti alle più
Carusi e Favaro. ampie problematiche relative al linguaggio vinciano, affrontate in
Nella prefazione i curatori accennano sia al manoscritto «de la na- più occasioni da studiosi autorevoli, da Augusto Marinoni a Carlo
tura de l’acqua», che Leonardo aveva annunciato come cosa fatta al Vecce. Quest’ultimo, ad esempio, nota come la lingua adoperata da
cardinale d’Aragona nel 1517, sia a quanto riferito dal Vasari e dal Leonardo, improntata in generale alla tradizione toscana del Quat-
Mazenta sugli studi di idraulica compiuti dal maestro. La selezio- trocento, non sia scevra da accenti lombardi, specie dopo il soggior-
ne e la struttura dei «libri» dimostra che il frate non doveva certo no milanese, cui si aggiungono inevitabili contaminazioni dovute al
essere a digiuno della materia, conoscendo tra l’altro gli studi già pellegrinare a Mantova, Urbino, Roma e, infine, Amboise: essa non
intrapresi su quei manoscritti dal Castelli, prima che fossero pub- era stata ancora oggetto della normalizzazione classicista di Bem-
blicati nel 1659308 . Del resto il compilatore sviluppa in più punti di- bo312, che avrebbe condotto intorno alla metà del XVI secolo all’im-
mostrazioni che nei testi di Leonardo appaiono soltanto accennate posizione di nuove regole ortografiche e linguistiche, riconoscibili
e allo stesso modo elabora grafici più chiari e attinenti rispetto a già nelle correzioni apportate da terzi al testo originale del Libro di
quelli vinciani, spesso sommari, mettendo, ad esempio, in risalto Pittura di Melzi.Vedremo come, in più di un caso, Corazza faccia ri-
le linee direttrici dell’energia e del moto dell’acqua. ferimento proprio all’accezione lombarda di molti termini vinciani.
Pure interessante ci pare quanto Carusi e Favaro rilevano a propo- Se da un lato Solmi e Marcolongo sottovalutano le difficoltà di
sito della grafia riconoscibile in alcune parti dell’H 227 inf. e ascri- Leonardo nell’accedere a tante fonti in lingua latina, dall’altro Mari-
vibile allo stesso Arconati; ma nell’apografo ambrosiano, come noni313 dimostra come, effettivamente, molte di esse vengano da lui
abbiamo già notato, manca proprio la parte corrispondente alla ignorate o male interpretate; né gli riuscirà mai di colmare questa
seconda sezione dell’H 229 inf. e alla terza del Codice Corazza, la lacuna, nonostante gli sforzi mostrati già a partire dall’età di circa
più ricca in materia di idraulica. Peraltro, nel citare la trascrizio- quarantacinque anni. In realtà, come si è notato, l’essere «omo sanza
ne presente presso la Biblioteca Nazionale di Napoli309 , i curatori lettere» significava proprio non conoscere il latino: per questo egli
non riconoscono in «V.C.» la sigla di Corazza, mostrando così di sosterrà la propria battaglia di scienziato basandosi non tanto sul
ignorare non solo il ‘copista’, ma anche il ricco carteggio dell’abate gioco dialettico o sul puro discorso mentale, insomma sull’epistème,
bolognese presente nella stessa biblioteca, ivi compreso l’attento quanto sul continuo rimando tra quest’ultima e la téchne, ossia l’os-
studio del lessico vinciano da lui svolto nei «Termini di arte». servazione della natura e la sperimentazione tecnico-pratica. A volte
Leonardo, anziché ricorrere (come in genere fa) ad amici umanisti
per farsi tradurre testi latini, ci prova da solo, con risultati assai scarsi
o con storpiature dovute alla tendenza a modificare i vocaboli in
305
Del moto e misura dell’acqua / Leonardo da Vinci; libri nove ordinati da f. Luigi base alla fonetica toscana. Marinoni ha quindi dimostrato come ne-
Maria Arconati editi sul codice archetipo barberiniano, a cura di E. Carusi e A. Favaro
(pubblicaz. dell’Istituto Vinciano in Roma, diretto da M. Cermenati), Bologna,
Zanichelli, 1923.
306 310
Libro di Pittura…cit., p. 74. Si veda inoltre N. De Toni, Frammenti vinciani BNN, Manoscritti e Rari, ms. XII.D.81. Il documento è legato in 4°. La pos-
XII, in «Raccolta Vinciana», XX, 1964. Cfr. pure Cfr. A. Favaro, Intorno al sibile datazione si evince da vari riferimenti, tra cui quello (ivi, parte III, f. 33)
Trattato di Leonardo da Vinci sul moto e misura dell’acqua, in «Rendiconti della R. che accenna alla trafugazione di opere d’arte da parte dei francesi durante l’oc-
Accademia dei Lincei», XXVII, 1918. cupazione della capitale pontificia, iniziata, come è noto, proprio in quell’anno.
307 311
Si veda, tra l’altro, la citata selezione sul tema idraulico presente in A.M. Brizio, Il documento è stato per la prima volta oggetto di attenzione in una scheda di
Scritti scelti…cit., pp. 281-312, 517-562. A.Vezzosi in Leonardo e il leonardismo…cit., p. 141.
308 312
B. Castelli, op. cit. Libro di Pittura…cit., p. 104.
309 313
Del moto e misura dell’acqua….(ediz. a cura di E. Carusi e A. Favaro), cit., A. Marinoni, Gli appunti grammaticali e lessicali di Leonardo da Vinci, I-II, Milano,
pp. XI-XII. Tip. E. Milli, 1944-52.
Capitolo secondo
68
dire assicurarne il buon uso, ma sì mostrarlo qual ch’egli sia»321. guardo poi ai termini della seconda parte, egli chiarisce numerosi
Nel glossario i vocaboli appaiono spesso ripetuti in ragione delle concetti attinenti alle macchine militari, all’ingegneria meccanica
diverse accezioni che essi assumono non solo in diversi ambiti geo- e idraulica, alle costruzioni, ai materiali. Nell’ultima parte preval-
grafici, ma anche all’interno dei testi di un medesimo autore, come gono nettamente, come era naturale attendersi, le voci riguardanti
avviene, con frequenza, proprio in Leonardo. Corazza distingue al- la teoria delle acque, cui si aggiungono quelle tratte dal codice Ar-
lora i termini secondo la loro origine vernacolare, notando come conati, citate secondo l’ordine dei nove libri concepito dal frate326.
il maestro abbia subìto sovente l’influenza di idiomi locali, specie,
come abbiamo visto, di quello lombardo322; ma molti riferimenti 326
Ad esempio, riguardo alla prima parte del Codice, Corazza scrive a proposi-
sono pure alla lingua dei bolognesi (ossia alla propria) e a quella dei to della voce angolo grosso (Codice Corazza, I/b, p. 58): «È chiamato da Lionardo
napoletani, mostrando un particolare interesse, anche sotto questo l’angolo che più o meno s’accosta al retto; o per dir meglio la caduta del raggio
profilo, per la città che lo ospita323. luminoso sovra l’oggetto che più si scosta dalla obliquità: così per tutto il suo
Tratt. della Prospettiva che ho alle mani. […] Ma poi dichiarasi d’intender an-
Dalla prima parte del glossario si ha conferma, attraverso il lessico golo più o men grosso quell’angolo che ha maggiore o minor basa, cioè superfi-
tecnico, della notata fisionomia delle diverse sezioni dell’apografo cie donde partono i raggi, che quasi piramide, metton il vertice loro negli occhi:
il che io non avea prima ben compreso. Correggi colla nota Angolo grosso p. 12»
seicentesco. Corazza segue l’ordine di citazione secondo l’articola- del testo del glossario, che così recita: «Angolo grosso […] è sempre l’angolo di
zione generale del Codice in tre ‘manoscritti’ («ms di Leonardo da più superficie, o sia l’angolo solido, ch’eccede i gr. 90». Riguardo all’aggettivo
Vinci presso di me»): tenendo ben presente la terminologia adotta- retroso (ivi, f. 61) leggiamo: «Se la materia (il corpo) è miglior (intendi maggior)
ch’è ‘l lume (se l’Aut. non ha scritto ch’el), l’ombra sarà simile a una retrosa e
ta in seno all’Accademia della Crusca, egli analizza le voci degne, contraria piramide, e la sua longitudine è senz’alcun termine (ben s’intende una
a suo parere, di un approfondimento ai fini di una più corretta piramide, che ha il suo apice nel lume, od anche più rimoto ch’è il lume dal
corpo illuminato; e per ciò chiama retrosa la piramide de’ raggi, la cui basa ri-
interpretazione del pensiero vinciano. Si tratta di termini riferibili man sempre nel lume, quando questo è magg. del corpo illuminato». Sappiamo
alle arti minori, alla pittura, alla scultura, ma anche all’architettu- però che «retroso» viene più spesso adoperato da Leonardo, nell’idrodinamica,
per indicare il moto vorticoso delle acque in presenza di un ostacolo o al ruo-
ra e all’ingegneria, presenti nelle Codice, cui l’abate aggiunge il tare di un corpo in un recipiente; ma si veda più innanzi. L’aggettivo columnale
«quarto manoscritto» Del moto e misura dell’acqua. (ivi, f. 97) viene così spiegato da Corazza: «hallo in più luoghi Leonardo […],
Molti vocaboli tratti dal Codice sono oggetto di attenzione da e per tutto sembra significare che ha fig. di colonna, o cilindrica». «Stremare
per diminuire, donde il rastremare degli Architetti (hallo Alb. [F. Alberti di
parte di Corazza anche se per nulla attinenti all’arte o alla tecnica Villanuova], e verisimilmente la Crusca, anzi lo ha per iscemare, sminuire; ben
artistica: egli li segnala infatti unicamente come ‘stranezze’ lin- manca, e nelle Giunte ancora, il rastremare degli Architetti». Per «finestra senza
alcuna tramezzadura» (ivi, f. 122) – vocabolo quest’ultimo che Corazza non trova
guistiche del vocabolario vinciano. Leonardo aveva condotto nel nella Crusca – egli intende «cioè senza aver nel suo vano, o come dicesi, nella
codice Trivulziano, a partire dall’inizio degli anni ’80, un’opera- sua luce, corpo alcuno che s’infraponga; come mostra la fig. di Leonardo» a
zione di acquisizione e ‘riduzione’ dei termini della lingua italiana corredo del testo. Con riferimento alla seconda parte del Codice, parlando degli
effetti devastanti della «palla» detta «clotobrot» se lanciata contro un bastione o
tratti dai libri che egli all’epoca consultava, dal De re militari di «dentro à una gran nave ò rivellino», Corazza si sofferma su quest’ultimo termine,
Valturio al Novellino di Masuccio Salernitano. Come ha notato essendo convinto che esso esprima qualcosa di diverso dal significato moderno,
«perché altra è la moderna architettura militare, né so che le cortine del sec.
Vecce324 , non si tratta di vocaboli della lingua parlata, bensì dei XVI appena cominciato avesser difesa di rivellino, come oggi; né veggo a che
termini tecnici di cui l’«omo sanza lettere» doveva dotarsi per ga- servissero i Coltobrot [sic] lanciati sovra i nostri rivellini, che non ritengon
rantire alla propria arte la dignità di scienza, oltre che la più rapida soldatesca, né uomini racchiusi». Seguono definizioni in materia di idraulica
e, nuovamente, di prospettiva, ombre e luci. Tra l’altro, Corazza si stupisce del
comprensione e diffusione. termine lineale adoperato da Leonardo, ritenendone corretta la trascrizione solo
Corazza dimostra anche nei «Termini», come in altre occasioni, «se l’autore non ha anzi scritto lineare, come oggi si scriverebbe; ma veggasi se
continua a chiamarla così»; e infatti così succede. Riguardo alla terza parte del
una competenza e un aggiornamento in campo scientifico davve- Codice, troviamo finalmente nel glossario la definizione più appropriata per il
ro insospettabili. Così, nel citare la frase di Leonardo: «Il centro termine retroso: «retroso è ciò che diciam vortice; il rivolgimento che fassi nelle
correnti, quando alcuna volta una parte dell’acque, lasciando la direzione e il
della sfera dell’acqua è il centro vero della rotondità del nostro corso dell’altre che muovonsi con lei, s’avvolgon con moto spirale turbinato
Mondo, il quale si compone in frà acqua, et terra in forma roton- attorno ad una retta, che guarda il fondo del canale, per cui scorrono. La Crusca
da», egli spiega: «si sono recati altri esempi di Mondo per Terra; scrive Ritroso, né ha Retroso, come sempre Lionardo». A proposito poi della
voce «fontanile», Corazza scrive che «è da richiederne il significato a’ Milanesi.
questo evidentiss. dee bastar per tutti, e debb’esser presente per L’adopera Lionardo nel suo §. Del Canale di Marsignana; e sembran serbatoi,
intender bene un importantiss. luogo del n˜ro Aut. che contiene il ne quali ricevere e conservar acque, che sperderebbonsi altramente»; la Brizio,
nel suo glossario dei termini vinciani, ne dà la definizione di «acqua sorgen-
germe del sist. Newtoniano su la universale Attraz.ne»325. te dagli strati ghiaiosi del sottosuolo» (A.M. Brizio, Scritti scelti…cit., p. 692).
Nel riferirsi alle due sezioni della prima parte del Codice, vale a Ancora, l’«angolo della contingenza», ossia di contatto, definizione geometrica
dire i «Capitoli aggiunti» e il trattato su Ombre e lumi, Corazza dà come abbiamo visto particolarmente importante per Leonardo, viene così spie-
gato dall’abate bolognese, con una precisione da vero matematico: «Equivale ad
risalto ai termini attinenti alle questioni geometriche e prospetti- angolo del contatto, che fassi da una retta, la quale è tirata sopra l’estremità di
che, ai colori e in generale ai fenomeni legati alla percezione. Ri- un raggio di circolo al suo perimetro, e spandendosi dall’una, e dall’altra parte,
fa con esso raggio angoli uguali». Per «angolo grosso», poi, va inteso «sempre
l’angolo di più superficie, o sia l’angolo solido, ch’eccede i gradi 90». Per quanto
riguarda infine l’apografo Arconati, tra le altre definizioni riportiamo quella
321 relativa al termine aggetto: «Notisi che gli Architetti, sotto la voce aggetto, in-
BNN, Manoscritti e Rari, ms. XII.D.81, «Termini di arte…», cit., I, p. 24.
