Sei sulla pagina 1di 821

Alfredo Buccaro è professore di Storia dell’Architettura presso la

ALFREDO BUCCARO Quest’opera, con la prestigiosa presentazione di Carlo Pedretti, è de-

LEONARDO Il Codice Corazza


Facoltà di Ingegneria dell’Università di Napoli Federico II e diret- dicata al Codice Corazza, apografo vinciano della Biblioteca Nazio-
tore del Centro Interdipartimentale di Ricerca sull’Iconografia della nale di Napoli edito per la prima volta in questa occasione. Il Codice
Città Europea, fondato da Cesare de Seta. È inoltre docente presso nasce da un’imponente iniziativa culturale di Cassiano dal Pozzo,
corsi di master e di perfezionamento dello stesso Ateneo e collabora eseguita entro il 1640 per il cardinale Francesco Barberini e finalizzata
con centri di ricerca nazionali e internazionali. È impegnato sui alla redazione di una silloge antologica degli originali ambrosiani.

LEONARDO
temi della storia dell’architettura e dell’iconografia della città in età Grazie ad una precisa ricognizione documentaria – condotta attra-
moderna e contemporanea, nonché della storia dell’ingegneria, con verso le fonti della sezione Manoscritti e Rari della Biblioteca na-
particolare riferimento alle origini e all’evoluzione della professione poletana, di quella dell’Archiginnasio di Bologna e di altri archivi
nel Mezzogiorno italiano. italiani – Buccaro segue l’intricata vicenda del manoscritto, che nel

DA VINCI
Tra i numerosi saggi, ha pubblicato Istituzioni e trasformazioni urbane 1766 giunge in possesso di Vincenzo Corazza, letterato e scienziato
nella Napoli dell’Ottocento (Ediz. Scientifiche Italiane, 1985), Opere bolognese, attivo prima nella propria città, poi a Roma e infine a
pubbliche e tipologie urbane nel Mezzogiorno preunitario (Electa Napoli, Napoli, presso la Corte borbonica, dal 1784 al 1799 in qualità di
1992), Napoli millenovecento. Dai catasti del XIX secolo ad oggi (con istitutore dei Principi Reali.
G.C. Alisio, Electa N., 2000), Antonio Rinaldi architetto vanvitelliano All’esame degli appassionati studi dedicati a Leonardo da quest’in-
a San Pietroburgo (con G. Kjučarianc e P. Miltenov, Mondadori, tellettuale illuminista e dei conseguenti riflessi sul suo pensiero
2003), Architettura e urbanistica dell’età borbonica. Le opere dello Stato, i IL CODICE CORAZZA critico in campo artistico e architettonico, si affianca nel volume
luoghi dell’industria (con G. Matacena, Electa N., 2004). Ha curato, l’indagine sulla vicenda personale di Corazza e sulle fitte relazio-
tra gli altri studi, Le città nella storia d’Italia. Potenza (Ed. Laterza,
1997), Scienziati-Artisti. Formazione e ruolo degli ingegneri nelle fonti
NELLA BIBLIOTECA NAZIONALE ni con i protagonisti del dibattito culturale e politico del tempo.
Partendo dalla precisa analisi del Codice e dalla sua collocazio-
dell’Archivio di Stato e della Facoltà di Ingegneria di Napoli (con F. De
Mattia, Electa N., 2003), Dalla Scuola di Applicazione alla Facoltà
DI NAPOLI ne nel repertorio delle fonti leonardesche, Buccaro recupera le fila
dell’influenza del metodo vinciano nella formazione dell’identità
di Ingegneria. La cultura napoletana nell’evoluzione della scienza e della professionale dello scienziato-artista e della sua diffusione nel Mez-
didattica del costruire (con S. D’Agostino, Ed. Hevelius, 2003), Ico- zogiorno dal viceregno all’età borbonica.
nografia delle città in Campania (con C. de Seta, 2 voll., Electa N., Gli echi dell’arte e della scienza vinciana, giunti sui lidi partenopei
2006-2008), I centri storici della provincia di Napoli. Struttura, forma, TOMO I già all’alba del Cinquecento, non vi resteranno per caso, ma il loro

Saggio critico & apparati


identità urbana (con C. de Seta, Ediz. Scientifiche Italiane, 2009). prosperare sarà il risultato di un pensiero condiviso: nel corso dei
secoli dell’età moderna e contemporanea essi costituiranno un feno-
meno persistente, fino ad ispirare le scelte e i programmi culturali
della Scuola d’Ingegneria fondata a Napoli da Murat nel 1811, la pri-
ma in Italia in ambito civile. Questa gloriosa istituzione, della quale
ricorre oggi il Bicentenario, rappresenta con la sua storia e i suoi
primati un prezioso patrimonio didattico e scientifico da tutelare e

B uccaro •
PRESENTAZIONE DI valorizzare, una solida tradizione ancor viva, fino ai primi decenni
del Novecento, nell’attività artistica e tecnica dell’ingegnere-architetto:
CARLO PEDRETTI una figura completa, di cui oggi, sempre più, si auspica un recupero.

* CB Edizioni
Grandi Opere

Edizioni Scientifiche
Italiane
LEONARDO DA VINCI
IL CODICE CORAZZA

TOMO I
PUBBLICAZIONE
REALIZZATA
CON IL CONTRIBUTO
DEL
BANCO DI NAPOLI

Cornice del ritratto di Iacopo Sannazaro da Paolo Giovio, Elogia Virorum literis illustrium, Basilea, 1577, p. 149
LEONARDO DA VINCI
IL CODICE CORAZZA
NELLA BIBLIOTECA
NAZIONALE DI NAPOLI
CON LA RIPRODUZIONE
IN FACSIMILE
DEL MS XII. D. 79

E D I ZI O NE
E SAGGI O CRI TI CO DI

ALFREDO BUCCARO
TO MO I

LEONARDO SCIENZIATO-ARTISTA
NEL CODICE CORAZZA:
L’EREDITÀ DEL METODO VINCIANO
NEL MEZZOGIORNO
E LE RADICI
DELL’INGEGNERE-ARCHITETTO

PRESENTAZIONE DI
CARLO PEDRETTI

CB Edizioni Grandi Opere Edizioni Scientifiche Italiane


“No’ si volta chi a stella è fisso”
ad Alessandro e Paola,
le mie stelle

Progetto grafico e videoimpaginazione: CB Edizioni

© 2011 CB Edizioni

© 2011 Edizioni Scientifiche Italiane

ISBN 978-88-97644-06-4

ISBN 978-88-495-2280-8

Opera sponsorizzata da

Referenze fotografiche: Archivio Fotografico dell’Armand Hammer Center for Leonardo Studies
at the UCLA; Archivio Fotografico della Fondazione Rossana e Carlo Pedretti di Los Angeles;
Archivio di Stato di Napoli; Biblioteca Comunale degli Intronati, Siena; Biblioteca della Facoltà di
Ingegneria, Università di Napoli Federico II; Biblioteca Nazionale di Napoli “Vittorio Emanuele
III”; Edizione Nazionale dei Manoscritti e dei Disegni di Leonardo Da Vinci (Roma, Libreria dello
Università Stato, 1923-1941); Museo Nazionale di S.Martino, Napoli. L’Editore si dichiara disponibile a regolare
Ordine degli Studi eventuali spettanze per quelle immagini di cui non sia stato possibile reperire la fonte.
degli di Napoli
Ingegneri Federico II Tutti i diritti sono riservati. Questa pubblicazione, per intero o in parte, non può essere riprodotta,
della Centro di Ricerca trascritta, filmata, memorizzata, trasmessa in alcuna forma o in alcun sistema elettronico, digitale,
sull’Iconografia meccanico, di fotocopia, di registrazione o altro senza la preventiva autorizzazione scritta degli editori.
Provincia della
di Napoli Città Europea
Volume pubblicato nell’ambito del Bicentenario della Scuola di Ingegneria di Napoli (1811-2011)

[iv]
Sommario

Presentazione, Carlo Pedretti, ix Capitolo quarto


Vincenzo Corazza, l’Italia dei Lumi e la corte di Napoli:
Introduzione, 1 gli echi di Leonardo nel Mezzogiorno contemporaneo, 111

Capitolo primo I. Corazza e l’ambiente culturale dell’Illuminismo italiano:


La professione tra arte, scienza e tecnica, prima e dopo Leonardo, 9 da Bologna a Roma a Napoli, 111
II. Il contributo alla critica artistica e architettonica tra la lezione
Capitolo secondo di Leonardo e le nuove istanze neoclassiche, 125
Il Codice della Biblioteca Nazionale di Napoli: storia e struttura § 1 La posizione teorica in ambito accademico e gli esordi
di un’antologia vinciana, 25 negli ambienti bolognese e romano, 125
§ 2 Le relazioni con la critica d’arte italiana ed europea:
I. Dagli originali agli apografi, 25 i principi di ‘bellezza’ e di ‘imitazione’, 130
§ 1 Il Libro di Pittura e la prima diffusione del pensiero § 3 L’influenza sulla Bibliografia storico-critica dell’Architettura civile
di Leonardo, 25 di Angelo Comolli, 143
§ 2 L’opera di Cassiano dal Pozzo per l’editio princeps del Trattato § 4 La passione per l’architettura del Rinascimento
della Pittura e la scelta del ‘meglio di Leonardo’ per il cardinale e per il nuovo classicismo internazionale, 159
Barberini, 32 III. Gli studi di Corazza nel progresso delle scienze
II. Impianto e contenuti del Codice, 42 e dell’ingegneria in età borbonica, 168
§ 1 La struttura del testo e il significato degli ‘excerpta’, 42 IV. Leonardo «artista-scienziato» nell’opera di Roberto
§ 2 La selezione sulle teorie della visione e della rappresentazione Marcolongo e la permanenza del metodo vinciano
e i precetti in materia di ingegneria edile, nella Scuola d’Ingegneria, 181
meccanica e idraulica, 46
§ 3 I Termini di arte nelle definizioni di Corazza: Trascrizioni
per un primo vocabolario vinciano, 67 I. Codice Corazza
III. La vicenda sette-ottocentesca del manoscritto: la fortuna critica a cura di Maria Rascaglia, 191
e il mancato imprimatur, 71 II. Termini di arte nelli scritti di Lionardo da Vinci ed altri, 269

Capitolo terzo Fonti


Sulle orme del leonardismo tra il viceregno e i Borbone, 81 Fonti documentarie, 307
Fonti bibliografiche, 308
I. Influenza e diffusione del metodo vinciano nella formazione Siti web di riferimento, 323
dell’architetto «vulgo ingeniero» napoletano, 81
II. Lo scenario professionale degli «scienziati-artisti», 98 Indice dei nomi, 325

[v]
Q uesto ricco corpus documentario, che propone la trascrizione
per materie del Codice Corazza e la sua analisi diplomatica, ha il
mirabile pregio di voler recuperare in maniera sistematica le tracce dell’in-
I n occasione delle celebrazioni del Bicentenario della nostra Scuo-
la di Ingegneria, fondata nel 1811 da Gioacchino Murat, la prima in
Italia in ambito civile, non avrebbe potuto cogliersi migliore opportunità per
fluenza vinciana nella delineazione e diffusione dell’identità ingegnere-ar- un recupero delle origini della formazione della figura professionale in Italia
chitetto in ambito meridionale, partendo dall’esame dell’intera famiglia di e nel Mezzogiorno che quella dell’edizione integrale e dello studio di questo
apografi di cui lo stesso codice fa parte. Codice leonardesco della Biblioteca Nazionale di Napoli, che il Banco di
Il presente volume rappresenta non solo la giusta conclusione dei diversi Napoli ha voluto finanziare confermando la consueta sensibilità del Presi-
tentativi di dare alle stampe un’antologia vinciana condotti prima, tra dente Dott. Enzo Giustino per la cultura del Mezzogiorno.
Roma e Milano, dal mecenate Cassiano dal Pozzo, poi dal pittore mila- Oltre all’analisi precisa del testo e ai riscontri della ricerca e della metodo-
nese Giuseppe Bossi, ma anche un’attenta ricostruzione delle vicende che logia vinciana all’interno del documento e del suo ricchissimo apparato gra-
hanno portato questo mirabile scritto nella Biblioteca Nazionale di Napoli, fico, Buccaro ripercorre le tracce della diffusione della preziosa esperienza di
oltre che il necessario plauso al poliedrico contributo culturale dato dal pos- Leonardo nell’ingegneria meridionale tra il volgere del XV secolo e la prima
sessore del codice, nonché profondo conoscitore di Leonardo, l’illuminista metà del XX, attraverso l’esame del contributo tecnico-scientifico e dell’at-
Vincenzo Corazza. tività dei suoi protagonisti, in molti casi personalità di spicco nel panorama
Particolarmente importante l’investigazione in merito agli effetti del me- italiano ed europeo.
todo vinciano sulla formazione tecnico-scientifica dell’ingegnere-architetto In questo contesto, appare oltremodo significativa la figura di Vincenzo Co-
meridionale nella prima età moderna e nell’ambito della Scuola napoletana razza quale rappresentante di quella cultura poliedrica e cosmopolita che,
d’Ingegneria tra Otto e Novecento, nonché l’analisi in merito ai più ampi nella Napoli del Settecento e in pieno fervore rivoluzionario, assicurò la
esiti della diffusione del leonardismo nel Mezzogiorno contemporaneo, in maturazione di una coscienza laica e sperimentale, nel contempo umanistica
seguito al rinnovato interesse verso la figura dello scienziato-artista e alla e scientifica, tale da favorire la diffusione del dettato di Leonardo nel campo
conseguente affermazione di un innovativo metodo professionale. delle scienze, dell’arte e dell’architettura, delle opere meccaniche e idrauliche,
Un nuovo ‘empirismo’ che vede in Leonardo il suo ispiratore: «artista-scien- in un momento di delicato passaggio dalle ‘regole dell’arte’ al nuovo reperto-
ziato applicatore di teorie ma anche sperimentatore di tecniche, intento a una rio tecnico e metodologico offerto dall’Enciclopedia e dal progresso industriale.
continua ricerca e verifica di principi naturali attraverso l’acuta osservazione Questa pubblicazione intende testimoniare di come, in un momento di parti-
e la minuziosa rappresentazione dei fenomeni, con una precipua finalità colare difficoltà e transizione per l’Università italiana, sia indispensabile per
divulgativa», così come ci spiega Alfredo Buccaro. l’ingegneria salvaguardare le radici antiche di una fisionomia professionale
Il Banco di Napoli ha deciso di sostenere gli studi del prof. Buccaro perché ‘completa’, ai fini del riconoscimento della propria identità e di un patrimo-
sottolineano come Leonardo rappresenti la più alta espressione delle comuni nio di esperienze e di una impostazione metodologica comuni anche a tante
radici culturali dell’intero Paese. nuove branche specialistiche. Non è, infatti, da porsi una questione di settore,
Nel centocinquantenario dell’unità d’Italia e nella ricorrenza altrettanto si- bensì quella delle origini e della solida tradizione di ‘primati’ dell’ingegneria
gnificativa del bicentenario della fondazione della Scuola di Applicazione di meridionale – basti pensare solo a quelli ottocenteschi, dai primi ponti ‘so-
Ponti e Strade di Napoli, poi divenuta la prestigiosa Facoltà d’Ingegneria spesi’ di ferro di Luigi Giura al battello a vapore, alla prima ferrovia italiana
dell’Università di Napoli Federico II, non poteva immaginarsi iniziativa – che, nel corso di molti secoli, lo scienziato-artista di matrice vinciana seppe
più significativa per interpretare appieno il più alto spirito unitario. esprimere e consolidare nel Mezzogiorno con il suo pensiero e la sua opera,
La presenza del Banco di Napoli nell’edizione promossa dalla Facoltà di e che trovano riscontro nelle preziose testimonianze scientifiche e didattiche
Ingegneria testimonia, ancora una volta, l’attenzione costante rivolta dal rinvenibili nella sezione Libri Antichi della Biblioteca della nostra Facoltà,
nostro Istituto alla valorizzazione e alla promozione culturale, sociale, scien- oggetto, proprio in occasione del Bicentenario, di studi e iniziative tese a
tifica ed imprenditoriale del Mezzogiorno. promuoverne la valorizzazione.
Per noi, Presidi della Facoltà di Ingegneria a cavallo del duecentesimo anni-
Vincenzo Giustino versario della Scuola, è dunque un grande onore aver sostenuto e accompa-
Presidente Banco di Napoli gnato il prezioso lavoro del Collega Alfredo Buccaro.

Giuseppe Castagna
Direttore Generale Banco di Napoli Edoardo Cosenza
Assessore Regione Campania Opere e Lavori Pubblici
già Preside della Facoltà di Ingegneria (2005-2010)
Università di Napoli Federico II

Piero Salatino
Preside della Facoltà di Ingegneria
Università di Napoli Federico II

[vi]
A natole France, figlio di libraio antiquario, bibliotecario e
scrittore – una vita passata tra manoscritti e libri – era di quelli con-
vinti che la storia si ripetesse. Ingenuo obiettare che questa convinzione gli
napoletana, a difesa di una tradizione fondata sulla figura dell’ingegnere
integrale – emblematicamente rappresentata, nella citazione di Buccaro, da
Camillo Guerra e Luigi Cosenza – di fronte all’imperversare delle pol-
venne perché non ebbe modo, come noi, di vivere le strepitose innovazio- verizzazioni specialistiche. L’occasione della pubblicazione del facsimilare
ni tecnologiche d’oggi. Non le visse, ma le descrisse con profetico dettaglio del Codice Corazza, al di là della soddisfazione di noi bibliotecari della
nell’indimenticabile romanzo Sulla pietra bianca. Aveva ragione. La storia Nazionale di Napoli nel diffondere i contenuti e la bellezza corporea di
si ripete. E, per fortuna, lo fa spesso senza che noi, attori protagonisti e un’opera così importante, diviene preziosa se letta come ulteriore tentativo di
comprimari, proiettati come siamo nel futuro, ce ne accorgiamo. Lo dimostra restituire alla figura dell’ingegnere quell’impronta di humanitas che sembra
la straordinaria operazione scientifica ed editoriale che Alfredo Buccaro ha sopraffatta dal tecnicismo. Questo recupero è auspicabile per noi bibliotecari
condotto in porto, con grande soddisfazione di chi vi ha creduto e lavorato, di storiche biblioteche-museo, costretti a misurarci con le difficoltà di una sede
e di noi bibliotecari della Nazionale di Napoli che raggiungiamo un altro monumentale da tutelare, valorizzare e adeguare alle necessità di un’utenza
traguardo significativo nell’impegno, che ci è proprio, di promuovere la cono- in continua mutazione, costantemente bisognosa di tutte le possibili cure per
scenza di quegli straordinari e multiformi strumenti di cultura affidati alla le quali non si sa mai fin dove deve intervenire l’architetto e fin dove deve
nostra tutela. Propagazione della conoscenza che si fa, ancora e sempre, con farlo l’ingegnere, speranzosi sempre di imbatterci in un ingegnere con una
incrollabile fedeltà alla tradizione della memoria scritta, grazie alla beneme- solida formazione umanistica e di un architetto con un altrettanto solido
rita e intramontabile scienza ancillare della copia, non sempre adeguatamen- bagaglio tecnico… Sarebbe anche una bella soddisfazione per chi scrive,
te elogiata, anzi talvolta sottovalutata. L’esercizio della copia ha segnato la figlio di un ingegnere d’altri tempi, un ingegnere umanista dal quale è stata
storia della cultura, dai monumenta della trasmissione della parola scritta, ereditata la passione per Anatole France, che ci fa sicuri che la storia si ripeta,
gli scriptoria del mondo antico e medievale, ai torchi tipografici dell’età riproponendosi con opere come quella del Codice Corazza.
moderna, fino a giungere ai copialettere dei nostri nonni, alla carta carbone
delle macchine da scrivere, al ciclostile della prima associazione studentesca, Mauro Giancaspro
alla fotocopiatrice, allo scanner... Anche frequentare biblioteche era spesso, in Direttore della Biblioteca Nazionale
passato, collegato all’attività della copia: lo si è fatto fino ad una quarantina di Napoli “Vittorio Emanuele III”
di anni fa, quando, con l’irrefrenabile progressione dei moderni strumenti di
riproduzione, s’è smarrita quasi del tutto la capacità di scrivere a mano. Così
Cassiano dal Pozzo, identificato come l’estensore del Codice Corazza
della Biblioteca Nazionale di Napoli, “copiò” – testo e immagini, diremmo
oggi – dai codici leonardeschi, per poi selezionare e assemblare un compendio
di scritti sulla pittura e, anche e soprattutto, di meccanica, di idraulica, di
prospettiva, di ottica e di rappresentazione del paesaggio e dell’architettura;
compendio destinato alla stampa, secondo un programma mai realizzato.
E noi, posteri intraprendenti e versati nell’uso delle più avanzate tecniche
di riproduzione, finiamo per fare le stessa cosa: una copia. Una copia, però,
fedelissima all’originale, sottratta dal computer all’umana distrazione dell’a-
manuense. Una copia che avvince per la sua somiglianza all’originale di cui
consente, mantenendone inalterato il fascino dell’antica grafia e dei disegni
originali, la massima possibile divulgazione. Una copia che diventa stimolo
per una risistemazione critica, storica, codicologica, e che è anche occasione
preziosa per affrontare, forse per smorzare, una querelle recente, ma così acce-
sa da sembrare antica, quella tra ingegneri e architetti.
Siamo perciò felici che il Codice Corazza rimandi a tempi in cui tra ar-
chitetto e ingegnere non era possibile creare una demarcazione di competen-
ze, sapendo l’uno e l’altro allo stesso modo calcolare, disegnare, progettare,
inventare. Distinzione di competenze esaltata dai rigidi precetti dell’attuale
burocrazia. Quaranta anni fa, sulle pagine della rivista L’ingegnere libero
professionista, scriveva l’ingegnere Sergio Giancaspro, mio padre: “Oggi
non v’è un buon ingegnere edile, che non sia anche, consciamente o poten-
zialmente, buon architetto, e non v’è, viceversa, buon architetto, che non sia,
alla stessa maniera buon ingegnere”. E citava come esempi Nervi, Le Cor-
busier e Neutra. Al centro del Codice Corazza c’è questa idea dell’inge-
gnere-architetto, dell’ingegnere-artista, sottolineata da Buccaro, sostenuta con Luigi Cosenza, schizzi di progetto della nuova sede della Facoltà di Inge-
convinzione nel secondo dopoguerra dai docenti della Scuola d’Ingegneria gneria di Napoli, c. 1958. Napoli, Archivio Cosenza

[vii]
Bernardino Luini, Puttino che mostra un suo trastullo, c. 1525, Peterborough, Elton House, Collezione Proby

[viii]
Presentazione
Carlo Pedretti

Direttore del The Armand Hammer Center


for Leonardo Studies, University of California, Los Angeles
e della sua sede italiana presso l’Università di Urbino

B en nota è la storia della dispersione dei manoscritti che Leo-


nardo aveva lasciato in eredità all’allievo prediletto Francesco
Melzi e che furono visti, da chi lo visitò a Clos Lucé in Francia, nel
eccellenza, l’archetipo del Libro di pittura di Leonardo compilato dal
fedele allievo ed erede Francesco Melzi, il codice vaticano urbinate
1270 riprodotto per la prima volta in facsimile nella mia edizione
1517, come una “infinità de volumi et tucti in lingua vulgare, quali se critica con la trascrizione di Carlo Vecce (Firenze 1995) e dal quale
vengono in luce saranno proficui et molto delectevoli”. Meno nota ebbe origine, a cominciare verso la fine del Cinquecento, una proli-
ma altrettanto affascinante e forse ancor più complessa è la storia ferazione di apografi della redazione abbreviata che in quella forma
dell’opera di coloro, e sono molti, che nei secoli successivi si adope- il cosiddetto Trattato della pittura di Leonardo vide appunto la luce a
rarono in vari modi e circostanze di mettere in luce quei manoscritti, Parigi nel 1651. Nella sua Teorica della pittura pubblicata a Lucca nel
non proprio come si farebbe oggi con splendide edizioni in facsimile 1739, a p. 47, così scrive Antonio Franchi: “Io mi ricordo che da gio-
e trascrizione dei testi presentati col dovuto rigore scientifico, ma vanetto lessi il Trattato della pittura del Vinci manoscritto, uscito dalle
piuttosto col criterio applicato alle opere di autori classici di ogni mani del Gentil Guido Reni dopo la sua morte; poiché in tal forma
tempo e nazione e in qualsiasi campo del sapere, dalla poesia alla vagava per le mani degli studiosi Pittori, prima che fosse stampato”.
letteratura e dalla scienza alla tecnologia, e questo con edizioni pur E per stare a Bologna, ecco addirittura l’impressionante giudizio di
sempre impeccabili dal punto di vista filologico ma perfettamente Annibale Carracci nella testimonianza del Félibien del 1672 secondo
accessibili e gradevoli a un più vasto pubblico colto avido di trarre la quale Annibale soleva dire che “se in gioventù avesse letto quei
profitto da testi “proficui et molto delectevoli” proprio come quelli precetti che l’aureo libro di Lionardo contiene, risparmiati avrebbesi
di Leonardo. A questo fine mirava uno stampatore come il celebre venti anni di lavoro”.
Bodoni che di questo è un esempio luminoso nel Secolo dei Lumi. I Il clima culturale e scientifico bolognese, al quale il Corazza continuò
suoi criteri innovativi fecero scuola e varcarono subito i confini na- a partecipare con l’intensità dei suoi rapporti epistolari anche durante
zionali, come mostrano due opere della sua ricca e varia produzione le sue frequenti e prolungate assenze quando veniva chiamato al ser-
che di rado si ricordano: Péricles. De l’influence des Beaux-Arts sur la vizio di signori, case patrizie e corti principesche a Milano, Roma e
félicité publique par Charles d’Alberg associé étranger de l’Institut de France Napoli, ebbe infatti a produrre, nel 1786, una splendida edizione del
del 1811, e i Saggi sul ristabilimento dell’antica arte de’ Greci e Romani pit- Trattato di Leonardo esemplata su quella di Parigi del 1651. L’editore
tori, un fondamentale studio sulla storia della pittura a encausto dello fu nientemeno che l’Istituto delle Scienze di Bologna celeberrimo
spagnolo Vincenzo Requeno (due tomi, seconda edizione del 1787). in tutta Europa e del quale per molto tempo il Corazza fu bibliote-
Non sorprende quindi che il suo stile si riconosca all’istante anche cario e al quale al momento di trasferirsi altrove lasciò in dono la sua
nello splendido in-folio dell’opera di Giuseppe Bossi sul Cenacolo di vasta e ricchissima biblioteca di opere sull’architettura, una raccolta
Leonardo pubblicata dalla Stamperia Reale a Milano nel 1810. di tale importanza da essere considerata ben più completa di quella
Alfredo Buccaro, l’autore del libro che ora ho l’onore di presenta- del Poleni e quindi fondamentale alla compilazione della bibliografia
re, ha realizzato il sogno di un mio concittadino di quattro secoli del suo amico Comolli, in particolare per quanto riguardava la parte
fa, il letterato e umanista bolognese Vincenzo Corazza (1722-1799) relativa a Vitruvio.Viene spontaneo pensare che egli conoscesse bene
– fra l’altro ammiratore e corrispondente di Bodoni –, che possedeva il progetto dell’edizione bolognese del Trattato della pittura di Leo-
un cospicuo gruppo di scritti apografi di Leonardo ricordati per la nardo nella quale il suo nome non appare in alcun modo, così come
prima volta nella Bibliografia storico-artistica dell’architettura civile ed arti sembra strano che egli non avesse pensato allo stesso Istituto per la
subalterne di Angelo Comolli (Roma 1788-1792, 4 voll.). Riferendosi pubblicazione dei suoi apografi vinciani di carattere scientifico che
alle edizioni del Trattato della pittura di Leonardo (editio princeps Parigi tramite l’amico Rosaspina pensava invece di offrire al Bodoni. Alfre-
1651) il Comolli così scrive (Vol. III [1791], p. 97, nota (a) da p. 195): do Buccaro, che al clima culturale nel quale il Corazza visse e operò,
“Sarebbe desiderabile che il Sig. D. Vincenzo Corazza, uno dei più soprattutto a Bologna e a Napoli, dedica gran parte del suo studio in-
valenti conoscitori del bello, intraprendesse di tutto questo Trattato troduttivo, espone ancora una volta e con nuovi apporti documentari
del Vinci una nuova edizione, inserendovi a proposito que’ frammen- la storia lunga e complessa dell’origine e dispersione dei vari apografi
ti, o interi capitoli inediti, ch’egli dice d’avere. […]”. che si affiancavano a quelli convogliati verso l’esito dell’editio princeps
Con sterminata erudizione e infallibile percezione Alfredo Buccaro del Trattato della pittura. Apografi che in un vasto progetto concepito
illustra ogni aspetto della vita e dell’opera di questo straordinario per- a Milano sotto l’egida del cardinale Federico Borromeo, il fondatore
sonaggio rimasto per secoli sepolto nell’oblio, e spiega per filo e per dell’Ambrosiana, avrebbero fornito al cardinale Barberini a Roma
segno come gli apografi vinciani di sua proprietà fossero pervenuti una imponente silloge di scritti inediti di Leonardo prevalentemente
alla Biblioteca Nazionale di Napoli dove ben pochi per tanto tempo di carattere scientifico in diretto rapporto con la teoria della pittura
ebbero modo di esaminarli e studiarli e dove sarebbero rimasti fino (per es. il De ombra e lume tratto dall’autografo, oggi noto come Ms.
ad oggi inediti. Un evento editoriale di eccezione che viene dunque C, e da altri manoscritti dell’Ambrosiana come il Codice Atlantico e
ad affiancarsi alle monumentali edizioni in fascsimile dei manoscritti il Ms. D), e anche di carattere più strettamente scientifico come nel
di Leonardo che dalla fine dell’Ottocento sono andate susseguendosi caso della compilazione del trattato Del moto e misura dell’acqua, poi
in Italia e all’estero fino ai nostri giorni; e proprio di recente con pubblicato per la prima volta a Bologna nel 1828. Tracce di questo
l’attenzione rivolta anche agli apografi, come nel caso di quello per programma si trovano non solo in apografi presso la stessa Biblioteca

[ix]
A B g ec a
M

p o

O R
C D n m
E F
N
s n

P S
G H h fd b

❧ Bernardino Luini, Madonna con bambino, c. 1525. Napoli, Galleria Nazio-


nale di Capodimonte
❧ Particolare della illustrazione a p. viii, supra
❧ Schema del trastullo in mano al Puttino del Luini (p. viii, supra): in veduta
forzatamente aperta (a sinistra) e nell’illustrazione mancante alla descrizio-
ne di Luca Pacioli, De viribus quantitatis, Bologna, Biblioteca Universitaria,
Ms. 250, f. 229 r-v (a destra, dall’alto al basso)

[x]
❧ James E. McCabe,
Modello del teatro
di Curio
secondo l’interpretazione
di Leonardo
(1969)

❧ Leonardo, Ms. I Madrid, f. 110 r, c. 1497. Interpretazione del meccanismo


del teatro girevole di Curio descritto da Plinio e da Vitruvio

CATENE: CB IN ALTO
AD IN BASSO

ROTAZIONE INVERSA CONTROROTAZIONE DI 160°

❧ James E. McCabe, Illustrazione grafica del meccanismo del teatro di Curio nell’interpretazione di Leonardo (1969)

[xi]
Ambrosiana provenienti dalla Francia al posto degli autografi requisi- loro possessore, faceva conoscere non solo a Napoli ma anche altro-
ti da Napoleone, ma anche in altre biblioteche in quanto provenienti ve, a Bologna, a Milano, e poi in Francia e in Inghilterra e perfino
da un’unica fonte – la celebre biblioteca del cardinale Albani –, come in Russia, dove si affidava all’amico Jacopo Quarenghi, l’architetto
nel caso di quello a Montpellier da me segnalato nel 1957 quando mi del teatro dell’Ermitage a San Pietroburgo, per una loro auspicata
fu dato di menzionare anche quello del Corazza a Napoli. vendita a quella Imperatrice. Opera dunque di sostenuta e sistema-
“Ai due codici milanesi”, scrivevo allora, “già noti non foss’altro per- tica promozione del loro contenuto teorico in base al quale andava
ché furono sostituiti agli originali nella restituzione degli autografi ra- delineandosi sempre meglio la personalità di Leonardo come artista e
pinati da Napoleone, si aggiunge ora la copia dell’H 229 inf. che Cas- scienziato e quindi come tecnologo e architetto.Veramente non è un
siano dal Pozzo fece eseguire per il cardinale Barberini e che si con- caso – e questa è l’entusiasmante tesi di Buccaro – che proprio a quel
serva oggi nella Biblioteca Nazionale di Napoli (segn. XII.D, 79). Si tempo in epoca post-Vanvitelliana e proprio nel meridione, con Na-
sapeva che il Bossi nel 1810 si era recato a Napoli a copiare un «mano- poli come punto focale, andava prendendo corpo l’idea dell’architet-
scritto di Leonardo» e che da queste copie G.B.Venturi ricavò alcuni to-ingegnere secondo criteri innovativi di formazione professionale
capitoli di cui si servì in una memoria inedita su l’ottica di Leonardo. dove si riconosce l’esempio di Leonardo come modello a cui ispirar-
Si è potuto ora accertare che si tratta proprio dell’apografo Barbe- si. A me, capitano di lungo corso come Paolo Galluzzi ebbe amabil-
rini”. Conclusione confermata da Buccaro, che dimostra però non mente a definirmi, gratifica oltremodo vedere realizzato un progetto
trattarsi di una copia, bensì della silloge completa di quegli apografi. editoriale di tanto respiro come questo che all’ancor giovane amico
A lui del resto va lasciato il racconto puntuale e circostanziato del- e collega ha richiesto un impegno ventennale di sistematiche ricer-
le complesse vicende di quegli apografi considerati nel più ampio che e riflessioni coronate da una efficace, lucida sintesi di un vasto e
contesto culturale che fra Milano e Parigi (e poi col Corazza pure a complesso quadro di eventi ricostruibili col rigore scientifico dello
Bologna e a Napoli) avrebbe portato all’editio princeps del Trattato della storico attraverso il fuoco incrociato dell’avvicendarsi di informa-
pittura di Leonardo nel 1651 e di riflesso avrebbe stimolato analoghe zioni spesso contrastanti e spesso carenti ma che sempre gli lasciano
iniziative in altre parti d’Italia e di Europa: basta ricordare l’attività del l’orgoglio di avere raggiunto un punto fermo di arrivo che è anche
pittore svizzero Ludovico Antonio David (1648-1720) che all’inizio un promettente punto di partenza come esempio a studiosi di là da
del Settecento a Roma trascriveva il codice Leicester (poi Ham- venire. Di qui l’omaggio che desidero offrirgli di un piccolo ma non
mer) allora di proprietà del pittore Grezzi e la cui corrispondenza insignificante contributo alla soluzione di un problema lasciato aper-
con Ludovico Antonio Muratori, allora prefetto dell’Ambrosiana, to nella sua imponente opera di interpretazione. Ecco di cosa si tratta.
mostra la sua convinzione che nei manoscritti vinciani di quella bi- Alla pagina 143 di questo volume il nostro Autore si sofferma su
blioteca dovessero trovarsi estese trattazioni scientifiche e tecnolo- alcune testimonianze dell’indiscussa autorità di Corazza in ambito
giche meritevoli di essere prese in seria considerazione da esperti culturale e artistico rinvenibili fino agli ultimi anni di vita che son
di fisica e matematica, convinzione sostenuta con accesa passione poi gli ultimi anni del Secolo dei Lumi. Di qui si arriva a riscontra-
al punto di provocare l’invito di un esperto del calibro del Padre re l’impegno del bolognese nel reperimento e commercio di opere
Giuseppe Maria Stampa che l’8 maggio 1704 informava il Muratori d’arte come si ricava dalla corrispondenza con lo studioso toscano
sull’esame compiuto del Codice Atlantico affermando, sconsolato, di Onofrio Boni (1739-1818) con lettera da Firenze del 30 luglio 1793
“avere esaminato foglio per foglio quel gran volume” ma solo per dove si prospettano le possibilità e difficoltà di ottenere opere del
avere “giuocato ad indovinare che cosa volesse darci ad intendere Domenichino e perfino di Michelangelo per un personaggio che a
con quelle sue figure”. Severo giudizio, questo, che settant’anni dopo, Napoli già possiede un piccolo Leonardo, un “Leonardino”. La lette-
nel 1778 al ventilarsi di un’ipotesi di edizione forse suggerita dal Co- ra si conclude con una nota che è insieme di rammarico e compiaci-
razza, avrebbe trovato l’eco nel giudizio sorprendentemente negativo mento all’impossibilità di poter soddisfare la richiesta dei menzionati
e ancor più circostanziato di un altro insigne matematico e fisico, il dipinti da parte di tanto personaggio indubbiamente altolocato: “Mi
Padre Gregorio Fontana, che ebbe a soffermarsi anche sul De ombra spiace che non potrò servirla”, conclude il Boni, “ma tal dispiacere si
e lume – ora Ms. C – le cui proposizioni “alcune sono malamente modesta [cioè si modera] quando penso a chi Ella gli destina, cioè al
enunciate, alcune indeterminate e ambigue, ed alcune anche espres- Padrone di quel Lionardino così saporito. Ben gli sta che ne sia privo
samente false”. L’esame poi del Codice Atlantico portò decisamen- […]”.Verrebbe spontaneo pensare subito al re Ferdinando come in-
te ad escludere la necessità di pubblicarlo: “Il voler pubblicare un nominato possessore del piccolo Leonardo nel quale verrebbe fatto
tal manoscritto sarebbe lo stesso che far totalmente perdere al Vinci di riconoscere il Luini che in effetti esiste ancora nella collezione
quella riputazione di buon Matematico che egli gode presso di mol- Farnese, la Madonna con Bambino, una tavoletta di 84 x 66 cm un
tissimi, i quali tengono come sinonimi Architetto e Matematico”. “Io tempo attribuita a Leonardo (catalogo del 1802) e ora giustamente
peraltro sono ora convinto”, conclude il Fontana, “che quest’Uo- riconosciuta del Luini nella Pinacoteca Nazionale a Capodimonte.
mo, veramente sommo e incomparabile nelle arti del disegno, pos- Ma il “Leonardino” menzionato dal Boni è un altro dipinto, più pic-
sa aspirare a tutt’altra gloria, che a quella di buon Matematico”. colo, ora pure riconosciuto del Luini dopo essere stato considerato di
Con questo in mente risalta, per contrasto, la tesi di Alfredo Buccaro Leonardo fin dal tempo del conte di Arundel – il primo possessore
nel dare alla luce questi testi apografi di Leonardo che il Corazza, dei disegni di Leonardo ora a Windsor – dopo il quale passò ad altre

[xii]
prestigiose collezioni inglesi, da quella di Betty Germaine a quella del Ma il trastullo per bambini non si limita al ruolo di curiosi-
mitico Beckford di Fonthill (1801), per passare poi a Lord Hamilton tà, poiché molto probabilmente risale all’antichità o per lo meno
ambasciatore di Sua Maestà Britannica a Napoli. È questo il Puttino a molto tempo prima del tempo di Leonardo. Questo è accerta-
che mostra un suo trastullo, una tavoletta di 66 x 50,8 cm che dopo la bile sulla base della descrizione che Luca Pacioli, il matemati-
sosta a Napoli ritornava in Inghilterra per passare alla collezione Far- co amico di Leonardo, ne fa nella sezione di giochi scientifi-
quhar (1822) via via fino alla collezione Proby a Peterborough, Elton ci nel suo De viribus quantitatis recentemente pubblicato in edi-
Hall (v. p. viii, supra). zione critica a cura di Augusto Marinoni (1997). (L’illustrazione
La certezza del riconoscimento ci viene dallo stesso Boni che ovvia- manca ma è facilmente ricostruibile.) Nella seconda parte al cap.
mente vide il “Leonardino” a Napoli presso Lord Hamilton secondo CXXXII, f. 229 r-v (pp. 316-317 dell’edizione) si legge quanto segue:
quanto egli stesso afferma nel 1808 nelle sue Riflessioni sopra Miche-
langelo Buonarroti, un saggio pubblicato in appendice all’Idea della per- Capitolo CXXXII. Documento: del solazo puerile ditto bugie
fezione della pittura di Rolando Freart Segneur de Chambrai tradotta Usano li atempati [i.e. anziani] per dar solazo et piacere alli fanciuli certo
dal francese da Anton Maria Salvini e pubblicata da Domenico Mo- strumento ditto bugie, o ver le bugie, qual sia facto con doi taulete e
reni a Firenze nel 1809. Val la pena soffermarsi sul modo come l’ar- tre corigiuoli de cuoro, fitti capo <e> piè, tramezati alle teste de ditte
gomento viene da lui introdotto (pp. 41-42) partendo dal concetto di taulette tetragone [i.e. a quattro angoli], pare, uniformi in colore et gros-
bellezza espresso nei volti dipinti dagli antichi fino ai moderni pittori: sezza a maggior fallacia, como sia l’una qui abcd, l’altra efgh. E ne la testa
ab ferma con un chiu<o>do el coregiuolo unico a ponto nel mezzo, e
Dubiterei che l’espressione fosse riposta in quello che tra gli Artisti si l’altro capo ficarai nella testa ef de l’altra tauletta, in modo che ditto co-
definisce per Greco disegno, cioè per quei modelli superiori di bellezza, regiuolo in una e l’altra tauletta arà un capo fitto in lo mezzo ambedoi,
che Parrasio, o altri fissarono per ciascuno dei loro Dei, o Eroi, nella comme vedi la fila [nm]. Poi li doi capi de li altri doi coregiuoli ficarai
qual cosa niuno dei moderni gli ha superati. A me sembra riposta in ne la testa dc con doi altri chiuodi e l’altre doi estremità ficarai nela testa
questo la bellezza; ma l’espressione in quello che i latini diceano vul- hg, in modo che ditti doi coregiuoli aranno doi capi fitti in una de ditti
tus, e che Cicerone definisce per tacito linguaggio dell’animo (Orat. in taulete e doi in l’altra [op, rs]. Ora, al piacere, se prende una paglia e me-
Calp. Pisonem.), con cui manifesta nel viso di ognuno ciò che pensa; in tesse a traverso sotto qual voi coregiuoli, comme sia in la tauletta abcd
quelle argutiae vultus di Parrasio, che più tosto che galanterie, come dice sotto l’unico, et sirando [i.e. serrando] voltano capo piedi et aprano ditte
il Dati, io tradurrei espressioni del sembiante. Per questa ragione le te- taulette; farò che la ditta paglia se retrova sotto li doi coregiuoli, comme
ste degli Apostoli della Cena di Lionardo, benché sì poco greche, tanto vedi in la tauletta hgef, et così, or qua or là, la fanno venire dicendo che-
piacciono, perché sì argute nella muta loro espressione tanto dicono”. le [i.e. quelle] ale uno e chele [i.e. quelle] ali doi etc.: et dicendo a un
modo, quello apre voltandole a l’altro et e converso. Ideo.
Ed è qui che il Boni conclude col ricordo di una singolare esperienza
di fronte al “Leonardino” visto a Napoli: È probabile che si possano rintracciare altri esempi dello stesso tra-
stullo anche in immagini, in bassorilievi o in carte o pergamene, ri-
Mi sovviene di essere stato forzato a ridere vedendo nel gabinetto del salenti all’antichità e all’età di mezzo. È certo comunque che il prin-
Cav. Hamilton, Ministro d’Inghilterra a Napoli, un putto dello stesso cipio per così dire tecnologico del trastullo si trova applicato all’ar-
pittore, che ridendo mostrava un suo trastullo, benché non avesse l’idea chitettura quando Leonardo avrebbe spiegato, unico fra i maggiori
più bella del mondo, come non l’hanno tanti putti del Correggio, che teorici dell’architettura durante e dopo il suo tempo, dall’Alberti
pure tanto piacciono. al Palladio, il dispositivo menzionato da Plinio e Vitruvio quando
descrivono il monumentale teatro mobile di Curio. Il disegno e
L’acuto osservatore s’è dunque concentrato sull’espressione di trion- commento di Leonardo si trovano nel Ms. I di Madrid, f. 110 r, data-
fante ilarità infantile provocata dalla dimostrazione del trastullo che bile intorno al 1497, e sono stati correttamente interpretati da James
nella scheda del catalogo della grande mostra dell’arte italiana a Lon- E. McCabe, ingegnere nei programmi spaziali della NASA per il
dra nel 1930, dove la tavoletta del Luini figurava col titolo di “Boy progetto “Apollo” e mio allievo in storia dell’arte presso l’Università
with a puzzle”, veniva giustamente descritta come “a wooden puzzle della California a Los Angeles. Nella sua relazione pubblicata in ap-
with straps, similar in construction to modern note-cases”, e cioè pendice alla IX Lettura Vinciana di Kate T. Steinitz, Leonardo architet-
una sorta di giochetto rompicapo in legno con reggette di pelle e to teatrale e organizzatore di feste (1969), si riporta il mio suggerimento
simile ai moderni portafogli. E infatti io stesso ben ricordo l’identico di riconoscere lo stesso principio tecnologico nel dipinto del Luini
trastullo di moda come portafoglio negli anni Quaranta del secolo della collezione Proby a Peterborough: “The naked infant is shown
scorso. In mancanza di un esemplare che avrei desiderato di ritrovare playing with a trick toy constructed of two wooden planks hinged
presso rigattieri o antiquari per riprodurla accanto al dipinto di Luini, together by flexible bands, two across one plank and one across the
sarebbe facile ricostruirlo con due tavolette di legno per mostra- other”. Nello spirito del metodo di comunicazione applicato da
re come, rivoltandole su se stesse, una banconota posta liberamente Leonardo artista e scienziato che privilegia il ricorso alle illustrazio-
fra di loro la si ritroverebbe fermamente assicurata sotto le reggette. ni e ai grafici, ogni spiegazione o commento scritto risulta superflo.

[xiii]
Codice Corazza, c. 1640, frontespizio della sezione I/a. Napoli, Biblioteca Nazionale

[xiv]
Introduzione
“Ars sine scientia nihil est”
Jean Mignot, 1398

Q uesto nostro lavoro è rivolto, oltre che agli studio-


si della materia vinciana e a quelli di storia dell’architet-
tura e dell’ingegneria, a tutti coloro che, studenti o professio-
Ma ci sarà concesso una buona volta di sapere che ‘dovrebbe’ fare
l’architetto di diverso rispetto all’ingegnere civile o edile? Il pro-
dotto del loro lavoro non è il medesimo? E se no, in che cosa dif-
nisti, desiderassero comprendere meglio le origini della figura ferisce? La risposta se l’è già data il comune lettore di buon senso,
dell’ingegnere-architetto nel Mezzogiorno e le sue radici profonde non essendo necessario scomodare Leonardo o Le Corbusier per
nella più generale vicenda italiana ed europea dell’età moderna arrivarci. Un’occhiata superficiale alle discipline presenti all’in-
e contemporanea. Va detto subito che l’adozione di un termine terno dell’attuale curriculum per la formazione di queste figure
‘duplice’ non è casuale, ma trova solide motivazioni nella storia professionali potrebbe indurre a pensare che l’architetto fondi il
che ci accingiamo a raccontare. Si tratta, con tutta evidenza, di proprio sapere su una più solida preparazione umanistica, storico-
un programma ambizioso, che a valle di lunghe ricerche abbiamo critica o artistica, a fronte di una più ampia competenza tecnico-
cercato di affrontare con cautela ma anche con decisione, sebbe- strutturale, tecnologica, impiantistica o infrastrutturale dell’ingegne-
ne certamente con inevitabili lacune o inesattezze, di cui il let- re. Ma siamo sicuri che questo sia vero per tutti e non solo in alcuni
tore attento o l’esperto studioso vinciano vorranno perdonarci. casi, o che basti perché l’opera del primo si distingua per qualità da
Nel corso della seconda metà del Novecento, ormai consumatasi quella del secondo?
la pretesa scissione tra i due ambiti professionali dell’architettura e Dunque l’una, che chiameremo ‘architettura’, sarà necessariamente
dell’ingegneria civile, a tanti è capitato di chiedere, da studenti, o di bella e si inserirà perfettamente nel paesaggio e nel contesto strati-
sentirsi chiedere, come docenti e forse anche come genitori: «Quale ficato, ma potrà serbare qualche sorpresa per gli aspetti tecnico-co-
è la differenza tra architetto e ingegnere?». Penso che, a tutt’oggi, la struttivi o impiantistici; l’altra, che chiameremo ‘edilizia’, sarà invece
maggioranza delle persone non sappia dare a tale quesito che una ri- solida, funzionalmente affidabile, ma probabilmente brutta o avulsa.
sposta incerta, che può divenire convinta solo a patto di allontanarci Ma se ci riferiamo solo agli ultimi cinquant’anni, allorché di fatto
decisamente dall’ambito delle costruzioni: ingegnere è certamente ha campeggiato questa sciagurata distinzione, non ci risulta che le
un professionista che svolge un preciso lavoro nel campo dell’indu- opere dei primi possano distinguersi, in generale, per un bollino di
stria meccanica, chimica, aeronautica, navale, o nel settore informa- qualità (tutt’altro!) e quelle dei secondi, necessariamente, per brut-
tico, gestionale, ecc. Ma se solo sfioriamo il settore delle opere civili tezza e rifiuto della storia: anzi, spesso è vero il contrario. Non sarà
ed edili cominciano i dubbi, e ancora oggi la gente comune, se in ge- forse che quello che chiameremmo meno pretenziosamente ‘ogget-
nerale ignora quella differenza, in molti casi non ha mai avuto a che to costruito’ potrà essere più o meno bello, più o meno dotato del
fare con un architetto: da sempre colui che si occupa di progettare e valore di bene culturale e rispettoso dell’ambiente e del contesto in
dirigere le opere pubbliche e le infrastrutture, risolvendo con l’uso relazione alla preparazione, alla sensibilità e all’onestà intellettuale
di ‘ingegni’ una serie di problemi tecnici ad esse connessi, è detto in- dell’autore, chiunque egli sia, o alla qualità e compatibilità ambien-
gegnere, mentre è definito generalmente architetto il progettista di tale dei materiali e delle tecniche adottati? È vero o no che tan-
opere in campo privato, per le quali è ovviamente ignoto alla mag- te ‘architetture senza architetti’ dei secoli scorsi, oltre a invecchiare
gioranza della popolazione (se si esclude, a partire dal XIX secolo, il più che dignitosamente, gareggiano e sovente vincono in bellezza
professionista in servizio presso un ufficio pubblico); in realtà, fino e per un corretto inserimento nel territorio o nel contesto storico,
a meno di un secolo fa, poteva trattarsi tranquillamente della stessa se confrontate con tante arroganti opere delle più recenti archistar?
persona. Sicché ancora nella nostra gioventù, specie dagli anziani, Rimane allora sempre possibile e, anzi, auspicabile, che indivi-
abbiamo sentito chiamare sistematicamente l’architetto «ingegnere». dualmente un giovane aspiri a formarsi dando alla propria pre-
Se allora dopo le scuole superiori scelgo di studiare architettura, parazione un’identità e una specializzazione ben riconoscibili,
in che cosa consisterà il mio lavoro e in che sarà diverso da quel- approfondendo l’uno o l’altro dei due aspetti suddetti, e magari
lo di un ingegnere edile o di un ingegnere-architetto? Badate che candidandosi alla progettazione di opere in cui, per esigenze di
la questione non è affatto di lana caprina e che molti dei mali carattere sociale, ambientale, tecnico, o per la natura stessa della
dell’architettura della seconda metà del secolo scorso e degli inizi committenza, possa prevalere uno di essi. Ma che, data l’opera, si
di quello presente dipendono dalla pretesa distinzione tra l’archi- possa risalire al ‘tipo professionale’ del suo autore e quindi etichet-
tettura degli architetti e quella degli ingegneri: come premessa, tarla nel bene o nel male, ci sembra francamente improponibile.
quindi, al discorso che ci accingiamo a fare, va sottolineata l’equi- Detto questo, non crediamo che tale ‘specificità’ o specializza-
vocità (insieme con la diffusa irresponsabilità) insita nell’attribuire zione possa, in ogni caso, verificarsi allo stadio della formazione
alla prima un particolare valore e precise connotazioni artistiche universitaria, constatandosi oggi facilmente come, all’atto della
o stilistiche, e alla seconda, al massimo, caratteri funzionali legati laurea, essa sia ben lungi dall’essere presente. Al contrario, cre-
al fabbisogno di abitazioni a basso costo o di attrezzature sociali, diamo che tali peculiarità possano emergere solo in fase postuni-
come se non si trattasse, in ogni caso, di oggetti in cui si vive e che versitaria e che comunque esse non pregiudichino affatto l’unicità
vengono comunque collocati in un ambiente naturale o urbano, dell’architettura in quanto tale. In questo senso l’introduzione in
con tutte le conseguenze che derivano dalla messa in opera anche alcuni atenei italiani e, di recente, anche a Napoli, di un percorso
di un piccolo muro o di una sola pietra in tali contesti. di formazione da ingegnere-architetto, oltre a vantare nel caso del ca-

[1]
fenomeno della diffusione del ‘metodo vinciano’ in ambito napo-
letano assumerà l’importanza che merita ai fini di una precisa rico-
gnizione delle radici dello scienziato-artista, una figura nata di fatto
sul principio dell’età moderna ma definita nel ruolo professionale e
istituzionale tra Sette e Ottocento, prima che se ne perdesse la trac-
cia a causa degli ‘specialismi’ introdotti nel corso del XX secolo.
Prima, allora, di immergerci negli esiti di una ricerca documenta-
ria che annovera un repertorio di fonti che va ben oltre la pur no-
tevole consistenza del nostro Codice – si pensi soltanto al cospicuo
fondo Corazza della stessa Biblioteca Nazionale – va innanzitutto
chiarito il significato che, a partire dall’età dell’Illuminismo, fu
dato proprio al termine scienziato-artista: vero nodo, a nostro pa-
rere, della storia dell’ingegneria meridionale, cui qualche tempo
fa dedicammo un volume e un mostra tenutasi presso l’Archivio di
Stato di Napoli3. Si è trattato quindi di riprendere le fila di quell’e-
sperienza per andare a ritroso, ricercandone le origini all’inizio
dell’età moderna4.
Avvertiamo intanto che tale definizione, riferita ad esempio a Leo-
nardo, agli architetti-ingegneri post-vanvitelliani o ai tecnici del
Corpo di Ponti e Strade in età preunitaria, può indicare sia il pro-
fessionista ‘teorico-pratico’ – intendendosi artista come tecnico, ossia
applicatore delle regole dell’arte attraverso l’abilità e l’esperienza (con
riferimento a quella che gli antichi definivano arte, ossia la téchne)
– sia la doppia figura dello scienziato sperimentatore (e quindi sco-
pritore, codificatore e divulgatore) dei principi della scienza costrut-
tiva e dell’artista creatore di forme degne di essere annoverate nel
campo delle arti belle: nella fattispecie, quindi, non solo applicatore
delle regole del mestiere, bensì dei principi dell’estetica e del gusto.
Si comprende allora come questa definizione, adottata come sino-
nimo di ingegnere, abbia mostrato sin dall’inizio un significato di
completezza in grado di rappresentare un’autentica minaccia per gli
architetti di pura estrazione accademica che, a partire dalla metà del
XIX secolo, considerarono l’opera degli ingegneri priva di dignità
Codice Corazza, c. 1640, sez. II, p. 20, Napoli, Biblioteca Nazionale
architettonica, arroccandosi nella loro presunzione di unici deposi-
tari del ‘buon gusto’.
poluogo campano, come tenteremo di dimostrare, solide e antiche In realtà le cose stavano in maniera assai diversa. E se, ancora nel
radici, mostra una perfetta coerenza con le ragioni stesse dei nostri 1809, nel Vocabolario toscano dell’arte del disegno pubblicato da Fi-
assunti. lippo Baldinucci5 , l’ingegnere era definito genericamente «Inge-
gnoso ritrovator d’ingegni e di macchine, lo stesso che Architetto»,
Lo studio che proponiamo avrà come punto focale la vicenda e in età napoleonica la fondazione della prima scuola di ingegneria
il significato storico-documentario del Codice Corazza, come ab- italiana in ambito civile voluta a Napoli da Murat con decreto
biamo da tempo battezzato1 questa preziosa ‘antologia’ vinciana del 4 marzo 18116 – di cui quest’anno celebriamo il bicentenario,
seicentesca – conservata presso la Sezione Manoscritti e Rari della cogliendone quindi l’occasione per dare alle stampe il nostro stu-
Biblioteca Nazionale di Napoli2 – dal nome del possessore, il lette- dio – si basò proprio sul presupposto dell’ispirazione alla figura
rato filosofo e scienziato bolognese Vincenzo Corazza, precettore, professionale completa, di marca vinciana, dello scienziato-artista:
sul volgere del Settecento, del principe ereditario Francesco, figlio essa era destinata a consolidarsi fino ai primi decenni del Nove-
di Ferdinando IV di Borbone e futuro re Francesco I. cento nella fisionomia dell’ingegnere-architetto. L’unità di questa
Il Codice, la cui esistenza è stata segnalata per la prima volta da figura, infatti, supererà indenne – anzi rafforzandosi – anche la
Carlo Pedretti mezzo secolo fa, non è mai stato oggetto di una progressiva frattura tra arti figurative e tecniche costruttive dovuta
pubblicazione integrale, né di uno studio atto ad approfondirne la alle applicazioni dell’industria all’architettura: si dovrà attendere,
vicenda storica e il significato in relazione alla vasta eco e al ruolo
che la lezione di Leonardo ha avuto nel Mezzogiorno moderno e
contemporaneo. Ma tutto questo non basta: solo attraverso le fonti 3
  A. Buccaro, Da architetto «vulgo ingeniero» a «scienziato artista»: la formazione
a nostra disposizione sugli ingegneri, sino ad oggi indagate, an- dell’ingegnere meridionale tra Sette e Ottocento, in Scienziati-artisti. Formazione ruolo
degli ingegneri nelle fonti dell’Archivio di Stato e della Facoltà di Ingegneria di Napoli, a
che da chi scrive, senza riferimenti né nessi con questa vicenda, il cura di A. Buccaro, F. De Mattia, Napoli, Electa Napoli, 2003, pp. 17 sgg.
4
  Cfr. pure A. Buccaro, Invarianti e dinamiche della professione tra Cinque e Sette-
cento, in Storia dell’Ingegneria. Atti del 3° Convegno Nazionale (Napoli, 19-21 aprile
2010), a cura di S. D’Agostino, Napoli, Cuzzolin Editore, 2010, I, pp. 261-269.
1
  A. Buccaro, Ingegneria tra scienza e arte: il Codice Corazza e la permanenza del 5
  F. Baldinucci, Vocabolario toscano dell’arte del disegno, Milano, Soc. Tipografica
modello vinciano nella cultura napoletana, in Storia dell’Ingegneria. Atti del 2° Convegno Classici Italiani, 1809, I, p. 265.
Nazionale (Napoli, 7-8 aprile 2008), a cura di S. D’Agostino, Napoli, Cuzzolin 6
  A. Buccaro, Istituzioni e trasformazioni urbane nella Napoli dell’Ottocento, Na-
Editore, 2008, II, pp. 797-809. poli, E.S.I., 1985, cap. I e passim; Id., Opere pubbliche e tipologie urbane nel Mezzo-
2
  BNN, Manoscritti e Rari, XII. D. 79. giorno preunitario, Napoli, Electa Napoli, 1992, pass.

Introduzione
2
Codice Atlantico, f. 537r, c. 1515; studi di centine per archi e volte. Milano, Biblioteca Ambrosiana

Introduzione
[3]
Arconati, furono redatti dai frati dell’Ambrosiana gli apografi da
utilizzare come basi per un testo concepito dal cardinale e dallo
stesso dal Pozzo quale raccolta del ‘meglio di Leonardo’ presen-
te in quella biblioteca; una selezione ‘mirata’, dunque, e finaliz-
zata alla pubblicazione di una ricca antologia di scritti vinciani.
Cassiano curò nella stessa epoca la redazione di un testo finalizzato
all’editio princeps del Trattato della Pittura, poi effettivamente esegui-
ta a Parigi nel 1651 con le illustrazioni di Poussin. Ciò fu realizzato
attraverso riscontri sugli originali dell’Ambrosiana e sulla base di
apografi più antichi, tratti in forma ‘abbreviata’ dal Libro di Pittura:
quest’ultimo, conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana e
compilato intorno al 1546 sui manoscritti di Leonardo dall’allievo
Melzi secondo il progetto impostato dal maestro, fu ignoto a dal
Pozzo nella forma originale, pubblicata solo agli inizi dell’Ottocento.
Gli apografi custoditi a Milano e a Napoli propongono selezioni
Codice apografo, H 228 inf., c. 1637-40, particolare. Milano, Biblioteca tratte da originali databili tra il 1490 e il 1518 e redatti da Leonardo
Ambrosiana (da Solinas) tra Milano, Firenze, Roma e Amboise: l’operazione fu condotta da
dal Pozzo estendendo gli ambiti d’interesse rispetto alla coeva editio
nell’Italia fascista, la nascita delle Facoltà di Architettura perché princeps del Trattato, evidentemente su precisa richiesta del Barberini,
il titolo di ingegnere edile venga separato ufficialmente da quello dalla pittura e dalla teoria della rappresentazione all’ottica, all’idrauli-
di architetto, con tutte le conseguenze che tuttora si registrano. ca, alla meccanica e alle scienze della terra, nonché a quanto concer-
La nostra indagine verterà dunque sulla doppia ‘anima’ della profes- nesse l’applicazione di tali materie di base alla tecnica dell’architet-
sione e sull’importanza che essa assume in relazione alla svolta veri- tura e dell’ingegneria. L’importanza di questi apografi è dovuta sia ai
ficatasi a partire dagli inizi dell’età moderna grazie al ‘nuovo’ model- criteri di selezione dei testi vinciani, sia al valore intrinseco delle tra-
lo rappresentato dai primi tecnici dotati di rango liberale e, quindi, scrizioni e del loro apparato iconografico, sia infine, come ha dimo-
da Leonardo. Per fare questo, sarà ovviamente opportuno partire strato Pedretti, per l’opportunità che ci offrono di sostituire in alcuni
dall’ampia letteratura di base concernente la figura del genio toscano, casi gli originali perduti o di aiutarci nella lettura tecnica di partico-
cui ci avvicineremo con la dovuta modestia e cautela, e con il rispetto lari illustrati da Leonardo con immagini a volte difficilmente com-
che si deve a studiosi che su tali temi hanno speso un’intera vita, pri- prensibili per la scala del disegno o per il loro stato di conservazione.
mo fra tutti Carlo Pedretti, e poi Augusto Marinoni, Alessandro Vez- La nostra ricerca ha avuto dunque inizio dallo studio del Codice
zosi, Paolo Galluzzi, Carlo Vecce e altri ancora. Ma da questo onero- della Biblioteca Nazionale di Napoli, che rappresenta la stesura
so compito non possiamo esimerci se, lungi dal pensare di apportare più ampia della trascrizione antologica coordinata da Cassiano dal
particolari contributi di novità sul piano della critica vinciana, inten- Pozzo. È risultata del tutto evidente, sin dall’inizio, la difficoltà di
diamo mettere a frutto inedite ricerche documentarie per collocare un approccio alla sconfinata materia vinciana su cui, specie da un
la vicenda della diffusione dell’eredità leonardesca nel Mezzogior- secolo a questa parte, si sono cimentati fior di studiosi e speciali-
no nel quadro della formazione della descritta figura professionale. sti del genio toscano, con particolare attenzione alla ricostruzione
dell’intricata vicenda di quei manoscritti, alle connessioni tra ori-
La storia del Codice napoletano si inserisce a pieno titolo nella più ginali e apografi e all’importanza dei contenuti di quei testi in re-
ampia e complessa vicenda dei manoscritti e apografi vinciani, con lazione alle formidabili intuizioni tecnico-scientifiche e artistiche
la quale dovremo fare i conti in ogni punto della trattazione: riper- di Leonardo: speriamo, tuttavia, di aver potuto aggiungervi al-
corriamone allora le linee principali. meno un tassello con riferimento alla fortuna critica di Leonardo
I manoscritti donati all’Ambrosiana nel 1637 dal conte Galeazzo nel Mezzogiorno moderno e contemporaneo, e soprattutto di aver
Arconati furono depredati da Napoleone nel 1796, passando dalla recuperato le fila della sua influenza sulla delineazione dell’iden-
Biblioteca Nazionale di Parigi all’Institut de France, ove tuttora tità professionale dell’ingegnere-architetto, come oggi lo intendiamo
si trovano, tranne il Codice Atlantico, restituito nel 1815, e quelli nella sua doppia ‘anima’ tecnico-scientifica ed estetico-artistica.
che, con la caduta di Napoleone, giunsero in Inghilterra, finendo Lo ‘scienziato-artista’ Leonardo, dunque, come matrice culturale
in parte presso il British Museum e il Victoria and Albert Mu- di una figura di professionista che, dopo la lunga gestazione ve-
seum, in parte presso le collezioni private di lord Leicester e lord rificatisi tra Quattro e Settecento, giunge a maturazione in età
Ashburnham, oltre ai fogli sciolti tuttora presenti nella Biblioteca napoleonica con la fondazione, a Napoli, della prima scuola di in-
Reale di Windsor e nella Biblioteca Reale di Torino. Ma alcuni gegneria italiana in ambito civile. A dispetto di quanto affermato
dei codici francesi risultano oggi mutili di fogli sottratti nell’Otto- da più parti con riferimento alla dubbia ‘scissione’ tra architetto e
cento, solo in parte ricostruiti attraverso gli apografi a partire dagli ingegnere che si sarebbe verificata a partire dalla fondazione della
inizi del secolo scorso. École des Ponts et Chaussées a Parigi nel 1747, in realtà ancora per
Riguardo appunto agli apografi, oltre che a quelli cinquecenteschi, oltre un secolo questa separazione, del tutto innaturale nel cam-
nel nostro caso va fatto specifico riferimento alle trascrizioni rien- po delle opere architettoniche e dell’ingegneria civile, sarà ben
tranti in una vasta operazione promossa dal cardinale Francesco lontana dall’attuarsi. Anzi, proprio nell’architettura dell’Illumini-
Barberini ed eseguita tra il 1637 e il 1640 da Cassiano dal Pozzo, smo e nella nuova estetica del funzionalismo ottocentesco saranno
suo segretario a Roma, intellettuale raffinato, collezionista d’arte, da ricercare, come è noto, le premesse del Movimento Moderno.
noto per l’imponente attività di raccolta e riproduzione di opere Il ‘filo rosso’ vinciano sarà sempre rinvenibile nella vicenda dell’ar-
dell’antichità confluita nel suo Museo Cartaceo, in cui dovette inse- chitettura e delle opere pubbliche nel Mezzogiorno: basterà seguir-
rirsi anche questa iniziativa. A Milano, sotto il controllo del conte ne le tracce, leggere tra le righe dei documenti, cercare di ricostruire
Introduzione
4
le carriere e annoverare le opere dei protagonisti di questo affasci-
nante scenario, da cui il territorio meridionale risulterà fortemente
connotato e pregno di valori artistici, architettonici e infrastrutturali
in esso disseminati, ancora oggi riconoscibili e solo in parte fruibi-
li. Ci interesserà, in particolare, individuare gli aspetti significativi
del ruolo svolto, nella formazione dell’identità di tali professionisti,
dall’acquisizione e maturazione del metodo scientifico-speculativo
dei primi ‘ingegneri’ dell’età moderna da parte del pensiero meri-
dionale. In tal senso, il ruolo degli scienziati e dei filosofi napoletani,
a partire dalla seconda metà del Cinquecento sino alle soglie della
rivoluzione del 1799, avrà un diretto riscontro sulla rielaborazione e
sull’aggiornamento di quel metodo nell’età dei Lumi, permettendo
di giungere alle importanti riforme che caratterizzeranno, anche in
questo campo, il governo murattiano. In altre parole, il metodo vin-
ciano e la sua diffusione fino e oltre l’Età dei Lumi rappresenteranno
la premessa per una piena espressione, anche in campo professionale,
del passaggio dall’esprit de système all’esprit systematique – per dirla
con D’Alembert – ossia da una concezione aprioristica e deduttiva
ad una basata sulla precisa classificazione e analisi dei fenomeni ai
fini dell’elaborazione delle ‘regole dell’arte’.
La figura di Vincenzo Corazza, insieme con tutto l’ambiente cul-
turale che lo circonda, è per molti versi emblematica proprio di
quell’età post-vanvitelliana in cui si fa sempre più consistente il ba-
gaglio delle teorie scientifiche poste al servizio dell’architettura e
dell’ingegneria, e sempre più avvertita l’esigenza di una solida pre-
parazione dello ‘scienziato-artista’ sia in campo umanistico, sia in
quello tecnico-scientifico. Nel corso del Novecento, poi, nell’am-
biente napoletano vi sarà sempre chi, come Luigi Cosenza, indi-
cherà proprio nella lezione vinciana la via di uscita dall’impasse dato
dall’inesorabile quanto forzosa divisione dei ruoli professionali.