322 tendon sempre lo sporto che alcune parti della fabbrica, come cornici, mensole,
A p. 19 della prima parte del glossario leggiamo in proposito: « È probabile che ecc. producon oltre alla perpendicolare del muro; né mai (fuor di questo luogo
Lionardo abbia scritto a Milano una parte di questi e degli altri pensieri suoi, che del Vinci) ho trovato adoperarsi questa voce a significare l’eccesso oltre alla
tengo MSS». perpendicolare delle parti che metton nel piano, o sotto il piano dove s’appoggia
323
«Le Voci de’ Bolognesi, più comuni sono quelle (fra gli altri dialetti) che la fabbrica. Gli speroni d’un muro escono fuori del muro perpendicolare, e lo
s’avvicinan più alle antiche V. degli Scrittori toscani; così che a scrivere e ad in- appoggiano; ma non ho veduto che la quantità di un tal uscimento siasi chiama-
terpretare, l’un linguaggio può assai giovare all’altro. Ma non è questo il luogo ta aggetto. Ricordisi però che noto l’uso che si è fatto delle voci, il che non vuol
di tal argomento». Molti sono i punti in cui Corazza sottolinea la presenza in dire assicurarne il buon uso, ma sì mostrarlo qual egli sia: E in verità, se aggetto
Leonardo, come pure in Cellini e in Vasari, di voci usate frequentemente in am- è nato da adjectio, Lionardo non ha errato fuorché contro l’uso ricevuto». Altra
bito bolognese, appuntando: «formula usatissima in Bologna». E ancora: «Anche voce da segnalare in questa parte del glossario è quella relativa al legno di oniccio
qui cred’io che bisogni un Milanese per interpretar roggia». (o ontano) consigliato da Leonardo, insieme con quello di quercia, per realizzare
324
C.Vecce, Collezioni di parole: il Codice Trivulziano di Leonardo da Vinci, in Orient- pali di fondazione (come era avvenuto nelle nuove mura di Pavia); quelli di
Occident. Croisements lexicaux et culturels, sous la direction de G. Dotoli, C. Diglio, G. quercia sono neri, quelli di ontano sono di colore rosso «verzino»: «L’osserva-
Fusco Girard, actes des Journées Italiennes des Dictionnaires (Naples, 26-28 fèvrier zione di Lionardo in qualche modo s’accorda con Valmont de Bomare § [sic]
2009), Fasano, Schena Editore, 2009. Aune che afferma il ponte di Rialto, e quello di Londra essersi fondati sovra
325
BNN, Manoscritti e Rari, ms. XII.D.81, «Termini di arte…», cit., I, p. 31. palafitte d’Ontano, o sia l’Alno. Il popolo che ha veduto qualche volta (in Ve-
Capitolo secondo
70
III. La vicenda sette-ottocentesca
del manoscritto: la fortuna critica
e il mancato imprimatur
Cerchiamo ora di ricostruire, anche attraverso documenti
inediti, la vicenda dei manoscritti vinciani di Corazza. Questi, nei
primi anni ’80, scrive:
Capitolo secondo
72
cambio un posto di lavoro presso quella corte, infine a Caterina II di rispettoso, gli fa capire che la cosa non è praticabile, riportando in
Russia tramite lo stesso Quarenghi, trasferitosi nel frattempo a San sintesi il giudizio del ministro Riguccio Galluzzi, cui ha avanzato
Pietroburgo al servizio dell’Imperatrice. la proposta, venendo da questi sollevate due questioni essenziali:
Per quanto concerne la vendita del Codice al re d’Inghilterra, le
trattative non andranno oltre i contatti di Quarenghi con il pittore 1°. Non è dimostrato, che le opere offerte nella vostra lettera siano esattamente
e archeologo scozzese Gavin Hamilton, che agli inizi del 1779 così quelle che si conservano nell’Ambrosiana di Milano. Possono essere un estratto
scriverà all’omonimo ambasciatore a Napoli sir William Hamilton, o una copia imperfetta. Su questa incertezza non si ardisce di proporne
spronandolo a contattare Corazza ai fini dell’acquisto da parte del l’acquisto a S.A.R.; 2°. Con quest’opera voi pretendereste di formar-
sovrano, già possessore dei fogli vinciani conservati a Windsor: vi uno stato pel ristante de’ vostri giorni; e i manoscritti che offrite
in corrispettività non sono poi tali che se al Granduca venisse volontà
The principal intention of this letter is to beg that you would bestow di farne acquisto, non possa farli venire o con poca, o con niuna spesa
some attention on a curious manuscript of Leonardo da Vinci, which da Milano344 .
is in the possession of the Abbate Corraza [sic], now at Naples, who
will wait upon you with it when you will think proper to acquaint Zacchiroli si dichiara comunque disponibile a farsi garante perso-
him of your intentions. Perhaps a work of that sort wou’d be agree- nalmente dell’interesse e del valore dei manoscritti, «perché troppo
able to the king, as he is already in possession of a similar manuscript ben vi conosco, e sono sicuro, che se non fossero essi esattamente confor-
treating on anatomy, the Abbate Corazza will give you all the par- mi agli originali esistenti in Milano, cosa alcuna non vi avrebbe potuto
ticulars relating to this work338 . muovere ad alterare la verità»345. Se poi Corazza possedesse anche
degli originali, tentando di cedere i soli apografi, purtroppo non ci
È ben nota l’importanza della figura di William Hamilton nella è dato di sapere. Zacchiroli, pur avendo già fatto presente al mini-
cultura settecentesca europea, i suoi molteplici interessi in ambito stro come Corazza aspiri unicamente a un onesto impiego e non
scientifico e archeologico (in molti casi purtroppo risoltisi con il certo a «formarsi uno stato» presso quella corte, consiglia comunque
trasferimento di preziosi reperti in Inghilterra), nonché il ruolo di all’abate di presentare di persona la domanda, non essendo suddito
intellettuale svolto presso la corte borbonica e nel rapporto con i toscano e non avendo in effetti alcun diritto alle «Sovrane benefi-
più autorevoli viaggiatori del Grand Tour in visita a Napoli339. cenze». Ma anche questa volta l’affare non avrà seguito.
Sebbene il 6 maggio 1779 Quarenghi, ancora a Roma, si affretti ad Torna allora di scena Quarenghi. Il 20 agosto 1779 l’architetto,
informare Corazza di aver saputo da Gavin Hamilton che l’amba- ancora a Roma ma in procinto di partire per la Russia, così scrive
sciatore porterà a buon fine (ma non si sa con chi) il «negozio del all’amico:
manoscritto»340, solo qualche giorno più tardi l’architetto dice di
non avere più notizie da Napoli, ma che l’artista scozzese lo ha rassi- Già averà inteso dal Sig. Abate Taddei li miei appuntamenti con la
curato che l’affare si concluderà comunque positivamente, in Italia o Imperatrice di Russia e martedì gli scriverò tutto in lungo, e sopra
in Inghilterra. Invece un mese più tardi Corazza farà sapere all’ami- ancora il suo manoscritto di Leonardo da Vinci, perché ora ho la
co che «fino ad ora non ho ricevuto da questo Sig.r [W.] Hamilton testa talmente confusa, come lei può immaginare in chi si trova in
alcun cenno»341, pur avendo l’ambasciatore trattenuto il Codice ‘in tali situazioni346 .
visura’ per un bel po’ di tempo342.
Sicché sin dall’agosto successivo Corazza proverà a giocare la car- E poco dopo (24 agosto), all’indomani della morte della figlia:
ta Zacchiroli. Nella corrispondenza con Corazza, il più giovane
amico ricorda i tempi in cui l’abate è stato suo maestro e consi- Mi scriva come mi devo contenere con l’Imperatrice delle Russie
gliere a Bologna e a Roma, avendo in seguito più volte occasione circa al suo Manoscritto, e me ne mandi un piccolo dettaglio347.
di recensire le sue opere letterarie «nei fogli senesi e ne’ giornali
oltremontani»343 . Corazza gli manifesta il chiaro intento di ‘barat- Ancora, nel settembre successivo:
tare’ i manoscritti con un posto presso la corte granducale adegua-
to al proprio rango; e qui viene in mente l’analogo tentativo fatto Riguardo al di Lei manoscritto le confermo cio che le dissi348 .
più di un secolo prima da Lelio Gavardi, istitutore di Orazio Mel-
zi, di vendere al Granduca Ferdinando I i manoscritti di Leonar- Se, per tutti gli anni ’80, Corazza farà tesoro del ricco contenuto del
do ereditati dal padre. Ma Zacchiroli, sia pure con tono pacato e Codice nell’applicarsi agli studi di critica artistica e, come abbiamo
visto, al primo tentativo di un vocabolario vinciano, non per questo
338
rinuncerà a strenui tentativi di vendere il manoscritto. Ancora nel
D. Irwin, Gavin Hamilton: archeologist, painter and dealer, in «The Art Bullettin»,
XLIV, n. 2 (giu. 1962), p. 100. Cfr. pure M. Böhmig, Le lettere di Giacomo Quarenghi 1787, infatti, Quarenghi gli scrive da San Pietroburgo:
all’abate Vincenzo Corazza (1779-1788), in «Bergomum», Bollettino della Civica Bi-
blioteca “A. Mai”, CIII (2008), p. 149.
339 Non ho mai dimenticato il suo rarissimo manoscritto, ma ho sempre
H. Acton, I Borboni di Napoli (1734-1825), Firenze, Giunti-Martello, 1964, pp.
181-182. atteso il momento favorevole di poter far avanzare la notizia a questa
340
BNN, Manoscritti e Rari, X AA 29bis/13, lettera del 6 maggio 1779 di Quaren- Augusta Sovrana, che meritatamente forma l’ammirazione del mondo
ghi a Corazza: «…Il Sig.r Hamilton hà di già avuta risposta dall’Inviato Hamilton
da costì, che l’assicura dell’effettuazione del negozio del suo manoscritto, come a
tutto […] e spero, come le dissi, d’esserne venuto a capo questa mattina,
quest’ora ne sarà forse inteso dal sudetto». E il 28 maggio (ivi): «…io desiderarei sa-
pere qualche notizia dell’Affare del suo Manoscritto con il Sig.r Hamilton di costì,
mentre questo S.r Hamilton m’ha dato buone nuove e spera si effettuerà questa
344
facenda, o con quello, o in Inghilterra». Cfr. M. Böhmig, op. cit., pp. 152-155. Ibidem.
345
341
Ivi, X. AA. 28(4, f. 16, lettera del 12/06/1779. Ivi, X AA 29/22, lettera del 10 agosto 1779, cit. in M. Rascaglia, op. cit., p. 46.
342
È quanto si evince dalla lettera del 25 maggio 1802 conservata in BCABo, MS. Il corsivo è nostro.
346
A 1224, su cui più innanzi torneremo. Ivi, X AA 29bis/13, lettera del 20 agosto 1779, cit. in M. Rascaglia, op. cit., p. 47.
347
343
BNN, Manoscritti e Rari, X AA 29/22, lettera del 10 agosto 1779, cit. in M. Ra- Ivi, lettera del 24 agosto 1779.
348
scaglia, op. cit., p. 46. Ivi, lettera del 4 settembre 1779, ultima da Roma.
Capitolo secondo
74
namente il valore del documento, pur non approfondendone le
ragioni: in realtà a quella data, come abbiamo visto, erano tor-
nati da Parigi a Milano, oltre al Codice Atlantico, anche gli apo-
grafi ‘fratelli’. Ma prima del 1815 il manoscritto dovette rivestire
un’enorme importanza proprio perché sostitutivo degli origi-
nali trafugati ed essere quindi oggetto dell’ennesimo program-
ma editoriale, questa volta da parte del pittore Giuseppe Bossi357.
Il Ciardi ci offre una precisa descrizione di questo artista358 , sotto-
lineando come egli, segretario dell’Accademia di Brera, amico di
Antonio Canova e di Carlo Porta, fosse anche scrittore, sebbene
non godesse della simpatia di Foscolo e di Stendhal. Pittore ope-
rante «tra il romantico e il neoclassico e che si pone a confronto
con i teorici del suo tempo, dal Mengs al Cicognara e dal Lessing
al Parini, e soprattutto all’Addison e al Burke»359 , Bossi è noto per
aver eseguito la copia in grandezza naturale del Cenacolo, com-
missionata da Eugène Beauharnais e destinata ad essere riprodotta
in mosaico dal Raffaelli nella chiesa di Santo Stefano a Vienna,
nonché per l’importante monografia su quell’opera360.
Prima di volgere la propria attenzione sugli apografi esistenti in Italia,
sin dal 30 gennaio 1808 Bossi aveva concepito un programma ben più
ardito. Nelle sue Memorie, infatti, esiste uno scritto in cui accenna al
Capitolo secondo
76
che tanto ha incoraggiato la nostra ricerca, non ci sentiamo di anda- sesso. Ma il progetto naufragherà con la scomparsa del pittore nel
re oltre le pur ragionevoli ipotesi che la documentazione ritrovata 1815: ancora una volta, dunque, il nostro Codice rimarrà inedito.
tra Bologna, Milano e Napoli ci ha sin qui consentito. Nella citata lettera a Trivulzio leggiamo pure: «Qui ho avuto il Co-
L’attività napoletana di Bossi proseguirà come testimoniato da una dice di Leonardo da Cassano, che è copia d’un M° [manoscritto]
lettera all’amico Canova del 23 luglio successivo: che deve essere andato in Inghilterra; ma non credo cosa possibile
l’aver que’ tali disegni», già descritti al Trivulzio in altre lettere pur-
[…] Io sarò forse costretto a trattenermi qui qualche giorno di più troppo non reperibili. Da queste parole Pedretti ipotizza anche in
per copiare un codice di Leonardo, importante per molti titoli. Intorno a questo caso il trasferimento dei grafici (non sappiamo se si trattasse
quest’uomo ho scoperto varie cose, che lo mettono alla testa de’ fab- di originali, né se di provenienza Corazza) a Palermo nel 1806 insie-
bricatori di sistemi geologici: il suo è simile ai riconosciuti dai migliori me con il patrimonio più prezioso della Biblioteca Reale: sappiamo
fisici, e ch’ebbero nascimento poco più d’un secolo fa374. invece che le collezioni grafiche non si mossero da Napoli, restando
quindi un mistero la sorte di quel materiale nell’ambito della capi-
Sebbene Marinoni si limiti a definire «un mistero» a quale mano- tale borbonica.
scritto Bossi alludesse nella lettera, neppure tentando di ricostruire Nel 1818 la ricchissima biblioteca di Bossi andrà in vendita all’asta380:
la vicenda del nostro Codice375, che si trattasse di quest’ultimo è oltre al codice dei Cassano, Goethe, che proprio in quell’anno pub-
confermato da un’altra lettera del 28 luglio, indirizzata all’amico blicò la recensione sul Cenacolo di Bossi381, avrebbe voluto acquisi-
milanese Gian Giacomo Trivulzio376: re per la biblioteca di Weimar anche un apografo seicentesco del
Trattato della Pittura pure presente presso lo studio del pittore382. Il
La faticona che mi ammazza è la copia d’un Codice della Biblioteca recupero e riordinamento delle carte del fondo Bossi dell’Ambro-
Reale, di 450 pagine con centinaia di schizzi e disegni, che è estratto, se siana, auspicato da Pedretti sin dal 1962383, è stato eseguito solo alla
non erro, di quanto era all’Ambrosiana di mano del Vinci. Sono circa fine degli anni ’80: Enrico Cabella ne ha redatto un inventario
alla metà, e puoi credere se ne bramo il fine. Ma ad ogni modo ora ho analitico384 , da cui si evince la reale consistenza della documen-
una serie di opere del Vinci, che farà meravigliare, quando la pubbli- tazione prodotta dal pittore a Napoli385. Va notato come egli, pur
cherò. Ma vi vuol tempo e danari, senza che la mia buona volontà è
inutile. Considero anche fatica il dover cercare le bellezze del paese fra i
380
pericoli degli assassini e facendo lunghe corse, che ruban gran tempo377. Catalogo della Libreria del fu cavaliere Giuseppe Bossi pittore milanese. La di cui vendi-
ta al pubblico incanto si farà il giorno 12 febbraio 1818, Milano, Bernardoni, 1817.
381
Cfr. Libro di Pittura…cit., pp. 61-62 (nota 78), in cui si cita la recensione di
A parte le difficoltà ‘turistiche’ di Bossi, che non ci meravigliano Goethe del libro sul Cenacolo di Bossi, apparsa prima in tedesco nel 1818, poi in
più di tanto, e quelle dovute all’opera di trascrizione in un periodo inglese nel 1821. Cfr. E.Verga, Bibliografia…cit., p. 130, scheda su W. Goethe, Ioseph
Bossi über Leonard da Vincis Abendmahl zu Mailand, Stuttgart, Cotta, 1818, che a dire
così caldo, che durerà fino al 17 agosto, il documento è interessante di Verga segna l’inizio della letteratura vinciana in Germania, venendo tradotto in
perché offre una chiara idea delle intenzioni editoriali dell’artista inglese nel 1821 e poi più volte ristampato.