Dai nostri studi sulla vicenda dell’ingegneria meridionale in età


moderna e contemporanea emerge come essa sia stata caratterizza-
ta sin dall’inizio dalla forte identità di questa figura professionale
completa, che si corrobora attraverso le importanti esperienze dei
secoli del viceregno e del primo periodo borbonico, venendo infine Francesco di Giorgio Martini, Macchine semoventi, MS. Ashburnham 361,
confermata in età preunitaria dalla neonata Scuola di Applicazione c. 46v. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana (da Galluzzi)
di Ponti e Strade. Nelle fasi di questa vicenda, che ci tocca qui
approfondire nei suoi più interessanti risvolti, è possibile registrare
peculiari invarianti ma anche significative dinamiche. Cerchere- studi, il Martini ne ha già potuto avvertire tutta l’influenza, aven-
mo cioè di individuare la linea metodologica rinvenibile con cer- do lavorato con lui e con Bramante prima a Milano, poi a Pavia e,
tezza nella storia della professione nel Mezzogiorno, quella sorta di nel contempo, avendo potuto suscitare a sua volta nel grande genio
‘filo rosso’ di cui dicevamo, che accompagnerà la maturazione di toscano, specie nel campo della meccanica e dell’idraulica, nuovi
una ‘coscienza’ dell’ingegneria solidamente fondata sull’unità dei interessi di ricerca. Ed è proprio questa la traccia che va seguita per
saperi e che approderà nel Settecento a una visione enciclopedica meglio comprendere la fisionomia che la professione andrà assu-
determinante per la definitiva connotazione in età contemporanea. mendo dal Cinquecento in poi nel più generale panorama italiano
Quando, a partire dalla prima metà del XV secolo, l’architetto – come nel Mezzogiorno; una traccia caratterizzata dalla diffusione
come il pittore e lo scultore – intraprende il proprio riscatto per ac- di una metodologia di ricerca fatta di continui rimandi tra ragione
cedere al mondo erudito delle arti ‘liberali’, pur restando «omo san- ed esperienza, tra norma e verifica, tra deduzione e induzione, che
za lettere», come diceva di sé Leonardo, egli può finalmente aspirare fino a tutto il secolo dei Lumi non solo non verrà messa in discussio-
al nuovo rango anche per altre sue antiche competenze, quale cioè ne, ma uscirà anzi rafforzata dagli straordinari apporti che, proprio
costruttore di ‘ingegni’ meccanici e idraulici, di macchine militari e nello Stato napoletano, essa potrà accogliere. Il metodo tipicamen-
di cantiere, a patto però di farsi teorico e scienziato oltre che artista. te vinciano verrà infatti confermato all’indomani della rivoluzio-
Per trovare dunque il principio della nostra storia occorrerà partire ne galileiana, ponendosi alla base della nuova scienza sperimentale.
da Francesco di Giorgio Martini, primo vero ingegnere-architetto Da un lato, quindi, questa linea proseguirà nell’opera svolta dopo il
dell’età moderna, e dalla sua esperienza napoletana, svoltasi a più Martini in Castelnuovo da Antonio Marchesi da Settignano, specie
riprese negli ultimi anni del Quattrocento, vale a dire dall’atti- nell’approfondimento della tecnica del fronte bastionato, dall’altro
vità che egli, già al servizio della signoria di Siena, è chiamato a essa assumerà come guida gli importanti contributi dati in campo
prestare presso i sovrani aragonesi, specie nell’importante cantiere teorico dall’insegnamento svolto presso la corte aragonese, per alcu-
delle fortificazioni di Castelnuovo. In un periodo in cui Leonardo, ni anni, da Luca Pacioli e dalla proficua ricerca di studiosi napoletani
attivo a Milano, è nel pieno delle sue ricerche e dei suoi poliedrici come Luca Gaurico – si pensi solo al problema della ‘quadratura
Introduzione
5
così le fila della professione, vertono sull’adozione di un concetto
di architettura ‘della guerra’ basata sui nuovi principi della mate-
matica e della geometria, respingendo l’attribuzione alla disciplina
dei soli fondamenti tecnico-pragmatici e aderendo così, ancora
una volta, alla lezione di Leonardo; ma vedremo come tutto que-
sto non basti ad evitare, a partire dalla seconda metà del Settecen-
to, il concretizzarsi di un definitivo iato tra tecnici civili e militari.
Il ruolo svolto fino alla prima metà del XVII secolo da altri impor-
tanti ingegneri-architetti conferma la decisa fisionomia ormai as-
sunta dalla professione anche in ambito napoletano. Si registreran-
no così, agli inizi del Seicento, i decisivi contributi rappresentati
dall’opera teorica e tecnica di Domenico Fontana e di Giovanni
Antonio Nigrone.
Il primo, «ingegnere maggiore del regno» già negli ultimi anni del
XVI secolo e reduce dall’attività romana con Sisto V, oltre ad es-
sere il ben noto autore di numerose opere architettoniche e infra-
strutturali nell’area napoletana, dà la propria personale impronta
all’ingegneria civile e idraulica nella capitale; impronta destinata a
permanere grazie alla diffusione, quale utile manuale della profes-
sione, del Libro secondo inserito nell’opera di Fontana Della traspor-
tazione dell’obelisco vaticano del 1604. Ora, al di là di quanto la critica
architettonica gli abbia riservato con giudizi alterni e di quanto
l’invidia di meno fortunati colleghi abbia generato nella vicenda di
alcune sue opere, ciò che interessa sottolineare è il fatto che questo
professionista seppe fare scuola influenzando, come vedremo con
una mentalità da artista-scienziato, altri indiscussi maestri dell’in-
gegneria e dell’architettura napoletana. Un enorme bagaglio di
conoscenze tecniche, grazie al Fontana, si radicherà nella Napoli
vicereale, arricchendosi poi, fino all’inizio del regno borbonico,
delle esperienze che i regi ingegneri matureranno nell’intero ter-
ritorio statale. Ciò assicurerà la continuità di quel fenomeno di
cui si diceva, che vedrà nella denominazione di architetto «vulgo
Antonio de Beatis, Itinerario di monsignor Reverendissimo, Illustrissimo il ingeniero» – data nei documenti, tra gli altri, proprio a Picchiat-
Cardinal de’ Aragona incominciando dalla città di Ferrara, 1517-18, frontespizio.
Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms.XIV. H. 70 ti – la conferma dell’antica unità della figura professionale e, nel
contempo, anche la specificità delle due ‘anime’ di quest’ultima,
l’una privata ed esclusiva, l’altra pubblica.
del cerchio’ – con cui Leonardo è certamente in contatto. Del resto Unità del resto rinvenibile anche nell’interessante opera di Nigro-
proprio da Napoli parte, nel 1517, il viaggio in Europa del cardinale ne, «ingegniero de acqua», anch’egli già al servizio di Sisto V, che
Luigi d’Aragona, fratello di re Ferrante, che con il segretario Anto- in una bozza di trattato di ingegneria idraulica redatto sul volgere
nio de Beatis si reca a fare visita al maestro ad Amboise; ne seguirà, del Cinquecento ci ha lasciato un vero compendio del sapere e
sulla scorta del diario stilato dal de Beatis e della vasta eco dell’ini- delle esperienze su campo di un profondo conoscitore dell’am-
ziativa, un’ulteriore spinta alla diffusione del leonardismo a Napoli: biente idrogeologico del territorio napoletano e flegreo, come di
le metodologie introdotte da Leonardo nella teoria della visione e quei ‘congegni’ di tradizione cinquecentesca che egli perfeziona
della rappresentazione, nella meccanica e nell’idraulica diverranno anche sulla base della propria attività romana. Se è vero che il
così, in breve tempo, patrimonio comune degli architetti-ingegneri contributo di Nigrone appare ancora basato su architetture dagli
attivi nel Mezzogiorno. accenti vernacolari (si vedano i numerosi disegni di fontane da
L’ambiente della nuova capitale vicereale costituisce, fino a tut- lui realizzate tra Roma e Napoli) e su spiegazioni trascendenti ed
ta la seconda metà del Cinquecento, terreno fertile per la prima esoteriche dei caratteri dell’ambiente fisico e dei fenomeni natu-
diffusione della scienza e della tecnica vinciana; ciò sia per l’ac- rali, sotto il profilo tecnico si deve proprio a questo professionista,
certata presenza di trascrizioni e apografi dei codici e taccuini di come del resto all’opera svolta fino alla seconda metà del secolo
Leonardo in importanti biblioteche private napoletane – da quella dai tecnici succedutisi nella carica di «ingegnere maggiore», il me-
dei Piccolomini duchi di Amalfi a quelle dei Serra di Cassano e rito di aver fatto proprio il patrimonio metodologico accumulato
del colto bibliofilo Gian Vincenzo Pinelli – sia per le numerose nel corso di un secolo sulla base della lezione vinciana e di aver
occasioni avute da professionisti come Giovan Tommaso Scala, traghettato l’ingegneria napoletana fino alle grandi speculazioni
Ferdinando Manlio, Giovan Battista Benincasa, Ambrogio Atten- scientifiche del Secolo dei Lumi.
dolo, Benvenuto Tortelli, di acquisire e mettere in pratica le nuove L’epilogo settecentesco della vicenda sin qui soltanto tratteggiata
metodologie con un evidente approccio sperimentale. ne rappresenta la pagina più ricca e significativa. Da un lato si
Gli sforzi profusi dal nolano Carlo Theti con i suoi Discorsi delle assisterà a una progressione sul piano teorico, con una sistema-
forticationi del 1569 al fine di scongiurare una ‘deriva separatista’ da tizzazione delle scienze dell’ingegneria propedeutica alla futura
parte dei professionisti impegnati in campo militare, a causa di una formazione politecnica, dall’altro proprio a Napoli, nel 1733, sarà
specializzazione tecnica sempre più accentuata, e di tenere salde pubblicato per la prima volta in Italia il Trattato della Pittura di Leo-
Introduzione
6
gegneria di Bélidor, ma anche con il contributo teorico e tecnico
dato da professionisti post-vanvitelliani come Vincenzo Lamberti
e Niccolò Carletti, assicurerà la trasmissione dell’antica identità
dello scienziato-artista alla contemporaneità.
❧ ❧ ❧
Desidero ringraziare quanti hanno in ogni modo incoraggiato que-
sto studio, credendo nei miei modesti sforzi e facendo sì che essi
si concretizzassero in un’opera, speriamo, utile ai cultori della sto-
ria dell’architettura e dell’ingegneria, ma anche e soprattutto ai
giovani che intendano intraprendere la propria formazione pro-
fessionale con la piena coscienza e il grande orgoglio delle solide
radici che caratterizzano da secoli la figura dello scienziato-artista
nel Mezzogiorno.
In particolare, non vi sono parole che bastino per descrivere l’en-
tusiasmo trasmessomi dall’incontro con il più grande studioso di
Leonardo che l’Italia e il mondo possano vantare, vale a dire Carlo
Pedretti, cui sono grato per i preziosi consigli e la grande pazien-
za con cui ha seguito la mia avventura sino al suo compimento.
Quest’opera non avrebbe mai visto la luce senza la particolare sen-
sibilità e passione manifestate da Edoardo Cosenza, già Preside
della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Napoli Federico II e
oggi Assessore Regionale, per la storia dell’architettura e dell’in-
gegneria nel Mezzogiorno e per le mie ricerche su questi temi,
consentendo così di contribuire con la presente iniziativa alle Ce-
lebrazioni del Bicentenario della Scuola d’Ingegneria di Napoli,
ben coordinate dal nuovo Preside Piero Salatino. Segnatamente il
prof. Cosenza ha avuto il merito peculiare di coinvolgere nell’im-
presa il dott. Enzo Giustino, Presidente del Banco di Napoli, e il
Giovanni Antonio Nigrone, Progetto di fontane in Avellino, da Id., Vari dott. Giuseppe Castagna, Direttore Generale, sin dal primo mo-
disegni di G. A. Nigrone, 1585-1609, f 1r. Napoli, Biblioteca Nazionale, mento entusiasti e propensi a sostenere la pubblicazione, a con-
Ms.XII.G.59 ferma del già noto e lungo impegno del Banco nella promozione
della cultura meridionale. L’Ufficio Relazioni Territoriali del sud-
nardo: sulla base di questo testo, qualche decennio più tardi nella detto Istituto Bancario, diretto dalla dott.ssa Paola Franchomme,
rifondata Accademia del Disegno si darà nuova linfa alla teoria ha poi determinato il buon esito di tale sforzo economico.
della visione e al disegno prospettico, superandosi la tradizione All’amico Carlo Vecce, altro illustre vinciano, devo, oltre che il me-
sintetica euclidea per una nuova concezione spaziale, del resto già rito di avermi introdotto nella cerchia degli studiosi di Leonardo,
annunciata dalla felice ricerca dei Bibiena e dal geometrismo ar- la paziente indicazione dell’apparato normativo adottato nella tra-
chitettonico dell’opera sanfeliciana. scrizione del Codice, curata con zelo e competenza dalla dott.ssa
Tuttavia, nel pur fervido ambiente illuminista napoletano, biso- Maria Rascaglia, funzionario della Biblioteca Nazionale di Napoli.
gnerà ancora passare sotto le forche caudine di Vanvitelli e della Di quest’ultimo ente sento il dovere di ringraziare il Direttore dott.
sua cerchia, personaggio tanto grande quanto chiuso nella propria Mauro Giancaspro, la responsabile della Sezione Manoscritti e Rari
téchne e sordo all’applicazione delle nuove scienze matematiche e dott.ssa Maria Rosaria Grizzuti e la dott. Serena Lucianelli per la
fisiche alla pratica del costruire. Sarà comunque l’ultimo scoglio: disponibilità mostrata in ogni momento nell’affrontare con me gli
in concomitanza con la diffusione delle idee dell’Enciclopedia, gli aspetti tecnici concernenti l’edizione del Codice.
scienziati, i filosofi, i teorici dell’arte e dell’architettura napoletani All’Ordine degli Ingegneri della provincia di Napoli, nella persona
– da Gaetano Filangieri a Ferdinando Galiani a Vincenzo Ruffo – del Presidente Ing. Luigi Vinci, va la mia gratitudine per il sostegno
raccoglieranno l’eredità di una tradizione praticamente ininterrot- ricevuto, ancora una volta, da parte di quella istituzione.
ta, che negli anni ’80 trova un riferimento fondamentale nella figu- A Cinzia, mia moglie, ancora una volta tutta la riconoscenza per
ra di Corazza, istitutore alla corte dei Borbone, letterato, matema- essere stata al mio fianco con infinita pazienza.
tico, ma soprattutto esperto di Leonardo e di arte rinascimentale. Ringrazio per i suoi insegnamenti Cesare de Seta, di cui spero
La diretta partecipazione di Corazza al dibattito artistico e lettera- di seguire degnamente le orme nella direzione del Centro Inter-
rio italiano attraverso amici come Pindemonte, Parini, Bianconi, dipartimentale di Ricerca sull’Iconografia della Città Europea;
Quarenghi, ma anche la ‘ben celata’ adesione al circolo giacobino Nunzia Berrino, amica e attenta studiosa, per le utili indicazioni
del duca di Belforte a Posillipo, si riflettono in una visione pro- documentarie; il dott. Fausto de Mattia, funzionario dell’Archivio
gressista che lo porta a diffondere con convinzione nell’ambien- di Stato di Napoli, per i preziosi consigli e la consueta amicizia.
te napoletano la ‘rivoluzionaria’ scienza vinciana alla nuova luce Sono infine sinceramente grato agli editori, nelle persone del dott.
dell’Éncyclopedie. I suoi studi su Leonardo, condotti sul Codice di Sergio Cartei e del dott. Vincenzo Marsico, e al personale dei ri-
cui egli è in possesso, rappresentano un passaggio fondamentale di spettivi uffici, in particolare alla dott.ssa Margherita Melani, della
quel leonardismo che a Napoli, con la contemporanea diffusione CB Edizioni, per la professionalità con cui hanno curato le diverse
della geometria di Monge e Lagrange, della nuova scienza dell’in- fasi di composizione ed edizione dell’opera.
Introduzione
7
Francesco di Giorgio Martini, Opusculum de architectura, c. 1475; macchine per elevare colonne. Londra, British Museum, Ms. 197.b.21, cc. 8r, 7v,
30v, 56r (da Galluzzi)

[8]
Capitolo primo
La professione tra arte, scienza e tecnica,
prima e dopo Leonardo

P rima di affrontare le tematiche specifiche del nostro studio


sarà opportuno un esame, il più possibile sintetico, del contri-
buto di Leonardo nel campo della scienza e dell’ingegneria, tenendo
essere rappresentato dalla figura di Archimede: limitando il proprio
interesse, come già Euclide, alle teorie scientifiche basate su assiomi
evidenti di per sé o facilmente dimostrabili con semplici esperienze,
conto da un lato di ciò che, nella sua formazione e attività di ricer- egli si era posto nei confronti dei problemi del mondo fisico proprio
ca, hanno rappresentato i ‘meccanici’ e i costruttori di ‘ingegni’ del come farà Leonardo, cioè da ‘ingegnere’. Ecco perché il maestro to-
primo Rinascimento, dall’altro la forte impronta metodologica che scano verrà definito «archimedeo ingegno notissimus» dall’umanista
l’artista-scienziato ha lasciato nell’ambiente professionale dell’età e letterato napoletano Pomponio Gaurico3.
moderna e contemporanea. Possiamo allora partire proprio da qui per narrare la vicenda moder-
È noto come la rivoluzione rinascimentale, che siamo abituati a na relativa alla formazione della figura professionale dell’ingegnere
focalizzare attorno alle figure dei grandi artisti e architetti dell’am- meridionale, caratterizzata a partire dall’ultimo quarto del Quat-
biente fiorentino, fosse stata preparata molto prima, nei cantieri e trocento, in stretto rapporto con quanto accade in altri luoghi del-
nelle botteghe, grazie a un’opera minuziosa di acquisizione e dif- la penisola, dalla maturazione di questo carattere ‘sperimentale’ del
fusione di una cultura tecnico-scientifica opposta, sin dall’inizio, ruolo, strettamente legato da un lato allo sviluppo dell’arte militare,
all’autorità dei dotti e alla scienza ‘libresca’; un’attività fondata, sem- dall’altro ai notevoli risultati conseguiti nel campo della meccanica e
pre più, sui nuovi strumenti offerti dall’applicazione della matemati- dell’idraulica e, quindi, delle macchine, degli automi e degli ‘ingegni’
ca e della geometria a dispetto di intoccabili e astrusi principi, oltre in genere.
che su metodi di rappresentazione sempre più tecnici1. Del resto, Da tempo gli studiosi di storia delle scienze hanno focalizzato la
già dalla fine del Duecento numerosi sono i segni di un’evoluzione propria attenzione sul contributo dato nel corso del XV secolo ai
della scienza in chiave moderna, come dimostra l’opera di Giordano progressi dell’ingegneria dall’opera dei tecnici senesi, come Ma-
Nemorario: grande studioso di Euclide e di Archimede, egli è tra i riano di Iacopo detto il Taccola e Francesco di Giorgio Martini,
primi a procedere con verifiche sperimentali dei teoremi sostenuti attraverso la diffusione, ben prima dell’inizio dell’attività di Leo-
da Aristotele, applicando più di ogni altro nel suo De Ponderibus le nardo, dei loro taccuini e trattati presso le corti della penisola e
conoscenze scientifiche alla tecnica pratica, attraverso un uso con- oltre la cintura alpina, come, d’altra parte, sull’influenza che su di
vinto dello strumento matematico e una grande attenzione al lavoro essi hanno esercitato i tecnici mitteleuropei4. Ai fini, quindi, della
dei ‘meccanici’. Si deve tra l’altro a Nemorario il nuovo interesse migliore comprensione dell’eredità del leonardismo nel Mezzogior-
per la dinamica, la prima formulazione della teoria dei piani incli- no fino all’età contemporanea, non potremo prescindere dalle que-
nati, quella della gravitas secundum situm e della nozione di momento, stioni concernenti i progressi dell’ingegneria napoletana a partire
nonché l’applicazione del principio degli spostamenti virtuali all’e- dalla forte impronta data dalla presenza nella capitale aragonese di
quilibrio della leva angolare. Francesco di Giorgio negli ultimi anni del Quattrocento e dalla
Fino ad allora, partendo da proposizioni astratte e formulate in un conseguente fortuna della lezione vinciana nel corso della prima
linguaggio inaccessibile, con la tecnica si era cercato di confutarle età vicereale. Appare infatti del tutto evidente la necessità di in-
o convalidarle ma, di fatto, senza nessi diretti tra le une e l’altra. dagare a fondo l’attività dei tecnici ‘pre-leonardeschi’ proprio allo
Invece nel Quattrocento si comincia a diffondere un interesse del- scopo di chiarire le premesse dell’evoluzione della figura profes-
la scienza per problemi fisici piuttosto che metafisici, suscettibili sionale: per fare questo sarà opportuno individuare le ragioni e i
di sperimentazione e quindi di riscontri reali, con la possibilità di significati del costituirsi della fisionomia del ‘costruttore di inge-
applicare la matematica ai vari aspetti della natura per pervenire a gni’ sin dalla prima età moderna nel più ampio scenario italiano.
formule generali o verificare l’attendibilità di leggi già note per
altre vie. Se la scienza non si fosse spostata verso un piano più rea- Fino a tutto il Medioevo non si riscontra alcuna distinzione tra l’ar-
listico, le esigenze militari o quelle del commercio da sole non sa- chitetto-capomastro e il tecnico inventore di macchine, il progettista
rebbero bastate per giungere alla scienza moderna, ossia la tecnica meccanico o idraulico, potendosi quasi sempre identificare queste
avrebbe sì prodotto nuove macchine, ma senza riuscire a formu- competenze nella medesima persona; ma neppure quando, agli inizi
lare leggi utili per i successivi progressi, perché basata solo sull’os- del Quattrocento, queste attività iniziano ad uscire dall’anonimato,
servazione, sul senso comune e non sull’esperimento ‘provocato’2. assurgendo al rango di arti liberali, ne consegue necessariamente
Il modello comune di riferimento per una scienza sempre più ispi- una rinuncia all’unità della figura dell’architetto-costruttore.Tutt’al-
rata alla realtà delle sperimentazioni e una tecnica desiderosa di tro. Nel corso del XV secolo questi nuovi ‘professionisti’, i cui nomi
giungere alla dignità delle arti liberali attraverso il conseguimento emergono con sempre maggiore chiarezza all’interno dei grandi
di un’autorità teorica per le proprie ‘ricette’ pratiche viene allora ad

3
  P. Gaurico, De sculptura, Firenze, F. Giunta, 1504, f. 1v.
1
  C.Vasoli, A proposito di scienza e tecnica nel Rinascimento, in Leonardo nella scienza 4
  Si veda sull’argomento: B. Gille, Leonardo e gli ingegneri del Rinascimento, Mi-
e nella tecnica, Atti del simposio internazionale (Firenze 23-26 giugno 1969), Firenze, lano, Feltrinelli, 1972; P. Galluzzi, Gli ingegneri del Rinascimento da Brunelleschi
Giunti, 1969, pp. 290-291. a Leonardo da Vinci, catalogo della mostra (Firenze 22 giu. 1996-6 gen. 1997),
2
  Ibidem. Firenze, Giunti, 1996.

[9]
cantieri, sono spesso chiamati ad occuparsi di architetture auliche re da Leon Battista Alberti; nel contempo nell’ambito della trattati-
come di infrastrutture, di macchine o di apparati militari, di ponti o stica si assisterà, specie nel corso del Cinquecento e del Seicento, al
di congegni idraulici, avvertendo essi per la prima volta il bisogno graduale abbandono dell’impostazione scientifica dogmatica per un
di sistematizzare all’interno di veri e propri trattati una serie di me- adattamento della teoria alle esigenze funzionali e di cantiere8. Ma
todologie acquisite nella pratica del mestiere. tale processo di gestazione della fisionomia del ruolo sarà destinato
Il segno lasciato dai tecnici del secondo Quattrocento nel campo a un lungo travaglio e ad un percorso tutt’altro che lineare: intorno
della scienza applicata alla realizzazione di ‘ingegni’ per la soluzio- alla metà del XVII secolo, a partire dalla Francia, la nascita delle ac-
ne dei principali problemi costruttivi o infrastrutturali rappresente- cademie di architettura favorirà a sua volta una marcata dicotomia
rà una pietra miliare per l’intera vicenda rinascimentale e barocca, tra teoria e prassi dell’edificare e un’inesorabile accentuazione for-
giungendosi così, attraverso la rivoluzione illuminista e in eviden- malistica del bagaglio formativo dell’architetto. In questo contesto la
te continuità con la gestazione della prima età moderna, alla de- diffusione della lezione vinciana, mai interrotta e, anzi, consolidatasi
finitiva affermazione del ruolo dell’ingegnere come professionista tra Sei e Settecento, si imporrà come unica alternativa a tale frattura.
di Stato nell’età napoleonica. Infatti se a partire dal Cinquecento Con la nascita dell’enciclopedia e dello sperimentalismo illumini-
nell’architettura militare si tenderà ad una specializzazione tecnica stico, di pari passo con il nuovo sviluppo industriale, la fisionomia
sempre maggiore, in ambito civile l’architetto e l’ingegnere saranno dello scienziato-artista emergerà in tutti i suoi caratteri di figura pro-
identificabili, ‘ad unum’, in quello scienziato-artista che seguirà, salvo fessionale unica, attrezzata non solo sul piano empirico e tecnico,
poche eccezioni, la vicenda più generale della storia dell’architet- ma quale esperto dell’applicazione della scienza del costruire ai vari
tura. Questa figura completa, come vedremo, non scomparirà con settori della vita sociale e persino in grado di sostenere dispute in
la fondazione delle scuole di ingegneria all’inizio del XIX seco- ambito storico-critico e stilistico; insomma, ancora una volta, sarà
lo, uscendone anzi rafforzata: l’ingegnere si separerà dall’architetto salva la secolare figura dell’ingegnere-architetto.
solo sotto il profilo istituzionale, venendo sì affidate ai due, come
distingue Durand, rispettivamente le opere pubbliche e quelle pri- Già nella nota «Patente» con cui nel 1468 Federigo di Montefeltro
vate, ma conservandosi l’unità di queste ‘anime’ nello stesso corpo, sceglie Luciano Laurana quale direttore delle opere per il palazzo
come facce della stessa medaglia. Specie nel tardo Ottocento, a mi- di Urbino si passa, con evidente indifferenza lessicale, dalla nomi-
nare quest’unità ci saranno da un lato le sterili dispute stilistico- na di «ingegniero et capo di tutti li maestri» a quella di «Architet-
accademiche sorte all’interno del dibattito architettonico, dall’altro tore et capo maestro»9. Anche il noto assunto albertiano, secondo
una certa presa di distanza da parte dell’ingegneria legata all’uso cui «architetto sia l’ingegniero che discorre», teso a sottolineare
di nuovi materiali e tecnologie industriali, e ad una preparazione la prevalente preparazione umanistica del primo rispetto a quella
tecnica sempre più specifica, o, più ancora, da parte delle tante al- precipuamente tecnica del secondo, anche fuori dal campo edili-
tre ‘ingegnerie’ che andranno nascendo; ma sarà solo la pretestuosa zio, si tradurrà più spesso nell’identificazione dei due professionisti
divaricazione professionale verificatasi nel secondo Novecento, che nella stessa persona. Ancora nel 1587 la medesima definizione verrà
tuttora permane, a far perdere di vista l’originaria unità della figura adottata dal Garzoni 10 e suffragata con citazioni di Aristotele e di
professionale e della sua opera. Platone, ma di fatto parificando le professionalità e la loro ‘digni-
Sappiamo come, già a partire dagli ultimi secoli del Medioevo, si tà’: «Tutte queste cose pertengono agli architetti, o maestri d’edi-
faccia strada una cultura di impronta protoumanista tesa a distin- ficii, i quali si dimandano anche ingegnieri, et mecanici, benché
guere tra progettista ed esecutori, facendo emergere i primi nomi di uno ingegniero o mecanico si adoperi ancora fuor de’ predetti
artefici ‘di rango’ – valga per tutti quello di Villard de Honnecourt5 edificii»11 , ossia nel campo delle fortificazioni, delle macchine da
– attrezzati anche dal punto di vista teorico, specie nel campo della lavoro e dell’idraulica.
matematica e della geometria, e dotati di un bagaglio tecnico e lin- A partire da quando, sulla scorta di Vitruvio, Alberti sosterrà l’im-
guistico ampiamente sperimentato e tradotto in raccolte di disegni portanza del ruolo dell’architetto dotato di fabrica e ratiocinatio, e
e schemi tipologico-stilistici utili a collaboratori e maestranze. Se, quindi dell’architettura come scienza ‘pratica’, allo stesso profes-
come sottolinea la Mazzi6, con la ripresa economica duecentesca sionista, nelle vesti di ‘meccanico’ o di ‘ideatore di ingegni’12 non
e il conseguente incremento degli interventi edilizi la distinzione basterà più predisporre le macchine e coordinare le operazioni di
tra progettista ed esecutori si fa sempre più netta, come più rapidi cantiere, bensì egli dovrà conoscere la scienza, i principi primi
i cantieri, quella tra architectus, ingenierius, magister operis, fabricator o della propria téchne, onde conseguire determinate finalità in cam-
machinis peritissimus di fatto ancora non esiste: il titolo viene adottato po edilizio, idraulico, meccanico o militare, scegliendo i metodi
con indifferenza, variando più in relazione ai costumi e alle accezio- e le tecniche più opportuni affinché la machinatio assicuri la riu-
ni locali che per l’esistenza di ruoli professionali ben riconoscibili. scita e quindi l’utilità e la bellezza stessa dell’opera. Qui è tutto il
Il famoso giudizio dato dal francese Jean Mignot nel 1399 a proposi- nodo, in quanto l’antica téchne è ora arte e scienza nel contempo,
to dei maestri lombardi impegnati nel cantiere del duomo di Mila- e solo in casi specifici, e con difficoltà, l’unica figura professionale
no, basato sull’aforisma «ars sine scientia nihil est», dimostra come a potrà parcellizzarsi. Lo scienziato-artista si prepara così, su basi so-
partire da questo momento la pratica costruttiva, vale a dire la capa-
cità di esercitare un mestiere, in una parola la téchne, possa elevarsi al 8
  Ibidem. Ciò si riconosce specie in Serlio e poi in Vignola e in Scamozzi, dalle cui
rango di professione solo grazie al contributo del pensiero teorico- tavole i progettisti avrebbero tratto elementi tipologici e formali ritenuti ‘esemplari’
matematico e geometrico7, come effettivamente si registrerà a parti- per un’architettura basata sul ‘mestiere’.
9
  G. Gaye, Carteggio inedito d’artisti dei secoli XIV, XV, XVI, pubblicato ed illustrato
con documenti pure inediti, Firenze, Molini, 1839, I, pp. 214-215.
10
  T. Garzoni, La piazza universale di tutte le professioni del mondo, Venezia, presso
5
  G. Mazzi, «Una cosa ben aggiustata e che s’accosti alla perfezione», in «Architetto sia G.B. Somasco, 1587.
l’ingegniero che discorre». Ingegneri, architetti e proti nell’ età della Repubblica, a cura di G. 11
  Cit. in G. Mazzi, op. cit., p. 41.
Mazzi, S. Zaggia,Venezia, Marsilio, 2004, p. 11. 12
  La Brizio, nel glossario dei termini vinciani, indica semplicemente per ingegno
6
  Ivi, p. 14. un «congegno» e quindi l’ingegnere sarà un «creatore di ingegni». Cfr. Scritti scelti di
7
  Ivi, pp. 37-38. Leonardo da Vinci, a cura di A.M. Brizio, Torino, Utet, 1966, p. 693.

Capitolo primo
10
lidamente fondate, a conseguire finalmente il riconoscimento del gegneri. Più duramente incalza Gille16 e con lui storici illustri della
rango di arte liberale per la propria attività 13 . tecnologia rinascimentale, come Beck o Feldhaus, ridimensionan-
Se, quindi, entro la fine del Quattrocento la figura dell’ingeniero (o do con decisione, come si vedrà, il ruolo di Leonardo inventore e
ingegniero) avrà ormai assunto una fisionomia tecnica ben definita, dimostrando come i suoi enunciati teorici, oltre alle innumerevoli
lo stesso professionista potrà divenire, in qualunque momento, archi- osservazioni e applicazioni, possano essere ritrovati in molti autori
tetto: lo sarà, infatti, ‘honoris causa’, quando dimostrerà di possedere coevi, medievali o addirittura dell’età classica. Come spesso accade,
quel bagaglio di cultura umanistica che, con la riscoperta ufficiale si potrebbe dire che la verità sia nel mezzo.
di Vitruvio e il diffondersi della trattatistica albertiana e filaretiana, Effettivamente tra il Duecento e il Quattrocento, sulla scia della
verrà ritenuto valido e autorevole supporto per le scelte tecniche. machinatio vitruviana e dei meccanici arabi, si diffondono molti
Architetto, dunque, secondo il modello del classicismo, nell’accezione testi manoscritti di macchine, mai o quasi mai dati alle stampe,
completa di artista-costruttore destinata a rafforzarsi in tutta la pri- ma fatti circolare in più copie che vengono adoperate dai profes-
ma età moderna, da un lato con lo sviluppo della scienza e della tec- sionisti nella loro attività. Tali materiali sono basati su un ricco e
nica del costruire, dall’altro con lo studio e la diffusione del linguag- suggestivo apparato illustrativo, a tutto discapito del testo, forte-
gio dell’architettura antica. Sicché quella definizione di architetto mente ridotto: specie a partire dalla seconda metà del XV secolo
«vulgo ingeniero» che, coniata proprio agli inizi dell’età moderna, si inizia una sorta di sfida nei confronti dei letterati, allo scopo di far
ritrova almeno fino alla metà del XVII secolo14, calza alla perfezione comprendere come, rispetto a una cultura fondata sull’eloquenza
come attributo di un artefice colto che diviene «ingeniero» sia per e sulla retorica, quella basata sulle capacità di rappresentazione e
nomina regia che per riconoscimento popolare, ossia nell’unica ve- divulgazione tecnica aspiri ormai a una pari dignità; il disegno,
ste di progettista e realizzatore di infrastrutture che può essere nota dunque, come base della produzione trattatistica di questi ‘nuovi
agli strati sociali più bassi, con cui egli entra in contatto operando tecnici’. Ma, nel contempo, essi avvertono costantemente l’esigen-
sul territorio. za di un aiuto da parte degli stessi letterati, non conoscendo il lati-
Per comprendere allora le ragioni della fortuna critica del pensie- no né il greco per poter accedere alle fonti classiche di pertinenza
ro di Leonardo nel contesto della formazione e maturazione della architettonica e ingegneristica, come il trattato vitruviano, o di
professione di architetto-ingegnere già a partire dalla prima metà matematica e geometria, come le opere di Archimede e di Eucli-
del Cinquecento, faremo riferimento a recenti studi concernenti il de, o di ottica, come quelle di Erone, o ancora di meccanica, come
contributo tecnico-scientifico del maestro, da cui si trae l’impressio- gli studi dello stesso Archimede e la scientia de ponderibus medieva-
ne di un merito altissimo, fondato non soltanto sul tentativo di una le. Dal canto loro gli artisti-ingegneri sono in grado di proporre
‘riduzione’ trattatistica di principi tecnici e soluzioni strumentali più per la prima volta restituzioni grafiche di strutture, metodi e mac-
o meno consolidati, o di una più precisa definizione, rappresentazio- chine soltanto descritte in quei testi. Così la figura professionale
ne in dettaglio e sperimentazione di macchine e ingegni già in buo- può evolvere da quella dei tecnici operanti nel campo esclusivo
na parte presenti nella speculazione teorica degli autori precedenti, della pratica e dell’esperienza, in posizione nettamente subalterna
ma anche sull’aspirazione alla scoperta o sulla semplice intuizione rispetto agli umanisti, all’altra di intellettuali e teorici capaci di
non formulata dei principi sottesi alle più complesse fenomenologie codificare le proprie norme, e in grado di mettere in pratica la
naturali, che fungeranno da base per lo sviluppo sei-settecentesco teoria attraverso una rigorosa applicazione di formule e calcoli. In
delle nuove scienze sperimentali. E se, forse, il contributo di Leonar- Leonardo il processo si completerà, in quanto finalmente l’artista-
do nel campo delle applicazioni meccaniche, idrauliche o dell’arte ingegnere assurgerà al livello del filosofo che conosce e interpreta
militare non ebbe sempre quel carattere di originalità che molti gli la natura, svelandone i segreti e utilizzandone i meccanismi a van-
hanno voluto attribuire sine conditione – e che invece è sicuramente taggio dell’uomo. In tal senso, il Nostro va considerato non tanto
riconoscibile nei suoi studi nei campi della fisica strettamente legati come il genio isolato, bensì quale massima espressione di quella
all’attività artistica – restano comunque innegabili i suoi sforzi per figura professionale che si inizia a formare un secolo prima con
una sistematizzazione di tali materie finalizzata alla divulgazione. Brunelleschi, passando per gli ingegneri senesi e giungendo solo
Non sarà allora inutile tratteggiare, in rapida sintesi, quanto già era alla fine all’esperienza vinciana 17.
stato fatto prima di Leonardo da Taccola e da Francesco di Giorgio, Dopo l’importante contributo brunelleschiano per la cupola fioren-
specie con riferimento al ruolo avuto da quest’ultimo proprio a tina, il cui cantiere fu anche, come è noto, luogo di sperimentazione
Napoli nel preparare il terreno per quella che sarà, già qualche de- di ingegnose macchine per il sollevamento di uomini e materiali, si
cennio più tardi, la diffusione di una ‘coscienza vinciana’ utile alla giunge all’opera dei citati professionisti di ambito senese. In parti-
formazione dello scienziato-artista. colare Taccola e Francesco di Giorgio mostrano già competenze di
Galluzzi15 sottolinea come il merito di Leonardo nel campo dell’in- meccanica e di idraulica applicata davvero sorprendenti. Nel centro
gegneria delle macchine non sia stato quello di anticipatore o di toscano sin dalla metà del Trecento si verifica un’eccezionale colla-
iniziatore, quanto piuttosto di applicatore e divulgatore di metodi borazione tra umanisti e artisti, in cui il tema classico viene adottato
e tecniche già indagati nel corso del XV secolo da altri artisti-in- come riferimento anche in ambito tecnico e tecnologico: le mac-
chine, gli ingegni sono ora intesi come vere e proprie ‘magie’ capaci
di piegare la natura ai voleri e ai comodi dell’uomo, e di assicurargli
la difesa dalle insidie o il benessere in tempo di pace. Ancora Gal-
13
  A. Biral, P. Morachiello, Immagini dell’ingegnere tra Quattro e Settecento: filosofo, luzzi18: «Nei primi decenni del Quattrocento sulla scena italiana è
soldato, politecnico, Milano, F. Angeli, 1985, p. 7.
14
ormai chiaramente riconoscibile la fisionomia di un nuovo tipo di
  A. Buccaro, Da architetto «vulgo ingeniero» a «scienziato artista»: la formazione
dell’ingegnere meridionale tra Sette e Ottocento, in Scienziati-artisti. Formazione e ruolo
degli ingegneri nelle fonti dell’Archivio di Stato e della Facoltà di Ingegneria di Napoli, a
cura di A. Buccaro, F. De Mattia, Napoli, Electa Napoli, 2003, p. 17.
16
15
  P. Galluzzi, op. cit., pp. 13 sgg. Si veda inoltre Id., The Career of a Technologist, in   B. Gille, op. cit., passim.
17
Leonardo da Vinci Engineer and Architect, a cura di P. Galluzzi, Montreal,The Montreal   Ivi, p. 9.
18
Museum of Fine Arts, 1987, pp.41-109.   P. Galluzzi, op. cit., p. 27.

La professione tra arte, scienza e tecnica


11
operatore tecnico, assieme antiquario e inventore, ammiratore dei
grandi ingegneri dell’antichità con i quali si sente però impegnato
in una nobile gara di emulazione».
Taccola, che nel De machinis dice di essere noto come l’«Archime-
de di Siena»19, appare chiaramente un convinto continuatore della
tradizione degli antichi inventori, alternando la sperimentazione
di nuove tecniche e macchine con le citazioni da autori classici,
la scoperta con la riscoperta. Con spirito filologico pari almeno a
quello degli umanisti impegnati sugli antichi testi, egli procede
nell’interpretazione e traduzione in immagini di Frontino e di
altri autori sul tema delle macchine: l’innovazione è data allora
proprio dal rapporto immagine-testo.
Importante, tra l’altro, un documento presente all’interno del cor-
pus degli scritti di Taccola, in cui egli ‘intervista’ Brunelleschi sul
problema sempre più pressante della tutela delle invenzioni da par-
te dell’«ingeniarius», costretto a svelare pubblicamente le proprie
idee per vederle approvate dai politici e dalla cittadinanza, con il
serio rischio che esse vengano travisate per l’ignoranza degli in-
terlocutori o usurpate per malafede: di conseguenza risulta ormai
inevitabile il ricorso dell’ingegnere ad un sistema di garanzie dei
diritti derivanti dallo sfruttamento della propria opera di inge-
gno20. Per questo, Brunelleschi manterrà il ‘segreto’ con atteggia-
mento ancora tipico delle corporazioni medievali, evitando sem-
pre di diffondere in mani poco sicure disegni o testi illustrativi dei
propri progetti e macchine di cantiere, che solo a fine secolo, con
lo Zibaldone di Bonaccorso Ghiberti, si cominceranno a conoscere;
ancora agli inizi del Seicento, il napoletano Nigrone dichiarerà di
voler evitare di farsi derubare delle proprie scoperte e invenzioni
rendendole pubbliche senza le dovute cautele. Ma Taccola cede
alla tentazione di illustrare il proprio immenso sapere in un vero e
proprio trattato; così ne rende partecipi gli altri, di cui cita persino
il parere: ne conseguirà un saccheggio a piene mani dei suoi testi Mariano di Iacopo detto il Taccola, c. 1430. Cod. Lat. Monacensis, 197 II, c.
82r. Bayerische Staatsbibliothek, Monaco di Baviera (da Galluzzi)
e grafici, con un’eco che giungerà direttamente a Leonardo, riflet-
tendosi con evidenza nei suoi codici21.
Quando, specie nella seconda metà del Settecento, Taccola sarà Venendo allora a Francesco di Giorgio, da un confronto tra il co-
studiato con interesse, i suoi scritti susciteranno particolare im- siddetto Codicetto vaticano con i fogli del De ingeneis I-II di Mariano
pressione, specie dal punto di vista della meccanica e dell’idrau- di Iacopo, si comprende come l’ingegnere, a partire dalla metà degli
lica, mentre per quanto concerne la tecnica militare egli non ap- anni Sessanta, si sia formato presso Taccola o comunque si sia posto
parirà molto aggiornato in una materia che in fondo non è la sua in precisa continuità con la ricerca di quest’ultimo, traducendone i
e che non ha ancora ricevuto una spinta adeguata dai progressi testi dal latino e, anzi, approfondendoli24. Nel Codicetto si nota infatti
dell’artiglieria. Taccola cede spesso all’invito degli amici umani- una svolta, passandosi al suo interno dalle semplici trascrizioni all’e-
sti di illustrare antichi trattati, tra cui quelli di Vegezio e Fron- sposizione di nuove idee secondo quattro temi principali: le macchi-
tino22; ma soprattutto, come altri insigni senesi, egli emerge in ne per spostare o alzare pesi, i sistemi per sollevare acqua, i mulini, in-
campo idraulico, mostrando un impegno costante nella soluzione fine i carri con sofisticati sistemi di trasmissione25. Insomma uno scat-
degli antichi problemi della propria città nell’approvvigionamen- to in avanti particolarmente evidente, venendo proposti dispositivi di
to idrico: la sua aspirazione è quella di mettere a punto metodi per complessità meccanica mai vista sino ad allora, con l’uso della vite
il trasporto dell’acqua in qualunque luogo23. senza fine, di cremagliere e di congegni per trasmettere su ogni piano
e con ogni velocità il movimento prodotto dalla fonte di energia. Nei
numerosi grafici relativi a macchine per alzare colonne si riconosce
19
  Ibidem. poi l’intento di indagare i metodi adottati dai romani per trasportare
20
  Ivi, p. 28. gli obelischi dall’Egitto26, con un primo interessante tentativo di por-
21
  Ivi, p. 32. Tra i grafici redatti da Taccola figurano numerose tavole relative a tec-
niche di archeologia subacquea: nel suo soggiorno a Siena nel 1443, Leon Battista
re in relazione lo spirito innovativo dell’ingegnere con la passione ar-
Alberti potrebbe aver incontrato l’ingegnere e averne appreso il metodo poi adot-
tato nel tentativo di recupero, da lui diretto, della nave romana scoperta sul fondo
del lago di Nemi, rappresentato anche in un grafico presente in un manoscritto
della Biblioteca Nazionale di Firenze contenente copie di disegni di Taccola e di infine l’incarico pubblico di «stimatore», compie rilievi e apprezzi di proprietà,
Francesco di Giorgio. redige preventivi di costi e prepara basi di appalto.
24
22
  Ivi, p. 33.   Ibidem. Egli non citerà mai la propria fonte, come spesso accade a quell’epoca,
23
  Ivi, p. 34. Non sembra che egli sia stato impegnato nella realizzazione della dando per scontata la possibilità di attingere a studi precedenti.
25
rete sotterranea dei cosiddetti «bottini», che vedrà in seguito l’intervento di   Ivi, p. 40.
26
Francesco di Giorgio; ma a Siena Taccola concepisce miglioramenti e integra-   Ma anche dalle imprese eseguite in vari centri italiani dall’ingegnere bolognese
zioni mediante il progetto di sifoni e altri meccanismi, propone sistemi per Aristotile Fioravanti per lo spostamento e raddrizzamento di torri, o da Bernardo
vuotare stagni e lagune bonificando terreni paludosi, mette a punto mulini a Rossellino per l’elevazione delle quattro colonne monolitiche del nuovo coro di
ruota idraulica, a marea e a mercurio, e nuove tecniche di pesca; nel ricoprire San Pietro nel 1452 (ibidem).

Capitolo primo
12
cheologica27, che avrà conseguenze significative ancora un secolo più autorità della sua figura»32: dopo le importanti esperienze di Urbino
tardi, come dimostra l’opera di Domenico Fontana, su cui torneremo. e di Rimini, nella capitale aragonese egli entra in contatto, tra gli
Nel Trattato I della Biblioteca Laurenziana, databile intorno al 1480, altri, con Fra Giocondo, il quale, come vedremo, deve aver avuto un
è evidente l’impostazione vitruviana ispirata alla machinatio e, an- ruolo peculiare nella diffusione, in quell’ambito, dei grafici di mac-
cora una volta, un’assimilazione di Taccola, ritornando il Martini chine e fortificazioni del tecnico senese33.
sulle fondazioni in acqua, sulle dighe e sui metodi di misurazione Il fatto stesso che Vitruvio considerasse la machinatio parte indispen-
di altezze e distanze; ma ai quattro temi del Codicetto si aggiunge sabile dell’architettura rappresenta, per tutto il Quattrocento, un for-
ora quello della tecnica militare e delle armi. Questo trattato – di te stimolo alla ricerca sulle macchine edili dell’antichità, visto anche
cui Leonardo possedette una copia che postillò personalmente – il largo uso di monoliti lapidei nei nuovi cantieri rinascimentali e
dimostra l’avvenuta maturazione di Francesco di Giorgio come in- la riconosciuta impraticabilità dei sistemi gotici, per giunta coperti
gegnere, visto il grado di approfondimento dei dettagli e la vasta dal segreto corporativo34. Sebbene non ancora ‘ufficialmente’, l’at-
gamma di modelli di macchine, dai mulini alle pompe. Nel Trattato tenzione per gli aspetti tecnici indicati nell’opera vitruviana rappre-
II o Codice Magliabechiano – che compare citato da Leonardo in senta già un elemento fondamentale della nuova architettura basata
numerosi brani del Codice di Madrid II – egli mostra un ulteriore sulla riscoperta dell’antico. Un secolo più tardi sarà ormai pieno il
sforzo di sintesi, riducendo il numero di esempi di macchine per riconoscimento dato all’importanza dell’antica scienza meccanica
cercare piuttosto l’individuazione dei principi comuni, anche con e dei suoi strumenti; nel frattempo il nesso tra macchine, meto-
l’aiuto di una rappresentazione basata sul diretto rapporto testo- di costruttivi e forme dell’architettura antica resterà inscindibile,
immagine, e giungendo così ad affinare la propria tecnica grafica al proseguendo ininterrotto il legame tra ogni tipo di machinerie e il
punto da distinguersi nettamente dagli autori coevi. I suoi grafici linguaggio del classicismo35. Non a caso all’editio princeps del De Ar-
sono certamente più dettagliati e ricchi di contenuti estetici rispetto chitectura curata da Sulpicio da Veroli nel 1486 è allegato il libro di
a quelli vinciani, sebbene di Leonardo gli manchi la curiosità dello Frontino sulle acque e a quella del 1523 anche l’opera di Vegezio
sperimentatore, troppo preso com’è dalla professione per dedicarsi sull’architettura militare.
alla ricerca28. Della prima versione di questo trattato, o Codice senese, È pur vero che la parte del trattato vitruviano dedicata alle mac-
ci occuperemo nel quarto capitolo per l’importante contributo fi- chine belliche è ancor più oscura del resto, richiedendo per questo
lologico e critico dato, anche in questo caso, da Vincenzo Corazza. notevoli ricostruzioni immaginarie, come si vede nel De re milita-
Nei due trattati è evidente un nesso tra le macchine illustrate e le ri di Roberto Valturio (1446-55, pubblicato nel 1472); ma ciò non
esperienze effettivamente svolte che non si trova in Taccola, specie scoraggia la ricerca operativa di Francesco di Giorgio, il quale in-
per quanto riguarda le opere idrauliche che il Martini realizza a troduce nell’ambiente urbinate la consapevolezza della possibilità
Siena, per le quali fu noto ai propri concittadini, più che per le di un recupero delle antiche ‘architetture meccaniche’ aiutandosi
doti nel campo dell’architettura militare, che andava dimostrando in con la loro interpretazione condotta sulla base delle testimonianze
tutta Italia. Sicché verrà definito da Vasari, nell’edizione de Le vite archeologiche36.
del 156829, il vero prosecutore dell’opera di Brunelleschi nell’inter- Se, in definitiva, Taccola era stato più che altro un ‘maestro di con-
pretare e illustrare la terza parte del trattato vitruviano, affrontando gegni’ e Alberti un teorico, Francesco di Giorgio è certamente colui
egli il tema della progettazione delle macchine necessarie ad age- che fonde le due anime in un uomo solo, impersonando il primo
volare la costruzione secondo i metodi degli antichi: l’argomen- vero scienziato-artista del Rinascimento; ma egli è più ‘artefice’ che
to verrà ripreso da Daniele Barbaro nell’edizione vitruviana del teorico, e quindi ingegnere autentico: è ormai chiaro che le tecni-
1556 con dovizia di descrizioni in lingua volgare e di illustrazioni30. che non hanno più soltanto valore pratico, ma concorrono con pari
Se, dunque, in architettura il linguaggio classico era stato studiato dignità alla realizzazione della nuova architettura37.
meglio che da ogni altro dal letterato Alberti, spettando poi a Bra-
mante il passaggio alla fase successiva pur nella costante ispirazione A Milano, intorno alla metà del XV secolo, le opere promosse
all’antichità, nel campo delle macchine e dell’architettura delle for- dagli Sforza, come il canale della Martesana – collegamento tra
tificazioni il trait-d’union tra l’Umanesimo e il Rinascimento maturo
è segnato proprio da Francesco di Giorgio; i suoi riferimenti classici
in ambito tecnico-costruttivo sono reali: egli riesce a sostanziare la 32
  F.P. Fiore, op. cit., p. 20.
forma perfetta dell’ideale platonico in strutture che segnano dav- 33
  Ivi, pp. 19-20. Molti i metodi che Francesco di Giorgio riprende dal De re
vero la rinascita dell’antica arte del costruire31. Gli importanti studi militari di Roberto Valturio (1446-55) e dall’antica opera di Erone alessandrino,
Pneumatica, riportati anche nell’Opusculum de architectura conservato al British
sul nuovo ‘fronte bastionato’ da lui inaugurati nel Codice Maglia- Museum, in cui egli fonde il sapere di Taccola con il proprio, rendendoli indi-
bechiano verranno approfonditi proprio negli anni del soggiorno stinguibili in una sintesi mirata a illustrare, come in un opuscolo pubblicitario,
le prestazioni che erano in grado di offrire l’ingegnere e la propria bottega.
napoletano, «reso fruttuoso dall’ampiezza degli scambi con le altre 34
  Ibidem e sgg. Esempi dell’impegno degli inventori di ingegni nel trasporto e
personalità presenti a Napoli al tempo di Alfonso e della consolidata collocazione in opera di grandi pietre si trova nell’opera di Fioravanti, che sin
dal 1471 progetta la collocazione dell’obelisco vaticano in asse con la basilica,
opera non realizzata per la morte di Paolo I, che sarà eseguita, come è noto, da
Fontana oltre un secolo più tardi. Ivi, p. 26.
35
27
  F.P. Fiore, op. cit., p. 29.
  Ivi, p. 42. 36
  Ivi, pp. 39-40.
28
  B. Gille, op. cit., pp. 127 sgg. 37
  A. Biral, P. Morachiello, op. cit., p. 21. Alberti non aveva mancato di oc-
29
  G.Vasari, Le vite de più eccellenti pittori, scultori, e architettori […], riviste et ampliate cuparsi, all’interno dei suoi molteplici interessi scientifici, di materie stru-
con i ritratti loro et con l’aggiunta delle Vite de vivi, & de morti dall’anno 1550. insino al mentali alle nuove applicazioni tecniche, come nei Ludi matematici (c. 1450)
1567, Firenze, Giunti, 1568, p. 18. e nel De motibus ponderis, quest’ultimo mai ritrovato, come del resto l’ope-
30
  F.P. Fiore, Città e macchine del ‘400 nei disegni di Francesco di Giorgio Martini, ra riguardante il tentativo fatto nel lago di Nemi per recuperare una nave ro-
Firenze, Olschki, 1978, pp. 11-12. mana nel 1447, in cui doveva essersi occupato di scafandri, macchine elevatrici,
31
  Ad esempio, conoscendo le macchine di Brunelleschi per la Cupola attraverso ecc., illustrati anche da Taccola proprio con riferimento alla stessa impresa. Nel
le illustrazioni contenute nei codici di Taccola, nella soluzione del problema del De re aedificatoria, poi, egli aveva affrontato praticamente tutti i problemi con-
tiburio del Duomo di Milano il Martini imporrà una soluzione strutturale di ispi- nessi alla ‘nuova’ ingegneria, ma con precipui intenti didattici e di sistematizza-
razione classica su quella gotica. F.P. Fiore, op. cit., pp. 16-17. zione teorica rispetto a quelli eminentemente pratici e professionali dei senesi.

La professione tra arte, scienza e tecnica


13
il lago di Como e Milano attraverso l’Adda, realizzato tra il 1457
e il ’69 dall’ingegnere Bertola da Novate e proseguito da Barto-
lomeo della Valle, che ebbe forse ai suoi ordini Leonardo – poi
il completamento del Duomo, infine il Castello Sforzesco, vedo-
no la partecipazione dei più importanti ingegneri dell’epoca, con
una convergenza di interessi e una interdisciplinarità che trova-
no riscontro nella ricca biblioteca sforzesca. Finisce, a partire da
Francesco Sforza, il tradizionale disdegno per le arti meccaniche
da parte dei principi, che richiedono ora prestazioni sempre più
impegnative, persino in ambito artistico, a quelli che erano un
tempo i ‘meccanici’.
Nel 1483 Leonardo, giunto un anno prima presso quella corte, è
definito nei documenti «ingeniarius et pinctor»; nel ‘99, all’epoca
dell’ingresso dei francesi in città, egli lavora come ingegnere per
il conte di Ligny: in più occasioni verrà ingaggiato dal governo
LdV
d’oltralpe fino al 1507, tanto che Luigi XII lo definirà più volte
«pittore e ingegnere» al proprio servizio. Nel 1500 risulta essere di
nuovo a Firenze con la qualifica di «architetto e pittore»; tra il 1501
e il 1503 viene nominato da Cesare Borgia «ingegnere camerale», COD. ATLANTICO
ma compare più volte anche come «ingignerius militaris». In real-
tà, in poche occasioni egli ha davvero esercitato appieno il me-
stiere di architetto (a Pavia per il duomo, a Milano per il tiburio
FORSE F.6r
della cattedrale, forse ad Amboise) limitandosi a progettare allesti-
menti per feste e a studiare l’architettura sotto l’aspetto teorico-
compositivo generale e della rappresentazione grafica, senza mani-
festare quasi mai un particolare interesse per i linguaggi e gli stili.
Tra il 1506 e il 1508 Leonardo è ancora una volta a Firenze, poi di
nuovo a Milano, infine torna nel capoluogo toscano. Oltre ad essere
impegnato in opere pittoriche, continua gli studi scientifici nelle più Codice Atlantico, f. 6r, c. 1480. Milano, Biblioteca Ambrosiana
varie discipline, come si evince dai codici Hammer e Arundel e dai
fogli di anatomia di Windsor38; inoltre porta avanti appassionanti ri- così la applica agli studi per un battello sottomarino capace di af-
cerche sui rapporti micro-macrocosmo, uomo-terra, sistema sangui- fondare navi nemiche sfondandone la chiglia o al progetto di sol-
gno-idrodinamica. Poi è di nuovo a Milano durante la dominazione levare nientemeno che il Battistero fiorentino per collocarlo su un
francese (1508-13), ove approfondisce lo studio di Archimede e di nuovo basamento. Numerosi altri disegni di Leonardo riprendono
Euclide sulla base del De expetendis et fugiendis rebus di Giorgio Valla progetti di Brunelleschi, sia nell’ambito dell’ingegneria portuale,
(1501), e ancora a Roma (1513-17), occupandosi delle Paludi Pontine sia in campo idraulico per la canalizzazione fluviale. Già a Firenze
per Leone X, sebbene poco utilizzato per la presenza di personaggi dunque, fino al trasferimento a Milano nel 1482, Leonardo mette
quali i Sangallo, Bramante, Michelangelo: egli, del resto, non può a punto «strumenti d’acqua» che si ritrovano nel Codice Atlantico,
assicurare un’attività costante né di artista né di ingegnere, visti i vale a dire congegni di elevazione dell’acqua da pozzi o da fiumi,
suoi molteplici interessi nel campo più generale della ricerca. Nel realizzati ancora una volta sfruttando le proprietà della vite senza
maggio 1517, su richiesta di Francesco I, si trasferisce nel castello di fine. Nello stesso periodo comincia a interessarsi di tecnologia mi-
Cloux, presso Amboise: qui continuerà i propri studi, avendo, come litare, progettando armi e macchine da guerra, nonché mettendo
vedremo, da Francesco I pieno appoggio per avviare con i propri a punto strategie di offesa e di difesa. Nella meccanica egli studia
collaboratori l’opera di sistematizzazione degli innumerevoli fogli di il modo di sfruttare per le più svariate esigenze qualsiasi fonte di
appunti manoscritti allo scopo di formare trattati su diverse materie; energia mediante complessi ruotismi. Tuttavia va notato come in
ma, se il programma scientifico verrà attuato solo in minima parte questo periodo Leonardo non vada al di là dell’applicazione di
dopo la morte del maestro e con le problematiche di cui si dirà, egli tecniche già note a strumenti e congegni nuovi: dal punto di vista
non verrà mai impiegato dal sovrano in un lavoro effettivo, atten- teorico egli non si pone ancora lo scopo di comprendere le ragioni
dendo solo ai progetti per la trasformazione del castello, per il nuovo dei fenomeni naturali, né lo sfiora l’idea di avvalersi di umanisti-
palazzo reale di Romorantin e per la canalizzazione dei corsi d’ac- scienziati come ad esempio Paolo Toscanelli, che per primo aveva
qua della regione, opere che peraltro non verranno mai realizzate. riscoperto Archimede39.
Gli esordi di Leonardo ‘tecnico’ avvengono dunque a Firenze alla A Milano egli si fa apprezzare da Ludovico il Moro, specie come
fine degli anni ’60, allorché i giovani apprendisti presso la bottega tecnico militare, rivelandosi esperto in tutte quelle branche
di Verrocchio collaborano al montaggio dell’enorme sfera di rame dell’ingegneria delle quali fa cenno nella nota lettera di presenta-
alla sommità della lanterna di Santa Maria del Fiore. Brunelleschi zione al duca. Ma, come ha dimostrato Marani 40, egli non fa altro,
costituisce per lui un professionista modello: dalle sue macchine all’inizio, che applicare i principi di Valturio, di cui possiede l’edi-
apprende per la prima volta l’uso della vite di Archimede, che am- zione in volgare del 1483. Siamo nel periodo del ms. B, del Codice
mira perché sembra alludere con le sue spire alle forze della natura;
39
  Ivi, pp. 57-58.
40
  P.C. Marani, L’architettura fortificata di Leonardo da Vinci. Con il catalogo completo
38
  P. Galluzzi, op. cit., p. 72. dei disegni, Firenze, Olschki, 1984.

Capitolo primo
14
Trivulziano e dei numerosi e famosi fogli del Codice Atlantico ri- nel campo dell’ottica; allo stesso scopo, per tutti gli anni ’90, cer-
guardanti carri falcati, carri armati, cannoni, bombarde, balestre. cherà di attrezzarsi in materia di geometria: è del 1497 l’incontro
Leonardo deve innanzitutto studiare il territorio milanese, con la con Pacioli, presso il quale si formerà sugli Elementi di Euclide.
fitta rete di navigli che consentono di servire la città a partire dai Anche nel campo della meccanica porterà avanti in questo periodo
grandi fiumi Adda e Ticino attraverso un sistema di affluenti, laghi importanti ricerche per fissarne i principi generali, attingendo ad
e canali, tra cui quello della Martesana: proprio la ricchezza d’ac- Archimede, alla tradizione medievale del De Ponderibus, alla fisica
qua derivante da un’ottimizzazione di tale impianto gli suggerisce dell’impetus, al Marliani, al Cardano. Contemporaneamente giun-
i noti progetti di ampliamento urbano, in cui sfrutta la possibilità gerà a definire la teoria delle «quattro potenze di natura» (moto,
di allestire una rete di corsi d’acqua perfettamente regolata, tale da peso, forza e percussione) alla base dei fenomeni fisici, approfon-
potenziare e rinnovare il vecchio centro medievale. Poi, stando a dendo le leggi dell’aria e dell’acqua allo scopo di sfruttarne le ca-
Pavia con Francesco di Giorgio nel 1490 per la nuova cattedrale, ratteristiche a vantaggio dell’uomo.
studia il naviglio Bereguardo. Nell’ultimo decennio del secolo ap- Mentre si documenta e studia le diverse discipline teoriche, Leonar-
pare interessato ad apprendere tutto quello che può dai «maestri do non manca di condurre esperimenti anche nel campo dell’au-
d’acque» lombardi e a disegnare accorgimenti visti in opera 41; ad tomazione, del volo degli uccelli e di quello umano: altro ‘sogno
un certo punto la svolta: a partire dal ms. A (1490-92) Leonardo tecnologico’ irrealizzabile, basato sulla convinzione della uniformi-
accenna per la prima volta ad un «trattato dell’acqua», cioè si rende tà della natura, secondo cui l’uomo ne può riprodurre i principi
conto che non basta l’esperienza ma bisogna conoscere a fondo meccanici43. Ma le difficoltà sono subito evidenti: egli riprenderà
le leggi dell’idraulica per poi applicarle nelle diverse situazioni. l’argomento solo intorno al 1505 nel Codice conservato a Torino,
Così intraprende lo studio dei testi antichi e inizia a pensare a assimilando ora il fenomeno a quello del nuotare dei pesci, ossia
questo argomento come al capitolo più importante di un testo passando dal mezzo dell’aria a quello dell’acqua.
enciclopedico, che comprenda anche un trattato su «moto e peso», Se, come si è visto, molti temi della ricerca vinciana sono in real-
uno sull’anatomia umana e uno sul mondo terracqueo. L’acqua, tà ritrovabili già negli ingegneri senesi del Quattrocento, numerosi
dunque, come elemento universale che percorre il mondo ma an- altri non sono riconducibili a un filone preesistente, bensì vanno
che l’uomo, formato quest’ultimo, proprio come il globo, da aria, considerati il frutto di un processo autonomo, specie dopo il 1490,
acqua, terra e fuoco, e quindi mondo ‘minore’ secondo l’antica allorché Leonardo cerca sempre più di fare attività applicative: una
teoria dei quattro elementi primordiali già presente nel Timeo di volta impadronitosi delle leggi naturali e osservatene le manifesta-
Platone, tradotto da Ficino nel 1482. zioni, il nostro scienziato-artista può riprodurre nei suoi congegni ciò
Nella riflessione vinciana risulta fondamentale l’azione dell’acqua che appare in natura. Per quanto riguarda invece le esperienze non
nell’atmosfera, le conseguenze sulla percezione degli oggetti e dei personali cui fa riferimento, oltre agli studi dei tecnici che ha modo
paesaggi e il ruolo più generale nelle trasformazioni del mondo di frequentare o che ha alle proprie dipendenze, o di quelli di cui
naturale: l’acqua diventa quasi ossessiva, poiché si infiltra ovun- ha notizia attraverso Francesco di Giorgio, vi sono sicuramente le
que, sposta e corrode le cose ed è quindi in qualche modo ‘ne- opere antiche, che spesso cita riportandone i brani: Erone di Ales-
mica’ della geometria e della permanenza delle forme stabili, che sandria con la Pneumatica e il trattato di Mechanica sulla trazione dei
tende a dissolvere, a deformare; essa ghiaccia, spegne, inficiando corpi pesanti, poi Vitruvio, Vegezio e Frontino, quest’ultimo con la
così anche l’azione del calore. Specie negli ultimi anni, Leonardo sua opera sugli acquedotti; tra gli autori di età medievale, Ruggero
sarà ossessionato dalla visione generale di un mondo dominato Bacone,Villard de Honnecourt, grande appassionato di automi e di
dal contrasto tra gli elementi, che produce catastrofi e fenomeni moto perpetuo, Nemorario e il trattato militare di Guido da Vige-
irreparabili 42. Effettivamente, nel campo dell’idraulica molte sa- vano, il cui studio sulle macchine e sui meccanismi assume per
ranno le sue intuizioni, ma mai seguite da dettagli esecutivi: si Leonardo un significato particolare.
veda, ad esempio, la macchina per dragare i fondali tratta dal ms. Egli vive in un periodo in cui la matematica è già divenuta uno
E, che ritroviamo anche nel nostro Codice, più frutto della fanta- strumento importante della professione e si può apprendere dai
sia che effettivamente realizzabile; pompe, sifoni e altri elementi trattati che si vanno diffondendo anche a stampa e che ha sicu-
si trovano già in Frontino e in autori coevi che Leonardo copia ramente modo di consultare quando lavora a Firenze presso il
e che torneranno, in identica forma, in testi successivi per oltre Verrocchio. Fin dall’inizio della sua attività milanese si è pre-
un secolo. Se è vero che, a fronte dell’ambizioso programma di sentato al Moro come ‘ingegnere’ e tale rimarrà in prevalenza:
redigere il trattato sull’acqua, egli procederà sempre in maniera il suo sapere scientifico e matematico è estremamente mirato a
frammentaria – a dispetto di quanto il maestro riferirà nel 1517 al quanto serve per l’applicazione e la sperimentazione; fa leggere
cardinale Luigi d’Aragona in visita ad Amboise, dando per cosa e tradurre molti libri in latino da amici, ma altri li trascura per
fatta il proprio testo «de la natura de le acque» – il suo contri- la fretta di arrivare al nocciolo della questione, che più gli pre-
buto sarà comunque significativo nello studio delle correnti, dei me; acquisisce molte nozioni per sentito dire o attraverso con-
vortici, delle onde, nel proporzionamento dei letti, degli argi- versazioni, e molte altre le desume dall’osservazione o le intuisce.
ni, delle sinuosità, dei meandri, pervenendo anche, per la prima Cerca in più occasioni di integrare le proprie lacune e di raggiun-
volta, alla formula per il calcolo della portata dei corsi d’acqua. gere un livello soddisfacente di conoscenze teoriche ma, dicia-
Vanno poi tenuti presenti gli altri molteplici ambiti d’interesse in molo pure, il suo metodo non sarà mai sistematico né ordinato.
cui, nel contempo, Leonardo è attivo. Volendo il pittore imitare la Non possiamo, a questo punto, non accennare alle perples-
natura, deve percepirla per conoscerne i vari aspetti e fenomeni e sità di Bertrand Gille circa il reale contributo di Leonardo
infine rappresentarla: a Milano egli conduce allora specifici studi sia in ambito scientifico, sia in quello tecnico e tecnologico44.

41
  P. Galluzzi, op. cit., p. 63.
43
42
  A. Chastel, Leonardo da Vinci: studi e ricerche. 1952-1990, Milano, Einaudi,   P. Galluzzi, op. cit., p. 70.
44
1995, p. 135.   B. Gille, op. cit., pp. 170 sgg.

La professione tra arte, scienza e tecnica


15
Secondo lo studioso francese, la sua scienza ha carattere eminen- anni ’90 una tecnica raffinata e ineguagliata, tale da rappresentare
temente pratico, fatto di osservazioni, ma dal punto di vista teo- l’oggetto insieme con la sua funzione, di mostrare le leggi naturali
rico, a dispetto di quanto si potrebbe pensare, i suoi contributi nel da cui è regolata la sua meccanica, mostrando così la vera ‘imi-
campo della meccanica, della fisica o della chimica non possono tazione’ della natura, nella scienza come in pittura. Nell’imma-
definirsi significativi; lo stesso dicasi per l’anatomia, la matema- gine, nella rappresentazione grafica sta dunque l’ormai acquisita
tica, la geometria o la prospettiva, materie in cui mostra limiti superiorità del pittore sul letterato, non essendo più descrivibile
comuni a tutti i contemporanei. Per non parlare di ciò che suc- a parole ciò che il disegno è in grado di rappresentare: ne con-
cede se ragioniamo in materia di tecnologia. Egli studia il modo segue la necessità del pittore di possedere i fondamenti scientifici
per trasformare il movimento circolare continuo in uno rettilineo in materia di ottica, teoria della visione, scienze della natura e
alternativo, ma trova difficoltà nel realizzare correttamente il si- della terra, anatomia, meccanica, per poi rappresentare ciò che
stema biella-manovella, pur intuendolo e avendone già un’idea, vede del mondo evidenziandone non l’apparenza superficiale, ma
per quanto rudimentale, dai soliti senesi 45 . In campo idraulico l’intimo funzionamento ed essenza 46 . Appropriata risulta allo-
non ha inventato lui la turbina, che ha ripreso da Francesco di ra la definizione di Galluzzi di Leonardo «artista delle macchi-
Giorgio; disegna mulini a vento a tetto ruotante, che però sono ne», non attribuibile a nessun altro ingegnere del Rinascimento.
ormai noti a quell’epoca; usa spesso il sistema a martinetto e il Leonardo si pone l’obiettivo di applicare certi principi che ha
tornio a pedale, anche qui con sistema biella-manovella, ma già appreso, di perfezionare o soltanto comprendere o illustrare mac-
usati prima. Pur portando al massimo grado di meccanizzazione chine e meccanismi derivanti da quelle applicazioni accennando
le macchine che studia, con una curiosità e un’immaginazione ad essi con il disegno, senza però arrivare quasi mai al dettaglio
davvero senza pari, i suoi ingegni sono spesso così ben rappresen- finalizzato all’esecuzione, come invece avviene in Francesco di
tati da ingannare circa le reali difficoltà del loro funzionamento, Giorgio. Il suo scopo principale è quello di conoscere e posse-
come quelle relative alla stabilità delle diverse parti, alle caratte- dere la natura con i suoi fenomeni, applicarne le leggi per far sì
ristiche di resistenza dei materiali, all’attrito e alla conseguente che l’uomo svolga minore fatica e venga impiegata meno mano
usura dei pezzi (pur ponendosi, però, correttamente il problema d’opera nell’espletare una serie di funzioni. Quello che distingue
in altra sede): è chiaro, allora, che nel disegno tutto è possibile. In sicuramente Leonardo dai suoi predecessori è la capacità di im-
fondo, le sue macchine richiedono null’altro che l’esecuzione di postare correttamente tutti i problemi più frequenti davanti a cui
un’operazione meccanica elementare congiunta a un meccanismo ci si può trovare in un determinato contesto: anziché cercare di
di avanzamento: niente a che vedere con il grado di precisione giungere a una teoria lontana dalla realtà, egli tende a costruire
e complessità che si raggiungerà nel Settecento, rinvenibile ad un sistema di regole utili al professionista. Leggiamo così all’ini-
esempio nelle tavole dell’Encyclopédie. Facile immaginare, sostie- zio del Codice F:
ne ancora Gille, il laminatoio per metalli, il maglio idraulico, la
macchina per tagliare le lime o quella per fare fogli di metallo Quando tu metti insieme la scienzia de’ moti dell’acqua ricordati di
battuto – cose che ritroviamo ancora una volta ben selezionate nel mettere sotto a ciascuna proposizione li sua giovamenti, acciò che tale
Codice Corazza – se si prescinde dalle difficoltà di realizzazione, scienzia non sia inutile.
dalle caratteristiche dei materiali o dagli attriti. Spesso, poi, si
tratta di puri sforzi di immaginazione o addirittura di giochi: ab- Vero è che la scienza di Leonardo non è mai sistematica. Così
biamo già detto dei limiti e dell’irrealizzabilità della sua macchi- ancora Gille: «Uno scienziato si sarebbe preoccupato della gloria,
na per volare, mentre altri congegni, come l’orologio meccanico si sarebbe reso conto delle enormi lacune che ancora esistevano,
a suoneria, il carro semovente o lo scafandro, sono imitazioni mal avrebbe cercato di costruire un sapere scientifico. Leonardo è,
riuscite di studi di Francesco di Giorgio. invece, un vero e proprio ingegnere, che si preoccupa soltanto
Dunque Leonardo non inventa né scopre ma applica, sperimenta dell’efficienza e che vede nei propri sforzi soltanto un mezzo per
principi già noti con curiosità e immaginazione senza pari; e nep- dominare il mondo materiale»47�. E infatti egli è certamente il pri-
pure è vero, incalza Gille, che egli intenda nascondere le proprie mo a tentare una trattazione generale dei numerosissimi problemi
scoperte per non spaventare il mondo: la stessa scrittura ‘mancina’ che nascono in campi infidi come l’idraulica; ma molto tempo
non è una sua prerogativa, visto che vi hanno fatto ricorso già altri passerà prima che si giunga, in quell’ambito, a una vera scienza,
prima di lui (anche Taccola) per meri motivi di praticità, scriven- formulata da Bélidor solo agli inizi del Settecento. A quel mondo
do essi con la mano sinistra. Il suo merito sta piuttosto nell’aver di ricette, di tecnici che risolvevano i problemi caso per caso e
sentito il bisogno, non avendo sufficienti nozioni in una materia che, soprattutto, non lasciavano scritti né trattati, bisognava ancora
specifica, di trovare, adottare e perfezionare un metodo innova- sostituire una solida e coerente dottrina.
tivo di ricerca, un modo di pensare fatto di continui rimandi tra Per Leonardo l’arte è scienza e la scienza è arte: non è possibile scin-
norma e applicazione, tra enunciazione teorica e sperimentazio- dere i due aspetti, essendo costantemente finalizzata la conoscenza
ne. In questo, allora, è da ritrovarsi il vero germe dell’ingegnere del mondo e dei segreti della vita alla creazione dell’opera d’arte e
moderno: se, sul piano della pratica professionale, altri ingegneri la pittura o l’architettura alla conoscenza, rappresentazione e divul-
furono più puntuali e concreti di lui, nessuno mai si pose gli stessi gazione dei segreti e delle leggi che governano la natura e l’uomo. È
problemi nell’approfondimento e nella trasmissione del sapere. In la pittura, in virtù dell’affinità dell’artista con il divino, l’unico mez-
tal senso, la sua attività di studioso ‘pagato’ per fare ricerca e per zo per cercare di possedere la bellezza del mondo attraverso la sua
divulgarla è paragonabile solo a quella di Alberti: matrice comu- percezione e rappresentazione, nonostante i limiti stessi dell’uomo
ne il disegno, ambito in cui Leonardo raggiunge alla metà degli scoraggino ogni giorno l’impresa: dunque una concezione ‘visiva’,

45
  Ibidem. Egli disegna comunque una catena articolata per la trasmissione dei
46
movimenti, simile a quelle delle biciclette moderne, superando in questo Taccola   P. Galluzzi, op. cit., pp. 84-85.
47
per la maggiore precisione.   B. Gille, op. cit., p. 228.

Capitolo primo
16
Il grande libro dell’universo è scritto per lui in termini matematici
e quindi non è comprensibile ai non matematici: l’armonia delle
proporzioni è nelle misure, ma anche nei suoni, nei pesi, nelle archi-
tetture, nei siti. Dunque bisogna partire induttivamente dall’osserva-
zione dei fenomeni per risalire alle leggi, esprimendole attraverso lo
strumento matematico e infine verificandole negli effetti. La scienza
non ammette più, quindi, vincoli che possano derivare da verità as-
solute, come quelle religiose, che Leonardo chiama «carte coronate»
e che lascia agli uomini di Chiesa48: potrà esservi al più, come si vede
nel Codice di Madrid I e nel ms. H degli ultimi anni ’90, una sorta
di ‘compromesso’, di concessione ‘deduttiva’ assicurata da un sapere
basato sulle cause acquisite degli eventi; così proprio il «discepolo
della sperienza», come egli stesso si definisce, arriverà a sostenere:
«intendi ragione e non ti bisogna sperienza»49.
Il tramite ideale tra teoria e pratica sarà allora la prospettiva, come si
legge nel Trattato della Pittura:

Dell’errore di quelli che usano la pratica senza la scienza. Quelli che


s’innamorano della pratica senza la scienza, sono come i nocchieri che
entrano in naviglio senza timone o bussola, che mai hanno certezza
dove si vadano. Sempre la pratica deve essere edificata sopra la buona
teorica, della quale la prospettiva è guida e porta, e senza questa nulla
si fa bene50.

Dunque ancora una volta la prospettiva quale prezioso trait-d’union


tra la mente dell’uomo, immagine del microcosmo, e la realtà che
lo circonda, specchio del divino e veicolo della progettazione ma
anche, nel verso opposto, della conoscenza. La natura vive attraver-
so leggi fisse e immutabili, che si manifestano all’uomo attraverso
l’esperienza fenomenica: mediante il meccanismo della visione, i
raggi che ogni corpo emana si concentrano in un solo punto, ossia
Ms. B, f. 80r, c. 1487-1490. Parigi, Institut de France
nella pupilla, raggiungendo poi rovesciati la retina e consentendo
agli ‘effetti’ della luce, ossia alla manifestazione delle proprietà dei
per non dire ‘ottica’, della realtà, in cui la luce assume un ruolo corpi (figura, colore, ecc.), di congiungersi alle loro cause prime
fondamentale, non potendosi limitare la pittura a coglierne la strut- nella ragione umana51. Per Leonardo l’occhio è dunque la ‘finestra
tura ‘matematica’, bensì dovendo tener conto della densità dell’aria, dell’anima’: attraverso esso avviene la conoscenza e si gode della
delle condizioni atmosferiche, delle «chiarezze relative», insomma bellezza della natura. Se la conoscenza del reale non si attua attra-
di fattori che si discostano dalla perfetta concezione prospettica ri- verso principi acquisiti, bensì con l’applicazione della scienza, della
nascimentale. Quindi nella pittura coesistono fattori scientifici, che rappresentazione grafica, della geometria, allora ogni conoscenza
tendono a cogliere le leggi del cosmo, con altri temporanei, emotivi dipenderà dalla vista, esigendo poi la verifica grafica e giungendosi
e irrazionali. La scienza è alla base della visione e della rappresenta- solo così alla spiegazione del fenomeno52.
zione del reale, facendo della pittura un atto essenzialmente ‘men- Nulla in natura è mutabile dall’uomo, nulla delle leggi universali
tale’: attraverso la contemplazione del dipinto, quindi, il fruitore si potrà essere trasformato, ma solo imitato in maniera imperfetta at-
appropria della ‘scienza della pittura’. traverso la tecnica, per finalità artificialmente prestabilite e quindi
Nella scienza non si può procedere per ‘citazioni’: imparare dalla contingenti: l’ingegnere, nella pratica applicazione dei principi, si
natura significa leggere in essa le leggi che la governano, poiché scontrerà con gli ‘infiniti attriti’ che compromettono il suo lavoro.
l’esperienza «è maestra vera» e lo è stata anche per gli autori antichi. Ma allora, visto che nulla può essere mutato, anche le più estenuanti
«Fuggi i precetti di quegli speculatori che le loro ragioni non sono esperienze e osservazioni potranno non avere esito nella rielabora-
confermate dalla sperienza»; «chi disputa allegando l’autorità, non zione teorica. Così Morachiello: «Per ripercorrere troppo in fretta
adopra lo ‘ngegno ma più tosto la memoria»: è quanto aveva già le concatenazioni che portano dal fenomeno alle sue cause, Leo-
cominciato a sostenere Aristotele, ma nessuno degli epigoni aveva nardo finisce per fare riferimento ad antichi principi fondati ancora
saputo intuire la reale portata del suo metodo sperimentale ante lit-
teram, lavorando sempre su una logica deduttiva e passando di prin- 48
  Si veda pure in proposito A. Favaro, Leonardo nella storia delle scienze speri-
cipio in principio. Scrive ancora Leonardo: mentali, in Leonardo da Vinci. Conferenze fiorentine, Milano, Treves, 1910, passim;
Id., Se e quale influenza abbia Leonardo da Vinci esercitata su Galileo e sulla scuola
Mia intenzione è di allegare prima l’esperienza, e poi con la ragione Galileiana, in «Scientia», XX, 1916.
49
  Codice Atlantico, f. 147v-a.
dimostrare perché tale esperienza è costretta in tal modo ad operare. E 50
  Trattato della pittura di Lionardo da Vinci nuovamente dato in luce, colla vita dell’istesso
questa è la vera regola come gli speculatori degli effetti naturali hanno a autore, scritta da Rafaelle Du Fresne. Si sono giunti i tre libri della Pittura, ed il trattato della
procedere. E ancora che la natura cominci dalla ragione e termini nella Statua di Leon Battista Alberti, colla vita del medesimo, Napoli, stamperia F. Ricciardo,
1733, cap. 77.
sperienza, a noi bisogna seguitare in contrario, cioè cominciare dalla 51
  A. Biral, P. Morachiello, op. cit., p. 27.
52
sperienza e con quella investigare la ragione.   A. Chastel, op. cit., pp. 94-95.

La professione tra arte, scienza e tecnica


17
edifici ‘centrici’ presenti nel Codice Atlantico, Leonardo non at-
tinge mai direttamente al modello teorico vitruviano o albertia-
no, guardando piuttosto all’architettura ‘concreta’ di un Bramante
o, meglio ancora, di un Francesco di Giorgio: è in questi termini
che egli si occupa di costruzioni, traendo come sempre molti spunti
dai ‘meccanici’ che lo hanno preceduto. La costruzione viene da
lui indagata con particolare attenzione ai problemi di statica e di
tipologia strutturale, con approfondimenti in campo fisico, sulla re-
sistenza dei materiali, sulla distribuzione dei carichi, sulle condi-
zioni di vincolo: Leonardo è certamente più ‘ingegnere’ di Alberti,
lo abbiamo detto, sebbene più interessato alla rappresentazione del
progetto che alla sua pratica esecuzione; egli concepirà sempre la
costruzione come un problema di metodo, con precise regole e prin-
cipi che vanno indagati e rispettati, pur senza giungere al cantiere.
Nel campo della statica, Leonardo arriva persino ad enunciare te-
oremi procedendo per ‘simulazioni’, ossia risolvendo una casistica
di problemi senza fare alcun esperimento, bensì attraverso un facile
ragionamento intuitivo e un calcolo matematico semplificato: così,
ad esempio, nel Codice di Madrid I affronta il problema del carico
su archi e volte riuscendo a calcolare con buona approssimazione
le tensioni nei conci e la loro disposizione lungo la «linea neutra».
Interessante poi come nel Codice Hammer egli sperimenti l’ana-
logia tra il punto di rottura della bolla d’acqua e quello dell’arco ad
un terzo della loro curva, stabilendo quindi un rapporto diretto tra
l’idraulica e la statica54. Ugualmente sostiene l’affinità tra il modo in
cui un baluardo respinge un proiettile e la riflessione dei raggi lu-
minosi da parte di un oggetto: «l’universo, insomma, è un sistema di
coincidenze»55, che si manifestano attraverso azioni e reazioni di forze.
Leonardo è stato il primo a lasciarci interessanti studi circa la for-
mulazione matematica del proporzionamento e della resistenza dei
muri, la diagnosi dei dissesti statici attraverso l’analisi delle lesioni,
Ms. A, f. 24v, c. 1490-1492. Parigi, Institut de France il calcolo della solidità delle travi in relazione alle caratteristiche del
materiale, al grado di elasticità e al tipo di vincolo (senza tuttavia
fare ricorso al modulo di elasticità né al momento di inerzia, cui
sull’autorità, che riconferma invece di rovesciare; lo sforzo per dare invece aveva già accennato Nemorario). I dati numerici cui egli
a tutto dimostrazione si infrange contro i limiti di un orizzonte teo- perviene sono il risultato di un metodo che, come sempre, procede
rico limitato. E l’autonomia delle singole scienze di cui Leonardo ha per esperimenti, analogie e approssimazioni, potendo indicare alla
sostenuto, in più luoghi, l’esigenza, naufraga nella contemplazione fine formule e ‘ricette’ per gli ingegneri con un certo grado di si-
della ‘mirabile necessità’ del cosmo»53. curezza assicurato dalla pratica.Tutto questo consente l’inizio di una
diffusione ‘democratica’ e trasversale delle regole dell’arte rispetto ai
Da Platone a Vitruvio a Barbaro, tecnica è conoscenza e applicazio- segreti delle antiche corporazioni, proprio perché fondata su stru-
ne delle regole primarie e delle cause produttive delle cose, che si menti oggettivi come quelli matematici, destinati ad una sempre
serve della geometria e delle matematiche per produrre cose ‘arti- maggiore diffusione e ad un concreto riconoscimento sociale.
ficiose’. La realizzazione empirica di oggetti da parte dell’artigiano
sulla base della sola esperienza non ha a che vedere con la tecnica Leonardo, si sa, progetta e riprogetta ‘trattati’ sulle materie più varie,
dell’architetto-ingegnere, che conosce le cause prime, il metodo per che avrebbe voluto pubblicare: come vedremo, negli ultimi anni di
la realizzazione del prodotto ed è quindi superiore a tutti gli artefici, vita sarà questa la sua principale attività, condotta al servizio di Fran-
di cui è il capo. Anche se l’architettura non può comprendere tutto cesco I con l’aiuto del fidato allievo Francesco Melzi. Si tratta di te-
il complesso delle macchine che da essa dipendono, né conoscerne sti attinenti in prevalenza alla pittura (ottica, percezione visiva, teoria
le parti o le applicazioni, essa è scienza che trasmette all’artefice le della rappresentazione, teoria della luce e delle ombre), all’idraulica
regole immutabili, le ragioni prime comuni a tutte quelle parti. e alla meccanica, adottando sempre un approccio intermedio tra la
Leonardo appare particolarmente attratto da esercitazioni su temi mera logica deduttiva e quella induttiva: ad esempio nello studio
architettonici come quello della pianta centrale, destinato ad in- dei gravi, pur ispirandosi al De ponderibus di Nemorario e partendo
fluenzare fortemente i futuri sviluppi dell’architettura rinascimen- come lui da postulati da cui far discendere i teoremi, finisce per
tale e a stimolare l’immaginazione dell’artista, proprio come aveva dare uguale importanza alla sperimentazione. Ma non giungerà mai
raccomandato Alberti nel De tranquillitate animi (c. 1492) prescriven- a un trattato organico per il carattere dispersivo della sua ricerca,
do schizzi architettonici dalle libere composizioni per rimediare per gli evidenti limiti linguistici o per una sorta di impasse meto-
al dolore e all’intima tristezza. Ma, anche nei ben noti disegni di

54
  A. Chastel, op. cit., p. 144.
53 55
  A. Biral, P. Morachiello, op. cit., p. 30.   Ivi, p. 145.

Capitolo primo
18
dologico. In realtà, egli non vuole creare una scienza sistematica, sua invenzione, trattandosi più spesso della prima rappresentazio-
bensì proporre considerazioni e prescrizioni utili per l’ingegnere ne di congegni già in uso da tempo: in precedenza, però, nessuno
o per l’artista; insomma pervenire piuttosto a una manualistica per aveva mai proposto un così gran numero di applicazioni mecca-
i vari settori della professione, indicando in prevalenza casi ricor- niche dedotte da principi generali attraverso una rigorosa analisi
renti e non leggi generali56. Basandosi sull’osservazione diretta, ne quantitativa e una schematizzazione geometrica. Egli parte dalla
ricava una somma di aforismi e annotazioni spesso caotiche, frutto meccanica praticata nelle botteghe dai «sanza lettere», privi di co-
di un’attività mentale caleidoscopica, che invano si cercherebbe di noscenze dell’antica statica geometrica, e fa un grande sforzo di
ridurre a sistema: bisogna invece trarne le constatazioni e le intui- aggiornamento teorico, studiando gli elementi della geometria e
zioni originali, che certamente precorrono i tempi, sebbene all’e- applicandoli al campo a lui già noto delle macchine reali, di cui
poca non divulgate opportunamente. Colombo osserva a ragione ora, in maniera ben più attenta che in precedenza, riconosce i li-
che, a fronte della ben nota meticolosità iconografica di Leonardo, miti nell’attrito, negli ostacoli naturali di vario genere e nella li-
i suoi appunti sono formalmente disordinatissimi e non suscettibili mitata resistenza dei materiali. Così facendo si allontana dal mero
di una ricollocazione né per materie né per cronologia57: lo dimo- pragmatismo di molti ingegneri coevi per giungere a un radica-
strano, del resto, proprio gli strenui tentativi rappresentati dai codici le aggiornamento dell’identità stessa della figura professionale.
apografi di cui ci occuperemo, in cui la selezione tematica dai testi Assumendo le «quattro potenze di natura» come cause di ogni effet-
originali, sebbene lodevole come primo passo verso una collazio- to, Leonardo arriva ad estendere l’anatomia delle macchine a molti
ne mirata in chiave disciplinare, non va oltre l’impianto antologico. altri campi, compresa l’architettura. Tutti i processi dinamici per lui
A partire dai primi anni del Cinquecento gli studi teorici di Leonar- si realizzano attraverso «elementi macchinali»: l’edificio stesso non
do appaiono finalizzati, in particolare, alla redazione di un trattato va considerato come struttura statica formata da parti proporzionate,
sugli «elementi macchinali»58, che nel 1517, come apprenderemo dal ma quale organismo ‘vivente’ composto di membri in equilibrio
diario della visita del cardinale Luigi d’Aragona ad Amboise, doveva dinamico, proprio come l’uomo. Di qui l’analogia tra il medico e
ormai essere compiuto: dai due codici di Madrid si evince peraltro l’architetto rinvenibile in alcuni fogli del Codice Atlantico:
chiaramente l’intenzione di distinguere una parte concernente la
meccanica teorica da un’altra relativa a quella applicata. Il Reti59, cui Sì come ai medici […] bisogna intendere che cosa è omo, che cosa è
si deve il ritrovamento dei manoscritti spagnoli nel 1966, individua vita, che cosa è sanità […] e conosciuto ben sopra le dette nature potrà
in particolare nel primo (che però è il secondo in ordine di stesura) meglio riparare che chi n’è privato […] questo medesimo bisogna al
la versione quasi definitiva del trattato: a suo parere vi si possono malato edifizio, cioè uno medico architetto che intenda bene cosa è
già riconoscere modelli di analisi teorica e metodi quantitativi de- edifizio e da che regole il retto edificare deriva e donde dette regole
stinati ad essere esposti in forma compiuta e divulgati solo agli inizi sono tratte e in quante parti sieno divise e quale siano le cagioni che
dell’Ottocento all’interno dell’École Polytechnique e, poi, nella Teoria tengano lo edificio insieme e che lo fanno premanente e che natura sia
generale delle macchine di Franz Reuleaux (1874). quella del peso e quale sia il desiderio della forza61.
Effettivamente, tra il 1499 e il 1510 il trattato rinvenibile nel codice
madrileno viene più volte citato anche nel Codice Atlantico e in Anche la Terra è organismo vivente, solcato da fluidi circolanti, dove
altri manoscritti vinciani (ms. I, Codice sul volo degli uccelli, Co- ogni flusso di liquidi avviene secondo leggi meccaniche: parimenti
dice di Windsor): secondo Galluzzi – da cui traiamo molte consi- l’uomo; ma l’analogia tra l’uomo e il cosmo non è più fondata sulle
derazioni che seguono – partendo dalla statica classica e medievale proporzioni e sull’armonia, come negli ideali fondativi del Rinasci-
e applicando quindi l’analisi geometrica, il testo definitivo avrebbe mento, bensì su principi meccanici elementari, sempre gli stessi per
ospitato nella prima parte la teoria delle «quattro potenze di natura», l’uomo, gli animali, le macchine, gli edifici. Sicché per l’anatomia
quella dei centri di gravità e l’analisi delle macchine semplici; nella umana e animale Leonardo trae da quella delle macchine finan-
parte pratica, invece, sarebbero stati descritti i dispositivi meccanici che il lessico e le tecniche di illustrazione, come si evince dai fogli
indipendenti e combinati, i metodi per ottimizzarne l’impiego e di Windsor: «Fa che il libro delli elementi macchinali con la sua
le macchine per produrli. Nel Madrid I gli «Elementi macchinali» pratica vada innanzi alla dimostrazione del moto e forza dell’omo
sono dunque intesi come ‘fondamenti di macchine’, proprio come e mediante quelli tu potrai provare ogni tua proposizione»62; e an-
gli «Elementi geometrici» nell’opera di Euclide, venendo analizzati cora, nella nota intitolata «Delle macchine»: «E la natura non può
congegni e dispositivi meccanici dal punto di vista del funziona- dare moto alli animali sanza strumenti macchinali, come per me si
mento e dell’applicazione, della potenza e della resistenza, e accen- dimostra in questo libro»63. Sono dunque continui i rimandi agli
nandosi per la prima volta anche al problema degli attriti. Si tratta di «elementi macchinali» nel descrivere il corpo umano, anche in ter-
una vera e propria ‘anatomia delle macchine’: mini di articolazioni, con l’analisi delle singole parti proprio come
se fossero pezzi meccanici.
E tali strumenti si figureranno in gran parte sanza le loro armature o In più punti egli torna sull’importanza dell’illustrazione, insosti-
altra cosa che avessi a impedire l’occhio di quello che le studia. Poi si tuibile con un semplice testo descrittivo, mostrandosi consapevole
dirà d’esse armadure per via di linie, poi delle lieve in sé, poi delle for- della qualità grafica raggiunta: «Adunque, per il mio disegno ti fia
tezze de’ sostentaculi60. noto ogni parte e ogni tutto […] non altrementi che se tu avessi in
mano il medesimo membro e andassi voltandolo di parte in parte»64.
Come si è notato, non tutto ciò che Leonardo rappresenta è di Allude quindi alla rappresentazione tridimensionale delle parti ana-

56
  B. Gille, op. cit., p. 200. 61
  Codice Atlantico, f. 730r, cit. in P. Galluzzi, op. cit., p. 78.
57
  A. Colombo, Ecco Leonardo, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1966, p. 331. 62
  Windsor, 143r, cit. in P. Galluzzi, op. cit., p. 79.
58
  P. Galluzzi, op. cit., p. 74. 63
  Windsor, 153r. Cfr. pure K.D. Keele, Leonardo da Vinci’s elements of the science of
59
  L. Reti, Trascrizioni del Codice di Madrid I, Firenze, Giunti-Barbera, 1974. man, New York, Academic Press, 1983, passim, e P. Galluzzi, op. cit., p. 87.
60 64
  Cod. Madrid I, f. 82r, cit. in P. Galluzzi, op. cit., p. 77.   Windsor, 154r, cit. in P. Galluzzi, op. cit., p. 80.

La professione tra arte, scienza e tecnica


19
tomiche, addirittura più fedele dei tanti modelli che lo stesso Leo- una volta, se si considera Leonardo al di fuori del contesto quat-
nardo adopera negli studi di architettura, ma anche per la scultura, trocentesco fiorentino, ossia di una consolidata ‘cultura di bottega’:
la meccanica o l’idrodinamica. Per lui il disegno è fondamentale «Dapprima si è visto in Leonardo l’inventore delle scienze moderne
per rappresentare da più punti di vista – in ‘esplosi’, in prospettiva e del metodo moderno fondato sull’esperienza e sulla matematica;
o in assonometria – le parti meccaniche, che formano un abaco poi, constatando che le sue dimostrazioni non rispondevano ai suoi
di elementi atti a comporre un numero tendenzialmente infinito principi, che l’insieme delle osservazioni non sono mai collegate tra
di macchine, come del resto avviene per le parti degli organismi loro da leggi e che la sua teoria del segno e del simbolo scientifico
viventi.Va riconosciuto il grande merito vinciano proprio nell’aver non è elaborata, si è avuta la tendenza a celebrare in lui solo un di-
raggiunto alti livelli di sintesi espressiva e un metodo di illustrazione lettante straordinario e sconcertante».
di facile comprensione e diffusione, anche nel dettaglio, destinato ad Certo, le possibilità divulgative offerte dalla nuova stampa a caratteri
imporsi nei due secoli successivi e a porre le basi per la stampa di mobili stimolano ora un’aspirazione alla diffusione del sapere che
divulgazione scientifica fino al Novecento65. non è prerogativa del solo Leonardo. Ingegneri costruttori di orolo-
gi o di macchine idrauliche, ma anche esperti militari, cominciano
Infine non trascuriamo l’altra faccia della medaglia, ossia la condi- a redigere trattati su queste discipline, alle quali però si stenta ancora
zione di artista di Leonardo e, quindi, una sorta di peccato originale a riconoscere la dignità di scienza proprio per via del linguaggio di
di ‘sudditanza’ nei confronti della cultura tradizionale. Sebbene Lo- cui si servono gli autori. Leonardo non è diverso, per formazione,
renzo Ghiberti, nel trattare, nei Commentari, delle arti liberali che da altri uomini «sanza lettere» del suo tempo, non avendo quasi per
il pittore deve conoscere, avesse aggiunto a quelle del trivio e del niente frequentato le scuole ed essendo stato indirizzato dal padre
quadrivio anche le teorie del disegno e la prospettiva (e quindi la verso le arti meccaniche proprio perché privo di una sufficiente
geometria), che prima non vi figuravano66, resta per l’artista la con- costanza nello studio e nell’applicazione. Solo alla metà della propria
dizione di «sine litteris» per la mancanza di conoscenza del latino, a esistenza comincia a dedicarsi alla lettura e alla scrittura: a partire
differenza degli uomini di scienza e dei letterati: di qui le difficoltà dalle esperienze milanesi, partecipa a dibattiti e convegni di uomini
di Leonardo nell’esprimere in forma appropriata e accessibile i pro- di scienza, di cui ovviamente non condivide la fede incondizionata
pri concetti e, soprattutto, nel giungere ad un compendio definitivo nell’autorità degli antichi filosofi e letterati, anticipando così di un
nelle tante discipline che egli coltiva, vale a dire alla forma piana e secolo e mezzo il dubbio di Cartesio. Egli intende emergere tra gli
‘vulgata’ del trattato. Come si può notare anche nei testi contenuti uomini «sine litteris et auctoritate» di vitruviana memoria, sceglien-
nel nostro apografo, egli trova sicuramente difficoltà nella scelta del do la terza via: l’«omo sanza lettere» si farà letterato e studioso pur
linguaggio con cui esprimere le proprie osservazioni e deduzioni. restando artista sperimentatore.
Importante quanto osserva Carlo Vecce67 a proposito del Libro di Pit-
tura compilato, come vedremo, da Melzi attingendo ai manoscritti del Se ora volgiamo lo sguardo al ‘dopo Leonardo’, noteremo come
maestro: «Gli scritti di Leonardo rappresentano fedelmente la ten- alla metà del Cinquecento l’antico «maestro di ingegni» sia ormai
sione tra l’esercizio di una scrittura ‘continua’, registrazione privata costruttore in campo civile e militare, offrendo non di rado contri-
e quotidiana di note scientifiche e pensieri, e la forma compiuta e buti anche in ambito più strettamente architettonico. L’ingegnere
organizzata del ‘libro’, vertice strutturale al quale l’autore non giunse è sperimentatore e applicatore di nuove tecniche, favorendo, grazie
mai. È accertata comunque la sua preoccupazione per la trasmissio- alla sua curiosità e caparbietà, il progresso delle procedure e delle
ne di quell’immenso materiale manoscritto, accumulato in lunghi ‘regole dell’arte’; egli riesce, sulle orme di Leonardo e della tradi-
anni di ricerca, attraverso il mezzo della stampa, ormai dominante zione aristotelica, ad applicare magistralmente la matematica e la
agli inizi del Cinquecento: preoccupazione che si concreta, oltre che geometria nel proporzionamento di strutture e parti di meccanismi;
in abbozzi programmatici di ‘libri’, anche nell’affrontare il problema infine, è abile nel trarre dall’esperienza principi enunciabili in for-
del nesso indissolubile (specifico della pagina di Leonardo) tra scrit- mule utili alla creazione di un apparato teorico per le nuove scienze
tura e disegno, tra forme di espressione interattive, destinate a supe- sperimentali. A valle dell’opera di Leonardo, gli ingegneri mostre-
rare a vicenda i propri confini di segno e di significato, per raggiun- ranno dunque un sapere sempre più vasto e lontano dalla pratica
gere il comune, ambizioso obiettivo: la rappresentazione del reale». di bottega e sempre maggiori capacità matematiche nel campo del
Insomma nel caso del Libro di Pittura, così come per gli altri trat- disegno prospettico e del rilievo, che si accompagneranno a una
tati da lui programmati, Leonardo aveva in animo di superare la pratica derivata da lunghe osservazioni70. Dall’acquisizione delle più
precettistica usuale per collocare finalmente, mediante un’opera si- ampie conoscenze in materia di meccanica e di tecnica, di scienze
stematica, la pittura nel nuovo rango delle discipline ‘conoscitive’ e fisiche e naturali, di geografia come di astronomia, la necessità di
liberali68. Ma Chastel69 sottolinea l’equivoco in cui si incorre, ancora trasmettere questo sapere attraverso la redazione di trattati e manuali
verrà avvertita non più come iniziativa del singolo, ma come norma.
In opere come la Pirotechnia di Vannoccio Biringuccio (1540), il De re
65
  B. Gille, op. cit., p. 270. metallica di Giorgio Agricola (1556), i Discorsi delle fortificationi del no-
66
  A. Marinoni, Leonardo fra «Techne» ed «Epistème», in «Raccolta Vinciana», XXII,
1987, pp. 365-374. lano Carlo Theti (1569) – sul quale più innanzi torneremo –, i Me-
67
  Libro di pittura: Codice urbinate lat. 1270 nella Biblioteca apostolica Vaticana. Leonardo da chanicarum libri di Guidubaldo del Monte (1577), Le diverse et artificio-
Vinci, a cura di C. Pedretti, trascrizione critica di C.Vecce, Firenze, Giunti, 1996, p. 83. se machine di Agostino Ramelli (1588), il trattato Delle fortificationi di
68
  Ivi, p. 88.
69
  A. Chastel, op. cit., p. 11. Si veda inoltre P. Valéry, Introduction à la méthode de
Buonaiuto Lorini (1596), fino al Novo teatro di machine et edificii di Vit-
Léonard de Vinci, Paris, Edit. de la Nouvelle Revue française, 1894. Importante per torio Zonca (1607), si passa ormai dalle formule fondate su inafferra-
il rapporto di Leonardo con il neoplatonismo lo studio di Chastel dal titolo Art et bili «auctoritates» alla decisa connessione tra matematica e meccanica
humanisme à Florence au temps de Laurent le Magnifique: elude sur la Renaissance et l’Hu-
manisme platonicien (Paris, Presses Universitaires de France, 1959) e la voce Leonardo per la sperimentazione e la dimostrazione delle leggi di natura e dei
nell’Encyclopaedia Universalis (1968). Dopo la scoperta dei codici di Madrid, Chastel
scrive Le note sulla pittura dal nuovo codice di Madrid (1972). Si veda infine il suo
contributo in Léonard de Vinci, ingénieur et architecte (catalogo della mostra, Montreal,
70
Musee des beaux-arts, 1987), Torino, G. Zeppegno, 1987.   C.Vasoli, op. cit., pp. 290-291.

Capitolo primo
20
fenomeni fisici. Questi nuovi tecnici sono ormai lontani dall’astratto metica, risolvendosi la balistica, la meccanica e le fortificazioni nella
sapere accademico e dalle dispute teoriche dei «philosophi naturales». pura geometria, che prescinde dai casi particolari e dalle opinioni.
L’artigiano anonimo o il «mechanico» di bottega si trasforma così Leggiamo ancora Morachiello: «Questa la conclusione, chiarissima:
nel tecnico di prestigio al servizio del signore o dello Stato, nell’ar- le tecniche saranno vere conoscenze solo quando apparterranno a
tista che progetta opere pubbliche civili e militari ed è consigliere scienze autonomamente costituitesi al di fuori dell’empiria e mai
tecnico dei potenti, acquisendo sempre più credito e autorità, oltre il perfezionamento dell’uso in sé produrrà vera scienza»73. Così, ad
che una nuova condizione sociale, tanto da imporsi o quanto meno esempio, nel campo delle tecniche costruttive militari la tendenza
porsi sullo stesso piano dei letterati e dei filosofi. Anche i dotti più cui si assiste a partire dalla seconda metà del XVI secolo è quella di
avveduti e sensibili cominciano a mostrare interesse per il nuovo un allontanamento dal dominio ‘unico’ della scienza dell’architettu-
mondo delle macchine, per quell’apparato sempre più ricco di tec- ra, ossia l’aspirazione a dotarsi di un’autonoma attrezzatura teorica.
niche e strumenti atti a dominare la natura, a controllarne i processi Nelle Diverse et artificiose machine Ramelli sottolinea la differenza
e le forze, per quel valore pratico dato alle matematiche, per quel- tra le arti manuali e quelle ‘meccaniche’, queste ultime derivanti
le invenzioni verso cui filosofi importanti, da Cusano a Ficino, da dalla matematica e quindi scienze a tutti gli effetti: esse competono
Bacone a Bruno a Campanella, non mancheranno di manifestare all’ingegnere che, essendo matematico, non si confonderà con gli
il proprio interesse e simpatia. Qui comincia anche la ‘popolarità’ ‘empirici’, con gli artefici. Ecco che, finalmente, anche l’ingegnere,
degli ingegneri all’interno del mito umanistico dell’«homo faber» come già l’architetto-letterato di stampo albertiano, è assurto al ran-
presso tutti coloro che, specie nei più umili ranghi sociali, ammirano go di filosofo, in quanto è a conoscenza delle regole della meccanica
le loro conoscenze dei meccanismi artificiali, lontane dalle diatribe e delle ragioni matematiche che ne sono alla base: come sostenuto
accademiche e fondate su un sapere legato alle cose, al fare, alla vita da Pitagora, da Platone e infine da Aristotele, solo la padronanza dei
quotidiana: questa popolarità della tecnica e della scienza applicata principi matematici che la mente divina ha adottato nel formare il
si protrarrà nei secoli successivi a tutto danno delle scienze di base71. mondo e la natura garantisce il controllo delle arti manuali e quin-
Bisogna però stare attenti a non pensare che la scienza moderna derivi di dell’opera. Quando la matematica si applica alle ‘cose sensibili’
direttamente dall’opera innovativa dei tecnici dell’età rinascimentale si scompone in astrologia, scienza militare, aritmetica, geometria,
contro l’isolamento ‘ozioso’ dei letterati umanisti e degli eruditi le- geodesia e meccanica: l’ingegnere, possedendo la meccanica, che è
gati all’antichità e ai miti classici, e al di fuori delle disquisizioni pu- unione di geometria e fisica (il leonardiano «paradiso delle mate-
ramente teoriche degli scienziati. In realtà, le innovazioni tecnologi- matiche»), non può ignorare le altre parti ed è quindi in grado di
che hanno certamente stimolato e contribuito a più ampie riflessioni assicurare il conseguimento del necessario, dell’utile, dell’onesto per
in campo scientifico, ma la svolta che porterà a Galilei ha un sostrato la società e per l’uomo. Come sosteneva Archimede, la meccanica
più ampio, da ritrovarsi in quell’autentica rivoluzione culturale che, è dotata di un’autonoma capacità produttiva delle cose prime della
nel corso di due secoli, produrrà la scienza ‘nuova’ – per dirla con natura e dell’uomo, e come tale non dipende dall’architettura74, ossia
Vico – affermando in via definitiva l’infondatezza delle teorie illuso- dalla scienza del costruire, che ne è semmai un’applicazione.
rie e indimostrabili del passato. Questo passaggio si attuerà grazie al Con il trattato Delle fortificationi di Lorini del 1596 l’ingegnere
concorso di molti aspetti del pensiero, della politica, dell’economia militare – nonostante i tentativi di Carlo Theti, di cui diremo, di
e della società, e non è possibile ridurlo al mero progresso tecnolo- mantenerne il ruolo all’interno di quello più generale dell’inge-
gico, solo in parte causa, ma soprattutto effetto, di questo processo. gnere-architetto – prosegue nella propria tendenza all’isolamento
Dal nostro punto di vista, lo scatto in avanti non si sarebbe mai dal ceppo dell’ingegneria civile: ora, però, egli non intende tenersi
compiuto senza l’appello alla «certezza delle matematiche» da parte fuori dalle dispute teoriche quale ‘puro tecnico’, bensì aspira a un
di Leonardo e degli uomini della sua epoca, senza l’interesse per la pari rango professionale, essendo ormai la sua tecnica fondata sulla
geometria e per le sue applicazioni pratiche, e senza il recupero uma- geometria e non sulla semplice esperienza75. Egli è innanzitutto sol-
nistico dei testi di Euclide, Archimede e tanti altri72. In questo clima dato, ma si differenzia dal tradizionale ‘esecutore’ perché conosce le
sono sempre più numerosi, nel corso del Cinquecento, i tecnici di regole dell’insieme, le dimostrazioni geometriche, scrive trattati e il
origine ‘artigiana’ che si impegnano nello studio della matematica e suo ruolo non è più limitato alla materialità. La progettazione delle
della geometria ritrovabili nelle fonti antiche o medievali. L’esempio strutture di difesa avverrà secondo l’unica logica matematica che
più significativo di quanto scienza e tecnica fossero tra loro stretta- regola la forma delle fortificazioni in rapporto all’ormai autonoma
mente correlate è rappresentato da Niccolò Tartaglia, che dopo la scienza militare e non a necessità cosmiche o di mimesi della natura.
Nova Scientia (1537) traduce Euclide e Archimede nel General trattato La scienza delle fortificazioni va allora intesa come ars o téchne, in
di numeri et misure (1556-60) affrontando tutte le questioni matemati- quanto trasferisce le regole geometriche nella materialità e fisicità
che note a quel tempo. Ma è nei Quesiti et invenzioni diverse (1546) che delle strutture. Ma è arte dimostrabile, quindi ‘liberale’ a tutti gli ef-
egli tratta specificamente dei problemi dell’ingegneria civile e mili- fetti. Nella prima metà del Seicento questa posizione verrà sostenuta
tare, della balistica, della scienza delle costruzioni e del rilievo topo- da numerosi trattatisti, che ne rafforzeranno la teoria scientifica alla
grafico, sebbene non rinunciando a indagini nel campo dell’algebra base, cancellando ogni traccia di empiria. L’ingegnere militare è ora
e della geometria pura: alla sua scuola si formano coloro che avranno anch’egli scienziato e uomo universale; nel contempo, egli conserva
una profonda influenza su Galilei. Attraverso il ragionamento ma- responsabilità di cantiere sui tempi di esecuzione, sui prezzi, sulla
tematico, nelle opere di Tartaglia si dànno spiegazioni di fenomeni mano d’opera. Se prima la fortificazione era solo parte dell’architet-
altrimenti inspiegabili: egli critica il metodo aristotelico fondato su tura, ora è alla stessa stregua, avendo come scopo il perseguimento
un artificioso accordo tra l’osservazione naturale e la logica dei nu- della difesa e, di conseguenza, della bellezza; ma, essendo più impor-
meri; la verità proviene solo dalla dimostrazione geometrica o arit-

73
  A. Biral, P. Morachiello, op. cit., p. 32.
71 74
  Ivi, p. 292.   Ivi, pp. 35-39.
72 75
  Ibidem.   Ibidem.

La professione tra arte, scienza e tecnica


21
tante per l’incolumità dei cittadini, essa potrà addirittura superare si potrà calcolare una struttura prima ancora di averla realizzata82.
l’architettura. D’altro canto, i caratteri strettamente formali e stilisti- Le scienze teoriche, prima patrimonio delle accademie, volgono
ci appaiono ancora in buona parte estranei a tali strutture, dovendosi ora i propri interessi nel dare fondamento all’arte del costruire. Ma,
limitare gli ornamenti alle loro membrature non funzionali, come come Vauban, anche Bélidor si fonda su modelli ancora approssima-
i portali, che dovranno ‘significare’ al primo sguardo la funzione e tivi e poco vicini alla realtà: nel 1813 Navier, nella nuova edizione
tutta la forza dell’opera76. Si legge in proposito nel Bellucci (1598): della Science83, noterà come essi all’epoca dell’autore non consen-
tissero diretti riscontri della teoria nella pratica e come, viceversa,
le fortezze non ricercano architetti non avendo bisogno né di cornise, non assicurassero un’esperienza ben sorretta dalla teoria. Eppure
né di architravi, né fogliami, né intagli77. egli, nel tirare le somme di circa un secolo di sviluppo della scienza
sperimentale, nulla avrà da eccepire sul metodo proposto in quel
E qui, anziché l’allusione ad un’eventuale distinzione dei ruoli, va testo, cioè sull’intimo rapporto tra fondamenti teorici e arte del
colto il riferimento a quell’aspetto ‘artistico’ della preparazione pro- costruire, dovendosi riconoscere l’incompletezza e l’approssimazio-
fessionale che resterà aborrito dai tecnici impegnati in ambito mi- ne delle nozioni su cui si basavano ancora le scienze ausiliarie84.
litare, con una continuità che giungerà sino a tutto il XIX secolo. Ma Bélidor ha il vero merito di aver rotto definitivamente con la
logica cinquecentesca della ‘geometrizzazione’ universale, aprendo
Tra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento in Francia ci si sfor- così ufficialmente alla fisica newtoniana e alle scienze sperimentali.
zerà di mettere a frutto l’esperienza del grande ingegnere Vauban Attraverso il formidabile strumento del calcolo analitico, l’ingegnere
ai fini di un consolidamento della scienza dell’ingegneria militare è divenuto scienziato, riuscendo ad elaborare teorie, oltre che ad
e della sua trasmissione attraverso la formazione assicurata da un applicarle e sperimentarle in fase esecutiva: le verifiche già svolte
corpo di ingegneri78. Ma, come in campo civile, anche in questo eviteranno ulteriori applicazioni, divenendo patrimonio comune
ambito la nuova istituzione non potrà assumere il ruolo tecnico dell’istituzione statale. Bélidor ha dunque fondato le basi di una
insostituibile che ad essa compete se non avverrà la nascita di una scienza degli ingegneri che già agli inizi dell’Ottocento mostrerà
scienza dell’ingegnere con il preciso intento di scongiurare l’astrattez- i segni evidenti di una propria fisionomia e consistenza, facendo
za delle scienze di base con l’introduzione di discipline specifiche: sperare in una decisa evoluzione della ‘nuova’ figura professionale, da
tra esse, la topografia, la fortificazione, la costruzione, la ‘guerra di destinarsi segnatamente agli interventi dello Stato sulle città e sulle
campagna’ caratterizzano ormai la formazione di quel professioni- infrastrutture territoriali.
sta al pari delle prime e con uguale rigore e sistematicità79. Que- L’introduzione del calcolo nella progettazione sostituisce, in archi-
ste scienze pratiche dovranno essere insegnate necessariamente da tettura, l’intuizione grossolana dell’equilibrio statico, eliminando
ingegneri in apposite scuole «di applicazione», da frequentare una pratiche ‘oscure’ ancora vigenti, ad esempio, nell’opera di François
volta usciti dalle accademie militari e, a partire dalla fine del Sette- Blondel. Del resto, la scienza del costruire si estende, nel V libro di
cento, dalle scuole politecniche. Il corpo del genio militare baserà Bélidor, persino al meccanismo degli ordini, ripreso dalla Regola di
allora la propria attività sulle elaborazioni teoriche, sulle esperien- Vignola ma ora considerato anch’esso come scienza, sebbene non
ze su campo e sulla documentazione progettuale ed esecutiva de- dimostrabile con la pratica e quindi ancora soggetto al principio di
gli ingegneri che vi operano; viceversa l’efficienza, la compattezza, autorità insito nelle norme vitruviane85. Ma questo basta a porre il
l’organizzazione del corpo richiederanno la massima burocratizza- ‘nuovo’ ingegnere in una posizione di vantaggio rispetto all’archi-
zione perché il sapere venga trasmesso ai tecnici in forma di cor- tetto di estrazione accademica, essendo infatti minimi gli sforzi da
pus disciplinare: lo Stato gerarchizzato, attraverso il ministro, potrà parte dell’uno per impadronirsi del linguaggio architettonico rispet-
così impegnare l’istituzione in operazioni utili alla nazione o al re80. to a quelli richiesti all’altro per apprendere il calcolo analitico o la
Nel 1729 la Science des ingenieurs pubblicata da Bélidor81 si rivol- meccanica. In più, mentre la scienza dell’ingegnere è necessaria, e
ge essenzialmente ai professionisti operanti in un corpo di Stato quindi non può involversi, l’architettura è ora sempre più legata al
per trasmettere loro le regole sicure per la costruzione, dal proget- superfluo e all’arbitrio della decorazione, e quindi può regredire in
to all’esecuzione dei minimi dettagli. L’ingegnere è ormai definito base al gusto o alla moda, o comunque restare legata a un repertorio
da Bélidor «uomo universale» al pari dell’architetto rinascimentale. ‘autoritario’ di regole.
L’esperienza nulla può se non è ‘illuminata’, ossia sorretta dalla ra- Eccoci allora all’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert, in cui i cu-
gione, a sua volta sostenuta dalla teoria: la scienza del costruire si ratori spiegano di voler dare ai tecnici e agli artigiani l’opportu-
baserà allora sui principi teorici della meccanica per l’equilibrio dei nità di comprendere le ragioni generali del proprio lavoro, utili a
corpi e dell’algebra e della geometria analitica per il calcolo delle perfezionarlo e a rendere più sicure le loro conoscenze: si compie
sezioni resistenti. Dalle equazioni, con l’introduzione di coefficienti finalmente quella comunità di intenti tra gli ‘empirici’ e i teorici
di sicurezza sempre più attendibili, attraverso il modello matematico che era soltanto un auspicio all’epoca di Leonardo. Proprio come
Archimede aveva ispirato il genio toscano, la matematica e la fisica
saranno alla base del sapere dei nuovi ingegneri, mettendoli nella
76
  A. Biral, P. Morachiello, op. cit., pp. 69-70. condizione di dominare le forze della natura attraverso il calcolo e,
77
  G.B. Bellucci, Nuova inventione di fabricar fortezze, di varie forme, in qualunque sito quindi, di controllare il territorio86. E questo sarà davvero il miglior
di piano, di monte, in acqua, con diversi disegni, et un trattato del modo che si hà da osservare
in esse, con le misure, et ordine di levar le piante […],Venezia, T. Baglioni, 1598.
78
  Tra le altre opere, si veda: Ch.-F. de Cisternay du Fay, chev. de Cambray,
82
Véritable maniere de bien fortifier de M. de Vauban, Amsterdam, chez A. Braekman, 1692.   Cfr. Scienziati-artisti…cit., pp. 278 sgg.
83
79
  Cfr. L.A. de la Clairac de la Mamye, L’Ingenieur de campagne, ou traite de la   C.L. Navier, La Science des ingenieurs, dans la conduite des travaux de fortification et
fortification passagere, Paris, chez Ch.-A. Jombert, 1749. d’architecture civile, par Bélidor, nouvelle édition, avec des notes, par Mr. Navier, ingénieur
80
  A. Biral, P. Morachiello, op. cit., pp. 80-81. Si veda pure sull’argomento A. ordinaire des Ponts et Chaussées, Paris, chez Firmin Didot, 1813.
84
Buccaro, Opere pubbliche e tipologie urbane nel Mezzogiorno preunitario, Napoli, Electa   A. Biral, P. Morachiello, op. cit., p. 91.
85
Napoli, 1992, passim.   Ivi, p. 94.
81 86
  B. Forest de Bélidor, Science des ingénieurs dans la conduit des travaux de   Famoso, in tal senso, il brano di Cartesio: «Le mie riflessioni mi hanno fatto
fortification et d’architecture civile, Paris, chez Ch.-A. Jombert, 1739. vedere che è possibile giungere a conoscenze che siano molto utili alla vita; e che

Capitolo primo
22
viatico per la nuova fortuna del metodo vinciano all’inizio dell’età
contemporanea.
Se con Cartesio l’algebra era stata applicata per la prima volta alla
geometria, rendendosi la scienza autonoma da ogni costrizione o
autorità, con gli enciclopedisti il sapere scientifico viene definitiva-
mente estromesso dalle accademie: d’Alembert indica nella scienza
la strada dell’emancipazione sociale dall’ignoranza e dall’oppressio-
ne, perché essa rappresenta l’educazione alla libertà87.
Nel Discours sur les sciences mathématiques, pronunciato da Condorcet
al Liceo di Parigi il 15 febbraio 1786, questi principi sono eviden-
ti e l’Illuminismo trionfa con la sua convinzione nella possibilità
di un riscatto del popolo attraverso la scienza: dunque l’ingegnere
non può essere estraneo a questo processo88. Pure in questo senso
va letta la fondazione, il 28 settembre 1794, sotto la Convenzione,
dell’École centrale des travaux publics, che il 1° settembre 1795 diviene
École Polytechnique, propedeutica alla ‘specialistica’ École des Ponts et
Chaussées (già presente dal 1747 e diretta da Jean-Rodolphe Perro-
net), oltre che a quelle del genio e dell’artiglieria. La Polytechnique
napoleonica sarà dunque il luogo di formazione sulle teorie di base
da ‘applicare’ poi nelle scuole di specializzazione: con l’opportuna
diffusione del sapere teorico e tecnico, si garantirà la libertà di pen-
siero nonché il contatto tra le scienze generali e la tradizione degli
antichi corpi, un tempo chiusi nei loro privilegi e segreti. Ora le
scienze sono libere e hanno un immediato riscontro sociale.
Siamo proprio negli anni in cui si svolge la vicenda che ci accin-
giamo a narrare, allorché, nell’ambiente dell’Illuminismo meri-
dionale, la lunga ma ininterrotta gestazione dello scienziato-artista
di matrice vinciana troverà esito nella figura dell’ingegnere-archi-
tetto contemporaneo.

Gaspard Monge89, vero creatore della Polytechnique, intende dare con


essa ai tecnici formatisi presso le «ecoles pratiques» sorte tra il 1750 e
l’80 una cultura scientifica in grado di rendere più sicura la loro pre-
parazione. Già docente di fisica dal 1770 nell’École Royale du Génie
de Mézières, istituita nel 1756, poi fondatore e docente dell’École Cen-
trale des Travaux publiques nel 1794 e infine della Polytechnique, egli Carlo Theti, Discorsi delle Fortificationi, 1569,ried.Vicenza 1617; frontespizio
crede nella diffusione della geometria descrittiva come vera e pro-
pria scienza al servizio dell’ingegnere, il quale, attraverso il disegno
geometrico, metterà in relazione la teoria con gli oggetti naturali territorio e di farla penetrare nelle istituzioni e nei gangli sociali.
e l’ambiente cui sono destinati, con continui rimandi e aggiusta- Anche Prony, professore di meccanica alla Polytechnique, nell’in-
menti. Grazie alla rappresentazione mongiana, basata sul metodo troduzione alla Nouvelle architecture hydraulique (1790-96) 90 sottoli-
delle proiezioni ortogonali, con l’uso di due soli piani ogni og- nea come alla base dell’ingegneria siano le teorie scientifiche ge-
getto spaziale può essere facilmente rappresentato sulla superficie nerali, per cui all’ingegnere ‘politecnico’ si richiede di rinunciare
del foglio e se ne può conoscere la forma precisa e i dettagli; dalle alla mera pratica professionale per divenire scienziato e applicare
relazioni proiettive si può poi risalire a quelle analitiche, assur- quindi i principi generali nell’esercizio del mestiere. Ma, oltre a
gendo così la geometria descrittiva a vera scienza. Si tratta quindi impegnarsi nel dibattito scientifico, l’ingegnere dovrà essere a sua
di uno strumento indispensabile per artisti e ingegneri, al pari volta educatore e diffusore del bagaglio di nozioni acquisite in
della lettura, della scrittura o dell’aritmetica, per raggiungere la piena libertà attraverso la scuola. Applicando l’analisi matematica,
massima perfezione dell’opera. Questa ‘nuova’ materia entra così a Prony riesce in questo testo ad offrire soluzioni a problemi e fe-
pieno titolo nel programma di educazione nazionale posto in atto nomeni in campo idraulico fino ad allora mai fatti oggetto di uno
negli stati dell’Impero napoleonico, all’interno del quale, attraver- studio sistematico.
so il ‘sogno’ dei politecnici, si cercherà di diffondere la scienza nel L’architettura civile, ora espressione delle nuove istituzioni napoleo-
niche, che si va a ‘contaminare’ con il territorio divenendo parte
di un complesso sistema infrastrutturale, deve anch’essa assurgere
invece di questa filosofia speculativa che si insegna nelle scuole, se ne può trovare al rango di scienza e formarsi finalmente una propria rigorosa e
una pratica, con la quale conoscendo la forza e le azioni del fuoco, dell’acqua, organica teoria. Ma l’architettura è da sempre dominio del gusto,
dell’aria, degli astri, dei cieli e di tutti gli altri corpi che ci circondano, così distin-
tamente come conosciamo i diversi mestieri dei nostri artigiani, potremmo simil- dell’arbitrio e della speculazione: come si potrà, allora, procedere
mente impiegarle per tutti gli usi ai quali sono adatte, e così renderci come padroni
e possessori della natura». Cit. in B. Gille, op. cit., p. 281.
87
  A. Biral, P. Morachiello, op. cit., pp. 97-99.
88
  Ibidem. 90
  G.-F.-C.-M. Riche de Prony, Nouvelle architecture hidraulique, contenant l’art
89
  V. Cardone, Gaspard Monge scienziato della rivoluzione, Napoli, CUEN, 1996. d’élever l’eau au moyen de différentes machines, Paris, chez Firmin-Didot, 1790-1796.

La professione tra arte, scienza e tecnica


23
Bernard Forest de Bélidor, Science des ingénieurs, 1729, ried. a cura di C.L. Navier, Paris 1813; Jean-Nicolas-Louis Durand, Recueil et paralléle des
tav. II edifices de tout genre, 1801-2, ried. Venezia 1833; tav. 60

anche in questo delicato campo ad una sistematizzazione teorica? inevitabilmente fondata su un ordine gerarchico nelle sue varie
Durand assume questo onere, condannando l’architettura tradizio- componenti. Gli ingegneri, scelti a livello centrale, saranno ripar-
nale intesa come ‘bella imitazione’ della natura e strumento dell’au- titi uniformemente sul territorio, con diversi gradi di competenze
torità per fini di propaganda nello Stato assolutistico: l’uso ‘mimeti- e di autorità, sebbene tutti sottoposti alla direzione generale, che
co’ e privo di ogni esito pratico degli ordini tradizionali impedisce sola conosce la globalità delle imprese e dei bisogni dello Stato;
all’architettura di imporsi come scienza al servizio del nuovo Stato. sotto il controllo dell’autorità statale, essi eserciteranno a loro volta
Non più sottoposta alle finalità meramente estetiche e propagan- il proprio ‘dispotismo illuminato’ in nome dell’utile sociale e dello
distiche dell’Antico Regime, essa non può continuare ad usare il spirito ‘rigeneratore’ della scienza. L’idea è quindi quella di fare
linguaggio accademico rischiando di destare, anziché piacere, orrore dell’ingegnere, oltre che uno scienziato, anche un amministratore,
e ripugnanza; così concepita, non è più conveniente né economi- o quanto meno il braccio autoritario del governo nei confronti
ca, ma autentico spreco. Anziché arte mimetica, l’architettura deve delle amministrazioni locali, con la salda convinzione che la diffu-
essere emancipazione dell’uomo dalla condizione naturale e quindi sione della cultura e dell’esercizio della Ragione porti ad innescare
simbolo di civilizzazione, di utilità sociale, di soddisfacimento dei un meccanismo tale che gli amministrati possano sconfiggere l’i-
bisogni oggettivi della nuova società, al di là degli arbitrî del gusto. gnoranza e prosperare nel benessere93 .
La scienza dell’architettura non può più basarsi su un apparato nor- Come abbiamo ampiamente sperimentato in altra sede con riferi-
mativo e formalistico, ma deve prevedere la combinazione pratica- mento allo Stato napoletano tra il Decennio francese e la Restau-
mente infinita di elementi semplici, da cui può scaturire qualsiasi razione94, si tratta chiaramente di un programma che intende agire,
tipo di edificio: non più tipologie formali, dunque, ma funzionali e all’interno di un sistema rigidamente centralizzato, a tutti i livelli
utili alla nuova società91. della società e del territorio statale: gli ingegneri inseriti nei corpi
Va detto però che la scuola politecnica, della quale Durand è un governativi dovrebbero allora essere uomini illuminati che realiz-
autorevole docente, pur eliminando distinzioni di rango e garan- zino, con la loro scienza e in modo neutrale rispetto ai governi, il
tendo pari dignità di istruzione, non evita di selezionare dall’in- bene della nazione. Tutto questo, invece, si rivelerà un’utopia, come
terno i propri allievi e di individuare i migliori sin dai primi anni, si riconosce proprio nei tecnici dello Stato borbonico: al di là degli
introducendo di fatto per essi una condizione di privilegio e quindi indubbi meriti professionali e dei tanti primati conseguiti, essi mo-
una gerarchia che nega il principio di uguaglianza per quello di streranno sovente l’impossibilità di assumere decisioni politicamente
autorità92. Lo deve ammettere lo stesso Prony nella sua Mécanique gradite, finendo per prevaricare le autorità locali in nome di un
philosophique (1799-1800) a consuntivo dei risultati del primo quin- governo più spesso preoccupato della propria sussistenza che del
quennio di insegnamento nella Scuola: non è possibile una società benessere dei sudditi.
retta dai soli lumi della Ragione, dalla scienza, ma essa dovrà essere
93
  A. Biral, P. Morachiello, op. cit., p. 112. Cfr. G. Teyssot, Illuminismo e architettura:
saggio di storiografia, in E. Kaufmann, Tre architetti rivoluzionari. Boullée Ledoux Lequeu,
91
  A. Biral, P. Morachiello, op. cit., pp. 100-110; A. Buccaro, op. cit., pp. 7 sgg. Milano, F. Angeli, 1991, pp. 40-43.
92 94
  Ibidem.   A. Buccaro, op. cit., passim.

[24]
Capitolo secondo
Il Codice della Biblioteca Nazionale di Napoli:
storia e struttura di un’antologia vinciana

I. Dagli originali agli apografi cardinale, è conservata in triplice copia presso la Biblioteca Nazio-
nale di Napoli; il documento è stato studiato prima dall’Uzielli, poi,
§ 1 Il Libro di Pittura e la prima diffusione con particolare attenzione, dallo Chastel4 sulla base della trascrizione
del pensiero di Leonardo pubblicata nel 1905 dal Pastor, il celebre storico dei papi5. Dal diario
si evince il fascino notevole che dovette suscitare nei visitatori la fi-

L a vicenda dei manoscritti vinciani ha visto proliferare,


specie nell’ultimo secolo, ipotesi, enigmi e persino leggende.
Nonostante l’incessante ricerca nei molteplici ambiti del sapere
gura di Leonardo, ormai sessantaquattrenne, e il persistente impegno
come artista e scienziato, nonostante le precarie condizioni di salute;
segnatamente, de Beatis riferisce che il maestro mostrò loro
di Leonardo, svolta da insigni studiosi cui faremo costante rife-
rimento nella nostra trattazione, pure non cessano le dispute e le [...] tre quatri, uno di certa donna fiorentina facta di naturale, ad
congetture, soprattutto a causa della complessità e del carattere instantia del quondam magnifico Juliano de Medicis, l’altro di san
incompiuto e disordinato di quei testi. Johanne Baptista jovane, et uno de la madonna et del figliolo che
Essendo ancora in vita, già la sua fama e, per così dire, il mito stan posti in gremmo de sancta Anna, tucti perfectissimi, ben vero
nato intorno alla persona e ai suoi manoscritti avevano valicato i che da lui per esserli venuta certa paralesi ne la dextra, non se ne può
confini d’Italia, anche a seguito del trasferimento in Francia nel expectare più cosa bona. Ha ben facto un creato milanese chi lavora
maggio 1517 su invito rivoltogli da Francesco I a lavorare come assai bene. Et benché il predicto messer Lunardo non possa colorire
«première peinctre et ingénieur et architect du Roy»1 : partito con quella dolceza che solea, pur serve ad fare desegni et insignare
quindi da Roma insieme con Francesco Melzi, il servitore Battista a gli altri. Questo gentilhomo ha composto de notomia tanto parti-
de Villanis e il giovane pittore Andrea Salai2 , Leonardo giunge al cularmente con la demonstratione de la pictura, si de membri come
castello di Cloux, presso Amboise, ove risiederà sino alla morte, de muscoli, nervi, vene, giunture, d’intestini, et di quanto si può
avvenuta due anni esatti più tardi. ragionare tanto di corpi de homini come de donne, de modo non è
Più che come artista, architetto o ingegnere, la sua fama quale uomo stato mai facto anchora da altra persona. [...].
saggio e «grandissimo filosafo» ci viene trasmessa da Benvenuto
Cellini, che così racconta: Ma soffermiamoci, in particolare, sugli ultimi righi del brano: «Ha
anche composto de la natura de le acque, de diverse machine et d’altre cose
Il Re Francesco, essendo innamorato gagliardissimamente di quelle sue (secondo ha riferito lui), infinità de volumi, et tucti in lingua vulgare, quali
gran virtù, pigliava tanto piacere a sentirlo ragionare, che poche gior- si vengono in luce, saranno profigui et molto dilectevoli*»6.
nate l’anno si spiccava da lui, le quali disse a me […] che non credeva In proposito Roberto Marcolongo, insigne matematico e storico
mai che altro uomo fusse nato al mondo che sapessi tanto quanto Lio- della scienza operante a Napoli nella prima metà del Novecento, di
nardo non tanto di scultura, pittura e architettura, quanto che egli era cui più innanzi ci occuperemo, osserva:
grandissimo filosafo3.
Oltre al prezioso accenno ai tre quadri, agli studi e ai meravigliosi ac-
Ed è tale l’interesse per il personaggio da parte degli uomini più cenni anatomici, e a quello dei mss., però non veduti dal cardinale e dal
influenti delle corti europee che il 10 ottobre 1517 il cardinale na- suo seguito, quell’accenno “se vengono in luce” fa sospettare che Leo-
poletano Luigi d’Aragona (figlio di Errico d’Aragona e nipote di re nardo abbia espresso il desiderio di vedere stampati i suoi studi e trattati;
Ferrante I) giunge fino ad Amboise per conoscerlo, nell’ambito di questo compito sarebbe spettato al Melzi. Perché non lo ha fatto?7
un articolato itinerario – svoltosi tra il maggio 1517 e il marzo 1518,
e mirato, anche politicamente, alla visita di numerosi stati e città Al di là dei contenuti storico-artistici del citato brano del de Bea-
europee – accompagnato dal segretario Antonio de Beatis («Clerico tis, già messi in evidenza da par suo da Chastel con riferimento ai
Melfictano», ossia nativo della città di Molfetta). La stesura finale
del diario, redatta dal de Beatis una volta tornato nella propria città
entro il 21 agosto 1521 e spedita ad Antonio Seripando, segretario del 4
  A. Chastel, Luigi d’Aragona: un cardinale del Rinascimento in viaggio per l’Europa,
Roma-Bari, Laterza, 1995
5
  L. Pastor, Die Reise des Kardinals Luigi d’Aragona durch Deutschland, die Nieder-
lande, Frankreich und Oberitalien 1517-1518, in Erläuterung u. Ergänzungen zu Jansens
1
  Cfr. A. Comolli, Bibliografia storico-critica dell’Architettura civile ed Arti subalterne, Geschichte des deutschen Volkes, vol. IV, Freiburg, Herder, 1905. Cfr. pure A. Borzelli,
Roma, Stamperia Vaticana, 1788-92, III, p. 208. Come si mostra e si manifesta il gusto e il sentimento dell’arte in un pugliese del secolo XVI
2
  Andrea Salai era il soprannome di Gian G. Caprotti, nato intorno al 1480. Cfr. G. (Antonio de Beatis da Molfetta), in «Apulia», II (1911), fsc. I-II, pp. 60-74. Si veda pure
Vasari, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ sul diario di de Beatis: S. Volpicella, Viaggio del Cardinal d’Aragona, in «Archivio
tempi nostri, Firenze, L. Torrentino, 1550, ried. a cura di L. Bellosi, A. Rossi, Torino, Storico per le Province Napoletane», I (1876), pp. 106-117, in cui si stralciano i
Einaudi, 1991, p. 551, n. 16. brani del testo contenenti notizie con specifico riferimento alla storia del regno
3
  B. Cellini, La vita di Benvenuto Cellini scritta da lui medesimo emendata ad uso della di Napoli.
6
costumata gioventù, ried. a cura di G.G. Ferrero, Torino, UTET, 1968, p. 859; P. Gal-   Biblioteca Nazionale di Napoli (d’ora innanzi BNN), Manoscritti e rari, XIV.
luzzi, Gli ingegneri del Rinascimento da Brunelleschi a Leonardo da Vinci, catalogo della H. 70, f. 163.
7
mostra (Firenze 22 giu. 1996-6 gen. 1997), Firenze, Giunti, 1996, p. 74.   R. Marcolongo, Leonardo da Vinci artista-scienziato, Milano, U. Hoepli, 1950, p. 87.

[25]
Antonio de Beatis, Itinerario di monsignor Reverendissimo, Illustrissimo il Cardinal de’ Aragona incominciando dalla città di Ferrara, 1517-18, cc. 166v-167r. Napoli,
Biblioteca Nazionale, Ms. XIV. H. 70

dipinti in esso descritti8, e dell’inevitabile risonanza che la visita l’opera di elaborazione destinata alla pubblicazione di quei testi
del cardinale dovette avere nell’ambiente scientifico e artistico na- fosse quindi cominciata ben prima del ritorno del giovane epigo-
poletano, va sottolineato come una sola delle tre stesure del diario no in Italia qualche anno dopo la morte del maestro12 . Del resto
presenti presso la Biblioteca Nazionale9 rechi, a chiosa dell’ultimo ancora nel 1523 Alberto Bendidio, corrispondente dalla Francia di
rigo del brano (ossia in corrispondenza del nostro asterisco, che Alfonso d’Este duca di Ferrara, riferirà che Melzi «fu creato di
sostituisce un segno di rimando), la seguente postilla, segnalata Leonardo da Vinci et herede, et ha molti de’ suoi secreti et tutte
per la prima volta da Vecce10 : «*esso ult.a [ultra] le spese et stantia da le sue opinioni. Credo ch’egli habbia quelli libriccini di Leonar-
re di franza ha 1000 scudi l’anno di pensione et lo creato trecinto». L’ap- do de la notomia et di molte altre belle cose». Secondo quanto
punto, che si riferisce alla lauta pensione concessa da Francesco I riferisce lo stesso ambasciatore, a quell’epoca Melzi è ancora ad
a Leonardo, non includente le spese, il vitto e l’alloggio, completa Amboise con il servitore de Villanis come «pensionario» di Fran-
il riferimento fatto da de Beatis all’attività di collazione e ridu- cesco I, lavorando pure nell’«arte del minio» 13 ; ma già alla fine di
zione in forma di trattati dell’enorme mole di testi manoscritti, da quell’anno il «creato» tornerà a Vaprio d’Adda, ove porterà tutti i
finalizzarsi alla diffusione a stampa; lavoro questo promosso dallo manoscritti lasciatigli da Leonardo, tenendoli presso di sé fino alla
stesso sovrano sin dall’arrivo di Leonardo in Francia e da lui già morte, avvenuta intorno al 1570.
intrapreso con l’aiuto di Melzi, suo «creato», ossia collaboratore Se, per quanto concerne la diffusione della dottrina vinciana
all’uopo specificamente pagato11. Si può sostenere a ragione che nell’ambito delle scienze fisiche e naturali, l’opera di trascrizione
apografa non verrà intrapresa prima del 1580 (ci riferiamo al Co-
dice Huygens) e in ambito meccanico e idraulico bisognerà addi-
8
  A. Chastel, op. cit., pp. 82-83.
9
  BNN, Manoscritti e Rari, XIV. H. 70; le altre sono ivi, X. F. 28 e XIV. E. 35. Il Carusi
segnala una copia del diario presente presso la Biblioteca Vaticana: cfr. E. Carusi, 12
  A partire dal 1505 sui manoscritti di Leonardo compaiono note scritte da sinistra
Un codice sconosciuto (il Vat. lat. 3169) dell’opera di A. de Beatis, in «Raccolta Vinciana», a destra da un collaboratore in cui Pedretti (cfr. Libro di pittura: Codice urbinate lat.
XIV (1930-34), pp. 240-243. 1270 nella Biblioteca apostolica Vaticana. Leonardo da Vinci, a cura di C. Pedretti, trascri-
10
  C.Vecce, La Gualanda, in «Achademia Leonardi Vinci», 3 (1990), pp. 51-72. zione critica di C. Vecce, Firenze, Giunti, 1996, p. 97) individua proprio il Melzi,
11 anche per quello che concerne le note sui mss. di carattere scientifico redatte da
  In realtà, nelle Vite (op. cit., p. 551) Vasari nomina il Salai quale unico «creato» di
Leonardo, ma si sa che egli restò per poco tempo ad Amboise, spostandosi spesso Leonardo in Francia (1517-19).
13
a Parigi e non essendo presente presso la dimora del maestro nell’ultimo periodo   E. Solmi, La resurrezione dell’opera di Leonardo, in Aa.Vv., Leonardo da Vinci. Con-
della sua vita, né il giorno della scomparsa. ferenze fiorentine, Milano, Fr.lli Treves, 1910, pp. 20-21.

Capitolo secondo
26
rittura attendere le iniziative seicentesche, per quanto concerne il le quali io hocqui copiate, sperando poi di metterli alli lochi loro,
settore artistico e le scienze ad esso applicate il primo passo è rap- secondo le materie di che esse trateranno; credo che avanti ch’io sia
presentato dalla redazione del Libro di Pittura, ossia del cosiddetto alfine di questo, io ci avrò a riplicare una medesima cosa più volte,
Codice Urbinate 1270 (secondo l’attuale segnatura della Biblioteca sicché, lettore, non mi biasimare perché le cose son molte e la me-
Apostolica Vaticana), portato a termine da Melzi intorno al 1546. moria non le può riservare, e dire: questa non voglio scrivere perché
Sappiamo che il Codice fece parte della biblioteca del duca di Ur- dinanzi la scrissi, e se io non volessi cadere in tale errore sarebbe
bino a partire dal 1640, ove fu trasferito insieme con il patrimonio necessario che per ogni caso ch’io volessi copiare su, che per non re-
librario del duca di Castel Durante, e nel 1657 arrivò alla Vaticana. plicarlo, io avessi sempre a rileggere tutto il passato e massime stante
Ma esso fu scoperto e catalogato solo nel 1797 (pur essendone già coi lunghi intervalli di tempo allo scrivere da una volta all’altra.
note varie trascrizioni parziali) per essere pubblicato per la prima
volta da Guglielmo Manzi nel 1817. Dell’effettiva esistenza di carte redatte da Leonardo e già in qual-
La formulazione teorica dei precetti sulla pittura da parte di Leo- che modo destinate alla redazione di un trattato sulla pittura si trae
nardo dovette avvenire a Milano a partire dalla fine degli anni conferma dalle parole di Luca Pacioli nell’introduzione al De Divina
’80, secondo l’impostazione data dall’Alberti nel suo De Pictura Proportione (Venezia 1509), da cui si evince che nel 1498 Leonardo
del 1435 che, prima di essere edito nel 1568, era già stato diffuso in aveva «già con tutta diligentia al degno libro de pictura e movimenti
copie manoscritte14 . L’apografo della Vaticana rappresenta il tenta- humani posto fine», ossia alle considerazioni in materia di ottica,
tivo di dare vita, in questa materia, ad uno dei numerosi trattati prospettiva, anatomia e fisionomia, volgendosi quindi agli studi di
che Leonardo, se solo ne avesse avuto il tempo e, diciamolo pure, meccanica, ossia al de ponderibus17. Come sottolinea Pedretti, egli ave-
la costanza, avrebbe voluto redigere in forma finale e divulgare, va cominciato a stendere quei precetti nel periodo sforzesco (1491-
anche nel rispetto dei desiderata del suo mecenate francese; il resto 92) ma non aveva mai smesso, ampliandoli e approfondendoli con
dei manoscritti, invece, rimarranno a lungo inediti e, quello che sempre nuove osservazioni, come quelle su «ombre e lumi», sulle
è più grave, mai più verranno rielaborati in un testo concepito nel piante e sul paesaggio, tutte databili dopo il 1510, fino agli studi sui
rispetto dell’idea del maestro, come fu il Libro di Pittura. Quelli che colori, sulle nuvole e sull’orizzonte, eseguiti tra il 1515 e il ’18, ossia
saranno noti ai nostri giorni, ci giungeranno invece nell’originaria in buona parte tra Milano e la Francia. In effetti il trattato sulla
forma disordinata e criptica, divenendo oggetto di interminabili pittura, nell’idea di Leonardo, avrebbe dovuto costituire con quelli
dibattiti e diatribe che tuttora perdurano. di anatomia e di prospettiva una trilogia cui egli aspirò per l’inte-
Quanto ci accingiamo a narrare con riferimento alla storia del Co- ra esistenza; d’altronde per circa trent’anni (1491-1519), tra Milano,
dice Corazza acquista dunque ancor più valore, poiché la redazione Firenze, Roma e Amboise, il maestro, dopo aver preso appunti su
di questo apografo è legata alla prima vera iniziativa finalizzata a innumerevoli temi, progettò trattati in ogni materia, dalla pittura
diffondere, della ricchissima messe di ‘precetti’ vinciani presenti nei alla meccanica, dall’idraulica all’ottica, dall’architettura alla botanica.
manoscritti dell’Ambrosiana, non solo i più significativi riferibili Anche il pittore Giovan Paolo Lomazzo18, nel suo Trattato dell’arte
agli ambiti della teoria della visione e della rappresentazione della de la pittura del 1584, riferisce che Leonardo aveva effettivamente
natura, dell’architettura e del paesaggio, ma il ‘meglio’ del corpus intrapreso, su richiesta di Ludovico il Moro, la stesura della prima
un tempo presente a Milano in materia di scienze fisiche e naturali, parte di un trattato sulla pittura, relativa al cosiddetto «Paragone»
di meccanica, di idraulica, di scienze e tecniche dell’ingegneria. Per tra le arti19, secondo il titolo che comparirà nel proemio alla prima
raccontare allora sinteticamente le premesse cinquecentesche della edizione del Libro di Pittura curata nel 1817 dal Manzi, bibliotecario
nostra vicenda, partiamo proprio dal Libro di Pittura, oggetto, al ter- della Barberini:
mine di una lunga sequenza di studi iniziata sul principio dell’Otto-
cento, dell’esaustivo saggio di Carlo Pedretti e Carlo Vecce del 1996, Nel qual modo va discorrendo & argomentando Leonardo Vinci in un
in cui, oltre alla trascrizione completa del documento e al confronto suo libro letto dà me questi anni passati ch’egli scrisse di mano stanca
critico con gli originali vinciani e con gli apografi, si può trovare la à prieghi di Lodovico Sforza, Duca di Milano, in determinatione di
più ampia e aggiornata bibliografia sull’argomento15. questa questione sé è più nobile la pittura, ò la scoltura […].
La redazione dell’apografo della Vaticana, intrapresa esatta-
mente un secolo prima dell’opera di selezione antologica pro- Ma di questo «Codice Sforza» non si ha notizia dall’elenco dei ma-
mossa da Cassiano dal Pozzo, dovette far seguito ai tentati- noscritti in possesso di Melzi alla morte del maestro: è quindi proba-
vi, già iniziati da Leonardo in Italia, di sistematizzare i pro- bile che, secondo quanto sostenuto anche dalla Steinitz20, il trattato,
pri scritti, sebbene con le difficoltà date dal carattere fram- redatto da Leonardo prima della caduta di Ludovico il Moro, fosse
mentario di quel coacervo di appunti, come si comprende da andato perduto in quella circostanza e che quindi egli non lo avesse
un noto brano del Codice Arundel riportato dalla Steinitz 16 : potuto portare con sé quando lasciò Milano, venendo letto in copia
da Lomazzo; a meno che questi non possedesse degli originali, che
Chominciato in Firenze in casa di Piero di Barto Martello addì 22 secondo Vasari erano effettivamente nelle mani di un «pittore mila-
marzo 1508 ecquesto fia un racolto senz’ordine, tratto di molte carte nese». Ecco perché, come nota anche la Pierantoni a proposito del
libro «della luce ed ombra»21, anch’esso mai giunto in forma ordinata

14
  Libro di pittura…cit., p. 17. 17
15
  Ivi, nota 1, pp. 11 sgg.   Libro di pittura…cit., p. 16.
18
16
  K.Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della pittura (Treatise on painting):   G.P. L omazzo, Trattato dell’Arte de la Pittura, Milano, per P. Gottardo Pontio,
a bibliography of the printed editions, 1651-1956 based on the complete collection in Elmer Belt 1584, p. 158.
19
Library of Vinciana, Copenhagen, Munksgaard, 1958, p. 21. Si veda pure G. Uzielli,   Cfr. pure A. Chastel, Leonardo da Vinci: studi e ricerche. 1952-1990, Milano, Einaudi,
Ricerche intorno a Leonardo da Vinci, II, Roma, Salviucci, 1884, p. 146; E. Carusi, Per il 1995, pp. 183-186.
20
«Trattato della pittura» di Leonardo da Vinci. Contributo di ricerche sui manoscritti e sulla   K. Trauman Steinitz, op. cit., pp. 21-24.
21
loro redazione, in Aa.Vv., Per il IV centenario della morte di Leonardo da Vinci, Bergamo   Va detto che il Ms. C su «ombre e lumi» fu legato nella forma attuale solo molto
1919, p. 433. tempo dopo la compilazione del Melzi, che altrimenti avrebbe potuto attingere a

Dagli originali agli apografi


27
attinsero sia Serlio (anch’egli in Francia con Cellini al servizio di
Francesco I), che ne trasse alcune considerazioni poi inserite nel suo
Trattato, sia lo stesso Cellini per una bozza di «discorso della pro-
spettiva e dei lumi» che egli avrebbe voluto pubblicare:

Or tornando al libro che io ebbi del detto Lionardo, in fra l’altre mi-
rabili cose che erano in su esso, trovai un discorso della prospettiva,
il più bello che mai fusse trovato da altro uomo al mondo perché le
regole della prospettiva mostrano solamente lo scortare della longi-
tudine e non quello della latitudine e altitudine. Il detto Lionardo
aveva trovato le regole, e le dava a intendere con tanta bella facilità et
ordine, che ogni uomo che le vedeva ne era capacissimo24 .

Ed infatti nell’autobiografia pubblicata in prima edizione a Na-


poli nel 1728, dal titolo Vita di Benvenuto Cellini Orefice, e Scultore
Fiorentino da lui medesimo scritta, nella quale molte curiose particolarità
si toccano appartenenti alle arti, e all’Istoria del suo tempo, tratta da un
ottimo Manoscritto, e dedicata all’Eccellenza di Mylord Riccardo Boyle
Conte di Burlington 25 , l’artista annuncia proprio una pubblicazione
sulla prospettiva, avendo intenzione di inserirvi molte osservazio-
ni di Leonardo: lo dimostra il Discorso sull’architettura conservato in
manoscritto a Venezia e pubblicato anch’esso solo nel 177626.
Leonardo accenna qua e là a molti altri «capitoli» che, oltre a quelli
effettivamente utilizzati, avrebbero dovuto trovare posto nel trat-
tato sulla pittura, destinati purtroppo a rimanere all’interno dei
suoi palinsesti; viceversa per altre materie, come è il caso degli
scritti di meccanica e di idraulica, i testi risultano in gran parte
compiuti e pronti per la redazione finale. Dunque è certo che il
materiale ricevuto da Melzi non conteneva tutti i precetti sulla
pittura, alcuni dei quali restarono in mano ad altri al momento
della morte di Leonardo e che solo in parte il «creato» e i suoi col-
laboratori riuscirono a leggere o a procurarsi in copia 27 : è il caso,
tra gli altri, di un codice appartenuto sin dalla metà del secolo al
duca di Amalfi, su cui torneremo. Anche Chastel nota il carattere
Francesco Melzi (da Leonardo da Vinci), Libro di Pittura (Codice Urbinate estremamente provvisorio, disorganico e in alcuni casi persino ar-
1270), c. 1546, c. 1r, incipit. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana bitrario della raccolta di Melzi, certamente non ancora definitiva
all’epoca della morte del «creato»28 . Va inoltre tenuto ben presente
il problema dell’interpretazione e copia delle immagini, con cui
e completa nelle mani dell’allievo di Leonardo, l’opera di questi, Melzi dovette certamente fare i conti, dando prova, in più casi, di
per quanto meritoria, dovette risultare necessariamente lacunosa22 . uno straordinario talento interpretativo; problematiche che, come
Peraltro sulla base di una testimonianza di Cellini presente nei Di- si vedrà, riaffioreranno nella redazione degli apografi seicenteschi.
scorsi sopra l’Architettura (contenuti nei Trattati dell’Oreficeria) si può
ipotizzare che esistesse una compilazione più ampia su questioni di
pittura, scultura e architettura, curata da Leonardo in Francia prima 24
  Ivi, p. 29. Cfr. B. Cellini, Due Trattati, uno intorno alle otto principali arti dell’Orefi-
di morire e anch’essa andata perduta23. ceria, l’altro in materia dell’arte della Scultura…, Firenze 1568. vedi pure A.C. Pieran-
Si sa che nel 1542 Cellini aveva acquistato proprio a Parigi, da «un toni, op. cit., pp. 15-16.
25
  Per Pietro Martello stamp. Cfr. A. Comolli, op. cit., I, p. 277.
gentiluomo impoverito», un apografo leonardesco poi rubatogli al 26
  Cfr. il Discorso di Benvenuto Cellini dell’Architettura, in J. Morelli, I codici mano-
ritorno in Italia, che trattava di arte e di prospettiva. A questo scritto scritti volgari della libreria Naniana,Venezia, A. Zatta, 1776.
27
  Pedretti (Libro di pittura…cit., pp. 11 sgg.), attraverso comparazioni con gli ap-
punti presenti nel Codice Atlantico e in altri mss. e apografi (Codice Huygens), at-
tribuisce a tre diverse mani (Melzi più un collaboratore e uno scrivano) la redazio-
tutte le sue parti, risultando invece il Codice Urbinate, per questi argomenti, assai ne del Codice Urbinate. Peraltro, che il Codice Urbinate non sia copia completa di
frammentario. La Pierantoni cita pure dal f. 15v del Ms. C: «A dì 23 aprile 1490 cho- tutti i libri di Leonardo sull’argomento si evince dall’elenco, posto alla fine di quel
minciai questo libro [della «luce ed ombra»] e richominciai del cavallo». Cfr. A.C. testo, dei contrassegni dei vari originali da cui l’apografo è tratto. Non mancano
Pierantoni, Studi sul Libro di Pittura di Leonardo da Vinci, Roma, Tip. Scotti, 1921. in quest’ultimo varie proposte di migliore ordinamento dei capitoli e di integra-
22
  Si sa che Melzi possedeva un numero consistente di codici: diciotto di essi com- zione con altri scritti poi non effettuate, oltre a pagine bianche non più riempite
paiono sicuramente nell’elenco delle fonti del Libro di Pittura, quantunque solo tre- (destinate ad altri manoscritti, non recuperati dai redattori) e a pagine con i soli
dici siano stati identificati dagli studiosi; gli altri cinque potrebbero essere quelli che titoli di precetti in seguito non più copiati. Oltre al Melzi, vari altri collaboratori
Vasari dice essere nelle mani del «pittore milanese». Melzi e compagni potrebbero si occuparono del lavoro; il copista, in particolare, non doveva essere molto colto,
anche aver preso visione di questi altri manoscritti per poco tempo, risultandone poiché cade spesso in errori banali, poi corretti da un altro. I disegni non sono
una trascrizione parziale. Per ulteriori e interessanti notizie circa i tentativi di Leo- copie identiche degli originali, ma rifatti con matita o carboncino e poi ripassati
nardo per arrivare a una versione definitiva del Libro di Pittura nei suoi ultimi anni a penna. Il copista principale doveva essere lombardo, come si comprende dai ter-
di vita, poi utilizzata solo in parte da Melzi per il Codice Urbinate, e circa i rapporti mini dialettali presenti nel testo. Va detto che i disegni del Codice furono eseguiti
tra il ms. L dell’Institut de France e lo stesso Codice, cfr. C. Pedretti, Leonardo a tutti dal Melzi, o contemporaneamente alla trascrizione (quelli più facili) o dopo,
Urbino e il Libro di Pittura, in «Achademia Leonardi Vinci», X (1997), pp. 76-88. ripassando a penna le basi a matita.
23 28
  Libro di pittura…cit., p. 27.   A. Chastel, Leonardo da Vinci…cit., pp. 46-47.

Capitolo secondo
28
In effetti l’urgenza da parte di Melzi di trascrivere in forma piana nardo si sarebbe poi spostato gradualmente verso sempre maggiori
i manoscritti completi e meglio ordinati (1490-1500) aveva fatto sì interessi tecnico-scientifici nel campo della meccanica e dell’idrau-
che egli rinunciasse alla prima idea di un riordinamento generale lica (si vedano i mss. E e I di Parigi), facendo quindi uso del disegno
per materie che si evidenzia in appunti e suggerimenti posti a mar- non tanto, o non solo, per indagare sui metodi più opportuni di
gine dei testi stessi29. Ad ogni modo è certo che per la redazione del rappresentazione di fenomeni ottici o di elementi naturali, bensì
Libro di Pittura Leonardo fece in tempo ad indicare a Melzi l’ordine quale strumento per comprendere la struttura e le funzioni del cor-
secondo cui i testi presenti nello studio di Amboise dovevano essere po umano o delineare dettagli di macchine.
trascritti30. Nacque così l’apografo più ricco, anche se incompleto, Si deve ancora a Pedretti il merito di aver affrontato con maggiore
tra i tanti poi tratti a partire dalla metà del ‘500 dai manoscritti vin- sistematicità, a partire dal 1959, il problema dell’individuazione di
ciani in materia di pittura: proprio attraverso l’analisi di questo testo, un libro specificamente dedicato da Leonardo alla pittura e quello
e a valle degli studi di Ludwig, Tabarrini, Richter, Pierantoni e Mc della datazione degli altri scritti presenti nella ‘lista’ di Melzi posta
Mahon, Pedretti e la Steinitz hanno proposto un quadro preciso dei alla fine del Codice Urbinate35. Tra le materie trattate nella parte
rapporti tra originali e apografi, che converrà tenere ben presente31. di quest’ultimo tratta dal «Libro A» – redatto presumibilmente tra
Quando, circa un secolo più tardi, vedrà la luce la compilazione il 1508 e il 1515 e contenente il citato «Paragone» tra le arti36 – il
apografa dei nove libri Del moto e misura dell’acqua curata da Fra- tema della prospettiva è svolto in modo non esaustivo, anche perché
te Luigi Maria Arconati, essa risulterà senza dubbio più organica e l’allievo, con ogni probabilità, si era riservato di affrontare personal-
metodologicamente meglio concepita rispetto all’opera di Melzi. mente l’argomento, sebbene poi non lo abbia più fatto. Mancano
Così Carusi: «Certo mentre per il trattato d’idraulica noi conoscia- del tutto, ad esempio, considerazioni sulla cosiddetta «costruzione
mo con precisione l’autore e forse anche il metodo seguito per la legittima» albertiana, largamente praticata da Leonardo, come pure
raccolta, sicché esso ci può servire come direttiva nel rintracciare le note sull’anamorfosi, solo in parte recuperate da Melzi. Eppure,
il materiale vinciano sulle acque, per il trattato della pittura […] il tra gli scritti di pittura e prospettiva cui si fa diretto riferimento nei
lavoro di restituzione è più difficile e incerto, date le fortunose vi- testi del Codice Urbinate, l’Heydenreich individua proprio il De
cende dei manoscritti vinciani e le dispersioni più volte ripetute»32. Pictura libri II di Leon Battista Alberti (1435), oltre al Libro dell’Arte
Lo stesso Carusi giudicherà quindi impresa impossibile rintracciare di Cennino Cennini (c. 1400), al De Architettura libri XXV di Filarete
il codice originale predisposto da Leonardo sulla pittura – il «Libro (1451-1461) e al De Perspectiva Pingendi di Piero della Francesca (1485).
A» perduto della lista di Melzi – azzardando persino l’ipotesi della Ma per Leonardo, come sappiamo, la prospettiva basata su rego-
sua inesistenza. La Brizio33, invece, fa deciso riferimento al testo del le matematiche va sempre integrata con la conoscenza della pro-
ms. A di Parigi (c. 1492), contenente a suo parere il nucleo principale spettiva aerea e di quella degli effetti cromatici in lontananza, con
dell’opera, di cui rappresenterebbe la versione pronta per la divul- lo studio dei ‘perdimenti’ e dello sfumato, degli scorciamenti, della
gazione. Sicché risulterebbe chiaro il carattere sempre più evoluto prospettiva ‘accelerata’ e ‘ritardata’, e di quella ‘composita’ (naturale e
delle proposizioni di carattere scientifico nel passaggio dal Codice artificiale) contro l’antico ‘primato della linea’: infatti dopo il 1500
Atlantico al ms. C (in particolare in materia di «ombre e lumi» e di egli comincia gradualmente a prendere le distanze dalla tradizio-
anatomia) e di qui, specie in materia di prospettiva e di ottica, allo
stesso ms. A di Francia34. Dalla pittura e dalle scienze connesse, Leo-
noscritto stesso: i fogli mostrano inizialmente una maggiore attenzione all’anatomia
e all’ottica, tendenti a chiarire i meccanismi della visione, prima che l’esclusivo in-
29 teresse per la pittura e per la rappresentazione pittorica del corpo umano finisca per
  Libro di pittura…cit., pp. 18-19. Nel 1956 la Brizio (A.M. Brizio, Il Trattato della prevalere in Leonardo: «[nei fogli del Codice Atlantico] le proposizioni che trattano
pittura di Leonardo, Roma, De Luca, 1956), con una rigorosa analisi testuale, aveva della natura del vedere e della virtù visiva sono estremamente incerte, generiche,
individuato il sistema di trascrizione adoperato dal compilatore del Codice, dimo- confuse, e persino contraddittorie, mentre molto più decantate, filtrate attraver-
strando come i capitoli siano posti in ordine cronologico all’interno di ogni sezio- so un’osservazione diretta e sottilissima, sono quelle che riguardano la visione in
ne: il redattore ha cioè attinto prima agli scritti del 1487-92 e poi a quelli successivi quanto premessa alla figurazione. Di queste la maggior parte vertono sulla forma
al 1505 (fino al 1513), che sono i periodi in cui Leonardo si occupò maggiormente delle ombre in rapporto alla forma del corpo inframmesso fra la sorgente luminosa
di teoria dell’arte. Ma c’è anche un periodo di transizione tra il primo e il secon- e l’ombra, sugli angoli d’incidenza e riflessione dei raggi luminosi, sui termini delle
do periodo milanese, ossia gli anni 1498-1502, in cui egli si occupa di movimento ombre, ecc.: termini tutti trattati nel manoscritto C, alle cui proposizioni quelle dei
umano e di paesaggio. Dopo ogni sezione del Codice, il compilatore ha lasciato un fogli atlantici sono assai simili, vorrei dire uguali, se la loro estrema varietà e sotti-
certo numero di fogli bianchi da riempire con altri testi sull’argomento, recupera- gliezza, quasi una casistica, non rendesse la ricerca puntuale dei riscontri un vero
bili nei manoscritti più tardi. rompicapo» (ivi, p. 57).
30
  Melzi trascrive i testi originali nella sequenza (un libro per volta) concepita 35
  C. Pedretti, Note sulla cronologia del “Trattato della Pittura” di Leonardo, in «L’Ar-
da Leonardo, senza riordinarli ulteriormente dopo la trascrizione, probabilmente te», gen.-giu. 1959, pp. 25-37.
perché copiati su fogli legati. Può essere capitato soltanto che Melzi abbia trasposto 36
  Riferendosi appunto alla parte del Paragone posta come proemio del Codice
un capitolo ad un altro.
31 Urbinate, il Richter (J.P. Richter, The literary works of Leonardo da Vinci compiled and
  Il citato studio di Pedretti e Vecce (Libro di pittura…cit., passim) risulta aggior- edited from the original manuscripts, London, Sampson Low, 1883) ha per primo sot-
nato anche in relazione a quanto osservato dallo stesso Pedretti circa i contenuti tolineato come la geometria greca, in particolare gli Elementi di Euclide, vengano
dei due manoscritti di Madrid (in particolare il secondo) in materia di pittura e di qui assunti come modello, specie nei primi tre capitoli, redatti probabilmente sulla
ottica: si tratta di precetti databili al 1504-1505, non tutti trascritti poi nel Libro di base di scritti di Leonardo successivi al 1505, quando il suo interesse per Euclide
Pittura. Cfr. C. Pedretti, Leonardo da Vinci inedito.Tre saggi, Firenze, G. Barbera, 1968. si fa più palese, come si nota nel ms. K. Leonardo mostra costantemente questo
32
  E. Carusi, Per il «Trattato della pittura»…cit., p. 434. Cfr. pure C. P edretti, riferimento alla tradizione in ambito geometrico, come si nota anche in certe sue
Un nuovo apografo del «Trattato della Pittura» di Leonardo da Vinci, in «Bibliothèque considerazioni sul De ludo geometrico dell’Alberti circa i principi fondamentali della
d’Humanisme et Renaissance», a. 1959, t. 21, p. 449. pittura, contenute in vari capitoli del Paragone. Seguono interessanti riferimenti
33
  A.M. Brizio, Correlazioni e rispondenze tra fogli del Codice Atlantico e fogli dell’A- al concetto di «quantità continua» in geometria (Libro A e Codice Atlantico) e
natomia B e dei codici A e C su l’occhio, la prospettiva, le piramidi radiose e le ombre, in altre questioni matematiche, tratte da vari manoscritti. Alla fine del primo capi-
«Raccolta Vinciana», XVII (1954), pp. 81-89. tolo del Paragone abbiamo un chiaro accenno all’importanza delle dimostrazioni
34
  Nel Codice Atlantico la parte relativa allo studio dell’occhio, della prospettiva, matematiche per qualunque affermazione in campo scientifico: «Nessuna umana
delle piramidi radiose e delle ombre (ma anche del moto e delle acque, pure trattati investigazione si pò dimandare vera scienza, s’essa non passa per le matematiche
nel ms. A) è una sorta di minuta finalizzata alla redazione del testo definitivo. La dimostrazioni, e se tu dirai che le scienze che principiano e finiscono nella men-
Brizio (Correlazioni e rispondenze…cit., passim), nel sottolineare come il criterio te abbiano verità, questo non si concede ma si nega, per molte ragioni, e prima
cronologico sia, nel caso dei mss. leonardeschi, indispensabile per chiarire l’evolu- chè in tali discorsi mentali non accade esperienza, senza la quale nulla dà di sé
zione del pensiero vinciano, ricorda che il ms. C, ricco di proposizioni su «ombre certezza» (C.A., 167r-a). «Nessuna certezza è dove non si po’ applicare una delle
e lume», è del 1490, mentre il ms. A è del 1492. Anche con riferimento al ms. C, i scienze matematiche, ovver che non sono unite con esse matematiche» (ms. G,
fogli del Codice Atlantico che trattano degli stessi argomenti appaiono quanto mai 96v); o ancora nel C.A. 154 r-c e Windsor 19,070, fino alla celebre frase: «non mi
frammentari e disordinati, costituendo le minute dei testi finali contenuti nel ma- legga chi non è matematico nelli mia principi». Cfr. Libro di pittura…cit., pp. 26-27.