382
milanese, che a questo punto, nonostante la mancata trasferta pa- L’apografo è così riportato nel catalogo della biblioteca (p. 235): «Trattato della
Pittura di Leonardo da Vinci. Cod. Cart. con figure del sec. XVII in f.». Nella Bi-
rigina, può contare sulla trascrizione del Codice Urbinate da lui blioteca Reale di Weimar è la copia del catalogo della biblioteca di Bossi apparte-
ricevuta nel 1809 dal Marini, bibliotecario della Vaticana, sull’apo- nuto a Goethe. Cfr. K. Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della Pittura…
cit., p. 28. Riguardo alla biblioteca di Bossi, cfr. E. Motta, Un manoscritto vinciano a
grafo donatogli da Cassano, sulla propria trascrizione del Codice Roma?, in «Raccolta vinciana»,V, 1908, p. 107, in cui si legge che nella biblioteca era-
Corazza e, come vedremo, su una copia integrale del ms. C or- no molti libri e manoscritti della celebre libreria Saibanti, tra cui un ms. degli inizi
mai a Parigi, il «De lumine et umbra», fornitagli dall’archivista Da- dell’800 dal titolo Vita dell’egregio pittore L. da Vinci scritta in tedesco dal sig. Gio. Böhm
e tradotta in italiano. Motta cita anche il catalogo della biblioteca di Bossi, in cui è
verio dell’Ambrosiana. Dunque neppure la pubblicazione del Li- l’elenco dei manoscritti, molti dei quali di provenienza Saibanti. Nella biblioteca di
bro di Pittura da parte di Guglielmo Manzi nel 1817 avrebbe avu- Bossi non mancavano altri importanti documenti, come ad esempio il testo degli
epigrammi composti da Francesco Arrigoni in merito alla famosa statua equestre di
to luogo se si fosse realizzato l’ambizioso programma di Bossi: un Francesco Sforza commissionata a Leonardo; testo che, preso in prestito da Bossi e
programma degno di quello di Cassiano dal Pozzo e finalizzato a mai restituito all’Ambrosiana, fu poi acquistato dalla Biblioteca Nazionale di Parigi.
pubblicare a Milano, in volume unico, tutti gli scritti vinciani in Cfr. E.Verga, Gli epigrammi latini di Francesco Arrigoni per la statua equestre di Francesco
Sforza, in «Raccolta Vinciana»,VIII, 1913, pp. 155-161, in cui l’autore dimostra che «il
possesso del pittore; edizione del resto da lui già annunciata nell’o- ms. di quegli epigrammi presso la Biblioteca nazionale di Parigi, che il Müller Wal-
pera sul Cenacolo del 1810378. Un anno più tardi, in una lettera al de suppose essere stato portato in Francia da Luigi XII, giudicando esserne copia
quello menzionato dal Bossi come esistente presso l’Archivio generale di Milano,
Viceré d’Italia379, egli chiede un finanziamento per la pubblicazione, non è altro che quest’ultimo preso a prestito dal Bossi e non mai restituito».
promettendo in cambio di cedere all’Accademia, di cui è segreta- 383
C. Pedretti, I manoscritti Bossi all’Ambrosiana, in «Raccolta Vinciana»,
rio, la collezione completa di incisioni del Morghen in suo pos- XIX, 1962, pp. 294-295. Pedretti dice che era all’epoca in corso all’Ambrosia-
na, su sua iniziativa, una vasta ispezione finalizzata all’individuazione dei ma-
noscritti di Bossi già menzionati da Galbiati nel 1919 (colloc. Sez. B, I, Fasc. b),
comprendenti la copia del Codice Urbinate fatta eseguire da Bossi nel 1808 e
374 a lui inviata dal Marini, bibliotecario della Vaticana, oltre al testo autogra-
G. Bossi, Lettere ad Antonio Canova, Padova, Minerva, 1839, p. 42, cit. in E.Verga,
fo del volume sul Cenacolo (1810) e un’appendice inedita allo stesso volume.
Bibliografia…cit., p. 154. Cfr. pure G. Bossi, Scritti sulle arti…cit., II, p. 667, e Leonardo 384
e il leonardismo…cit., p. 139, scheda di A.Vezzosi. Il corsivo è nostro. E. Cabella, Leonardo nelle carte...cit., pp. 199-204. Cabella sottolinea che le carte
375 del Fondo Bossi, menzionate sin dal 1919 dal Galbiati sotto la segnatura Sez. B Fasc.
A. Marinoni, I manoscritti di Leonardo da Vinci e le loro edizioni, in Aa.Vv., Leo-
I, erano pervenute all’Ambrosiana negli anni 1860-65, avendone la Biblioteca fatto
nardo saggi e ricerche, cit., p. 251.
376 acquisto dal proprietario Carlo Locatelli. Cabella dà per ormai completata l’opera
G. Nicodemi, La copia del volume di Giuseppe Bossi “Del Cenacolo di Leonardo da di inventariazione e catalogazione delle carte, su cui come è noto il Ciardi ha pub-
Vinci”, Milano,Vita e Pensiero, 1931, p. 48-49. Il corsivo è nostro. blicato un ampio studio nel 1982: l’autore segnala ora, in particolare, quelle relative
377
Leonardo e il leonardismo…cit., p. 139, scheda di A.Vezzosi; C. Pedretti, I mano- agli studi di Bossi su Leonardo, di cui dà la segnatura definitiva.
scritti ‘inediti’…cit., p. 137. 385
La Steinitz (K. Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della Pittura…cit.,
378
G. Bossi, Del Cenacolo di Leonardo da Vinci, libri quattro, Milano, Stamperia Re- p. 107), sulla scorta di Galbiati, dava per dispersa la trascrizione napoletana di Bossi.
ale, 1810; G. Galbiati, op. cit., pp. 18-20. Cfr. pure Bibl. Ambrosiana, Fondo Bossi, S.P. Tra i documenti del fondo Bossi segnalati da Cabella troviamo invece: - SP 6/13
6/13-E, sez. B, n. 1, f.lo g: «Varie miscellanee pittoriche, filosofiche e morali tratte da D 7, «Copia del Codice di Napoli – Capitoli diversi di Leonardo da Vinci circa le
autografi di Leonardo da Vinci»: Bossi aveva intenzione di pubblicare queste mas- regole della pittura e modo di dipingere Prospettive, Ombre, Lontananze, Altezze,
sime su varie materie, che però non recano la provenienza (non tutte dal Codice Bassezze, Dipresso, Discosto: fatta nell’agosto 1810 dal pittore Giuseppe Bossi con
Trivulziano). molte postille di sua mano», ff. mss. nn. 1/94; - SP 6/13 D 8, Scheda autografa di
379
G. Bossi, Scritti sulle arti…cit., I, pp. 437-439; Libro di Pittura…cit., p. 58. Bossi: «L’originale dei quali (capitoli) dal Sig. Galeazzo Arconati è stato donato alla
le altre molte cose che vi si leggono e che non sono della natura dei
lumi e delle ombre e che sono del tutto nuove o hanno notabili dif-
ferenze da quello che già tengo. Ne ho conseguentemente trascritto
quanto da porsi in ordine per materia con le altre scritture. Nella copia Giacomo Quarenghi, lettera a Vincenzo Corazza del 4 ottobre 1784. Napo-
li, Biblioteca Nazionale, Ms. X.AA.29bis/13
Libreria Ambrosiana e dall’istesso è stato inviato all’Em.mo Card. Francesco Barbe- da me fatta a Napoli nel 1810 del libro delle ombre e dei lumi ho messo
rino. Sono i suddetti capitoli più di quelli che nell’opera originaria dei Precetti del-
la Pittura si vedono», f. ms. n. 5; - SP 6/13 D 9, Scheda autografa di Bossi: «Il Codice il segno Ms.Dav. ove ho notato alcune lezioni di importanza390
di Napoli ha esternamente il titolo “Lionardo da Vinci-Le Regole della Pittura”. È
numerato col n. 84. La sua legatura è recente. Il carattere chiaro e buono somiglia che infatti si leggono nel testo del documento e che segnaliamo in
a quello di Alessandro Tassoni e può essere dell’epoca di Galeazzo Arconati come
prova il titolo del 1° Trattato. Le figure vi sono fatte da chi non aveva buon disegno nota alla nostra trascrizione391.
e però sono senza grazia – si verifichi se questo codice è lo stesso della Biblioteca Dalle carte di Bossi si ricava infine l’idea del pittore di aggiungere un
Barberini» (ossia il Codice Urbinate, già ricevuto in copia dal Marini, cosa che non
è), f. ms. n. 6; - SP 6/13 D 10, «Copia del testo della Parte I» del codice suddetto (con quinto tomo all’opera sul Cenacolo, che avrebbe avuto come titolo
numerosi disegni intercalati), ff. mss. nn. 7/24; - SP 6/13 D 11, «Copia del testo della «Dell’Architettura del Cenacolo e delle Opinioni di Leonardo in-
Parte II» del medesimo codice (con numerosi disegni intercalati), ff. mss. nn. 26-91. torno all’Architettura in generale»392. I materiali sull’argomento sono
386
A nostra volta, notiamo il carattere più ‘freddo’ dei grafici di mano di Bossi, in
buona parte eseguiti con l’uso del righello. particolarmente interessanti e andrebbero approfonditi, ma ciò esula
387
Con riferimento a quest’ultima, Cabella (ivi, p. 201) cita il seguente appunto dai limiti di questo studio: tra l’altro, Bossi analizza il disegno leonar-
presente nel «Catalogo-inventario» originario del Fondo Bossi ( Biblioteca Ambro-
siana, SP 6/13 A n. 1): «e) idem (cioè copia) di originale di Leonardo – della natura, desco per una facciata di edificio, un tempo in suo possesso e oggi
peso e misura delle acque, composto in tempo di Lodovico il Moro nel condurre conservato a Venezia, oltre ad illustrare doviziosamente i grafici ar-
che fece le acque del Naviglio e della Martesana dall’Adda a Milano, il cui originale chitettonici del Codice Trivulziano; ugualmente ci sembrano impor-
è di proprietà del Duca di Cassano in Napoli». Se, come è facilmente constatabi-
le, questa parte del codice napoletano corrisponde quasi totalmente al ms. F di tanti le sue osservazioni circa la presunta collaborazione tra Bramante
Francia, non si comprende come nell’inventario si possa fare riferimento per essa e Leonardo per la chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano393.
al manoscritto posseduto da Cassano, che abbiamo visto essere copia del Codice
Leicester e non del ms. F (sebbene sullo stesso argomento delle acque) e che Bossi
non ha mai copiato, avendolo ricevuto in dono sin dal 6 luglio 1810. Giungiamo così a tratteggiare il ruolo avuto a quell’epoca nella vi-
388
Biblioteca Ambrosiana, SP 6/13 D 12, Copia di altro codice menzionato quale: cenda del Codice dal citato Giovan Battista Venturi (1746-1822)394.
«Autographum Leonardi Vinci cujus in jusdem rebus gestis meminit Raphael Tri-
schet Fresneus: agit autem de lumine et umbra (scritto in favella italiana) a. 1603».
Nota: «Vidi – Mazentae patritii Mediol. liberalitate», ff. mss. nn. 95-201; - SP 6/13
D 13, Altra copia del suddetto (con numerosi disegni intercalati), ff. mss. nn. 140- 390
Proprio con riferimento al ms. Daverio, Bossi aggiunge alcune postille alla
161. - (SP 6/13 D 14) Nota autografa di Bossi del gennaio 1813: «Il Sig. Archivista
propria copia del codice napoletano, che segnaliamo nella nostra trascrizione.
Daverio mi ha passato una diligente copia del volume di Leonardo che altra volta 391
conservavasi nella Bibl. Ambrosiana, il quale volume aveva per titolo De lumine et Ricordiamo che, a differenza della trascrizione integrale del ms. C presente nel
umbra», f. ms. n. 200. «manoscritto Daverio», la parte di quel codice rinvenibile nella selezione dell’apo-
389
Bibl. Ambrosiana, SP 6/13 D 18 e 34, lettere a Bossi del 1808 del bibliotecario grafo napoletano su Ombre e Lumi si riferisce a 25 fogli sui 32 dell’originale vinciano.
392
della Vaticana Gaetano Marini e copia del codice dal lui ritrovato. In una lettera a C. Pedretti, I manoscritti Bossi…cit., p. 295.
393
Bossi del 26 marzo 1809, Marini sostiene per primo che la parola MELTIUS alla Cfr. la nota 23 alle pp. 246-249 del Cenacolo, dedicata a Bramante.
394
fine della seconda parte del Codice possa riferirsi a Francesco Melzi e che tra i 18 Su G.B. Venturi cfr. pure E. Verga, Bibliografia…cit., p. 115; G.B. De Toni,
libri elencati alla fine del testo possano esservi quelli donati dall’Arconati all’Am- Frammenti vinciani. Lettere del pittore Giuseppe Bossi …cit., pp. 229-235; Id., Sur les
brosiana, suggerendo a Bossi di controllare se questi ultimi rechino gli stessi con- feuillets attachés au manuscript E de Léonard de Vinci, conservé dans la Bibliothéque
trassegni richiamati da Melzi nell’apografo (cfr. Libro di Pittura... cit., passim). Ma a de l’Institut, in Compt. Rend. Acad. Sc. de Paris, tome 173, n. 15 (10 ott. 1921), pp.
quel tempo i manoscritti erano già a Parigi. 618-620; Id., Matériaux pour la reconstruction du manuscript A de Léonard de Vin-
Capitolo secondo
78
Sappiamo che lo scienziato, allievo dello Spallanzani, nel 1796 fu più tardi, dopo aver avuto accesso alle carte dell’amico milanese,
inviato a Parigi come segretario di Legazione da Ercole III duca Venturi potrà elaborare uno studio in materia di ottica integrando il
di Modena, pubblicando prima le Ricerche sperimentali sul principio materiale ‘di prima mano’ da lui selezionato e trascritto a Parigi con
della trasmissione laterale entro i fluidi applicata alla spiegazione dei diver- quanto ricavabile dalla copia di Bossi del Libro di Pittura, dall’edizio-
si fenomeni idraulici, poi dedicandosi ad approfonditi studi sui codici ne del Manzi e, soprattutto,
vinciani appena giunti nella capitale francese: il risultato fu, l’anno
seguente, la pubblicazione del famoso Essai sur les ouvrages physico- aggiungendo, ove avran luogo, diversi articoli ricavati da un trattato
mathématiques de Léonard de Vinci. Ciò fu possibile in quanto egli ebbe del medesimo [autore] sulle ombre ed i lumi, il quale conservasi nella
addirittura in prestito i codici e, quindi, l’opportunità di trascriverne Biblioteca di Napoli, ed in varie parti è diverso da quello della Vaticana
comodamente le parti di suo specifico interesse, cosa che non riuscì inserito nell’ultima sopra citata edizione romana398.
a Bossi: fu proprio Venturi a segnare i codici originali, per facilitare il
proprio lavoro, con le lettere A-N, cui solitamente ci si riferisce negli Venturi si baserà sulla copia eseguita a Napoli da Bossi per redigere
studi su quei manoscritti. Scrive Nando De Toni riguardo all’Essai395: di proprio pugno il manoscritto oggi conservato nella Biblioteca
Civica di Reggio Emilia, che reca il seguente appunto dello stu-
In tale opera quanto egli ha raccolto di materiale vinciano in così breve dioso: «Il Signor Giuseppe Bossi pittore copiò questo manoscritto
tempo non viene presentato alla rinfusa, codice per codice o carta per dalla Biblioteca di Napoli, ed io col permesso de’ suoi eredi, da
carta, come da lui trascritto direttamente dai Manoscritti del Vinci, ma tale Copia trassi la mia presente»399. Appare infatti evidente come
con gli argomenti già suddivisi in capitoli e con la indicazione, per ogni le trascrizioni da lui eseguite a Parigi selezionando la gran messe di
citazione, della provenienza del manoscritto leonardesco sicché, alle autografi vinciani non potessero risultare complete sull’argomento,
volte, un suo paragrafo è formato dalla riunione di pensieri contenuti tali cioè da consentirgli di redigere un compendio ordinato e dotato
in vari fogli sparsi in quel mosaico formato dagli scritti di Leonardo di sufficiente coerenza in materia di ottica: sarà quindi preziosa per
giunti sino ai nostri giorni. Ogni paragrafo poi è accompagnato da un lo scienziato l’ampia trascrizione rinvenibile nel Codice napoletano.