Dagli originali agli apografi


29
ne pittorico-prospettica dell’ambiente fiorentino, pensando ad una Urbinate che potrà servirci nell’esame degli apografi seicenteschi.
rielaborazione dei capitoli sulla pittura sempre più in chiave scien- Nell’introduzione alla traduzione inglese di Philip Mc Mahon40,
tifica, ad esempio con riferimento agli «effetti dell’atmosfera con- Heydenreich osserva come il Codice sia soltanto una prima stesura,
nessi con la prospettiva, i colori, le vegetazioni, le acque, le nuvole per giunta incompleta e ancora non del tutto ordinata, del lavoro
e le montagne in rapporto col paesaggio, lo studio della visione, generale intrapreso da Melzi: oltre ad evidenziare per primo molti
della luce e dell’ombra»37. brani di originali perduti41, egli distingue quello che Leonardo in
Nel ricomporre dunque il «Libro A» individuandone le diverse prima persona aveva approntato per la compilazione rispetto a ciò
parti nei manoscritti superstiti, Pedretti sostiene che Leonardo ab- che fu poi utilizzato dall’allievo, ossia in quale misura il Codice ri-
bia concepito l’idea di un testo specifico sulla pittura sin da quan- fletta effettivamente la concezione del maestro, pur rappresentando
do era ospite di Melzi nella villa di Vaprio d’Adda nel 1513, appro- in ogni caso il più diretto riflesso del pensiero vinciano nel campo
fondendo quanto aveva cominciato a scrivere a partire dal periodo delle teorie artistiche e della rappresentazione42.
sforzesco (1487-1499) sulle piante e sull’atmosfera, su luci e ombre, Sin dal 1959 Pedretti 43 aveva proposto un’ipotesi di datazione an-
sull’anatomia e sul movimento umano; ma ancora durante il pe- che per quanto concerne le restanti parti del Codice Urbinate,
riodo francese egli aggiungerà altri studi al trattato, dando dispo- facendo riferimento agli originali da cui sono tratte, a partire dalla
sizioni a Melzi su come procedere nella trascrizione e successiva seconda e dalla terza, relative all’anatomia, alle proporzioni e al
integrazione di quel testo38 . Se allora il ms. A di Parigi rappresenta movimento umano e riferibili – se confrontate con i mss. A e B
la fonte principale per un esame della teoria dell’arte di Leonardo di Parigi, con gli originali presenti nel Codice Atlantico e con i
nel periodo sforzesco, lo scomparso e ‘ricostruito’ «Libro A» lo sa- fogli di Windsor – a un ampio periodo che va dal 1490 al 1514 44 .
rebbe per il periodo successivo. Entrambi, pur trattando prevalen- La quarta, formata da pochi ‘precetti’ tutti successivi al 1505, trat-
temente di pittura, ospitano una sezione di idraulica, segno questo ta del modo di rappresentare vestiti e panneggiature (argomen-
che Leonardo torna in seguito su argomenti già affrontati in prima to che aveva attratto Leonardo sin dall’età giovanile) mentre la
battuta, come accade anche per l’anatomia. I Libri A e B ricostruiti quinta, assai più consistente e contenente testi anteriori al 1508, è
da Pedretti39 sono purtroppo due soli dei cinque volumi mano- dedicata al tema De ombra e lume, venendo riportato interamen-
scritti dell’elenco finale di Melzi andati perduti. Il «Libro A» fu te il «Libro W» della lista di Melzi, anch’esso tra quelli perduti.
sì ereditato dall’allievo, ma forse, come abbiamo visto, prestato a Leonardo indaga ora il fenomeno della luce e della funzione
Lomazzo; oppure esso non arrivò mai a Melzi nella versione fina- dell’ombra nella strutturazione dell’immagine, dovendosi intendere
le, essendo in corso di elaborazione da parte del maestro e, chissà, per lui la bellezza strettamente connessa agli effetti di chiaroscuro,
destinato a prendere una strada diversa da quella di Vaprio d’Adda. di rotondità e asperità dei corpi, dovuti proprio al ruolo della luce e
Sottolineiamo ancora qualche altro aspetto significativo del Codice ai caratteri delle superfici. Dunque il raggiungimento della bellezza,
che è il fine della pittura, si può conseguire solo conoscendo le leggi
che regolano il meccanismo della luce. La pittura è scienza, ossia
37
  C. Pedretti, Note sulla cronologia…cit., p. 30. conoscenza di tutte le cose reali, ma anche creazione, perché imita-
38
  Libro di pittura…cit., passim. Nel 1964 Pedretti concentrerà ancor più i propri
studi sulla ‘ricostruzione’ del Libro A, alla cui prima parte sulla pittura (ff. 1-65 del zione dello spirito divino, potendo così raggiungere anche il piano
1508-15) attinge, sia pure con lacune, il Codice Urbinate, mentre per la seconda (ff. irreale o illusorio45. Leonardo ha dunque cominciato ad ampliare le
66-96 del 1506-1509) si può fare quasi in tutto riferimento al Codice Leicester, dedi- proprie osservazioni su «ombre e lumi» in vista di un libro specifico.
cato all’idraulica; Pedretti desume dalla lunghezza dei righi che il Libro doveva avere
96 ff., perché era dello stesso formato dei mss. E, F e G. Cfr. C. Pedretti, Leonardo Nel precetto 438 leggiamo infatti:
da Vinci On Painting a lost Book (Libro A) reassembled from the Codex Vaticanus Urbinas
1270 and from the Codex Leicester/with a Cronology of Leonardo’s “Treatise on Painting”,
Berkeley-Los Angeles, University of California Press, 1964. Vari brani del Codice Luce, tenebre, colore, corpo, figura, sito, remozione, propinquità, moto
Leicester recano infatti riferimenti ai ff. 57-95 del Libro A. La prima parte del Libro e quiete. Di queste dieci parti del ufficio dell’occhio la pittura ne ha
A era dunque dedicata alla pittura, la seconda all’idraulica; ma siccome Leonardo ini- sette, delle quali la prima è luce, tenebre, colore, figura, sito, remozione
ziava dalla fine, le note di idraulica sono le prime come datazione: il Codice Leice-
ster è in genere riferito agli anni 1506-1509, ma non sappiamo se la parte di idraulica e propinquità; io ne levo il corpo e ‘l moto e la quiete e restan cioè
ad esso corrispondente nel Libro A fosse precedente o successiva al 1506: Pedretti, luce e tenebre, che vuol dire ombra e lume, o vuoi dire chiaro e scuro;
con varie dimostrazioni, la data agli anni 1506-1507 e riesce a dimostrare che anche la
prima parte del Libro A dovette essere redatta nello stesso periodo. Proponendo una colore; il corpo non ci metto, perché la pittura è in sé cosa superficiale,
datazione delle varie parti del Libro A, Pedretti fa riferimento ad un lungo brano
contenuto in C.A. 277 v-a (c. 1510) che sarebbe stato l’introduzione al trattato su Om-
bre e lumi. Le parti del Libro A relative al moto umano e alla prospettiva non recupe- 40
  Cfr. Ph. Mc Mahon, Treatise on Painting (Codex Urbinas Latinus 1270) by Leonardo
rabili nel Codice Urbinate si possono invece individuare nella trascrizione contenu-
da Vinci, translated and annotated by A. Philip Mc Mahon with an introduction by Ludwig
ta nel Codice Huygens (c. 1581), relativo alle note più tarde di Leonardo. Dai fogli di
H. Heydenreich, II, Princeton, Princeton University Press, 1956, pp. XI sgg.
Windsor sappiamo inoltre che negli stessi anni egli era nuovamente attratto dall’a- 41
natomia e dal movimento umano, impegnandosi, come attestano i mss. E e G, negli   Assai eloquente lo schema dei manoscritti e apografi proposto da Heidenreich,
studi sull’idraulica, su ombre e lumi, sul colore e sul paesaggio. Se è vero che anche che sottolinea come Mc Mahon sia stato il primo a proporre una precisa concor-
nel ms. C (c. 1490) egli già parla di ombre e lumi, lo fa nel contesto di note generali danza dei precetti del Libro di Pittura con gli originali di Leonardo, evidenziando
sulla pittura e non di un libro specifico sull’argomento, che egli concepirà più tardi, quello che si è perso dei manoscritti, ma che è ritrovabile nel Codice Urbinate e
come farà con quello sulla prospettiva. Il Libro A conteneva anche diversi precetti sul nei suoi ‘derivati’.
42
colore, che Leonardo aveva sviluppato sempre più a partire dal 1505, introducendo   Tutti gli apografi successivi risulteranno parziali al confronto, contenendo dai
l’analisi cromatica mediante la camera oscura e anticipando le teorie impressioni- 365 ai 375 capitoli sui 1008 presenti nel testo pubblicato da Mc Mahon. Nessuno di
stiche sulla scissione nei colori primari; così pure si occupa della definizione delle essi contiene la prima parte, ossia il Paragone delle arti, la seconda è generalmente
origini del blu del cielo partendo dalla fisica di Aristotele e da quanto già intuito da accorciata di 50 capitoli in media, la terza di più di 70 e la quarta ne contiene al
Alberti, fonte che egli adopera sia nel periodo sforzesco sia in quello successivo.Vi massimo 7 su 15; la quinta, la sesta e la settima mancano del tutto e l’ottava contie-
erano infine note sull’atmosfera, sulle montagne e le valli, sulla vegetazione e sull’ac- ne solo uno o due capitoli. Il cosiddetto Cod. Barberini 4304, su cui più innanzi
qua, che egli redige intorno al 1510. Si veda ivi, p. 20, n. 32 per le fonti di Leonardo torneremo, è in effetti il più vicino al Codice Urbinate per struttura e contenuti.
43
sui colori, sulle lunule, sulla quantità continua, ecc. tratte da Aristotele, Bacone e altri.   C. Pedretti, Note sulla cronologia ...cit., p. 35.
44
39
  C. Pedretti, Leonardo da Vinci On Painting…cit., passim. Nel ricomporre il Li-   Pedretti nota, al passaggio dal periodo sforzesco ai primi anni del ‘500, un
bro B, Pedretti lo identifica con il ms. E di Francia, che però è privo di sedici fogli interesse di Leonardo per le membra che va dal fattore estetico e proporzionale a
per le manomissioni perpetrate a Parigi dallo scienziato Guglielmo Libri intorno quello meccanico e dinamico, specie con riferimento ai muscoli e alla loro rap-
al 1830: con riferimento ai contenuti del ms. E in materia di meccanica, sui quali presentazione in rapporto al movimento e all’atteggiamento fisico e mentale (o
Pedretti discorda da Marcolongo (R. Marcolongo, Memorie sulla geometria e la morale) del personaggio.
45
meccanica di Leonardo da Vinci, Napoli, S.I.E.M., 1937), si veda ivi, p. 15, nota 5.   A. Chastel, Leonardo da Vinci…cit., pp. 27 sgg.

Capitolo secondo
30
G. Manzi, Trattato della Pittura di Lionardo da Vinci, Roma 1817; frontespizio G. Manzi, Trattato della Pittura di Lionardo da Vinci, Roma 1817; tav.VI

e la superficie non ha corpo, com’è definito in geometria. A dir meglio spettivamente «degli alberi e delle verdure», «dei nuvoli» e «dell’o-
ciò che è visibile è connumerato nella scienza della pittura. Adunque rizzonte», riuscendo a individuare anche in questi casi le concor-
i dieci predicamenti dell’occhio detti di sopra ragionevolmente sono i danze con gli originali 47.
dieci libri in ch’io parto la mia pittura. Ma luce e tenebre sono un sol Intorno alla metà del ‘500 il programma editoriale di Melzi dovette
libro, che tratta di lume e ombra, e fassene un medesimo libro, perché vedersela con una spietata concorrenza se, come riferisce ancora
l’ombra è circondata ovvero in contatto del lume, e ‘l simile accade al Vasari, a quell’epoca il non identificato «pittore milanese» si recò
lume coll’ombra, e sempre ne’ confini si mista insieme lume ed ombra. a Roma per pubblicare un apografo vinciano, inducendo quindi il
«creato» di Leonardo ad affrettare il compimento del proprio lavo-
Lo stesso tema è svolto, ma ancora in modo asistematico, nel Co- ro48; o, ancora, se un altro codice fu redatto a Firenze sulla base del
dice Atlantico (fogli di poco anteriori al 1508) e nel ms. F, f. 77v,
in cui il maestro allude chiaramente ad un trattato: «Sole-Luna:
47
questa arà inanzi a sé il trattato de ombra e lume»46. Il ms. C di   Così Pedretti (ibidem): «Nella parte sesta dedicata agli alberi e verdure è ripor-
tata la materia dei mss. G ed E. La parte settima dedicata ai nuvoli contiene note
Parigi, del 1490-91 circa, benché registrato da Melzi come «Libro sull’atmosfera riconoscibili come posteriori al 1510 e così l’ultima parte, dedicata
de ombra e lume segnato G», non fu praticamente utilizzato nel all’orizzonte, è di un tempo molto avanzato. Non è improbabile che qualcuna di
Codice Urbinate, evidentemente perché i precetti in esso con- quelle note fosse stata scritta in Francia, negli ultimi anni di vita di Leonardo».
Seguono interessanti considerazioni sui formati dei diversi codici originali da cui
tenuti erano stati nel frattempo approfonditi da Leonardo, sia in è tratto il Codice Urbinate e sulla tecnica a matita o inchiostro, a seconda che si
ordine sparso nei mss. H, I, K di Parigi (di un periodo intermedio, trattasse di taccuini da viaggio o di libri da scrivania (di maggiore formato). Pedretti
nota inoltre alcuni errori di trascrizione da parte di Melzi (salto di righe). Infine
pure ripresi da Melzi), sia nel «Libro W», sebbene in modo non osserva: «Un’altra caratteristica delle scritture leonardesche tarde, riscontrabile in
ancora esaustivo. Molte sono le ulteriori allusioni di Leonardo ad particolare nel Codice Leicester ed anche nei taccuini del tipo dei mss. E, F e G, è la
un trattato in corso di preparazione su «ombra e lume» ritrovabili, colonna di scrittura a fianco del testo principale, con note e schizzi complementari»
(ivi, p. 26). Lo studioso conclude ribadendo la propria convinzione che il Codice,
ad esempio, in alcuni capitoli del Codice Urbinate anteriori al comprese le figure e le annotazioni successive, sia tutto opera di Melzi e che esso sia
1508. Vedremo come il primo sforzo per una più ampia collazione stato redatto non molto tempo dopo la morte di Leonardo (anni ’20-’30 ?), a giu-
dicare dalla carta e dall’inchiostro (ivi, p. 27). Seguono tentativi di cronologia delle
dei precetti su questo argomento sia da attribuirsi proprio all’opera varie parti del Codice, tra cui «Ombre e lumi» (cfr. le importanti considerazioni
promossa da Cassiano dal Pozzo. riportate ivi, pp. 61-79). Così pure per le sezioni intitolate Degli alberi e verdure (parte
sesta), Delli nuvoli (parte settima) e Dell’orizzonte (parte ottava). Pedretti propone in
Pedretti analizza infine le altre parti (sesta, settima e ottava) del conclusione (ivi, pp. 88-89) la tavola delle concordanze dell’intero codice con i mss.
testo, tutte riferibili a scritti vinciani del 1510-15, che trattano ri- originali. Insomma, proprio come auspicato dall’Heydenreich sin dal 1956, Pedretti
svolge finalmente, nel suo studio del 1996 sul Libro di Pittura, un lavoro esaustivo e
analogo a quello già eseguito sulla meccanica vinciana dall’Uccelli o in materia di
volo e aerodinamica da Giacomelli.
46 48
  C. Pedretti, Note sulla cronologia ...cit., p. 20.   Libro di Pittura…cit., pp. 95-96.

Dagli originali agli apografi


31
Libro di Pittura appena elaborato da Melzi ed ivi spedito per la stampa, to alle edizioni del Trattato pubblicate a Bologna dall’Istituto delle
poi non più eseguita49. In effetti, in quello stesso periodo (1560-1580) Scienze (1786), a Firenze dal Fontani (1792) e a Milano dall’Amoretti
cominciarono a circolare tra i pittori fiorentini numerose altre co- (1804)58. A sua volta il Govi59 nel 1872 sottolineerà il carattere inedito
pie apografe ‘abbreviate’ del Codice Urbinate – fino ad un numero dei precetti De ombra e lume apparsi (sia pure, come si è detto, ancora
di circa cinquanta esemplari, recanti evidentemente una trattazione in forma parziale) nell’edizione del 1817; a tali positivi giudizi si ag-
parziale di argomenti già presenti in forma limitata nell’apografo di giungeranno quelli dell’Uzielli e del Jordan60.
Melzi (valga ancora il caso del trattato De Ombra e Lume) – spesso as- Ma altri importantissimi ‘capitoli’ sugli stessi argomenti, sebbene
sociate ad altri scritti di Vignola,Vasari, Cellini o Zuccari, e concepi- studiati e trascritti dai codici originali già dalla metà del Seicento e
te ad uso di artisti di bottega o in vista di pubblicazioni destinate ad ancora oggetto di interesse sul volgere del XVIII secolo, restavano
eruditi e collezionisti50. Pevsner ha sottolineato il ruolo che, proprio inediti o addirittura sconosciuti.
attraverso la diffusione dei contenuti di questi apografi, la teoria ar-
tistica vinciana giocherà in ambito accademico fino al XIX secolo51.
Uno di questi apografi è il cosiddetto Codice ‘pinelliano’ dell’Am- § 2 L’opera di Cassiano dal Pozzo
brosiana (D 467) (dal nome di Gian Vincenzo Pinelli, dotto intel- per l’editio princeps del Trattato della Pittura e la scelta del
lettuale di origine genovese, su cui torneremo) che però, come le ‘meglio di Leonardo’ per il cardinale Barberini
versioni abbreviate che seguiranno, contiene solo 365 precetti e reca
il titolo: Discorso sopra il disegno di Leonardo da Vinci, parte seconda52. Giungiamo così alla pagina seicentesca della storia degli
Ciò dimostrerebbe come la prima parte dell’Urbinate, contenente il apografi vinciani, in cui affonda le radici la vicenda del nostro
«Paragone», fosse già stata oggetto di una trascrizione53. Codice. Ci riferiamo, in particolare, all’appassionante vicenda
L’uscita della prima edizione del Codice Urbinate nel 181754, inti- svoltasi dal 1637 al 1640 tra Milano e Roma, basata su un artico-
tolata da Manzi Trattato di Pittura per non distaccarsi dalle stampe lato programma scientifico-divulgativo che ebbe quale protago-
‘vulgate’ del testo abbreviato note a partire dal 1651 e corredata da nista, nella capitale pontificia, Cassiano dal Pozzo, potente mi-
un album di 22 grandi tavole di Giovan Francesco De Rossi, non nistro segretario del cardinale Francesco Barberini (1597-1679),
ebbe un successo immediato, non rapportandosi minimamente alle nipote di Urbano VIII: dal Pozzo, intellettuale esperto di pittu-
autorevoli e recenti ricerche di Giuseppe Bossi e Giovan Battista ra, mecenate e collezionista d’arte, fu tra i personaggi più illu-
Venturi; quest’ultimo, al contrario, in un’importante memoria in stri della grande stagione culturale e artistica del barocco romano
materia di ottica del 1818 farà diretto riferimento all’opera di Manzi. ed è noto per la sua imponente attività di raccolta e riproduzio-
Vecce55 osserva come il testo, pur contenendo parti sino ad allora ne di opere dell’antichità confluita nel famoso Museo Cartaceo.
inedite – il citato «Paragone», una sezione «de ombra e lume» e il Giunto dunque nella Biblioteca Ambrosiana il ricchissimo corpus di
«libro delle piante» –, in realtà si discosti in buona misura dall’ori- codici leonardeschi in parte donati dal cardinale Federico Borro-
ginale, sia nella lingua che nei grafici56, tanto da essere considerato meo nel 1609, in parte dal conte Galeazzo Arconati quasi trent’anni
all’inizio un apocrifo non leonardesco57. Eppure la fortuna critica dopo61, l’operazione coordinata da dal Pozzo consistette in effetti in
dell’opera di Manzi continuerà per tutto l’Ottocento: nella ristampa due attività parallele: da un lato la redazione, sulla base di apografi
delle Vite di Vasari curata da Gaetano Milanesi (Firenze, 1846-55) essa più antichi e attraverso riscontri sugli originali, di un testo in forma
verrà tenuta in gran conto e considerata meglio compiuta rispet- ‘abbreviata’ finalizzato alla pubblicazione del Trattato della Pittura,
dall’altro, su precisa richiesta del Barberini, la raccolta e selezione
antologica delle trascrizioni intraprese per volere dell’Arconati già
49
  Ivi, pp. 107-108. Cfr. pure K. Trauman Steinitz, op. cit., pp. 45 sgg., ove sono
prima della sua donazione, comprendenti il ‘meglio di Leonardo’
schedati e descritti tutti gli altri apografi ‘abbreviati’. presente a Milano, oltre alla compilazione del testo del trattato Del
50
  A. Sconza, La prima trasmissione manoscritta del Libro di Pittura, in «Raccolta Vin- moto e misura dell’acqua, per la prima volta collazionato dagli originali
ciana», XXXIII (2009), p. 311.
51
  N. Pevsner, De Léonard de Vinci à l’Accademia di San Luca. Le XVIe siècle, in Les
vinciani e trascritto in forma ufficiale.
Académies d’art, Parigi, G. Monfort, 1999, pp. 51-81. Con riferimento alla selezione degli scritti originali, avente come
52
  Biblioteca Ambrosiana, ms. D 467 inf. Cfr. A. Rivolta, Catalogo dei codici pinel- oggetto non solo i ‘precetti’ in materia di pittura, come nel Codi-
liani dell’Ambrosiana, Milano, Tip. Pontif. Arcivesc. S. Giuseppe, 1933. Sull’apografo
pinelliano e la sua provenienza, cfr. A. Sconza, op. cit., p. 327. ce Urbinate, ma questa volta anche quelli riguardanti molte altre
53
  Libro di Pittura…cit., p. 43. Un altro importante apografo, redatto intorno alla materie oggetto dei poliedrici interessi leonardeschi, si trattò di
fine del ‘500 sulla base dell’Urbinate, è il cosiddetto Codice Barberini 4304, oggi un vera e propria antologia finalizzata a un progetto editoriale:
presso la Biblioteca Vaticana, destinato a fungere da base, con il Pinelliano e altre
trascrizioni cinquecentesche già presenti in ambito romano, per la redazione del diffondere una selezione apografa di quei testi, trascritti dalla dif-
testo utilizzato per la prima pubblicazione del Trattato della Pittura nel 1651: cfr. K. ficile scrittura ‘mancina’ di Leonardo e corredati di immagini più
Trauman Steinitz, op. cit., pp. 46-49.
54
  G. Manzi, Trattato della Pittura di Lionardo da Vinci, tratto da un codice della Biblioteca
Vaticana, Roma, Stamperia De Romanis, 1817.
58
55
  Libro di Pittura…cit., pp. 108-110.   Cfr. Libro di Pittura…cit., p. 61n.
59
56
  Tra le altre critiche, vi fu quella di avere stralciato i disegni dai testi, pubblican-   G. Govi, Leonardo letterato e scienziato, Milano, s.n., 1872, passim.
60
doli a parte e rimaneggiandoli in maniera significativa. Ma il de Rossi così si espri-   Cfr. G. Uzielli, op. cit., passim; M. Jordan, Das Malerbuch des Lionard da Vinci.
me circa il carattere delle illustrazioni di Leonardo da lui riprodotte: «Destinate da Untersuchung der Ausgaben und Handschriften, Leipzig, Seemann, 1873. Si veda pure il
Lionardo non ad altro fine, che a meglio spiegare i propri pensieri, per questo non coevo studio di L. Ferri, Leonardo da Vinci scienziato e filosofo, in «Nuova Antologia»,
si richiedevano che pochi segni espressivi, come sono appunto le figure in questio- XXII (1873).Verranno poi gli studi di Charles Ravaisson-Mollien sui manoscritti di
ne, che a me sembrano veramente analoghe alla sua maniera di scrivere» (ivi, p. 60). Francia (1881) e quello del Ludwig sul Codice Urbinate (1882), con le prime con-
Interessanti sono, al riguardo, le considerazioni di Pedretti (ivi, pp. 75-76) proprio cordanze tra essi, seguiti dai già citati saggi di Carusi e della Pierantoni.
riguardo ai disegni presenti nel Codice Urbinate e alle loro ‘affinità’ rispetto agli 61
  Circa la vicenda dei manoscritti vinciani e dei loro apografi, segnaliamo in
originali di Leonardo. particolare i capitoli introduttivi dello studio di Pedretti e Vecce del 1996 (Libro di
57
  Verga (E. Verga, Bibliografia vinciana, 1493-1930, Bologna, Zanichelli, 1931, p. 130) Pittura…cit.), con un ricco apparato di note e un’ampia bibliografia sull’argomento.
riferisce pure che in una recensione dell’opera di Manzi pubblicata nel 1818 in «Bi- Un’utile sintesi è inoltre in A. Marinoni, I manoscritti di Leonardo da Vinci e le loro
blioteca Italiana» (IX, 1818, pp. 37-43) Manzi venne criticato per non aver citato la edizioni, in Aa.Vv., Leonardo. Saggi e ricerche, a cura del Comitato Nazionale per
fonte delle «Memorie» del Mazenta, per non aver collocato le figure all’interno dei le onoranze a Leonardo da Vinci nel quinto centenario della nascita (1452-1952),
capitoli e per aver rudemente censurato i biografi suoi predecessori. Roma, Ist. Poligr. Stato, 1952, pp. 231-274.

Capitolo secondo
32
fedeli rispetto a quelle del Libro di Pittura e, in più di un caso, per-
sino meglio leggibili di quelle originali, rappresentò un’operazio-
ne culturale degna del Barberini e del suo ministro. Ma, mentre
la pubblicazione del Trattato della Pittura verrà eseguita a Parigi nel
1651 con le preziose illustrazioni di Nicolas Poussin62 e l’edizione
a stampa del trattato di idraulica vedrà la luce, sia pure con note-
vole ritardo, nel 1826, quella della selezione antologica non avrà
seguito per i motivi che diremo, restando inutilizzata presso la
biblioteca di dal Pozzo a Roma la versione completa e ‘in bella’ di
quel testo, anche se non definitiva, individuabile proprio nel Co-
dice napoletano. Il manoscritto, di cui, come vedremo, Corazza
entrerà in possesso a Roma nel 1766, recandolo con sé a Napoli
nel 1772, agli inizi dell’Ottocento si renderà disponibile per un
nuovo (ma anche questa volta sfortunato) tentativo editoriale: in-
fatti, depredati da Napoleone i codici originali dell’Ambrosiana
– custoditi dal 1796 presso l’Institut de France, tranne il Codice
Atlantico, l’unico restituito nel 1815 – l’apografo acquisterà pro-
prio per queste vicende, oltre che per le manomissioni perpetrate
sugli originali nel 1830, particolare importanza ai fini dello studio
dei testi oramai inaccessibili e, in seguito, di un parziale recupero
dei contenuti dei fogli perduti.
Cerchiamo allora, innanzitutto, di tracciare le linee dell’ampio
programma seicentesco, per poi passare a descrivere la struttura e i
contenuti del nostro apografo.
Abbiamo già in parte accennato alle vicissitudini, non certo fortu-
nate, che riguardarono i codici di Leonardo che Melzi portò con sé
dalla Francia63: se, fino al 1570, essi furono gelosamente custoditi dal
devoto «creato», dopo la sua morte la negligenza del figlio Orazio
fu causa della dispersione di buona parte di quei manoscritti: tra
alterne vicende, essi giungeranno sino a noi nella misura di circa un
quinto del totale. Tali eventi iniziarono già intorno al 1585: Pedretti
Codice Atlantico, frontespizio. Milano, Biblioteca Ambrosiana
è, anche in questo caso, autore della più dettagliata ricostruzione
dell’intricato percorso che i codici dovettero seguire sino alla metà
del Novecento64; ad essa dunque faremo riferimento, aggiungendovi
alcune osservazioni su quanto specificamente ci compete. co. Altri tredici codici pervennero nel 1588 all’architetto barnabita
Se nulla si può dire del destino dei codici di Leonardo ‘in giro’ per milanese Giovanni Ambrogio Mazenta (1565-1635)65, il quale nell’ul-
l’Italia (o addirittura all’estero) già da quando il maestro era ancora timo ventennio di attività operò a Napoli, progettando tra l’altro le
in vita, né di quelli che, alla morte di Melzi, presero il largo per chiese di Santa Caterina Spinacorona e di San Carlo alle Mortelle66.
mete imprecisate, meglio nota è la sorte toccata ai manoscritti che, Dei codici posseduti da Mazenta, dieci giunsero anch’essi al Leoni;
intorno al 1590, giunsero direttamente in possesso di Pompeo Leo- dei tre rimanenti, uno andò nel 1603 al cardinale Federico Borro-
ni, scultore al servizio del re di Spagna: di essi, oltre agli attuali due meo (ms. C di Parigi), uno al pittore Ambrogio Figino (perduto) e
codici della Biblioteca Nacional di Madrid (ritrovati solo nel 1966), uno al duca di Savoia (perduto67). Nel 1609, all’atto della fondazione
al Codice Arundel, ai fogli di Windsor e al ms. D di Parigi, facevano dell’Ambrosiana, il cardinale Borromeo donò alla nuova istituzione
parte anche quelli con cui Leoni formò il famoso Codice Atlanti- il proprio manoscritto, mentre i codici del Leoni, ossia il Codice At-
lantico e gli undici ‘taccuini’ di piccole dimensioni – tra cui il Libro
62
B della lista di Melzi (attuale ms. E di Francia) – furono acquistati
  Traité de la Peinture de Leonard de Vinci donné au Public et traduit d’Italien en François
par R. Du Fresne, Paris, J. Langlois, 1651. Cfr. in proposito i recenti studi: D.L. Sparti,
dal conte Galeazzo Arconati e infine donati, come si è detto, alla
Cassiano dal Pozzo, Poussin, and the making and publication of Leonardo’s Trattato, in biblioteca milanese68. Sono dunque questi (Atlantico e mss. A-M,
«Journal of the Courtauld and Warburg Institutes», LXVI, 2003; M. Pavesi, Cassiano
dal Pozzo, Nicolas Poussin e la prima edizione a stampa del ‘Trattato della pittura’ di Leo-
nardo tra Roma, Milano e Parigi, in A. Rovetta, Tracce di letteratura artistica in Lombar-
65
dia, Bari, Ediz. di Pagina, 2004; C. J. Farago, Leonardo da Vinci’s ‘Treatise on Painting’   Partendo dalle memorie di Mazenta, si ha notizia che un istitutore in servizio
in its cultural context, Londra, Courtauld Institute, Leonardo da Vinci Society Annual presso i Melzi, Lelio Gavardi d’Asola, prelevò tredici manoscritti di Leonardo da
Lecture, 20 maggio 2005; C.Vecce, L’eredità vinciana nel Cinquecento, Lumière et vision Villa Melzi e li portò a Firenze per venderli al Granduca di Toscana; ma, morto
dans les science set dans les arts, de l’antiquité au XVIIe siècle, atti del convegno a cura di quest’ultimo nel 1587, Gavardi andò a Pisa e incontrò Mazenta, che lo convinse a ri-
M. Hochman, Parigi, Ecole pratique des Hautes Etudes, Institut National d’histoire portare i mss. al loro proprietario, offrendosi anzi di farlo lui stesso. Così l’architetto
de l’art, 2005; A. Sconza, La réception du ‘Libro di pittura’ de Léonard de Vinci : de la barnabita divenne proprietario dei codici, poiché Orazio Melzi, erede di Francesco,
mort de l’auteur jusqu’à la premier publication du ‘Trattato della pittura’ (Paris, 1651), tesi non si curò di richiederli, ignaro del loro valore. C. Pedretti, Leonardo da Vinci On
di dottorato, Université de la Sorbonne, Paris III, 2007. Painting...cit., pp. 252 sgg.; Libro di Pittura…cit., pp. 109 sgg.
66
63
  Libro di Pittura…cit., pp. 109 sgg.   L. Manzini, Giovanni Ambrogio Mazenta barnabita architetto, in «Bollettino di S.
64
  Si veda, in particolare, lo schema contenuto in C. P edretti, Leonardo da Zaccaria», 1929.
67
Vinci On Painting...cit. Manca nel quadro sinottico, naturalmente, la notizia del   Potrebbe trattarsi, come per il precedente, del perduto Libro A della lista di
rinvenimento dei due codici della Biblioteca Nacional di Madrid (1966). La Melzi; non sappiamo però se quest’ultimo fosse stato dato al Leoni direttamente dai
ricostruzione della vicenda dei mss. vinciani da parte dell’autore fa seguito e Melzi. Cfr. C. Pedretti, Leonardo da Vinci On Painting…cit., pp. 22 sgg.
68
chiarisce quelle proposte a partire dalla fine del Settecento da Comolli, Uzielli,   Si sa che il Libro A non era in possesso di Arconati, sebbene non sia certo che
Dozio e Carusi. egli abbia dato all’Ambrosiana tutto quello che aveva. Ad esempio, è possibile che

Dagli originali agli apografi


33
mano, pur rivestendo il cardinale il ruolo di Protettore dell’Accade-
mia di San Luca dal 1626 e Cassiano dal Pozzo quello di membro
onorario sin dalla fondazione.
Ma vicende di vario genere impediranno il concretizzarsi di queste
importanti iniziative. Innanzitutto, l’irrigidirsi del dogma cattolico
negli anni ’30, dopo la condanna di Galilei72, minerà alla base un
progetto editoriale di marca così palesemente laica e persino ‘ereti-
ca’; inoltre, a seguito della morte di Urbano VIII (1644), comince-
ranno ad opera del successore Innocenzo X Pamphilj una serie di
inchieste volte a discreditare i Barberini con indagini sul sospetto
ingrandimento delle fortune della famiglia durante il pontificato
del suo membro. Sicché nel ’46 Francesco Barberini sarà costretto
a fuggire nottetempo a Parigi per mettersi sotto la protezione del
cardinale Mazzarino, potendo fare ritorno a Roma solo nel 1648: il
programma di Cassiano dal Pozzo risulterà in buona parte vanifica-
to e la stampa del solo Trattato della Pittura potrà essere realizzata,
come si è detto, nel 1651 a Parigi.

Cassiano dal Pozzo (1588-1657)73, nato a Torino ma educato a Pisa


presso lo zio arcivescovo e ministro del granduca Ferdinando I,
laureatosi in giurisprudenza e divenuto nel 1608, a vent’anni, per
volere del granduca, giudice della ruota a Siena, nel 1612 giunse a
Roma, abbandonando definitivamente la carica senese e iniziando
una nuova carriera alla corte del cardinale Francesco Del Monte.
Qui entrò in contatto con un mondo di eruditi, iniziando a rac-
cogliere nel Museo Cartaceo riproduzioni grafiche di opere antiche
e di argomenti naturalistici e scientifici; in ciò si avvalse di copisti,
disegnatori e artisti in cerca di fortuna, allontanandosi dalla ‘manie-
ra’ cinquecentesca per uno stile classicista ispirato specialmente a
Giovanni Ambrogio Mazenta, Alcune Memorie di fatti da Leonardo Vinci a Mi- soggetti antiquari, ma anche collezionando disegni e studi originali
lano, c. 1635, c. 4 (da Le memorie su Leonardo da Vinci di Don Ambrogio Mazenta, di rinomati pittori, scultori e architetti del Rinascimento. Durante
a cura di Luigi Gramatica, Milano 1919)
il periodo più intenso dell’Inquisizione, con il processo a Galilei e
la chiusura dell’Accademia dei Lincei, dal Pozzo fu depositario dei
più il ms. K, donato dal conte Orazio Archinti nel 1674) i codici ricchissimi materiali in essa conservati, trasformandola in un im-
destinati ad essere oggetto della depredazione napoleonica del 1796. portante centro di studi scientifici; egli divenne anche il principale
Nel 1633, in vista della donazione, il conte Arconati avviò una con- referente pontificio della «Repubblica delle Lettere», istituzione cul-
sistente attività di trascrizione dei manoscritti presenti nella sua villa turale ai limiti dell’eterodossia.
di Castellazzo di Bollate presso Milano; operazione questa che, stanti Negli anni ’20-’30 il Museo Cartaceo si arricchì a dismisura grazie alle
i rapporti e, soprattutto, i favori che il conte intendeva chiedere al attività specialistiche promosse al suo interno, come la redazione di
cardinale Barberini, fu colta sin da principio da Cassiano dal Poz- grafici di base per la comparazione e classificazione delle specie ani-
zo quale occasione per l’esecuzione di un più ampio e articolato mali e vegetali, oltre a precisi rilievi archeologici. Sebbene dal Pozzo,
programma in favore dello stesso cardinale, con la finalità di un’edi- che fu anche membro dell’Accademia della Crusca dal 1626, redi-
zione a stampa del Trattato della Pittura69 e della compilazione, auspi- gesse di proprio pugno testi scientifici per numerose pubblicazioni,
cata dallo stesso Barberini e anch’essa destinata alla pubblicazione, non volle mai firmarli, mantenendo il più discreto anonimato. Sin
dell’antologia vinciana e del trattato di idraulica. Sarebbe stato così dal 1623 fu nominato da Urbano VIII tra i primi gentiluomini della
soddisfatto il fervido interesse del cardinale, come del resto quello di segreteria del «cardinale nipote» Francesco Barberini, futuro segre-
Cassiano, per la collazione scientifica e la conseguente divulgazio- tario di Stato: egli lavorerà quindi per il cardinale (ma non sempre in
ne del pensiero di Leonardo nei molteplici campi dell’arte e delle accordo) in qualità di ministro delle arti e della cultura, promuoven-
scienze dell’ingegneria. Ma, come recenti studi70 hanno evidenziato, do con il pontefice la creazione di quello ‘stile barberiniano’ desti-
prima che, nel 1634, il conte Arconati inviasse al Barberini l’apografo nato a divenire un carattere distintivo di quel papato presso le corti
che la Sparti individua nel Codice Barberini 4304 (copia milanese europee. Grazie anche all’editoria in vorticoso sviluppo, eventi di
del Codice Pinelliano redatta agli inizi del Seicento71), l’opera di ogni genere – archeologico, teatrale, musicale – venivano promossi
Leonardo era praticamente sconosciuta nell’ambiente artistico ro- per affermare la centralità della cultura romana, divenendo quindi
dal Pozzo uno dei massimi protagonisti del dibattito scientifico e

egli abbia trattenuto il ms. D, per poi scambiarlo con l’attuale Codice Trivulziano,
inizialmente parte della donazione. Libro di Pittura…cit., pp. 109 sgg. 72
  Cfr. M. Pavesi, op. cit., p. 89.
69
  Ciò era da eseguirsi attraverso attenti riscontri, sugli originali, dei precetti già 73
  Si veda su Cassiano dal Pozzo: G. Lumbroso, Notizie sulla vita di Cassiano dal
disponibili attraverso le numerose trascrizioni ‘abbreviate’ che all’epoca circolavano, Pozzo, in «Miscellanea di storia italiana», XV, 1876, pp. 131 sgg.; D.L. Sparti, Le
non essendo ancora noto il testo integrale dell’opera di Melzi. collezioni dal Pozzo: storia di una famiglia e del suo museo nella Roma seicentesca, Mo-
70
  D.L. Sparti, op. cit., pp. 145-146. dena, Panini, 1992; I segreti di un Collezionista. Le straordinarie raccolte di Cassiano
71
  Lo evidenzia A. Sconza, La prima trasmissione…cit., p. 353, sottolineando quindi dal Pozzo 1588-1657, a cura di F. Solinas, Ediz. De Luca, Roma 2000, pp. 1-11,
come l’apografo non sia cinquecentesco come inizialmente si pensava. 17-20, 77-81, 122-123.

Capitolo secondo
34
artistico dell’età barocca. Così, in collaborazione con Bernini, Pietro Alla figura di dal Pozzo è dunque interamente legata sia l’edizione
da Cortona e Nicolas Poussin, egli fu sostenitore di quella sintesi francese del Trattato della Pittura, che vedrà la luce a Parigi nel 1651, a
delle arti che distinse il Barocco: quantunque lo stesso Urbano VIII cura di Roland Fréart de Chambray e Raphaël Trichet Du Fresne78, sia
non gliene abbia mai reso effettivo merito, a lui si devono le massicce quella in lingua italiana, uscita nella capitale francese nello stesso anno79.
campagne di acquisti per la quadreria barberiniana e la scelta dei gio- Per la redazione dei testi utili alla stampa del Trattato Cassiano avviò
vani artisti da incoraggiare nell’ambito dell’Accademia di San Luca. nuove trascrizioni80 dagli originali presenti a Milano, condotte anche
Tra questi era Poussin, che Cassiano, suo grande amico, fece lavo- sulla base di apografi già disponibili in ambito romano81 e milanese82.
rare in ogni modo, inserendolo anche nel fervido mercato artistico Tra i testi redatti ai fini della pubblicazione, l’H 228 inf. dell’Ambro-
romano; con lui collaborò alla stesura di testi in materia di pittura siana, proveniente, come gli altri apografi ambrosiani, dalla Biblio-
antica, considerandolo anche l’unico, per il carattere del suo tratto e teca Albani e restituito da Parigi nel 1815 in ‘sostituzione’ degli ori-
dei suoi colori, a rispondere alla fisionomia di artista contempora- ginali83, rappresenta la base principale del Trattato, redatta di proprio
neo degno di illustrare Leonardo74: è noto come il Bellori, suo bio- pugno da Cassiano. Va detto che, avendo questi fatto redigere più
grafo, lo definisse decisamente un pittore «à la manière de Léonard copie del primo testo di riferimento, poi ricopiato ‘in bella’ e invia-
de Vinci». to a Parigi, si era persa la memoria di quale fosse il vero apografo
Attivo stabilmente a Roma dal 1624, l’artista francese divenne sim- contenente le illustrazioni originali di Poussin: si deve alla Steinitz84
bolo di una pittura didattica, erudita, «filosofica», come la definì l’individuazione di esso proprio in questo codice, sebbene, come ha
sin dal 1611 Federico Cesi (ispiratore di Cassiano e fondatore dei dimostrato recentemente la Fiorani, molti grafici siano pure attribu-
Lincei), adatta all’illustrazione di storie e miti dell’antichità, che si ibili al disegnatore di Cassiano, Pierfrancesco degli Alberti85. Innanzi
prestava ai programmi della Riforma cattolica: è ben nota la querelle al codice dal Pozzo aveva collocato la «Vita di Lionardo da Vinci
che in breve sarebbe sorta in seno all’Accademia parigina di pittura scritta da Giorgio Vasari Aretino» tratta dall’edizione del 1568 (la co-
e scultura tra Poussinistes e Rubénistes, ossia tra i sostenitori dello spi- siddetta «Giuntina»), mentre nella pubblicazione parigina essa verrà
rito di autorità e del razionalismo dogmatico e quelli dello spirito sostituita con la rielaborazione curata dal Du Fresne86.
di libero esame e del sensismo empirico; disputa che annuncerà la
rivoluzione artistica settecentesca.
Per il giovane cardinale Barberini, esigente bibliofilo, esperto di sto- ritrovar di Leonardo». (cit. in V. Lumbroso, op. cit., p. 132).
78
  Traité de la Peinture de Leonard de Vinci ...cit. L’opera contiene la prima biografia
ria cristiana e di teologia, Poussin realizzò numerose opere. Solinas di Leonardo e quella che è considerata la prima bibliografia in materia artistica,
sottolinea come, nella biografia scritta alcuni anni dopo la morte posta in calce al testo, entrambe redatte dal Du Fresne.
79
di Cassiano, il Dati ricordi e biasimi la gelosia del Barberini nei   Trattato della pittura di Lionardo da Vinci novamente dato in luce con la vita dell’istesso
autore scritta da Raffaele Du Fresne. Si sono giunti i tre libri della pittura et il trattato della
confronti della fama acquisita dal suo ‘coppiere’. Fino alla morte, dal statua di Leon Battista Alberti con la vita del medesimo, Parigi, G. Langlois, 1651. Cfr. E.
Pozzo non smise mai di occuparsi di Leonardo, dei cui manoscritti Carusi, Sulla redazione abbreviata del Trattato della Pittura di Leonardo da Vinci (a propo-
sito di un nuovo manoscritto), in «Accademie e Biblioteche d’Italia», I, n. 4 (gen.-feb.
promosse con ogni mezzo lo studio e la diffusione75. A differenza 1928), passim; M. Pavesi, op. cit., passim.
di Mazenta, che nelle sue memorie scritte intorno al 1635 offre un 80
  Nella prefazione a Mc Mahon (op. cit.), Heidenreich osserva che Cassiano e
riscontro piuttosto freddo dei manoscritti che dovettero appartene- Poussin si basarono sui disegni del Codice Barberini 4304 e, forse, del Codice
Corsiniano, anch’esso a Roma, comparandoli con gli originali di Leonardo della
re alla propria famiglia, prima che i suoi fratelli li disperdessero, dal collezione Arconati.
Pozzo era animato da un forte entusiasmo, facendo immediatamen- 81
  Si tratta del citato Codice Barberini 4304.
82
te rientrare le trascrizioni vinciane nelle attività finalizzate all’allesti- 83
  Si tratta del citato Codice Pinelliano.
  Nel 1815 gli apografi H 227, 228, 229 inf. furono spediti a Milano in luogo degli
mento del Museo Cartaceo76. Avendo conosciuto l’architetto barnabi- originali ivi trattenuti, sostenendosi che gli originali non si trovavano nella Biblio-
ta a Roma nel 1620 attraverso il cardinale Barberini, potrebbe averlo teca Nazionale, mentre erano in quella dell’Institut. Cfr. E. Carusi, Per il «Trattato
spronato egli stesso a scrivere la Memoria su quei manoscritti, prima della pittura»…cit., p. 427. Ciò è attestato da una nota della metà dell’Ottocento
leggibile a margine dell’H 228 inf: «N.B. Questa è la copia mandata da Parigi in
di occuparsene in prima persona proprio grazie all’intercessione di luogo dell’Originale Ambrosiano che quei Bibliotecari attestarono non trovarsi
Mazenta presso i responsabili dell’Ambrosiana77. nella Biblioteca Reale».
84
  K.Trauman Steinitz, Trattato studies. II. Second Supplement to «Leonardo da Vinci’s
Trattato della Pittura. Treatise on Painting, A Bibliography». Copenhagen, Munksgaard,
1958, in «Raccolta Vinciana», XIX, 1962, pp. 223-253. Riguardo poi al ms. n. 11706
74
  Nel 1655, con l’elezione di Fabio Chigi a papa col nome di Alessandro VII, dopo dell’Hermitage, la Steinitz espone i dubbi che ancora rimangono circa quali siano i
Innocenzo X Pamphilj, Cassiano aspirerà, senza però riuscirvi prima della morte disegni originali di Poussin (e non dei suoi collaboratori di studio), se quelli allegati
(1655), a ricevere dall’amico ora papa l’elevazione alla porpora che il cardinale Bar- a questo ms. o all’H 228 inf.: tra questi ultimi ci sono comunque degli originali di
berini gli aveva rifiutato durante vent’anni di devoto servizio. Egli era all’epoca mano del pittore (specie quelli di ossa o profili di teste), come attestano gli studi di
uno degli uomini più famosi d’Europa, ricco, onorato, residente in un’elegante A. Blunt sui disegni di Poussin. Comunque l’autrice, d’accordo con la Kamenskaja,
dimora di via dei Chiavari attribuita a Peruzzi, collezionista di opere del Domeni- ritiene che il ms. dell’Hermitage sia quello effettivamente adoperato per la stampa
chino, di Bernini e dello stesso Poussin, ma anche di scritti e disegni in cui erano nel 1651, come del resto lascia intendere anche Du Fresne nella premessa alla sua
raccolte le istanze più avanzate della ricerca scientifica in campo europeo: il Museo edizione, ove tra i manoscritti risultati più utili per l’opera cita quello redatto da
Cartaceo contava migliaia di incisioni sul tema dell’antico e su quello naturalistico, Cassiano dal Pozzo, corredato dalle immagini di Poussin e donato dallo stesso Cas-
oltre a rarissimi volumi. Insomma, sebbene solo recentemente rivalutato, Cassiano siano al signor di Chantelou. Cfr. E. Carusi, Per il «Trattato della pittura»…cit., p. 426.
fu certamente «regista dell’erudizione romana, della pittura e dell’antiquaria della 85
  La Fiorani (cfr. F. Fiorani, Abraham Bosse e le prime critiche al Trattato della Pittura
prima metà del XVII secolo» (I segreti di un Collezionista…cit., p. 11) e maestro di di Leonardo, in «Achademia Leonardi Vinci», V, 1992, pp. 78-95) ricostruisce bene il
generazioni di artisti e studiosi. problema delle manipolazioni dei disegni originali – finalizzate alle edizioni parigi-
75
  Cfr. L. Gramatica, Le memorie su Leonardo da Vinci di Don Ambrogio Mazenta ri- ne (in francese e in italiano) – da parte di Poussin (solo per i movimenti delle figure
pubblicate ed illustrate da D. Luigi Gramatica prefetto della Biblioteca Ambrosiana, Milano, umane), di Pierfrancesco degli Alberti e di Charles Errard (che realizza a Parigi le
Alfieri e Lacroix, 1919, p. 17 sgg.; E. Carusi, Lettere di Galeazzo Arconato e Cassiano incisioni per la stampa nonché la correzione di alcuni disegni di degli Alberti); ella
dal Pozzo per lavori sui manoscritti di Leonardo da Vinci, in «Accademie e Biblioteche nota inoltre l’incongruenza di alcune di queste figure con i testi di alcuni capitoli.
d’Italia», I, n. 6 (1929-30). In effetti, a differenza dei disegni presenti nel Codice Urbinate, direttamente tratti
76
  E. Carusi, Lettere di Galeazzo Arconato…cit., p. 505: «Il ricchissimo Museo dei dagli originali, quelli del 1651 sono interpretazioni fin troppo libere degli autori,
Dal Pozzo con una libreria di stampati e manoscritti preziosi fu venduta nel 1703 che spesso dànno agli scarni e astratti schizzi geometrici di Leonardo un tono
all’abbate Zaccagna per la Vaticana, ma presto, nel 1714, passò in proprietà di Ales- «pittorico», realistico, finalizzato alla stampa per gli artisti. Vi sono infine figure
sandro Albani, e dopo varie vicende la biblioteca Albani, come si sa, andò distrutta introdotte ex novo dagli autori dell’edizione del 1651, che non si trovano né nel
quasi interamente». Codice Urbinate, né nelle altre versioni abbreviate note, come è il caso delle figure
77
  Infatti in una lettera di Mazenta a Cassiano si legge: «Scrissi da Roma al Can. a corredo dei capitoli sui riflessi: di esse la Fiorani conduce un approfondito studio.
86
Alfieri che in assenza mia a V.S. mandasse immediatamente quel tanto che poteva   In calce al documento troviamo copia della citata memoria in cui Mazenta

Dagli originali agli apografi


35
Gli altri apografi utilizzati per la stampa sono quello già di pro- Nel suo imponente studio pubblicato nel 1871 sulle origini e sulle
prietà della contessa de Béhague di Parigi (poi ereditato dal nipote vicende dei manoscritti vinciani presenti a Milano, il Dozio92 nota
marchese de Ganay, da cui prese il nome) e il manoscritto conser- come i testi apografi inviati a dal Pozzo per l’elaborazione fina-
vato oggi presso il Museo Hermitage (n. 11706) di San Pietroburgo. le siano stati redatti, sotto il controllo di Galeazzo Arconati, tra il
Quest’ultimo, copia finale dell’H 228 inf., nel 1640 verrà dato da 1633 e il 164493 da un gruppo di religiosi, formato dal figlio naturale
Cassiano a Paul Fréart, signore de Chantelou e fratello del più noto del conte, il frate domenicano Luigi Maria (al secolo Francesco), da
teorico dell’architettura Roland Fréart de Chambray87, che lo por- padre Antonio Gallo94 – corrispondente di dal Pozzo a Milano e
terà a Parigi per la stampa88; ma le illustrazioni di Poussin verran- latore dell’intera documentazione – e dal canonico Girolamo Alfieri
no alquanto alterate dall’incisore Charles Errard, facendo infuriare (confidente del cardinale Borromeo coinvolto dall’Arconati a partire
il pittore89. Con riferimento al testo pubblicato, Vecce90 nota come dal 163595) con un lavoro sistematico di spoglio e confronto dei pre-
esso risulti profondamente alterato rispetto ai precetti originali le- cetti leonardeschi; attività seguita con cura da Cassiano, anche per gli
onardeschi: «capitoli tagliati o accorpati, interpolazioni e omissioni, interessi personali legati alla figura di Leonardo artista e scienziato.
massiccia omogeneizzazione della varietà linguistica»91. Particolarmente interessante è, al riguardo, la fitta corrispondenza
epistolare, attentamente studiata dal Carusi96, tra dal Pozzo e il conte
Arconati, avente il duplice scopo di una verifica della correttezza dei
descrive i manoscritti di Leonardo un tempo in suo possesso. Al codice, come nota testi e dell’acquisizione di ulteriori ‘capitoli’ da trarsi dagli originali
per primo Carusi, apparteneva pure il foglio (poi allegato erroneamente in calce presenti a Milano. Da tale espistolario, conservato in parte presso la
all’H 227 inf.) recante la lista dei capitoli poco chiari che Cassiano chiede a padre
Gallo di confrontare con gli originali. Biblioteca Apostolica Vaticana, in parte presso l’archivio della fami-
87
  Roland Fréart de Chambray (1606-1676) fu autore, tra l’altro, del famoso saggio glia milanese Sola Cabiati, si evince che sin dal 1634 frate Arconati
del 1650 dal titolo Parallèle de l’Architecture Antique et de la Moderne (Paris, de l’im-
primerie d’Edme Martin).
88
  Riguardo all’edizione del Trattato del 1651 Pedretti (Libro di Pittura…cit., p.
44) cita la Steinitz (Leonardo da Vinci’s Trattato della pittura…cit.) aggiornandone la
bibliografia e rimandando pure per la vicenda delle ‘filiazioni’ degli apografi del- abbreviata pubblicata nel 1651, proprio come quelli che abbiamo ricordato in pre-
la redazione abbreviata prima della stampa al proprio Commentary allo studio del cedenza, e che risulterebbero nel loro testo più fedeli agli originali di Leonardo e
Richter. Cfr. pure sull’argomento: F. Fiorani, op. cit., pp. 78-95; H.H. Brummer, The più vicini al Codice Urbinate che all’opera stampata. Pedretti azzarda che il codice
editio princeps of Leonardo da Vinci’s Treatise on Painting Dedicated to Queen Christina, in bolognese potrebbe ricollegarsi alla presenza in Bologna del Mazenta, o derivare
«ALV Journal,VI (1993), pp. 117-125; C. Pedretti, The Book of Painting: a bibliography, dal «mirabile discorso» di Leonardo prestato a Serlio da Benvenuto Cellini. La Stei-
in Achademia Leonardi Vinci. Journal of Leonardo Studies & Bibliography of Vinciana, IX nitz, nel citato contributo (Trattato studies. II. Second Supplement…cit.) edito a valle
(1996), pp. 165-191; C. J. Farago, How Leonardo da Vinci’s editors organized his Treatise del primo studio del 1958, dà ulteriori ragguagli su tutti gli apografi noti del Tratta-
on Painting and how Leonardo would have done it differently, in The Treatise on Perspective: to, proponendone una nuova classificazione sulla base dell’attento confronto con il
published and unpublished, Washington, Lyle Massey, 2003, pp. 20-52. Codice Barberini 4304, con il Codice Pinelliano e con la prima edizione del Trat-
89
  E. Carusi, Sulla redazione abbreviata…cit., p. 14. Nella prefazione l’editore, tato: già Heidenreich, nella citata prefazione all’edizione del Libro di Pittura di Mc
indicando le fonti dell’opera, fa diretto riferimento a questo manoscritto, che il Mahon, aveva proposto raggruppamenti in base ai titoli e al numero dei paragrafi, o
signor di Chantelou aveva avuto «dal virtuosissimo cavalier dal Pozzo, nel tem- all’intestazione comune di Opinione di Leonardo da Vinci, o altro ancora. La Steinitz
po ch’egli in Italia alla conquista delle belle cose, se per la gloria del regno non pone allora nel gruppo A il solo Codice Urbinate, ‘padre’ di tutti gli altri apografi;
moriva il nostro gran Cardinale, haverebbe portato Roma a Parigi». La Steinitz nel gruppo B-C sono le versioni abbreviate del Trattato, tutte simili nel testo ma
(Leonardo da Vinci’s Trattato della pittura…cit., p. 27) basandosi sulle parole di Du le B con illustrazioni tratte dal Cod. Urbinate, le C con illustrazioni di Poussin; nel
Fresne nell’introduzione alla pubblicazione, avanza l’ipotesi che egli si fosse gruppo D sono apografi tutti precedenti alla pubblicazione del 1651, con frammenti
basato anche sul cosiddetto ms. Thevenot (probabilmente quello esistente nella del Trattato più capitoli di meccanica, idraulica, ottica e altri argomenti scientifici;
Biblioteca Nazionale di Parigi, Codex 967), da ritenersi, secondo lo stesso Du nel gruppo E sono manoscritti tratti dall’edizione del 1651, utili per nuove edizioni;
Fresne, «molto più corretto» di quello di Chantelou. Crf. pure D. del Pesco, nel gruppo F è il solo Codice Huygens, copia manoscritta del 1580 circa, redatta
Paul de Chantelou, Roland Fréart e Charles Errard: successi e insuccessi dall’Italia, in a Milano da originali scomparsi di Leonardo (non dell’Ambrosiana). La studiosa
Rome-Paris 1640, sous la direction de Marc Bayard, actes de Colloque (Rome, sottolinea come già nel 1919 Carusi avesse proposto un saggio di concordanza
Académie de France, 17-19 avril 2008), Rome-Paris 2010, pp. 103-136. tra il Trattato edito nel 1651, il Codice Urbinate, il Ludwig e altri apografi, con
90 riferimento ad alcuni brani; concordanza utile alla classificazione dei manoscritti
  Libro di Pittura…cit., p. 108.
91 contenenti la redazione abbreviata. Poi nel 1956 fu la volta di Mc Mahon (che però
  Prima ancora della stampa dell’editio princeps, dal Pozzo aveva messo a disposizio- si riferisce all’intero Codice Urbinate, non al Trattato). La Steinitz sottolinea come
ne di quanti volessero consultarlo l’apografo Chantelou, da cui deriveranno tutte le Carusi suggerisse un’analisi delle varianti presenti nei testi delle trascrizioni, atte a
edizioni del Trattato successive a quella parigina fino alla pubblicazione del Codice determinare quali siano state le prime versioni e quali le successive: mentre Carusi
Urbinate nel 1817; unica eccezione, l’opera curata dal Fontani nel 1792, basata sul si riferiva, per prova, a tre passi all’interno di uno stesso capitolo, confrontandone
Codice Riccardiano di Firenze, con le splendide illustrazioni di Stefano della Bella. le trascrizioni nei vari manoscritti, la Steinitz si propone di farlo per tutti i ma-
Il Codice Chantelou resterà nella biblioteca di dal Pozzo fino al 1714, allorché pas- noscritti da A a C con riferimento al capitolo sul movimento della figura umana;
serà nella biblioteca Albani; a seguito, poi, della dismissione di quest’ultima sotto il ella riporta poi, sulla scorta di Pedretti, la ‘prova dell’uovo’ per individuare se un
Direttorio nel 1798, esso finirà a Parigi e poi a Bruxelles, ove verrà acquistato nel apografo è precedente o successivo alla editio princeps. Ancora con riferimento alla
1856 dall’antiquario Heussner per il Museo Hermitage di San Pietroburgo. Dozio pubblicazione del 1651, cfr. F. Fiorani, op. cit., pp. 78-95, in cui si sottolinea come
(G.M. Dozio, Degli scritti e disegni di Leonardo da Vinci e specialmente dei posseduti nel 1653, a seguito dell’edizione del Trattato, in seno all’Academie Royale di Parigi
un tempo e dei posseduti adesso dalla Biblioteca Ambrosiana, memoria postuma di G.D., fosse sorta un’aspra polemica tra il pittore Charles Le Brun, sostenitore del me-
pubblicata per cura di G. Prestinomi, Milano, Agnelli, 1871, p. 18) riferisce delle varie todo prospettico leonardesco, disponibile all’introduzione di aggiustamenti ottici,
edizioni del Trattato della Pittura successive a quella del 1651, pubblicate a Parigi e il «prospettico» dogmatico Abraham Bosse, il quale avanzava dubbi sulla cor-
(1716, 1796), a Napoli (1733), a Bologna (1786), a Firenze (1792) e a Milano (1804). rettezza dei testi adottati dell’edizione del 1651 rispetto agli originali: la polemica
Un altro utile contributo ai fini di una maggiore chiarezza riguardo alla vicenda è da ricondursi ancora una volta alla nota disputa tra Poussinistes e Rubenistes.
degli apografi del Trattato della Pittura ci viene dal Carusi (E. Carusi, Per il «Trattato 92
  Nel 1871 Giuseppe Prestinomi curò la pubblicazione postuma di un’importante
della pittura»…cit., pp. 430 sgg.) che, riassumendo quanto affermato dal Dozio e,
memoria di Giovanni Dozio (1798-1863) da cui si può trarre un quadro esaustivo
prima di lui, dal Jordan, dal Ludwig e dall’Uzielli (cfr. M. Jordan, op. cit., passim;
con riferimento all’intero corpus documentario giunto in possesso della Bibliote-
H. Ludwig, Lionardo da Vinci das Buch von der Malerei nach dem Codex Vaticanus [Ur-
ca in seguito alla donazione fattane nel 1637 dal conte Galeazzo Arconati. Cfr. G.
binas] 1270, Wien 1882, in «Quellenschriften für Kunstgeschichte und Kunsttechnik
Dozio, Degli scritti e disegni di Leonardo da Vinci e specialmente dei posseduti un tempo
des Mittellalters und der Renaissance», voll. II-III; G. Uzielli, op. cit.), distingue i
e dei posseduti adesso dalla Biblioteca Ambrosiana, Milano, Tip. Giacomo Agnelli, 1871.
codici redatti per la pubblicazione di Du Fresne dagli apografi H 227 inf. e H 229
La donazione fu rogata con atto del 21 gennaio 1637 del notaio Matteo Croce. Cfr.
inf., e infine dal citato Codice Urbinate, consultabile solo dopo il 1683 (quando
L. Gramatica, op. cit., p. 9.
passa da Urbino alla Vaticana) e per questo mai visto da esperti come Mazenta 93
e frate Luigi Maria Arconati. Nel corso dell’operazione condotta da Cassiano, il   E. Carusi, Per il «Trattato della pittura»…cit., p. 420. Dal 1637 i codici origi-
cardinale Barberini permise in più occasioni la trascrizione del Codice Barberini nali passarono effettivamente all’Ambrosiana, ma con riserva d’uso da parte del
4304, derivandone numerosi apografi, tra cui il Codice Ottoboniano, il Corsiniano donatore.
94
e il Casanatense. In un codice apografo presente presso l’Archiginnasio bolognese,   Padre Gallo, nato a Montergo nel 1596, entrò in noviziato nella provincia di
segnalato da Pedretti nel 1953 (C. Pedretti, Un apografo del “Trattato della Pittura” Milano e insegnò letteratura, filosofia e teologia; morì a Parma l’8 novembre 1650.
di Leonardo da Vinci conservato nella Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio di Bologna, Ivi, p. 426.
95
Bologna, Tip. Asca, 1953), lo studioso riconosce un altro dei numerosi testi che cir-   E. Carusi, Lettere di Galeazzo Arconato…cit., p. 510.
96
colavano tra i pittori nella prima metà del Seicento e che precedettero la versione   Ibidem.

Capitolo secondo
36
aveva tratto copia di scritti vinciani in un ‘libro’ inviato nell’agosto di timo. Così, in parte padre Gallo, in parte direttamente il conte e
quell’anno al cardinale Barberini (non si tratterebbe ancora del trat- suo figlio frate Luigi, continuarono l’opera nel corso di quell’anno,
tato sulle acque, sebbene il Gramatica propenda per quest’ipotesi97). Il che però si svolse a tratti, sia per le difficoltà incontrate, sia per dare
cardinale, gradito il dono, dovette manifestare il desiderio di ricevere occasione all’Arconati di chiedere al Barberini, attraverso dal Pozzo,
altri apografi al fine di avviarne la stampa; l’Arconati, di conseguenza, continui favori per il figlio in cambio del faticoso lavoro.
spronò padre Gallo a tale opera, auspicata da dal Pozzo con queste L’attenzione del conte e dei suoi collaboratori si soffermò partico-
parole: «[…] et è veramente con comodità di tempo da cavar dalle larmente sugli scritti di carattere scientifico, assai utili all’opera anto-
fatiche di quel grand’ingegno del Vinci tutto quello che si può»98. logica cui il cardinale aspirava. Cassiano si riprometteva di inviare al
Importante è, poi, la lettera del 7 agosto 1635 del conte Arconati a cardinale il testo completo di tutte le parti e nel maggio 1639 poteva
padre Gallo (in quel periodo rientrato a Roma) da Milano99, da cui dirsi soddisfatto del lavoro svolto, cui mancava solo la trascrizione
traspare il chiaro proposito del Barberini di promuovere un’edizione dei capitoli su «ombre e lumi»: infatti a quell’epoca dal Pozzo, ormai
a stampa del ‘meglio di Leonardo’: ricevuta «quella parte de’ discorsi del Vinci che si desiderava», era
intento a farla «ridurre in forma da accompagnarla al libro che S.
R.mo Padre, Em.za ha, che qualche tempo fa da me gli fu donato e posto nella
Veggo dalla cortesissima sua quanto desideraria l’Eminent.mo sig. sua copiosissima e sceltissima libreria, e talvolta potrebbe giunger in
Card.e di far cavare da libri che presso di me si trovano, ed io voglio tempo l’altra parte […] che s’è V.S. Ill.ma compiaciuto di accrescere
essere prontissimo in servire signor di tanto merito e di così rare qua- e far copiare, trattanti dell’ombre e lumi»103.
lità, perciò anderò trattando con il sig. Alfieri del modo esser scritti Il «libro» cui accenna dal Pozzo potrebbe essere il citato Codice
alla riversa di carateri minuti, con infinite figure, e se Sua Eminenza Barberini 4304; ma, mentre il codice contenente il trattato Del moto
persisterà in questo non mancherò affaticarmi perché ne segui l’effetto, e misura dell’acqua, tratto dagli originali da frate Arconati, giungerà
avendo per fermo che trovandovi le materie esquisite per ogni genere effettivamente al cardinale entro il 1643, restando nella Biblioteca
Sua Eminenza vorà vadi alle stampe per il publico benefitio, che vera- Barberini, le prime stesure apografe – l’H 227 inf. e l’H 229 inf. –,
mente sarà quanto io possia desiderare […]. rimaste anch’esse nella biblioteca di Cassiano e poi acquisite dalla
Biblioteca Albani nel 1714, andranno a finire a Parigi a seguito del-
Messosi all’opera, dal Pozzo entrò innanzitutto in amicizia con la dismissione di quella biblioteca ordinata dal Direttorio nel 1798,
il Mazenta, che aveva salvato i manoscritti dalla totale dilapida- venendo restituite solo nel 1815 in luogo degli originali trattenuti
zione e nel 1631 aveva scritto la citata Memoria, unica traccia del- presso l’Institut de France104.
le intricate vicissitudini seicentesche di quei codici100. Sin dall’i- Neppure il nostro Codice, forse perché ancora da rendere in for-
nizio dunque l’azione del Barberini, lungi dall’aspirare al dono ma definitiva per la stampa, verrà mai consegnato da dal Poz-
degli originali da parte del conte, fu improntata ad una chia- zo al cardinale, non venendo quindi a far parte della Biblioteca
ra onestà intellettuale e alla precipua finalità della stampa101. Barberini, come si evince anche dal catalogo di quest’ultima re-
Nel 1639, intrapresa la correzione dei primi testi trascritti, dal Pozzo datto nel 1681105: d’altra parte è da escludere, per i motivi che di-
inviò all’Arconati, attraverso padre Gallo, un elenco dei ‘capitoli’ per remo, che esso sia mai passato nella Biblioteca Albani, giungen-
i quali si trovavano «difficultà per intelligenza dell’opera di Leonardo do in altre mani prima del 1714 e, infine, a Vincenzo Corazza.
da Vinci della Pittura», ricordando l’«humanità e cortesia» del cardi- Le lettere più significative del citato carteggio sono quelle che Ar-
nale nei confronti del conte102, ossia i favori già ricevuti da quest’ul- conati scrive a Cassiano tra il giugno 1639 e il giugno 1640, in cui
parla specificamente del criterio di selezione dei testi dagli origi-
97
nali, con riferimento alle parti scientifiche, alla prospettiva, ecc. Nel
  Biblioteca Apostolica Vaticana, Cod. Vat. Barb. 4332. Il Gramatica (op. cit., p. 57)
riferisce: «In una lettera di Cassiano dal Pozzo al Conte Galeazzo Arconato scritta luglio 1639, ritiratosi per il caldo estivo nella propria villa in Valle
il 6 ottobre 1634 si accenna al P. Baccelliere fra Luigi Maria Arconato Domenica- d’Ossola con tutte le carte, Arconati annuncia a dal Pozzo di aver
no e a un certo punto è detto: “Ho visto il libro che ha copiato che gusterà; ed è
veramente con comodità di tempo da cavar delle fatiche di quel grand’uomo del
Vinci tutto quello che si può: ma dovrebbe V.S. Ill.ma non affaticar in questo modo portato alcuni libri, da quali vo facendo cavare gli effetti del moto, che
detto buon Padre… Nella pretesa carica di Maestro sarà il suddetto servito come mi paiono trattati molto degni, e usciti da un cervello bizzarro, ne farò
dirà poter bisognare, e stiassi V.S. Ill.ma certa”. Dal che mi parve poter desumere
che il ms. Barberiniano sia stato scritto nel 1634 e non 1643 e che la sottoscrizione, estraere più si potrà; et perché chi s’affatica in questo [cioè frate Luigi],
che apparisce stesa con inchiostro diverso debbe ritenersi aggiunta più tardi, dallo dovrà essere costì per mezzo di settembre, li mostrerà a V.S.I., che, es-
stesso fra Luigi, che nel frattempo aveva avuto agio di esperimentare gli effetti della sendo di gusto di S.E. [il cardinale], s’anderà compiendo il trattato, qual
protezione del Card. Barberini ed essere nominato Padre Maestro». Cfr. pure su
Luigi Maria Arconati: A. Favaro, Note Vinciane, in «Atti del R. Istituto veneto di è assai longo; et di più le darà conto d’altre curiosità, che paiono uscite
scienze, lettere ed arti», LXXIX, II, 1920. come furono da un ingegno divino106.
98
  E. Carusi, Lettere di Galeazzo Arconato…cit., p. 506. Si veda pure la lettera
di Cassiano ad Arconati del 16 ottobre 1634, pubblicata da Carusi (ivi, p. 516), in
cui il ministro segretario suggerisce di non affaticare troppo frate Luigi Maria, Nel settembre successivo l’Arconati invia, attraverso il figlio, altre
ma di avvalersi di padre Gallo per trarre dai manoscritti quanto più si possa trascrizioni a dal Pozzo:
dell’opera di Leonardo.
99
  Ivi, p. 510.
100
  L’architetto barnabita sostenne in ogni modo Cassiano nello sforzo di colla-
zione da lui programmato e il 20 novembre 1635, poco prima di morire, gli scrisse eseguito: “Li Capitoli segnati suon confrontati”. Poi di mano ancora diversa: “e
da Napoli, avvertendolo di aver ordinato al canonico Alfieri che, in sua assenza, l’altri non si trovano in questi libri”». Alla nota 1 Gramatica osserva: «Dall’esame
avrebbe dovuto mandare al ministro pontificio tutto quello che avesse trovato di compiutosi a Milano per opera del P. Gallo risultò che soltanto alcuni di quei ca-
Leonardo. pitoli furono identificati nei libri posseduti dall’Arconati». Ma non si comprende il
101
  Lettera dell’Arconati a dal Pozzo del 7 agosto 1635 (ibidem). perché, visto che da quegli originali erano stati tratti gli apografi inviati a dal Pozzo.
103
102
  In proposito alla fine dell’H 227 inf. troviamo uno scritto intitolato: «Capitoli   Ivi, p. 517, lettera di dal Pozzo all’Arconati del 21 maggio 1639.
104
ne’ quali si trova difficultà per intelligenza dell’opera di Leonardo da Vinci della   L. Gramatica, op. cit., p. 21.
105
Pittura, i titoli de’ quali sono li seguenti, secondo la copia che si ha qui in Roma,   Biblioteca Apostolica Vaticana, Index Biblioth. qua ex Fr. Barberini S.R.E. Cardi-
dalla quale è cavata quella che s’è mandata al P. Antonio Gallo per riceverne il favor nalis Vicecanc. magnificentissimas suae fam. ad Quirinalem aedes magnificentiores reddidit.
del riscontro». Riguardo a questo elenco il Gramatica osserva: «È di mano di Cas- Vol. 3 libros typis editos complectentes. Romae, 1681 in fogl.
106
siano dal Pozzo ad eccezione dell’ultima linea che contiene il risultato del riscontro   E. Carusi, Lettere di Galeazzo Arconato…cit., p. 507.

Dagli originali agli apografi


37
spero che da queste materie se ne potranno sciegliere alcune propor- A differenza, infatti, di quanto sinora sostenuto, il Codice napoleta-
zionate alle già inviate, e massime il discorso di prospettiva molto no non è semplice copia dell’H 229 inf., contenendo tutte le parti
corrispondente a quello di pittura già mandato; persuadendomi che presenti, rispettivamente, nell’uno e nell’altro codice milanese e rap-
debbe gradire all’incomparabil finezza dell’ingegno dell’E.mo Pa- presentando quindi la versione integrale della selezione antologica112.
drone107. Ma cerchiamo di conoscere meglio i due apografi ambrosiani, in
ogni caso assai significativi in relazione alle finalità della nostra ricer-
Nel giugno 1640 continua il lavoro sui codici da parte di frate Luigi, ca. Sin dall’inizio, parallelamente all’edizione del Trattato della Pittura
specie sui testi in materia di prospettiva, come accenna il conte in e per soddisfare le esigenze del cardinale, dal Pozzo dovette conce-
un’altra lettera a dal Pozzo: pire l’idea di una selezione dei precetti vinciani più significativi nei
campi dell’arte, delle scienze e dell’ingegneria.
Il P. Arconati hora che con gl’honori ricevuti col mezzo di lei si trova Riguardo, intanto, alla fedeltà di questi testi agli originali, va segna-
maggiormente tenuto ad impiegare (doppo il servitio di Dio) tutto se lata la nota del trascrittore che si legge in uno di essi113:
stesso per gradire nell’opera da lui intrapresa, va travagliando per finire
le parti che concernono l’attione di prospettiva, quali in breve saran- Nel dettar il presente foglio non ho voluto alterare la dettatura di Leo-
no da me inviate, acciò si possa quanto prima perficere costì ciò che nardo, acciocché l’Eminentissimo Signore veda il suo stile.
s’è cominciato: né tralascierà di avanzarsi in copiare le altre parti che
risguardano l’attione del moto, acciò che uniti questi trattati siino di Vi è poi l’altra presente sia in H 227 inf., sia in H 229 inf., sia nel
maggior sodisfatione all’Em.mo comun padrone108. Codice Corazza, in cui si legge:

Dall’epistolario si evince pure che l’attività dovette svolgersi su- […] se vi si è trovata cosa che paja non faccia senso, o pur qualche pa-
perando numerosi ostacoli di natura paleografica o interpretativa. rola manca, si è lasciata così per essere conforme all’originale, però da
Ci interessa qui porre l’attenzione sui due apografi dell’Ambro- correggersi da miglior giuditio.
siana dai quali nacque il Codice che avrebbe dovuto essere pre-
sentato al cardinale Barberini insieme con il trattato di idraulica. Dunque i trascrittori intervennero in alcuni casi sui testi dal punto
Nell’H 227 inf. è stato individuato il primo apografo inviato da di vista ortografico, ma senza integrarne le eventuali lacune o sna-
Milano a dal Pozzo e di conseguenza anche la prima ‘copia’ della turarne il senso. Insomma, abbiamo una garanzia certa della corret-
trascrizione antologica109, mentre l’H 229 inf. sarebbe il documento tezza filologica del lavoro svolto e questo non fa che giovare anche
successivamente elaborato di proprio pugno dal ministro segretario, alla nostra opera.
a seguito della revisione dell’ordine dei diversi gruppi di «precetti» Con riferimento poi alle figure presenti nei codici H 227 inf. e H 229
prima della copia finale per il cardinale110. Ma, oltre all’esame della inf., Carusi sottolinea che esse sono fedeli quasi in tutto alle originali,
grafia dell’H 229 inf., non appartenente a Cassiano (si confronti con a differenza di quelle ritrovabili nell’H 228 inf., che risultano affatto
l’H 228 inf., certamente di suo pugno), il fatto che una parte del diverse, spesso arbitrarie e prive della semplicità e rapidità di esecuzio-
primo apografo non sia nel secondo, e viceversa, ci autorizza a pen- ne che distingue gli appunti di Leonardo: tra l’altro mentre Poussin,
sare che anche nel caso dell’H229 inf. si tratti ancora di una versione nel ‘copiare’ Leonardo, interpreta le figure umane inclinandole verso
intermedia; insomma, essi sarebbero per così dire ‘fratellastri’ del Co- destra, negli altri due apografi milanesi esse sono rivolte nel verso
dice napoletano, ospitando sì l’annunciata selezione degli argomenti opposto, proprio come negli originali, redatti con la mano sinistra114.
destinati all’opera a stampa, ma nessuno dei due in forma completa111. L’H 227 inf.115, compilato da padre Gallo secondo una prima idea di
Cassiano, è databile al 1634-1640 ed è formato da tre sezioni, più il
testo originale della relazione Mazenta, un tempo allegato all’H 228
107
  Ivi, p. 507. inf.116. Il codice reca sul frontespizio, di pugno di dal Pozzo, la seguen-
108
  Ivi, p. 509. te dicitura: «Trattati di Pittura di Leonardo da Vinci.Vi sono le opere
109
  C. Pedretti, Studi vinciani. Documenti, analisi e inediti leonardeschi, Geneve, Li- mandate dal sig. Galeazzo Arconato al sig. Cardinal Barberino da
brairie E. Droz, 1957, pp. 257-258; Id., Copies of Leonardo’s lost writings in the ms. H 227
inf. of the Ambrosiana Library, Milan, in «Raccolta Vinciana», XIX (1962), p. 61. rivedersi per farsene una copia aggiustata»; appunto che ci fa capire
110
  Cfr. K. Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della pittura…cit., p. 105. che proprio da questo e dagli altri apografi sarebbe stata tratta la copia
Addirittura Dozio fa derivare l’H 227 inf. dall’H 229 inf.; non così il Carusi, sulla
scorta del Gramatica. Cfr. E. Carusi, Per il «Trattato della pittura»…cit., p. 429. Carusi
attribuisce i titoli d’intestazione dell’H 227 inf. e dell’H 229 inf. – scritti da mano 112
diversa da quella del redattore dei testi – a Cassiano dal Pozzo sulla base di docu-   Rimandiamo all’esame delle varie parti del Codice Corazza l’indicazione delle
menti segnalatigli dal Gramatica, sebbene quest’ultimo, nella sua pubblicazione del corrispondenze con gli originali vinciani, attentamente studiate da Pedretti e dalla
testo del Mazenta, attribuisca, in maniera alquanto contraddittoria, anche i testi a Steinitz con esclusivo riferimento agli apografi milanesi.
113
dal Pozzo. Cfr. L. Gramatica, op. cit., p. 21: «Mi domandai se quella scrittura non   Si tratta del cosiddetto apografo di Montpellier, di cui torneremo ad occuparci.
114
potesse essere di mano del Cav. Dal Pozzo, e fatto il confronto con alcune delle   E. Carusi, Sulla redazione abbreviata…cit., p. 20.
115
di lui lettere autografe, che trovansi nella corrispondenza del Card. Barberini alla   G. Dozio, op. cit., p. 30; G. Uzielli, op. cit., II, pp. 337-341; E. Carusi, Per il «Trattato
Vaticana, nell’archivio Sola-Busca e in quello di S.A.R. il Duca d’Aosta nel palazzo della pittura»…cit., pp. 425-427; K. Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato
della Cisterna di Torino, ho potuto convincermi essere la supposizione tutt’altro della pittura…cit., pp. 99-104.
che infondata». Ma alla nota 2 si legge: «Da una lettera di Cassiano Dal Pozzo 116
  Anch’esso passato dalla biblioteca di Cassiano a quella del cardinale Albani nel
all’Arconati si viene a sapere che al ricevere da Milano copia dei Mss. Leonardeschi 1714, per essere poi trafugato a Parigi nel 1796 e infine restituito all’Ambrosiana
egli li trascriveva nel formato voluto per accompaganarli al libro che sua Eminenza nel 1815 in sostituzione degli originali di Leonardo. Ma in un appunto erroneo
aveva, donatogli dallo stesso Cassiano e posto nella copiosissima e sceltissima sua del Dozio sull’apografo (f. 2) si legge: «Il card. Francesco Barberino, nato nel 1597
libreria; così è presumibile che l’opuscolo Ombre e Lumi che trovasi al n. 1 della e morto nel 1679, emulando il card. Federico Borromeo, raccolse a Roma nel suo
miscellanea [ossia l’H 227 inf.] e i numeri 2 e 3 siano appunto gli scritti avuti da palazzo una ricca biblioteca, di cui fu stampato il catalogo nel 1681. […]. Pare che
Milano; i quali, dopo aver servito per la trascrizione, finirono per restare in mano questo Codice abbia appartenuto alla Biblioteca Barberini di Roma, e di là sia stato
del Cav. Dal Pozzo». Da ciò si arguirebbe quindi, a differenza di quanto affermato trasportato a Parigi, donde fu poi mandato all’Ambrosiana di Milano». In realtà,
in precedenza, che i testi erano quelli redatti dai trascrittori milanesi e non da Cas- nessuno degli apografi H 227 inf., H 228 inf., H 229 inf. e Cod. Corazza giungerà
siano, che si sarebbe limitato a collazionarli e ad apporvi i titoli di testa. mai al Barberini, restando presso la biblioteca di dal Pozzo. Nel 1798, confiscata
111
  Su questi si veda pure l’utile contributo di G. Govi, Alcune memorie di Giovanni la biblioteca Albani per ordine del Direttorio, molti libri andranno in Francia o
Ambrogio Mazenta intorno a Leonardo da Vinci e a’ suoi manoscritti con illustrazioni, in «Il saranno venduti; infine essa verrà in parte ricostituita nel 1803, ma definitivamente
Buonarroti», s. II,VIII (1873), pp. 341-350, IX (1874), pp. 164-171, XII (1878), pp. 45-53. smembrata negli anni 1857-58. Cfr. G. Uzielli, op. cit., pp. 333, 340.