dotto commento, denso di citazioni di Autori che hanno trattato, prima Traendo profitto da tanti materiali all’epoca ancora inediti, Venturi
o dopo il Vinci, lo stesso tema. produsse studi di grande importanza, tra cui la memoria sulle Dottri-
ne inedite di Leonardo da Vinci intorno all’ottica, letta presso il R. Istituto
Si tratta dunque di un nuovo tentativo, peraltro assai autorevole sot- di Scienze di Milano nel 1815 e nel 1818400 e basata proprio sull’ana-
to l’aspetto scientifico, di selezione e riordinamento delle massime lisi del trattato su Ombre e lumi, aggiungendo a quanto già esposto
vinciane, avendo il Venturi l’intenzione di pubblicare «in tre com- nell’Essai il materiale ricavato dalle trascrizioni di Bossi, dalla copia
piuti Trattati tutto ciò che il Vinci ha fatto e scritto sulla Mecca- mostrata anche a lui dall’archivista Daverio401 e dal raffronto tra il
nica, sull’Idrostatica, e sull’Ottica»396. Ma va tenuto ben presente il testo del Codice Urbinate già in possesso del pittore, l’edizione del
carattere parziale di tali trascrizioni in relazione alla specificità degli Manzi del 1817 e l’editio princeps del Trattato della Pittura402: infatti
argomenti e il fatto stesso che la pubblicazione dell’Essai precede di Venturi, proprio come l’amico milanese, possedeva un apografo sei-
vent’anni l’accesso dell’autore alle carte di Bossi nel 1816. centesco del Trattato – anch’esso oggi presso la Biblioteca Civica di
Peraltro nel 1814 Venturi proverà, senza fortuna, ad ottenere una Reggio Emilia – che potrebbe anzi essere proprio quello di Bossi,
copia dell’intero Codice napoletano, chiedendola direttamente ai poi acquistato dallo scienziato403.
responsabili della Biblioteca Reale, come si evince da una lette- Come ha dimostrato G.B. De Toni, gli studi di Venturi si sono rive-
ra del 4 novembre di quell’anno indirizzata al solito Andrés, già lati di grande utilità anche ai fini del recupero di alcuni testi conte-
‘complice’ di Bossi: nuti nei fogli originali sottratti da Guglielmo Libri a Parigi, specie
con riferimento al Libro di Pittura404 e al ms. E di Parigi405. In parti-
Avendo finalmente ottenuto di poter restituirmi due anni fa alla mia
Patria, mi diedi di nuovo allo studio, e vorrei tenere la mia parola ri-
398
guardo a pubblicare tutte insieme le cose tuttavia inedite del Vinci. Da G.B. De Toni, Giovan Battista Venturi…cit., pp. 87-89. Venturi poté trascrivere
tali circostanze Ella vedrà, Sig.r Bibl. Ven., che qualunque titolo abbia anche alcuni brani dell’apografo un tempo del duca di Cassano ancora presente in
casa Bossi prima che venisse acquistato, come si è visto, dalla Biblioteca di Weimar
il Ms.to costì esitente di L. Vinci, io ho necessità di vederlo. Onde oso nel 1818 (ivi, p. 59).
399
pregarla di voler farmelo ricopiare in ogni modo e quindi farlo tenere Biblioteca Civica di Reggio Emilia, Ms. Regg. A 38, segnato «Q». Cfr. in pro-
posito N. De Toni, Frammenti vinciani. XXXII…cit., p. 20; Leonardo e il leonardismo…
sia per il Corriere sia per qualunque altro mezzo sicuro diriggendolo a cit., p. 139, scheda di A.Vezzosi.
me qui in Reggio, od al deg.mo Sig. Ciccolini in Bologna. Oso pregarla 400
La memoria compare infatti due volte, con lo stesso titolo ma con diversa
di sollecitare la sud.ta copia del Ms.Vinci con qualche premura397. data, nel catalogo della Biblioteca Civica di Reggio Emilia (Mss. Regg. A 34/2 e
A 36/11).
401
G.B. De Toni, Giovan Battista Venturi…cit., p. 76.
Ma questa volta la richiesta non ha seguito, forse per le critiche at- 402
Libro di Pittura…cit., pp. 62-63.
403
tirate su di sé da Andrés per la concessione fatta a Bossi. Sicché solo Cfr. G.B. De Toni, Intorno ad un apografo del «Trattato della Pittura» di Leonardo
da Vinci nella biblioteca civica di Reggio Emilia, in «Archivio di storia della scienza»,
Roma, III, 1922, pp. 135-140; K. Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della
pittura…cit., p. 126; C. Pedretti, Un apografo del “Trattato della Pittura”…cit., p. 23.
404
C. Pedretti, Note sulla cronologia…cit. 26; Libro di Pittura…cit., p. 66.
ci, de la Bibliothèque de l’Institut, ibid., tome 173, n. 20 (14 nov. 1921), pp. 952-954; 405
G.B. De Toni, Frammenti Vinciani X. Contributi alla conoscenza di fogli man-
Id., Giovan Battista Venturi…cit. Tra l’altro De Toni aveva avuto notizia dell’esi- canti nei Manoscritti A ed E di Leonardo da Vinci, in «Atti del R. Istituto Veneto di
stenza del codice napoletano, oltre che dalla citata lettera di Bossi a Canova, da Scienze, Lettere ed Arti», LXXXI, 1921-22, pp. 1-11. Sebbene non sia possibile,
una comunicazione avuta dal bibliotecario Alfonso Miola nel 1895. Cfr. pure: allo stato attuale, recuperare i fogli 81-96 del ms. E (corrispondente al Libro B
Scienziati e tecnologi dalle origini al 1875, Milano, Mondadori, 1975; Il Fondo Ventu- dell’elenco di Melzi del Libro di Pittura), nei mss. di Venturi si possono trovare
ri della Biblioteca Panizzi, a cura di R. Marcuccio, Bologna, Pàtron Editore, 2001. le trascrizioni dei capitoli 534 e 540 di quel codice, due note sui panni che erano
395
N. De Toni, Frammenti vinciani. XXXII.Trascrizioni inedite…cit., p. 5. nel f. 79 del ms. A, e i capitoli 258 e 555 che erano ai ff. 79 e 67 dello stesso ma-
396
C. Amoretti, op. cit., p. 142. noscritto. Cfr. N. De Toni, Trascrizioni inedite da fogli perduti del Manoscritto E 2176
397
Biblioteca Civica di Reggio Emilia, Fondo Venturi, IX, minuta della lettera, cit. dell’Istituto di Francia, di Leonardo da Vinci, in «Frammenti Vinciani», XXXII,
in G.B. De Toni, Giovan Battista Venturi…cit., p. 165. 1975: Giovan Battista De Toni, nel 1921, nel raccogliere presso la Biblioteca Civi-
80
Capitolo terzo
Sulle orme del leonardismo
tra il viceregno e i Borbone
I. Influenza e diffusione del metodo vinciano Si tratta di un passaggio chiave per intendere la diffusione della
nella formazione dell’architetto «vulgo ingeniero» lezione di Francesco di Giorgio in ambito napoletano. Insomma
napoletano nel 1492 Fra Giocondo avrebbe fatto una copia dei disegni di ar-
chitettura e di macchine belliche facenti parte del Codice Maglia-
[81]
Codice Madrid II, ff. 91v-92r, c. 1504. Madrid, Biblioteca Nacional de España
nel riferirsi proprio al Martini nel codice Madrid II7, riproporrà xiij de innaro, xiij ind[icione], la maistà del sig[nore] re fece bot-
la separazione tra vie militari e vie ordinarie – aventi origine da tare in terra le doje turre che steveno sopra la porta dello castiello
un nucleo quadrato con la rocca centrale e conducenti ai bastioni de Sant’Eramo; quale fece bottare per lo ditto conziglio de messere
perimetrali – suddividendo la città in nove quadranti dominati dal Francisco, perché sua maistà voleva fare uno castiello lo più bello
cannone; insomma una città regolata, più che da principi cosmolo- che .sse [sic] mai Talia fosse. E fo principiate dallo mese de sottiem-
gici, da criteri balistici8. bro de ditto anno10 .
Nel 1495 il senese prepara e fa esplodere la mina per riconquistare
Castelnuovo contro gli occupanti francesi: molti, del resto, sono i Più innanzi, nello stesso manoscritto, leggiamo a proposito delle
disegni di mine presenti nel suo Trattato, di cui dovette certamen- opere dirette dal Martini per il nuovo castello di Baia e per una «ca-
te tener conto Leonardo nei tanti grafici da lui dedicati all’ambito samatta» a difesa di Castelnuovo presso la torre del Beverello:
dell’artiglieria, in parte ritrovabili anche nel nostro Codice9. Nella
Cronaca della Napoli aragonese del Ferraiolo si legge riguardo alla ri- La bastia sopre Baia, per defencione de Vaia; lo quale èi una bella cosa,
strutturazione di Castel Sant’Elmo intrapresa nella stessa epoca da con quelle casematte e defese ben ordinate. Et in quisto ditto anno
Francesco di Giorgio: dello mese di ottufro la ditta maistà del sig[nore] re fece fare una bastia
chiamata casamatta alla ponta dello fusso dello Castiello Novo, appiede
Un messere Francisco, senese, tavolario della maistà del sig[nore] la torre de Viviriello; et, se ditta casamatta fosse stata sconputa, forrìa
re Alfonzo et mastro zufficiente de adificie, in ditto anno 1495, a dì stata disfacìone de questa citate in ditta guerra.
Capitolo terzo
82
stelnuovo potrà procedere secondo l’idea iniziale12. Egli, dunque, si
afferma anche nel Mezzogiorno come «ingegnario», sia provveden-
do alle fortificazioni del regno contro la minaccia turca e francese
(opera anch’essa proseguita dal Marchesi e dal Pontelli, specie in
Puglia e in Calabria), sia operando in campo idraulico, come quan-
do concepisce un importante ‘ingegno’ da realizzare in Castelnuovo
per il sollevamento dell’acqua: la macchina, sistemata in adiacenza
della cortina del castello, attraverso un sistema di pompe attingeva
all’acquedotto sotterraneo per il fabbisogno idrico della cittadella.
I Trattati e il Liber machinarum di Francesco di Giorgio ci mostrano
macchine dalla straordinaria varietà di forme, spesso antropomorfe
e rigorosamente modulari. Nel campo dell’architettura militare va
riconosciuta l’affinità delle opere da lui progettate nel Mezzogior-
no con le altre che egli realizza nel resto d’Italia: se all’indomani
dell’introduzione della polvere da sparo si era ovunque provveduto
alla sostituzione delle alte torri medievali con torrioni bassi e larghi
per la difesa radente, con Francesco di Giorgio vengono introdotti
puntoni, bastioni, rivellini, orecchioni, ossia strutture salienti e ri-
entranti per la difesa delle mura. In molti casi le sue idee vengono
realizzate nel corso degli anni, come deve essere accaduto anche per
Castel Sant’Elmo, la cui pianta pseudostellare adottata dall’Escrivá è
quella già tracciata dal Martini dopo la demolizione delle due torri
preesistenti. Egli, secondo quanto attestano vari documenti, redige i
grafici sulla base dei quali i capimastri eseguono modelli utili per gli
artefici locali; altri elaborati vengono ridotti in forma ‘pulita’, come
abbiamo visto nel caso di Fra Giocondo, per la redazione di trattati
a scopo divulgativo13.
In definitiva, l’attività napoletana di Francesco di Giorgio è di im-
portanza almeno pari a quella da lui svolta ad Urbino: a Napoli le
sue idee si confrontano con quelle di Fra Giocondo, in continuità
con quelle di Giuliano da Maiano e di Giuliano da Sangallo, dopo
essersi già arricchite nel 1490 a Milano di quelle di Leonardo e di
Bramante. Fiore si chiede dunque se, nel caso del senese, «non sia
stata la prassi a precedere la sistematizzazione trattatistica, che ne
ha poi vagliato e moltiplicato i suggerimenti»14, con quel continuo
procedere dalla pratica alla teoria e viceversa che era tipico del me- Francesco di Giorgio Martini, Bastioni e fortezza con casematte, Cod.
Magliabechiano II. I. 41, c. 241r, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale
todo vinciano. Va tenuto presente, ad esempio, il fatto che dopo il (da Fiore)
1478 (quando Federigo di Montefeltro e il duca di Calabria sono
alleati nel vittorioso assedio di Volterra) per le torri di difesa si pas-
sa nuovamente dalla forma poligona, già diffusa intorno alla metà alte rispetto al piano esterno. Lo stesso Sanuto16 narra che i «Fran-
del secolo, al modello circolare vitruviano, per pervenire infine alla zesi veramente etiam loro bombardava ditto Castelnuovo, maxime
cinta bastionata nei decenni successivi. Un fatto è certo: l’esperienza la parte di la cittadella, tamen faceva poco danno, et poco più bas-
napoletana di Francesco di Giorgio si svolge tutta a valle dell’incon- so che li merli si poteva bombardare el Castello, et solum da una
tro milanese con Leonardo; è possibile che lo scambio tra i due si banda…». Insomma a Napoli Francesco di Giorgio applica quella
sia attuato in termini di idee e di metodologie da parte del genio che si chiama struttura di fiancheggiamento ‘in alzato’, cui Leonar-
vinciano e di tecnica e di pratica della machinatio da parte del se- do conferirà solo qualche anno più tardi una coerente geometria:
nese, potendo quindi le due personalità incidere sull’ingegneria del rinunciando al fiancheggiamento ‘orizzontale’, da cui scaturisce la
Mezzogiorno, direttamente o indirettamente, in maniera completa. nuova pianta stellare, il senese adotta per l’ultima volta la sagoma cir-
Una considerazione tecnica va fatta riguardo alla tipologia muraria colare nell’ambito dell’ampio quanto «rapidissimo» piano di difesa
adottata da Francesco di Giorgio prima nel feudo dei Montefeltro, predisposto dagli aragonesi. Così ancora Sanuto: «In quel tempo el
poi a Castelnuovo15. Mentre a partire dalla fine del Quattrocento si re Alphonso fece far fortezza sopra el monte San Martino, et cavar
va diffondendo per le mura un profilo ampio ma basso, immerso le mura si aggiongeva a Napoli, qual abbrazavano tutto el monte de
nel suolo, delegandosi ai fossi e ad opere accessorie il compito della San Martino sino al Castel Nuovo»17.Va notato peraltro come queste
protezione dal cannone, le fortezze realizzate dal Martini, essendo ultime parole, alludendo chiaramente all’idea di un coinvolgimento
elementi di difesa e di dominio nel contempo, si ergono molto della collina nel circuito murario sin dalla fine del regno aragonese,
smentiscano l’opinione diffusa che solo in età toledana si pensi di
superare, sul versante occidentale della città, il segno del fossato della
12
La cittadella verrà modificata a partire dal 1518 dagli spagnoli con la nuova forma
pentagona del «parco».
13
Ivi, pp. 230-233.
14 16
F.P. Fiore, op. cit., p. 47. La spedizione di Carlo VIII…cit., p. 241.