Capitolo secondo
38
Leonardo da Vinci, Traité de la Peinture, Paris 1651; frontespizio dell’edizione Leonardo da Vinci, Trattato della Pittura, Parigi 1651; frontespizio dell’edizio-
in lingua francese ne in lingua italiana

«aggiustata» e completa di tutte le parti, da riconoscersi nel nostro Co- to solo in parte120 dal Manzi: si tratta di un supplemento ai precetti
dice, di cui questo manoscritto è, insieme con l’H 229 inf., una bozza del Trattato della Pittura presenti nell’H 228 inf. e già destinati alle
iniziale. L’appunto farebbe intendere che l’apografo, stilato a Milano, stampe. Dozio, direttore dell’Ambrosiana negli anni postunitari, sot-
dopo essere giunto a Roma sia stato poi rinviato da dal Pozzo a pa- tolinea il carattere inedito del testo, soffermandosi in particolare sul
dre Gallo per essere perfezionato e, in qualche caso, ‘aggiustato’ onde citato brano in cui Leonardo espone la propria idea di pervenire a
risultare meglio comprensibile anche in certi passaggi sostanziali. un trattato sull’argomento121. Peraltro, come appunta lo stesso Dozio
L’importanza data al testo dagli autorevoli personaggi della corte sul frontespizio originale, il maestro aveva effettivamente iniziato
pontificia è testimoniata da alcuni appunti sul documento, in cui a scrivere il testo il 23 aprile 1490, facendosene cenno in una nota
si citano, tra l’altro, Poussin («Monsié Pusino deve rest.r [restituire] editoriale che ritroveremo anche nel nostro Codice.
uno [un trattato] dell’ombre e lumi con le fig.e appartate»117) e alti La seconda parte122 dovette fungere da base per la copia poi fat-
prelati che gravitavano intorno al cardinale Barberini, come il car- tane nella terza sezione dell’H 229 inf.123. Il manoscritto contiene
dinale Massimo e mons. Albrizzi. Oltre, quindi, al fatto che Poussin una miscellanea di 40 capitoli in materia di scienze e di ingegneria,
aveva preso in prestito la parte più significativa del codice, sappiamo più un breve trattato di prospettiva in 22 capitoli: «Pare – appun-
pure che a sua volta Albrizzi aveva chiesto e ottenuto da Cassiano ta ancora Dozio – che la Biblioteca Ambrosiana abbia posseduto
copia del trattato di Zaccolini sulla «Prospettiva Lineale»118. l’autografo di questa Miscellanea, benché non compaja nel novero,
La prima parte del codice119 contiene copia di una bozza del trattato per altro mal descritto, che il Bonsignori mandò al Comolli verso
su Ombre e Lumi tratto dai mss. A, C e Cod. Atlantico, poi pubblica- il 1790 […]. È ben da credere che un esemplare di questo fosse la
copia, non già l’autografo, che Benvenuto Cellini, morto poi nel
117
  Poussin era a Roma dal 1625. Cfr. C. Pedretti, Studi vinciani…cit., p. 257. Nella
scheda di M. Pavesi in I segreti di un Collezionista…cit., p. 81, questo appunto è
120
riferito al fatto che Poussin avrebbe preso in prestito la parte riguardante «Ombre   Ff. 61-82.
121
e lumi» della copia del trattato dello Zaccolini fatta stilare da Cassiano e oggi alla   G. Dozio, op. cit., pp. 30-31. Il primo libro dell’apografo consta di 54 fogli e 21
Laurenziana. In realtà Poussin aveva preso in prestito il testo sull’argomento tratto tavole di figure.
dai mss. di Leonardo dell’Ambrosiana e formante la prima sezione dell’H 227 inf. 122
  Ff. 83-108. Trascrizione rapida e fitta, di qualità evidentemente inferiore sia a
118
  K. Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della pittura…cit., pp. 99-100. quella dell’H 229 inf., sia al testo napoletano, idem per i grafici.
119 123
  Ff. 4-82.   Il libro è formato da 22 fogli con figure intercalate nel testo.

Dagli originali agli apografi


39
tale è presente solo negli apografi milanesi e nel Codice Corazza.
La terza parte125 costituirà la base per la copia contenuta nella prima
sezione dell’H 229 inf., sebbene manchi delle illustrazioni poste a
corredo di quest’ultima 126. Essa corrisponde ai cosiddetti «Capitoli
aggiunti» in materia di prospettiva e rappresentazione del paesag-
gio, ulteriori integrazioni ai precetti dell’H 228 inf. richieste da
Cassiano, su cui dovremo soffermarci più approfonditamente.
L’H 227 inf. è dunque, come sottolinea Pedretti, il primo tentativo
di formare un’antologia vinciana atta a soddisfare le richieste del
cardinale con una vasta raccolta di trascrizioni dal prevalente con-
tenuto tecnico-scientifico127, oltre che ad ampliare con altri precetti
in materia di pittura e di teoria della rappresentazione – i «Capitoli
aggiunti» e il trattato su Ombre e Lumi – il manoscritto ‘abbreviato’
già tratto dal Cod. Barberini 4304 per l’edizione del Trattato della
Pittura128 . Va detto che il testo dei «Capitoli aggiunti» non è sem-
pre identico in tutti gli apografi, sebbene sia costante la selezione
dei capitoli e la loro sequenza: si ritrovano comunque – come del
resto nelle altre sezioni di questi codici – le stesse trasposizioni di
paragrafi dalla pagina originale e in molti casi anche le medesime
variazioni nell’ortografia e a volte nell’interpretazione di una pa-
rola, sebbene in qualche caso errata 129. Quanto poi al trattato su
Ombre e Lumi, dal Pozzo chiese all’Arconati di far eseguire copie
dei capitoli presenti nei mss. A, C e nel Codice Atlantico, senza un
particolare ordine, ma semplicemente trascrivendo in sequenza gli
originali, forse in vista di un riordinamento che avrebbe dovuto
compiere egli stesso a Roma, ma che alla fine non eseguì 130.

125
  Ff. 109-116.
126
  Il libro consta di 8 fogli ed è privo di figure. Sull’originale ambrosiano è un
altro appunto di Dozio, in cui si legge che «si tratta di copia del Codice che Govi
verso il 1750 disse di aver trovato tra i Codici dell’Accademia Etrusca» (ossia il ms.
297 della Biblioteca Etrusca di Cortona). Cfr. K. Trauman Steinitz, Leonardo da
Vinci’s Trattato della pittura…cit., pp. 64-65.
127
  Ivi, pp. 94 sgg.; C. Pedretti, Copies of Leonardo’s lost writings...cit., pp. 61-94.
128
  K. Traumann Steinitz, Bibliography never ends…Addenda to «Leonardo da Vinci’s
Trattato della Pittura, Treatise on Painting, A Bibliography», Copenhagen, Munksgaard,
1958, in «Raccolta Vinciana», XVIII (1960), pp. 97-111.
129
  La Steinitz (ivi, p. 103, nota 8) dimostra che, essendo uno dei brani dei «capitoli
aggiunti» degli apografi tratto dal Codice Trivulziano, quest’ultimo doveva far parte
un tempo della donazione Arconati ed essere all’Ambrosiana, dove fu trascritto. I
«Capitoli aggiunti» del cosiddetto ms. Ganay – come del resto quelli dell’H 227 inf.,
anche se privi di immagini, ma non quelli di Belt 36, H 229 inf. e Codice Coraz-
za – mostrano a volte, nel mezzo del testo, delle sigle (AI, A1, Df 7, ecc.) che non
Nicolas Poussin, tavola illustrativa del codice apografo H 228 inf., c. 1637- corrispondono a quelle presenti nell’ultimo foglio del Codice Urbinate 1270, dal
40. Milano, Biblioteca Ambrosiana (da Solinas) titolo Memoria et Notta di tutti pezzi de Libri di mano di Leonardo…. La Steinitz dice
che esse si riferiscono forse alla trascrizione originale di Gallo e Alfieri, che potreb-
be essere andata perduta: in realtà, come dimostra Pedretti (Copies of Leonardo’s lost
writings…, p. 68), si tratta dei riferimenti alle immagini (poste nel ms. Ganay a fine
1570, comperò per 15 scudi d’oro; perocché questo, oltre al discorso testo e non all’interno come negli altri apografi). Come è noto, la maggior parte
dei testi dei capitoli aggiunti sono tratti dalle pagine di Leonardo che Melzi aveva
della Prospettiva, contiene anco altre mirabili cose, cioè i 40 capito- marcato e trascritto nel Codice Urbinate 1270.
li di vario argomento»124. Ma, se per «autografo» della miscellanea 130
  C. Pedretti, Copies of Leonardo’s lost writings… cit., p. 64. Si veda, in proposito,
Dozio intende un originale di Leonardo, la notizia è priva di fon- la lettera di Cassiano a padre Gallo del 21 maggio 1639: «Se a lei parrà si differisca il
far scrivere da Sua Em.za al S.r Arconati, dopo che harrà ricevuto non solo quello
damento, sia perché tra i codici dell’Ambrosiana finiti a Parigi esso che già è composto di trattati del Vinci, ma anco quello che s’aspetta dell’ombre e
non esiste, sia perché la «miscellanea» è attribuibile con certezza lumi, acciò possi nella lettera avere il tutto». Dobbiamo ancora a Pedretti la precisa
all’iniziativa voluta da Cassiano dal Pozzo intorno al 1640 e come individuazione dei testi tratti dai fogli originali perduti dei mss. A e B recuperabili
rispettivamente nella prima e nella seconda parte dell’H 227 inf.: ivi, pp. 61-94. Pe-
dretti nota come le altre due parti dell’H 227 inf. siano state descritte per la prima
volta dall’Uzielli nel 1884, poi dal Gramatica nel 1919 e infine dalla Steinitz nel 1958.
124
  Nel 1790 Stefano Bonsignori, all’epoca dottore nella Biblioteca Ambrosia- Nel 1957 lo stesso Pedretti (Scritti vinciani…cit., pp. 257-263) aveva individuato nella
na, poi vescovo di Faenza, fornì ad Angelo Comolli per la sua Bibliografia storico- seconda parte dell’H 227 inf. (f. 1r, dal titolo «Come innalzare un albero di nave»,
critica …cit. (III, 1791, pp. 191-192) l’elenco dettagliato dei codici che poco dopo su cui torneremo) un brano tratto da un foglio perduto del ms. B, prefigurando la
sarebbero finiti a Parigi; notizia questa che, come vedremo, risulta assai utile in possibilità che altri brani dell’H 227 inf. fossero stati tratti da fogli perduti: nel 1962
relazione ai rapporti di amicizia esistenti tra Comolli e Corazza. Cfr. C. A mo - lo stesso studioso, a seguito di un lavoro completo di raffronto tra apografo e ori-
retti, Memorie storiche su la vita gli studj e le opere di Leonardo da Vinci, Milano, G. ginali, annuncia di aver individuato altri brani perduti, tratti stavolta dal ms. A; dal
Motta al Malcantone, 1804, p. 132, e G. M anzi, op. cit., p. 8. Comolli si riferisce momento che nell’apografo i brani sono nella stessa sequenza rispetto agli originali,
alla ricostruzione minuziosa della vicenda dei manoscritti fatta dal Du Fresne abbiamo la prova che i testi perduti che si conservano nell’apografo corrispondono
nella premessa al Trattato e dal Mariette nelle sue Pittoriche (II, pp. 171 sgg.); a sua a fogli scomparsi del manoscritto, cioè tra l’86v e il 64v (numerazione inversa data
volta, però, aggiunge agli undici codici donati dall’Arconati, più quello donato dalla stesura vinciana dalla fine verso l’inizio del ms.). Tali brani sono inoltre con-
dal Borromeo, un tredicesimo (in 16°), offerto dal conte Orazio Archinti nel servati in parti barrate del Codice Atlantico (f. 135 r-a, v-a, datato 1490-91) e, come
1674, ossia l’attuale ms. K di Parigi, come si legge dal frontespizio scritto di vedremo, nel Codice Corazza. La Brizio (A.M. Brizio, Correlazioni e rispondenze…
mano dell’allora Prefetto dell’Ambrosiana Pietro Paolo Bosca. cit., pp. 81-89) osserva del resto che ci sono parecchi fogli di questo tipo nel Codice

Capitolo secondo
40
Codice apografo H 227 inf., c. 1637-40, sez. II, c. 1r (da originale perduto), Codice apografo H 229 inf., c. 1637-40, sez. III, c. 35r; studi di ingegneria
illustrazione del metodo «Per drizzare un’albero di nave». Milano, Biblio- idraulica e di prospettiva. Milano, Biblioteca Ambrosiana (da Pedretti)
teca Ambrosiana (da Pedretti)

L’H 229 inf., redatto entro il 1640 e inviato al Barberini, per le spettiva ed altro135. La seconda parte136 contiene i capitoli Del Moto,
esposte considerazioni va dunque ascritto a padre Gallo o all’Alfie- e forza, di meccanica e idraulica, tratti dai ms. A, E, F e mancanti
ri131. L’apografo, che seguì la stessa sorte dell’H 227 inf., è anch’esso nell’H 227 inf.: di essi, i precetti in materia di idraulica si ritrova-
formato da tre ‘libri’132 e reca sul frontespizio un titolo identico a no in gran numero nel trattato Del moto e misura dell’acqua redatto
quello del Codice Corazza133. La prima parte contiene i «Capitoli da frate Arconati137. Infine nella terza parte138, copia della seconda
aggiunti»134, che presentano qui le figure incollate sui fogli e, a mar- parte dell’H 227 inf., si ritrovano i capitoli riguardanti l’ingegneria
gine delle proposizioni, i riferimenti di Dozio all’opera di Manzi, meccanica, l’idraulica, nonché le osservazioni sulla prospettiva e sui
in cui si ritrovano, solo in parte e secondo un diverso ordine, i capi- principali metodi di rappresentazione139.
toli sui modi di rappresentare la natura e i suoi elementi, sulla pro-
135
  «Il primo libro di fogli 14 è una miscellanea in cui si parla di prospettiva, di
moto de’ corpi, della testa del cavallo, de’ corpi luminosi e ombrosi; poi seguo-
no alcuni capitoli sul dipingere alberi, stampati da poi, ma con diverso ordine
Atlantico contenenti una prima versione di note sulla pittura poi sviluppate nel ms. e alcune diversità di testo, nel libro VI del Trattato della Pittura edito dal Manzi.
A. Alcuni brani tratti dalla parte mancante del ms. A furono copiati anche da Melzi Questo primo libro è corredato di 26 figure, interposte nel testo e desunte,
nel Cod. Urbinate 1270 e uno di essi anche dal Venturi nel 1796 (Apogr.Venturi 67, credo, dagli originali di Leonardo, ma con abbellimenti: ad alcune mancano le
corrispondente a Ludwig 555, in H 227 inf., f. 48v). Pedretti esclude dalle proprie lettere relative a, b, c, d, ecc.» (G. Dozio, op. cit., p. 29).
tabelle di concordanza la parte III dell’H 227 inf., visto che essa contiene i «capitoli 136
  Ff. 21-86.
aggiunti», già oggetto dell’attento studio della Steinitz; egli propone invece le ta- 137
  «Il secondo libro di fogli 66 è similmente una miscellanea di idraulica, ottica,
belle di concordanza per la parte II dell’H 229 inf. (mss. A, E, F), che manca nell’H storia naturale, astronomia, ecc., con circa 175 figure; ma i più dei capitoli riguardano
227 inf., in modo da avere un quadro completo delle corrispondenze per tutte le teorie sul moto e misura dell’acque, e sono stampati, ma con notevoli varietà di lezioni,
sezioni, presenti contestualmente, come si vedrà, nel Codice Corazza. nel trattato pubblicato a Bologna nel 1828 dal Cardinali: alcune figure son più esatte
131
  Anche questo apografo, in origine presente nella biblioteca di dal Pozzo, giun- in questo codice che in quella edizione, e di più qui hai compiuta qualche lacuna
gerà poi all’Albani e infine all’Ambrosiana, dopo la trasferta parigina. dello stampato. Accenno alcuni altri capitoli a meglio chiarire la varietà delle mate-
132
  Uzielli li chiama a-c, più la copia della relazione Mazenta. K. Trauman Stei- rie contenute nel libro: Delle macchie della luna; Dei nicchi dei monti; Dell’arco celeste, Per
nitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della pittura…cit., p. 105. fare la duplicazione del cubo; Del volo degli uccelli; Del sole; Della virtù visiva, ecc.» (G. Do-
133
  Il f. 20r reca un titolo a matita quasi illeggibile, decifrato dal Govi: «Trattati zio, op. cit., p. 29). L’autore riporta poi integralmente il capitolo riguardante il canale
e parti di trattati diversi di prospettiva e operat.ni mathem.che di Lionardo da della Martesana, «perché breve e da qualcuno stato o inteso o citato inesattamente».
138
Vinci. Mons. Albrizzi de quelli della Pittura [?] Mons. Camillo de’ Massimi ne   Ff. 87-122, con figure acquerellate.
prese la [tre?] copia[e?]». 139
  «Il terzo libro di fogli 33 è anch’esso una miscellanea con capitoli di meccanica,
134
  Ff. 4-18. di idraulica, di macchine guerresche, di prospettiva, ecc., con più di 100 figure. Po-

Dagli originali agli apografi


41
Da quanto detto sinora, considerando il quadro dell’intera opera- vere alla maniera di Leonardo – a segnalargli il Codice Barberi-
zione condotta tra Milano e Roma, risulta con tutta evidenza che ni 4304144 . Ma quello che maggiormente va considerato da parte
mentre il lavoro eseguito per il Trattato della Pittura e per quello di nostra è che Zaccolini, oltre alle opere di pittura e di architettura
idraulica ebbe esito con la consegna al cardinale di testi definitivi su eseguite per l’ordine teatino tra Milano e Roma (tra cui il dipin-
queste materie, l’opera di selezione e trascrizione contenuta nei due to prospettico sulla volta del coro della chiesa di San Silvestro al
manoscritti milanesi necessitava ancora di un compendio all’interno Quirinale) operò anche a Napoli, ove pare abbia collaborato con
di un testo degno, anche graficamente, non solo dell’attenzione del Francesco Grimaldi al progetto e alla decorazione della chiesa dei
cardinale, ma anche della prevista pubblicazione. Il passo successivo Santi Apostoli e di quella di Santa Maria degli Angeli a Pizzofal-
in termini di completezza e di qualità grafica, sebbene anch’esso cone tra il 1609 e il 1613145.
non esaustivo sotto il profilo dell’ordinamento per materie, si ebbe Al mancato esito editoriale di una parte significativa dell’impo-
con il Codice Corazza: da un confronto con le grafie dei vari apo- nente attività coordinata da dal Pozzo farà seguito solo agli inizi
grafi sopra descritti, esso risulta essere l’unico compilato dalla stessa del Settecento, per quanto ne sappiamo, una simile iniziativa a
mano dell’H 228 inf., ossia da Cassiano dal Pozzo. Ma anche questa Roma, ove il pittore svizzero Ludovico Antonio David comincerà
stesura, probabilmente in attesa di giungere a quella definitiva utile a raccogliere materiali per un’importante pubblicazione su Leo-
per la stampa, non verrà mai sottoposta al vaglio del Barberini140. nardo: tra l’altro, egli avvierà la trascrizione paziente del codice di
Tra gli apografi che rimangono a testimonianza della ponderosa proprietà di Giuseppe Ghezzi che verrà poi acquistato nel 1717 dal
opera condotta da dal Pozzo, il cosiddetto ‘Codice di Montpel- conte di Leicester (poi Codice Hammer, oggi di proprietà di Bill
lier’141 , scoperto e studiato da Pedretti nel 1957, va da noi tenuto Gates), giungendone una copia anche a Napoli, come vedremo,
in debito conto ai fini dell’indagine sulla diffusione del pensiero al duca di Cassano; inoltre, con ogni probabilità, il pittore verrà a
vinciano in ambito napoletano sul principio del XVII secolo. In- conoscenza del Codice Urbinate146. Ma anche questa volta il pro-
fatti, quantunque anch’esso provvisorio e privo di contenuti di gramma non avrà realizzazione.
novità rispetto alle altre trascrizioni della stessa ‘famiglia’, il te-
stimone ci pare da segnalare in quanto vi si riportano interessanti
notizie biografiche del già citato collaboratore di dal Pozzo, padre ii. Impianto e contenuti del Codice
Matteo Zaccolini (1574-1630), pittore «prospettivista» e architetto
teatino142 . Esperto leonardista e maestro di Poussin, del Cavalier § 1 La struttura del testo e il significato
d’Arpino e del Domenichino, Zaccolini fu autore di importanti degli ‘excerpta’
saggi, tra cui un famoso trattato in quattro volumi manoscritti
(anche questi un tempo presso la Biblioteca Albani, poi passati a Dopo che, nel 1818, il Giustiniani ebbe segnalato ufficialmente,
Montpellier e infine scomparsi) intitolato De Colori, Prospettiva del nei termini che diremo, la presenza del Codice presso la Biblioteca
Colore, Prospettiva lineale, e Della Descrittione dell’Ombre prodotte da Reale di Napoli, solo nel 1878 il bibliotecario Alfonso Miola tornò
corpi opachi rettilinei (1616-22) 143 : proprio da questi scritti, secondo a sottolinearne l’importanza147. Bisognerà attendere tuttavia quasi un
Pedretti, dal Pozzo potrebbe aver tratto ispirazione per il progetto secolo perché Pedretti, nel 1957148, ponga all’attenzione della comu-
editoriale riguardante il Trattato della Pittura, coinvolgendo il te- nità scientifica il prezioso apografo:
atino nell’impresa sin dal volgere degli anni ’20, purtroppo solo
qualche anno prima della sua morte: potrebbe essere stato proprio
il frate – tanto esperto di testi vinciani da essere in grado di scri-
144
  Peraltro lo Zaccolini fu possessore di un codice, tratto con tutta evidenza
dal Barberini 4304, dal titolo «Opinione di Leonardo da Vinci, circa il modo
di dipingere prospettive, ombre, lontananze, bassezze da presso e da discosto et
che cose riguardanti l’idraulica e la prospettiva furono poi stampate nei due trattati altro»; titolo che ricorre, come è noto, in numerosi altri apografi coevi, tra cui
di Leonardo: tutto il resto è inedito, e v’han cose molto curiose e meritevoli di l’H 228 inf.: si tratterebbe dell’attuale cod. Casanatense 968. Cfr. K. Trauman
esser studiate. Ecco un saggio d’alcuni capitoli: Bombarda grossa che si carica di rietro; Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della pittura…cit., pp. 51 sgg.; C. P edretti,
Modi varii per alzar acqua; Moto perpetuo; Stromento da cavar terra da un porto, ecc.» (G. Un nuovo apografo del «Trattato della Pittura» di Leonardo da Vinci, in «Bibliothèque
Dozio, op. cit., p. 30). d’Humanisme et Renaissance», 1959, t. 21, p. 450; J.C. Bell, op. cit., pp. 105 sgg.;
140
  E. Carusi, Per il «Trattato della pittura»…cit., p. 429: «Essi [l’H 227 inf. e l’H Libro di Pittura…cit., p. 47.
145
229 inf.] non appartennero mai alla biblioteca Barberini e furono del Dal Pozzo,   Cfr. J.C. Bell, Zaccolini and Leonardo’s Manuscript A, in Il collezionismo dei leonar-
il quale, date le sue relazioni col Mazenta, con l’Arconati e con gli altri dotti deschi a Milano e la Madonna Litta, a cura di M.T. Fiorio, P.C. Marani, Milano, Electa,
milanesi, non dovette stentare ad averli». Meno convincente ci pare l’idea dello 1991, p. 190: «The Theatine order was growing rapidly in the early seventeenth cen-
stesso Carusi, sulla scorta del Dozio e del Ludwig, secondo cui gli apografi citati tury and had opened several houses in Lombardy. Since the order had an efficient,
non hanno nulla a che vedere con il lavoro di trascrizione e redazione disposto centralized government, it was not unusual for lay brothers with useful skills to be
dall’Arconati per poi inviarne una copia finale al cardinale, ma sarebbero copie transferred for short periods to places where their services were needed. Zaccolini’s
per uso personale di Cassiano. temporary transfer to Naples is an example; he helped there with the decora-
141
  Bibl. Fac. Médecine de Montpellier, H 267, già Bibl. Albani 1148. Cfr. K. Trau- tion of the residence at SS. Apostoli, with the design of the tabernacle there, and
man Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della pittura…cit., pp. 109-116. worked on stuccoes, fountains, and diverse ornaments at other Theatine churches
142
  Pedretti scrive inoltre su Zaccolini: «Attivo a Roma fra il Cinque e il Seicento, in the area». Ma J. Connors suggerisce di leggere diversamente il brano del ms.
Zaccolini compì estesi studi sul Trattato di Leonardo come pure sulle teorie delle Montpellier riguardante l’opera napoletana di Zaccolini: «...fa racconto d’haver
ombre e del colore per le quali sembra si fosse potuto servire di manoscritti originali particolarmente in Napoli servito di disegni e modelli in più Chiese, come quella
di Leonardo. Per lo meno si sa dalle fonti che la sua passione per lo studio di Leonar- degli Ap[osto]li...», invece di Agli [Angeli]. Cfr. R. Wittkower, The early Baroque.
do fu tale da indurlo a imparare a scrivere a rovescio. I suoi manoscritti, conosciuti e 1600-1625, 6th edition revised by J. Connors and J. Montagu, New Haven (London),
ammirati dai contemporanei, in particolare dal Poussin, sono rimasti per secoli sco- Yale University Press, 1999, p. 34.
146
nosciuti, e solo di recente sono stati ritrovati nella Biblioteca Laurenziana di Firenze   C. Pedretti, Epilogo…cit., p. 230.
147
fra i codici del Fondo Ashburnham, e quindi fra le opere che insieme ad altri mate-   A. Miola, Le scritture in volgare dei primi tre secoli della lingua ricercate nei codici della
riali raccolti da Guglielmo Libri provenivano dalla celebre biblioteca del Cardinale Biblioteca Nazionale di Napoli, I, Bologna,Tip. Fava & Garagnani, 1878, I, pp. 230-232:
Albani a Roma» (C. Pedretti, Epilogo: Roma per gli studi vinciani, in Leonardo e il leo- «XII. D. 79. Codice cartaceo del secolo XVII, alto cent. 31 e largo 22, di carte 230. […]
nardismo a Napoli e a Roma, a cura di A.Vezzosi, Firenze, Giunti-Barbera, 1983, p. 230. Gioverebbe confrontare a parte a parte questo manoscritto con le opere a stampa del
143
  C. P edretti, The Zaccolini Manuscripts, in Leonardo’s writings and theory of art, Vinci. Pare che sia questa la stessa copia fatta pel card. Barberini dal codice originale
a cura di C. J. Farago, New York, Garland, 1999, pp. 258 sgg.; J.C. Bell, Cassiano posseduto dall’Arconati, e donato all’Ambrosiana, con altri mss. di Leonardo nel 1637».
dal Pozzo’s copy of the Zaccolini MSS, in «Journal of the Warburg and Courtauld Cfr. pure Id., scheda dallo stesso titolo in «Il Propugnatore», XIV (1881), p. I, pp. 152-153.
148
Institutes», LI (1988), pp. 103-125.   C. Pedretti, Studi vinciani…cit., pp. 257-258.

Capitolo secondo
42
[…] Ai due codici milanesi già noti non foss’altro perché furono ni nella trascrizione di lettere o legende a corredo, evidentemente
sostituiti agli originali nella restituzione degli autografi rapinati da destinate ad essere corrette in corso di edizione – in più di un caso
Napoleone, si aggiunge ora la copia dell’H 229 inf. che Cassiano Dal possono aiutare a chiarire brani oscuri o poco comprensibili degli
Pozzo fece eseguire per il Cardinale Barberini e che si conserva oggi autografi; senza contare, infine, la possibilità che l’apografo offre di
nella Biblioteca Nazionale di Napoli (segn. H D, 79 149 ). Si sapeva approfondire precetti un tempo presenti in fogli originali perduti.
che il pittore Giuseppe Bossi nel 1810 si era recato a Napoli a copiare Ne consegue tutta l’importanza del Codice che, in linea con l’aulico
un “manoscritto di Leonardo” e che da queste copie G.B. Venturi programma sotteso alla sua redazione, si dimostra per molti aspetti
ricavò alcuni capitoli di cui si servì in una memoria inedita sull’ottica una fonte assai accattivante: non va però sottaciuta la difficoltà di
di Leonardo. Si è potuto ora accertare che si tratta proprio dell’apo- un’analisi più minuta, da svolgersi necessariamente per settori di
grafo Barberini. competenza e che auspichiamo di poter coordinare all’interno di
una futura esperienza di ricerca.
Nel riconoscere l’importanza della segnalazione, dobbiamo pur
osservare come non si tratti, in effetti, di una semplice copia del- Prima di procedere all’analisi generale dei contenuti e a cercare
l’H 229 inf.: dopo Pedretti 150 , sarà la Steinitz a riproporre il Codice quindi le possibili linee-guida che ispirarono la selezione seicente-
all’attenzione degli studiosi, parlando però ancora di una copia sca, descriviamo sinteticamente i dati ‘tecnici’ a nostra disposizione.
dell’apografo ambrosiano151 , e ugualmente farà Vezzosi, in tempi Il manoscritto, databile entro il 1640, è in folio, delle dimensioni di
più recenti, nell’imponente studio a sua cura sul leonardismo tra 220 x 315 mm e redatto ad inchiostro nero con la grafia dell’H 228
Roma e Napoli, in cui i manoscritti vinciani appartenuti a Coraz- inf.; la legatura, come dimostreremo, è opera di Corazza, mentre
za vengono per la prima volta schedati 152 ; infine Pedretti tornerà la coperta esterna risale agli inizi dell’Ottocento155. Il documento
sull’argomento in un interessante contributo del 1996153 . Ma, sino reca su qualche foglio, a margine del testo, brevi annotazioni sei-
ad oggi, non è stata adeguatamente ricostruita l’intera vicenda del centesche e poche altre siglate da Corazza 156 : da queste ultime si
Codice né approfondita la figura di Corazza sulla base dell’inedito comprende immediatamente come l’abate non abbia mai comple-
carteggio della Biblioteca Nazionale di Napoli, della Biblioteca tato la chiosatura del testo, fermandosi ai primi fogli. Ma ciò è del
Comunale dell’Archiginnasio di Bologna e di altre fonti dispo- tutto marginale: l’analisi del documento dovette essere integrale e
nibili. Ora, a partire da quanto abbiamo già accennato sull’ar- approfondita, come dimostrano i «Termini di arte» compilati dallo
gomento in altra sede154 e attraverso un confronto tra il Codice studioso intorno al 1798, che abbiamo trascritto in appendice e
napoletano, gli apografi milanesi – più volte indagati in rapporto più innanzi descriveremo. Il Codice, come i ‘provvisori’ milane-
ai manoscritti vinciani, ma mai fatti oggetto di studi specifici – e si, mostra il carattere di una selezione mirata di argomenti tratti
le più recenti edizioni dei codici originali di Leonardo, potremo da originali databili tra il 1490 e il 1518 e redatti da Leonardo tra
dimostrare il carattere di summa che il manoscritto rappresenta Firenze, Milano e Amboise; la trascrizione appare redatta senza
all’interno dell’intera opera di selezione e trascrizione antologi- alcun riferimento al Trattato della Pittura ma, al contrario, contiene
ca: esso appare redatto con grafia elegante e corredato di disegni molti «precetti» assenti sia in quel testo che nel Codice Urbinate,
fedeli a quelli vinciani, se non, in molti casi, di migliore qualità e tesi, come si è detto, ad ampliare gli ambiti d’interesse al campo
o leggibilità; ciò in relazione sia al pessimo stato di conservazione delle scienze e dell’ingegneria, recando una vastissima messe di
in cui versano gli inchiostri, le matite e i supporti cartacei di quei osservazioni.
taccuini, sia alla scala maggiore adottata nell’apografo e, in molti Vediamo allora in rapida sintesi la struttura del Codice.
casi, ad una più chiara raffigurazione in ribaltamento speculare La prima parte è intitolata, come l’H 229 inf., Copia di capitoli diver-
rispetto alle costruzioni rovesciate di Leonardo. Il corredo grafico si di Lionardo da Vinci circa le Regole della Pittura, e modo di dipingere
non è dunque quello di Melzi, spesso frutto delle sue rielaborazio- Prospettive, ombre, lontananze, altezze, bassezze, d’appresso, e discosto, e
ni, né quello del Trattato della Pittura, realizzato come sappiamo da altro. L’originale de quali dal signor Galeazzo Arconato è stato donato alla
Poussin. Libraria Ambrosiana, e dall’istesso è stata inviata [la copia] all’Em.mo
I testi e le illustrazioni – sebbene gli uni con qualche omissione o S.r Cardinale fran°. Barberino. Sono li sudetti capitoli di più di quelli, che
errata interpretazione lessicale, le altre con sporadiche imprecisio- nell’opera ordinaria de precetti della Pittura si vedono157. Il titolo riprende,
con tutta evidenza, quello ricorrente in numerosi testi ‘abbreviati’
cinque-seicenteschi tratti dal Libro di Pittura di Melzi e contenen-
149
  La segnatura corretta è in realtà: BNN, Manoscritti e Rari, XII. D. 79.
150 ti l’«opera ordinaria» che fungerà da base per la pubblicazione del
  Il codice è pure segnalato tra i manoscritti della Biblioteca Nazionale di Napoli
da P.O. Kristeller, Iter Italicum, London-Leiden 1963, I, p. 406, sia pure semplice- Trattato della Pittura nel 1651; ma viene anche sottolineato il carattere
mente riportando quanto già riferito dal Miola (cfr. supra). ‘integrativo’ di questi capitoli rispetto a quelli già disponibili. La ‘co-
151
  K. Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della Pittura…cit., pp. 107-108.
pia’ inviata al Barberini era l’H 229 inf., mentre il più ampio Codice
Nella scheda relativa al codice napoletano compare anche la segnatura esatta della
Biblioteca Nazionale. Corazza, come vedremo, resterà in casa dal Pozzo.
152
  Si veda Leonardo e il leonardismo…cit., pp. 139-142, schede di A.Vezzosi. La col- Questa sezione, dedicata alla rappresentazione e alla ‘costruzione’
locazione indicata nella scheda a p. 139 è di nuovo errata, essendo attribuita al nostro
codice la segnatura XII. D. 80. del paesaggio, ai principi generali di ottica e alla teoria delle ombre,
153
  C. Pedretti, I manoscritti ‘inediti’ di Leonardo ricercati da Giuseppe Bossi a Napoli: è divisa a sua volta in due importanti sottosezioni.
autografi o apografi?, in «Achademia Leonardi Vinci», IX (1996), pp. 136-139. Infine è
da segnalare il contributo di M. Rascaglia, I manoscritti di Leonardo e un abate del
‘700, in Aa.Vv., Acqua continuum vitae…il divenire Mediterraneo nel racconto dell’Arte e
155
della Scienza, a cura della Biennale delle Arti e Scienze del Mediterraneo, Salerno,   Per ulteriori dati tecnici si veda la scheda relativa al Codice redatta da M.R.
Artecnica Production A.C., 2000, pp. 44 sgg. Grizzuti in Manus online (http://manus.iccu.sbn.it). La coperta, in pelle, decorata
154
  Cfr. A. Buccaro, Leonardo tra iconografia e ingegneria nel Codice Corazza: appunti in oro con legatura in vitello marrone alla francese, reca controguardie e relative
dallo studio in corso, in Le città dei cartografi. Studi e ricerche di storia urbana, a cura di C. guardie in carta marmorizzata policroma; sul dorso è presente un tassello in pelle
de Seta, B. Marin, Napoli, Electa Napoli, 2008, pp. 95-105; Id., Ingegneria tra scienza rossa con autore e titolo in oro (“Lionardo da Vinci Le regole della pittura M.S.”).
156
e arte: il Codice Corazza e la permanenza del modello vinciano nella cultura napoletana,   Vezzosi è stato il primo a notare la sigla «VC» che accompagna alcune postille
in Storia dell’Ingegneria. Atti del 2° Convegno Nazionale (Napoli, 7-9 aprile 2008), a presenti sul documento. Cfr. Leonardo e il leonardismo…cit., p. 139.
157
cura di S. D’Agostino, Napoli, Cuzzolin Editore, II, pp. 797-809.   Consta di 97 pagine, ff. scritti 187.

Impianto e contenuti del Codice


43
Codice Corazza, c. 1640, sez. I/b, p. 39, incipit di «Ombre, e Lumi». Napoli, Ms. C, foglio di guardia con riferimento all’opera di R. Trichet du Fresne.
Biblioteca Nazionale Paris, Institut de France

La prima (che chiameremo I/a, di ff. scritti 35, con grafici inseriti nel di lettere di riferimento introdotte ex novo dal trascrittore. È questa
testo) è tratta, nell’ordine, dai mss. E, A, F158, G (in netta prevalenza, la parte del testo che, come si è accennato, nel 1816 verrà studiata per
con ordine crescente dei fogli), M159, H160 e Trivulziano161 e riguar- i preziosi contenuti in materia di ottica e di teoria delle ombre dallo
da, tra gli altri temi, il significato e la tecnica della prospettiva: essa scienziato reggiano Giovan Battista Venturi attraverso la trascrizione
corrisponde ai citati «Capitoli aggiunti», finora inediti nella loro del nostro Codice eseguita a Napoli da Giuseppe Bossi nel 1810,
selezione, sebbene attentamente studiati da Pedretti e dalla Steinitz, allorché erano ormai a Parigi tutti i documenti dell’Ambrosiana,
i quali, traendoli dagli apografi milanesi, ne hanno analizzato la cor- originali e apografi. In questa sezione, come si vedrà, sono nume-
rispondenza con gli originali di Leonardo e con altri apografi, tra rosi brani tratti da fogli perduti del ms. A di Parigi, che riguardano
cui il Libro di Pittura. La seconda sottosezione (I/b, di ff. scritti 107 e tra l’altro luci e ombre applicate agli interni architettonici: teniamo
21 tavole grafiche tutte a fine testo), intitolata Ombre e Lumi e man- dunque a dare alle stampe il testo su Ombre e Lumi per la prima volta
cante nell’H 229 inf., è tratta (con ordine decrescente dei fogli) dal in forma integrale e con le splendide tavole a corredo nella dimen-
ms. A, dal Codice Atlantico e dal ms. C, donato da Guido Mazenta, sione originale dell’apografo, evidenziandone anche le parti tratte
fratello di Ambrogio, a Federico Borromeo nel 1603 e da questi dagli originali scomparsi.
all’Ambrosiana all’atto della sua fondazione nel 1609162. Significativa La seconda sezione del Codice163 è tratta in ordine discontinuo dai
è, in questa parte del Codice (come di quella corrispondente dell’H mss. B, E, F, G, I, con netta prevalenza dei mss. B (con ordine cre-
227 inf.), la collocazione dei grafici esplicativi al termine della parte scente dei fogli) e F (con ordine decrescente).
scritta e non in sede promiscua come nell’originale, con l’adozione La terza sezione, intitolata Del Moto e Forza164 e mancante nell’H
227 inf., è riferibile quasi per intero al ms. F (con ordine decre-
158
scente) se si eccettua qualche proposizione iniziale tratta da fogli
  Si fa riferimento ad un solo foglio di questo manoscritto.
159
 Idem ut supra.
dei mss. A ed E.
160
 Id. ut supra. Nei contenuti di questi ultimi due ‘libri’ è possibile riconoscere una
161
  Id. ut supra. selezione specifica, dedicata rispettivamente all’ingegneria meccani-
162
 Al ms. C «De Ombra e lume» si riferisce in particolare Comolli (op. cit., III, ca e all’idraulica; ma in entrambi si possono individuare anche capi-
p. 189), che parla di una trascrizione del testo effettuata intorno al 1780: «In questi
ultimi anni fu copiato per intero, ma senza le figure, ad istanza del P. Abate Venini
Monaco Cisterciense. Di queste notizie, siccome ancora di molte altre, che tra-
scriverò in appresso relativamente ai libri Ambrosiani del Vinci, sono riconoscente
163
al gentilissimo Sig. D. Stefano Bonsignori, che per mezzo, e ad istanza del ch. Sig.   Consta di 47 pagine per 92 fogli scritti, con grafici inseriti nel testo.
164
Carlo Bianconi me le ha cortesemente trasmesse».   Consta di 82 pagine per 163 fogli scritti, con grafici inseriti nel testo.

Capitolo secondo
44
toli sugli argomenti più vari nel campo delle scienze naturali, della Si comprende quindi l’importanza storica del Codice, ossia il
geofisica, della fisica del moto, dell’idrodinamica, dell’aerodinamica ruolo svolto nel periodo del trasferimento in Francia di tutti gli
e dell’ingegneria civile e militare. Non mancano poi ripetizioni di originali e apografi ambrosiani, oltre alla già notata utilità ai fini
brani tratti dal ms. F, contenenti per la maggior parte capitoli di ot- del recupero dei testi e dell’apparato grafico un tempo presenti
tica che vengono riproposti testualmente nelle due parti o integrati nei fogli sottratti dallo scienziato Guglielmo Libri nel 1830167 ; re-
con nuove «proposizioni». Altri testi, infine, si possono ritrovare nel- cupero condotto per la prima volta da Pedretti con riferimento
la trascrizione di frate Arconati in materia di idraulica. all’H 227 inf.168 , in cui si ritrova, come nel Codice Corazza, la
Il motivo di tante ripetizioni e integrazioni, che confermano quelle trascrizione dei fogli scomparsi del ms. B di Parigi relativi alla
già presenti negli apografi preparatori, potrebbe essere dato dall’e- procedura «per drizzare un’albero di nave» 169 e quella dei fogli
secuzione delle prime trascrizioni su fogli provvisori sciolti, poi se- perduti del ms. A su Ombre e Lumi concernenti, tra l’altro, la rap-
lezionati e trascritti nelle varie parti degli apografi in tempi diversi presentazione di parti architettoniche soggette a differenti condi-
e senza, per il momento, una netta suddivisione per argomenti. Va zioni di illuminazione170 .
invece sottolineato come, sotto l’apparente guazzabuglio di precetti, La struttura antologica assume nel nostro documento un impian-
il modo stesso della selezione di questi ultimi – pur nel rispetto della to che supera decisamente il carattere del semplice ‘zibaldone’.
compilazione vinciana, riconoscibile nella scelta di seguire l’ordine Mentre, come abbiamo visto, i «Capitoli aggiunti» e il testo su
(crescente o decrescente) di quei fogli – avvenga sovente contravve- Ombre e Lumi erano destinati ad integrare i contenuti del testo già
nendo, per interi brani, a quell’ordine con l’andare repentinamente elaborato nell’H 228 inf. per il Trattato della Pittura e pubblicato un
al principio, alla fine o in tutt’altro sito dell’originale: ciò indica la decennio dopo dal Du Fresne, le altre due sezioni appaiono mira-
volontà di giungere ad una stesura organica attraverso un progres- te ad altrettante collazioni nel settore delle scienze e delle tecni-
sivo riordinamento (se mai possibile!) di quello che era ritenuto da che dell’ingegneria, insomma ad un tentativo di ‘ricostruzione’,
Cassiano e dai suoi collaboratori il ‘meglio di Leonardo’ in materia per quanto improbo e parziale, di due di quei trattati – l’uno con
di scienza e tecnica dell’ingegneria, anche sotto l’aspetto dell’ag- prevalente taglio ingegneristico, l’altro fisico-teorico – cui si è
giornamento rinvenibile nei testi vinciani in rapporto alle diverse accennato a proposito dei programmi di Leonardo poi rimasti nel
epoche di stesura. cassetto. Anche l’ordine dato alle sezioni nel Codice napoletano
Se, dunque, si può riconoscere nelle singole parti del Codice una mostra lo scopo multidisciplinare che si intendeva perseguire con
connotazione disciplinare prevalente, molti sono i brani della sele- l’intera selezione.
zione sui temi più disparati atti ad interessare l’artista, lo scienziato Tra i capitoli più significativi nei diversi ambiti, troviamo quelli re-
o l’ingegnere; brani che, introdotti promiscuamente da Leonardo lativi alla teoria della visione e della rappresentazione dell’ambien-
in un medesimo foglio, vengono fatti salvi dal trascrittore. A ben te naturale e dei suoi elementi: dunque, questioni di prospettiva,
guardare, la dissertazione su Ombre e Lumi appare quella dotata di geometria, raffigurazione dell’uomo e del paesaggio, e teoria delle
maggiore organicità (a patto, però, di considerare il carattere ‘da- ombre anche con specifico riferimento agli interni architettonici.
tato’ di una parte di questi precetti, tratti dal Codice Atlantico, il Si indagano poi le scienze fisiche, naturali e applicate alle diverse
più antico degli originali ambrosiani, e, in ogni caso, di integrarli branche dell’ingegneria. In particolare si affrontano importanti temi
con testi sulla stessa materia presenti in altri codici) tanto da essere relativi alle leggi del moto e delle forze, alla statica, all’idrodinamica
considerata nell’Ottocento il risultato di una trascrizione fedele da e all’aerodinamica (il volo degli uccelli), alla geometria e alla fisica
un solo codice originale e non quello di una selezione ragionata terrestre, ma anche applicazioni all’ingegneria civile, militare, idrau-
da più manoscritti. lica e meccanica, non mancando infine di tornare sui principi di
ottica e di prospettiva, integrando (e in qualche caso persino ripe-
Proponiamo di seguito uno schema dal quale si può evincere la tendo) quanto esposto in precedenza.
corrispondenza tra le parti del Codice e quelle dei due apografi Tali argomenti che, verosimilmente, più stimolavano dal Pozzo,
milanesi con riferimento alle singole sezioni di questi ultimi e a appaiono dunque raccolti quali excerpta posti in successione per
quelle in essi mancanti: ‘blocchi’ di precetti su un medesimo tema. Ma un ordinamento
definitivo e organico deve essere risultato sin dall’inizio difficil-
Codice Corazza I/a I/b II III mente raggiungibile senza in qualche modo ‘manipolare’ i testi
H 227 inf. III I II Manca vinciani; cosa che, come ben si comprende, deve avere scorag-
H 229 inf. I Manca III II

Dal prospetto si trae conferma di quanto abbiamo già notato a pro- contributo sugli apografi ambrosiani. Cfr. C. P edretti, Copies of Leonardo’s lost
writings…cit., pp. 76-94.
posito del carattere di completezza che distingue il nostro Codice. 167
  Gugliemo Libri Carucci dalla Sommaja (1803-69) fu un insigne matematico
In particolare, notiamo che nell’H 227 inf. manca tutta la sezione (insegnò prima a Pisa, poi al Collège de France a Parigi) ma anche un accanito
più ricca in materia di scienze e di tecnica, mentre nell’H 229 inf. bibliofilo, rendendosi autore di clamorosi furti sia in Italia, presso la Biblioteca
Laurenziana di Firenze, sia presso l’Institut de France, ove, sfruttando la pre-
non c’è la parte su Ombre e Lumi, che tanto appassionerà il Venturi stigiosa carica di Secrétaire de la Commission du Catalogue général des manuscrits des
per i suoi studi di ottica. A margine della trascrizione integrale del bibliothèques publiques de France, fece oggetto delle proprie ‘attenzioni’ i codici
vinciani. Pubblicò importanti opere, tra cui la Histoire des sciences mathématiques
Codice potremo indicare, sulla base dello studio della Steinitz165, le en Italie, depuis la Renaissance des lettres jusqu’à la fin du 17me siecle, Paris, chez J.
concordanze dei «Capitoli aggiunti» con gli originali e con gli even- Renouard et C., 1840. Si vedano in particolare le pagine dedicate dall’autore a
tuali fogli corrispondenti del Libro di Pittura, individuando peraltro Leonardo ivi, t. XIII, pp. 10-57, in cui traccia un quadro sintetico ma circostan-
ziato della vicenda dei mss. vinciani attraverso l’opera del Venturi e i contributi
alcune imprecisioni nei riscontri già noti166. di altri studiosi coevi. Peccato che proprio lui si fosse reso autore, un decennio
prima, dell’incredibile manomissione di quei testi restando, di lì a poco, discre-
ditato per sempre.
168
165
  K. Trauman Steinitz, Bibliography never ends…cit., p. 102-103.   C. Pedretti, Studi vinciani…cit., pp. 262-263.
169
166
  Per le altre parti ci limiteremo a proporre i riferimenti agli originali, seb-   Codice Corazza, II, p. 1; H 227 inf., II, f. 1r.
170
bene con alcune precisazioni rispetto a quanto già indicato da Pedretti nel suo   Ivi, I/b, pp. 130-139, tavv. pp. 185, 187; H 227 inf., I, ff. 47v-51v, tavv. ff. 81-82.

Impianto e contenuti del Codice


45
§ 2 La selezione sulle teorie della visione
e della rappresentazione e i precetti in materia
di ingegneria edile, meccanica e idraulica

Analizziamo ora i contenuti di ciascuna sezione del docu-


mento con riferimento alle tematiche concernenti le teorie della
percezione e rappresentazione del paesaggio e del costruito, nonché
le scienze applicate ai vari ambiti dell’ingegneria. Questo lavoro, che
tiene conto, il più possibile, dell’autorevole ed amplissima bibliografia
prodotta sulla materia vinciana, s’intende finalizzato all’individuazio-
ne delle basi teoriche sulle quali tali discipline si fonderanno, a partire
dal primo Cinquecento, anche nell’ambiente meridionale, trovando
proprio nella ricerca di Leonardo quel punto di forza che, senza so-
luzione di continuità, animerà ancora due secoli più tardi il dibattito
teorico-architettonico e tecnico-scientifico nello Stato napoletano.

I «Capitoli aggiunti» presenti nella prima sezione sono tratti da


manoscritti vinciani databili tra il 1490 e il 1515 e in buona parte
complementari rispetto al Codice Atlantico. Richiesti, come si è
detto, da dal Pozzo insieme con il trattato su Ombre e Lumi quali
integrazioni del testo di base del Trattato della Pittura, essi mostrano
una struttura diversa anche dai corrispondenti capitoli del Libro di
Pittura (all’epoca ancora sconosciuto) e contengono, così come la
sezione su Ombre e Lumi, brani originali mai indagati con riferi-
mento a quest’antologia ‘mirata’, di cui il Carusi segnalò per primo
lo straordinario valore:

Che tale collazione sui manoscritti vinciani si sia tentata almeno in va-
rie epoche lo dimostra, a mio avviso, la nota marginale dei codici Ric-
cardiano e Magliabecchiano, la diversità dell’orientamento delle figure
geometriche e umane, alcune varianti caratteristiche, e principalmente
i due codici Ambrosiani [si tratta appunto dell’H 227 inf. e dell’H 229
Codice Corazza, c. 1640, sez. II, p. 1 (da originale perduto), illustrazione
del metodo «Per drizzare un’albero di nave». Napoli, Biblioteca Nazionale inf.] provenienti, come sembra, dalla biblioteca di Dal Pozzo, dove evi-
dente è il lavorìo di miglioramento del testo accorciato, collazionando i
giato persino l’instancabile ministro segretario, compromettendo manoscritti vinciani esistenti a Milano, indipendentemente dal Codice
l’auspicato esito in un’edizione a stampa 171. Urbinate che intanto era rimasto nascosto e dovette aspettare qualche
secolo prima di essere rimesso in giusto valore172.

171
  Prima di scendere nei dettagli del testo che più interessano per le varie materie, Nel nostro Codice, come del resto in tutti gli apografi che conten-
teniamo qui a segnalare osservazioni di carattere generale su temi filosofici legati al gono i «Capitoli aggiunti»173, si legge in proposito l’importante nota
senso più profondo della vita o alla forma e struttura del mondo. Così, ad esempio,
in alcuni fogli della terza parte del Codice tratti dal ms. F leggiamo riguardo alla redazionale di padre Gallo, cui abbiamo già rimandato a proposito
figura della terra: «De’ cinque Corpi regolari, contro alcuni Commentatori, che del rigore filologico della trascrizione:
biasmano gli antichi Inventori, donde nascon le Gramatiche, e le Scienze, e fansi
Cavalieri contro alli morti Inventori, e perche essi non han trovato da farsi Invento-
ri per la pigritia, e commodità de libri, attendono al continuo, con farsi argomenti Delle figure ricercate che non si mandano alcune suono pertinenti al
a riprendere li loro Maestri. Dicono la Terra essere tetracedonica, cioè cubica, cioè trattato della notomia delle cose naturali, et altre al trattato de colori
corpo di 6 base, e questo provano dicendo non essere infra corpi regolari, Corpo
di men movimento ne più stabile ch’el cubo, et al fuoco attribuiron il tetracedron, quali trattati suono nelle mani del Re d’Inghilterra, et perciò li capitoli
cioè corpo piramidale, la quale è più mobile secondo questi filosofi, che non è la in tal materia non si son confrontati. L’altri tutti suon confrontati e
Terra: Pero attribuirono essa piramide al fuoco, el cubo alla Terra. Il che se s’haves-
se a ricercare la stabilità del corpo piramidale, e compararla al corpo cubo, senza quanto alla verità del senso, e quanto alla frase del dire, se non quanto
comparazione è più mobile esso Cubo, che la piramide. […] Dico in effetto, che
stando la base del Cubo, e la base della piramide posta sopra un medesimo piano,
che la piramide volterà il 3°. Della sua quantità à sedere sopra l’altro suo lato, el
cubo volterà la quarta parte della sua circuizione a mutar l’altro lato per farsene loro forma e i rapporti reciproci e giungendo così a ragionare dei massimi siste-
base. Seguita […] che il Cubo dà volta intiera con la mutatione de 4 suoi lati sopra mi, sia pure ancora nel rispetto della dottrina neoplatonica e lontano dalle future
un medesimo piano, quando il triangolo, ò ver piramide darà sua volta intiera con acquisizioni della moderna scienza galileiana. Ancor più interessanti sono le con-
tre di suoi lati sopra esso medesimo piano, et il pentagono posera tutti li suoi cinque clusioni, riferite all’aspetto del Mondo visto dai «più remoti» e alle sue possibili
lati, e così quanti più lati ha, più facile ci ha il movimento, perche più s’avvicina alla trasformazioni: «Libro 4°. S’estende à mostrare, come l’Oceano con gl’altri Mari fa
sfera. Adunque io voglio inferire che la piramide, è di più tardo moto, che il Cubo mediante il sole splendere il nostro Mondo à modo di Luna, e à più remoti pare
in consequenza era da mettere essa piramide, e non il cubo per la terra» (ivi, III, ff. stella, e questo provo» (ivi, III, f. XIII). «Ogni grave tende al basso, e le cose alte non
VI-VIII). La frase «Dicono la Terra essere tetracedonica, cioè cubica, cioè corpo di restan in lor altezza, ma col tempo tutte discenderanno, e così col tempo il Mondo
6 base» è stata giustamente riconosciuta da Marinoni come un’autentica svista di resterà sferico, e per conseguenza fia tutto coperto dall’acqua, e le vene sotterranee
Leonardo, ossia una citazione ‘a memoria’, e quindi inesatta, di Alberto di Sassonia: resteranno immobili» (ivi, f. XXXIX).
172
infatti, mentre il tetraedro ha quattro facce, il cubo, o esaedro, ne ha sei. Ma, come   E. Carusi, Sulla redazione…cit., pp. 25-26. La ‘nota marginale’ («qui credo l’au-
si è visto nel brano citato, a Leonardo interessava fare un discorso più generale e tore sia scorretto») presente nei codici citati dimostrerebbe lo sforzo interpretativo
polemico contro i detrattori degli antichi. Nel successivo capitolo, dedicato alla non solo di prima mano, ma anche da una trascrizione all’altra, dovendosi intendere
«Figura degl’elementi» del mondo e anch’esso tratto dal ms. F, la teoria dei quattro per il Carusi, nel caso specifico, «l’autore» come «compilatore» del codice.
173
elementi primordiali – terra, acqua, aria e fuoco – viene affrontata analizzando la   Ossia il ms. Ganay, il Belt 36, l’H 227 inf. (III, f. 116) e l’H 229 inf. (II, f. 39).

Capitolo secondo
46
all’ortografia, quale nell’originale è un pocho corotta per la scrittura
rovescia e per essere alcuni scritti col lapis smarrito. Nel resto, se vi si
è trovata cosa che paia non faccia senso, o pur qualche parola manca si
è lasciata così per esser conforme all’originale, però da correggersi da
miglior giudizio. Oltre alla gionta che s’è cavata del modo di formar
paesi, et altri capitoli con sue figure che si mandano, si spera di cavar
anche il trattato dell’ombre e lumi, se bene con un poco di tempo174.

Nella nota si fa dunque riferimento, oltre che al trattato «dell’ombre


e lumi», anche a quelli «della notomia delle cose naturali» e «de co-
lori», che «non si suon confrontati» con gli originali – come invece
si era fatto su ordine di Cassiano per altri «capitoli» poco chiari – né,
quindi, si erano potute trarre le figure «ricercate» essendo quei codi-
ci in possesso del re d’Inghilterra Carlo I: si trattava, come riferisce
Verga175, dei manoscritti provenienti dalla raccolta di Pompeo Leoni
acquistati dal conte Arundel (prima, quindi, del 1637-1640) e in se-
guito passati al sovrano (oggi conservati a Windsor); manoscritti del-
la cui esistenza il cardinale Barberini doveva certo avere notizia per
averne richiesto copia, non sapendo però che essi avevano ormai ol-
trepassato la Manica. Come si evince dall’epigrafe dell’Ambrosiana
che ricorda la donazione da parte del conte Arconati, quest’ultimo
aveva più volte resistito ai tentativi fatti da Carlo I di ottenere, me-
diante l’offerta di una cospicua somma di danaro, anche una parte
dei manoscritti in suo possesso176.
Con la «gionta che s’è cavata del modo di formar paesi» si intendeva
in effetti integrare i precetti già destinati da dal Pozzo alla stampa,
onde formare un testo esaustivo in materia di percezione e rappre-
sentazione dell’architettura, della città e del paesaggio naturale; ma,
come si evince da un facile riscontro con il Trattato edito pochi anni
dopo, la selezione rientrerà solo in parte in quella pubblicazione,
come del resto nel Libro di Pittura pubblicato solo nel 1817, essendo
quindi destinata a restare sostanzialmente inedita. I preziosi conte-
Codice Corazza, c. 1640, sez. I/a, p. 34. Napoli, Biblioteca Nazionale
nuti di questi testi richiedono alcune considerazioni più generali
circa la ricerca vinciana su tali materie.
È noto come gli studi innovativi di geometria e di prospettiva in- costruzione prospettica e, quindi, dell’architettura, tema su cui com-
trapresi da Brunelleschi e da Alberti fossero proseguiti prima in am- pose un vero e proprio trattato che inserì nella sua opera del 1509.
biente urbinate, con Piero della Francesca e Francesco di Giorgio, Partendo dai concetti di proporzione e di armonia, nonché dall’a-
poi, con quest’ultimo e con frate Luca Pacioli, in ambito milanese nalogia tra i rapporti armonici musicali e quelli tra le parti dell’ar-
alla corte di Ludovico il Moro. In particolare Pacioli, partendo dalle chitettura, e tenendo sicuramente presenti gli esperimenti brunelle-
teorie proporzionali di Alhazen fino agli approfondimenti proposti schiani, egli seppe diffondere l’utilità della tecnica prospettica come
dal proprio maestro, Piero appunto, nel De perspectiva pingendi del metodo di misurazione ottico-grafica degli edifici in continuità
1475 e alle loro applicazioni da parte di Francesco di Giorgio alle con la tradizione dell’abaco. Così, nel prosieguo di quanto già in-
tradizionali tecniche di misurazione e rappresentazione degli edifici, dicato da Francesco di Giorgio, Pacioli giunge, con l’esclusione di
giunge alla prima vera sistematizzazione in materia di geometria e qualsiasi funzione trigonometrica e con l’adozione del rapporto
di architettura nei suoi numerosi scritti, dalla Summa de arithmetica tra l’intersezione della piramide visiva e la distanza dell’occhio
del 1494 al De Divina Proportione del 1509, di cui come sappiamo dall’intersezione stessa, a perfezionare il metodo prospettico, da
Leonardo elaborò le tavole illustrative. Questa esperienza fu quindi lui definito arte di «summa vaghezza e intellectual conforto»177.
decisiva per la maturazione di quei concetti che troviamo sparsi nei Prima di incontrare Pacioli, Leonardo era poco attrezzato in ambito
numerosi precetti vinciani sulla prospettiva. matematico, essendosi sottratto da ragazzo alla scuola d’abaco e man-
Pacioli, sulla scorta di Vitruvio, Alberti e dello stesso Piero, poneva candogli quindi nozioni fondamentali sulle operazioni con numeri
le discipline matematiche di tradizione abachistica alla base della frazionari e radicali: egli apprenderà proprio dal frate i rudimenti
della matematica e i principi della geometria euclidea178. Nell’elenco

174
  Segue: «Delle figure che si mandano altre suono appartenenti al trattato da costì 177
  F. Camerota, La prospettiva del Rinascimento. Arte, architettura, scienza, Milano,
mandato, che perciò in fronte suono signate con il numero del capitolo proprio, Electa Mondadori, 2006, p. 104.
altre suono appartenenti alla nova aggionta de’ paesi segnate con alfabeto conforme 178
  Cfr. P. Galluzzi, Leonardo, Pacioli e Savasorda, in Leonardo e il leonardismo…cit.,
all’alfabeto signato nell’istessa gionta». pp. 74-75. Nel campo della geometria, negli anni del ritorno a Firenze (1500-1506)
175
  E.Verga, Intorno alla donazione dei Codici di Leonardo, fatta da Galeazzo Arconati Leonardo si dedicò molto allo studio di Euclide, come si evince dai ms. del pe-
alla Biblioteca Ambrosiana (1637), in «Raccolta Vinciana», I (1905), p. 60. riodo (cod. K di Francia, cod. Madrid II e alcuni ff. del Codice Atlantico). Egli
176
  Ivi, pp. 61-62. Negli ultimi fogli dell’H 227 inf. si ritrova copia della memoria di aveva conosciuto a Milano nel 1496 Luca Pacioli, che andò con lui a Firenze nel
Mazenta presente, come abbiamo visto, in originale nell’H 228 inf.: Dozio appunta 1500, venendo impiegato dagli Ufficiali dello Studio fiorentino come Lettore di
sull’apografo (f. 1) che la parte di questa memoria pubblicata dal Venturi non è la matematica e concentrando la propria attenzione proprio sui tredici libri degli Ele-
stessa e che dal Gramatica furono pubblicati i soli ff. 119-124. menti di Euclide: Pacioli dovette contribuire notevolmente con i suoi insegnamenti

Impianto e contenuti del Codice


47
dei volumi in suo possesso, stilato nel 1504179, troviamo la versione la- Una trattazione esaustiva del pensiero di Leonardo in materia di
tina degli Elementi di Euclide curata dal Campano e una parte della prospettiva, come del resto in molti altri ambiti, è ancora tutta da
traduzione in volgare cui Pacioli stava lavorando con la collabora- farsi e richiederebbe non solo una minuziosa collazione e analisi
zione grafica dell’artista-scienziato e che pubblicherà nel 1509. Ma di tutti i suoi scritti sull’argomento ricavabili da codici e apografi
presto Leonardo recupererà, ponendo rimedio al ‘peccato originale’ (fino al Codice Huygens) ma anche competenze che vanno ben
e andando anzi ben oltre le premesse: a partire dal ms. M (1499-1500) oltre quelle di chi scrive. Qualche sforzo, però, ci tocca fare alme-
egli studia in maniera approfondita la geometria euclidea (sebbene no con riferimento ai «Capitoli aggiunti».
evitando di citarne le dimostrazioni e adottando semplici esempi Il ragionamento di Leonardo, cui sono stati dedicati recenti saggi
numerici) e passa da una proposizione o un teorema all’altro con dal Camerota 182 e dallo Scolari 183 , si basa sulla nota distinzione fra
l’aiuto di Pacioli. Quindi, con il fine specifico di produrre le illustra- tre tipi di prospettive: quella «lineale», ossia geometrica, fondata
zioni del De Divina Proportione, si dà allo studio dei poliedri, che per sul punto di vista, sulla piramide visiva e sul quadro prospettico,
quell’edizione dovranno essere rappresentati in perfetta prospettiva. codificata da Piero della Francesca; quella «de’ colori», una vera
Dopo Milano, anche a Firenze egli resterà in contatto con Pacioli, novità, almeno dal punto di vista teorico, basata sulla variazione
intento ora a compilare il De Viribus Quantitatis ad uso dei «sanza delle gradazioni cromatiche degli elementi rappresentati in fun-
lettere». Leonardo, proprio come il frate, nutre una vera passione per zione della distanza dall’osservatore; infine quella «aerea», che tie-
la geometria, che per lui è un divertimento, una sfida. Dall’arabo ne conto della sovrapposizione degli strati atmosferici proprio in
Alhazen, da Pacioli e da Cusano egli trae i principi espressi nel De ragione della distanza degli oggetti, e, quindi, misura la posizione
ludo geometrico del 1514: sappiamo quanto, almeno a partire dai primi degli edifici in rapporto alla «grossezza» dell’aria e alle conse-
anni del secolo (si vedano i mss. K e M di Parigi) lo appassionino guenti perdite cromatiche.
le trasformazioni dei solidi, specie quelle del tetraedro, poi la qua- Non bisogna del resto dimenticare che nel 1505 Jean Pélerin pubbli-
dratura del cerchio, le lunule e tanti altri temi, tratti segnatamen- ca il trattato De artificial perspectiva (ripubblicato nel 1509 e nel 1521),
te dagli studi di Nicola Cusano nel De transformationibus geometricis. in cui si distacca anch’egli dalla tradizione quattrocentesca della pro-
Proprio riguardo ai fondamenti geometrici del sapere vinciano, l’A- spettiva lineare e si avvicina, con l’adozione di un sistema a tre punti
moretti cita queste parole del maestro: di fuga, alle nuove idee che andava maturando Leonardo. Una pro-
spettiva ‘dinamica’, cui aderirà lo stesso Dürer nel suo trattato sulla
La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci misura del compasso e sulla prospettiva, stampato nel 1525, in cui
sta aperto innanzi agli occhi (io dico l’Universo); ma non si può inten- tiene conto delle più interessanti ricerche di Leonardo sulla trasfor-
dere se prima non s’impara a intender la lingua e conoscer i caratteri mazione dei solidi e sui movimenti del corpo umano nello spazio,
nei quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son aderendo così al tema vinciano di una natura in continuo divenire184.
triangoli, cerchi ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è im- Il contributo del maestro all’elaborazione della ‘nuova’ prospet-
possibile intenderne umanamente parola; senza questi è uno aggirarsi tiva verrà così stigmatizzato nel noto epitaffio vasariano del 1550:
vanamente per uno oscuro laberinto180. «Perspicuas picturae umbras oleoque colores illius ante alios docta
manu posuit»185. Per la prima volta, viene definita una prospetti-
E più avanti, riportando questa volta le parole del Venturi: va non geometrica, ma strumentale alle nuove esigenze di rap-
presentazione dei fenomeni naturali che la pittura ‘scientifica’ di
Lo spirito geometrico guidavalo in tutti i suoi studj, o volesse analizzare Leonardo validamente esprime186. Questi concetti si ritrovano nel
un oggetto, o volesse concatenare un ragionamento, o generalizzare le Libro di Pittura di Melzi, nel Trattato della Pittura del 1651 e, natural-
proprie idee. Egli sempre volea che l’esperienza precedesse il ragionar mente, nei brani dei «Capitoli aggiunti» riguardanti la percezione
sulle cose. e la costruzione prospettica 187, cui anche Corazza farà riferimento
nei propri scritti in materia.
Così questo «discepolo della sperientia» perfeziona su basi pratiche Va detto che accenni al proposito di Leonardo di redigere un trat-
il metodo della prospettiva, definendone i vari tipi e principi, e tato sulla prospettiva si ritrovano, oltre che nel citato Discorso sull’ar-
applicandolo anche alla figura umana. D’altra parte è ben noto, chitettura di Cellini, anche nel Libro di Pittura, sebbene in quest’ul-
grazie ai recenti studi della Fiorani 181 , come proprio il carattere timo manchino molte parti presenti nei mss. A, E, G che dovevano
sperimentale della scienza prospettica di Leonardo sia lontano da fungere da base per lo stesso trattato e che sono invece nel nostro
una sistematizzazione teorica, che verrà condotta solo a partire dal Codice e negli apografi milanesi: nei «Capitoli aggiunti» si avver-
XVII secolo da Desargues sulla base della nuova geometria proiet- te immediatamente la consistenza delle proposizioni, chiaramente
tiva, venendo sostenuta con forza da Abraham Bosse nell’ambito mirate a una selezione dei principi fondamentali della prospettiva
della Accademia francese. e così lapidarie da avere la dignità di un trattato, del resto più volte
annunciato da Leonardo, pur non restandone oggi alcuna traccia.

all’interesse di Leonardo per la geometria nel suo secondo soggiorno fiorentino. 182
In particolare fu allora che egli si appassionò agli studi in ambito algebrico e ge-   F. Camerota, op. cit., pp. 98 sgg.
183
ometrico attraverso il Liber embadorum (libro delle aree) del Savasorda, un ebreo   M. Scolari, Il disegno obliquo. Una storia dell’antiprospettiva, Venezia, Marsilio,
spagnolo dell’XII secolo, da cui lo stesso Pacioli trasse notevoli spunti per la sua 2005, passim. Sui tipi e diversi significati della prospettiva in Leonardo, cfr. pure A.
Summa de aritmetica e geometria (Venezia, 1494). Leonardo, che cita l’incipit del Liber Chastel, Leonardo da Vinci…cit., pp. 192-193.
184
nel foglio di Weimar, deve essersi dunque recato nella Biblioteca di San Marco a   C.Vecce, L’eredità vinciana nel Cinquecento, in Lumière et vision dans les science set
studiare la versione latina di quell’opera (c. 1140) oggi conservata nella Biblioteca dans les arts, «Hautes Études Médiévales et Modernes», n. 97, pp. 189-190.
Laurenziana. In particolare, a Leonardo devono aver interessato particolarmente le 185
  Id., Leonardo, Roma, Salerno Editrice, 2006, p. 429.
tecniche di divisione delle figure. 186
  F. Camerota, op. cit., p. 109.
179
  A. M arinoni, La biblioteca di Leonardo, in «Raccolta Vinciana», XXII (1987), 187
  Ulteriori osservazioni vanno fatte in materia di prospettiva «de’ colori», sulla
pp. 307 sgg. scorta di quanto sottolineato da Pedretti con riferimento ad alcuni precetti del Co-
180
  Cit. in C. Amoretti, op. cit., p. 143. dice II di Madrid che non trovano posto nella selezione di Melzi. Cfr. C. Pedretti,
181
  F. Fiorani, op. cit., passim. Leonardo da Vinci inedito…cit., passim.

Capitolo secondo
48
Leonardo da Vinci, illustrazioni del De Divina Proporzione di Luca Pacioli Ms. K 53r, c. 1506-1507; studi di «corpi lenticulari». Parigi, Institut de France
(1509) con figure poliedriche

Nel brano collocato, non a caso, proprio all’inizio del nostro apo- nella sua prospettiva adopra in contrio, conciosia, che nelle maggiore
grafo con il significativo titolo «Delle cose eguali, la più remota par distanze la cosa veduta si dimostra minore, e nella distanza minore la
maggiore» e tratto dal ms. E di Parigi (1513-15), Leonardo osserva: cosa par maggiore. Ma questa tale inventione costringe il veditore à star
con l’occhio a’ uno spiracolo, e all hora da tal spiracolo si dimostreran-
La pratica della Prospettiva si divide in due parti, delle quali la prima no bene. Ma poiche molti occhi s’abbattono a’ vedere a’un medesimo
figura tutte le cose vedute dall’occhio in qualunque distanza e questa in tempo una medesima opera perfetta con tal’arte, e solo un di quelli
se mostra tutte esse cose, come l’occhio le vede di minuto, e non è ob- vede bene l’officio della Prospettiva, e gl’altri tutti restan confusi. E gl’è
bligato l’huomo a star più in un sito, che in un altro [...]. Ma la 2a pratica dunque da fuggire tal prospettiva composta, et attenersi alla semplice,
è una mistione di prospettiva fatta in parte dall’arte, in parte dalla Na- la quale non vuol vedere parete in scorto, ma più in propria forma, che
tura, e l’opera fatta con le sue regole non ha parte alcuna, che non sia sia possibile. E di questa prospettiva semplice della quale la parete taglia
mista con la prospettiva naturale e con la prospettiva accidentale. Con la le piramidi portatrici delle specie all’occhio egualmente distanti dalla
prospettiva naturale, intendo esser la parete188 piana, dove è tal prospet- virtù visiva, ciò ne da sperienza la curva luce dell’occhio, sopra la quale
tiva effigiata, la qual parete ancora che ella sia di longhezza, e d’altezza tali piramidi si tagliano egualmente distanti dalla virtù visiva189.
paradella, ella è costretta diminuire le parti remote, più, che le sue parti
prime. Con la prospettiva naturale, intendo esser la parete piana, dove è
tal prospettiva effiggiata, la qual parete ancora che ella sia di longhezza,
e d’altezza paradella, ella è constretta diminuire le parti remote, più, che 189
  Codice Corazza, I/a, pp. 1-2. Cfr. pure Libro di Pittura…cit., pp. 407-463.
le sue parti prime […], e la sua diminutione è naturale; e la prospettiva Nelle carte di G. Bossi (Bibl. Ambrosiana, Fondo Bossi, S.P. 6/13 E, sez. B, n. 1,
f.lo g, f. 59), tra gli appunti da lui tratti dal Codice Trivulziano, si leggono le
accidentale, cioè quella che è fatta dall’arte fa il contrario in se poiche seguenti proposizioni: «Prospettiva. Domandasi a tè Pittore perché le figure da
cresce nella parete scortata tanto più li corpi, che fra loro sono eguali, te fatte in minuta forma per dimostrazione di Prospettiva non pajono in pari
quanto l’occhio è più naturale, è più vicino alla parete, e quanto la parte dimostrazione di distanza grandi quanto le naturali levate di pari grandezza
alle dipinte sopra la pariete? E perché le cose apparenti in piccola lontananza in
d’essa parete, dove si figura è più remota dall’occhio, […] il che natura pari distanzia appajono maggiori che’l naturale?». «Pittura. Le cose di rilievo da
presso viste con un solo occhio parran simili ad una perfetta pittura». In materia
di «virtù visiva» si veda anche A.M. Brizio, Scritti scelti di Leonardo da Vinci, To-
rino, UTET, 1966, pp. 160-246, 397-405, in cui si citano i brani più significativi
188
  S’intenda il quadro prospettico. sull’argomento tratti dai mss. vinciani.

Impianto e contenuti del Codice


49
Francesco Melzi (da Leonardo da Vinci), Libro
di Pittura (Codice Urbinate 1270), c. 1546, c. 78r,
prospettiva aerea. Città del Vaticano, Biblioteca
Apostolica Vaticana

Francesco Melzi (da Leonardo da Vinci), Libro


di Pittura (Codice Urbinate 1270), c. 1546, c. 152r,
illuminazione solare di città e di nuvole. Città del
Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana

Dunque, oltre ai tre tipi di prospettive già ricordati, Leonardo ne apparir assi il 2° maggiore esser circondato al minore. Le cose 2e. non
definisce altri, ossia la «naturale» e la «accidentale», prefigurando fiano mai di tanta grandezza, che le prime minori, non le occupino, e
la distinzione tra la prospettiva sul piano oculare curvilineo, per la circondino191. […] Quella cosa che è più appresso all’occhio, sempre
quale parte dall’antica pratica delle correzioni ottiche e dall’ottica apparisce maggiore, che un’altra di pari qualità, che sia più distante192.
medievale, e quella «fatta dall’arte», con le sue sorprendenti applica- […] Se tu non vuoi fare, che gli huomini, che riguardano la tua opera
zioni, tra cui l’anamorfosi190. stiino a un sol punto, tirati indietro con l’occhio, quando figuri la tua
Altri precetti dei «Capitoli aggiunti» riguardano fenomeni di perce- opera, almeno 20 la maggiore altezza, e larghezza della tua opera; e
zione visiva in relazione alla posizione e distanza degli oggetti dall’os- questa farà nell’immutar l’occhio del Risguardatore sì poca varietà, che
servatore e le conseguenti scelte in materia di rappresentazione: à pena si comprenderà, e fia assai laudabile193. […] Se vuoi fare in su un
Muro storto una figura, che paia in propria forma, e spiccata da esso
Niuna 2a. cosa fia tanto più bassa che la prima, che stando l’occhio di Muro, farai in questo modo. Fa’ d’havere una sottile piastra di ferro, e
sopra, la 2a. non li paia più alta, e quella cosa 2a. non fia tanto più alta, fagli un piccolo spiracolo nel mezzo, il quale sia rotondo, et accostaci
che la prima, che stando l’occhio di sotto non paia la 2a. sotto la prima. un lume in modo che lo tocchi nel suo mezzo, di poi poni quel corpo,
Se l’occhio riguarderà il 2° quadrato per lo centro del minor più vicino, ò figura, che più ti piace à detto Muro in modo, che lo tocchi, e segna
la sua Ombra in detto Muro, e poi la ombra, e dagli i suoi lumi, e fa, che
quello, che vorrà veder detta figura stia à quello medesimo spiracolo,
190 dove stette in prima il lume, e non ti potrai mai persuadere, che detta
  F. Camerota, op. cit., pp. 116-117. Altri testi di approfondimento sui tre tipi di
prospettive, rinvenibili nel ms. A (1490-92), non vengono trascritti nei «Capitoli figura non sia di spiccata dal muro194. […] Le cose di rilievo d’appresso
aggiunti» essendo già inseriti, in gran parte, nel testo del Trattato della Pittura da pub- viste con un sol occhio parran simili à una perfetta pittura195.
blicare: cfr. ms. A, ff. 1r-3r, 8v-11r, 23r, 27r, 28v, 36v, 38v, 41r-v, 103r, 105v, riportati da
A.M. Brizio, Scritti scelti…cit., pp. 181-187, 213, 218-219. Tra essi il seguente: «Come
sono di 3 nature prospettive: la prima s’astende intorno alle ragioni del diminuire (e In altri passi il genio vinciano giunge davvero a ‘dipingere con la
dicesi prospettiva diminutiva) le cose che s’allontanano dall’ochio; la seconda con- penna’, rivelando le proprie doti anche in materia di estetica del
tiene in sé il modo del variare i colori che s’allontanano dall’ochio; la terza e ultima
s’astende alla dichiarazione come le cose devono esser men finite, quanto più s’al- paesaggio:
lontanano; e’ nomi sono questi: prospettiva liniale, prospettiva di colore, prospettiva
di spedizione» (f. 98r). Più avanti, riguardo in particolare alla prospettiva «aerea», si
legge: «Ecci un’altra prospettiva, la quale chiamo aerea imperò che per la varietà Li Paesi fatti nella figuration del Verno, non debbon dimostrar le sue
dell’aria si può cognoscere le diverse distanzie di vari edifici terminati ne’ loro montagne azzurre, come far si vede alle Montagne dell’Estate […]. In-
nascimenti da una sola linea, come sarebbe il vedere molti edifici di là da un muro
che tutti apariscono sopra alla stremità di detto muro d’una medesima grandezza,
fra le Montagne vedute in lunga distanza quella si dimostrerà di color
e che tu volessi in pittura fare parere più lontano l’uno che l’altro; è da figurare più azzurro, la qual sia di color più oscuro […]196.
un’aria un poco grossa […] Adunque farai sopra ‘l detto muro il primo edificio del
suo colore; il più lontano fàllo meno profilato e più azzurro, quello che tu voi che
sia più in là altretanto, fàllo altretanto più azzurro […]: e questa regola farà che gli Ancora, trattando degli «Aspetti de’ Paesi», il nostro osservatore di-
edifizi che sono sopra una linea parranno d’una medesima grandezza, chiaramente mostra la massima acutezza e quella capacità unica di vedere ad oc-
si conoscerà qual è il più distante e qual è maggiore che li altri» (f. . 105v). Cfr.
pure Libro di Pittura…cit., pp. 249-250. Altrove, come nel f. 13v del ms. G (1510-15), chio nudo ciò che, per noi ‘normali’, a stento è visibile con l’aiuto
riportato nella seconda parte del nostro apografo (f. 51), egli distingue: «La semplice degli strumenti:
prospettiva è quella che è fatta dall’arte sopra sito equalmente distante dall’occhio,
con ogni sua parte. Prospettiva composta è quella, che è fatta sopra sito, il quale con
nessuna sua parte è equalmente distante dall’occhio». È quanto del resto si ritrova, Quando il sole è all’oriente, tutte le parti alluminate delle Piante
con maggiore chiarezza, nella nota «Della prespectiva naturale mista cholla prespec- son di bellissima verdura, e q.° accade perche le foglie alluminate
tiva accidentale» del Codice Arundel (f. 62r), in cui Leonardo precisa: «Prespectiva
naturale divide chosì delle cose d’egual magnitudine la più remota si dimostra dal sole dentro alla metà dell’orizzonte, cioè la metà orientale, son
minore e de chon uso la più propingua si dimostra maggiore a tal proportione è trasparenti 197.
da diminutione ad diminutione quale è da distantia ad distantia. Ma la prespectiva
accidentale pone le chose inequali in varie distantie riservando la minore più vici-
na all’ochio che la maggiore chon tal distantia che essa magiore si dimostra essere Come nota Pedretti, Leonardo, prima di trasferirsi da Firenze a
minore di l’altre ed di questo è chausa il muro dove tal dimostratione è fighurata, il Milano nel 1482, realizzò nel 1473 quello che si può considerare il
quale a distantia inequale dall’ochio in ogni sua parte della sua lunghezza acquista
tal diminutione del muro e naturale, ma la prespectiva in esso figurata è accidentale, primo paesaggio nella storia dell’arte italiana, ossia la veduta della
perché in nessuna parte non si acchorda cholla vera diminutione del decto muro,
onde ne risulta che removendosi alquanto l’ochio dessa prespectiva risghuardatore
ogni cosa fighurata appariscie mostruoso, il che non ne interviene nella prespectiva
naturale la quale è difinita di sopra e così dunque diremo il quadrato abcd fighu- 191
  Codice Corazza, I/a, pp. 6-7.
rato di sopra essere un quadrato inscorto veduto dall’ochio situato in mezzo della 192
  Ivi, pp. 10-11.
largheza che à la sua froncte. Ma la prospettiva accidentale mista cholla naturale fia 193
  Ivi, p. 11.
trovata nel quadrato decto, cioè efgh, il quale à apparere all’ochio, che lo vede si- 194
mile al abcd stante l’ochio fermo nel primo sito infra cd e questo si dimosterrà fare   Ivi, pp. 12-13.
195
buono effecto, perché la perspectiva naturale del muro fa che tal muro ochultare il   Ivi, p. 34.
196
mancamento di tal mostruosità». Cfr. pure A. Agostini, Le prospettive e le ombre nelle   Ivi, pp. 4-5.
197
opere di Leonardo da Vinci, Pisa, Domus Galilaeana, 1954, pp. 40-41.   Ivi, p. 27.

Capitolo secondo
50
mostra più confuso, il quale è più remoto da terra; e questo nasce per-
ché più nebbia è infra l’occhio e la cima dell’edificio, che non è dall’oc-
chio alla sua basa. La torre parallela veduta in lunga distanzia infra la
nebbia si dimostrerà tanto più sottile, quanto ella fia più vicina alla sua
basa. Questo nasce per la passata [proposizione], che dice: La nebbia si
dimostra tanto più bianca e più spessa, quanto ella è più vicina alla terra,
e per la 2a di questo, che dice: La cosa oscura parrà di tanta minor figura
quanto ella fia veduta in campo più di potente bianchezza. Adunque,
essendo più bianca la nebbia da piedi e da capo, gli è necessario che la
oscurità di tale torre si dimostri più stretta da piedi che da capo[…]201.
Della veduta d’una Città in aria grossa. L’occhio, che sotto di se vede la
città in aria grossa, vede le sommità degli edifizi più oscuri, e più noti,
che il loro nascimento, e vede le dette sommità in campo chiaro, perche
vede nell’aria bassa, e grossa […]202.
Li edifici veduti in lunga distanzia di sera o mattina in nebbia o aria
grossa, solo si dimostra la chiarezza delle lor parti aluminate dal sole,
che si trova inverso l’orizzonte, e le parti delli detti edifici che non
son vedute dal sole restano quasi del colore di mediocre oscurità di
nebbia[…]203.
Bello spettacolo fa il sole quando è in ponente, il quale alumina tutti li
alti edifici delle città e castella, e gli alti alberi delle campagne, e li tinge
del suo colore; e tutt’il resto da lì in giù rimane di poco rilievo, perché,
essendo solamente aluminato dall’aria, essi hanno poca differenzia dalle
loro ombre ai loro lumi, e per questo non ispiccano troppo […]204.
Quando il sole è all’oriente, e l’occhio sta sopra il mezzo di una città,
esso occhio vederà la parte meridionale d’essa città aver li tecti mezzi
ombrosi e mezzi luminosi, e così la settentrionale; e la orientale fia tutta
ombrosa, e la occidentale fia tutta luminosa205.

L’argomento ci induce a spingerci fino alla seconda parte del no-


stro Codice che, per quanto più specificamente dedicata alle scien-
Codice Corazza, c. 1640, sez. III, p. CXVI, illuminazione solare della ze dell’ingegneria, ospita utili approfondimenti e integrazioni an-
superficie dell’acqua ondosa. Napoli, Biblioteca Nazionale che in materia di teoria della visione e della rappresentazione206.

201
vallata dell’Arno presa da Monte Albano verso il padule di Fucec-   Ivi, p. 326.
202
  Ivi, p. 322.
chio198: la rappresentazione si avvale di una resa ‘impressionistica’ di 203
  Ivi, p. 326. Allo stesso tema si riferisce l’osservazione (ibidem): «Quella parte del
derivazione fiamminga molto simile a quella ritrovabile nella coeva vicino edificio si mostra più confuso, il quale è più remoto da terra; e questo nasce
veduta di Firenze detta ‘della catena’ di Francesco Rosselli (1472). Si perché più nebbia è infra l’occhio e la cima dell’edificio, che non è dall’occhio alla
sua basa. La torre parallela veduta in lunga distanza infra la nebbia si dimostrerà
sa del resto, dai precetti sul «ritrar siti e paesi» presenti nel Libro di tanto più sottile, quanto ella sia più vicina alla sua basa». Nel Codice Arundel (f.
Pittura, che Leonardo raccomandava la pratica della ripresa dal vero, 169r) troviamo sullo stesso argomento: «Li edifizi inver ponente, sol si dimostra la
lor parte luminosa, poi che ‘l sol si scopre; e ‘l resto le nebbie lo occultano. […]
da eseguirsi anche con l’uso del prospettografo, concepito come una Quanto più l’aria sarà grossa, li edifizi delle città e li alberi delle campagne parranno
vera e propria macchina fotografica199. più rari, perché sol si mostreranno e più eminenti e grossi». E nel Codice Atlantico
Tutto ciò va integrato con i «precetti» del Libro di Pittura in ma- (f. 130v-b): «Perché le torri e campanili in lunga distanzia, essendo di grossezza
parallela, paian piramidali, di piramide sottosopra. Questo nasce perché l’aria che
teria di percezione del costruito e del paesaggio urbano, che sarà più s’abbassa, essendo grossa e nebbiosa, più occupa; e quell’obbietto che più è oc-
utile riportare per un quadro esaustivo del contributo di Leonardo cupato, più cela la notizia de’ sua stremi; onde la notizia dell’obbietto resta inverso
la sua linia centrale».
su questo tema: 204
  Libro di Pittura…cit., p. 333.
205
  Ivi, p. 451. Sul tema dell’orizzonte in Leonardo, cfr. gli interessanti contributi
Quella parte dell’edificio sarà manco evidente, che si vedrà in aria di V. Valerio, Leonardo, Leopardi e i loro «orizzonti», in Leonardo, genio e visione in
terra marchigiana, catalogo della mostra, Ancona 2005, a cura di C. Pedretti, Foligno,
di maggior grossezza; e così de converso sarà più noto che fia ve- Cartei e Bianchi Editori, 2005, pp. 119-121; Id., L’Orizzonte e l’Infinito in Leonardo,
duto in aria più sottile. Adonque l’occhio n, vedendo la tor- in Ikhnos. Analisi grafica e storia della rappresentazione, Siracusa, Lombardi, 2005, pp.
re ad, esso ne vedrà in ogni grado di bassezza parte manco nota e 11-40. Interessante poi è quanto si legge tra gli appunti di Bossi (Bibl. Ambrosiana,
Fondo Bossi, S.P. 6/13 E, sez. B, n. 1, f.lo g, f. 60): «Le seguenti osservazioni […], che
più chiara, et in ogni grado d’altezza parte più nota e men chiara200. appartengono alla materia del Trattato della Pittura, furono scritte da Leonardo con
Dell’altezze delli edifici visti nelle nebbie. Quella parte del vicino edificio si matita rossa dietro un disegno rappresentante un piede di donna. Questo disegno
può vedersi nella Galleria portatile regalata all’Ambrosiana dal Padre Resta». Vi
leggiamo tra le altre proposizioni: «Meglio si spedisce la sommità delli monti, e
dell’alti edifizj nelle nebbie e arie grosse, che i loro principj, e in ogni grado di
198
  Libro di Pittura…cit., p. 15. Disegno conservato agli Uffizi. altezza acquistano grado di oscurità».
199
  Pure significativi sono i brani dei «Capitoli aggiunti» riguardanti le proporzioni 206
  Ad esempio, in brani trascritti dai mss. G, F e I compaiono altre interessanti
individuabili nei caratteri anatomici e i conseguenti metodi di rappresentazione «Proposizioni di prospettiva»: «In frà le cose simili, et equali poste l’una doppo l’altra,
dell’uomo e del cavallo, e in particolare della figura umana in movimento, ma an- con una data distanza si dimostrerà maggior differenza nelle lor grandezze, quanto
che il modo di raffigurare i «vestimenti» con le loro pieghe, per i quali Leonardo esse saranno più vicine all’occhio che le vede; et così di converso si dimostreranno
mostrerà sempre particolare interesse nei suoi disegni e dipinti. infra loro di men varietà di grandezza, quanto esse sono più remote dal predetto
200
  Libro di Pittura…cit., p. 321. occhio» (Codice Corazza, II, p. 46); «Delle cose equali tal proporzione è da gran-

Impianto e contenuti del Codice


51
Di essa vanno tra l’altro segnalati i brani tratti dal ms. B in cui ciando a notare il gioco di luci e ombre sulle piante, sulle foreste e
Leonardo, applicando il metodo della restituzione prospettica per sui prati208. Invece, nel nostro caso, si tratta della selezione voluta da
il rilevamento topografico, spiega il «modo di misurare altezze, e Cassiano dai mss. A e C209, oltre che dal Codice Atlantico, compreso
larghezze, e distanze senza moversi di piedi» e descrive il caso del il Proemio all’opera di ottica contenuto nel f. 250 r-a di quest’ultimo210.
calcolo dell’ampiezza di un fiume207 a partire dalla misura nota di Nel 1818 il Venturi, pur apprezzando il testo di Melzi appena pub-
un oggetto posto sulla sponda opposta a quella dell’osservatore: si blicato dal Manzi, lo giudicherà ancora lacunoso proprio in materia
tratta di un tema già da tempo affrontato da studiosi come Taccola di ottica211: di conseguenza, pur avendo attinto agli originali parigini
o Francesco di Giorgio Martini, che egli riprende arricchendolo sin dal 1796212, lo scienziato considererà a ragione la copia napole-
delle sue preziose osservazioni. tana di Bossi in più punti complementare rispetto alle proprie tra-
scrizioni213; i contenuti dell’apografo si riveleranno infatti, come più
La sezione I/b della prima parte del Codice è di peculiare impor- innanzi vedremo, di peculiare importanza per lo studioso reggiano.
tanza poiché corrisponde a quella bozza di trattato su Ombre e Lumi Nella citata nota editoriale in calce ai «Capitoli aggiunti» la compi-
che tanto appassionò coloro che studiarono l’apografo in epoca na- lazione del trattato su Ombre e Lumi viene annunciata come pros-
poleonica, in mancanza degli originali e degli altri apografi portati a sima, occorrendo solo «un poco di tempo»: sebbene il testo vada
Parigi. Abbiamo già notato l’importanza di questa sezione anche per integrato con numerose altre «proposizioni» ritrovabili nel resto
la possibilità che offre di recuperare i contenuti e i grafici di numerosi dell’apografo – si pensi solo alle osservazioni sull’occhio, sulle lenti e
fogli del ms. A perduti nel corso delle manomissioni ottocentesche. sugli specchi tratte dal ms. F – e nei citati codici di epoca successiva,
Il titolo fa subito pensare a una semplice trascrizione del ms. C non si può negare il carattere compiuto di questa selezione ordinata
«De lumine et umbra», ossia di quel codice sull’ottica compilato da da Cassiano, in un primo tempo destinata ad essere allegata, forse in
Leonardo nel 1490-91 ma non utilizzato da Melzi, probabilmente appendice, al testo da pubblicare a Parigi, integrandolo anche nelle
perché ritenuto non aggiornato circa i successivi studi di Leonardo, immagini214. Invece il mancato inserimento di questa compilazione
rinvenibili nel ms. D del 1508-9, nel Codice Arundel (1510-15) e nel – e soprattutto delle illustrazioni così fedeli agli originali vinciani –
perduto Libro W: dopo il 1500 Leonardo trasferirà le osservazioni su nell’edizione del 1651 ha fatto sì che quest’ultima risulti poco atten-
«ombre e lumi» dall’interno del proprio studio verso la natura e il dibile, come ha dimostrato la Fiorani215, specie nell’apparato grafico
paesaggio, dando sempre maggiore importanza al colore e comin- e, in più di un caso, fortemente equivoca a causa delle manipolazioni
presenti negli apografi ‘abbreviati’ per essa utilizzati. Un confronto
sistematico tra l’editio princeps francese e il trattato su Ombre e Lumi
dezza a grandezza quale è la distanza dell’occhio che lo vede» (ivi, f. 47); «Delle cose
contenuto nel nostro Codice consentirebbe allora l’individuazione
remosse dall’occhio con equal distanza dal lor primo sito, quella meno diminuisce, delle interpretazioni errate sulla teoria di Leonardo in questo ambi-
che prima era più distante da ess’occhio» (ivi, f. 59); «Delle cose d’equal grandezza to, fondate per oltre due secoli, anche dopo la prima diffusione del
poste in distanza equale dall’occhio, quella parrà maggior, che fia più luminosa. Delle
cose equali equalmente rimosse dall’occhio la più oscura parrà minore» (ivi, f. 65); Libro di Pittura ad opera di Manzi, quasi esclusivamente sull’edizione
«Quella cosa oscura, che fia veduta in campo chiaro si dimostrerà minore, che essa seicentesca216. Tali travisazioni sono addirittura proseguite fino agli
non è. Quella cosa chiara si dimostrerà di maggior figura, che sarà veduta in campo
di più oscuro colore. Quella cosa d’uniforme grossezza, e colore, che sarà veduta in
campo di disuniforme colore, si dimostrarà di disuniforme grossezza. E se una cosa
d’uniforme grossezza, et di vari colori sarà veduta in campo d’uniforme colore essa 208
  Cfr. M. R zepinska, Light and shadow in the late writings of Leonardo da Vinci,
cosa si dimostrerà di varia grossezza. E quanto i colori del campo, ò della cosa nel in «Raccolta Vinciana», XIX (1962), pp. 259-260; C. P edretti, Leonardo da Vinci
campo veduta, sarà di colori ch’habbino maggior varietà, all’hora le grossezze pare- inedito…cit., p. 31.
ranno più varie, ancora, che le cose nel campo vedute siano di pari grossezza» (ivi, 209
  Del ms. C vengono utilizzati ben 25 fogli su 32, potendosi comunque ritrovare
ff. 87-88). In un brano tratto dal ms. E (f. 80v) si torna sui tipi di prospettive utili al concetti analoghi a quelli dei restanti fogli anche in altre «proposizioni» di questa
pittore: «Tre sono le parti della prospettiva di che si serve la pitura, delle quali la pri- parte dell’apografo, oltre che nella I/a.
ma s’estende alla diminutione della quantità de corpi opachi: la 2.a delle diminutioni 210
  Il Proemio, con la suddivisione annunciata da Leonardo in sette libri, è riportato
et perdimenti delli termini d’essi corpi opachi: la 3.a è della diminutione et perdi- anche dalla Brizio in Scritti scelti…cit., pp. 180-181. Riguardo ai precetti in materia di
menti de colori in longa distanza» (ivi, f. 84). In altri brani della seconda parte del ottica, ombre e luci contenuti nel Codice Atlantico, vedi pure D. Argentieri, L’ot-
nostro Codice (ff. 82-85) tratti dal ms. F si analizzano le deformazioni prospettiche tica di Leonardo, in Aa.Vv., Leonardo da Vinci, Novara, De Agostini, 1966, pp. 405-436.
dei corpi «opachi», gli effetti della percezione dovuti allo spostamento di un corpo 211
  In realtà, il Libro di Pittura rivelava testi sino ad allora sconosciuti, come quelli
rispetto alla posizione iniziale – calcolabili in proporzione della distanza originaria
contenuti nel perduto Libro W della lista di Melzi, cui questi aveva fatto riferimen-
dell’oggetto dall’osservatore – e, viceversa, i caratteri della prospettiva in condizioni
to per l’argomento e che doveva essere uno studio assai più ampio e aggiornato
di mobilità del punto di vista: «Niun corpo opaco di sferica figura, che da doi occhi
rispetto al ms. C. Peraltro il «creato» di Leonardo vi aggiunse anche altre note tratte
veduto sia si dimostrerà mai di perfetta rotondità. […] Quanto più la cosa s’avvicina
dal Libro B (identificato da Pedretti con il ms. E).
all’occhio, tanto si dimostra per maggior angolo, et la similitudine di essa cosa fa 212
l’opposto, impero che quanto si misura più appresso all’occhio, tanto si dimostra di   Si vedano i carteggi del Fondo Venturi della Biblioteca Civica di Reggio Emilia.
213
minor figura. […] Intra li corpi opachi d’equal magnitudine, tal sia la diminuzione   Teniamo presente che il Codice Arundel era ancora in Spagna all’epoca del
delle lor figure in apparenza qual quella delle lor distanze dall’occhio, che le vede; Venturi.
214
Ma tal proporzione è conversa, perche dove la distanza è maggiore, il corpo opaco   Ad esempio, nell’H 227 inf. e nel Codice Corazza (I/b, p. 145) si rimanda di-
si dimostra minore, et dove la distanza è minore, esso corpo si dimostra maggiore, rettamente al testo del Trattato, già compilato e pronto per la stampa, a proposito
et di qui nasce la prospettiva lineale. Ogni corpo per longa distanza perde prima dei capitoli sui ‘riflessi’: «A questo medesimo trattato s’appartengono tutti i capitoli
quella parte di corpo, la quale in se è più sottile, come à dire d’un cavallo, si perderà sulle riverberazioni, et riflessi, che dal num°. 75 al n°. 88 nella materia [ossia nel
prima le gambe che la testa, perche le gambe son più sottili d’essa testa, et prima trattato] della pittura si trovano». Cfr. pure F. Fiorani, op. cit., p. 94.
215
si perderà il collo, che il busto per la medesima detta, dunque seguita, che l’ultima   F. Fiorani, op. cit., pp. 89-93.
parte che della cognizione del cavallo fia all’occhio riservata, sarà il busto restato in 216
  Così ad esempio nell’edizione del Trattato della Pittura di Leonardo da Vinci
forma ovale, ma più tosto traente al colonnale, et perderassi prima la grossezza, che con aggiunte dal Codice Vaticano pubblicato da Guglielmo Manzi, Milano, Soc. Tipo-
la longhezza […]. Se l’occhio è immobile, la prospettiva termina la sua distanza in grafica de’ classici italiani, 1859, p. III, si legge che «benché nel 1817 Guglielmo
ponto, ma se l’occhio si move per retta linea, la prospettiva termina in linea, perche Manzi ne desse in Roma una nuova edizione con aggiunte tratte da un codice
è provato da linea esser generata dal moto del ponto, et il moto è in ponto, et per della Vaticana, noi non abbiam creduto bene di riprodurla nella sua interezza
questo seguita, che chi move il vedere, move il ponto, et chi move il ponto genera la poiché ci parve che i lunghi discorsi sull’Ombra e Lumi, sulla Prospettiva, su-
linea. […] Se invisibili sono li veri estremi de corpi oppachi in qualunque minima gli Alberi e Verdure, sulla Natura de’ Nuvoli, sull’orizzonte, anzi che parti di
distanza, maggiormente saranno invisibili nelle lunghe distanze; e se per li termini si esso Trattato (ove per altro già sono toccati quegli argomenti) potessero essere
conosce la vera figura di ciascun corpo opaco, et mancando per distanza la cognizio- considerati come lavori distinti e fors’anco di mano diversa. Così parimente, se
ne d’esso tutto, maggiormente mancherà la cognizione delle sue parti».Viene infine veggonsi conservate le stesse Figure che accompagnavano le Memorie storiche su la
affrontato il tema della percezione dei raggi solari che colpiscono superfici di corpi vita, gli studi e le opere di Leonardo scritte dall’Amoretti, ciò è stato perché alcune
solidi e liquidi, come la superficie terrestre e quella «dell’acqua ondosa». di esse giovano tuttavia per meglio illustrare alcuni capitoli dell’opera, nella
207
  Ivi, ff. 17-18, 41-42. Cfr. pure ivi, III, ff. II-III. quale si troveranno citate». Cfr. pure F. Fiorani, op. cit., p. 94, n. 82.

Capitolo secondo
52
Ms. A, f. 38r, c. 1490-92; studi di prospettiva. Parigi, Institut de France Ms. C, f. 2r, c. 1490; studi di prospettiva. Parigi, Institut de France

inizi del XX secolo, come dimostrano l’edizione di Angelo Borzelli dimostrazioni in materia de’ luminosi raggi, par non si curi nell’istesso
del 1913 e quella francese del 1910, in cui alle illustrazioni dell’editio caso delle dimostrazioni degli ombrosi, et per il contrario mentre tratta
princeps viene data la medesima importanza dei grafici originali del delle ombre, mostrasi non curante de lumi e similmente alle volte par
Libro di Melzi. mancante nel citar la terza decima, l’ottava, la quarta, et il simile nel
Il carattere complementare del testo in esame rispetto a quello del primo, secondo, ò terzo libro, non havendo ancora essi libri ordinato.
1651 è confermato dalla nota redazionale posta alla fine del testo, da Può il Lettore non dimeno aggiungere alle proposizioni le sue conver-
attribuirsi peraltro direttamente alla volontà di Cassiano dal Pozzo se, et nel medesimo modo proporzionalmente discorrere de’ lumi, e
di rendere evidente al lettore, e segnatamente al cardinale Barberi- dell’ombre, et le citate proposizioni supponere al suo loco […]217.
ni, la fedeltà della trascrizione; essa mostra come, in questo caso, il
ministro pontificio non prevedesse ulteriori elaborazioni delle ‘basi’ In questi «precetti» Leonardo formula tra il 1480 e il ‘92 – sebbe-
fornite dai frati impegnati presso l’Ambrosiana, affidando piuttosto ne come al solito in forma incompleta e disordinata – importanti
al lettore ogni approfondimento o riordinamento delle «proposizio- considerazioni in materia di ottica, fotometria, catottrica e teoria
ni» in materia: delle ombre, distinguendo le diverse condizioni ed effetti dell’illu-
minazione: la trattazione, secondo quanto da lui previsto, si sarebbe
Dovendosi unire il presente trattato de lumi, et ombre al trattato del-
la pittura già benissimo ordinato, non se gli è dato nel transcriverlo
altr’ordine, che quello, che la confusione de libri, et il capriccioso, ò per
217
dir meglio misterioso disordine dell’Autore ha somministrato. Non s’è   In alcuni casi, a margine del testo si trovano chiose riguardanti proposizioni
«contrarie, e converse», attribuibili a Cassiano dal Pozzo, assumendo egli stesso,
potuto per questo mancare di porre nel fine della presente selva due in un certo senso, il ruolo destinato al lettore nella nota citata. Nella sua trascri-
divisioni proposte dal medesimo Autore nella presente materia, acciò si zione dal Codice napoletano, su cui più avanti ci soffermeremo, Bossi appunterà
dalla nota redazionale questo breve testo: «Volendosi unire questo Trattato a
comprenda l’intenzione di quello. Come ancor benissimo si potrà co- quello di Pittura, non se gli è dato l’ordine che porta il Libro già ben ordinato
noscere, che se bene egli non hebbe espressamente per estenso scritto della Pittura, ma si è copiato com’era. Avvertasi che le Proposizioni de’ raggi
tutto quel tanto che alla perfezione di questo trattato si richiederebbe, luminosi debbono egualmente applicarsi ai raggi ombrosi e viceversa. Ogni
proposizione secondo lo stile di Leonardo debbe avere la sua conversa. A questo
hà nondimeno egli con bonissima arte esposto tanto, che l’Ingegno del medesimo Trattato appartengono i capitoli dal n. 75 all’88 del Trattato stampato
lettore possa à pieno arrivare alla cognizione insino all’ultima verità. della Pittura». A sua volta il Venturi scriverà nella sua copia tratta da quella di
Bossi: «Questo trattato al pari degli altri scritti di Leonardo non ebbe la sua
Et se egli se non ad alcune poche proposizioni pone le loro contrarie, prefazione da lui. […]». Cfr. G.B. De Toni, G.B. Venturi e la sua opera vinciana.
e converse, non curandosi di aggiungere a ciascuna la sua; se facendo Scritti inediti e l’Essai, Roma, P. Maglione e C. Strini, 1924, p. 60.

Impianto e contenuti del Codice


53
articolata in sette «libri»218. In particolare, nelle tavole compaiono Ci sembra significativo, tra gli altri, il passo in cui, nell’occuparsi
numerosi esempi di applicazione della teoria delle ombre agli inter- «Dell’utilità dell’ombre», egli sottolinea l’importanza della «scienza
ni di ambienti architettonici, che torneranno nelle carte di Windsor, dell’ombra e lume» per le arti visive, considerando in particolare la
sebbene senza un eguale approfondimento219: Leonardo si sofferma pittura quasi come una tecnica ‘magica’ per la sua caratteristica di far
tra l’altro sul fenomeno della penetrazione dei raggi solari attraverso «parere» sul piano una realtà tridimensionale:
finestre di varie forme e grandezza, analizzando le differenti situa-
zioni di ombreggiatura di un vano e degli oggetti in esso esistenti. Si come l’occhio non discerne le figure de’ corpi dentro alli loro
Ronchi220 sottolinea come il contributo di Leonardo in materia di termini se non per il mezzo delle ombre, e lumi, così molte sono
ottica sia, in fondo, limitato, viste le difficoltà che avevano a quell’e- le scienze che nulla sarebbono senza la scienza dell’ombra, e lume,
poca tutti coloro che aspiravano a muoversi in quel groviglio di mi- come la pittura, la scoltura, la stronomia, e in gran parte la prospet-
steri che caratterizzava ancora questo campo della scienza. Leonardo tiva, e simili. Provasi che lo scoltore non opera senza l’aiuto dell’om-
è ossessionato dalla necessità di spiegare, attraverso il meccanismo bra, e de’ lumi, la materia scolpita restarebbe tutta d’un colore: […] è
della visione, quello della rappresentazione e, quindi, della pittura; si provato, come la superficie piana alluminata d’equal lume non varia
avvia allora sul campo minato dell’ottica sforzandosi in tutti i modi in parte alcuna la chiarezza, ò oscurità del suo natural colore, e per
di venirne a capo, ma alla fine, nonostante le numerose intuizioni questa equalità di colore si prova l’equalità della planitie di tal su-
che, in molti casi, anticipano quelle di grandi scienziati del Sei e Set- perficie; seguita dunque, che se la materia scolpita non fosse vestita
tecento, non giunge ad una scienza compiuta, dovendosi attendere d’ombre, et di lumi tali, quali richiede il rilievo delli muscoli, e le
per questa ancora molto tempo. concavità infrà essi rilievi interposte, tal scoltore non vederebbe al
Per meglio comprendere ciò che Leonardo esprime in fatto di teo- continuo la sua operazione, tal qual richiede l’opera da lui scolpita,
ria delle ombre in questa parte del nostro Codice, possiamo riferirci e sarebbe tall’operatione fatta nel chiaro, quasi come se nella tene-
a quanto osserva il Camerota circa la distinzione vinciana tra ombre brosa notte lavorata stata fosse. Ma la pittura mediante tali ombre, e
«congionte», ossia proprie del corpo illuminato, e «separate» (ossia lumi, in piane superfici fa parere li siti concavi, e rilevati, e separa-
portate) nonché, all’interno di queste ultime, tra «primitive» (quelle ti l’un dall’altro con varie distanze, per diversi aspetti, et cetera222 .
scure, interne al fascio ombroso) e «derivative» (quelle rischiarate
da una luce secondaria). Leonardo sottolinea in varie occasioni la L’interesse di Leonardo per questi fenomeni è da porsi in diretta re-
difficoltà di riprodurre le ombre, che a differenza dei «lineamenti» lazione con altri ambiti della sua ricerca223: così, ad esempio, la teoria
non possono essere «lucidate» su fogli trasparenti: è lo specchio lo ondulatoria della luce trova una diretta analogia con quella che egli
strumento più fedele per tale lavoro e per questo egli approfondisce teorizza similmente riguardo all’acqua e al suono, alle onde e alle
le leggi della catottrica e quanto espresso sull’argomento a partire vibrazioni, e quindi al moto armonico. Ed è proprio precorrendo
da Euclide fino a Brunelleschi. Ma in materia di ottica, fisiologia la meccanica ondulatoria che Leonardo ribalta la teoria consolidata
dello sguardo e studio anatomico dell’occhio, la questione è assai dello studioso polacco Vitellione (di cui, sulla scorta di Pacioli, cer-
più complessa: partendo dalle basi euclidee e dell’ottica medievale, tamente studia l’Ottica) secondo la quale sarebbe l’occhio ad inviare
Leonardo si convince di alcuni concetti poi rivelatisi inesatti, come verso l’oggetto innumerevoli raggi («scorze»), rendendolo così visi-
ad esempio quello secondo cui l’immagine appare dritta sulla reti- bile: è invece l’oggetto a riflettere le «spezie» luminose, o «simulacri»
na, mentre Keplero dimostrerà un secolo più tardi essere capovolta. (spesso li definisce «virtù visiva», ossia il mezzo della visione), oggi
Non va comunque sottovalutato il suo contributo sulle proprietà diremmo i fotoni, permettendo così all’occhio di carpirle. O, ancora,
della camera oscura, che egli assimila all’occhio umano, e delle lenti egli fornisce una soluzione ‘meccanica’ (ma niente di più) al cosid-
concave e convesse, che lo portano ad anticipare gli studi che il detto «problema di Alhazen», riguardante l’individuazione del cam-
napoletano Giovanni Battista Della Porta svolgerà nella sua Magia mino di un raggio luminoso che parte da una fonte, si riflette su uno
Naturalis del 1589. Proprio l’esame del fenomeno della camera oscu- specchio sferico e giunge all’occhio di un osservatore in una posi-
ra, in cui Leonardo riprende gli studi arabi fino a quelli di Alhazen, zione data224; si occupa poi del fenomeno della rifrazione (diottrica),
lo esalta a tal punto da esclamare: anche con riferimento all’atmosfera terrestre, ma, non conoscendo
né l’algebra (se non quella elementare) né la trigonometria, non
O magica visione, quale ingegno potrà penetrare tale natura? Qual lin- arriva a una legge generale; in compenso, però, scopre ben prima di
gua fra quella che displicar possa tal meraviglia? Questo drizza l’umano Newton la composizione dello spettro solare.
discorso alla contemplazione divina221. Partendo da Euclide e da Tolomeo, Leonardo analizza in dettaglio
la fisiologia dell’occhio e in particolare la pupilla, l’asse ottico, la
visione stereoscopica binoculare, le ‘illusioni’ ottiche, giungendo
218
  Codice Corazza, I/b, pp. 139-141, paragrafo dal titolo: Ombra, è privation di luce, in due secoli prima di Bouguer a definire il principio fondamentale
cui sono elencati i contenuti dei sette «libri». Così il Venturi: «Da un capitolo posto
verso al fine [ossia proprio il paragrafo di cui sopra, n.d.r.] si scorge che egli pensava della fotometria. Nel campo della catottrica studia la riflessione su
dividerne la materia in sette libri, esponendo nel primo la natura dell’ombra, de’ superfici piane e sferiche, nonché gli specchi concavi parabolici, di
lumi, nel 2° parlando dell’ombre originali o primitive, nel terzo delle derivative».
(G.B. De Toni, G.B.Venturi e la sua opera…, p. 60); nel quarto avrebbe trattato degli cui fa costruire prototipi da un «Giovan tedesco». Come vediamo
effetti delle ombre derivative in relazione alle diverse circostanze locali; nel quinto anche nel nostro Codice, egli è attratto dal fenomeno dell’arcobale-
degli effetti delle fonti di luce nelle vicinanze delle ombre derivative; nel sesto degli
effetti dei raggi riflessi sui colori, anche in questo caso in rapporto alle circostanze
no, ma non arriva a una spiegazione soddisfacente. Infine, a partire
locali; infine nel settimo, come leggiamo ancora nel paragrafo, «delle varie distanze,
che fia infrà la percussione del raggio reflesso al loco d’onde nasce quanto fa varie
le similitudini di colori, che esso nella percussione al corpo opaco appicca».
222
219
  Windsor, f. 19149r, cit. in D. Argentieri, op. cit., p. 413.   Codice Corazza, I/b, pp. 141-143.
223
220
  V. Ronchi, Leonardo e l’ottica, in Aa.Vv., Leonardo studi e ricerche, a cura del Co-   V. Ronchi, op. cit., pp. 161-185.
224
mitato Nazionale per le onoranze a Leonardo da Vinci nel quinto centenario della   Il problema, risolto da Alhazen per via geometrica ma in modo assai com-
nascita (1452-1952), Roma, Istit. Poligrafico dello Stato, 1952, pp. 161-185. plesso, viene diversamente affrontato e risolto da Leonardo grazie ad uno stru-
221
  R. Marcolongo, La meccanica vinciana, in Aa.Vv., Leonardo da Vinci, Novara, mento descritto nel Codice Atlantico e poi ricostruito agli inizi del Novecento
De Agostini, 1966, p. 492. da Roberto Marcolongo.

Capitolo secondo
54
materia di scienze ‘pure’, come ad esempio l’idraulica, che trove-
remo trattata in maniera sistematica nell’ultima parte del Codice,
mostra piuttosto l’intento di giungere ad un’esemplificazione della
ricerca vinciana applicata ai vari campi dell’ingegneria, sceglien-
done i precetti più significativi. In particolare, in questa sezione è
riconoscibile un filo conduttore nell’ingegneria meccanica, che ne
occupa la parte più consistente.
Va pure notato come alcuni precetti tratti dal ms. F, in maggio-
ranza relativi all’idraulica, si ritroveranno anche nella terza parte
dell’apografo; molti altri, sulla stessa materia, vengono ovviamen-
te ripresi nel codice di frate Arconati sul moto e misura dell’acqua.
Ciò si spiega con l’intento di rendere in qualche modo autono-
me le diverse trascrizioni, offrendo all’interno di ciascuna, anche
a costo di qualche tautologia, le proposizioni giudicate di volta in
volta più utili dal selezionatore, nel primo caso a supporto delle
applicazioni di ingegneria, nel secondo nel contesto più ampio
delle scienze pure, nel terzo in relazione agli intenti ‘monodisci-
plinari’ dell’Arconati. Insomma cominciano ad essere chiari gli
aggiustamenti progressivi adottati nel corso dell’operazione con-
dotta da dal Pozzo ai fini dell’elaborazione di testi dotati, nei li-
miti del possibile, di una propria coerenza rispetto a temi specifici.
Quella «nobilissima scienzia strumentale over machinale» che è la
meccanica tecnica è la vera passione di Leonardo, campo in cui, pur
riprendendo, in tutto o in parte, gli studi e le applicazioni di Taccola
e di Francesco di Giorgio, in alcuni casi giunge ad enunciati tali da
anticipare, almeno nell’intuizione, le grandi scoperte di Galilei228.
Sono numerose le macchine illustrate in questa parte del Codice,
in più di un caso con un approfondimento descrittivo non ritro-
vabile in alcuno dei numerosi taccuini quattrocenteschi disponibi-
li all’epoca sugli stessi temi; un’accuratezza nell’illustrazione delle
soluzioni meccaniche che è seconda solo alla dovizia di dettagli
presente in alcuni fogli del Codice Atlantico o in quelli sugli «ele-
menti macchinali» del Codice I di Madrid: troviamo così pompe
Codice Atlantico, f. 9r, c. 1508; studi di ottica. Milano, Biblioteca Am- e strumenti idraulici, mantici, ingegnose artiglierie, motori ‘antifri-
brosiana zione’, macchine laminatrici, bilance, cavafondi, draghe, il famoso
«carro di commodo movimento» – il cosiddetto «carro facile», con
dal 1508, studia le lenti, opponendosi ai pregiudizi dei filosofi, e ap- l’asse appoggiato sull’intersezione di due ruote girevoli, antenato
profondisce le norme per correggere la miopia e la presbiopia con dell’automobile – e persino una macchina idraulica per generare
l’uso degli occhiali: essendosi da tempo riproposto di fare «ochiali quel moto perpetuo che alla fine egli riconoscerà di non aver mai
da vedere la luna grande»225, egli deve aver costruito effettivamente il raggiunto229. Per tutte le macchine Leonardo accenna, sebbene in
cannocchiale, precorrendo gli studi di Della Porta e di Galilei226 con maniera ancora superficiale, ai problemi di attrito e cerca i modi per
quell’«occhiale di cristallo» indicato nel f. 25 r del ms. F, che ricorre eliminarne le resistenze: studia il corretto proporzionamento degli
ben due volte nel nostro apografo227, dopo essere stato annunciato elementi meccanici in rapporto ai materiali di cui sono fatti e alla
in un piccolo disegno del Codice Atlantico, con la scritta: «pon l’oc- potenza del motore che li muove; affronta infine il problema dell’u-
chio a un cannone». sura delle parti, come ad esempio dei cosiddetti ‘perni di spinta’230.
Ma non è solo l’importanza e l’utilità delle applicazioni meccani-
Giungiamo così alla seconda parte del Codice, in cui i capitoli di che che ci colpisce in questi fogli, come del resto negli altri codici
ottica, percezione visiva e rappresentazione, che integrano i pre- vinciani: è il metodo di raffigurazione e descrizione dei conge-
cetti contenuti nelle due sezioni della prima parte, occupano quasi gni che, come si sa, rappresenta l’assoluta novità del contributo
l’intera seconda metà del testo. Ma la prima costituisce un corpus di Leonardo alla meccanica tecnica. Tranne che per Francesco di
assai più organico, formato da capitoli tratti in massima parte dai
mss. B e F, dedicati a macchine di varie specie, a ‘ingegni’ idrauli-
ci, a raffinate osservazioni e applicazioni nel campo dell’ingegne- 228
  B. Gille, Leonardo e gli ingegneri del Rinascimento, Milano, Feltrinelli, 1972, p. 46.
229
ria edile, meccanica, militare e portuale, che risalgono agli anni   Con riferimento alla ricerca di Leonardo in materia di fisica generale e di mec-
canica, Pedretti (cfr. C. Pedretti, Leonardo dopo Milano, in Leonardo e il leonardismo…
1490-1515. Qui il compilatore, lungi dal proporre una selezione in cit., p. 43) cita un appunto del 1499 presente nel Codice Atlantico (f. 289, ex 104r-b),
in cui si legge: «a dì primo d’agosto 1499 scrissi qui de moto e peso». Si veda pure
ivi, pag. 73, schede di Pedretti sul f. 103.5r (ex 370 v-b) del Codice Atlantico e sul f.
48v del ms. I, entrambi del 1497 e relativi agli studi per una laminatrice; il secondo è
225
  Codice Atlantico, f. 190 r-a. trascritto in Codice Corazza, II, p. 25. Cfr. pure sull’argomento A.M. Brizio, Scritti
226
  D. Argentieri, op. cit., pp. 405 sgg. È noto come Della Porta nel 1609, in una scelti…cit., pp. 251-279, 341-364.
famosa lettera a Federico Cesi, fondatore dell’Accademia dei Lincei, criticasse l’in- 230
  G. De Toni, Studi di meccanica in Leonardo da Vinci. La trasmissione del moto, in
venzione di Galileo, attribuendosene il merito. Aa.Vv., Leonardo nella scienza e nella tecnica, Atti del simposio internazionale di storia
227
  Codice Corazza, II, p. 40; III, pp. cxxxx-cxxxxi. della scienza, Firenze-Vinci, 23-26 giugno 1969, Firenze, Giunti, 1969, pp. 91-99.

Impianto e contenuti del Codice


55
Codice Corazza, c. 1640, sez. I/b, p. 179, illumina- Codice Corazza, c. 1640, sez. I/b, p. 183, illumina- Codice Corazza, c. 1640, sez. I/b, p. 181, illumina-
zione e costruzione di ombre. Napoli, Biblioteca zione e costruzione di ombre in interni architet- zione e costruzione di ombre in interni architet-
Nazionale tonici. Napoli, Biblioteca Nazionale tonici. Napoli, Biblioteca Nazionale

Giorgio, la macchina è sempre stata per i ‘meccanici’ – da Kyeser importanti risultati nel periodo romagnolo (1500-03)231, potendosi
a Taccola a Valturio, e persino per quelli che verranno, come Ra- ritrovare studi analoghi anche nel Codice Atlantico. Così ad esem-
melli, Zonca, Lorini, Besson – qualcosa di riservato ad artigiani pio troviamo la «Flamea», sorta di palla infuocata da tirare con un
specialisti, di difficile descrizione e, più ancora, rappresentazione. sistema a fionda, specie nelle battaglie navali:
Leonardo la analizza e descrive in tutte le sue parti, intese come
singoli elementi cinematici, e la tratta da artista e divulgatore, Callimaco Architetto fu il primo che l’insegnò a’ Romani, da’ quali
come se i fogli dedicati a questi congegni dovessero servire agli fu poi molto usato, et masimi da Leone Imperatore quando li popoli
esecutori per la realizzazione dei vari pezzi del meccanismo; egli orientali contra di Costantinopoli venero con infinito numero di Navi,
perfeziona macchine esistenti e ne propone di nuove, credendo le quali da questa matteria furono tutte abbrugiate232. [E ancora] Dice
fermamente nella loro utilità per ottenere un lavoro con la mas- Lucano, che Cesare, fatto gettar questo fuoco con le Lampade infra le
sima economia delle forze dell’uomo e, viceversa, il massimo le- Navi de Ceruschi Popoli di Germania, abbrugiò non che le Navi mà
cito sfruttamento di quelle disponibili in natura: oltre ai muscoli, l’edificij edificati su la ripa del mare233.
quindi, l’acqua, l’aria calda, il vento. Su questa scia, sovente l’en-
tusiasmo lo porta a proporre congegni ancora irrealizzabili a quei Altre simili armi sono illustrati in queste pagine, denominate «Filo-
tempi, come la macchina volante o il sommergibile, ma che egli croto», «Arzilla», «Crucida», «Lampade», diversi tipi di bombarde e
sa che un giorno sarà possibile creare. Senza alcuna remora, l’im- proiettili esplosivi, utili anche per l’assalto ai bastioni.
pegno nel campo della meccanica applicata ha per lui pari dignità Un notevole interesse si nota in questi fogli anche nel campo del-
e importanza di quello di artista, tanto è vero che tali attività la statica e della scienza delle costruzioni. Qui Leonardo davvero
si svolgono sovente in ambienti tra loro attigui, come quelli del precorre Galilei, il quale invece ignorerà i suoi studi a causa della
suo studio in Belvedere a Roma. I più importanti meccanici del dispersione dei manoscritti dopo la morte del maestro. Sappiamo
Cinquecento e del Seicento devono molto alla tecnica vinciana: come questi analizzi in più occasioni le travi e i «sostentaculi» di-
con lui, l’approccio e la metodologia di ricerca nella meccanica versamente vincolati e caricati, e calcoli la loro flessione e resistenza,
applicata cambiano totalmente corso. anche a carico di punta, sia pure non conoscendo la teoria matema-
Nel campo della tecnica militare troviamo in questa parte del Co- tica dell’elasticità (formulata tre secoli più tardi) e basandosi quindi,
dice numerosi studi di micidiali ordigni da fuoco tratti dal ms. B e per giungere al valore della resistenza, su un metodo induttivo di
relativi al periodo in cui, lavorando come «ingegniarius et pinctor» semplice confronto tra strutture di diverse dimensioni e materiali.
per gli Sforza (1483-99), Leonardo si dedica maggiormente ai pro- Proprio dagli scritti vinciani in materia di statica e di strutture ela-
blemi della difesa e dell’offesa, studiando le armi antiche descritte stiche Venturi trarrà brani preziosi, sui quali Nando De Toni osserva:
nel citato De re militari di Valturio: anche in questo caso egli ripro- «Ora agli studiosi è offerta la possibilità di maggiormente appro-
pone, spesso persino identicamente, strutture, macchine e congegni fondire le ricerche sulle intuizioni precorritrici di teorie, relative ad
rinvenibili in Taccola, in Francesco di Giorgio o in Aristotile Fio- esempio al ‘cilindro incurvato’ od alla ‘trave inflessa’, come potrem-
ravanti; ma, ancora una volta, l’approfondimento delle peculiarità
di ogni macchina, delle funzioni ad essa affidate e delle parti atte a
svolgerle, nonché il modo di rappresentarle e quindi di divulgarle, 231
  I. Calvi, L’ingegneria militare e le armi, in Aa.Vv., Leonardo da Vinci, cit., pp. 275-305.
costituiscono novità assolute, dando vita ad una linea di ricerca 232
  Codice Corazza, II, p. 13.
originalissima, che Leonardo porterà avanti con grande passione e 233
  Ivi, f. 14.

Capitolo secondo
56
Al di là del carattere contorto del testo, si comprende come Leo-
nardo affronti qui il tema dell’arco con riferimento all’applicazio-
ne al caso di una centina lignea tanto solida quanto, diremmo noi,
iperstatica. Le osservazioni appaiono condotte in maniera ancora
intuitiva per quanto concerne il comportamento delle travi, che
come è noto egli approfondirà, tornando sul tema a distanza di
qualche anno, nel codice Arundel, nel Forster III e nel ms. A, ove
metterà a fuoco l’argomento con particolare precisione236. Anche
nel ms. B, databile al 1487-90, è un brano (f. 27r) non riportato nel-
la selezione seicentesca, in cui leggiamo ancora riguardo all’arco:

La sperienza che un peso, posto sopra un arco, non si carica tu[tto]


sopra alle sua colonne, anzi quanto è maggior peso fia posto sopra
li archi, tanto men pesa l’arco el peso a le colonne, la sperienza si è
questa: si[a] messo un omo sopra le stadere i’ mezzo la tromba d’uno
pozzo; fa di poi che questo allarghi le mani e piedi infra le parieti di
detto pozzo: vedrai questo pesare a la stadera molto meno. Dàlli uno
peso alle spalli: vedrai per isperienza, quanto maggior peso li darai,
maggiore forza farà in aprire le braccia e gambe, e più pontare e più
mancare il pondo alle stadere237.

Francesco Melzi (da Leonardo da Vinci), Libro di Pittura (Codice Urbinate Altri brani indicativi dell’interesse dei trascrittori per osservazioni di
1270), c. 1546, c. 215r, illuminazione e costruzione di ombre in interni
architettonici. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana scienza delle costruzioni si possono trovare ‘saltando’ per un istante
nella terza parte del documento, come quelli recanti alcune osser-

mo dire oggi, poiché si ha quasi l’impressione di leggere nel testo di


236
Leonardo la dicitura ‘asse neutro’!»234.   A.M. Brizio, Scritti scelti…cit., pp. 144-145, 478-480. Al f. 50r del ms. A leggiamo
tra l’altro: «Che cosa è arco. Arco non è che una fortezza causata da due debolezze,
Tra le altre osservazioni, quelle sul funzionamento dell’arco e dei imperò che l’arco negli edifizi è composto di due quarti di circulo, i quali quarti
modi di realizzarlo mediante centinatura assumono particolare si- circuli, ciascuno debolissimo per se, desidera cadere, e opponendosi alla ruina l’uno
gnificato, potendosi ritrovare in più fogli del Codice Atlantico, dell’altro, le due debolezze si convertano in unica fortezza. / De la equalità del peso
de li archi. Poiché l’arco fia composto, quello rimane in equilibra, imperò che tanto
del ms. A, del Codice Forster II e del Trivulziano235. Nel nostro spinge l’uno l’altro, quanto l’altro l’uno; e se e’ pesa più l’uno quarto circulo che
Codice, ai ff. 4-5 della sezione in esame, tratti in questo caso dal l’altro, quivi fia levata e negata la permanenza, imperò che ‘l maggiore vincerà il
minore peso. / Del carico dato a li archi. Dopo il peso equale de’ quarti circuli, è
ms. B (f. 19v), si legge con riferimento alla figura allegata: necessario dare loro equale peso di sopra, altrimenti s’incorrerebbe nel sopradetto
errore. / Dove l’arco si rompe. L’arco si romperà in quella parte che passa il suo
Perche ragione questo Arco è Forte mezzo sotto il centro. / D’un’altra cagione di ruina. L’arco verrà ancora meno per
essere sospinto da traverso, imperò che, quando il carico non si dirizza al piè dell’ar-
Dico, che è impossibile che un corpo maggiore possa entrare in un mi- co, l’arco poco dura». F. 49v: «Della fortezza [e] equalità degli archi e ‘n dove son
nore, essendo così la linea GCH è molto maggiore, che GH. Adunque forti o deboli e così le colonne. Quella parte dell’arco che fia più piana, farà minore
resistenza al peso postoli. Quell’arco che fia raddoppiato nella quadratura della sua
il maggior GCH non entrarà nel minor GH se non si rompe e chiaro grossezza, reggerà quattro tanti peso quanto reggeva lo scempio, e tanto più, quanto
si conosce, che à voler rompere una trave per tirare, questo è poco il diamitro della sua grossezza entra men numero di volte nella sua lunghezza. Quel
fattibile. Adunque se confisserai per le dette ragioni GH non potersi pilastro che fia carico di più diseguale peso, verrà più presto al manco. Li archi che
stanno per forza di catene, non fieno permanenti. L’arco fia di più lunga perpetuità,
rompere per tirare l’angolo GFH, et l’angolo GCH al mezzo tondo di il quale arà bono contrario al suo spingere». F. 50v: «De la fortezza de l’arco. Il modo
sopra, non potrà mai passare per la corda, ò ver basa GH. Ancora simil- di fare l’arco premanente si è di riempiere i sua angoli di buono ripieno insino al
suo raso overo culmine. / [Un disegno per ciascuna proposizione che segue] Del caricare
mente BDF et così AME non possono haver mutatione se il trave CM sopra l’arco tondo. / Del caricare l’arco acuto bene. / De lo inconveniente che
non si rompe, essendo mal possibile, quasi impossibile è che l’Arco si seguita a caricare l’arco acuto sul suo mezzo. / Del danno che riceve l’arco acuto
a essere caricato sopra i sua fianchi. / L’arco poco curvo fia sicuro per sé; ma se
rompa essendo à quello aggiunta l’incatenatura del rinterzare l’asse, che fia carico, le spalli bisogna bene armare. / L’arco d’assai curvità fia per sé debole, e
vanno nel tondo GABCDEH / ED sarà interamte. sicuro, aggiungendo più se fia carico, e farà poca noia alle sue spalli». F. 51r: «L’arco il quale manderà il
à quella doi sostegni traversi. peso perpendicolare alle sua radice, farà il suo offizio per qualunque verso si stia,
o rovescio o a diacere o ritto. / L’arco non si romperà, se la corda de l’archi di fori
non toccherà l’arco di dentro. / Quell’arco il quale fia carico da uno de’ lati, il
peso si caricherà su la sommità de l’altro mezzo, e passerà il peso per insino al suo
234
  N. De Toni, Frammenti vinciani. XXXII. Trascrizioni inedite da fogli perduti del fondamento, e romperà in quella parte che fia più lontana dai sua stremi e da la
Manoscritto E 2176 dell’Istituto di Francia, di Leonardo da Vinci, Firenze, Barbera, sua corda». Al f. 158r del Codice Arundel leggiamo tra l’altro: «Delle rotture delli
1975, pp. 8-9: «A conferma di questo, l’Amico ing. Carlo Zammattio da tempo archi. L’arco fatto dal semicircolo, il quale fia carico nelli due oppositi terzi della
mi aveva dato notizia di un appunto esistente nel Manoscritto 8937 di Madrid sua curvità, romperà in cinque lochi della sua curvità». E al f. 158v: «Della potenzia
(84 verso)». L’appunto, dal titolo «Della piegatura delle molle» con relativa figura dell’arco nell’architettura. La premanenza dell’arco, fabricato dall’architetto, consi-
A.B.C.D., così recita: «È necessaria cosa che piegandosi la molla che era diritta, ste nella corda o nelle spalle sue. / Della situazione della corda nel sopradetto arco.
che dalla parte del suo colmo essa si rarifichi e dalla parte del cavo essa si con- La situazione della corda ha la prima necessità nel principio dell’arco e nel fine del-
densi, la quale condensazione si fa ad uso di piramide, onde si dimostra che in la rettitudine del pilastro dove si posa. Pruovasi pella 2° delli sostenta culi che dice:
mezzo della molla non si ha mai mutazione. Imperocché se tu raccogli insieme Quella parte de li sonstentaculi men resiste, che è più remota dal fermamento e ‘l
tutta la detta mutazione, come se tu togliessi la parte di AB nel mezzo della sua simile accadendo nelli opposti stremi dell’arco, che sono ultima distanzia dal mezzo
lunghezza e poi piegando la molla in modo che il parallelo AB si toccasse da piè, suo vero fermamento, noi abbiamo concluso che tal corda di necessità richiede la
tu troveresti esso parallelo essere tanto cresciuto da capo quanto esso è diminu- situazione delli sua oppositi stremi infra li 4 oppositi stremi predetti».
ito da piè, onde il mezzo della sua altezza ha fatto dei suoi lati ad uso di bilancia 237
  Ivi, p. 139. Il f. 22v del Codice Trivulziano contiene altre considerazioni sull’ar-
e tanto quanto gli estremi d’esse linee si sono appropinquati da piè, tanto si sono gomento: «L’arco rovescio è migliore per fare ispalla, che l’ordinario: perché il
allontanati da capo; sicché per questo tu intendi come il mezzo dell’altezza di rovescio [ha] sotto se muro resistente alla sua debolezza, e l’ordinario non trova nel
tale parallelo mai cresce in AB, né diminuisce nella molla piegata in CD». suo debole se non aria. L’arco regge tanto sotto a se come di sopra a se». Cfr. pure
235
  A. Uccelli, La scienza delle costruzioni, in Leonardo da Vinci, cit., pp. 265 sgg. Bibl. Ambrosiana, Fondo Bossi, S.P. 6/13 E, sez. B, n. 1, f.lo g, f. 59.

Impianto e contenuti del Codice


57
pianto, mostra anche un moderno ‘design’.Vi sono infine numerosi
capitoli dedicati all’ingegneria idraulica e portuale, in cui è evidente,
ancora una volta, il rimando a Francesco di Giorgio: tra essi, quelli
riguardanti «Argini da sostener l’acqua d’un fiume, e poi in un su-
bito per allagare una Città, ò Campagna, con aprir le Porte»240, le
tecniche per la costruzione di chiuse o per «far montar l’acqua un
miglio»241 e quelle relative al «Modo di votar un Porto»242 con il me-
todo dei cassoni: «Fa’ à casse, et quando l’una Cassa è vota d’acqua,
et di terreno, vota l’acqua della seconda cassa in quella che prima si
votò, et poiche è asciutta, cava li pali della cassa riempiuta d’acqua,
et rifà col medesimo legname la seguente cassa»243; tecnica di cui è
possibile ritrovare l’applicazione, praticamente inalterata, nei porti
progettati ancora fino a tutta la prima metà dell’Ottocento.

La selezione presente nella terza parte del Codice inizia con il si-
gnificativo titolo Del Moto e Forza e con il precetto: «Infra le cose
mosse da una medesima cagione, quella che fia di più veloce moto
fia più determinato al suo Motore». Essa è tratta quasi per intero dal
ms. F e perciò contiene «proposizioni» tutte databili al 1508, dedicate
ai principi del moto e alla meccanica teorica; più in particolare, all’i-
drodinamica e all’aerodinamica. Ma vi si trovano anche importanti
osservazioni su temi di geometria, geografia e scienze della terra,
segnatamente di geofisica, meteorologia e astronomia. Non manca
infine l’esposizione di più ampi concetti filosofici relativi a temi
come la forma della Terra o la «figura degli elementi»244.
Con ogni probabilità, doveva esistere una prima bozza di quel Trat-
tato di Meccanica che Leonardo si avviava a completare in Francia,
con l’aiuto di Melzi, nonostante fosse oramai malato e prossimo alla
fine, come del resto comunicò egli stesso al cardinale d’Aragona in
visita presso il suo studio nel 1517. Uno sforzo lodevole per la ricom-
posizione di quanto scritto da Leonardo su questa materia fu fatto
Codice Corazza, c. 1640, sez. II, p. 4, metodo a cassone per vuotare un porto per la prima volta dal Venturi, che avrebbe voluto ridurlo (come
e studi sulla resistenza di un arco centinato. Napoli, Biblioteca Nazionale
quello sull’idraulica) in forma ordinata secondo il metodo da lui
già adottato per l’ottica245; ma solo nel 1942 Arturo Uccelli tornerà
vazioni ‘per assurdo’ sulla statica degli edifici condotte attraverso lo sull’argomento246, proponendo peraltro, come ha notato Pedretti247,
studio dei centri di gravità; ad esempio, in un passo tratto dal ms. un ordinamento dei testi alquanto arbitrario.
F, Leonardo osserva con riferimento al grafico che affianca il testo: La meccanica – il «paradiso delle scienze matematiche, perché in
quella si viene al frutto matematico»248 – è la sua scienza prediletta,
Se saran fatte due torri in continua drittura, e che lo spazio, che s’in- che intende come parte basilare della fisica generale (meccanica dei
chiude infra loro sia paralello, senza dubbio le due torre ruinaranno corpi rigidi e deformabili e dei liquidi), approfondendo soprattutto
l’una contro l’altra, se ’l procedere del murare fia sempre con equal quella tecnica. Leonardo si occupa magistralmente di cinematica e
altezza all’una torre, come all’altra238. in particolare di meccanismi per la trasformazione ‘vantaggiosa’ dei
movimenti: precursore della moderna ingegneria meccanica, lascia
Infatti, in virtù della rotondità della terra, le torri devono risultare numerosissimi studi, sparsi ovunque nei suoi scritti, relativi a princi-
leggermente divergenti e non parallele tra loro, altrimenti crolleran- pi e osservazioni, ma anche a descrizioni di motori e macchine per
no per essere il loro baricentro fuori dalla base di appoggio239. le applicazioni più varie.
Tornando alla seconda parte del Codice, tra gli altri capitoli signifi- Egli mostra solide conoscenze della meccanica greca, da Archimede
cativi troviamo il foglio del ms. B in cui si descrive il «Camino, che ad Aristotele ad Erone, e apprende molto dal De Ponderibus di Eucli-
sempre havera legna senza attizzare» che, oltre all’ingegnoso im- de e dagli studi medievali: partendo da Alberto di Sassonia, ne porta
avanti le ricerche nel campo della caduta dei gravi, cercando la legge

238
  Codice Corazza, III, pp. XXXXI-XXXXII. Leggiamo la dimostrazione, ri- 240
  Codice Corazza, II, p. 10.
guardo a cui però il trascrittore non si cura di verificare l’effettiva corrispondenza 241
  Ivi, pp. 7-8.
delle figure citate nel testo al disegno allegato: «Sia che le due centrali idest EF. delli 242
  Ivi, pp. 4, 38.
due angoli BC seguitino in continuo dritto esse taglieranno tal torre in GG all’una, 243
  Ivi, p. 38.
et in BF all’altra, seguita che tal linee non passan per il Centro della gravità della 244
lor lunghezza. Onde KL, CG parte dell’una pesa più, che l’ rimanente suo CGD e   Si veda l’ultima nota del paragrafo 1 del presente capitolo.
245
le cose inequali superan l’un l’altra, onde per necessità il maggior peso d’essa torre   E.Verga, Bibliografia…cit., p. 710, recensione a G.B. De Toni, Giambattista Ven-
tirerà tutta tal torre adosso alla torre opposta, e l’ simile farà l’altra torre in verso di turi…cit.
246
questa». Nel Codice Arundel (ff. 138r, 141v, 157r, 157v) troviamo numerosi brani di   Cfr. Leonardo da Vinci. I libri di meccanica nella ricostruzione ordinata di Arturo Uccel-
grande interesse, destinati ad un «Trattato delle cause generatrici delle rotture de’ li, preceduti da un’introduzione critica e da un esame delle fonti, Milano, U. Hoepli, 1942.
muri» mai compiuto, in cui si delinea una vera e propria metodologia per la dia- Si veda pure A. Uccelli, La scienza delle costruzioni, cit., pp. 261-274.
247
gnosi dei dissesti murari. Cfr. A.M. Brizio, Scritti scelti…cit., pp. 474-478.   Libro di pittura…cit., p. 73.
239 248
  A. Marinoni, La biblioteca…cit., p. 336.   Ms. E, f. 8v.

Capitolo secondo
58
matematica che ne regola l’accelerazione, ma prendendo solo tardi
le distanze dalla teoria aristotelica dell’antiperistasis, per la quale l’aria
favorisce l’accelerazione anziché ostacolarla con l’attrito. Dal citato
Liber de ratione ponderis di Nemorario (anch’esso meglio noto come
De Ponderibus) trae fra l’altro la condizione di equilibrio su un piano
inclinato, nonché le considerazioni sul principio dei lavori virtuali e
sulla leva retta e angolare.
Una volta fissata la regola sulla base dei principi già noti, Leonar-
do sorvola spesso sulle dimostrazioni, passando direttamente alle
applicazioni, che sono quasi sempre perfette. Gli è chiaro anche
il concetto di momento, che verrà enunciato solo molto tempo
dopo: scopre casi particolari del teorema (poi detto di Varignon)
sui momenti di forze concorrenti (si vedano il Codice Forster II,
f. 102v, anteriore al 1500, e alcune osservazioni del 1508 nell’Arun-
del), trova il metodo per la risoluzione numerica della composi-
zione e decomposizione di forze, riprende gli studi di Archimede
sulla teoria dei centri di gravità delle figure piane, trova il baricen-
tro del tetraedro, riconosce l’importanza del baricentro nel moto
dei corpi, formulando il principio statico del cosiddetto poligono
di sostentazione.
Nell’edizione delle Vite di Vasari pubblicata tra il 1846 e il 1855,
Gaetano Milanesi scriverà riguardo alla ricerca di Leonardo in
questo campo:

Alla semplicità e alla esattezza delle espressioni si riconosce facilmente


nel pittore lo scienziato, che il primo dopo Archimede si occupava in
meccanica della ricerca del centro di gravità delle figure, ritrovava in-
nanzi al Murolico e al Commandino il centro di gravità della piramide,
conosceva la teoria del piano inclinato, e delle forze applicate obbliqua-
mente alla leva. Se noi avessimo tuttora il trattato sul moto locale e delle
percussioni, opera inestimabile, al dir del Paciolo, noi vedremmo che
dopo aver cominciato nella scienza dell’equilibrio dove avevano finito
Ms. A, f. 49r, c. 1490-92; studi di travi incastrate e carichi di punta. Parigi,
gli antichi maestri, forse poneva innanzi a Galileo i fondamenti della Institut de France
dinamica: e se a lui occupato in tanti studi e così varii, mancava talora
il tempo di ridurre il concetto suo ad una dimostrazione rigorosa, non Leonardo in questo campo251. È noto come il maestro si sia occu-
mancava la mente per discernere quale di ogni fenomeno sia la cagione249. pato di fisica del moto già a partire dagli ultimi anni del ‘400, ini-
ziando a Milano nel 1499 il trattato De peso e moto, citato anche da
E così ancora nel 1943 il Timpanaro, a commento dei manoscritti Pacioli: le prime trenta pagine di questo lavoro, soltanto annun-
vinciani pubblicati dalla Commissione Reale: ciato nel Codice Atlantico, sono ritrovabili nell’Arundel e databili
ai primi anni del ‘500, sebbene alcune riflessioni precedenti (1495-
Ai principi fondamentali della meccanica Leonardo ha dato un con- 99) siano nel Codice I di Madrid 252 . Egli corregge ora molti errori
tributo di primo ordine. Si può dire che abbia contribuito a tutt’e tre pregressi, enunciando quasi perfettamente la legge di inerzia; e
i principi. Il secondo principio non l’ha riconosciuto, essendo sempre se, come si è detto, per la seconda legge del moto sulla caduta dei
rimasto fedele alla teoria aristotelica che doveva poi essere demolita da gravi mostra tutti i limiti della dinamica aristotelica, ha invece già
Galileo nei Dialoghi dei Massimi Sistemi e delle Scienze: ma alcune pro- chiara la terza legge, che verrà poi esplicitata da Newton 253 . Leo-
prietà del piano inclinato da lui scoperte sono d’accordo con la legge nardo afferma prima di Bruno e di Galilei la relatività del moto
di Galileo. Il suo contributo al primo principio è così importante che e quindi i rapporti tra peso, tempo e velocità nella caduta di un
molti, invece di dire principio d’inerzia, dicono principio di Leonardo grave, intuendo, come segnala Venturi nell’Essai, il condiziona-
da Vinci. È stato anche detto che Galileo non è riuscito ad elevarsi alla mento dovuto alla rotazione della Terra intorno al proprio asse.
generalità a cui si è innalzato Leonardo250. Un costante rammarico si ritrova nei suoi scritti per non aver per-

Ma è sulla scorta degli studi di Roberto Marcolongo, di cui di-


remo, che possiamo davvero avere un’idea dell’opera preziosa di 251
  R. M arcolongo, La meccanica di Leonardo da Vinci, Napoli, S.I.E.M., 1932;
Id., La meccanica vinciana, cit., pp. 483-492; Id., Leonardo da Vinci artista-scienziato,
cit., pp. 137 sgg.
252
  A.M. Brizio, Correlazioni e rispondenze…cit., pp. 106-111.
249
  Ivi, p. 61n. Nell’edizione del Milanesi si trova un saggio di Girolamo Buo- 253
  Interessante, tra le altre proposizioni, quella riguardante il «balzo della palla»
nazia, dal titolo Dei lavori scientifici di Leonardo da Vinci, in cui si compendiano i (Codice Corazza, III, pp. I-II), che viene ripresa più innanzi con più generale ri-
risultati degli studi del Venturi, dell’Amoretti e del Libri, e si commentano i te- ferimento al «balzo» di un «grave»: «Il grave, che discende perpendicolare sopra un
sti vinciani recentemente pubblicati, oltre che dal Manzi, anche dal Cardina- piano se non percote esso piano co’ parte, nella quale passi la linea centrale della
li (Del moto e misura dell’acqua, 1826); per Pedretti è questo, forse, ancora l’unico sua gravità, il balzo non fia infra angoli uguali». Ivi, f. XII. Leonardo riprende e ap-
saggio a considerare il Trattato della Pittura per la sua impostazione scientifica. profondisce in più occasioni questi concetti, oltre che, come si è detto, nel Codice
250
  S. Timpanaro, I manoscritti di Leonardo pubblicati dalla Commissione Reale, Roma, Atlantico, nell’Arundel e nei mss. Forster, anche nei mss. A, C, E, F, K, L, M di Parigi.
La Nuova Antologia, 1943, p. 48. Cfr. A.M. Brizio, Scritti scelti…cit., pp. 251-279, 341-364.

Impianto e contenuti del Codice


59
dinamica (in particolare il volo degli uccelli, fondamentale per le
sue proposte in materia di volo umano e approfondito nel codice
conservato a Torino258 ) e sull’idrodinamica; di quest’ultima ci oc-
cuperemo più innanzi con riferimento alla coeva compilazione di
frate Arconati. Particolare attenzione, come è noto, egli pone nel
ms. A al moto ondulatorio nell’aria (suono e luce) e nell’acqua:

Siccome la pietra gettata nell’acqua si fa centro e causa di vari circoli,


e il suono fatto nell’aria circolarmente si sparge, ogni corpo infra l’aria
luminosa circolarmente si sparge e empie le circostanti parti d’infinite
sue similitudini, e appare tutto per tutto e tutto in ogni parte259.

Un altro ambito della fisica generale presente nella selezione è la


termologia, venendo affrontate problematiche relative al calore del
fuoco (in molti scritti, come sappiamo, egli torna sulla struttura e
le proprietà della fiamma260 ) e del sole, con diverse applicazioni, tra
cui quelle dello «specchio concavo».
Nel campo delle scienze della natura e della terra, vengono inda-
gati ambiti quali la paleontologia (studio dei fossili), la geologia
(osservazioni sui monti e sulla loro struttura), la geofisica e la geo-
grafia (considerazioni sul centro di gravità terrestre, sui fiumi,
sugli stagni, sui mari e sulle maree), l’astronomia (indagini sulla
luminosità e sulle «macchie» della Luna) e la meteorologia (venti,
piogge, nuvole, nebbie, nevi, arcobaleno). Si tratta, anche in que-
sto caso, di scritti che vanno necessariamente integrati con quelli
rinvenibili nel Codice Atlantico, nel Leicester, nell’Arundel, nei
mss. di Windsor e nei mss. E, G, K di Parigi261.
Notiamo che, pur non essendo un vero astronomo e non potendo
coltivare tale scienza con la sistematicità e gli strumenti necessa-
ri (ovviamente non possiede un cannocchiale, pur essendo quasi
riuscito a concepirlo), Leonardo giunge a conclusioni sorprenden-
ti, sostenendo ad esempio per primo il moto diurno della Terra,
Codice Corazza, c. 1640., sez. II, p. 11, macchine idrauliche. Napoli, Biblio- sia pure ancora nell’ambito della dottrina tolemaica, spiegando
teca Nazionale
correttamente l’origine della luce lunare, dovuta alla riflessione di
quella solare dalla Terra alla Luna, e tornandovi poi più volte nei
seguito la condizione del moto perpetuo, su cui tornerà in più codici Arundel e Leicester: egli apprende molto da Cusano, per
occasioni; d’altra parte egli esclude, seguendo Aristotele, la possi- poi precorrere persino Copernico con idee chiaramente ispirate
bilità del vuoto e, quindi, di un moto perpetuo dovuto all’assenza al sistema eliocentrico (Windsor, f. 12609: «Il Sole non si move»),
di qualsiasi contrasto (come invece sosterrà Galilei). Sicché negli mentre le sue indagini sull’aspetto della luna verranno approfon-
ultimi anni milanesi Leonardo pare arrendersi: «Contra del moto dite da Galilei nel Sidereus Nuncius.
perpetuo. Nessuna cosa insensibile si muoverà per se, onde muo-
vendosi fia mossa da diseguale potenzia. Cioè di diseguale tempo In questa parte dell’apografo sono pure contenute ampie consi-
o movimento, o di diseguale peso, e cessato il desiderio del primo derazioni in materia di geometria, una delle grandi passioni di
motore, subito cesserà il secondo»254 . E ancora: «O speculatori del- Leonardo, che ci consentono di conoscere più da vicino lo scien-
lo continuo moto, quanti vani disegni in simili cerca avete creati! ziato e l’ingegnere: egli usa la matematica mai fine a se stessa,
Accompagnatevi colli cercator dell’oro»255. Ma già qualche anno bensì come strumento per l’applicazione e l’approfondimento nel
più tardi, in un capitolo del ms. F (1508) intitolato appunto «Del campo della meccanica e delle costruzioni. Da quanto ricostruito
moto perpetuo» e riportato pure nel Codice Corazza256 , tornerà da Marcolongo262 sappiamo come Leonardo abbia appreso la ma-
alla carica, cercando invano una soluzione pratica del problema. tematica solo a partire dal primo soggiorno milanese (1482-99),
prima attraverso Fazio Cardano e Vitellione, poi, come abbiamo
Nella stessa sezione del documento, dai principi generali della visto, da frate Pacioli; ma l’algebra elementare era ancora tutto
meccanica si passa a considerazioni sul moto dei fluidi 257, segna- quello di cui si disponeva ai suoi tempi, come, del resto, della sola
tamente dell’aria (venti), dell’acqua (correnti, capillarità, ecc.) e geometria euclidea263 .
dei gravi nell’aria e nell’acqua, e quindi rispettivamente sull’aero-
258
  A.M. Brizio, Scritti scelti…cit., pp. 365-385.
259
  Ms. A, f. 61r.
254 260
  Cfr. Ms. A, f. 22.   F. Bottazzi, op. cit., pp. 320 sgg.
255 261
  Codice Forster, II, ff. 90v-92v, cit. in R. Marcolongo, La meccanica…cit., p. 161.   A.M. Brizio, Scritti scelti…cit., pp. 550-603.
Cfr. pure ms. A, passim, e Codice Atlantico, f. 337. 262
  R. Marcolongo, Leonardo da Vinci nella storia della matematica e della meccanica,
256
  Codice Corazza, II, pp. 31-36. in Atti del Congresso Internazionale dei Matematici (Bologna, 3-10 settembre 1928), Bo-
257
  F. Bottazzi, Leonardo scienziato, ried. a cura di L. Donatelli, F. Ghiretti, A. Russo, logna, Zanichelli, 1928.
263
Napoli, Giannini editore, 1986, pp. 314-318.   A.M. Brizio, Scritti scelti…cit., pp. 387-396. La Brizio sottolinea come i concetti

Capitolo secondo
60
Codice Corazza, c. 1640, sez. II, p. 10, argini flu- Codice Corazza, c. 1640, sez. III, p. XXXXII, stu- Codice Corazza, c. 1640, sez. II, p. 6, camino a
viali. Napoli, Biblioteca Nazionale di sul baricentro di strutture a torre e considera- fiamma perenne e macchine idrauliche. Napoli,
zioni di geofisica. Napoli, Biblioteca Nazionale Biblioteca Nazionale

Troviamo in questi fogli il calcolo della «radice di qualunque nu- quantità cresce in infinito e diminuisce in infinito; e se tu pigli licen-
mero per via di Geometria»264 , la costruzione dell’«angolo della zia di dire: se tu mi darai una linia di 20 braccia, io ti dirò di farne
contingenza» («se da cose proporzionate tù levi parti della me- una di 21269.
desima proporzione, il rimanente non si varia dalla sua prima
proporzione») 265 e dell’«angolo dell’incidenza», ossia il citato «pro- Quando studia problemi di geometria, Leonardo lo fa da artista,
blema di Alhazen»266 , e quello della duplicazione del cubo267, au- da esteta: li chiama «ludi geometrici», come già Alberti aveva inti-
tentico tormento per Leonardo, consistente nel trovare la radice tolato il suo «Ex ludis rerum mathematicarum», citato nell’Arun-
cubica di un numero che non sia un cubo. A proposito di quest’ul- del 270. Così nel «De ludo geometrico» del 1514 Leonardo studierà
timo, Marinoni268 dissente da Marcolongo riguardo alla soluzione con palese interesse artistico le proprietà delle lunule, partendo
del problema che Leonardo avrebbe raggiunto sulla scorta di Pa- dalle osservazioni di Ippocrate di Chio e giungendo (senza nep-
cioli e di Valla: in particolare, il carattere unicamente geometrico pure conoscere quanto già affermato al riguardo da Alhazen) a ri-
delle dimostrazioni del primo e l’inaccessibilità del testo latino del solvere il teorema sulla somma delle due lunule costruite sui cateti
secondo autorizzano a pensare che egli non abbia potuto cono- di un qualunque triangolo rettangolo. Particolare impegno egli
scere le dimostrazioni date da Archimede; così nel f. 50v del ms. profonde nelle ricerche sulle costruzioni approssimate dei poli-
F, proprio sulla scorta delle errate traduzioni dell’opera di Valla, goni regolari, sulle trasformazioni dei solidi – per le quali, come
Leonardo giunge a dichiarare che in quel testo la spiegazione non accennato, si ispira al De transformationibus geometricis di Cusano271
esiste. Ma nel nostro Codice non c’è ombra di questi dubbi, anzi –, sull’individuazione del baricentro di figure piane o del centro di
la selezione ‘mirata’ dello stesso foglio vinciano propone dimostra- gravità nei solidi (in particolare, sulla scorta del trattato sull’Equi-
zioni che farebbero pensare all’esatto contrario. Non sono rare le librio dei piani di Archimede, giunge a formulare quello del tetrae-
considerazioni geometriche di più ampio respiro filosofico, come dro), ma con intenti mai meramente speculativi, bensì sperimen-
quelle riguardanti la «figura degli elementi» del Mondo e la forma tali e finalizzati alla meccanica o alle costruzioni. Tant’è vero che,
della Terra, o il carattere infinito delle quantità continue: in più di un caso, egli propone nuovi strumenti basati su principi
matematici, come compassi parabolici ed ellittici, o il cosiddetto
La geometria è infinita perché ogni quantità continua è divisibile ‘tornio ovale’, utile per applicazioni in campo cinematico272 .
all’infinito per l’uno e per l’altro verso. Ma la quantità discontinua Ma il vero scopo della sua ricerca geometrica è la soluzione del
comincia all’unità e cresce in infinito, e, com’è detto, la continua problema della quadratura del cerchio e delle superfici curve. La
questione sarà da lui risolta solo parzialmente, anche perché, come
verrà dimostrato sul volgere dell’Ottocento, di fatto irrisolvibile.
di geometria espressi da Leonardo nel ms. M, risalenti agli ultimi anni del periodo Egli parte anche qui dagli studi di Archimede («la moltiplicazione
sforzesco, siano tutti da ricondursi alla lezione di Pacioli: la studiosa cita poi i brani del semidiametro d’un circulo colla metà della sua circunferenzia
più significativi ritrovabili sull’argomento nel Codice Atlantico e nei mss. G, F,
Forster I e Windsor; ma ve ne sono di importanti anche nei mss. A, B e Forster III.
Cfr. pure A. Marinoni, La biblioteca…cit., pp. 324 sgg.
264
  Codice Corazza, III, p. II. 269
  Ms. M, f. 18r, cit. in A.M. Brizio, Scritti scelti…cit., p. 387.
265
  Ivi, pp. LIV-LV. 270
  F. 66r.
266
  Ivi, p. LXXXXI. 271
  R. Marcolongo, Il trattato di Leonardo da Vinci sulle trasformazioni dei solidi.
267
  Ivi, pp. LXXVIII-LXXX. Analisi del Codice Forster I, nel «Victoria and Albert Museum,, Napoli, S.I.E.M., 1934.
268 272
  A. Marinoni, La biblioteca…cit., p. 299.   U. Cisotti, La matematica vinciana, in Aa.Vv., Leonardo da Vinci, cit., pp. 200-203.