15 17
Ivi, p. 101. Ivi, p. 191.
cinta muraria corrispondente al tracciato della futura strada Toledo. ereditato dagli ingegneri medievali e da quelli del primo Quattro-
Nei disegni del codice Magliabechiano è da riconoscersi dun- cento, adottando con convinzione una linea filologica e classicisti-
que il riflesso dell’attività svolta da Francesco di Giorgio presso ca20: il senese, anche in virtù dell’oscurità del testo latino, non imita
gli aragonesi, specie con riferimento al recinto fortificato di Ca- le forme dell’antichità, ma ne recupera le tecniche, rapportandole
stelnuovo, da lui intrapreso nel 1494 con quattro vertici bastionati alle esigenze moderne e all’attualità dei problemi meccanici. Ma se
in opera provvisoria: le strutture verranno compiute dal Marchesi nel Cinquecento lo scientismo di ambito veneto, da Daniele Bar-
solo dopo la cacciata dei francesi, secondo le forme rappresenta- baro a Giovanni Maria Falconetto, coglierà la lezione martiniana
te da Francisco de Holanda nel 1540 con quattro vertici dotati di unicamente per progredire negli studi di meccanica, balistica e geo-
«rondelle» e un bastione poligonale18. Con riferimento a quest’ulti- metria dei moti, nei trattati di architettura il carattere originale e
mo, va tenuto presente quanto accennato dall’Adams19 a proposito dinamico delle macchine di difesa di Francesco di Giorgio e la sua
del consulto di ingegneri voluto da Leone X nel 1517 – al qua- stessa idea urbana antropomorfa cederanno il passo a schemi stereo-
le parteciparono, tra gli altri, Antonio da Sangallo il Giovane e lo tipati, ispirati ad astratti principi geometrico-astrologici o a mere
stesso Marchesi – sulla tipologia innovativa del bastione angola- esigenze funzionali dettate dalla pratica militare.
re: la soluzione adottata a Napoli per il bastione di Santo Spirito Questo dunque il terreno di dibattito e sperimentazione dell’in-
o del Parco rispecchierebbe quindi queste scelte e anche il pro- gegneria a Napoli nel momento in cui la città si accinge ad essere
gramma che don Pedro di Toledo avvierà a partire dal 1536 per le capitale del viceregno spagnolo nel 1503. Leonardo è ancora nel
nuove fortificazioni del viceregno non potrà non tenerne conto. pieno delle sue ricerche e speculazioni teoriche, ma è già ben noto
In effetti l’opera di Castelnuovo deve aver contato molto nella ma- nell’ambiente scientifico meridionale, come dimostrano anche i
turazione da parte di Francesco di Giorgio di quei principi generali citati studi sulle origini della diffusione del leonardismo tra Roma
che lo avvicineranno sempre più al macchinismo vitruviano, cui egli e Napoli21. Non è da escludere, però, una qualche influenza sul
riuscirà a ricondurre, senza dilapidarlo, il ricco patrimonio tecnico genio vinciano anche da parte del vivace ambiente culturale della
20
F.P. Fiore, op. cit., p. 142.
18
F.P. Fiore, op. cit., pp. 137-138. 21
Leonardo e il leonardismo a Napoli e a Roma, a cura di A.Vezzosi, Firenze, Giunti-
19
Francesco di Giorgio architetto, cit., p. 313, scheda di N. Adams. Barbera, 1983.
Capitolo terzo
84
capitale aragonese. Infatti Pacioli, prima di incontrare Leonardo a pubblica l’inventario nel 1935, azzarda l’ipotesi, in verità piuttosto
Milano e poi a Firenze, tra il 1488 e l’89 è presente a Napoli come discutibile, che il testo possa essere stato donato direttamente da
insegnante di matematica e illustratore di testi antichi sull’arte Leonardo al cardinale d’Aragona (sappiamo invece che questi non
della guerra, venendo in contatto con autorevoli umanisti di corte, ebbe neppure modo di sfogliare i trattati che il maestro diceva
quali Conte di Sano e Giovanni Pontano. Sebbene non vi sia trac- di aver compilato) 26 e da costui alla nipote Costanza d’Aragona
cia di un viaggio di Leonardo a sud di Roma, Pedretti 22 sostiene d’Avalos – poi andata in sposa ad Alfonso II Piccolomini, terzo
l’ipotesi ragionevole della sua conoscenza dell’ambiente dei mate- duca di Amalfi e conte di Celano –, per passare in seguito ad In-
matici napoletani proprio attraverso Pacioli, che egli incontrerà a nico, quindi alla figlia Costanza e perdendosene infine le tracce27.
Milano subito dopo la sua trasferta napoletana. Per riferirci all’am- Ora, qualunque sia stato l’iter del codice fino a giungere al duca
bito architettonico, va ricordato che ciò avviene proprio negli di Amalfi, come evidenzia Pedretti in uno schema generale dei
anni in cui gli studi di Giuliano da Sangallo per il nuovo palazzo manoscritti vinciani 28 potrebbe essersi trattato addirittura di uno
reale di Ferrante I d’Aragona e quelli di Giuliano e Benedetto da degli originali che non giunsero mai a Melzi; certo è che, se met-
Maiano per la Villa di Poggioreale vanno diffondendo un modello tiamo in relazione l’esistenza del manoscritto con gli apografi vin-
destinato a riflettersi, non a caso, nei noti progetti di Leonardo per ciani certamente posseduti a Napoli dal Pinelli nella stessa epoca
la villa di Charles d’Amboise a Milano e per la residenza di Fran- (prima cioè di ritirarsi a Padova) e con l’eco già suscitata dal diario
cesco I a Romorantin in Francia. di de Beatis, possiamo avere una chiara idea di come, prima ancora
Leonardo entra quindi in contatto, sia pure indirettamente, con il della vicenda settecentesca di cui ci occuperemo, il pensiero vin-
fervido cenacolo degli scienziati napoletani, procurandosi e stu- ciano andasse ormai radicandosi nell’ambiente napoletano.
diando, tra l’altro, l’opera di Luca Gaurico sulla quadratura del Ma c’è dell’altro. Tra i testi dell’inventario della biblioteca Piccolo-
cerchio (1503) 23 ; problema che, come abbiamo visto, costituisce per mini troviamo una «Iperothomachia Philofili» che sta chiaramente
lui motivo di continuo interesse, ma anche di autentico assillo 24 . per la nota Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna (1499)29,
Nel contempo, a Napoli dovette giungere l’eco degli studi già un «Luca Gannico» che sta per Gaurico, ossia, con ogni probabilità,
in atto da qualche anno da parte dello stesso Leonardo e del suo il citato testo del 1503 sulla quadratura del cerchio e, soprattutto, una
programma finalizzato alla redazione di trattati sistematici in cui copia del «Divina proportione» di Pacioli (1509): l’esistenza di que-
compendiare i risultati delle proprie ricerche; tanto che nel 1504 ste opere nella biblioteca del duca di Amalfi conferma l’alto grado
l’umanista napoletano Pomponio Gaurico, fratello di Luca, nel suo di aggiornamento scientifico, tutto all’insegna del leonardismo, che
De sculptura gli attribuisce il noto appellativo di «archimedeo in- l’ambiente culturale napoletano ampiamente mostrava già intorno
gegno notissimus». È possibile allora, in definitiva, propendere per alla metà del Cinquecento.
un proficuo reciproco scambio.
Un altro importante passaggio riguardante la diffusione della fama Che lo scenario professionale della capitale nella prima età vicereale
e della dottrina vinciana in ambito napoletano è sicuramente se- fosse popolato di personaggi di particolare levatura è dimostrato
gnato dalla descritta visita, nell’ottobre 1517, del cardinale Luigi dall’opera di Giovanni Donadio, di Giovan Francesco di Palma, di
d’Aragona a Leonardo presso lo studio di questi ad Amboise. Al Gabriele d’Agnolo e di molti altri che pure citeremo, ben indagati
ritorno della spedizione a Napoli, il diario di de Beatis dovette dagli studiosi del Rinascimento meridionale. Ma, sotto il profilo
rappresentare una testimonianza preziosa, destinata certamente a
suscitare particolare interesse nell’ambiente della capitale del Mez-
mini d’Aragona Duchi di Amalfi, un quadro di Raffaello e la biblioteca di Papa Pio II, in
zogiorno, già ben attrezzato, come testimoniano gli studi di Ro- Studi sulla Repubblica Marinara di Amalfi, a cura del Comitato per la Celebrazione di
berto Pane, nel recepire gli stimoli rinascimentali: quest’esperien- Amalfi Imperiale, Salerno, Spadafora, 1935, pp. 97 sgg.; A. D’Arrigo, Un frammento
za valse certamente a rafforzare tali riferimenti nella città vicereale inedito di Leonardo e la relatività, in «Sophia», XXVI, nn. 1-2 (genn.-giu. 1958), pp.
226 sgg.; C. Pedretti, Leonardo da Vinci On Painting a lost Book (Libro A) reassembled
e a trasmettere agli architetti-ingegneri napoletani, insieme con from the Codex Vaticanus Urbinas 1270 and from the Codex Leicester/with a Cronology
quanto ereditato dall’attività di Francesco di Giorgio, le basi della of Leonardo’s “Treatise on Painting”, Berkeley-Los Angeles, University of California
Press, 1964, pp. 257-258; A. Chastel, Luigi d’Aragona: un cardinale del Rinascimento in
metodologia tecnico-scientifica di marca leonardesca. Si può dire viaggio per l’Europa, Roma-Bari, Laterza, 1995, pp. 83-84. I libri potrebbero essere
che, a partire dagli inizi del Cinquecento sino al principio dell’età finiti nella biblioteca di papa Pio II Piccolomini, oppure essere passati in possesso
contemporanea, la tradizione vinciana non vedrà a Napoli solu- dei Peretti, famiglia del papa Sisto V, allorché il castello venne loro in possesso alla
fine del Cinquecento. In ogni caso, per quanto abbiamo potuto cercare, del codice
zione di continuità, specie per quanto attiene allo sviluppo della non si ha più alcuna notizia.
ricerca nel campo delle scienze applicate e alla maturazione della 26
Un’altra ipotesi potrebbe essere quella che il manoscritto sia giunto in possesso
del cardinale d’Aragona attraverso la cugina Isabella – figlia di Alfonso II d’Aragona
figura professionale che stiamo tratteggiando. – che nel 1489 era andata in moglie a Gian Galeazzo Sforza, per il quale Leonardo
aveva lavorato durante il suo primo soggiorno milanese.
27
A tutto ciò non potè non contribuire l’accertata presenza a Napoli, Innico muore nel 1566, andando i suoi beni a Costanza, unica figlia, quinta du-
chessa di Amalfi, che nel 1571 sposa Alessandro Piccolomini marchese di Deliceto,
almeno dalla metà del XVI secolo, di manoscritti vinciani: uno di da cui poi si separa senza figli, ritirandosi infine presso il convento della Sapienza
essi è menzionato come «un libro intitulato Leonardus scritto a mano» a Napoli e lasciando tutti i suoi beni mobili allo zio paterno, Alfonso Piccolomini
d’Aragona: cfr. G.M. Monti, op. cit., p. 127; I. Puglia, I Piccolomini d’Aragona duchi di
in un inventario del 1566 (confermato in una verifica notarile del Amalfi (1461-1610). Storia di un patrimonio immobiliare, Napoli, Edit. Scientifica, 2005.
1568) relativo ai libri della biblioteca di Innico Piccolomini duca di Suggestiva appare l’ipotesi del Monti che la biblioteca romana dei Piccolomini, in
Amalfi, all’epoca custoditi nel castello di Celano25. Il Monti, che cui i libri dovettero giungere, sia stata lasciata da Costanza, in solido con il palazzo
di famiglia, ai Teatini; si spiegherebbe così l’attuale presenza, presso la Vaticana, di
numerosi codici presenti negli inventari citati, escluso però il testo vinciano. Altri
libri, però, potrebbero essere confluiti nella biblioteca dei Piccolomini a Siena,
22
C. Pedretti, «Archimedeo ingegno notissimus», in Leonardo e il leonardismo... cit., p. 118. oppure essere passati in proprietà dei Peretti, famiglia del papa Sisto V, allorché il
23
L. Gaurico, Tetragonismus idest circuli quadratura per Capanu archimede Syracusanu castello di Celano venne in loro possesso alla fine del Cinquecento. Purtroppo, allo
atque boetium mathematicae perspicacissimos adinuenta,Venetiae, G.B. Sessa, 1503. stato attuale, non ci è dato di individuare il «Leonardus».
28
24
Ivi, p. 117. C. Pedretti, Leonardo da Vinci’s On Painting…cit., pp. 256-257.
25 29
Archivio di Stato di Napoli (d’ora innanzi ASNa), Monasteri soppressi, vol. 3208 Cfr. in proposito H.-W. K ruft, Storie delle teorie architettoniche. Da Vitruvio al
bis, ff. 35 sgg., mss. del 30 settembre 1566 e del 16 marzo 1568. Si tratta dei libri di Settecento, Roma-Bari, Laterza, 1987-88, I, pp. 61-64. Potrebbe però trattarsi di
Innico e non di Alfonso, come invece afferma Pedretti. Cfr. G.M. Monti, I Piccolo- una delle successive edizioni francesi (1546, 1554).
Capitolo terzo
86
Inventario dei volumi della biblioteca di Innico Piccolomini duca di Amalfi custoditi nel castello di Celano nel 1568; particolare con l’indicazione di un
manoscritto «intitulato Leonardus». Napoli, Archivio di Stato, Mon. soppr., vol. 3208bis, f. 54v
Sarà utile soffermarci sulla figura di Theti per il suo significativo Tornato in Italia, in Veneto Theti sostituisce lo scomparso Sanmi-
contributo alla formazione di un’identità professionale che prende cheli nelle opere in atto a Verona e a Bergamo46: qui, nella città alta,
le distanze da un’ingegneria militare ormai sempre più spesso chiusa gli viene tra l’altro attribuita la costruzione del Bastione della Cap-
verso stimoli più ampi offerti dal campo dell’architettura e dell’in- pella, in cui si constata la capacità dell’ingegnere di adattare schemi
gegneria civile. di fortificazioni ormai ‘standardizzati’ ad un sito orograficamente
Egli soggiorna a Napoli tra il 1550 e il 1560, allorché, dopo aver assai complesso47. Influenzato anche dalle idee di Giovan Giacomo
partecipato a una missione militare in Tunisia, elabora la nota pian- Leonardi, egli mostra di fare ogni sforzo perché l’arte delle for-
ta della capitale vicereale39: vi risultano già in parte eseguite alcu- tificazioni venga sottratta ai «pratici» militari e ispirata alle regole
ne delle opere urbanistiche intraprese da don Pedro (si notino i sostenute dagli «scienti»: insomma una posizione forte sul piano teo-
Quartieri Spagnoli tracciati solo nella parte prossima a via Toledo), rico, destinata a fare la differenza rispetto alla maggioranza degli altri
cui lo stesso Theti potrebbe aver collaborato40. Il successivo viceré professionisti e a collocare Theti sulla scia dei trattatisti del primo
Prospero Colonna, nel farsi parte attiva nelle guerre contro i Turchi Rinascimento.
nel Mediterraneo tra il 1560 e il 1580, si avvale probabilmente pro- Negli anni ’70 egli lavorerà nei ducati dei Savoia, degli Estensi e dei
prio dell’ingegnere nolano in materia di fortificazioni. Attraverso Medici. Una nuova edizione dei Discorsi sarà data alle stampe nel
il Colonna, Theti entra alla corte di Massimiliano d’Asburgo, cui 1589 a Venezia, poco prima della morte dell’autore, per i tipi di Fran-
dedica i Discorsi, editi a Roma da Giulio Accolto grazie all’aiuto di cesco de Franceschi (l’editore di Serlio). Theti vivrà a Padova gli
vari amici ed estimatori: l’opera è il frutto di decenni di studi sulle ultimi anni a stretto contatto con Pinelli, personaggio di spicco del
tante fortezze d’Italia e del Mediterraneo, ma anche di molte espe- mondo culturale del secondo Cinquecento, che abbiamo ricordato
rienze militari al seguito del viceré. Acquisita la fama di importante anche a proposito di un codice leonardesco in suo possesso, poi pas-
ingegnere militare insieme con Francesco de Marchi41 e il tedesco sato all’Ambrosiana all’atto della fondazione: genovese, ma vissuto a
Daniel Speckle,Theti trascorrerà lunghi anni (fino al 1576) alla corte Napoli fino al 1558 e poi trasferitosi a Padova, appassionato vinciano,
austriaca e al servizio dei duchi di Baviera, occupandosi anche di collezionista e bibliofilo, dopo aver diffuso nella capitale del vicere-
numerose fortezze e operazioni militari nei Paesi Bassi. gno spagnolo ulteriori germi di leonardismo, Pinelli farà della nuova
L’ingegnere e matematico salernitano Gasparo Mordente, giunto casa padovana il simbolo di un colto collezionismo documentario.