Impianto e contenuti del Codice


61
Codice Corazza, c. 1640, sez. III, p. I, studi sulle Codice Corazza, c. 1640, sez. III, p. LXXX, studi Codice Corazza, c. 1640, sez. II, p. 31, studi sul
forze. Napoli, Biblioteca Nazionale di geometria dei solidi e di idrodinamica. Napo- moto perpetuo. Napoli, Biblioteca Nazionale
li, Biblioteca Nazionale

faceva un quadrilatero rettilinio equale al circulo»273 ), sebbene da E ancora:


lui stesso smentiti in altra sede («Archimede non quadra mai figu-
ra di lato curvo. E io quadro il cerchio, meno una porzione tanto De ludo geometrico, nel quale si dà il processo d’infinite varie-
minima, quanto lo intelletto possa immaginare»274 ). Lo stimolo tà [di] quadrature di superfizie di lati curvi. Il quadrato è il fine
a perseguire l’ambìto scopo, del resto, era stato dato per primo di tutto il travagliamento delle superfizie geometriche. Ogni su-
dall’Alberti, il quale si era detto convinto che, come era possibile perfizie attende alla sua quadratura, così circondata da linie cur-
quadrare le lunule, così si doveva poter quadrare il cerchio: «se ve come linie rette. E perché le circuite da linie curve ci sono in
avessimo accurati indagatori, sì come la quadratura del cerchio poca notizia, io mi sono affaticato con nuova scienzia a darne no-
è in potenzia della natura […] similmente serìa in quella degli tizia con varie regole, le quali hanno scoperto nuove notizie, come
homeni»275 . si dimostrerà nel processo dell’opera, nella quale infinite varie-
In realtà, come dimostra ancora Marinoni, nel campo della ge- tà di superfizie curvilinie con brevità si riducano alla lor quadra-
ometria gli scritti vinciani denunciano «un’utilizzazione parzia- tura, la qual quadratura è il fine stesso della scienzia geometrica 278.
le e spesso modesta del vasto strumentario bibliografico concla-
mato dal Solmi, dal Marcolongo e molti altri»276 , in particolare Dunque il quadrato e il cubo come forme perfette ma, come si
dell’opera scritta sull’argomento dal napoletano Luca Gaurico, i legge nel Trattato della Pittura, non espressive della bellezza esistente
cui studi sono certamente noti a Leonardo grazie alla frequen- in natura:
tazione dell’ambiente aragonese da parte di Pacioli; Chastel nota
però che, se sul tema della quadratura del cerchio egli conosce E se il geometra riduce ogni superficie circondata da linee alla figura
certamente Archimede e Vitruvio, ignora il trattato di Campa- del quadrato, ed ogni corpo alla figura del cubo; e l’aritmetica fa il
no da Novara su Tetragonismus id est circuli quadratura, pubblica- simile con le sue radici cube e quadrate; queste due scienze non si
to a Venezia in perfetta contemporaneità con quello di Gaurico astendono se non alla notizia della quantità continua e discontinua,
(1503). Addirittura, ad un certo punto egli deve essersi illuso di ma della qualità non si travagliano, la quale è bellezza delle opere di
aver perseguito lo scopo, arrivando ad annunciare trionfalmen- natura ed ornamento del mondo.
te la compilazione del De ludo geometrico nel Codice Atlantico:
Così Leonardo giunge a divergere dallo ‘statico’ discorso euclideo
Avendo io finito lì contro vari modi di quadrare li circoli, cioè dare per seguire la legge del divenire: dal quadrato al rettangolo, dal cubo
quadrati di capacità equali alla capacità del circolo, e date le regole al parallelepipedo, dall’esagono inscritto in un cerchio a due figure
da procedere in infinito, al presente comincio il libro detto de ludo che si compenetrano, in cui
geometrico, e dò ancora modo di processo infinito277.
scomparso ogni segmento rettilineo, sono sostituite da un ‘traforato
di stelle e di rose’, un intreccio minuto e regolarissimo di linee curve,
273 che lo sguardo percorre in ogni direzione con un’ondulazione fluida
  Ms. G, f. 96r.
274
  Ms. Windsor, f. 12280r. in cui torna a risplendere la grazia279.
275
  Leonis Baptistae Alberti opera inedita et pauca separatim impressa curante H. Man-
cini, Florentiae, Sansoni, 1890, p. 365, citato in A. M arinoni, La biblioteca…
cit., p. 329.
276 278
  A. Marinoni, La biblioteca…cit., p. 300.   Ivi, f. 99v-b.
277 279
  Codice Atlantico, f. 45v-a.   A. Marinoni, La biblioteca…cit., p. 330.

Capitolo secondo
62
Se nella selezio- ambito ad Archimede e ad Erone, e quanto egli abbia contribuito a
ne presente nella far evolvere la materia: secondo lo studioso, nonostante il tentativo
seconda parte del di sistematizzazione condotto da frate Arconati e gli studi eseguiti su
Codice l’attenzio- quell’apografo e su altri codici tra Otto e Novecento – dalla pubbli-
ne di Leonardo per cazione integrale del codice Arconati da parte del Cardinali nel 1826,
l’idraulica appare all’opera di Elia Lombardini sull’idraulica vinciana del 1872286 all’e-
dedicata prevalen- dizione a cura di Carusi e Favaro nel 1923 – «una esposizione critica
temente alla descri- e ordinata di tutto l’immenso materiale lasciato da Leonardo è an-
zione di macchine cora da fare»287. In realtà, Marcolongo mostra sorprendentemente di
e applicazioni di ignorare l’esistenza della trascrizione dell’apografo Del moto e misura
ingegneria, nella dell’acqua eseguita da Corazza alla Vaticana e conservata presso la
terza, dai prevalen- Biblioteca Nazionale di Napoli288, che dimostra l’interesse dell’abate
ti contenuti teorici, bolognese per la trasmissione del pensiero vinciano anche in questo
si dà ampio spazio campo289. Trascrizione del resto citata dagli stessi Carusi e Favaro e,
all’illustrazione di poi, dal Verga, che la segnala, insieme con l’apografo Arconati, quali
principi generali nel unici esemplari della selezione seicentesca in materia di idraulica290.
campo dell’idrosta- Inoltre già dal primo dopoguerra minuziose ricognizioni in questo
tica e dell’idrodi- campo erano state estese anche ai manoscritti di Parigi e importanti
namica. Ma, come studiosi vinciani, tra cui Giovanni Bellincioni e Nando De Toni291,
ha notato la Bri-
zio280 , la precedenza 286
Luca Gaurico, Tetragonismus idest circuli quadra- data da Leonardo   E. Lombardini, Dell’origine e del progresso della scienza idraulica nel milanese ed in al-
tura..., 1503; particolare tre parti d’Italia: osservazioni storico-critiche concernenti principalmente i lavori di Leonardo da
proprio in ambito Vinci, di Benedetto Castelli e di Gian Domenico Guglielmini, Milano, Ed. B. Saldini, 1872.
287
idraulico alle espli-   R. Marcolongo, Leonardo artista-scienziato, cit., p. 162.
288
  BNN, ms. XII. D. 80, a. 1780 circa, in folio, dal titolo: «Leonardo da Vinci del
cazioni pratiche e meccaniche su quelle teoriche e scientifiche ha Moto et Misura dell’Acqua». Cfr. pure la scheda di A. Vezzosi in Leonardo e il le-
un riscontro anche cronologico all’interno dei manoscritti origi- onardismo…cit., p. 140. Cfr. pure A. Miola, op. cit., I, pp. 230-232, scheda intitolata:
nali e conferma come, da buon artista formatosi nella consolidata «XII. D. 80. Codice cartaceo del XVIII, alto cent. 25 e largo 19, di carte 91»; l’autore
cita gli studi di Govi (Saggio delle opere di Leonardo da Vinci, Milano, s.n., 1872, e Al-
tradizione delle botteghe fiorentine, egli si sia applicato innanzi- cune memorie...cit., vol.VIII sgg.) ma mostra di non sapere nulla della vicenda degli
tutto alle attività sperimentali e solo successivamente, specie dopo apografi seicenteschi: «Gioverebbe saper qualche cosa di questo Luigi M. Arconati
qui ricordato, e di cui non trovo cenno nell’edizione del presente trattato (Bologna,
la trasferta a Milano, alle speculazioni utili all’«omo sanza lettere». 1826 in 4°) né altrove».
Se si integrano opportunamente i principi di idraulica enunciati 289
  Per completare il quadro dei manoscritti a nostra disposizione sull’argomen-
in questa parte del Codice con quelli contenuti nel citato apo- to, va pure tenuta in debito conto la possibilità dell’esistenza, ancora ai tempi
di Corazza, di un codice leonardesco sull’idraulica, cui si riferisce una lettera
grafo Del moto e misura dell’acqua di frate Arconati – ove peraltro, di Giuseppe Pecis, consultore del Governo lombardo, al principe Alberigo Bel-
come si è detto, molti di essi si ripetono – è possibile avere un giojoso del 14 giugno 1771; in essa si parla di un manoscritto vinciano (ma non è
chiaro se si trattasse di un originale o di un apografo) relativo segnatamente alle
quadro pressoché completo della materia trattata da Leonardo opere per il canale della Martesana da Milano a Pavia e ad altre opere fatte da
negli scritti un tempo presenti all’Ambrosiana, compresi alcuni Leonardo a Milano, presente presso la famosa Biblioteca Imperiali, poi venduta
dei fogli perduti nell’Ottocento. D’altra parte va pure considera- all’asta nel 1796, ossia ben dopo la morte del cardinale Imperiali, venendo pub-
blicati i due cataloghi di vendita, oggi conservati presso la Biblioteca Nazionale
to che in quei testi mancano molti capitoli di idraulica presen- di Roma. Si veda il catalogo settecentesco: G. Fontanini, Bibliothecae Josephi
ti nel codice Forster II, nell’Arundel e, soprattutto, nel Leicester, Renati Imperialis, Romae, ex Officina Typographica Francisci Gonzagae, 1711. Il
codice suddetto non era il Codice Leicester (acquistato dal conte inglese sin dal
che l’Arconati non poteva avere a disposizione281: come segnala 1717), né l’apografo di frate Arconati, conservato all’epoca presso la Biblioteca
Colombo282, in quest’ultimo codice troviamo oltre novecento ap- Barberini e oggi alla Vaticana. Proprio con riferimento alla famosa Biblioteca
plicazioni di ingegneria idraulica collocabili tra il 1505 e il 1506. Imperiali, di cui si occupa a più riprese Corazza, importante è quello che rife-
risce Pedretti (Epilogo…cit., p. 230): «Fra l’altro è sempre aperta la questione del
Parti assai consistenti di questa sezione sono dunque dedicate alla misterioso manoscritto vinciano di proprietà del Cardinale Imperiali (Protetto-
‘scienza dell’acqua’, con illustrazioni come al solito particolarmente re della Pontificia Accademia Ecclesiastica) e presente a Roma prima del 1745,
manoscritto riguardante questioni di idraulica e canalizzazione che certamente
efficaci. Lo stesso Leonardo nota più volte nei suoi scritti che prima non era quello passato in Inghilterra [Codice Leicester, poi Hammer, n.d.r.] nel
di lui nessuno aveva tentato la teorizzazione di questa disciplina, 1717 perché ricordato a Roma dopo quella data secondo quanto si deduce da una
«opera e materia nuova, non più detta»283, dedicandovisi in modo lettera di Giuseppe Pecis del 1771, pubblicata in «Raccolta Vinciana», V, 1908,
pp. 104-105». Lo scritto presente nella Racc. Vinciana è di E. Motta, Un mano-
assai alacre e giungendo ad anticipare molte considerazioni svolte scritto vinciano a Roma?, in cui si legge che il cardinale Renato Imperiali, morto
solo un secolo dopo da Benedetto Castelli, autorevole allievo di nel 1737, aveva nella sua famosa biblioteca il cennato manoscritto di Leonardo,
avuto in dono a Milano quando era «legato a latere» dell’Imperatore Carlo VI;
Galilei284. Persino ricerche sulle quali Leonardo dovrà presto disillu- in esso si parlava dell’opera di livellazione «fatta per congiungere con le acque
dersi, come quella già ricordata sul moto perpetuo, trovano ancora a Milano recate dal Naviglio Grande, e da quello della Martesana, un canale
a barche da Milano a Pavia», con la specifica dei prezzi richiesti a Leonardo e
posto negli appassionati capitoli dedicati all’idraulica285. la descrizione dei vantaggi derivanti dall’opera. Cfr. pure G. Fumagalli, G.
Marcolongo sottolinea quanto Leonardo debba anche in questo Ottino, Bibliotheca Bibliographica. Catalogo degli scritti di bibliologia, bibliografia e bi-
blioteconomia pubblicati in Italia e di quelli riguardanti l’Italia pubblicati all’estero, Graz,
Akademische Druck-U. Verlagsanstalt, 1957, p. 367, e F. Cancedda, Figure e fatti
280 intorno alla biblioteca del Cardinale Imperiali, mecenate del ‘700, Roma, Bulzoni, 1995.
  A.M. Brizio, Delle acque, in Aa.Vv., Leonardo saggi e ricerche, cit., pp. 277-289. 290
281   E.Verga, Bibliografia…cit., p. 23.
  Cfr. pure G. Uzielli, op. cit., pp. 329-331. 291
282   G. Bellincioni, Leonardo da Vinci fondatore della scienza idraulica, Milano,
  A. Colombo, Ecco Leonardo, Novara, Istit. Geografico De Agostini, 1966, Industrie Grafiche Italiane Stucchi, 1939; N. De Toni, Frammenti Vinciani XII.
pp. 212 sgg. Saggio di repertorio dei Passi Leonardeschi ai quali attinse frate Luigi Maria Arconati per
283
  Windsor, f. 12, 663r. la compilazione del Trattato del moto e misura dell’acqua (libri 9), Brescia, s.n., 1950;
284
  B. Castelli, Della misura delle acque correnti, Bologna, del Dozza, 1659. G.M. P ugno, Leonardo e l’idraulica, Chieri, G. Astesano, 1956. Nel 1975 lo stesso
285
  Si veda in proposito C. Zammattio, Idraulica e nautica, in Aa.Vv., Leonardo da De Toni (Frammenti Vinciani XXXII. Trascrizioni inedite…cit., p. 21), partendo
Vinci, cit., pp. 467-482. dalle citate carte del Venturi della Biblioteca Civica di Reggio Emilia, annunciò

Impianto e contenuti del Codice


63
nel XVII secolo dal Castelli, come pure il carattere oscillatorio
del moto ondoso, destinato ad essere approfondito dal Cialdi nel
1873; infine conduce studi sull’efflusso dei liquidi dai fori (sebbene
non scopra la legge che verrà individuata dal Torricelli), sui moti
vorticosi, sull’ascesa dell’acqua nella chiocciola di Archimede e
sui fenomeni di capillarità. Conoscenze così accurate devono aver
costituito per Leonardo solide basi per i suoi progetti di ingegneria
idraulica applicata al territorio lombardo, nonché nella progetta-
zione di macchine idrauliche.
La prima produzione di tale materiale avviene dunque a Milano,
ove egli, come abbiamo visto, è «ingeniarius ducalis» alla corte di
Ludovico il Moro: qui si occupa dei «navigli» mai terminati dai
suoi predecessori, approfondendo tra l’altro il tema delle conche
e dei loro sistemi di chiusura e di protezione dalle erosioni. Poi
redige un progetto per l’apertura di un canale navigabile e di ir-
rigazione da Firenze al mare, che cercherà di realizzare una volta
tornato nel capoluogo toscano; ma l’opera verrà osteggiata dai pi-
sani e non eseguita. Progetta poi il prosciugamento delle paludi
pontine, studia l’apertura di un canale navigabile dal lago di Lecco
a Milano, il prosciugamento della palude di Piombino, l’immis-
sione delle acque della Loira nel letto del Romorantin; esamina
infine la possibilità di andare sott’acqua con uno speciale scafandro
dotato di un tubo con valvole per la respirazione o quella di nuo-
tare con l’aiuto di un salvagente295. La vite d’acqua a coclea, nota
già agli egiziani, viene studiata da Leonardo allo scopo di calcolare
la resistenza dell’acqua e di considerare la possibilità di ottenere
una nuova forza idraulica, anticipando così le prime turbine, che
compariranno solo nell’Ottocento.
Nel Codice vengono dunque selezionati e trascritti i brani più si-
gnificativi del ms. F su questi temi. In tali proposizioni si esamina-
no attentamente le caratteristiche delle onde e dei vortici, il moto
Codice Corazza, c. 1640, sez. III, p. CXXXXVII, studi di idraulica e di dell’acqua in superficie e in profondità, lo spostamento dell’aria a
idrodinamica. Napoli, Biblioteca Nazionale seguito del moto dell’acqua, quello di un oggetto galleggiante su
un fiume o in un canale in prossimità delle sponde o di un argine,
avevano utilmente approfondito la materia nel corso dei loro studi 292 . la formazione delle correnti e dei «retrosi» (gorghi o acque ‘di ri-
Come si evince dalla selezione proposta dalla Brizio293 , l’interesse torno’), il fenomeno dell’innalzamento o abbassamento dei livelli
di Leonardo per l’idraulica traspare nella maggior parte dei suoi dei corsi d’acqua, il diverso comportamento dell’acqua nei fiumi e
manoscritti294 e va all’incirca dal 1492 al 1518 senza soluzione di nei laghi; interessanti, poi, i metodi indicati per la progettazione di
continuità, avendo chiaramente inizio a Milano, ove – come del argini, chiuse e interventi di bonifica di terreni paludosi, nonché
resto in quasi tutta l’Italia settentrionale – gli studi in materia era- le osservazioni circa i diversi ‘aspetti’ dell’acqua in particolari con-
no assai più evoluti che in Toscana. Con l’intenzione sempre più dizioni, come quella definita «pannicolata» perché mossa in modo
convinta di risalire dalla pratica alla teoria, l’acqua viene studia- tale da essere simile ad un panno con le sue pieghe; effetto questo
ta da Leonardo in tutte le sue caratteristiche e condizioni, come che si può creare anche artificialmente, dando vita a «spettacoli
la «caduta», il rapporto con l’aria, la terra e il fuoco, il moto e d’acqua pannicolata»296.
il peso, il comportamento all’interno di vasi di diverse forme, il L’unico testo in questa parte dell’apografo che non sia di pura teo-
ruolo nella formazione di mari, fiumi e laghi, nella modellazio- ria, bensì di vera ingegneria idraulica, è quello tratto dal ms. H
ne di monti e valli, e quindi nella trasformazione della superficie riguardante il citato canale della Martesana, di cui Leonardo si
terrestre, provata anche dai caratteri delle rocce e dalla presenza era occupato a partire dal 1493-94 in prosieguo dei lavori iniziati
dei fossili. Leonardo anticipa in qualche modo la formulazione mezzo secolo prima:
del principio fondamentale dell’idraulica, che verrà poi definito
Facendo il Canale di Marsigana [Martegiana o Martesana] si dimi-
nuisce l’acqua all’Ada, la quale è distribuita in molti Paesi al servitio
di aver raccolto tutto il materiale utile (comprese le recenti scoperte spagnole) de’ Prati. È ci un remedio e q°. è di fare molti fontanili [sorgenti],
per una pubblicazione esaustiva sull’argomento, basata sul raffronto tra i vari
perché quell’acqua che è bevuta dalla terra non fà servitio à nissuno,
manoscritti, compresa la compilazione dell’Arconati.
292
  Più recentemente è stata prodotta su Leonardo ingegnere idraulico una ne ancor danno, perché a nissuno è tolta; e facendo tali fontanili l’ac-
consistente bibliografia, cui rimandiamo: cfr. F.P. Di Teodoro, L’architettura qua che prima era perduta ritorna di nuovo à rifar servitio et utile à
idraulica negli studi di Leonardo da Vinci: fonti, tecniche costruttive e macchine da cantie-
re, in Architettura e tecnologia. Acque, tecniche e cantieri nell’architettura rinascimentale gl’huomini. E dove prima tali Canali non eran condotti, non si pote-
e barocca, a cura di C. Conforti e A. Hopkins, Roma, Nuova Argos, 2002, pp.
259-277.
293
  A.M. Brizio, Scritti scelti…cit., pp. 281-312, 517-562.
295
294
  Codice Atlantico, mss. A, F, H, I, K, M di Francia, Codice Arundel, Codice   Codice Atlantico, ff. 276v-a, 7r-a.
296
Leicester, Carte Windsor.   Codice Corazza, III, p. LXXXXV.

Capitolo secondo
64
va ne Paesi più bassi far essi fontanili. Adunque diremo che se tali Ca-
nali sono fatti in Marsigana, che la medema acqa. bevuta dal fondo de
Prati, sarà rimessa di nuovo sopra altri prati mediante tali fontanili,
la qual acqua pa. [prima] era perduta, e se l’acqua mancherà in Giera
d’Adda, e nella Mussa i Paesani potranno fare de fontanili veduto, che
una medema acqua bevuta da Prati più volte riserve à tal offitio 297.

Il canale o naviglio della Martesana, diramantesi dall’Adda pres-


so il fronte di Trezzo, raggiungeva Milano dopo un percorso di
trenta miglia. Come individuato per primo dall’Oltrocchi nel
Codice Atlantico, dopo le opere già eseguite negli anni ’50-’70
Leonardo ne curò la sistemazione definitiva, prevedendo di por-
tare l’acqua in città grazie a un attento controllo delle portate
attraverso un sistema di conche (peraltro alcune già esistenti
all’atto del suo intervento) e assicurando l’irrigazione delle ter-
re attraverso i fontanili, in modo da circondare così interamente
Milano: quest’opera, secondo l’Amoretti, avrebbe dato occasio-
ne per la famosa rappresentazione della capitale sforzesca conte-
nuta nel f. 72 del Codice Atlantico. All’epoca del suo soggiorno
nella dimora di Melzi a Vaprio d’Adda, il maestro si interessò
ancora del progetto di rendere navigabile quel fiume, opera che
però sarebbe stata realizzata solo sul volgere del Cinquecento.
Ovunque emerge, come sempre, la preoccupazione di Leonardo
di dare adeguato ordine ai tanti ‘precetti’ all’interno di un trat-
tato sull’argomento, che avrebbe dovuto far seguito alla prima
stesura: più volte egli fa riferimento all’«Ordine del libro dell’ac-
qua» ed elenca quelli che avrebbero dovuto esserne i capitoli o
i paragrafi. Nel ms. A (c. 1492) appare a un certo punto il titolo
«Cominciamento del trattato de l’acqua»298 , mostrando il maestro
la seria intenzione di partire nella trattazione da considerazioni ad
ampio spettro, come l’analogia tra la circolazione del sangue nel
corpo umano e dell’acqua nel ‘corpo’ della terra, che costituiva il Vincenzo Corazza, trascrizione dell’apografo Arconati su Moto e misura
dell’Acqua, c. 1780, f. 165, indice dei capitoli. Napoli, Biblioteca Nazionale,
fondamento filosofico della teoria analogica dei quattro elementi Ms. XII. D. 80
primordiali:
nel 1517, e se ne può individuare persino la ‘gestazione’ nel passaggio
L’omo è detto da li antiqui mondo minore, e certo la dizione d’esso dal ms. F al codice Leicester fino all’Arundel300. Come nota la Bri-
nome è bene collocata, imperò che, sì come l’omo è composto di
terra, acqua, aria e foco, questo corpo della terra è il somigliante.
300
  L’incipit del «Primo libro dell’acqua» torna nel ms. F (c. 1508), in cui Leonardo
In altri fogli dello stesso codice il tema viene affrontato per la prima mostra questa volta, al contrario di quanto annunciato nel ms. A, l’intenzione di
partire dalla scala della più piccola particella d’acqua: «Principio del libro. Gocciola
volta con un certo ordine, ma pretenderne la compiutezza sarebbe è quella che non si spicca dall’altra acqua, se la potenza del suo peso [non] è più
troppo. Sicché nel ms. I (c. 1497) ritroviamo il titolo: «Principio che la potenzia della collegazion ch’ell’ha co’ l’acqua con che ella è congiunta»
(Ms. F, f. 66v). Ai ff. 5r e 4v si accenna al «Libro nono» e al «Libro decimo». Cfr.
del libro dell’acque»299. In realtà, come in altri ambiti, Leonardo A.M. Brizio, Delle acque…cit., p. 288. Ma altrove (f. 87v), nello stesso manoscritto,
continuava a promettere un trattato che non sarebbe mai arrivato, torna sull’idea più generale: «Scrivi in prima tutta l’acqua in ciascuno suo moto;
proseguendo invece le proprie ricerche in modo frammentario e, di poi descrivi tutti li sua fondi e le lor materie, sempre allegando le proposizioni
delle predette acque. E fa buon ordine, ché altrimenti l’opera sarebbe confusa.
tutto sommato, deludente in rapporto alle aspettative di sistemati- Descrivi tutte le figure che fa l’acqua dalla sua maggiore alla sua minore onda, e
cità e preferendo l’osservazione e la sperimentazione continua alla le lor cause». Egli accarezzerà ancor più l’idea di portare a compimento il trattato
quando, verso il 1510, l’impegno nella progettazione su commissione sarà minore,
sintesi e alla trattazione sistematica. E anche quando, alla fine de- prevalendo quello nella speculazione teorica. Nel Codice Leicester si riconosce
gli anni ’90, egli si sarà definitivamente allontanato dall’ambiente un particolare interesse per i fondamenti teorici di una ‘ingegneria idraulica’ e,
‘pratico’ delle botteghe fiorentine, non si fermerà certo a riordina- quindi, un nuovo annuncio del piano di quell’opera: «Questi libri contengano in
ne’ primi della natura dell’acqua in sé, ne’ sua moti; li altri contengano delle cose
re quel mare di appunti e di calcoli, pur lavorando nel frattempo a fatte da e’ sua corsi, che mutano il mondo di centro e figura» (f. 51, cit. in A.M.
molte opere idrauliche per Ludovico il Moro, tra Milano e Vigeva- Brizio, Delle acque…cit., p. 277. Anni dopo, nel ms. E (c. 1513-14), nell’annunciare
ancora l’«Ordine del primo libro delle acque» (f. 12r), scrive: «Difinisci prima che
no, né procederà mai alla verifica sperimentale dei propri progetti. cosa è altezza e bassezza, come son situati gli elementi l’un dentro all’altro. Di poi
Così, in un’altalena di buoni propositi e di incertezze circa la scala che cosa è gravità densa e che è gravità liquida, e prima che cosa è in sé gravità
e levità. Di poi descrivi perché l’acqua si move e perché termina il moto suo».
alla quale affrontare l’argomento, riferimenti a questo trattato sulle Di nuovo, dunque, principi generali, che vengono ripresi nell’Arundel (1518), ove
acque si ritrovano fino alla ricordata visita del cardinale d’Aragona ancora troviamo accenni al trattato di idraulica, ormai solo un pretesto per sag-
giare concetti come l’immaterialità e il nulla: «Primo libro delle acque. Il nulla ha
superfizie colla cosa e la cosa ha superfizie col nulla; e la superfizie della cosa non
è parte d’essa cosa; seguita che la superfizie del nulla non è parte di tal nulla, onde
297
è necessario che una superfizie sola sia termine comune di due cose che siano in
  Ivi, pp. L-LI. contatto: come la superfizie dell’acqua non è parte d’acqua e per conseguenza non
298
  F. 55r. è parte dell’aria né d’altri corpi che infra loro s’interpone. Ch’è quel che dun-
299
  F. 72v. que divide l’aria dall’acqua?» (f. 159, cit. in A.M. Brizio, Delle acque…cit., p. 288).

Impianto e contenuti del Codice


65
zio, anche in campo idraulico Leonardo oscilla continuamente tra
i principi generali dati per acquisiti nel primo periodo fiorentino e
la sperimentazione e classificazione dei decenni successivi, che lo
portano anche ad affinare il proprio lessico nel sempre maggiore
approfondimento epistemologico e tassonomico. Nel secondo sog-
giorno toscano, pur tornando ad occuparsi di macchine idrauliche,
lo farà su grande scala, forte dell’esperienza milanese, questa volta
con applicazione all’Arno, come è possibile notare negli splendidi
fogli di Windsor. I liniamenti dell’acqua di un fiume, da deviare
con la creazione di una diga, sono ora rappresentati proprio come
il sistema venoso nei coevi studi di anatomia, sulla base della cita-
ta analogia acqua-sangue e terra-corpo umano. Infine Leonardo
giunge ad analizzare le trasformazioni causate dalle acque sulla
superficie terrestre e il conseguente continuo spostamento del suo
centro di gravità. Di qui le considerazioni sui fossili, i nichi, le
ipotesi sull’esistenza di antichi mari in regioni oggi desertiche e
quindi le meditazioni sullo scorrere del tempo:

L’acqua che tocchi de’ fiumi è l’ultima di quella che andò e la prima
di quella che viene; così il tempo presente301.

Sarà ora utile svolgere un rapido raffronto tra quest’ultima parte


del Codice e il testo del trattato Del moto e misura dell’acqua, di-
sponibile per noi, con il ricco apparato grafico, nella citata copia
di Corazza. In particolare segnaliamo alcuni precetti significativi
presenti nell’apografo Arconati e tratti per la maggior parte dal
ms. F e per il resto dai mss. A, B, C, E, G, H, I e dall’Atlantico,
di cui solo pochi sono riportati nel nostro Codice 302 . Tutto fa
pensare che frate Arconati abbia inteso giungere con il nuovo
apografo a un compendio esaustivo sul tema, integrando quanto
tralasciato in materia di idraulica nell’H 229 inf. e, quindi, nel
Codice napoletano. Del moto e misura dell’acqua di Leonardo da Vinci, a cura di Francesco Cardi-
Oltre a precetti di carattere generale, riguardanti le condizioni di nali, Bologna 1826, tav. 9
quiete o di moto dell’acqua, il rapporto tra acqua e aria, le pro-
prietà delle sorgenti, dei fiumi, delle relative correnti, delle carat- governo del territorio dal punto di vista del regime delle acque.
teristiche dei canali, delle onde e dei «retrosi», appare interessante Il testo giacerà per oltre un secolo nella Biblioteca Barberini senza
la trascrizione (lievemente modificata) del precetto riportato nel f. che nessuno se ne occupi. L’idea di una trascrizione e studio dell’a-
46 v-a dell’Atlantico sul tema «A far che un ponte non ruini», che pografo originale da parte di Corazza va riconosciuta quale ulte-
recita: «Se il fiume per l’ordinario occupa la larghezza di un arco, riore merito ai fini della diffusione del pensiero vinciani. La sua
fa che il ponte habbia tre archi, e questo faccio per caggione del- stessa analisi dell’apografo Arconati dal punto di vista del lessico
le piene e dell’inondationi». Sono pure da rilevare le prescrizioni tecnico di Leonardo, ritrovabile nei «Termini di arte», se solo aves-
in materia di canalizzazione e sollevamento delle acque, e, natu- se avuto esito in una pubblicazione, avrebbe certamente favorito il
ralmente, i consigli «per fare un moto perpetuo d’acqua». Infine, progresso degli studi vinciani in campo idraulico. A partire dagli
nel libro nono, il frate raccoglie disegni di macchine idrauliche inizi dell’Ottocento l’importante lavoro dell’Arconati tornerà ad
(mulini, pompe, mantici, ecc.) tratti dai mss. B, E, F e dal Codice essere oggetto di attenzione grazie agli studi di Venturi sui mano-
Atlantico, anche questi assenti negli altri apografi. Tra gli altri scritti di Francia.
‘ingegni’ vi sono macchine per lo svuotamento di fossati e argini, Ancora a proposito dell’apografo Arconati, pubblicato per la prima
nonché indicazioni sul proporzionamento e sulla posa in opera volta dal Cardinali nel 1826303 , Dozio scrive: «Nell’Argelati non è
di palificate. Insomma l’Arconati integra nel nuovo codice tutto cenno di questo Luigi Arconati, ma è credibile, ch’ei fosse della
quello che la scienza vinciana ha potuto esprimere in materia di famiglia del Conte Galeazzo, donatore degli originali all’Ambro-
siana, e che per compiacere al Cardinal Barberini abbia mandato
una nitida copia di quella collezione in un corpo di diversi capitoli
301
  Codice Trivulziano, f. 35v, cit. in A.M. Brizio, Delle acque…cit., p. 287. di Leonardo relativi al moto e misura dell’acqua. Questo codice bar-
302
  Riportiamo gli originali corrispondenti a questi precetti, nell’ordine in cui berino, ch’era pure recato da Milano a Roma, fu poi copiato per
compaiono nell’apografo Arconati: F, 27r-26v; A, 58v; F, 38v; C, 23v; A, 58v; E,
70v; C.A., 354 r.e.; C.A., 102 r.b.; F, 40v; F 37v; C, 26v; I, 42r; G, 14v; I, 58r-57v
servire alla stampa di Bologna. V. la lettera dedicatoria del Cardi-
(cfr. Cod. Corazza, II); C.A., 124 r.a.; I, 41v; I, 57v; H, 6v; I, 28v; C, 25r; F, 33v; nali premessa a quella edizione di Bologna: comecché il Cardinali,
C.A., 84 v.a.; C, 26v; C.A., 84 v.a.; I, 19v; A, 60r; A, 61r; H, 6r; A, 24r; A, 58r; A, accennando un altro Codice, non parli chiaro abbastanza» 304 . Ef-
25r; A, 59r; I, 32v; I, 29r; H, 35v; H, 46v; I, 22r; C.A., 46 v.a.; I, 35r; C.A., 77v; H,
47r; F, 7r; F, 3r; C.A., 81 v.a.; F, 16r (cfr. Cod. Cor., II); C.A., 124 r.a.; E, 14r; B,
26r (cfr. Cod. Cor., II); E, 76r (cfr. Cod. Cor., II); E, 75r; E, 72v (cfr. Cod. Cor.,
303
II); E, 72r (cfr. Cod. Cor., II); B, 53v (cfr. Cod. Cor., II); B, 20r (cfr. Cod. Cor.,   Del moto e misura dell’acqua di Leonardo da Vinci, a cura e spese di F. Cardinali,
II); B, 54r (cfr. Cod. Cor., II); F, 15r (cfr. Cod. Cor., II); F, 13r (cfr. Cod. Cor., Bologna, s.n., 1826.
304
II); F, 16r (cfr. Cod. Cor., II); F, 23r; F, 49v; B, 66r; B, 81r (cfr. Cod. Cor., II).   G.M. Dozio, op. cit., p. 24.

Capitolo secondo
66
fettivamente nella premessa al testo il curatore rivelava di aver rice- § 3 I Termini di arte nelle definizioni di Corazza:
vuto una copia dell’apografo da Francesco Tassi, accademico della per un primo vocabolario vinciano
Crusca e bibliotecario del Granduca di Toscana: il documento, citato
nell’edizione del Cardinali con il titolo di Trattato della natura, peso I «Termini di arte nelli scritti di Lionardo da Vinci ed altri», redat-
e moto delle acque, e osservazioni sul corso de’ fiumi, appare in stampa ti da Corazza, con ogni probabilità, nel 1798310, risultano tuttora ine-
con l’apparato grafico collocato alla fine del testo e privo di note diti311 e sicuramente degni di una trascrizione integrale, che propo-
critiche come di qualunque riferimento all’apografo barberiniano. niamo in appendice. Essi ci offrono una testimonianza dell’impegno
Un secolo più tardi, nel 1923, va in stampa l’edizione del trattato profuso dall’abate nell’analisi dei testi vinciani in suo possesso, ma
Del moto e misura dell’acqua curata da Carusi e Favaro per i tipi di anche della grande esperienza e passione da lui maturate nell’ambito
Zanichelli305 e promossa da Mario Cermenati, direttore dell’Isti- più vasto delle tecniche e delle ‘regole dell’arte’ rinascimentali.
tuto di Studi Vinciani a Roma: a differenza della precedente, essa L’esigenza sorta in Corazza di formare il primo, sia pure provvisorio,
contiene un preciso riscontro dell’apografo Arconati rispetto agli ‘vocabolario vinciano’, interpretato alla luce del modello della Cru-
originali di Parigi, dimostrandosi così che il frate, in più di un sca e opportunamente integrato con quanto ricavabile da Vasari e da
punto, manipola i testi leonardeschi306 : già soltanto da un con- Cellini, è in effetti motivata dalla scarsa comprensibilità di certi ter-
fronto dei brani del ms. F contenuti nella terza parte del Codice mini presenti nel materiale apografo in suo possesso, specie di quelli
Corazza con il testo dell’Arconati si comprende come questi abbia tecnici, spesso del tutto inventati da Leonardo nell’occasione di de-
‘costretto’ i precetti tratti dai codici originali all’interno di una scrivere le proprie innovative esperienze e i relativi grafici illustrativi.
scansione in nove libri e relativi capitoli tutt’altro che vinciana. Sarebbe auspicabile che il documento fosse oggetto, in futuro, di un
E se egli non conobbe certamente quanto contenuto sull’argo- attento studio filologico e lessicale, che esula certamente dai limiti
mento nel Codice Leicester, nel Trivulziano, nell’Arundel e nei di questa ricerca e delle competenze di chi scrive. Ci sia consentita
fogli di Windsor307, viceversa alcuni brani presenti nel suo apo- solo qualche osservazione più generale, rimandandosi alla trascrizio-
grafo potrebbero derivare da manoscritti perduti: cosa facilmente ne del testo per una lettura più accurata.
desumibile dalla mancanza, in corrispondenza di alcuni precetti,
della consueta indicazione dell’originale di riferimento da parte di Saranno opportuni, preliminarmente, alcuni riferimenti alle più
Carusi e Favaro. ampie problematiche relative al linguaggio vinciano, affrontate in
Nella prefazione i curatori accennano sia al manoscritto «de la na- più occasioni da studiosi autorevoli, da Augusto Marinoni a Carlo
tura de l’acqua», che Leonardo aveva annunciato come cosa fatta al Vecce. Quest’ultimo, ad esempio, nota come la lingua adoperata da
cardinale d’Aragona nel 1517, sia a quanto riferito dal Vasari e dal Leonardo, improntata in generale alla tradizione toscana del Quat-
Mazenta sugli studi di idraulica compiuti dal maestro. La selezio- trocento, non sia scevra da accenti lombardi, specie dopo il soggior-
ne e la struttura dei «libri» dimostra che il frate non doveva certo no milanese, cui si aggiungono inevitabili contaminazioni dovute al
essere a digiuno della materia, conoscendo tra l’altro gli studi già pellegrinare a Mantova, Urbino, Roma e, infine, Amboise: essa non
intrapresi su quei manoscritti dal Castelli, prima che fossero pub- era stata ancora oggetto della normalizzazione classicista di Bem-
blicati nel 1659308 . Del resto il compilatore sviluppa in più punti di- bo312, che avrebbe condotto intorno alla metà del XVI secolo all’im-
mostrazioni che nei testi di Leonardo appaiono soltanto accennate posizione di nuove regole ortografiche e linguistiche, riconoscibili
e allo stesso modo elabora grafici più chiari e attinenti rispetto a già nelle correzioni apportate da terzi al testo originale del Libro di
quelli vinciani, spesso sommari, mettendo, ad esempio, in risalto Pittura di Melzi.Vedremo come, in più di un caso, Corazza faccia ri-
le linee direttrici dell’energia e del moto dell’acqua. ferimento proprio all’accezione lombarda di molti termini vinciani.
Pure interessante ci pare quanto Carusi e Favaro rilevano a propo- Se da un lato Solmi e Marcolongo sottovalutano le difficoltà di
sito della grafia riconoscibile in alcune parti dell’H 227 inf. e ascri- Leonardo nell’accedere a tante fonti in lingua latina, dall’altro Mari-
vibile allo stesso Arconati; ma nell’apografo ambrosiano, come noni313 dimostra come, effettivamente, molte di esse vengano da lui
abbiamo già notato, manca proprio la parte corrispondente alla ignorate o male interpretate; né gli riuscirà mai di colmare questa
seconda sezione dell’H 229 inf. e alla terza del Codice Corazza, la lacuna, nonostante gli sforzi mostrati già a partire dall’età di circa
più ricca in materia di idraulica. Peraltro, nel citare la trascrizio- quarantacinque anni. In realtà, come si è notato, l’essere «omo sanza
ne presente presso la Biblioteca Nazionale di Napoli309 , i curatori lettere» significava proprio non conoscere il latino: per questo egli
non riconoscono in «V.C.» la sigla di Corazza, mostrando così di sosterrà la propria battaglia di scienziato basandosi non tanto sul
ignorare non solo il ‘copista’, ma anche il ricco carteggio dell’abate gioco dialettico o sul puro discorso mentale, insomma sull’epistème,
bolognese presente nella stessa biblioteca, ivi compreso l’attento quanto sul continuo rimando tra quest’ultima e la téchne, ossia l’os-
studio del lessico vinciano da lui svolto nei «Termini di arte». servazione della natura e la sperimentazione tecnico-pratica. A volte
Leonardo, anziché ricorrere (come in genere fa) ad amici umanisti
per farsi tradurre testi latini, ci prova da solo, con risultati assai scarsi
o con storpiature dovute alla tendenza a modificare i vocaboli in
305
  Del moto e misura dell’acqua / Leonardo da Vinci; libri nove ordinati da f. Luigi base alla fonetica toscana. Marinoni ha quindi dimostrato come ne-
Maria Arconati editi sul codice archetipo barberiniano, a cura di E. Carusi e A. Favaro
(pubblicaz. dell’Istituto Vinciano in Roma, diretto da M. Cermenati), Bologna,
Zanichelli, 1923.
306 310
  Libro di Pittura…cit., p. 74. Si veda inoltre N. De Toni, Frammenti vinciani   BNN, Manoscritti e Rari, ms. XII.D.81. Il documento è legato in 4°. La pos-
XII, in «Raccolta Vinciana», XX, 1964. Cfr. pure Cfr. A. Favaro, Intorno al sibile datazione si evince da vari riferimenti, tra cui quello (ivi, parte III, f. 33)
Trattato di Leonardo da Vinci sul moto e misura dell’acqua, in «Rendiconti della R. che accenna alla trafugazione di opere d’arte da parte dei francesi durante l’oc-
Accademia dei Lincei», XXVII, 1918. cupazione della capitale pontificia, iniziata, come è noto, proprio in quell’anno.
307 311
  Si veda, tra l’altro, la citata selezione sul tema idraulico presente in A.M. Brizio,   Il documento è stato per la prima volta oggetto di attenzione in una scheda di
Scritti scelti…cit., pp. 281-312, 517-562. A.Vezzosi in Leonardo e il leonardismo…cit., p. 141.
308 312
  B. Castelli, op. cit.   Libro di Pittura…cit., p. 104.
309 313
  Del moto e misura dell’acqua….(ediz. a cura di E. Carusi e A. Favaro), cit.,   A. Marinoni, Gli appunti grammaticali e lessicali di Leonardo da Vinci, I-II, Milano,
pp. XI-XII. Tip. E. Milli, 1944-52.

Impianto e contenuti del Codice


67
mss. H e I, ossia dal 1494 in poi, Leonardo integra i propri appunti
di grammatica latina sulla base dei Rudimenta grammatices del Per-
rotti (Roma, 1474), sicuramente presenti nella sua biblioteca, come
si evince dal nuovo elenco del 1504316: egli giungerà a possedere
volumi cui non potrà mai attingere proprio per le difficoltà lingui-
stiche legate al latino di quegli autori, come è il caso dell’enciclo-
pedia di Giorgio Valla o delle opere dei cosiddetti «vocabolisti»317.
Per riportarci allora all’epoca in cui Corazza svolge i propri studi, va
ricordato che ancora sul finire del Settecento la fonte più autorevole
in materia di lessico tecnico-artistico era il Vocabolario toscano dell’arte
del disegno di Filippo Baldinucci (più volte citato dal bolognese), edi-
to per la prima volta a Firenze nel 1681 e voce dell’Accademia della
Crusca: tanto che nel 1788 Comolli ne auspicherà una nuova edizio-
ne aggiornata e ampliata, che vedrà la luce a Verona, per Ramanzini,
solo nel 1806. Pur contenendo il repertorio migliore delle voci ita-
liane corrispondenti a quelle vitruviane, era opinione comune che il
Vocabolario dovesse essere reso più ricco, traendosi ulteriori termini
da un ‘classico’ come le Vite di Vasari e assumendosi come modello,
naturalmente, il «gran vocabolario della Crusca» nell’edizione pub-
blicata proprio a Napoli nel 1772318. Un altro autorevole riferimento
era il Nouveau dictionnaire francois-italien, compose sur les dictionnaires de
l’Academie de France et de la Crusca […] enrichi de tous les termes propres
des sciences et des arts (italiano-francese/francese-italiano) di France-
sco Alberti di Villanuova (edizioni degli anni 1777, 1780, 1793)319, non
a caso citato da Corazza in più occasioni.
Sicché l’abate bolognese potrebbe essere stato ispirato proprio
dall’amico Comolli nell’ardua impresa di proporre per la prima
volta un ‘vocabolario vinciano’: lo studio va inserito nella scia del
Dictionnaire, quella cioè del glossario specialistico, oramai di moda
a quell’epoca. Non a caso l’autore si riferisce alle fonti da ritener-
si, con quelle vinciane, le più autorevoli nell’ambito della tecnica
artistica cinquecentesca, ossia i trattati di Cellini e di Vasari, ana-
lizzandone i termini più significativi, passati attraverso il ‘setaccio’
del vocabolario della Crusca e dei suoi successivi aggiornamenti,
Leonardo da Vinci. Del moto e misura dell’acqua, a cura di Enrico Carusi e come le cosiddette «Giunte» edite periodicamente dagli accade-
Antonio Favaro, 1923, frontespizio
mici, tra cui quelle «napoletane» (1749)320. Il riferimento costante
è dunque alla Crusca; ma Corazza, in più d’un caso, non vi ri-
gli appunti grammaticali o lessicali presenti in molti codici vinciani trova i vocaboli nell’accezione vinciana e, dopo aver controllato
non possano riconoscersi progetti di grammatiche o di vocabolari nelle «Giunte», propone a sua volta i necessari aggiornamenti al
italiani o latini, bensì solo gli sforzi di Leonardo per impadronirsi vocabolario sotto il profilo strettamente tecnico. Egli tiene co-
di quel tanto di latino che gli è utile per andare avanti, «quasi un munque a sottolineare di non voler redigere con i «Termini di
ponte gettato sul fiume che divideva gli uomini pratici delle “arti arte» un dizionario dei significati correnti, né delle accezioni da
meccaniche” dai letterati che si attribuivano il possesso esclusivo ritenersi corrette, bensì, semplicemente, calarsi nella realtà dei tre
della scienza»314. autori rinascimentali e cercare di interpretarne il linguaggio: «Ri-
Il problema del lessico vinciano315 è dato dunque dalla difficoltà del cordisi che [io] noto l’uso che si è fatto delle Voci; il che non vuol
maestro di mettere i propri testi in forma compiuta e corretta, che
si manifesta persino quando egli si trova a dover scrivere una missi-
va, per cui spesso dovrà ricorrere a scrivani. Solo a partire dal 1487, 316
  A. Marinoni, Gli appunti grammaticali…cit., p. 323.
ossia dal ms. B e dal Trivulziano, Leonardo comincia a curare la 317
  Ivi, p. 327.
lingua: da semplice tecnologo e osservatore dei fenomeni, aspira 318
  A. Comolli, op. cit., I, p. 105. L’edizione, citata da Corazza in più occasioni, risulta
a divenire teorico e divulgatore, dovendo quindi necessariamente oggi irreperibile. Interessante, per comprendere la problematica linguistica e lessica-
le dello studio dell’abate bolognese, quanto leggiamo, ad esempio, a proposito della
acquisire una padronanza della scrittura; in quest’epoca la sua bi- parola solio ritrovabile in Leonardo: «solio aggettivo per liscio usasi da mercatanti
blioteca, come dimostra il ms. II di Madrid, si arricchisce enorme- in qualche parte della Lombardia, che non saprei ora indicare precisamente; ben so
mente, accogliendo opere scientifiche e letterarie, fino al nutrito io però che nella patria di cui sono una stoffa, un drappo in opera, per esempio a
fiori, non chiamerebbesi solio, come un ammuerre, o un lustrino semplice e d’un
elenco che troviamo in un foglio del Codice Atlantico del 1490. Nei color solo. Avverto qui che le Voci de’ Bolognesi, più comuni sono quelle (fra gli
altri dialetti) che s’avvicinan più alle antiche voci degli Scrittori toscani; così che a
scrivere e ad interpretare, l’un linguaggio può assai giovare all’altro».
319
  F.Alberti diVillanuova, Nouveau dictionnaire francois-italien, compose sur les diction-
314
  Ivi, p. 301. naires de l’Academie de France et de la Crusca, enrichi de tous les termes propres des sciences et
315
  Cfr. pure C. Dionisotti, Leonardo uomo di lettere, in «Italia medievale e uma- des arts ... Par M. l’abbe Francois Alberti de Villeneuve, dans cette premiere edition italienne
nistica», V (1962), pp. 183-216. Va infine segnalato il recentissimo studio: Glossario nouvellement corrige, ameliore, & augmente, prima ediz., Bassano Remondini, 1777.
320
leonardiano. Nomenclatura delle macchine dei Codici di Madrid e Atlantico, a cura di Paola   Cfr. Vocabolario della lingua italiana, a cura dell’Accademia della Crusca, Padova,
Manni e Marco Biffi, Firenze, Olschki, 2011. tip. Minerva, 1827, p. IX.

Capitolo secondo
68
dire assicurarne il buon uso, ma sì mostrarlo qual ch’egli sia»321. guardo poi ai termini della seconda parte, egli chiarisce numerosi
Nel glossario i vocaboli appaiono spesso ripetuti in ragione delle concetti attinenti alle macchine militari, all’ingegneria meccanica
diverse accezioni che essi assumono non solo in diversi ambiti geo- e idraulica, alle costruzioni, ai materiali. Nell’ultima parte preval-
grafici, ma anche all’interno dei testi di un medesimo autore, come gono nettamente, come era naturale attendersi, le voci riguardanti
avviene, con frequenza, proprio in Leonardo. Corazza distingue al- la teoria delle acque, cui si aggiungono quelle tratte dal codice Ar-
lora i termini secondo la loro origine vernacolare, notando come conati, citate secondo l’ordine dei nove libri concepito dal frate326.
il maestro abbia subìto sovente l’influenza di idiomi locali, specie,
come abbiamo visto, di quello lombardo322; ma molti riferimenti 326
  Ad esempio, riguardo alla prima parte del Codice, Corazza scrive a proposi-
sono pure alla lingua dei bolognesi (ossia alla propria) e a quella dei to della voce angolo grosso (Codice Corazza, I/b, p. 58): «È chiamato da Lionardo
napoletani, mostrando un particolare interesse, anche sotto questo l’angolo che più o meno s’accosta al retto; o per dir meglio la caduta del raggio
profilo, per la città che lo ospita323. luminoso sovra l’oggetto che più si scosta dalla obliquità: così per tutto il suo
Tratt. della Prospettiva che ho alle mani. […] Ma poi dichiarasi d’intender an-
Dalla prima parte del glossario si ha conferma, attraverso il lessico golo più o men grosso quell’angolo che ha maggiore o minor basa, cioè superfi-
tecnico, della notata fisionomia delle diverse sezioni dell’apografo cie donde partono i raggi, che quasi piramide, metton il vertice loro negli occhi:
il che io non avea prima ben compreso. Correggi colla nota Angolo grosso p. 12»
seicentesco. Corazza segue l’ordine di citazione secondo l’articola- del testo del glossario, che così recita: «Angolo grosso […] è sempre l’angolo di
zione generale del Codice in tre ‘manoscritti’ («ms di Leonardo da più superficie, o sia l’angolo solido, ch’eccede i gr. 90». Riguardo all’aggettivo
Vinci presso di me»): tenendo ben presente la terminologia adotta- retroso (ivi, f. 61) leggiamo: «Se la materia (il corpo) è miglior (intendi maggior)
ch’è ‘l lume (se l’Aut. non ha scritto ch’el), l’ombra sarà simile a una retrosa e
ta in seno all’Accademia della Crusca, egli analizza le voci degne, contraria piramide, e la sua longitudine è senz’alcun termine (ben s’intende una
a suo parere, di un approfondimento ai fini di una più corretta piramide, che ha il suo apice nel lume, od anche più rimoto ch’è il lume dal
corpo illuminato; e per ciò chiama retrosa la piramide de’ raggi, la cui basa ri-
interpretazione del pensiero vinciano. Si tratta di termini riferibili man sempre nel lume, quando questo è magg. del corpo illuminato». Sappiamo
alle arti minori, alla pittura, alla scultura, ma anche all’architettu- però che «retroso» viene più spesso adoperato da Leonardo, nell’idrodinamica,
per indicare il moto vorticoso delle acque in presenza di un ostacolo o al ruo-
ra e all’ingegneria, presenti nelle Codice, cui l’abate aggiunge il tare di un corpo in un recipiente; ma si veda più innanzi. L’aggettivo columnale
«quarto manoscritto» Del moto e misura dell’acqua. (ivi, f. 97) viene così spiegato da Corazza: «hallo in più luoghi Leonardo […],
Molti vocaboli tratti dal Codice sono oggetto di attenzione da e per tutto sembra significare che ha fig. di colonna, o cilindrica». «Stremare
per diminuire, donde il rastremare degli Architetti (hallo Alb. [F. Alberti di
parte di Corazza anche se per nulla attinenti all’arte o alla tecnica Villanuova], e verisimilmente la Crusca, anzi lo ha per iscemare, sminuire; ben
artistica: egli li segnala infatti unicamente come ‘stranezze’ lin- manca, e nelle Giunte ancora, il rastremare degli Architetti». Per «finestra senza
alcuna tramezzadura» (ivi, f. 122) – vocabolo quest’ultimo che Corazza non trova
guistiche del vocabolario vinciano. Leonardo aveva condotto nel nella Crusca – egli intende «cioè senza aver nel suo vano, o come dicesi, nella
codice Trivulziano, a partire dall’inizio degli anni ’80, un’opera- sua luce, corpo alcuno che s’infraponga; come mostra la fig. di Leonardo» a
zione di acquisizione e ‘riduzione’ dei termini della lingua italiana corredo del testo. Con riferimento alla seconda parte del Codice, parlando degli
effetti devastanti della «palla» detta «clotobrot» se lanciata contro un bastione o
tratti dai libri che egli all’epoca consultava, dal De re militari di «dentro à una gran nave ò rivellino», Corazza si sofferma su quest’ultimo termine,
Valturio al Novellino di Masuccio Salernitano. Come ha notato essendo convinto che esso esprima qualcosa di diverso dal significato moderno,
«perché altra è la moderna architettura militare, né so che le cortine del sec.
Vecce324 , non si tratta di vocaboli della lingua parlata, bensì dei XVI appena cominciato avesser difesa di rivellino, come oggi; né veggo a che
termini tecnici di cui l’«omo sanza lettere» doveva dotarsi per ga- servissero i Coltobrot [sic] lanciati sovra i nostri rivellini, che non ritengon
rantire alla propria arte la dignità di scienza, oltre che la più rapida soldatesca, né uomini racchiusi». Seguono definizioni in materia di idraulica
e, nuovamente, di prospettiva, ombre e luci. Tra l’altro, Corazza si stupisce del
comprensione e diffusione. termine lineale adoperato da Leonardo, ritenendone corretta la trascrizione solo
Corazza dimostra anche nei «Termini», come in altre occasioni, «se l’autore non ha anzi scritto lineare, come oggi si scriverebbe; ma veggasi se
continua a chiamarla così»; e infatti così succede. Riguardo alla terza parte del
una competenza e un aggiornamento in campo scientifico davve- Codice, troviamo finalmente nel glossario la definizione più appropriata per il
ro insospettabili. Così, nel citare la frase di Leonardo: «Il centro termine retroso: «retroso è ciò che diciam vortice; il rivolgimento che fassi nelle
correnti, quando alcuna volta una parte dell’acque, lasciando la direzione e il
della sfera dell’acqua è il centro vero della rotondità del nostro corso dell’altre che muovonsi con lei, s’avvolgon con moto spirale turbinato
Mondo, il quale si compone in frà acqua, et terra in forma roton- attorno ad una retta, che guarda il fondo del canale, per cui scorrono. La Crusca
da», egli spiega: «si sono recati altri esempi di Mondo per Terra; scrive Ritroso, né ha Retroso, come sempre Lionardo». A proposito poi della
voce «fontanile», Corazza scrive che «è da richiederne il significato a’ Milanesi.
questo evidentiss. dee bastar per tutti, e debb’esser presente per L’adopera Lionardo nel suo §. Del Canale di Marsignana; e sembran serbatoi,
intender bene un importantiss. luogo del n˜ro Aut. che contiene il ne quali ricevere e conservar acque, che sperderebbonsi altramente»; la Brizio,
nel suo glossario dei termini vinciani, ne dà la definizione di «acqua sorgen-
germe del sist. Newtoniano su la universale Attraz.ne»325. te dagli strati ghiaiosi del sottosuolo» (A.M. Brizio, Scritti scelti…cit., p. 692).
Nel riferirsi alle due sezioni della prima parte del Codice, vale a Ancora, l’«angolo della contingenza», ossia di contatto, definizione geometrica
dire i «Capitoli aggiunti» e il trattato su Ombre e lumi, Corazza dà come abbiamo visto particolarmente importante per Leonardo, viene così spie-
gato dall’abate bolognese, con una precisione da vero matematico: «Equivale ad
risalto ai termini attinenti alle questioni geometriche e prospetti- angolo del contatto, che fassi da una retta, la quale è tirata sopra l’estremità di
che, ai colori e in generale ai fenomeni legati alla percezione. Ri- un raggio di circolo al suo perimetro, e spandendosi dall’una, e dall’altra parte,
fa con esso raggio angoli uguali». Per «angolo grosso», poi, va inteso «sempre
l’angolo di più superficie, o sia l’angolo solido, ch’eccede i gradi 90». Per quanto
riguarda infine l’apografo Arconati, tra le altre definizioni riportiamo quella
321 relativa al termine aggetto: «Notisi che gli Architetti, sotto la voce aggetto, in-
  BNN, Manoscritti e Rari, ms. XII.D.81, «Termini di arte…», cit., I, p. 24.
322 tendon sempre lo sporto che alcune parti della fabbrica, come cornici, mensole,
  A p. 19 della prima parte del glossario leggiamo in proposito: « È probabile che ecc. producon oltre alla perpendicolare del muro; né mai (fuor di questo luogo
Lionardo abbia scritto a Milano una parte di questi e degli altri pensieri suoi, che del Vinci) ho trovato adoperarsi questa voce a significare l’eccesso oltre alla
tengo MSS». perpendicolare delle parti che metton nel piano, o sotto il piano dove s’appoggia
323
  «Le Voci de’ Bolognesi, più comuni sono quelle (fra gli altri dialetti) che la fabbrica. Gli speroni d’un muro escono fuori del muro perpendicolare, e lo
s’avvicinan più alle antiche V. degli Scrittori toscani; così che a scrivere e ad in- appoggiano; ma non ho veduto che la quantità di un tal uscimento siasi chiama-
terpretare, l’un linguaggio può assai giovare all’altro. Ma non è questo il luogo ta aggetto. Ricordisi però che noto l’uso che si è fatto delle voci, il che non vuol
di tal argomento». Molti sono i punti in cui Corazza sottolinea la presenza in dire assicurarne il buon uso, ma sì mostrarlo qual egli sia: E in verità, se aggetto
Leonardo, come pure in Cellini e in Vasari, di voci usate frequentemente in am- è nato da adjectio, Lionardo non ha errato fuorché contro l’uso ricevuto». Altra
bito bolognese, appuntando: «formula usatissima in Bologna». E ancora: «Anche voce da segnalare in questa parte del glossario è quella relativa al legno di oniccio
qui cred’io che bisogni un Milanese per interpretar roggia». (o ontano) consigliato da Leonardo, insieme con quello di quercia, per realizzare
324
  C.Vecce, Collezioni di parole: il Codice Trivulziano di Leonardo da Vinci, in Orient- pali di fondazione (come era avvenuto nelle nuove mura di Pavia); quelli di
Occident. Croisements lexicaux et culturels, sous la direction de G. Dotoli, C. Diglio, G. quercia sono neri, quelli di ontano sono di colore rosso «verzino»: «L’osserva-
Fusco Girard, actes des Journées Italiennes des Dictionnaires (Naples, 26-28 fèvrier zione di Lionardo in qualche modo s’accorda con Valmont de Bomare § [sic]
2009), Fasano, Schena Editore, 2009. Aune che afferma il ponte di Rialto, e quello di Londra essersi fondati sovra
325
  BNN, Manoscritti e Rari, ms. XII.D.81, «Termini di arte…», cit., I, p. 31. palafitte d’Ontano, o sia l’Alno. Il popolo che ha veduto qualche volta (in Ve-

Impianto e contenuti del Codice


69
Negli altri due capitoli dei «Termini», Corazza si riferisce rispet-
tivamente ai Trattati sull’Oreficeria di Benvenuto Cellini, editi nel
1568, e alle Vite di Vasari nell’edizione del 1767-72327 : lo scopo del-
lo studioso è quello di giungere ad un repertorio di voci, con
relative definizioni, il più ampio ed esplicativo possibile, attin-
gendo anche a quei testi cinquecenteschi che, prendendo le mos-
se proprio dagli scritti di Leonardo, erano da ritenersi ancora a
quell’epoca i più autorevoli nel campo della tecnica artistica328 .
Colpisce l’attenzione scrupolosa che Corazza pone alla termino-
logia concernente i materiali da costruzione, i metalli e le pietre
preziose utilizzati nell’oreficeria. Si tratta di uno studio lessica-
le dettagliato, di grande interesse per un esame dell’evoluzione
tassonomica nel settore tra Cinque e Settecento: per questo, pur
non essendo di specifica attinenza agli argomenti da noi tratta-
ti, abbiamo riportato in appendice anche queste parti del ‘voca-
bolario’, utili a completare il quadro dell’attenta opera condotta
dall’abate bolognese, il quale dimostra anche in questa occasione
un grande interesse nell’applicazione delle proprie specificità disci-
plinari al settore dell’arte e persino dell’artigianato rinascimentale.
In merito alle definizioni dei termini tratti da Cellini – riguardanti
esclusivamente le tecniche di lavorazione dei gioielli e delle pietre
preziose – abbiamo già notato quanto fosse grande l’influenza dei
testi vinciani sulla formazione di quel grande scultore ed evidente,
in molti casi, la diretta adozione da parte sua del lessico di Leonar-
do. Corazza scende nei dettagli tecnici più minuti, dando prova
di un’approfondita conoscenza anche nel campo della scultura e
dell’arte orafa: ad esempio, egli passa in rassegna le voci riferite ai
diversi tipi di gemme e di metalli preziosi, esaminando strumenti
e processi di lavorazione, come fusioni, cesellature, incisioni, ecc.,
e fornendo una plausibile definizione anche per i più rari voca-
Vincenzo Corazza, Termini di arte nelli scritti di Lionardo da Vinci ed altri, c.
boli adottati dall’artista; anche in questo caso, Corazza propone 1798, parte I, p. 1, vocaboli tratti dalla sez. I/a del Codice Corazza. Napoli,
confronti, oltre che con il vocabolario della Crusca, anche con Biblioteca Nazionale, Ms. XII.D.81
il lessico quotidiano di ambito toscano, lombardo, romagnolo e,
naturalmente, con quello della «gente di Napoli». in cui il trattatista aretino descrive le «fabbriche bellissime fatte di
Il riferimento poi all’opera vasariana, riedita con l’aggiunta di un bozze»), dei principali tipi di fregi e delle matrici geometriche degli
imponente apparato di note e pubblicata a Livorno e a Firenze, di- elementi strutturali329, e persino di particolari materiali o tecniche di
mostra il grande interesse e l’alto livello di aggiornamento di Coraz- costruzione e decorazione adoperati in specifiche realtà locali.
za nei confronti di un’autentica pietra miliare della critica artistica, Capita però che per alcune voci l’autore non riesca a trovare con-
che tanto doveva alla lezione vinciana proprio dal punto di vista forto in nessuno dei trattatisti presi in esame, dovendosi a suo parere
della terminologia adottata. Oltre ad entrare nei dettagli delle regole procedere con indagini più approfondite, segnatamente in ambito
dell’arte, della tecnica e degli strumenti descritti da Vasari in ambito toscano: «Benv. Cellini non ne dà una idea che basti a me che non
pittorico e scultoreo, Corazza riporta i termini architettonici più si- sono dell’arte; così non m’è chiaro il Vasari. Tutto sarebbe chiariss.°
gnificativi presenti nell’introduzione alle Vite: egli propone, tra l’al- in Firenze, per chi sapesse interrogare, e vedere»330.
tro, le definizioni degli ordini rustico e composito (raffrontate anche
con quelle di Francesco Alberti), del bugnato (con citazioni di brani
329
  A proposito della voce «abbagliamento» in Vasari, Corazza osserva: «questo
abbagliamento è l’effetto ancora cagionato dal grosso dell’aere che si frappone
tra l’oggetto, e l’occhio, come appar manifesto nelle cose, che vediamo in molta
nezia) qualcuno di questi antichi pali, somigliantissimi nel colore al verzino, af- distanza. Di questo è da vedere Leonardo da Vinci, primo a trattare la Prosp.a ae-
ferma e crede, che que’ primi fondatori, per magnificenza posero le fondamenta rea» (BNN, Manoscritti e Rari, ms. XII D 81, «Termini di arte…», cit., III, p. 27).
di quella singolare città sopra fondazioni di vero verzino; alcuni che ricevon 330
  Ivi, f. 22. Alla voce quarti acuti, riguardante i ‘deprecati’ archi gotici, Corazza
questa grossolana affermazione, hanno preteso assicurarmi che cotesti pali eran scrive: «“Girarono le volte con quarti acuti” (i Goti; ed avverti che si è detto di cotai
di quercia, il cui legno rimasto profondamente infossato prende quel colore». volte, got.e o tedesche, esser elleno fatte con sesti acuti: nel qual caso alcuni han
327
  G. Vasari, Vite de’ più eccellenti pittori scultori ed architetti scritte da Giorgio Vasari pittore preso sesto per garbo, modellatura, che fa angolo nella sommità. Io ho dubitato che
e architetto aretino, Livorno-Firenze, Coltellini-Stecchi & Pagani, 1767-72, tomi I-VII. il sesto acuto non avesse avuto l’origin sua dall’essere cotai volte modellate sovra la
328
  Pedretti (I manoscritti inediti…cit., p. 138), nel citare il glossario, osserva che traccia che mostran le due seste di circolo che formansi sovra due lati d’un triang.°
il nome di Corazza non compare in alcuno studio sul Trattato della Pittura dopo e-quilatero, quando prendasi per raggio il lato d’esso triang., e facciasi centro agli
Comolli fino ai nostri giorni (per la verità nemmeno nei suoi, precedenti al angoli opposti: certo le volte e gli archi da noi chiamati Gotici, rendon verisimile
1996, ritrovandosi per la prima volta citato l’abate bolognese nelle schede di la congettura; ma si è pur detto a quarto acuto, la curvatura di simili archi. Che sia
A. Vezzosi in Leonardo e il leonardismo…cit.). Egli inoltre avanza l’ipotesi che del vero, l’una e l’altra V. sono da notarsi)» (f. 11). Più avanti, riguardo alla stessa voce,
il documento dal titolo Dizionario delle varie voci italiane usate da Leonardo ne’ Corazza cita il noto testo vasariano riguardante la condanna dell’uso del gotico
suoi scritti, unitevi alcune osservazioni sui manoscritti inediti dello stesso, presente tra nell’architettura medievale fiorentina («l’architettura si teneva alquanto in piedi, ma
i documenti del fondo Bossi dell’Ambrosiana (SP 6/13 E, sez. B ), riordinato a imbastardita fortemente e molto diversa dalla buona maniera antica. Di ciò posson
partire dal 1996, sul quale torneremo, possa essere una copia dei «Termini di anco far fede molti palazzi vecchi, stati fatti in Fiorenza dopo la rovina di Fiesole,
arte» di Corazza: abbiamo invece verificato che non si tratta affatto di questo, d’opera toscana; ma con ordine barbaro nelle misure di quelle porte, o finestre lun-
bensì di uno studio di Bossi riguardante il noto ‘vocabolario’ contenuto nel ghe lunghe, e ne’ garbi di quarti acuti, nel girare degli archi secondo l’uso di que’
Codice Trivulziano. tempi»), annotando al riguardo che «la voce manca in tutti i lessici» (f. 34).

Capitolo secondo
70
III. La vicenda sette-ottocentesca
del manoscritto: la fortuna critica
e il mancato imprimatur
Cerchiamo ora di ricostruire, anche attraverso documenti
inediti, la vicenda dei manoscritti vinciani di Corazza. Questi, nei
primi anni ’80, scrive:

La Biblioteca Ambrosiana di Milano custodisce coll’ultima gelosia


gli scritti che stese a maniera di ricordi sopra libri di vario sesto il
Celebre Lionardo da Vinci uno de’ Sommi Pittori Italiani, e forse
il maggior Ingegno che avesse il Secolo XV. Non se ne permette a
chicchessia trar copia d’anche pochissime linee; e codesti Mss. oltre
allo starsene là sepolti e perciò inutili, periscono anche a dì per dì,
per essere scritti la maggior parte in matita, dileguatasi già in mol-
ti luoghi. A’ tempi di Urbano VIII uno de’ Cardinali Nipoti poté
clandestinamente farne trar copia, e ci ebbe mano la Casa Arconati
una delle insigni benefattrici di quella Biblioteca; ne passò dunque in
tal maniera a Roma la copia, quella medesima che possiedo io, e trovai fortu-
natamente in Roma l’anno 1766. Fra il 1680 e 90 fu stampato a Parigi il
Trattato della Pittura di Leonardo da Vinci tratto dalle copie parec-
chie che nel Sec.° XVI giravano manoscritte nelle Scuole331.

Ora, al di là dell’errata indicazione della data di edizione del Trat-


tato della Pittura (cosa, in verità, assai strana per Corazza), alcuni
elementi del testo vanno sicuramente evidenziati. Innanzitutto
l’osservazione relativa al pessimo stato di conservazione degli ori-
ginali e, di conseguenza, l’importanza che con ciò l’abate intende
dare all’apografo. Ma, soprattutto, dire di aver trovato «fortuna-
tamente» la copia dei manoscritti ambrosiani nel 1766 significa
Vincenzo Corazza, Termini di arte nelli scritti di Lionardo da Vinci ed altri,
offrirci alcuni preziosi elementi d’indagine: a) non potendo es- c. 1798, parte III, p. 21, vocaboli tratti da G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti
sere stato «trovato» in modo fortunoso nella Biblioteca Albani da architetti..., 1550-68, ried. 1767. Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. XII.D.81
Corazza, il Codice deve aver seguito un’altra strada prima che la
biblioteca di dal Pozzo confluisse nell’Albani nel 1714; b) Corazza di costà portarsi a quest’effetto, et a rendere poi, in pubblicandoli, il
non fa alcun riferimento, in questo come in altri documenti, ad dovuto onore a chi gli avrà procurata la grazia, che s’implora332 .
eventuali autografi vinciani in suo possesso, ma solo all’apografo,
ancorché prezioso; c) abbiamo infine la data certa dell’acquisizione. Come si comprende con tutta evidenza dalle parole del car-
Consideriamo ora altri dati rinvenibili in documenti inediti dinale, si tratta di manoscritti «acquistati» da Corazza e quin-
dell’Archivio di Stato di Milano. di, ancora una volta, estranei alla collezione Albani. È assai
Nel maggio 1767 il cardinale Albani intercede a favore di Co- probabile che si alluda proprio alle parti che compongono il
razza chiedendo al conte Carlo Firmian, diplomatico trentino al nostro Codice e che Corazza, essendone venuto in posses-
servizio degli Asburgo di stanza a Milano, di intervenire affin- so l’anno prima, chissà per quali canali, intendesse confrontare
ché venga concesso al letterato bolognese l’accesso alla Biblioteca quei testi ed eventualmente integrarli con i codici ambrosia-
Ambrosiana allo scopo di confrontare i manoscritti di cui dispone ni per poi pubblicarli, manifestando così, già da allora, un’idea
con quelli ivi conservati:
332
Il signor Corazza celebre Letterato Bolognese há avuto la buona sor-   Archivio di Stato di Milano, Autografi, cart. 102, fasc. 34 («Leonardo da Vin-
ci»), lettera del cardinale Albani a Firmian del 2 maggio 1767; il corsivo è nostro.
te di acquistare alcuni bellissimi Manoscritti inediti dell’altrettanto celebre Ringrazio il dott. Silvio Mara per la cortese segnalazione di questo e degli altri
Leonardo da Vinci, ne’ quali si contengono scoperte non meno vaghe, che documenti dell’archivio milanese che citeremo. Gli apografi di Corazza potreb-
utili sopra la Pittura, Architettura, e Meccanica, molto proprij ad illustra- bero essere stati parte di un ricco corpus di manoscritti da lui acquistato tra il
1766 e il ‘67 (se l’acquisto fosse avvenuto a Roma, la notizia si collegherebbe a
re la storia Letteraria. Sapendo Egli, che ritrovansi altri Manoscritti quella già citata e tratta dal doc. dell’Archiginnasio) alla morte di un «rinoma-
dello stesso Leonardo da Vinci in cotesta rinnomatissima Biblioteca tissimo letterato» non meglio identificabile: si veda, presso la Biblioteca Palatina
di Parma (Ep. Parm., Carteggio Paciaudi, cass. 74), un’interessante lettera del
Ambrosiana, s’implora per mezzo mio appresso l’Eccellenza Vostra 27 giugno 1767 di Corazza a p. Paolo Maria Paciaudi, archeologo e all’epoca bi-
l’accesso alla medesima Biblioteca, ed il permesso di confrontare con bliotecario di quella raccolta (cfr. Paolo Maria Paciaudi e i suoi corrispondenti, a cura
di L. Farinelli, Parma, La Nazionale editr., 1985, p. 80; ringrazio per la cortese
quelli di essa, li proprij Manoscritti, ed il permesso in oltre di far co- segnalazione la dott.ssa M. Melani e per la disponibilità la dott.ssa E. Del Mona-
piare da essi qualche Capitolo, che gli abbisognasse, essendo disposto co, funzionario della suddetta Biblioteca) in cui il bolognese propone l’acquisto
a corpo, da parte di quell’istituzione, di una raccolta di oltre 500 manoscritti la-
tini, italiani, greci, ebraici e di lingue orientali che egli ha acquistato a sua volta
in occasione di «un piccol viaggio, che m’ha tenuto sette mesi fuor di Milano, e
331
  Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio di Bologna (d’ora innanzi BCABo), lontano dalla Patria […] Ci sono degli Storici inediti latini e Italiani dal 1000 in
MS. A 1224, «Transunto di Memorie e Lettere scritte di pugno del Sig. Ab.Vincenzo giù; molti secreti, e ritrovi d’arti del Sec. XV, e XVI. Poeti, e prosatori inediti
Corazza Bolognese», s.d., s.f., collocato tra le minute di lettere inviate all’amico de’ buoni tempi della nostra lingua, ed alcuni editi poi, ma contemporanei agli
letterato Aurelio Bertola negli anni ’80. Il corsivo è nostro. Aut.i. Parecchie Op. greche scritte pure nel Sec. XV».

La vicenda sette-ottocentesca del manoscritto


71
in qualche modo in linea con l’antico programma di Cassiano. Sebbene non sia possibile accertarlo, Corazza potrebbe essere stato
Tutto questo, però, non esclude la pur remota eventualità, ipo- effettivamente all’Ambrosiana tra il 1770 e il ‘72, prima cioè di tra-
tizzata come vedremo da Pedretti, che Corazza possedesse anche sferirsi definitivamente a Napoli.
scritti originali di Leonardo reperiti nel soggiorno romano dei Importante infine un documento del 1777 in cui viene segnalata
primi anni ‘60 o all’epoca della sua ultima residenza bolognese all’abate l’esistenza di apografi vinciani presso la Biblioteca Albani
(1767-70): resta il fatto che l’abate non ne fa cenno nel primo do- dall’amico bolognese Carlo Bianconi, noto esperto d’arte e fu-
cumento citato né in altri scritti, e questo fa pensare. turo segretario dell’Accademia di Brera, del quale torneremo ad
Qualche giorno più tardi, Firmian risponde al cardinale: occuparci336. Infatti nel settembre di quell’anno Bianconi scrive a
Corazza:
Hò fatto parlare a questo Bibliotecario Oltrocchi sopra l’argomento
de Manoscritti inediti da esso [Corazza] acquistati, e vengo assicurato Giorni sono vidi in casa Albani alcuni manoscritti di opere di Leonardo. Il
che sempre quando il Sig. Corazza voglia portarsi a Milano per farne Trattato della Pittura ha delle figure così belle che sembrano le originali
confronto con quelli, che così accuratam.e ivi conservano in questa di M.r Poussin. Il Cavalier dal Pozzo passò il Ms. a Mr. De Chambray,
Biblioteca Ambrosiana del Celebratissimo Leonardo da Vinci, non si così abbiamo dalla prefazione dell’edizione francese di quell’opera.
avrà difficoltà di permettergliene il confronto, e di poterne insieme far Chissà che fatta la stampa non ritornasse il Ms. al Cavalier dal Pozzo, e da
copiare da Essi qualche Capitolo che gli abbisognasse333. questi non sia andato in casa Albani. Certo è che codeste figure disegnate sono
migliori degli intagli francesi. Avvi un altro Ms. di macchine ed altro: contiene
Corazza però, costretto a Roma dalle precarie condizioni di salute, ancora mescolatamente alcune cose di pittura. Nel vedere queste belle cose
qualche giorno dopo si scuserà di non essersi ancora potuto recare mi sovvenne tostamente di voi, e vi desiderai come l’amico e conosci-
a Milano, promettendo di farlo non appena sarà rientrato definiti- tore grande di Leonardo337.
vamente a Bologna, per
Dalla lettera, oltre a potersi avere una chiara idea dell’alta considera-
potere finalmente godere del frutto, che la generosa Protezione dell’Ec- zione in cui è tenuto Corazza quale esperto di Leonardo, si può ipo-
cellenza Vostra s’è degnata di accordare alle mie ricerche, per quella tizzare che il manoscritto del Trattato della Pittura che Bianconi vede
parte, che risguarda l’Opere scritte dell’Immortale Lionardo da Vinci; nella Biblioteca Albani sia l’H 228 inf. (che del resto anche Comolli
delle quali, avendone io potuto mettere insieme un grosso volume in foglio, mi dice di aver visto nella stessa sede), anch’esso proveniente come sap-
sono, nel trarne copia, assicurato che niun uomo di lettere de’ tempi suoi piamo dalla biblioteca di dal Pozzo, oppure l‘apografo Chantelou,
ha maggior diritto di lui nell’avvanzamento delle maggiori discipline334. effettivamente restituito dopo la stampa in Francia a Cassiano e de-
stinato a finire, alla metà dell’Ottocento, a San Pietroburgo; o, infine,
Si tratterebbe, quindi, proprio del «grosso volume in foglio» forma- potrebbe trattarsi del cosiddetto manoscritto di Thevenot, anch’esso,
to dalle quattro parti che costituiscono tuttora il Codice, legate da come si sa, utilizzato per l’edizione del 1651 e individuabile, secon-
Corazza, che ne aveva tratto anche una copia oggi non reperibile. do la Steinitz, nel Codice 967 della Biblioteca Nazionale di Parigi,
Siamo dunque ancora ben lontani dal poter pensare ad un autografo dove potrebbe essere tornato (dopo essere stato anch’esso restituito,
vinciano o ad un apografo che non sia proprio il Codice a noi noto, in un primo tempo, a Cassiano) all’atto dello smembramento della
tanto più che, come abbiamo detto, l’abate farà riferimento nel ma- Biblioteca Albani nel 1798.
teriale epistolare e nei propri studi sempre e solo a quest’ultimo e L’altro «Ms. di macchine ed altro» pure citato nella lettera può essere
mai ad altri testimoni eventualmente presenti presso di sé. Quanto facilmente identificato con l’H 227 inf. o con l’H 229 inf., presenti
all’attuale coperta, guardie e controguardie del manoscritto, sono in quella biblioteca ed entrambi recanti la parte specificamente de-
state realizzate con ogni probabilità in sostituzione di una veste set- dicata alle macchine.
tecentesca meno dignitosa all’atto dell’acquisizione del documento
da parte della Biblioteca Reale. La permanenza del documento presso Corazza non sarà caratte-
Corazza dovette fare rientro a Bologna a fine maggio 1767, se il rizzata solo dall’appassionato studio da parte dell’abate ma, anzi, da
conte Firmian così gli scrive da Milano agli inizi di giugno: episodi tutt’altro che edificanti per quel grande uomo di cultura che
è. Purtroppo egli non se la passa molto bene economicamente nella
Desidero che questa mia ritrovi V.S. Ill.ma in Bologna riavuto dalla sof- condizione di istitutore degli infanti reali al servizio dei Borbone,
ferta malattia, e col beneficio dell’Aria Nazionale. Ella mi dia al più pre- venendo costretto a tentativi estremi per sopravvivere. Nel 1779,
sto il piacere di vederla personalm.e in questa Capitale. Ella sá quanto io proprio per questi motivi, non solo comincia a interessarsi della
la stimi, e per il suo merito particolare, e adesso poi singolarmente per il compravendita di libri di pregio quale intermediario di numerose
pensiere, che si è dato di far onore al Celebre Leonardo da Vinci col dare alla luce biblioteche, ma tenta addirittura di vendere gli apografi di Leonar-
le utilissime scoperte da lei fatte di alcune opere inedite da esso scritte, le quali do: prima al re d’Inghilterra, Giorgio III, attraverso la mediazione
saranno tanto più accette al Pubblico, quando sarà assicurato dalle opere svolta nell’ambiente romano dal grande architetto e amico Giaco-
med.me che niun uomo di lettere de tempi suoi non abbia mag. diritto mo Quarenghi, poi al Granduca di Toscana, attraverso il letterato
di lui nell’avvanzamento delle maggiori discipline. Confermo a V.S. Ill. ed ex allievo ferrarese Francesco Zacchiroli – all’epoca in servizio
ma quanto ho già promesso al V. Card. Aless.o Albani relativam.e alle presso la Segreteria di Stato del governo di Firenze – chiedendo in
scoperte ch’Ella brama di fare presso questa Biblioteca Ambrosiana335.
336
  Si veda il capitolo quarto del presente volume.
337
333
  BNN, Manoscritti e Rari, X AA 29bis/13, lettera del 2 settembre 1777; il corsivo è
  Archivio di Stato di Milano, Autografi, cart. 102, fasc. 34, lettera del conte nostro. Cfr. E.Verga, Bibliografia…cit., p. 107, ove è la scheda dell’opera di Bianconi
Firmian al cardinale Albani del 13 maggio 1767. Il bibliotecario è, naturalmente, il dal titolo: Nuova Guida di Milano per gli amanti delle belle arti e delle sacre e profane
grande leonardista Baldassarre Oltrocchi, all’epoca responsabile dell’Ambrosiana. antichità milanesi, Milano, Stamperia Sirtori, 1787: a p. 262 l’autore parla dei mss.
334
  Ivi, lettera di Corazza al conte Firmian del 27 maggio 1767. vinciani dell’Ambrosiana e spera che vengano al più presto pubblicati; poi descrive
335
  Ivi, lettera del conte Firmian a Corazza del 3 giugno 1767. i disegni di Leonardo e l’opera del Cenacolo.