anch’egli a Vienna nel 1572, scrive su richiesta dell’Imperatore Ro- Nella sua dimora troverà posto, oltre alla celebre biblioteca, una vera
dolfo II un trattato sul compasso – strumento da lui studiato insieme e propria accademia di arte e di letteratura; in questo ambito, egli
con il fratello Fabrizio – pubblicato ad Anversa nel 158442; ma già stringerà con Theti un rapporto di così grande amicizia che alla
nel ‘75 Theti introduce una descrizione del compasso ad uso delle morte dell’ingegnere sosterrà le spese del funerale, pronunciando
operazioni topografiche militari nella seconda edizione dei Discorsi anche un importante elogio funebre e dettando l’epigrafe per il se-
pubblicata a Venezia, che i Mordente hanno certamente occasione polcro tuttora esistente nel chiostro della basilica di Sant’Antonio48.
di leggere a Vienna. Il compasso di Theti è pure raffigurato in una Tutto ciò ci conferma quanto, con riferimento agli evidenti interessi
tavola dell’edizione della stessa opera del 1617 (Vicenza, G. de Fran- vinciani, è possibile desumere dall’intera opera teorica del nolano.
ceschi) e citato dal Pinelli in uno dei manoscritti conservati all’Am- Attraverso i Discorsi si comprende come Theti si sforzi di conciliare
brosiana, dal titolo Osservazioni per regolare le operazioni del compasso43. teoria e pratica, non essendo per lui possibile, come del resto ave-
Tra i numerosi scritti militari un tempo nella raccolta Pinelli, sono va dimostrato Leonardo, privilegiare la ragione sull’esperienza, né
anche i Discorsi vari in materia di Fortificazione co’ suoi disegni, elabo- farsi guidare solo dalle consuetudini: proprio come il maestro to-
rati da Theti a partire dal 157644, originariamente carte strategiche scano, egli giunge a formulare nuove teorie direttamente attraverso
riservate, che i principi tenevano a non diffondere. Successivamente, i principi della geometria euclidea e delle sue applicazioni, propo-
come è noto, sarà Galileo a perfezionare lo strumento45. nendo anche strumenti innovativi da adoperare nella misurazione
e rappresentazione dello spazio. D’ora innanzi, la geometria delle
39
Cfr. Iconografia delle città in Campania. Napoli e i centri della provincia, a cura di C. de 46
G. Mazzi, Il Cinquecento: i cantieri della difesa, in L’architettura a Verona nell’età della
Seta, A. Buccaro, Napoli, Electa Napoli, 2006, p. 120, scheda di M. Iuliano.
40 Serenissima, a cura di P.P. Brugnoli, A. Sandrini, Verona, Banca Popolare di Verona,
G. Mollo, Carlo Theti…cit., p. 96. 1988, I, pp. 130-133.
41
L’architettura delle fortificazioni: innovazioni e riuso nelle città del Mediterraneo, a cura 47
G. Mollo, Carlo Theti…cit., p. 105.
di C. Robotti, P. Argenziano, Lecce, Ediz. del Grifo, 2005. 48
42 Si veda P. Gualdo, Vita Ioannis Vincentii Pinelli patricii genuensis. In qua studiosis
Del Compasso del Signor Fabrizio Mordente con altri istrumenti matematici, ritrovati da bonarum artium, proponitur tyus probi & eruditi. Autore Paulo Gualdo, patricio vicentino,
Gasparo suo fratello, Anversa, C. Plantino 1584. Augustae Vindelicorum, Excudit Christophorus Magnus, 1607; G. Tiraboschi, Sto-
43
Cfr. G. Mollo, Carlo Theti…cit., p. 113. ria della Letteratura italiana, Milano 1833, VII, parte I, pp.241; P. Napoli Signorelli,
44
Biblioteca Ambrosiana, D. 183 inf., cit. in G. Mollo, Carlo Theti…cit., pp. 128-132. Vicende della cultura nelle Due Sicilie, o sia Storia ragionata della loro legislazione e po-
45
G. Galilei, Le operazioni del compasso geometrico et militare, Padova, per P. lizia, delle lettere, del commercio, delle arti, e degli spettacoli dalle colonie straniere insino a
Frambotto, 1649. noi..., Napoli,V. Flauto, 1784-86, t. IV, pp. 249-253; G. Mollo, Carlo Theti…cit., p. 112.
49
G. Mollo, Carlo Theti…cit., p. 121.
50 52
Ibidem. Ibidem.
51 53
Id., I Discorsi delle fortificationi…cit., p. 289. P.C.Verde, Domenico Fontana a Napoli. 1592-1607, Napoli, Electa Napoli, 2007.
Capitolo terzo
88
che vengono a Fontana dall’architettura spagnola sorta sotto Filippo
II, segnatamente l’Escorial e gli alcazàr.
Messo in cattiva luce presso il nuovo papa Clemente VIII da alcuni
colleghi, nel 1592 egli decide di accettare l’invito del viceré conte di
Miranda di recarsi a Napoli per occuparsi del riequilibrio idraulico di
quella parte della Terra di Lavoro compresa tra Nola e il Lago Patria.
Dopo aver ricevuto l’ufficio di regio ingegnere dal viceré nell’agosto
1593, solo un anno più tardi si stabilisce definitivamente nella capitale,
lasciando a Roma il fratello Giovanni e il nipote Carlo Maderno a
portare avanti i cantieri in atto. Nel 1604 assumerà il ruolo di «Regio
Ingignerio et Architetto Maiore et super intendente de tutte le fa-
briche del Re nel Regno de Napoli»54, che manterrà fino alla morte.
L’opera di Fontana per i Regi Lagni55, intrapresa nel 1594, consistette Nomina di Bartolomeo Picchiatti «Architecti majoris (Vulgo Ingeniero)»,
1628. Napoli, Archivio di Stato, Cancelleria e Consiglio del Collaterale, Offic.
nella realizzazione di un nuovo canale rettilineo atto a convogliare suae majestatis, n. 10
le acque del Clanio tra Castelvolturno e Lago Patria; ma i lavo-
ri furono sospesi per mancanza di fondi, venendo ripresi solo nel
1598 e proseguiti dal figlio Giulio Cesare dopo il 1607. Egli si era borbonico, via via incrementandosi grazie alle innumerevoli espe-
occupato sotto Sisto V dell’acquedotto Felice e del prosciugamento rienze degli ingegneri camerali in tutto il territorio meridionale.
delle paludi pontine, nel secondo caso con un successo solo parziale: Si comprende dunque come sul principio del Seicento l’ambiente
l’esperienza gli servì comunque per intervenire in Terra di Lavoro, professionale del Mezzogiorno – già pregno da un secolo, grazie
realizzando una delle opere idrauliche di maggior respiro dell’età all’azione di Francesco di Giorgio, dei principi di meccanica e di
vicereale. Un altro importante intervento eseguito da Fontana entro idraulica sperimentati dai senesi, diffusi dall’azione vinciana e infine
il 1599 fu il canale per convogliare parte delle acque del Sarno fino veicolati dalla trattatistica – abbia tratto dal contributo di Fontana
a Torre Annunziata56, servendo i mulini di Scafati e riservando così un’ulteriore occasione per rafforzare la propria fisionomia e im-
le acque della Bolla alle sole esigenze della città di Napoli: al di là postare per sempre l’identità dello scienziato-artista, fondandola su
degli aspetti tecnici dell’opera – sulla cui correttezza, come si vedrà, solide basi tecnico-scientifiche e rendendola disponibile a nuove
non vi fu unanime giudizio – è noto come in questa occasione l’ar- inaspettate esperienze. Ma all’alba del Grand Siècle, come è noto
chitetto non abbia mostrato particolare sensibilità nei confronti di dalle vicende politico-religiose ed economico-sociali che fino agli
alcuni ritrovamenti riferibili alla città sepolta di Pompei, che verrà anni ’50 caratterizzeranno il più ampio scenario italiano ed europeo,
scoperta solo un secolo e mezzo più tardi. la strada della scienza e, quindi, del nostro professionista, non era
Tutte queste opere, come del resto la consulenza prestata da Fon- ancora del tutto spianata.
tana per la soluzione degli annosi problemi dell’acquedotto di Ca- La crisi sociale iniziata durante il viceregno spagnolo, le scelte as-
pua, sono dettagliatamente descritte nei paragrafi da lui dedicati alla sai discutibili del governo di Madrid in materia di infrastrutture e,
materia idraulica in Della trasportazione dell’obelisco vaticano…Libro soprattutto, il malcostume e la corruzione dei tecnici e degli appal-
secondo in cui si ragiona di alcune fabriche fatte in Roma, et in Napo- tatori – che, come si comprende dai numerosi quanto inutili prov-
li, edito nella capitale vicereale nel 1604: è tale l’approfondimento vedimenti adottati fino a tutto il primo periodo borbonico, carat-
tecnico-descrittivo, con riferimento ai metodi di progettazione e terizzeranno ancora nel Settecento il settore delle opere pubbliche
realizzazione di condotti d’acqua sotterranei o esterni, che quest’o- – non impediranno il rafforzarsi dell’identità dell’architetto «vulgo
pera di Fontana appare come un autentico manuale di ingegneria e ingeniero», secondo la definizione data nei documenti, non a caso,
un chiaro intendimento promozionale della disciplina. proprio al Picchiatti.
Abbiamo già accennato, nella nostra introduzione, alla diversità di Sebbene ancora per tutto il viceregno austriaco perdurerà la disat-
giudizi critici riservati a Fontana57 e a quanto riuscisse a pesare, tenzione del governo nei confronti delle problematiche sociali e
anche a Napoli, l’invidia dei colleghi sia sull’opera del Sarno che territoriali del Meridione, ciò non impedirà alla classe professionale,
sul progetto per il nuovo porto della capitale58; è però un fatto che impegnata nel contempo in molte opere di committenza reale, no-
quest’ingegnere civile, meccanico e idraulico abbia lasciato traccia biliare o religiosa, di perfezionare e diffondere il proprio bagaglio
del proprio metodo nei protagonisti dell’ingegneria e dell’architet- tecnico e artistico, preparandosi così degnamente ad accogliere le
tura napoletana del Seicento, primo fra tutti Bartolomeo Picchiat- grandi innovazioni del Secolo dei Lumi.
ti59. Dal Libro secondo emergono le preziose conoscenze tecniche
che, grazie a Fontana, avranno diffusione fino all’inizio del regno Quel ‘filo rosso’ segnato, nella scienza e nella professione, dal me-
todo vinciano, che si corrobora nell’esperienza napoletana di Fon-
tana, si trova ad attraversare nella capitale del Mezzogiorno, sin dal
54
Ivi, p. 14. primo Seicento, da un lato i terreni insidiosi di una scienza ancora
55
G. Fiengo, I regi lagni e la bonifica della Campania Felix durante il viceregno spagnolo, troppo lontana dal divenire applicata, dall’altro quelli di una prati-
Firenze, Olschki, 1988.
56
P.C.Verde, op. cit., p. 17.
ca che si sforza, con difficoltà, di coniugare il metodo leonardesco
57
D. Fontana, Della trasportatione dell’obelisco vaticano, ried. a cura di P. Portoghesi, con il vernacolare e l’esoterico. Nel primo caso faremo riferimen-
Milano, Il Polifilo, 1978, passim; P.C.Verde, op. cit., pp. 90-97. to al pensiero di Giovanni Battista Della Porta, nel secondo allo
58
Si veda in particolare F. Strazzullo, Stigliola contro Fontana per il nuovo porto di
Napoli, Napoli, Il Fuidoro, 1957; T. Colletta, Napoli, la città portuale e mercantile. La
sforzo di sistematizzazione teorica e di riduzione manualistica del-
città bassa, il porto e il mercato dall’VIII al XVII secolo, Roma, Kappa, 2006, passim. la propria esperienza professionale tentato dall’ingegnere idraulico
59
F. Baldinucci, Nota de’ pittori, scultori er architettori che dall’anno 1640 sino al pre- Giovanni Antonio Nigrone.
sente giorno hanno operato lodevolmente nella città e Regno di Napoli, cod. misc., Firenze,
Biblioteca Nazionale Centrale, pubbl. in G. Ceci, Scrittori della storia dell’arte napole- Abbiamo accennato al contributo dato, nel prosieguo degli studi
tana anteriori al De Dominici, in «Napoli nobilissima»,VIII, 1899, p. 164. di Leonardo, dal Della Porta nella sua Magia Naturalis del 1589, spe-
Influenza e diffusione del metodo vinciano
89
cie con riferimento alle proprietà della camera oscura e delle lenti
concave e convesse: con ogni probabilità egli si servì anche di ma-
noscritti vinciani per approfondire i propri studi di fisiognomica
e di ottica, che gli consentirono di precorrere Galileo nella prima
sperimentazione del cannocchiale60. Va sottolineata, per inciso, la
vivacità della cultura meridionale di quel periodo che, come si sa,
vide proprio in Della Porta, insieme con Tommaso Campanella,
esponenti di spicco, certamente stimolati dal pensiero eversivo di
Giordano Bruno, con il quale ebbero stretti contatti.
Cerchiamo allora di cogliere la misura della vicinanza del Nigrone
al dibattito scientifico in atto a Napoli e, viceversa, quanto egli
se ne distacchi nei termini di un’adesione alle pratiche magiche,
all’astrologia, alla rabdomanzia e nell’uso di tali discipline ‘non ca-
noniche’ nell’esercizio della professione. Quest’«ingegniero de ac-
qua» dovette entrare in contatto con Della Porta sia lavorando a
Vico Equense (ove lo scienziato pubblicò nel 1586 il suo De humana
physiognomonia) sia per la comune conoscenza del cardinale d’Este;
più che probabile è pure una sua frequentazione con l’altro celebre
naturalista napoletano, Ferrante Imperato, che come lui fu partico-
larmente attratto dagli studi di idraulica e di botanica.
Il contributo di Nigrone, cittadino napoletano ma di famiglia fio-
rentina61, può apparire in più punti il semplice tentativo di dare
spiegazioni ‘trascendenti’ ai principali fenomeni naturali e ai loro
effetti sulla vita umana, e non certo il prosieguo della grande sta-
gione dei meccanici e degli idraulici cinquecenteschi, fondata su
continui rimandi tra scientismo e sperimentalismo. Tuttavia, attra-
verso un’analisi più attenta degli splendidi manoscritti presenti nella
Biblioteca Nazionale di Napoli62, si può riconoscere in questa bozza
di trattato in materia di scienze e tecniche dell’ingegneria, e nelle
immagini allegate di strumenti topografici, fontane e altri congegni
ideati per le opere «di acqua», tutto il bagaglio tecnico-professionale
Giovanni Antonio Nigrone, autoritratto, da Id., Vari disegni di G.A. Nigrone,
acquisito, specie nel campo dell’ingegneria idraulica, nel corso di 1585-1609, f. 9r. Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. XII.G.59
un secolo, finalizzato ad un’utile trasmissione di quel sapere pratico,
che contribuirà fortemente agli sviluppi della professione in ambito
meridionale nel Settecento. figura dello scienziato-artista: nella lunga e consistente produzione di
Negli stessi anni in cui si svolge l’attività napoletana di Fontana, quest’ingegnere, svoltasi già a partire dagli anni ‘70 a Roma con lo
la figura di Nigrone trova nei suoi molteplici interessi e nel cam- stesso Fontana, troviamo l’espressione più genuina di un professioni-
po specifico dell’architettura «dell’acqua» le ragioni per una fusione sta per il quale la scienza idraulica è mirata alla realizzazione di opere
tra scienza e arte, dando prova, nei numerosi progetti di fontane, d’arte atte ad inserirsi in un ambiente urbano fortemente dominato
a Napoli come a Vico Equense, ad Avellino come a Firenze o a proprio dai ‘giochi’ d’acqua.
Roma, di saper governare a tal punto quell’elemento da riuscire ad La frequente deroga portata da Nigrone nei suoi progetti di fon-
esprimerne tutte le valenze dinamiche, plastiche e persino sonore, tane alle norme del classicismo, con l’adozione di un linguaggio
certamente non rese appieno dalle pur accattivanti immagini che tardo-manieristico e grottesco, con consistenti concessioni al ver-
ci ha lasciato. Ma l’importanza dei testi e dei disegni di Nigro- nacolare, al presepiale e persino al bigotto, mostra quanto ancora
ne non è stata sinora posta in sufficiente evidenza proprio sotto mancasse a molti inventori d’ingegni al fine di un più austero e
l’aspetto dell’apporto dato in chiave di relazioni tra arte e scienze corretto linguaggio architettonico. Le scene ‘mobili’ delle sue fon-
applicate all’ingegneria, fondamentale ai fini della maturazione della tane, rappresentate con vistosi colori e figure talvolta ‘pacchiane’,
possono simboleggiare il carattere schiettamente popolare della
60 Napoli vicereale, cui la tecnica idraulica viene asservita per la cre-
F. Camerota, La prospettiva del Rinascimento. Arte, architettura, scienza, Milano,
Electa Mondadori, 2006, p. 114. azione di immagini di balli, canti, feste e persino orge; il tutto
61
Egli si definisce infatti «oriundo napoletano». Nigrone è citato per la prima reso con figure mitologiche, animalesche e costumi tipici, e con
volta in S. Volpicella, G.B. Del Tufo illustratore di Napoli del secolo XVI, Napoli, materiali tradizionali, come stucchi, tempere, pietre e persino ma-
stamperia della R. Università, 1880, p. 67. Si vedano inoltre: A. Borzelli, Giovanni
Antonio Nigrone “Fontanaro e Ingegniero de Acqua”, Napoli, R. Marghieri, 1902; R. drepore, coralli e conchiglie63 . Va inoltre notato come Nigrone,
Mormone, Disegni per fontane di G. Antonio Nigrone, Napoli, Il Fuidoro, 1956; A. nell’elaborare le illustrazioni, appaia poco attrezzato sotto l’aspetto
Giannetti, Gli “istrumenti” idraulici di Giovanni Antonio Nigrone tra meccanica e mito
virgiliano, in «Bollettino dell’Associazione per l’Archeologia Industriale», nn. 23-25 della padronanza dei metodi di rappresentazione che si andavano
(febbr.-ott. 1989), pp. 1-5; Id., Il giardino napoletano dal Quattrocento al Settecento, Na- da tempo affinando e divulgando da parte di professionisti di più
poli, Electa Napoli, 1994, pp. 37-77; A. Olschki, F. Rambelli, Joannes Antonius Ne-
gronus. Istromenti per annare per sopre lacqua e per ongnie profunnita de mare, in Giovanni
decisa impronta architettonica, rendendosi dunque improcrastina-
Antonio Nigrone. Scritti e disegni. Fine XVI sec. Biblioteca Nazionale di Napoli, in «HDS bile un adeguamento dei mezzi grafici degli ingegneri.
notizie», n. 37, a. XII, sett. 2006.
62
Biblioteca Nazionale di Napoli (d’ora innanzi BNN), Manoscritti e rari, XII.
G. 59-60, 2 voll. mss. dal titolo: «Vari disegni di Giovanni Antonio Nigrone»
63
(1585-1609). A. Giannetti, Il giardino napoletano…cit., 1994, pp. 37 sgg.
Capitolo terzo
90
Ma dietro a queste opere stilisticamente esuberanti e spesso ‘rozza- Böckler, approfondendo più di quegli studiosi tecniche complesse,
mente’ illustrate vi era tutto il rigore di un «ingegniero de acqua», come quella di far suonare o cantare organi ad acqua e ‘uccelli’ posti
che con il sapiente uso di tubi, vasche, pompe, zufoli e canne su di essi. Metodi che Nigrone dovette perfezionare, con ogni pro-
da organo, e soprattutto dell’aria e dell’acqua, metteva in atto la babilità, sin dai tempi della sua attività a Tivoli per il cardinale d’Este,
scienza idraulica acquisita con la pratica e con un faticoso studio. che come è noto fece realizzare nella propria villa da Pirro Ligorio
L’attività precedente alla venuta a Napoli, svoltasi tra Firenze e e da altri architetti esperti di idropneumatica70 congegni idraulici ed
Roma, e segnatamente le importanti esperienze condotte nella ca- automi; altri riferimenti, poi, sono da ritrovarsi nei famosi giardini di
pitale pontificia sotto Gregorio XIII (nel cortile del Belvedere) e Bomarzo, progettati dallo stesso Ligorio per Pier Francesco Orsini.
Sisto V (in S. Maria Maggiore e nell’acquedotto dell’Acqua Felice, Nel leggere il trattato, se da un lato ci colpisce l’affinità di molti
al fianco di Domenico Fontana) dovettero costituire il banco di temi scientifici e tecnologici con quelli già notati in Leonardo –
prova per i successivi incarichi di Nigrone nel territorio del vice- dall’analisi di congegni idraulici d’ogni tipo all’illustrazione di stru-
regno spagnolo: tra il 1590 e il 1608, quasi in perfetta coincidenza menti di topografia, dallo studio dei quattro elementi primordiali
con l’opera napoletana dello stesso Fontana, egli risulta impegnato a quello dell’origine delle acque, dei terremoti, dei vulcani, fino
sia nella progettazione di giardini e fontane per autorevoli famiglie alle considerazioni in materia di geofisica, di astronomia e di me-
della corte vicereale64 , sia nel campo delle opere pubbliche, chia- teorologia – dall’altro l’autore appare privo della mentalità laica di
mato a collaborare nuovamente con l’architetto-ingegnere autore Leonardo, sia pure nella comune passione per la meccanica e per
del piano sistino. Tra l’altro gli va attribuito un ruolo di primo l’elemento acqua, facendosi guidare ancora dalla dimensione magica
piano nell’abbellimento di importanti arterie cittadine, tra cui la ed escatologica ogni volta che vede la scienza fermarsi di fronte a un
nuova strada di Poggioreale, aperta nel 1604 per volontà del viceré fenomeno71. Come nota a ragione la Giannetti, proprio l’essere la
J.A. Pimentel e ornata su disegno dell’ingegnere con fontane e tecnica di quest’ingegnere ancora fortemente legata alla tradizione
filari di salici su entrambi i lati65. antica fa sì che il trattato si dimostri ben lontano dall’esito divul-
Nigrone era stato avviato agli studi tecnici dal padre e dallo zio Ot- gativo in cui avrebbe fatto sperare, risultando spesso «le illustrazioni
tavio, geografo, che, oltre ad instradarlo nel campo della fisica terre- troppo criptiche e le osservazioni naturalistiche avvolte in un alone
stre, gli aveva fornito la carta geografica che l’ingegnere inserisce nel misterioso e virgiliano»72. Nigrone, sperimentatore di macchine di
manoscritto66. Nella bozza del trattato vi è la dedica fatta dall’autore, cui omette in più d’un caso la dimostrazione del funzionamento, fa
nel 1609, al Regio Portolano Giovanni Simone Moccia, dopo la trasparire solo i principi generali, sovente regolati da semplici con-
morte, due anni prima, dell’originario dedicatario, il vescovo di Vico giunture ‘astrologiche’. È pur vero che, nell’affrontare la descrizione
Equense Paolo Regio: questi nel 1598, allorché Nigrone si era recato di fenomeni naturali direttamente o indirettamente legati al tema
a lavorare presso di lui, gli aveva richiesto il manoscritto al fine della dell’acqua – i lampi, i tuoni, i fulmini, la rugiada, la nebbia, la neve,
stampa; ma l’opera non vedrà mai la luce, forse perché proibitane l’arcobaleno –, l’ingegnere fa venire alla mente la curiosità di Leo-
la lettura, per i suoi più che discutibili contenuti dogmatici, da un nardo per tali eventi; ma egli si limita a darne spiegazioni empiriche
teologo al cui vaglio il vescovo di Napoli l’aveva sottoposta dopo la o dogmatiche, ben lontane dalla scientificità del genio toscano73.
morte del Regio67. Sebbene ciò ne impedirà una degna diffusione, In materia di geologia del territorio campano, nel descrivere i ca-
si può intuire come quel compendio, ancorché manoscritto, sia stato ratteri dell’area vesuviana e di quella flegrea ricercandone le origini
più volte consultato in epoche successive dai professionisti napoleta- nelle trasformazioni dovute all’attività vulcanica e agli eventi sismi-
ni, segnando un passaggio importante nell’ulteriore diffusione della
scienza e della tecnica idraulica in ambito meridionale. Ma, se da un
lato Nigrone non può non risentire dello sperimentalismo vincia-
70
no, dall’altro affiora continuamente in lui un’impostazione teorica Su questi temi si veda: M.G. D’Amelio, Acque e macchine idrauliche nell’edilizia
a Roma tra Cinquecento e Seicento, in Architettura e tecnologia. Acque, tecniche e cantieri
di chiara derivazione portiana, come si nota ad esempio quando, nell’architettura rinascimentale e barocca, a cura di C. Conforti e A. Hopkins, Roma,
nel narrare della storia di Napoli, elenca i noti prodigi attribuiti a Nuova Argos, 2002.
71
Virgilio, o quando inserisce nel testo riferimenti all’astrologo greco Nel suo scritto Nigrone dichiara di aver voluto «desegniare le presenti figure di
fontane con vari modi de trovar l’acque nascoste sotterra, de saperle provare, allaz-
Erasmo Bianchino, operante alla corte di Ferrante de’ Medici, del zare, levellare, condurre et conservare, alzarle da ogni profondità di puczi: et altre
quale possedette un trattato ‘proibito’, per la cui lettura dovette farsi simili, parte ritrovate e parte da diversi authori ricolti», sebbene non li citi espli-
citamente. Nelle tavole del testo vengono illustrati sifoni, «timpani», «mortaletti»,
autorizzare dalla Chiesa68. «animelle», congegni per riprodurre il canto degli uccelli al passaggio dell’acqua e
Ad ogni modo, Borzelli69 nota come egli superasse, per la sua grande pompe di svariati tipi – quasi tutti ritrovabili nei testi quattrocenteschi e in quelli
vinciani – con l’uso di un linguaggio utile a farsi comprendere facilmente dai ca-
esperienza in campo idraulico e meccanico, persino il Branca e il pimastri. Nigrone dice esplicitamente di non voler rivelare nei dettagli come sono
fatti gli ingegni da lui messi a punto per far suonare, cantare e muovere i vari perso-
naggi e animali inseriti nella scena, onde evitare che i propri metodi possano essere
64 appresi da altri prima della pubblicazione del volume. Così, ad esempio, egli affida
Per citare solo alcune delle fontane realizzate da Nigrone nell’ambito napole- unicamente ai disegni l’illustrazione di vari strumenti per livellazioni, e in partico-
tano, ricordiamo quelle nel giardino di R. Consigliere Scipione de Curtis a Chiaia lare del «regolo a livello» da lui adoperato a Roma quando, nel 1585, si occupò con
e nelle ville di don Pedro de Toledo pure a Chiaia, del figlio don Luise de Toledo Bartolomeo Ammannati e Matteo de Castello della sistemazione delle acque del
a Pizzofalcone, di Giulio Spina fuori Porta Capuana e di Ferrante Carafa marchese Pantano di Grifo presso la villa di Sisto V: strumento unanimemente riconosciuto
di San Lucido a Vico Equense. come il più avanzato di cui si potesse disporre a quell’epoca. BNN, Manoscritti e
65
Si veda: G.C. Alisio, Napoli nel Seicento nelle vedute di Francesco Cassiano de Silva, Rari, XII. G. 59-60, ms. cit., ff. 261 sgg.
Napoli, Ediz. Scientifiche Italiane, 1984, passim. 72
A. Giannetti, Gli “istromenti” idraulici…cit., pp. 1-5.
66
Troviamo quindi, sulla base della mappa geografica, la descrizione delle quattro 73
Con riferimento al moto perpetuo, come si è visto grande insuccesso della
parti del mondo: Europa, Asia, Africa e Mondo nuovo; per quest’ultimo si indica la ricerca vinciana, l’ingegnere guarda ad esso con scetticismo, come si evince da una
distinzione tra «Perù» (America meridionale) e «Nuova Spagna» (centrale setten- tavola intitolata «Falza oppinione del moto perpetuo: a chi il crede» (ivi, f. 374).
trionale). Particolari osservazioni vengono svolte circa la durata del giorno e della Peraltro, proprio come Leonardo nei «Capitoli aggiunti», in tema di disegno l’in-
notte e conseguente illuminazione solare dei vari paesi durante i periodi dell’anno. gegnere detta quanto è «necessario per aboczare e scolpire un personaggio: avere
67
A. Giannetti, Gli “istrumenti” idraulici…cit., p. 5. le reule e mesura giusta de le sue membre proporzionate», secondo precisi rapporti
68
Così, ad esempio, ad Erasmo egli si ispira nelle considerazioni relative ai segni che ricordano molto da vicino quelli illustrati nel ms. A di Parigi: «Del primo pal-
dello zodiaco e alla loro influenza sugli uomini. mo de la testa spartitele in quattro quarte un quarto li capelli, un quarto la fronte,
69
A. Borzelli, op. cit., p. 10. un quarto il naso, un quarto il resto, insine il sotto spicio de la barba» (ibidem).
Capitolo terzo
92
Giovanni Antonio Nigrone, disegni di fontane, da Id., Vari disegni di G.A. Nigrone, 1585-1609, ff. 66v-67r. Napoli, Biblioteca Nazionale,
Ms. XII.G.59
Giovanni Antonio Nigrone, studi di idraulica, da Id., Vari disegni di G.A. Nigrone, 1585-1609, ff. 368v-369r. Napoli, Biblioteca
Nazionale, Ms. XII.G.60
che fanno i fiume alle cita et roine»: il problema dell’allagamento Acque Correnti di Carlo Fontana, pubblicato a Roma nel 1696, che
delle città dovuto alle esondazioni fluviali viene affrontato con la pure in ambito napoletano dovette avere una certa risonanza, se la
previsione dell’apertura di canali di drenaggio secondo il metodo presenza del volume è accertata nelle biblioteche delle principali
vinciano dei «navigli»86. istituzioni culturali della città sin dai primi anni del Settecento, ol-
tre che, a partire dal 1811, in quella della Scuola d’Ingegneria, ove è
Per tornare ora a considerazioni più generali, in ambito idraulico, a tuttora consultabile87.
fronte di una ricerca teorica e di una sperimentazione che, da Tac- Un altro passaggio della diffusione del leonardismo a Napoli po-
cola a Francesco di Giorgio a Leonardo, da Antonio da Sangallo a trebbe essere la già accennata attività napoletana, tra il 1609 e il
Domenico Fontana a Vincenzo Scamozzi, per citare solo gli italiani, 1613, dell’architetto e pittore teatino Matteo Zaccolini al fianco di
fino agli inizi del Seicento fa registrare notevoli progressi, sul pia- Francesco Grimaldi per le chiese dell’Ordine, potendo egli aver in-
no della pratica professionale, prima della sistematizzazione operata ciso profondamente con i suoi studi vinciani, specie in materia di
da Bélidor alla metà del secolo successivo con la sua Architecture prospettiva, sulla vicenda della cultura tecnico-scientifica e artistica
Hydraulique non si farà altro che applicare le tecniche già illustrate nella capitale vicereale nel corso della prima metà del XVII secolo:
nell’antichità da Vitruvio e da Frontino, e perpetuate in età moder- purtroppo, però, lo stato attuale delle ricerche non ci consente di
na: ciò è ritrovabile ancora, ad esempio, nell’Utilissimo Trattato delle seguire una traccia che potrebbe risultare preziosa nell’esame degli
sviluppi seicenteschi dell’influenza leonardesca nel Mezzogiorno.
Dagli studi dell’Amodeo88 abbiamo comunque notizia di un vivace
che, se nei grafici che raffigurano il «pappafico», strumento atto a consentire l’im- progresso della scienza napoletana in quell’epoca. Tra le altre figure
mersione umana – utile per lavorare in profondità e raccogliere i materiali come di spicco, egli annovera il cartesiano Tommaso Cornelio, fondato-
coralli e conchiglie da utilizzare nelle sue fontane –, non si riscontrano particolari
innovazioni, la descrizione e illustrazione di una «campana semovente a portantina» re dell’Accademia degli Investiganti, e soprattutto Agostino Ariani
costituisce certamente un’idea originale rispetto ai precedenti studi di Leonardo,
Vallo e Tartaglia, e a quelli coevi di Lorini. Affinità vinciane si ritrovano poi nello
studio di una «Gentura per annare per sopre lacqua», con cui Nigrone perfeziona
87
il salvagente già studiato da Taccola e da Francesco di Giorgio, e indicato nel noto C. Fontana, Utilissimo trattato dell’acque correnti diviso in tre libri […], Roma,
schizzo di Leonardo del Codice B; nel riprendere poi il discorso già introdotto Stamp. F. Buagni, 1696, con illustrazioni di Alessandro Specchi. Carlo Fontana fu
da quest’ultimo in merito al «guanto palmato», Nigrone fa un deciso passo avanti, attivo in ambito romano e napoletano dalla seconda metà del XVII secolo fino alla
optando per più comode tavolette incernierate alle caviglie, in cui si può ricono- morte (1714), realizzando a Roma le chiese di S. Margherita in Trastevere, S. Maria
scere il primo accenno alle moderne pinne da nuoto. dell’Assunzione, S. Maria dell’Umiltà, la facciata di S. Marcello al Corso, i palazzi
86
BNN, Manoscritti e Rari, XII. G. 59-60, ms. cit., f. 368v e fig. al f. 369r. Nigrone Grimani, Bolognetti e Bigazzini, e la biblioteca Casanatense; a Napoli, tra l’altro, il
giunge finanche a proporre metodi per il restauro dei dipinti. Ad esempio, egli il- palazzo Ruffo Bagnara. In ambito idraulico fu attivo dall’età di vent’anni (1660); dal
lustra una tecnica «per anettare uno quatro seu cona ad oglio o tempera: che parerà 1690 fu «architetto dell’Acqua Paola», occupandosi del progetto di innalzamento
nuovo ma non toccare l’oro se ce fosse» (f. 515r), poi un’altra per «Nettare l’oro» e del livello del lago di Bracciano e dell’alimentazione di numerose fontane romane;
per fare «vernige fina», proponendo anche una speciale colla per riparare cisterne. infine dal 1692 al 1702 progettò ed eseguì il restauro dell’acquedotto Traiano dalle
Infine elenca gli ingredienti per fare un inchiostro «fino» o uno stucco per incollare sorgenti della Tolfa fino a Civitavecchia. Si veda Aa.Vv., Libri antichi e rari delle Bi-
marmi o conchiglie alle fontane, e motivi decorativi da fare con conchiglie sulle blioteche d’Ateneo, Napoli, Università di Napoli Federico II, 2004, scheda di M.G.
fontane. Alla fine del testo l’autore esalta se stesso, affermando che in tema di acque Ronca, pp. 184-185; M.G. D’Amelio, op. cit., pp. 150-152.
88
«Nigrone de questo e altro mai non erra» e giungendo a raffigurarsi nelle vesti di F. Amodeo, Vita matematica napoletana. Studio storico, Napoli, Tip. Accademia
Nettuno che guida cavalli marini. Pontaniana, 1924.
Capitolo terzo
94
(1672-1748), autore di importanti scoperte e scritti di trigonometria,
meccanica, astronomia e prospettiva89: questi fu, tra l’altro, inventore
di un meccanismo atto a rendere mobile l’asse delle ruote anteriori
delle carrozze, usato ancora alla fine dell’Ottocento. L’Ariani, con
altri matematici, fece parte dell’Accademia reale delle Scienze, isti-
tuita nel 1696, che risulta però inattiva già qualche anno dopo, sul
volgere del viceregno spagnolo, riprendendo a funzionare solo alla
fine di quello austriaco.
Considerando dunque la continuità e il particolare taglio degli
studi scientifici in ambito meridionale fino alla metà del Sette-
cento, non meraviglia la fortuna che, specie negli ultimi decenni
del secolo dei Lumi, toccherà alla lezione di Leonardo nella sfera
napoletana, di pari passo con lo sviluppo del metodo sperimenta-
le e delle scienze applicate nei vari ambiti dell’ingegneria civile
e militare, nonché della rappresentazione dell’architettura e del
paesaggio. La metodologia vinciana, dopo essersi confrontata nel
corso del Cinquecento con l’ancora diffusa dottrina neoplatonica e
la persistente autorità del metodo deduttivo, entro la fine del XVII
secolo supererà anche la tradizione sintetica in ambito matema-
tico e geometrico, radicandosi direttamente nello sperimentali-
smo tracciato da Galileo e persino nella nuova concezione spaziale
non euclidea, e trovando un logico prosieguo, nell’Età dei Lumi,
nell’affermazione del metodo analitico-induttivo.
Come abbiamo visto, un’altra preziosa traccia dei manoscritti vincia-
ni va ritrovata ancora a Napoli, durante il viceregno austriaco, nella
ricchissima biblioteca del duca di Cassano, vale a dire quell’apografo
che, redatto a Roma nel 1717 all’atto dell’acquisto, da parte del con-
te di Leicester, del codice originale che ne prese il nome, dovette
giungere non si sa come ai Cassano, venendo sicuramente consultato
dai tanti studiosi che frequentarono il salotto di Monte di Dio; si è Giovanni Antonio Nigrone, macchina idraulica, da Id., Vari disegni di G.A.
Nigrone, 1585-1609, f. 279v. Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. XII.G.59
detto come l’apografo fosse stato poi donato a Bossi nel 1810 e in-
fine acquistato un decennio più tardi dalla Biblioteca di Weimar90.
I contenuti di questo testo, soprattutto nell’ambito della scienza e 173392, quasi un secolo dopo quella parigina del 1651 e ad un decen-
dell’ingegneria idraulica, dovettero essere studiati a fondo proprio nio dalla londinese (1721) e dalla tedesca (1724)93.
grazie alla disponibilità da parte dei Cassano a renderlo consulta- La dedica dell’edizione napoletana a «Monsignore Ercole d’Aragona
bile, contribuendo certamente a tenere vivo il già fervido dibattito de’ Principi di Cassano»94 ci rimanda a quanto già abbiamo conside-
scientifico napoletano, destinato a raggiungere livelli di assoluto pre- rato circa l’importanza culturale di quella famiglia95: di quest’opera,
stigio sul volgere della metà del secolo. Ma, agli studi e alle ricerche curata da Niccolò Parrino, figlio del più noto Domenico Antonio
nel campo delle scienze pure, vanno aggiunti – per i diretti riscontri (autore ed editore, tra l’altro, delle famose guide di Napoli del 1704
nell’ambito didattico, sia nei corsi di matematica tenuti nella Regia
Università, sia nella preparazione dei tecnici militari – quelli nelle
scienze applicate, in particolare nella teoria e nelle tecniche della 92
Trattato della Pittura di Lionardo da Vinci nuovamente dato in luce, colla vita dell’istesso
rappresentazione: è noto come, proprio nell’ambiente della capitale autore, scritta da Rafaelle du Fresne. Si sono giunti i tre libri della Pittura, ed il trattato della
del viceregno austriaco, in un clima di particolare fervore artistico, la Statua di Leon Battista Alberti, colla vita del medesimo, e di nuovo ristampato, corretto, ed a
maggior perfezione condotto, Napoli, stamperia di F. Ricciardo, 1733. Cfr. E.Verga, Bi-
corrente pittorica e architettonica che, sotto l’influenza dei Bibiena, bliografia vinciana 1493-1930, Bologna, Zanichelli, 1931, p. 8; Leonardo e il leonardismo…
da Francesco Solimena giunge a Domenico Antonio Vaccaro e a cit., scheda di A.Vezzosi, p. 143.
93
K.Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della pittura (Treatise on painting):
Ferdinando Sanfelice91 facesse delle nuove tecniche del disegno, del- a bibliography of the printed editions, 1651-1956 based on the complete collection in Elmer
la geometria non euclidea, della prospettiva all’infinito e del trompe Belt Library of Vinciana, Copenhagen, Munksgaard, 1958, pp. 159-163. La studiosa,
l’oeil i propri strumenti di lavoro. Spetterà così ancora a Napoli il ripresa poi da Vezzosi (Leonardo e il leonardismo…cit., scheda di A. Vezzosi, p. 143),
fa pure riferimento ad una presunta edizione del Trattato eseguita nel 1723 ancora
privilegio della prima edizione italiana del Trattato della Pittura nel a Napoli e presente in unica copia presso la Biblioteca Marciana di Venezia; ma di
essa, stranamente, non esistono altri esemplari noti, come è confermato dal Verga
(op. cit., pp. 6-8): dunque la Steinitz, anche sulla scorta di altri errori riscontrati nella
copia citata, oltre che della mancanza, in essa, di parti importanti – la vita e i trattati
di Leon Battista Alberti sulla pittura e sulla scultura, nonché le «Osservazioni di
89
In particolare, l’Amodeo segnala il Parere del primario professore delle scienze ma- Nicolò Pussino sopra la Pittura», presenti invece nell’edizione del 1733 – ipotizza
tematiche delli Regi Studi di Napoli intorno alla quadratura del cerchio del P.D. Ercole che potrebbe trattarsi semplicemente di una prima bozza, in cui la data del 1723
Corazzi olivetano, Napoli, s.n., 1706, e Discorso nel quale si dimostra la soluzione che dà sarebbe errata, e conclude auspicando un’indagine più approfondita sull’attività
al famosissimo Problema fisico-matematico: Dell’Accrescimento della Forza del Contropeso, della tipografia napoletana di Francesco Ricciardo. Cfr. pure V. Steele, The first
che chiamano Romano, della Stadera col solo scostarlo dal punto della suspensione, che però Italian printing of Leonardo da Vinci’s Treatise on Painting: 1723 or 1733?, in «Notiziario
non risulta dato alle stampe. vinciano», n. 1 (1980), pp. 3-24.
90 94
Cfr. Leonardo e il leonardismo…cit., scheda di A.Vezzosi, p. 138 e figg. 313-316. Ercole Michele Aierbi d’Aragona dei Principi di Cassano, personaggio di par-
91
Su questi due importanti protagonisti dell’architettura napoletana del primo ticolare importanza nell’ambito della famiglia, sarebbe divenuto vescovo di Aversa
Settecento, oltre all’ampia bibliografia esistente, cfr. il recente studio di B. Grava- nell’agosto 1735, morendo nel 1761.
95
gnuolo, Architettura del Settecento a Napoli dal Barocco al Classicismo, Napoli, Guida, Cfr. T. Leone, Il Palazzo Serra di Cassano. Struttura, passato e presente, Napoli,
2010, pp. 91-124. Istituto Studi Filosofici, 1999.
Giovanni Antonio Nigrone, strumenti e tecniche per la livellazione di acquedotti, da Id., Vari disegni di G.A. Nigrone, 1585-1609, ff. 268v-
269r. Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. XII.G.59
Capitolo terzo
[96]
Giovanni Antonio Nigrone, planisfero, da Id., Vari disegni di G.A. Nigrone, 1585-1609, ff. 66v-67r. Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. XII.G.60
e del 172596 ), e ben stampata da Francesco Ricciardo, vanno segna- le riedizioni parigine del 1716 e del 1725 – sebbene riconosca la
lati, al di là dell’impianto e dei contenuti del testo, identici a quelli maggiore ricchezza di contenuti del testo rispetto agli altri98.
dell’editio princeps (ivi compresi la vita e i trattati di Alberti sulla Nella premessa di Parrino – tralasciando la messe di lodi e l’esalta-
pittura e la scultura), la nuova aggiunta delle Osservazioni di Nicolò zione dinastica di Ercole d’Aragona di Cassano – notiamo come l’e-
Pussino Sopra la Pittura (edite per la prima volta a Roma nel 1672 ditore Ricciardo si ponga in perfetta continuità con l’opera di diffu-
all’interno delle Vite de’ pittori e architetti moderni di Giovanni Pie- sione dei testi vinciani già intrapresa con l’edizione francese del 1651:
tro Bellori) e la pregevole fattura dei grafici, tratti da rami incisi
da Francesco Sesoni97. Tra le molte opere, che di se lasciaron Lionardo da Vinci, e Leon Bat-
Sorprende come un critico raffinato del livello di Angelo Comolli tista Alberti, le migliori senza dubbio quelle sono da reputarsi, le quali
non apprezzi di quest’edizione (che peraltro egli data erroneamente intorno alla Pittura composero. Ed infatti essendo queste verso la metà
al 1735) la qualità dell’intaglio delle immagini – come invece fa per del passato XVII secolo a Parigi pervenute; non solamente dal nostro
italiano idioma, in cui erano state da costoro scritte, nel Francese trasla-
te, pubblicolle il Sig. di Ciambre [sic]; ma non molto dappoi usciron pur
96
Cfr. Della moderna distintissima descrizione di Napoli il suo seno cratero, esposta a gli anche ivi alla luce secondo gli originali manoscritti de’ chiarissimi dotti
occhi, & alla mente de’ curiosi: cittadini, e forastieri. Dandosi esatta notizia in questa seconda
parte, delle ville, terre, e citta, che giacciono intorno dell’uno, e l’altro lato dell’amenissima autori; e’l diligentissimo Raffaelle Trichet du Fresne, che n’ebbe la cura,
riviera del suo golfo, o sia cratero; l’isole di Capri, di Procida, e d’Ischia, con tutte l’antichita l’estimò tali, che al glorioso immortal Nome di Cristina Alessandra Rei-
curiosissime di Pozzuoli [...] Opera ed industria di Domenico Antonio Parrino natural na di Svezia dedicolle. Or queste Opere stesse veggendo io già rarissime
cittadino napoletano, Napoli, presso il Parrino, 1704; Nuova guida de’ forastieri per os-
servare, e godere le curiosita piu vaghe e piu rare della fedelissima gran Napoli citta antica e divenute, e da’ Letterati tutti, nonché da’ Professori di sì vaga e nobile
nobilissima, in cui si da anco distinto ragguaglio delle varie opinioni dell’ origine di essa ... Arte liberale, assai desiderose e richieste; determinai perciò di ristamparle.
ricavato dagl’ autori impressi e manoscritti che di essa trattano; adornata con figure delle sue
piu nobili vedute intagliate in rame. Opera di Dom. Antonio Parrino accresciuta con nuove e
moderne notizie da Nicolo suo figlio, Napoli, presso il Parrino, 1725. L’operazione si inserisce a pieno titolo tra le lodevoli iniziative edi-
97
K. Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s…cit., p. 166. Non esiste l’edizione na- toriali che, sin dal volgere del Seicento, Domenico Antonio Parrino
poletana del 1701 citata dalla Pierantoni (A.C. Pierantoni, Studi sul Libro della Pit-
tura di Leonardo da Vinci, Roma,Tip. Scotti, 1921, p. 55). Infine va notato che il fronte-
spizio della copia del 1733 cui si riferisce la Steinitz, conservata presso la Elmer Belt
Library of Vinciana (Los Angeles), è diverso dalla copia napoletana della stessa edi-
98
zione che si conserva alla Biblioteca Nazionale di Napoli, cui ci riferiamo, recando A. Comolli, Bibliografia storico-critica dell’architettura civile ed arti subalterne, Roma,
uno stemma differente e mancandovi la dicitura in calce «ad istanza del Parrino». Stamperia Vaticana, 1788-92, III, pp. 196-197.