Capitolo secondo
72
cambio un posto di lavoro presso quella corte, infine a Caterina II di rispettoso, gli fa capire che la cosa non è praticabile, riportando in
Russia tramite lo stesso Quarenghi, trasferitosi nel frattempo a San sintesi il giudizio del ministro Riguccio Galluzzi, cui ha avanzato
Pietroburgo al servizio dell’Imperatrice. la proposta, venendo da questi sollevate due questioni essenziali:
Per quanto concerne la vendita del Codice al re d’Inghilterra, le
trattative non andranno oltre i contatti di Quarenghi con il pittore 1°. Non è dimostrato, che le opere offerte nella vostra lettera siano esattamente
e archeologo scozzese Gavin Hamilton, che agli inizi del 1779 così quelle che si conservano nell’Ambrosiana di Milano. Possono essere un estratto
scriverà all’omonimo ambasciatore a Napoli sir William Hamilton, o una copia imperfetta. Su questa incertezza non si ardisce di proporne
spronandolo a contattare Corazza ai fini dell’acquisto da parte del l’acquisto a S.A.R.; 2°. Con quest’opera voi pretendereste di formar-
sovrano, già possessore dei fogli vinciani conservati a Windsor: vi uno stato pel ristante de’ vostri giorni; e i manoscritti che offrite
in corrispettività non sono poi tali che se al Granduca venisse volontà
The principal intention of this letter is to beg that you would bestow di farne acquisto, non possa farli venire o con poca, o con niuna spesa
some attention on a curious manuscript of Leonardo da Vinci, which da Milano344 .
is in the possession of the Abbate Corraza [sic], now at Naples, who
will wait upon you with it when you will think proper to acquaint Zacchiroli si dichiara comunque disponibile a farsi garante perso-
him of your intentions. Perhaps a work of that sort wou’d be agree- nalmente dell’interesse e del valore dei manoscritti, «perché troppo
able to the king, as he is already in possession of a similar manuscript ben vi conosco, e sono sicuro, che se non fossero essi esattamente confor-
treating on anatomy, the Abbate Corazza will give you all the par- mi agli originali esistenti in Milano, cosa alcuna non vi avrebbe potuto
ticulars relating to this work338 . muovere ad alterare la verità»345. Se poi Corazza possedesse anche
degli originali, tentando di cedere i soli apografi, purtroppo non ci
È ben nota l’importanza della figura di William Hamilton nella è dato di sapere. Zacchiroli, pur avendo già fatto presente al mini-
cultura settecentesca europea, i suoi molteplici interessi in ambito stro come Corazza aspiri unicamente a un onesto impiego e non
scientifico e archeologico (in molti casi purtroppo risoltisi con il certo a «formarsi uno stato» presso quella corte, consiglia comunque
trasferimento di preziosi reperti in Inghilterra), nonché il ruolo di all’abate di presentare di persona la domanda, non essendo suddito
intellettuale svolto presso la corte borbonica e nel rapporto con i toscano e non avendo in effetti alcun diritto alle «Sovrane benefi-
più autorevoli viaggiatori del Grand Tour in visita a Napoli339. cenze». Ma anche questa volta l’affare non avrà seguito.
Sebbene il 6 maggio 1779 Quarenghi, ancora a Roma, si affretti ad Torna allora di scena Quarenghi. Il 20 agosto 1779 l’architetto,
informare Corazza di aver saputo da Gavin Hamilton che l’amba- ancora a Roma ma in procinto di partire per la Russia, così scrive
sciatore porterà a buon fine (ma non si sa con chi) il «negozio del all’amico:
manoscritto»340, solo qualche giorno più tardi l’architetto dice di
non avere più notizie da Napoli, ma che l’artista scozzese lo ha rassi- Già averà inteso dal Sig. Abate Taddei li miei appuntamenti con la
curato che l’affare si concluderà comunque positivamente, in Italia o Imperatrice di Russia e martedì gli scriverò tutto in lungo, e sopra
in Inghilterra. Invece un mese più tardi Corazza farà sapere all’ami- ancora il suo manoscritto di Leonardo da Vinci, perché ora ho la
co che «fino ad ora non ho ricevuto da questo Sig.r [W.] Hamilton testa talmente confusa, come lei può immaginare in chi si trova in
alcun cenno»341, pur avendo l’ambasciatore trattenuto il Codice ‘in tali situazioni346 .
visura’ per un bel po’ di tempo342.
Sicché sin dall’agosto successivo Corazza proverà a giocare la car- E poco dopo (24 agosto), all’indomani della morte della figlia:
ta Zacchiroli. Nella corrispondenza con Corazza, il più giovane
amico ricorda i tempi in cui l’abate è stato suo maestro e consi- Mi scriva come mi devo contenere con l’Imperatrice delle Russie
gliere a Bologna e a Roma, avendo in seguito più volte occasione circa al suo Manoscritto, e me ne mandi un piccolo dettaglio347.
di recensire le sue opere letterarie «nei fogli senesi e ne’ giornali
oltremontani»343 . Corazza gli manifesta il chiaro intento di ‘barat- Ancora, nel settembre successivo:
tare’ i manoscritti con un posto presso la corte granducale adegua-
to al proprio rango; e qui viene in mente l’analogo tentativo fatto Riguardo al di Lei manoscritto le confermo cio che le dissi348 .
più di un secolo prima da Lelio Gavardi, istitutore di Orazio Mel-
zi, di vendere al Granduca Ferdinando I i manoscritti di Leonar- Se, per tutti gli anni ’80, Corazza farà tesoro del ricco contenuto del
do ereditati dal padre. Ma Zacchiroli, sia pure con tono pacato e Codice nell’applicarsi agli studi di critica artistica e, come abbiamo
visto, al primo tentativo di un vocabolario vinciano, non per questo
338
rinuncerà a strenui tentativi di vendere il manoscritto. Ancora nel
  D. Irwin, Gavin Hamilton: archeologist, painter and dealer, in «The Art Bullettin»,
XLIV, n. 2 (giu. 1962), p. 100. Cfr. pure M. Böhmig, Le lettere di Giacomo Quarenghi 1787, infatti, Quarenghi gli scrive da San Pietroburgo:
all’abate Vincenzo Corazza (1779-1788), in «Bergomum», Bollettino della Civica Bi-
blioteca “A. Mai”, CIII (2008), p. 149.
339 Non ho mai dimenticato il suo rarissimo manoscritto, ma ho sempre
  H. Acton, I Borboni di Napoli (1734-1825), Firenze, Giunti-Martello, 1964, pp.
181-182. atteso il momento favorevole di poter far avanzare la notizia a questa
340
  BNN, Manoscritti e Rari, X AA 29bis/13, lettera del 6 maggio 1779 di Quaren- Augusta Sovrana, che meritatamente forma l’ammirazione del mondo
ghi a Corazza: «…Il Sig.r Hamilton hà di già avuta risposta dall’Inviato Hamilton
da costì, che l’assicura dell’effettuazione del negozio del suo manoscritto, come a
tutto […] e spero, come le dissi, d’esserne venuto a capo questa mattina,
quest’ora ne sarà forse inteso dal sudetto». E il 28 maggio (ivi): «…io desiderarei sa-
pere qualche notizia dell’Affare del suo Manoscritto con il Sig.r Hamilton di costì,
mentre questo S.r Hamilton m’ha dato buone nuove e spera si effettuerà questa
344
facenda, o con quello, o in Inghilterra». Cfr. M. Böhmig, op. cit., pp. 152-155.   Ibidem.
345
341
  Ivi, X. AA. 28(4, f. 16, lettera del 12/06/1779.   Ivi, X AA 29/22, lettera del 10 agosto 1779, cit. in M. Rascaglia, op. cit., p. 46.
342
  È quanto si evince dalla lettera del 25 maggio 1802 conservata in BCABo, MS. Il corsivo è nostro.
346
A 1224, su cui più innanzi torneremo.   Ivi, X AA 29bis/13, lettera del 20 agosto 1779, cit. in M. Rascaglia, op. cit., p. 47.
347
343
  BNN, Manoscritti e Rari, X AA 29/22, lettera del 10 agosto 1779, cit. in M. Ra-   Ivi, lettera del 24 agosto 1779.
348
scaglia, op. cit., p. 46.   Ivi, lettera del 4 settembre 1779, ultima da Roma.

La vicenda sette-ottocentesca del manoscritto


73
facendo cader il discorso sopra il merito di Leonardo ad un suo Biblio- settembre di quell’anno l’ingegnere francese Jean-Claude Pingeron,
tecario, e da un discorso nell’altro siamo venuti finalmente sul suo Ma- esperto di palloni aerostatici e di apicoltura, in visita a Napoli, scri-
noscritto, che molto si è consolato nel sentire esser in mano di un mio verà ad un collega dell’Institut de France:
amico in unica copia, m’ha pregato che ne faccia una breve descrizione
in Francese, che farò ben tosto, e ne vedremo in appresso il risultato J’ai vu dans cette ville une copie du fameux ouvrage de L. de V. sur
[…] benché sarebbe una gran perdita per l’Italia che sì rara ed unica copia avesse les Mechaniques que l’on conserve manuscrit à Milan dans la Biblio-
a finire con tanto danno dell’arti in quest’ultima parte del mondo colto349. thèque Ambroisenne. Cette prétieuse copie a tout l’air de prendre le
chemin de Pétersbourg, car l’on ne parle ici que des bienfaits de l’im-
Ma anche in questo caso l’iniziativa non avrà seguito. Nel 1788, al- pératrice de Russie envers les gens de lettres et les artistes354.
lorché Corazza è impegnato nella ‘supervisione’ del manoscritto del
terzo volume della Bibliografia storico-critica dell’Architettura civile di Fortunatamente, ancora una volta, il Codice non si allontanerà da
Angelo Comolli – bibliotecario della famosa biblioteca del cardina- Napoli. Pingeron appare stranamente disinformato sul fatto che gli
le Imperiali – questi, nel sollecitarlo, gli chiede di inviargli almeno originali ambrosiani sono a Parigi già dal mese di giugno, ove per or-
«l’articolo di Leonardo da Vinci» così da poterlo inserire nell’ope- dine di Napoleone sono stati trasferiti proprio presso la sede dell’In-
ra350.Va tenuto presente il particolare fermento in atto in quegli anni stitut de France. Così, in età napoleonica, il Codice assumerà un valore
con riferimento alla figura e agli scritti di Leonardo, innescato da ‘aggiunto’, rappresentando per gli scienziati e studiosi di arte italiani
Algarotti sin dal 1782: «Che peccato che tanti suoi manoscritti si l’unica trascrizione disponibile dei manoscritti trafugati dai francesi.
stiano nascosti nelle tenebre della Biblioteca Ambrosiana, quando si Nel 1802 il figlio Sebastiano, volendo ricavarne un profitto, dopo
fa vedere la luce a tante vecchie pergamene, a tante inezie, che altro un contatto senza esito con il duca di Gravina, cede, in cambio
non mostrano, che la barbarie degli andati secoli, della quale troppo di una rendita, gli apografi vinciani e l’intero carteggio paterno al
siamo convinti»351. Principe Ereditario Francesco, di cui il padre è stato devoto istitu-
Vedremo come Corazza abbia avuto un ruolo fondamentale nella tore: a quell’epoca l’interesse scientifico per quei manoscritti viene
stesura della parte dedicata a Leonardo nella Bibliografia, in cui Co- più volte manifestato anche dal grande letterato e naturalista pado-
molli farà esplicito riferimento alle carte vinciane in possesso del bo- vano Alberto Fortis, sebbene in tale occasione il carattere inedito
lognese e alla sua indiscussa autorità negli studi sull’artista-scienziato: della documentazione venga messo in discussione per essere stata
a suo tempo concessa in visura, come abbiamo visto, a sir William
Sarebbe desiderabile, che il Sig. D.Vincenzo Corazza, uno de’ più valenti Hamilton355. Sicché nelle Memorie storico-critiche della Real Biblioteca
conoscitori del bello, intraprendesse di tutto questo Trattato del Vinci una nuo- Borbonica pubblicate da Lorenzo Giustiniani (nuovo segretario della
va edizione, inserendovi a proposito que’ frammenti, o interi Capitoli inediti, biblioteca) nel 1818 i manoscritti risultano annoverati tra le opere
ch’egli dice d’avere. L’opera per se stessa interessante lo diverrebbe ancor più, più prestigiose presenti in catalogo; non senza, però, qualche ram-
mentre con tali aggiunte si toglierebbero forse alcune oscurità, che vi s’incontrano, marico per il trattamento ad essi riservato:
specialmente dai principianti. È questo il solo difetto ragionevole, che dai
conoscitori trovasi nel Trattato del Vinci, se pure per ragionevole non Nel dì 9 luglio del 1810 si videro estrarre dalla Real Biblioteca i Mss. del Vin-
vuolsi adottare anche la capricciosa censura, che di questa, o di altr’o- ci, affidandosi nelle mani di un forestiere per farsene copia a suo piacere. Questi
pera del Vinci azzardò Federico Zuccaro (Pittoriche To. VI. p. 135), con Mss. furono depositati da S.A.R. il Principe Ereditario con molta ge-
onorare anche l’autore de’ titoli di sofistico, e di fanatico352. losia; onde recò meraviglia, come dati si fossero con tanta franchezza
dall’Ab. Andres. È vero che nel dì 18 agosto di detto anno furono per
Ora, a parte il giudizio decisamente ‘radicale’ dell’artista manierista, fortuna restituiti, ma come dirsi più in oggi di rarità? È vero che in Milano
era unanime il parere degli studiosi circa le difficoltà interpretative sono le opere di quell’uomo insigne; ma se non fossero le nostre di gran
di taluni precetti del Trattato, che i «Capitoli aggiunti» presenti nel pregio, perché tanto impegno degli esteri di farne copia? Non sarebbe stata lode-
Codice posseduto da Corazza avrebbero potuto finalmente dipana- vol cosa se si fossero posti in stampa in Napoli a conto di essa Real Biblioteca,
re. Ma negli anni successivi l’abate, pur dedicandosi intensamente con guadagnarsi così danaro, o libri a cambio colle piazze di Europa?356.
allo studio di quei manoscritti, tenterà ancora di cederli: nel 1793
ne proporrà la stampa al famoso incisore e tipografo Giambattista Oltre ad alludersi alla ‘vicenda Bossi’, su cui varrà la pena di sof-
Bodoni353 e nel ’96 insisterà sulle trattative con Caterina II, se nel fermarci, e a prefigurarsi nelle parole di Giustiniani una sorta di
debito della Biblioteca Reale nei confronti del Codice Corazza,
che oggi finalmente saldiamo, va detto che l’autore coglie pie-
349
  Ivi, lettera del 20 gennaio 1787. Il corsivo è nostro.
350
  BNN, Manoscritti e Rari, X. AA. 29bis/1, lettera del 14 novembre 1788, cit. in M.
Rascaglia, op. cit., p. 42.
351
  F. Algarotti, Pensieri diversi sopra materie filosofiche, e filologiche, Cremona, Masi talenti de’ suoi dì. Non mi riman ozio per dirne ora quanto occorrerebbe».
354
e C., 1782,VIII, p. 187.   La lettera (cfr. E. Verga, Bibliografia…cit., p. 35), datata 13 settembre 1796 da
352
  A. Comolli, op. cit., III, p. 197, cit. in C. Pedretti, I manoscritti ‘inediti’ di Leo- Napoli e segnalata al Ravaisson dal Lalanne, funzionario della Biblioteca dell’Istitut
nardo...cit., p. 137. Il corsivo è nostro. Per il giudizio negativo di Zuccari, cfr.: Libro de France, è citata nella recensione all’opera di Ravaisson-Mollien sui mss. di Leo-
di Pittura…cit., pp. 42-43. Oltre, come si è visto, a proporre il primo resoconto nardo pubblicata da H. Ollivier in «Revue bleue», 23, VIII, 1887, p. 49; cfr. pure il
analitico dei manoscritti di Leonardo dell’Ambrosiana, Comolli descrive minu- «Journal officiel de St. Petersbourg», VIII, 1887, e «La grande Revue de Paris et St.
ziosamente nelle note lo stato degli studi sul Trattato della Pittura, annunciando la Petersbourg», 15, IX, 1888.
355
prossima uscita (Firenze, 1792) della nuova edizione di Francesco Fontani sulla base   BCABo, MS. A 1224, lettera di Ciro di Napoli [sic] al Fortis del 25 maggio
dell’apografo di Stefano della Bella. 1802: «I suoi scritti [di Corazza] sul Vinci esistono, e al presente li possiede S.A.R.
353
  BCABo, Coll. Aut., XXI, ms. 6043, lettera di Corazza a Francesco Rosaspina il nostro Regal Principe Ereditario. Il Sig. Duca [di Gravina] non diffida di averli,
del 3 febbraio 1793, in cui, con riferimento ad una precedente missiva purtroppo ma nel caso che l’abbia, il figlio del Sig. Corazza, il quale è in miseria, non li vuole
irreperibile, si legge: «Il cenno che nella ultima mia le feci (in proposito del Sig.r dare meno di cento once. Debbo però prevenirvi che quegli scritti furono per un
Bodoni) risguardava un grosso MS. di pensieri di Lionardo da Vinci posseduto pezzo in mano d’un Inglese, il quale disse volerseli comperare, ma poi li restituì;
da me, dentro al quale sono una quantità di Capitoli inediti, che appartengo- ecco dunque che l’Inglese se ne avrà fatta fare una copia e poi li ha restituiti».
356
no al Trattato suo noto della Pittura; ma ci son pur altre cose, che onorano, e   L. Giustiniani, Memorie storico-critiche della Real Biblioteca Borbonica di Napoli,
forse più, quell’incomparabile Ingegno, superior di gran lunga a tutti i miglior Napoli, G. de Bonis, 1818, pp. 164-165. Il corsivo è nostro.

Capitolo secondo
74
namente il valore del documento, pur non approfondendone le
ragioni: in realtà a quella data, come abbiamo visto, erano tor-
nati da Parigi a Milano, oltre al Codice Atlantico, anche gli apo-
grafi ‘fratelli’. Ma prima del 1815 il manoscritto dovette rivestire
un’enorme importanza proprio perché sostitutivo degli origi-
nali trafugati ed essere quindi oggetto dell’ennesimo program-
ma editoriale, questa volta da parte del pittore Giuseppe Bossi357.
Il Ciardi ci offre una precisa descrizione di questo artista358 , sotto-
lineando come egli, segretario dell’Accademia di Brera, amico di
Antonio Canova e di Carlo Porta, fosse anche scrittore, sebbene
non godesse della simpatia di Foscolo e di Stendhal. Pittore ope-
rante «tra il romantico e il neoclassico e che si pone a confronto
con i teorici del suo tempo, dal Mengs al Cicognara e dal Lessing
al Parini, e soprattutto all’Addison e al Burke»359 , Bossi è noto per
aver eseguito la copia in grandezza naturale del Cenacolo, com-
missionata da Eugène Beauharnais e destinata ad essere riprodotta
in mosaico dal Raffaelli nella chiesa di Santo Stefano a Vienna,
nonché per l’importante monografia su quell’opera360.
Prima di volgere la propria attenzione sugli apografi esistenti in Italia,
sin dal 30 gennaio 1808 Bossi aveva concepito un programma ben più
ardito. Nelle sue Memorie, infatti, esiste uno scritto in cui accenna al

progetto di far una corsa a Parigi e copiarvi tutti i manoscritti di L. e tornare a


stamparli a Milano. Io farei andata, scritti e ritorno in sei settimane. Vi
vorrebbero buone raccomandazioni e non mancherebbero. L’occasione
dei miei lavori sul Cenacolo giustificherebbe le mie ricerche e allonta-
nerebbe ogni sospetto, che io pensassi ad altro. Fingendo di far delle note,
copierei ogni cosa approfittando dell’esercizio da me fatto di prontamente leggere
senza specchi la mano di Leonardo. Il Viceré avrebbe gusto di veder pubblicare
colla data di Milano quei codici che furono qui rubati per seppellirli a Parigi361. Carlo Bianconi, lettera a Vincenzo Corazza del 2 settembre 1777, in cui si
segnalano gli apografi vinciani presenti presso la Biblioteca Albani. Napoli,
Biblioteca Nazionale, Ms. X.AA.29bis/13
Non sappiamo per quale ragione l’ambizioso programma di ‘spio-
naggio culturale’ non abbia avuto seguito: è certo però che nel suc-
cessivo luglio 1810 Bossi intraprende la non meno faticosa, ma cer- forte influenza dell’ambiente canoviano sull’Accademia napoletana,
tamente fruttuosa, trasferta napoletana. dall’altro il decisivo ruolo di Camuccini nel processo di riforma
Ma da chi Bossi poteva aver saputo dell’esistenza di preziosi mate- di quest’ultima363. Quanto al Cuoco, è il Galbiati a fornirci testi-
riali vinciani a Napoli? Oltre a doversi considerare la sua amicizia monianza che lo storico e filosofo napoletano, proprio in quegli
con il potente Canova, va detto che egli intratteneva da tempo in- anni, «formula un preciso programma, dal Bossi utilizzato, del modo
tensi rapporti epistolari con importanti personaggi del mondo cul- come si dovrebbe studiare Leonardo»364.
turale e artistico della capitale murattiana, tra cui spiccano nomi Dal Diario di Bossi, pubblicato dal Nicodemi e poi dal Ciardi, Pe-
come quelli di Vincenzo Camuccini e Vincenzo Cuoco. Le lettere dretti ricostruisce la vicenda del soggiorno napoletano del pittore e
di Bossi a Camuccini pubblicate da G.B. De Toni362 mostrano la quella della sua ‘sortita’ nella Biblioteca Reale: all’attenzione posta
particolare confidenza tra i due pittori e confermano da un lato la dallo studioso, anche sulla scorta di Vezzosi, riguardo alle possibili
origini del Codice napoletano vanno aggiunte, a questo punto, al-
cune precisazioni.
357
  Su Bossi si veda anche G. Calvi, scheda in Biografia degli italiani illustri nelle scien-
Il 3 luglio, dopo aver fatto visita a Giulio Cesare Tassoni, ambasciato-
ze, lettere ed arti del secolo XVIII e de’ contemporanei, a cura di E. De Tipaldo,Venezia, re del Regno d’Italia a Napoli, e al principe di Montemiletto, Bossi
Tip. di Alvisopoli, 1835, pp. 193-199. si reca dal duca Serra di Cassano, ove ammira la splendida biblioteca.
358
  Cfr. G. Bossi, Scritti sulle arti, ed. critica a cura di R.P. Ciardi, Firenze,
S.P.E.S., 1982, II; E. Cabella, Leonardo nelle carte del «Fondo Bossi» all’Ambrosiana, Tre giorni dopo, la copia del Codice Leicester, ossia del «Libro ori-
in «Raccolta Vinciana», XXIII, 1989, pp. 199-204; C. P edretti, Quella puttana ginale della natura, peso e moto dell’acqua», di proprietà del duca,
di Leonardo, in «Achademia Leonardi Vinci», IX, 1996, pp. 121 sgg. è già sua, in cambio di una vaga promessa di volumi d’interesse del
359
  C. Pedretti, Quella puttana…cit., p. 124.
360
  Nel 1811 Bossi pubblicherà anche Delle opinioni di Leonardo da Vinci intorno alla
Cassano365: l’apografo, come si sa ricchissimo di osservazioni anche
simmetria dei corpi umani, discorso dedicato a Canova, Milano, Stamperia Reale,
ristampa della parte del volume sul Cenacolo (cap. IV, libro IV, pp. 202-226), che
nell’opera completa ha per titolo: «Proporzioni del corpo umano». Cfr. E. Verga,
363
Bibliografia…cit., p. 128.   Si veda sull’argomento F. Mangone, R.Telese, Dall’Accademia alla Facoltà. L’in-
361
  G. Bossi, Memorie inedite, in «Archivio storico lombardo», Milano, V, 1878, pp. segnamento dell’architettura a Napoli 1802-1941, Benevento, Hevelius Edizioni, 2001,
276-279, cit. in E.Verga, Bibliografia…cit., p. 387. Il corsivo è nostro. pp. 30 sgg.; Scienziati-artisti. Formazione e ruolo degli ingegneri nelle fonti dell’Archivio
362
  G.B. De Toni, Frammenti vinciani. Lettere del pittore Giuseppe Bossi a Giambattista di Stato e della Facolta di Ingegneria di Napoli, a cura di A. Buccaro e F. De Mattia,
Venturi e Vincenzo Camuccini, in «Raccolta Vinciana», XI (1920-22), pp. 229-235. In Napoli, Electa Napoli, 2003, pp. 224-225.
364
particolare a p. 232, nel dare notizia degli apografi vinciani presenti a Napoli (XII.   G. Galbiati, Il «Cenacolo» di Leonardo da Vinci del pittore Giuseppe Bossi nei giudizi
D. 79-80), l’autore cita Miola (A. Miola, op. cit., I, pp. 230-232), accennando pure d’illustri contemporanei, in «Anacleta Ambrosiana», III, Milano, Alfieri e Lacroix, 1920;
all’opera svolta da Bossi a Napoli nell’estate 1810 per la trascrizione del Codice E.Verga, Bibliografia…cit., p. 677.
365
Corazza, nota attraverso la lettera del pittore a Canova del 23 luglio di quell’anno.   La data del 6 luglio si legge nell’appunto autografo di Bossi sul codice, in cui

La vicenda sette-ottocentesca del manoscritto


75
in materia di scienze e di ingegneria, in particolare in campo geolo- torizzazione a copiare l’apografo. Bossi appunta infatti nel diario
gico, idraulico e astronomico, sarà poi acquistato, dopo la morte del che l’8 luglio «alla Biblioteca rividi Andres e trovai altro importante
pittore, dalla Biblioteca di Weimar su consiglio di Goethe366. Codice che ora copio»369: egli comincia la trascrizione l’11 luglio,
Il passo successivo riguarda, ancora una volta, il materiale vinciano approfittando anche del fatto che il proprietario di quei manoscritti,
appartenuto a Corazza. Il gesuita madrileno Juan Andrés, nominato ossia il principe Francesco, è a Palermo dal 1806, ove la famiglia
prefetto della Biblioteca Reale all’atto della sua apertura il 2 agosto reale è fuggita all’arrivo dei napoleonidi. Il 15 luglio il pittore scrive:
1804367 e confermato in carica nell’aprile 1806 dal nuovo governo «Il Marchesino Serra di Cassano mi ha istruito intorno alle cose di
francese368, agli inizi di luglio 1810 concede al «forestiere» Bossi l’au- Leonardo ch’erano in mano di Corazza. Egli regalò questi scritti e
disegni al Principe Reale f.° [figlio] di Ferdinando IV. Non si sa che
ne avvenisse»370.
dice di averlo ricevuto quel giorno da Cassano; non così Pedretti sulla scorta del In realtà, come abbiamo visto, non si trattò di un ‘regalo’ e la ces-
Ciardi, che riporta la data dell’8 luglio. Dal catalogo a cura di A. Vezzosi (Leo- sione non avvenne da parte di Corazza, ma del figlio Sebastiano.
nardo e il leonardismo…cit., p. 138) ricaviamo che la copia, di proprietà del duca
di Cassano, dell’attuale Codice Hammer era stata eseguita a Firenze nel 1717 Per il resto, si potrebbe indubbiamente ipotizzare che gli «scritti e
da frate Francesco Ducci, bibliotecario della Biblioteca Laurenziana, allorché disegni» di Leonardo un tempo in possesso dell’abate fossero diversi
il conte di Leicester acquistò l’originale da Giuseppe Ghezzi:, essa è descritta dal nostro apografo, ben noto a Bossi, che lo stava copiando all’atto
dal Calvi (G. Calvi, Introduzione al Codice Leicester della biblioteca di Lord Leicester
in Holkham Hall, Milano, Cogliati, 1909, p. XXVII) e citata dal Jordan (op. cit., di redigere la pagina citata del proprio diario. Ma, non essendoci
p. 104) e dall’Uzielli (op. cit., p. 88). Cfr. pure G.B. De Toni, G.B. Venturi e la sua nulla di identificabile in modo univoco nei documenti e non essen-
opera…cit., p. 59.
366
  C. Pedretti, I manoscritti ‘inediti’…cit., pp. 136-138; Leonardo e il leonardismo…
do presenti negli elenchi del materiale ceduto nel 1802 al principe
cit., p. 138, scheda di A.Vezzosi. Francesco né autografi, né grafici leonardeschi, possiamo limitarci
367
  Sulla storia della biblioteca privata del re, risalente alla venuta di Carlo di a notare che tra le «cose di Leonardo» che Bossi non ha occasione
Borbone a Napoli, si vedano pure: Regali dispacci, nelli quali si contengono le Sovrane
Determinazioni de’ punti generali, o che servono di norma ad altri simili casi, nel regno di di vedere (e che quindi non copierà) ci sono sicuramente gli altri
Napoli, dal dottor D. Diego Gatta raccolti. Parte seconda, che riguarda il civile, IV, Napoli, scritti di Corazza in materia vinciana, ossia i «Termini di arte» e la
G.M. Boezio, 1776, p. 555; L. Giustiniani, La biblioteca storica e topografica del Regno copia dell’apografo Arconati. Infatti dai documenti del fondo Bossi
di Napoli, Napoli, Stamp.V. Orsini, 1793; M.G. Castellano Lanzara, Origini di una
biblioteca universitaria in Napoli e della Real Biblioteca, Napoli,Tip. A. Miccoli, 1941, pp. dell’Ambrosiana non risulta che il pittore abbia portato a termine
10-11, 16-25. La biblioteca, accresciuta con acquisti e donazioni e con le immissioni la copia di tutto il carteggio Corazza, limitandosi invece al Codice
derivanti dal deposito obbligatorio, nel 1754 fu quasi interamente trasferita, con la
quadreria e le altre collezioni artistiche, nel nuovo palazzo di Capodimonte, dove oggetto del proprio interesse – di cui peraltro omette alcune parti371
l’anno successivo sarebbero state trasportate anche le opere ancora depositate nel – senza considerare l’esistenza delle altre carte di argomento vincia-
palazzo Farnese di Roma. Fra i testi che rimasero nel Palazzo reale, costituenti il
primo nucleo dell’attuale fondo Palatino, vanno ricordati quelli fatti acquistare da
no in possesso del bolognese372.
mons. Ottavio Antonio Baiardi, impegnato per volere del re nello studio degli scavi Dunque l’eventualità di originali scomparsi, sostenuta da Pedretti
di Ercolano dal 1746 al 1764, anno della sua scomparsa. Nei successivi decenni an- considerando anche la provenienza felsinea di Corazza e alluden-
che questa raccolta fu notevolmente incrementata e quando Ferdinando IV lasciò
la capitale nel 1798, ne dispose il trasporto a Palermo, dove fu riordinata e catalogata. do al materiale autografo di Leonardo un tempo esistente presso
Del 1802 è il Catalogo de’ libri che si trovano nella Biblioteca del R. Palazzo di S.R.M. il la biblioteca del convento di San Michele in Bosco presso Bolo-
Re N.S., contenente 1.100 titoli; nel 1808 fu edito nella Reale Stamperia di Palermo
il Catalogo della privata libreria di Sua Real Maestà, recante una suddivisione delle gna373, risulta ancora lontana, sebbene nelle mani di Corazza, sin
opere in classi, come il successivo Catalogo per materie della Privata Reale Biblioteca dal suo soggiorno romano, fossero finiti altri preziosi manoscritti di
di S.M. il Re delle Due Sicilie (BNN, Manoscritti e Rari, X. D. 102), dove i libri sono provenienza bolognese: vedremo come nel 1765 egli facesse acqui-
suddivisi in: Storia naturale – Botanica – Fisica e chimica – Agricoltura – Veterina-
ria – Arti e mestieri – Viaggi e miscellanee. Cfr. O. S. Casale, Le Biblioteche storiche stare dalla Biblioteca Comunale di Siena il codice di Francesco di
napoletane, in La Biblioteca Nazionale di Napoli. Memorie e orizzonti virtuali, Napoli, Giorgio Martini un tempo custodito nel convento di San Salvatore,
s.n., 1997, p. 142. La biblioteca farnesiana, insieme con una parte dei testi provenienti
dalle biblioteche della soppressa Compagnia di Gesù e, forse, con altri libri palatini, dopo averlo per primo analizzato e accertatane la paternità. Lo stes-
era nel frattempo confluita nella Real Biblioteca Borbonica, istituita ad uso pubbli- so Pedretti, in mancanza di ulteriori riscontri, conclude: «Conviene
co nel Palazzo degli Studi da Ferdinando IV nel 1780, ma aperta alla consultazione attendere il risultato di una ricerca che intenda verificare, innanzi-
soltanto nel 1804. M.G. Castellano Lanzara, op. cit., p. 45. Per la formazione della
Real Biblioteca Borbonica il re Ferdinando IV rinnovò con successivi dispacci, tutto, la provenienza degli apografi napoletani del Corazza, e quindi
fra il 1793 ed il 1802, il decreto sul deposito obbligatorio. I manoscritti di maggior accertare, se possibile, l’eventuale presenza di autografi vinciani –
pregio del fondo Palatino, presente nel Palazzo Reale, e della Biblioteca Borbonica
furono trasportati in Sicilia quando nel 1806 il re fu costretto a lasciare Napoli per la scritti e disegni – accanto a quegli apografi, e questo nell’eventualità
seconda volta. Il re partì da Napoli il 22 gennaio 1806, mentre i manoscritti furono che fossero rimasti a Napoli o che fossero stati trasferiti in Sicilia».
imbarcati sulla nave che salpò il successivo 31 gennaio, con a bordo la regina Maria
Carolina. Cfr. L. Giustiniani, Memorie storico-critiche…cit., pp. 86 sgg.; cfr. pure G.
Ma, anche volendo dissipare il dubbio dell’insigne studioso vinciano
Guerrieri, La Biblioteca Nazionale «Vittorio Emanuele III» di Napoli, Milano-Napoli,
R. Ricciardi, 1974, p. 18. Verosimilmente la raccolta cartografica non seguì questi
spostamenti, ma rimase sempre negli ambienti del Palazzo reale e fu incrementata 369
durante il decennio francese, come accadde anche per la collezione libraria privata,   C. Pedretti, I manoscritti ‘inediti’…cit., p. 137.
370
che si arricchì delle biblioteche personali di Gioacchino e Carolina Murat. Cfr.   Ibidem.
371
A. Travaglione, Della Biblioteca Privata del Re: legature e legatori del XIX secolo, in   Cfr. le nostre note alla trascrizione del Codice Corazza.
372
«Dalla bottega allo scaffale. Quaderni della Biblioteca Nazionale di Napoli», VIII,   Bibl. Ambrosiana, Fondo Bossi, S.P. 6/13-E, sez. B, n. 1, f.lo f: «Dizionario delle
n. 1, 1990, p. 84. varie voci italiane usate da Leonardo ne’ suoi scritti, unitevi alcune osservazioni sui
368
  L. Giustiniani, op. cit., p. 133. L’abate Andrés, importante letterato (1740-1817), manoscritti inediti dello stesso». Bossi parla di circa 10.000 vocaboli di lingua ita-
che trascorse a Napoli l’ultimo decennio della sua esistenza con l’incarico della liana individuati ed elencati da Leonardo nel Codice Trivulziano; il pittore dice di
direzione della Biblioteca Reale, è noto tra l’altro per le Cartas familiares del abate avere intenzione di pubblicarli, visto che ormai, dopo le spoliazioni napoleoniche
d. Juan Andrés a su hermano d. Carlos Andrés, dandole noticia del viage que hizo a varias (1809), poco rimane in Italia degli scritti vinciani. Il f.lo contiene precise descrizio-
ciudades de Italia en el ano 1785, Madrid, por A. de Sancha, 1786-93 (ora in J. Andrés, ni del Codice e dei vocaboli selezionati da Bossi, elencati in ordine alfabetico: non
Cartas familiares (Viaje de Italia), a cura di I. Arbillaga, C. Valcárel, Madrid, Ed. Ver- si tratta, quindi, dei «Termini di arte» di Corazza, cui allude Pedretti (C. Pedretti,
bum, 2004), II, p. 222. Cfr. A.A. Scotti, Elogio storico del Padre Giovanni Andrés della I manoscritti ‘inediti’…cit., p. 138, nota 10). Sappiamo del resto che Leonardo avesse
Compagnia di Gesù, Napoli, De Bonis, 1817; A. Lo Vasco, Le biblioteche d’Italia nella intenzione di pubblicare un ampio vocabolario, sia italiano che italiano-latino: cfr.
seconda metà del secolo XVIII. Dalle “Cartas familiares” dell’abate Juan Andrés, Milano, L. Morandi, Lorenzo il Magnifico, Leonardo da Vinci e la prima grammatica italiana. Leo-
Garzanti, 1940; M. Batllori, s.v. “Andrés Juan”, in D.B.I., III, 1961, pp. 155-157; G.E. nardo e i primi vocabolari, Città di Castello, Lapi, 1908, cit. in E.Verga, Bibliografia…
Mazzeo, The Abate Juan Andrés Literary Historian of the XVIII Century, New York, cit., pp. 479-480.
373
Hispanic Institute, 1965; A. Moltó Dominguez, El Abate D. Juan Andrés Morell (Un   Il materiale vinciano è ricordato dall’Orlandi ancora nel 1704 ma già sparito
erudito del siglo XVIII), Instituto de estudios alicantinos, 1978; F. Arato, Un compara- da quella sede nel 1758, come riferisce il Crespi. Cfr. C. Pedretti, I manoscritti ‘ine-
tista: Juan Andrés, in «Cromhs», n. 5 (2000), pp. 1-14. diti’…cit., pp. 137-138, nn. 14-15.

Capitolo secondo
76
che tanto ha incoraggiato la nostra ricerca, non ci sentiamo di anda- sesso. Ma il progetto naufragherà con la scomparsa del pittore nel
re oltre le pur ragionevoli ipotesi che la documentazione ritrovata 1815: ancora una volta, dunque, il nostro Codice rimarrà inedito.
tra Bologna, Milano e Napoli ci ha sin qui consentito. Nella citata lettera a Trivulzio leggiamo pure: «Qui ho avuto il Co-
L’attività napoletana di Bossi proseguirà come testimoniato da una dice di Leonardo da Cassano, che è copia d’un M° [manoscritto]
lettera all’amico Canova del 23 luglio successivo: che deve essere andato in Inghilterra; ma non credo cosa possibile
l’aver que’ tali disegni», già descritti al Trivulzio in altre lettere pur-
[…] Io sarò forse costretto a trattenermi qui qualche giorno di più troppo non reperibili. Da queste parole Pedretti ipotizza anche in
per copiare un codice di Leonardo, importante per molti titoli. Intorno a questo caso il trasferimento dei grafici (non sappiamo se si trattasse
quest’uomo ho scoperto varie cose, che lo mettono alla testa de’ fab- di originali, né se di provenienza Corazza) a Palermo nel 1806 insie-
bricatori di sistemi geologici: il suo è simile ai riconosciuti dai migliori me con il patrimonio più prezioso della Biblioteca Reale: sappiamo
fisici, e ch’ebbero nascimento poco più d’un secolo fa374. invece che le collezioni grafiche non si mossero da Napoli, restando
quindi un mistero la sorte di quel materiale nell’ambito della capi-
Sebbene Marinoni si limiti a definire «un mistero» a quale mano- tale borbonica.
scritto Bossi alludesse nella lettera, neppure tentando di ricostruire Nel 1818 la ricchissima biblioteca di Bossi andrà in vendita all’asta380:
la vicenda del nostro Codice375, che si trattasse di quest’ultimo è oltre al codice dei Cassano, Goethe, che proprio in quell’anno pub-
confermato da un’altra lettera del 28 luglio, indirizzata all’amico blicò la recensione sul Cenacolo di Bossi381, avrebbe voluto acquisi-
milanese Gian Giacomo Trivulzio376: re per la biblioteca di Weimar anche un apografo seicentesco del
Trattato della Pittura pure presente presso lo studio del pittore382. Il
La faticona che mi ammazza è la copia d’un Codice della Biblioteca recupero e riordinamento delle carte del fondo Bossi dell’Ambro-
Reale, di 450 pagine con centinaia di schizzi e disegni, che è estratto, se siana, auspicato da Pedretti sin dal 1962383, è stato eseguito solo alla
non erro, di quanto era all’Ambrosiana di mano del Vinci. Sono circa fine degli anni ’80: Enrico Cabella ne ha redatto un inventario
alla metà, e puoi credere se ne bramo il fine. Ma ad ogni modo ora ho analitico384 , da cui si evince la reale consistenza della documen-
una serie di opere del Vinci, che farà meravigliare, quando la pubbli- tazione prodotta dal pittore a Napoli385. Va notato come egli, pur
cherò. Ma vi vuol tempo e danari, senza che la mia buona volontà è
inutile. Considero anche fatica il dover cercare le bellezze del paese fra i
380
pericoli degli assassini e facendo lunghe corse, che ruban gran tempo377.   Catalogo della Libreria del fu cavaliere Giuseppe Bossi pittore milanese. La di cui vendi-
ta al pubblico incanto si farà il giorno 12 febbraio 1818, Milano, Bernardoni, 1817.
381
  Cfr. Libro di Pittura…cit., pp. 61-62 (nota 78), in cui si cita la recensione di
A parte le difficoltà ‘turistiche’ di Bossi, che non ci meravigliano Goethe del libro sul Cenacolo di Bossi, apparsa prima in tedesco nel 1818, poi in
più di tanto, e quelle dovute all’opera di trascrizione in un periodo inglese nel 1821. Cfr. E.Verga, Bibliografia…cit., p. 130, scheda su W. Goethe, Ioseph
Bossi über Leonard da Vincis Abendmahl zu Mailand, Stuttgart, Cotta, 1818, che a dire
così caldo, che durerà fino al 17 agosto, il documento è interessante di Verga segna l’inizio della letteratura vinciana in Germania, venendo tradotto in
perché offre una chiara idea delle intenzioni editoriali dell’artista inglese nel 1821 e poi più volte ristampato.
382
milanese, che a questo punto, nonostante la mancata trasferta pa-   L’apografo è così riportato nel catalogo della biblioteca (p. 235): «Trattato della
Pittura di Leonardo da Vinci. Cod. Cart. con figure del sec. XVII in f.». Nella Bi-
rigina, può contare sulla trascrizione del Codice Urbinate da lui blioteca Reale di Weimar è la copia del catalogo della biblioteca di Bossi apparte-
ricevuta nel 1809 dal Marini, bibliotecario della Vaticana, sull’apo- nuto a Goethe. Cfr. K. Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della Pittura…
cit., p. 28. Riguardo alla biblioteca di Bossi, cfr. E. Motta, Un manoscritto vinciano a
grafo donatogli da Cassano, sulla propria trascrizione del Codice Roma?, in «Raccolta vinciana»,V, 1908, p. 107, in cui si legge che nella biblioteca era-
Corazza e, come vedremo, su una copia integrale del ms. C or- no molti libri e manoscritti della celebre libreria Saibanti, tra cui un ms. degli inizi
mai a Parigi, il «De lumine et umbra», fornitagli dall’archivista Da- dell’800 dal titolo Vita dell’egregio pittore L. da Vinci scritta in tedesco dal sig. Gio. Böhm
e tradotta in italiano. Motta cita anche il catalogo della biblioteca di Bossi, in cui è
verio dell’Ambrosiana. Dunque neppure la pubblicazione del Li- l’elenco dei manoscritti, molti dei quali di provenienza Saibanti. Nella biblioteca di
bro di Pittura da parte di Guglielmo Manzi nel 1817 avrebbe avu- Bossi non mancavano altri importanti documenti, come ad esempio il testo degli
epigrammi composti da Francesco Arrigoni in merito alla famosa statua equestre di
to luogo se si fosse realizzato l’ambizioso programma di Bossi: un Francesco Sforza commissionata a Leonardo; testo che, preso in prestito da Bossi e
programma degno di quello di Cassiano dal Pozzo e finalizzato a mai restituito all’Ambrosiana, fu poi acquistato dalla Biblioteca Nazionale di Parigi.
pubblicare a Milano, in volume unico, tutti gli scritti vinciani in Cfr. E.Verga, Gli epigrammi latini di Francesco Arrigoni per la statua equestre di Francesco
Sforza, in «Raccolta Vinciana»,VIII, 1913, pp. 155-161, in cui l’autore dimostra che «il
possesso del pittore; edizione del resto da lui già annunciata nell’o- ms. di quegli epigrammi presso la Biblioteca nazionale di Parigi, che il Müller Wal-
pera sul Cenacolo del 1810378. Un anno più tardi, in una lettera al de suppose essere stato portato in Francia da Luigi XII, giudicando esserne copia
quello menzionato dal Bossi come esistente presso l’Archivio generale di Milano,
Viceré d’Italia379, egli chiede un finanziamento per la pubblicazione, non è altro che quest’ultimo preso a prestito dal Bossi e non mai restituito».
promettendo in cambio di cedere all’Accademia, di cui è segreta- 383
  C. Pedretti, I manoscritti Bossi all’Ambrosiana, in «Raccolta Vinciana»,
rio, la collezione completa di incisioni del Morghen in suo pos- XIX, 1962, pp. 294-295. Pedretti dice che era all’epoca in corso all’Ambrosia-
na, su sua iniziativa, una vasta ispezione finalizzata all’individuazione dei ma-
noscritti di Bossi già menzionati da Galbiati nel 1919 (colloc. Sez. B, I, Fasc. b),
comprendenti la copia del Codice Urbinate fatta eseguire da Bossi nel 1808 e
374 a lui inviata dal Marini, bibliotecario della Vaticana, oltre al testo autogra-
  G. Bossi, Lettere ad Antonio Canova, Padova, Minerva, 1839, p. 42, cit. in E.Verga,
fo del volume sul Cenacolo (1810) e un’appendice inedita allo stesso volume.
Bibliografia…cit., p. 154. Cfr. pure G. Bossi, Scritti sulle arti…cit., II, p. 667, e Leonardo 384
e il leonardismo…cit., p. 139, scheda di A.Vezzosi. Il corsivo è nostro.   E. Cabella, Leonardo nelle carte...cit., pp. 199-204. Cabella sottolinea che le carte
375 del Fondo Bossi, menzionate sin dal 1919 dal Galbiati sotto la segnatura Sez. B Fasc.
  A. Marinoni, I manoscritti di Leonardo da Vinci e le loro edizioni, in Aa.Vv., Leo-
I, erano pervenute all’Ambrosiana negli anni 1860-65, avendone la Biblioteca fatto
nardo saggi e ricerche, cit., p. 251.
376 acquisto dal proprietario Carlo Locatelli. Cabella dà per ormai completata l’opera
  G. Nicodemi, La copia del volume di Giuseppe Bossi “Del Cenacolo di Leonardo da di inventariazione e catalogazione delle carte, su cui come è noto il Ciardi ha pub-
Vinci”, Milano,Vita e Pensiero, 1931, p. 48-49. Il corsivo è nostro. blicato un ampio studio nel 1982: l’autore segnala ora, in particolare, quelle relative
377
  Leonardo e il leonardismo…cit., p. 139, scheda di A.Vezzosi; C. Pedretti, I mano- agli studi di Bossi su Leonardo, di cui dà la segnatura definitiva.
scritti ‘inediti’…cit., p. 137. 385
  La Steinitz (K. Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della Pittura…cit.,
378
  G. Bossi, Del Cenacolo di Leonardo da Vinci, libri quattro, Milano, Stamperia Re- p. 107), sulla scorta di Galbiati, dava per dispersa la trascrizione napoletana di Bossi.
ale, 1810; G. Galbiati, op. cit., pp. 18-20. Cfr. pure Bibl. Ambrosiana, Fondo Bossi, S.P. Tra i documenti del fondo Bossi segnalati da Cabella troviamo invece: - SP 6/13
6/13-E, sez. B, n. 1, f.lo g: «Varie miscellanee pittoriche, filosofiche e morali tratte da D 7, «Copia del Codice di Napoli – Capitoli diversi di Leonardo da Vinci circa le
autografi di Leonardo da Vinci»: Bossi aveva intenzione di pubblicare queste mas- regole della pittura e modo di dipingere Prospettive, Ombre, Lontananze, Altezze,
sime su varie materie, che però non recano la provenienza (non tutte dal Codice Bassezze, Dipresso, Discosto: fatta nell’agosto 1810 dal pittore Giuseppe Bossi con
Trivulziano). molte postille di sua mano», ff. mss. nn. 1/94; - SP 6/13 D 8, Scheda autografa di
379
  G. Bossi, Scritti sulle arti…cit., I, pp. 437-439; Libro di Pittura…cit., p. 58. Bossi: «L’originale dei quali (capitoli) dal Sig. Galeazzo Arconati è stato donato alla

La vicenda sette-ottocentesca del manoscritto


77
comprendendo l’importanza dei contenuti dell’apografo napole-
tano e notando che «il carattere chiaro e buono somiglia a quello
di Alessandro Tassoni», osservi che le figure «sono fatte da chi
non aveva buon disegno e però sono senza grazia», non potendole
confrontare evidentemente con quelle analoghe dell’H 227 inf. e
dell’H 229 inf., all’epoca a Parigi, di cui esse rappresentano invece,
come abbiamo detto, la versione ‘in bella’386. Forse per una propria
organizzazione di lavoro, Bossi trascrive, dopo il testo dei «Capi-
toli aggiunti», prima la sezione intitolata Del Moto e Forza, ossia la
terza parte del Codice Corazza, poi il testo su Ombre e Lumi, infine
la seconda parte dell’apografo387.
Se la semplice copia redatta a Napoli da Bossi non costituisce per
noi un particolare oggetto d’interesse, importanti sono invece le
annotazioni del pittore riguardanti il confronto della parte del co-
dice napoletano contenente il trattato su Ombre e Lumi con quella
da lui ricevuta dall’archivista Daverio dell’Ambrosiana, priva sì di
figure, ma recante il testo integrale del ms. C, all’epoca già in
Francia388 . Del resto, Bossi aveva ottenuto solo un anno prima dal
Marini la copia dell’ancora inedito Codice Urbinate, non avendo
avuto il tempo di studiarlo né, quindi, di riconoscervi le parti
più significative sullo stesso tema tratte dal perduto «Libro W»389.
Pure importante ci pare quanto l’artista, proprio con riferimento
al «manoscritto Daverio», appunta circa

le altre molte cose che vi si leggono e che non sono della natura dei
lumi e delle ombre e che sono del tutto nuove o hanno notabili dif-
ferenze da quello che già tengo. Ne ho conseguentemente trascritto
quanto da porsi in ordine per materia con le altre scritture. Nella copia Giacomo Quarenghi, lettera a Vincenzo Corazza del 4 ottobre 1784. Napo-
li, Biblioteca Nazionale, Ms. X.AA.29bis/13

Libreria Ambrosiana e dall’istesso è stato inviato all’Em.mo Card. Francesco Barbe- da me fatta a Napoli nel 1810 del libro delle ombre e dei lumi ho messo
rino. Sono i suddetti capitoli più di quelli che nell’opera originaria dei Precetti del-
la Pittura si vedono», f. ms. n. 5; - SP 6/13 D 9, Scheda autografa di Bossi: «Il Codice il segno Ms.Dav. ove ho notato alcune lezioni di importanza390
di Napoli ha esternamente il titolo “Lionardo da Vinci-Le Regole della Pittura”. È
numerato col n. 84. La sua legatura è recente. Il carattere chiaro e buono somiglia che infatti si leggono nel testo del documento e che segnaliamo in
a quello di Alessandro Tassoni e può essere dell’epoca di Galeazzo Arconati come
prova il titolo del 1° Trattato. Le figure vi sono fatte da chi non aveva buon disegno nota alla nostra trascrizione391.
e però sono senza grazia – si verifichi se questo codice è lo stesso della Biblioteca Dalle carte di Bossi si ricava infine l’idea del pittore di aggiungere un
Barberini» (ossia il Codice Urbinate, già ricevuto in copia dal Marini, cosa che non
è), f. ms. n. 6; - SP 6/13 D 10, «Copia del testo della Parte I» del codice suddetto (con quinto tomo all’opera sul Cenacolo, che avrebbe avuto come titolo
numerosi disegni intercalati), ff. mss. nn. 7/24; - SP 6/13 D 11, «Copia del testo della «Dell’Architettura del Cenacolo e delle Opinioni di Leonardo in-
Parte II» del medesimo codice (con numerosi disegni intercalati), ff. mss. nn. 26-91. torno all’Architettura in generale»392. I materiali sull’argomento sono
386
  A nostra volta, notiamo il carattere più ‘freddo’ dei grafici di mano di Bossi, in
buona parte eseguiti con l’uso del righello. particolarmente interessanti e andrebbero approfonditi, ma ciò esula
387
  Con riferimento a quest’ultima, Cabella (ivi, p. 201) cita il seguente appunto dai limiti di questo studio: tra l’altro, Bossi analizza il disegno leonar-
presente nel «Catalogo-inventario» originario del Fondo Bossi ( Biblioteca Ambro-
siana, SP 6/13 A n. 1): «e) idem (cioè copia) di originale di Leonardo – della natura, desco per una facciata di edificio, un tempo in suo possesso e oggi
peso e misura delle acque, composto in tempo di Lodovico il Moro nel condurre conservato a Venezia, oltre ad illustrare doviziosamente i grafici ar-
che fece le acque del Naviglio e della Martesana dall’Adda a Milano, il cui originale chitettonici del Codice Trivulziano; ugualmente ci sembrano impor-
è di proprietà del Duca di Cassano in Napoli». Se, come è facilmente constatabi-
le, questa parte del codice napoletano corrisponde quasi totalmente al ms. F di tanti le sue osservazioni circa la presunta collaborazione tra Bramante
Francia, non si comprende come nell’inventario si possa fare riferimento per essa e Leonardo per la chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano393.
al manoscritto posseduto da Cassano, che abbiamo visto essere copia del Codice
Leicester e non del ms. F (sebbene sullo stesso argomento delle acque) e che Bossi
non ha mai copiato, avendolo ricevuto in dono sin dal 6 luglio 1810. Giungiamo così a tratteggiare il ruolo avuto a quell’epoca nella vi-
388
  Biblioteca Ambrosiana, SP 6/13 D 12, Copia di altro codice menzionato quale: cenda del Codice dal citato Giovan Battista Venturi (1746-1822)394.
«Autographum Leonardi Vinci cujus in jusdem rebus gestis meminit Raphael Tri-
schet Fresneus: agit autem de lumine et umbra (scritto in favella italiana) a. 1603».
Nota: «Vidi – Mazentae patritii Mediol. liberalitate», ff. mss. nn. 95-201; - SP 6/13
D 13, Altra copia del suddetto (con numerosi disegni intercalati), ff. mss. nn. 140- 390
  Proprio con riferimento al ms. Daverio, Bossi aggiunge alcune postille alla
161. - (SP 6/13 D 14) Nota autografa di Bossi del gennaio 1813: «Il Sig. Archivista
propria copia del codice napoletano, che segnaliamo nella nostra trascrizione.
Daverio mi ha passato una diligente copia del volume di Leonardo che altra volta 391
conservavasi nella Bibl. Ambrosiana, il quale volume aveva per titolo De lumine et   Ricordiamo che, a differenza della trascrizione integrale del ms. C presente nel
umbra», f. ms. n. 200. «manoscritto Daverio», la parte di quel codice rinvenibile nella selezione dell’apo-
389
  Bibl. Ambrosiana, SP 6/13 D 18 e 34, lettere a Bossi del 1808 del bibliotecario grafo napoletano su Ombre e Lumi si riferisce a 25 fogli sui 32 dell’originale vinciano.
392
della Vaticana Gaetano Marini e copia del codice dal lui ritrovato. In una lettera a   C. Pedretti, I manoscritti Bossi…cit., p. 295.
393
Bossi del 26 marzo 1809, Marini sostiene per primo che la parola MELTIUS alla   Cfr. la nota 23 alle pp. 246-249 del Cenacolo, dedicata a Bramante.
394
fine della seconda parte del Codice possa riferirsi a Francesco Melzi e che tra i 18   Su G.B. Venturi cfr. pure E. Verga, Bibliografia…cit., p. 115; G.B. De Toni,
libri elencati alla fine del testo possano esservi quelli donati dall’Arconati all’Am- Frammenti vinciani. Lettere del pittore Giuseppe Bossi …cit., pp. 229-235; Id., Sur les
brosiana, suggerendo a Bossi di controllare se questi ultimi rechino gli stessi con- feuillets attachés au manuscript E de Léonard de Vinci, conservé dans la Bibliothéque
trassegni richiamati da Melzi nell’apografo (cfr. Libro di Pittura... cit., passim). Ma a de l’Institut, in Compt. Rend. Acad. Sc. de Paris, tome 173, n. 15 (10 ott. 1921), pp.
quel tempo i manoscritti erano già a Parigi. 618-620; Id., Matériaux pour la reconstruction du manuscript A de Léonard de Vin-

Capitolo secondo
78
Sappiamo che lo scienziato, allievo dello Spallanzani, nel 1796 fu più tardi, dopo aver avuto accesso alle carte dell’amico milanese,
inviato a Parigi come segretario di Legazione da Ercole III duca Venturi potrà elaborare uno studio in materia di ottica integrando il
di Modena, pubblicando prima le Ricerche sperimentali sul principio materiale ‘di prima mano’ da lui selezionato e trascritto a Parigi con
della trasmissione laterale entro i fluidi applicata alla spiegazione dei diver- quanto ricavabile dalla copia di Bossi del Libro di Pittura, dall’edizio-
si fenomeni idraulici, poi dedicandosi ad approfonditi studi sui codici ne del Manzi e, soprattutto,
vinciani appena giunti nella capitale francese: il risultato fu, l’anno
seguente, la pubblicazione del famoso Essai sur les ouvrages physico- aggiungendo, ove avran luogo, diversi articoli ricavati da un trattato
mathématiques de Léonard de Vinci. Ciò fu possibile in quanto egli ebbe del medesimo [autore] sulle ombre ed i lumi, il quale conservasi nella
addirittura in prestito i codici e, quindi, l’opportunità di trascriverne Biblioteca di Napoli, ed in varie parti è diverso da quello della Vaticana
comodamente le parti di suo specifico interesse, cosa che non riuscì inserito nell’ultima sopra citata edizione romana398.
a Bossi: fu proprio Venturi a segnare i codici originali, per facilitare il
proprio lavoro, con le lettere A-N, cui solitamente ci si riferisce negli Venturi si baserà sulla copia eseguita a Napoli da Bossi per redigere
studi su quei manoscritti. Scrive Nando De Toni riguardo all’Essai395: di proprio pugno il manoscritto oggi conservato nella Biblioteca
Civica di Reggio Emilia, che reca il seguente appunto dello stu-
In tale opera quanto egli ha raccolto di materiale vinciano in così breve dioso: «Il Signor Giuseppe Bossi pittore copiò questo manoscritto
tempo non viene presentato alla rinfusa, codice per codice o carta per dalla Biblioteca di Napoli, ed io col permesso de’ suoi eredi, da
carta, come da lui trascritto direttamente dai Manoscritti del Vinci, ma tale Copia trassi la mia presente»399. Appare infatti evidente come
con gli argomenti già suddivisi in capitoli e con la indicazione, per ogni le trascrizioni da lui eseguite a Parigi selezionando la gran messe di
citazione, della provenienza del manoscritto leonardesco sicché, alle autografi vinciani non potessero risultare complete sull’argomento,
volte, un suo paragrafo è formato dalla riunione di pensieri contenuti tali cioè da consentirgli di redigere un compendio ordinato e dotato
in vari fogli sparsi in quel mosaico formato dagli scritti di Leonardo di sufficiente coerenza in materia di ottica: sarà quindi preziosa per
giunti sino ai nostri giorni. Ogni paragrafo poi è accompagnato da un lo scienziato l’ampia trascrizione rinvenibile nel Codice napoletano.
dotto commento, denso di citazioni di Autori che hanno trattato, prima Traendo profitto da tanti materiali all’epoca ancora inediti, Venturi
o dopo il Vinci, lo stesso tema. produsse studi di grande importanza, tra cui la memoria sulle Dottri-
ne inedite di Leonardo da Vinci intorno all’ottica, letta presso il R. Istituto
Si tratta dunque di un nuovo tentativo, peraltro assai autorevole sot- di Scienze di Milano nel 1815 e nel 1818400 e basata proprio sull’ana-
to l’aspetto scientifico, di selezione e riordinamento delle massime lisi del trattato su Ombre e lumi, aggiungendo a quanto già esposto
vinciane, avendo il Venturi l’intenzione di pubblicare «in tre com- nell’Essai il materiale ricavato dalle trascrizioni di Bossi, dalla copia
piuti Trattati tutto ciò che il Vinci ha fatto e scritto sulla Mecca- mostrata anche a lui dall’archivista Daverio401 e dal raffronto tra il
nica, sull’Idrostatica, e sull’Ottica»396. Ma va tenuto ben presente il testo del Codice Urbinate già in possesso del pittore, l’edizione del
carattere parziale di tali trascrizioni in relazione alla specificità degli Manzi del 1817 e l’editio princeps del Trattato della Pittura402: infatti
argomenti e il fatto stesso che la pubblicazione dell’Essai precede di Venturi, proprio come l’amico milanese, possedeva un apografo sei-
vent’anni l’accesso dell’autore alle carte di Bossi nel 1816. centesco del Trattato – anch’esso oggi presso la Biblioteca Civica di
Peraltro nel 1814 Venturi proverà, senza fortuna, ad ottenere una Reggio Emilia – che potrebbe anzi essere proprio quello di Bossi,
copia dell’intero Codice napoletano, chiedendola direttamente ai poi acquistato dallo scienziato403.
responsabili della Biblioteca Reale, come si evince da una lette- Come ha dimostrato G.B. De Toni, gli studi di Venturi si sono rive-
ra del 4 novembre di quell’anno indirizzata al solito Andrés, già lati di grande utilità anche ai fini del recupero di alcuni testi conte-
‘complice’ di Bossi: nuti nei fogli originali sottratti da Guglielmo Libri a Parigi, specie
con riferimento al Libro di Pittura404 e al ms. E di Parigi405. In parti-
Avendo finalmente ottenuto di poter restituirmi due anni fa alla mia
Patria, mi diedi di nuovo allo studio, e vorrei tenere la mia parola ri-
398
guardo a pubblicare tutte insieme le cose tuttavia inedite del Vinci. Da   G.B. De Toni, Giovan Battista Venturi…cit., pp. 87-89. Venturi poté trascrivere
tali circostanze Ella vedrà, Sig.r Bibl. Ven., che qualunque titolo abbia anche alcuni brani dell’apografo un tempo del duca di Cassano ancora presente in
casa Bossi prima che venisse acquistato, come si è visto, dalla Biblioteca di Weimar
il Ms.to costì esitente di L. Vinci, io ho necessità di vederlo. Onde oso nel 1818 (ivi, p. 59).
399
pregarla di voler farmelo ricopiare in ogni modo e quindi farlo tenere   Biblioteca Civica di Reggio Emilia, Ms. Regg. A 38, segnato «Q». Cfr. in pro-
posito N. De Toni, Frammenti vinciani. XXXII…cit., p. 20; Leonardo e il leonardismo…
sia per il Corriere sia per qualunque altro mezzo sicuro diriggendolo a cit., p. 139, scheda di A.Vezzosi.
me qui in Reggio, od al deg.mo Sig. Ciccolini in Bologna. Oso pregarla 400
  La memoria compare infatti due volte, con lo stesso titolo ma con diversa
di sollecitare la sud.ta copia del Ms.Vinci con qualche premura397. data, nel catalogo della Biblioteca Civica di Reggio Emilia (Mss. Regg. A 34/2 e
A 36/11).
401
  G.B. De Toni, Giovan Battista Venturi…cit., p. 76.
Ma questa volta la richiesta non ha seguito, forse per le critiche at- 402
  Libro di Pittura…cit., pp. 62-63.
403
tirate su di sé da Andrés per la concessione fatta a Bossi. Sicché solo   Cfr. G.B. De Toni, Intorno ad un apografo del «Trattato della Pittura» di Leonardo
da Vinci nella biblioteca civica di Reggio Emilia, in «Archivio di storia della scienza»,
Roma, III, 1922, pp. 135-140; K. Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della
pittura…cit., p. 126; C. Pedretti, Un apografo del “Trattato della Pittura”…cit., p. 23.
404
  C. Pedretti, Note sulla cronologia…cit. 26; Libro di Pittura…cit., p. 66.
ci, de la Bibliothèque de l’Institut, ibid., tome 173, n. 20 (14 nov. 1921), pp. 952-954; 405
  G.B. De Toni, Frammenti Vinciani X. Contributi alla conoscenza di fogli man-
Id., Giovan Battista Venturi…cit. Tra l’altro De Toni aveva avuto notizia dell’esi- canti nei Manoscritti A ed E di Leonardo da Vinci, in «Atti del R. Istituto Veneto di
stenza del codice napoletano, oltre che dalla citata lettera di Bossi a Canova, da Scienze, Lettere ed Arti», LXXXI, 1921-22, pp. 1-11. Sebbene non sia possibile,
una comunicazione avuta dal bibliotecario Alfonso Miola nel 1895. Cfr. pure: allo stato attuale, recuperare i fogli 81-96 del ms. E (corrispondente al Libro B
Scienziati e tecnologi dalle origini al 1875, Milano, Mondadori, 1975; Il Fondo Ventu- dell’elenco di Melzi del Libro di Pittura), nei mss. di Venturi si possono trovare
ri della Biblioteca Panizzi, a cura di R. Marcuccio, Bologna, Pàtron Editore, 2001. le trascrizioni dei capitoli 534 e 540 di quel codice, due note sui panni che erano
395
  N. De Toni, Frammenti vinciani. XXXII.Trascrizioni inedite…cit., p. 5. nel f. 79 del ms. A, e i capitoli 258 e 555 che erano ai ff. 79 e 67 dello stesso ma-
396
  C. Amoretti, op. cit., p. 142. noscritto. Cfr. N. De Toni, Trascrizioni inedite da fogli perduti del Manoscritto E 2176
397
  Biblioteca Civica di Reggio Emilia, Fondo Venturi, IX, minuta della lettera, cit. dell’Istituto di Francia, di Leonardo da Vinci, in «Frammenti Vinciani», XXXII,
in G.B. De Toni, Giovan Battista Venturi…cit., p. 165. 1975: Giovan Battista De Toni, nel 1921, nel raccogliere presso la Biblioteca Civi-

La vicenda sette-ottocentesca del manoscritto


79
colare l’opera condotta dal De Toni nel suo Giovan Battista Venturi Nel 1831 Luigi Corazza, figlio di Sebastiano e nipote di Vincenzo,
e la sua opera vinciana del 1924 406 ha posto in piena luce il duro percepiva ancora un assegno di tre ducati al mese quale compenso
lavoro svolto dallo scienziato reggiano sia in materia di ottica e per i manoscritti vinciani ceduti al principe ereditario, cui dovette
di prospettiva, sia riguardo ai trattati di meccanica e di idraulica, presto aggiungersi l’intero carteggio personale dell’abate bolognese.
come si è avuto occasione di sottolineare con riferimento alle cor- In un documento dell’epoca, a firma del presidente della Giunta
rispondenti parti del nostro Codice. Ma il contributo di Venturi della Biblioteca, mons. Rosini408, leggiamo:
non si limiterà a questi argomenti, giungendo egli a proporre la
ricostruzione minuziosa dei dati biografici su Leonardo ricavati da Esistono nella Raccolta Manoscritta tre codici cartacei, due in foglio e
appunti autografi, nonché un’analisi dettagliata dei capitoli pre- uno in 4°. Legati alla francese con fregi d’oro, uno de’ quali contiene
senti nei codici originali con riferimento al Trattato della Pittura e, un trattato sulle acque e del loro moto e misura di Leonardo da Vinci
infine, un ponderoso studio dei rapporti tra le ricerche vinciane scritto di proprio carattere di D. Vincenzo Corazzi […]. Il secondo
in materia di architettura e prospettiva, il De divina proportione di contiene i capitoli diversi dello stesso Leonardo da Vinci circa le regole
Pacioli e gli scritti di Francesco di Giorgio Martini sull’architet- della buona pittura, e regole di dipingere, prospettive, ombre, lontanan-
tura militare e civile conservati a Firenze, a Modena e a Venezia407. ze etc. […]. Il terzo in 4°. di carattere dello stesso Corazza contiene
osservazioni filologico-grammaticali sopra alcune parole più notabili
usate in dette opere di Leonardo […]. Il primo di questi Trattati sembra
ca di Reggio Emilia il materiale necessario per la biografia di Venturi, si imbatté tutt’ora inedito, e potrebbe meritare le considerazioni de’ Dotti. Gli
in trascrizioni di alcuni dei ff. 65-90 del ms. A e di alcuni degli ultimi sedici altri non son meno pregevoli.
del ms. E andati perduti e mai recuperati, a differenza di quelli del ms. B e del
Codice sul Volo (per i fogli mancanti di quest’ultimo si veda la pubblicazione
curatane nel 1926 da E. Carusi), completamente recuperati in originale. Tali Circa le origini dell’atto, Rosini, in mancanza di una precisa do-
trascrizioni erano nel ms. Reggiano A 38 bis [ex ms. «O» Venturi], contenente
anche copie del ms. B, del ms. Volo Uccelli (un tempo parte del B) e del ms. F: cumentazione, non può far altro che riferire ciò che era noto per
in particolare l’attenzione di Nando De Toni si focalizza sul ms. E, di cui all’e- tradizione orale:
poca era in procinto di curare la pubblicazione integrale. Dopo aver riportato
per correttezza i brani perduti già individuati dal padre nel 1921 attraverso il ms.
Reggiano A 38 (ex ms. «P» Venturi, cc. 34-35, tratte dal ms. E, ff. 83, 87, 88, 95, Si è sempre detto che detti codici pervennero da S.M. allora Principe
96), egli aggiunge una serie di altri brani dello stesso ms. E, tratti da trascrizioni Ereditario, cui erano stati offerti in dono da D. Sebastiano Corazza,
del Venturi (ms. Reggiano A 38 bis, cc. 93r-v, 96 r-v, 101r-v, 104r-v) mai studiate.
Alla nota 5 p. 20 N. De Toni riporta una nota in cui Bruno Fava, autore di un dopo la morte del di lui padre, che gliel’aveva lasciati. Altra informa-
saggio sul “De Perspectiva Pingendi” di Piero della Francesca (in «Bollettino zione non potrebbe dare la Giunta cui mancano le antiche carte, né
Storico Reggiano», V, 1972), fa riferimento agli studi di G.B. De Toni sull’opera
di Venturi (c. 1797-1815), e in particolare al progetto di Venturi (c. 1801-1810) per
saprebbe indicare dove si possono rinvenire409.
la pubblicazione degli scritti sull’ottica (Commentarj sopra la storia e le teorie dell’ot-
tica) che si trae dai mss. della Biblioteca di Reggio Emilia. In realtà, come testimonia la rendita accordata a Sebastiano, non si
406
  Così Verga (E. Verga, Bibliografia…cit., p. 710) recensisce l’opera di De Toni
su Venturi: «Il deposito delle carte di G.B. Venturi, fatto dai discendenti presso la trattò affatto di una semplice ‘donazione’.
Biblioteca comunale di Reggio Emilia, aveva già offerto al De Toni l’occasione di
scoprire fra le copiose trascrizioni di materiale vinciano eseguite dal fisico reggiano
a Parigi, nel 1796, una serie di passi contenuti in alcuni dei fogli poi strappati dal
Libri ai manoscritti leonardeschi dell’Istituto di Francia, serie che egli si affrettò Emilia secondo lui più coerente con l’idea dello scienziato: gli scritti si compone-
a comunicare agli studiosi. In seguito, lo spoglio sistematico e completo di quel vano di tre memorie, la prima sull’opera di Piero della Francesca sulla prospettiva,
materiale ha messo l’Autore in grado non solo di nutrire la biografia di elementi la seconda sulle dottrine di Leonardo intorno all’ottica, la terza, da stamparsi in ap-
nuovi, ma anche di pubblicare scritti del Venturi inediti, oltre a note e ad appunti pendice, contenente i seguenti capitoli: I. Notizie autentiche della vita di Leonardo
integranti opere già conosciute. Le trascrizioni dai codici di Leonardo riguardano da Vinci, e delle sue opere oltre l’Ottica; II. Manoscritti di Leonardo; III. Dottri-
gli argomenti che più interessavano il trascrittore e son divisi per materie in modo ne principali di Leonardo intorno alla Meccanica; IV. Insegnamenti di Leonardo
da formarne, secondo il proposito annunciato nello stesso Essai, altrettanti trattati. I intorno all’Idraulica; V. Scienza militare; VI. Del volo degli uccelli; Conclusione:
materiali che è riuscito a ridurre ad unità, con vera e propria forma di trattato, ri- Massime morali di Leonardo. Nell’attuale ms. Reggiano A 38 (vedi la parte ex lett.
guardano l’ottica e sono in questo volume pubblicati integralmente. Un altro grup- «P» Venturi) è copia del «Paragone», di cui il Venturi scrive: «La mia Copia è presa
po riguarda la vita di Leonardo: è lavoro diverso e più nutrito della Notice ecc. inserita da quella del pittore Giuseppe Bossi, che forse l’aveva presa insieme col 2° Libro di
nell’Essai: mira a stabilire le varie fasi della vita di Leonardo cogli stessi appunti di lui Leonardo, dalla Vaticana di Roma».
di carattere autobiografico. I materiali preparati per gli altri due trattati, della mec- 408
  BNN, Archivio Storico, Fondo Nazionale, serie Borbonica, 1831/17, nota del 20
canica e dell’idraulica, sono allo stato di semplici trascrizioni, e riportati dal De Toni giugno 1831 contenente una dettagliata descrizione dei manoscritti di Corazza, cit.
coi soli “incipit” ed “explicit”. Chiude il volume la ristampa completa dell’Essai». in M. Rascaglia, op. cit., pp. 48, 51-53.
407 409
  G.B. De Toni fornisce lo schema dei mss. Venturi della Biblioteca di Reggio   Ibidem. Cfr. M. Rascaglia, op. cit., pp. 49, 51.

80
Capitolo terzo
Sulle orme del leonardismo
tra il viceregno e i Borbone

I. Influenza e diffusione del metodo vinciano Si tratta di un passaggio chiave per intendere la diffusione della
nella formazione dell’architetto «vulgo ingeniero» lezione di Francesco di Giorgio in ambito napoletano. Insomma
napoletano nel 1492 Fra Giocondo avrebbe fatto una copia dei disegni di ar-
chitettura e di macchine belliche facenti parte del Codice Maglia-

N el capitolo introduttivo abbiamo tratto da studi speci-


fici gli elementi più significativi in merito all’opera degli in-
gegneri senesi e, in particolare, di Francesco di Giorgio, anche con
bechiano: oltre alle interessanti ipotesi di Fiore3 in merito a quali
parti di quella documentazione fossero riportate nella copia napo-
letana (probabilmente coeva della nota Raccolta grafica del Marti-
riferimento alle reciproche influenze innescate dall’incontro con ni) e quali invece fossero successive a quest’ultima, va tenuto conto
Leonardo. Cercheremo ora di comprendere come il Martini ab- della testimonianza del contemporaneo Marino Sanuto riguardo
bia potuto diffondere nella Napoli aragonese la propria esperien- al fatto che nel gennaio 1495 Alfonso II, abdicando in favore di
za teorica e tecnica negli ultimi anni del Quattrocento, creando Ferrante e fuggendo a Messina per l’arrivo imminente di Carlo
nel contempo le premesse per una trasmissione della metodologia VIII, portasse via da Napoli l’intera sua biblioteca, compresi quin-
scientifica e professionale di Leonardo nell’ambito del viceregno di, con ogni probabilità, i due preziosi volumi oggi scomparsi 4 .
spagnolo: al senese e a Fra Giocondo si deve in effetti il merito di Fatto rientro nella propria città alcuni mesi dopo, Francesco di
aver posto le basi perché anche nel Mezzogiorno la nuova figura Giorgio non tornerà a Napoli fino al settembre 1494, tanto che nel
di professionista liberale dell’architetto-ingegnere, dotata di una frattempo verranno inviati in sua vece Antonio Marchesi da Setti-
fisionomia ‘completa’, potesse nascere e consolidarsi all’insegna gnano (1451-1522) e Baccio Pontelli (c. 1450-1492)5.
della lezione vinciana; insomma, quella figura di architetto «vulgo È proprio nel corso dell’esperienza napoletana che Francesco di
ingeniero» che ricordavamo nel primo capitolo, la cui affermazio- Giorgio matura l’originale idea di un sistema a bastioni e rivellini,
ne all’inizio dell’età moderna coincide con l’attribuzione di un intesi come vere e proprie macchine, contro le fantasie valturiane e
ruolo istituzionale nel campo delle opere pubbliche, in base alla la scarsa competenza filaretiana. La Raccolta registra quanto di me-
quale l’antico architetto-capomastro diviene noto al «vulgo» come glio il Martini abbia sperimentato nel campo della tecnica militare
«ingeniero» al servizio della Città o dello Stato, ossia quale inven- a seguito della calata di Carlo VIII verso Napoli: fino al 1496 egli si
tore di soluzioni tecniche in ambito infrastrutturale. occuperà del programma urbanistico di Alfonso II e disegnerà le
Sin dal 1478-80 Alfonso d’Aragona duca di Calabria, futuro re di nuove mura urbane occidentali.
Napoli, si serve di Francesco di Giorgio nel corso della guerra di Alla città ‘ideale’ cui il sovrano aspira nella nota proposta di tra-
Toscana e nel 1481 l’architetto-ingegnere realizza la medaglia cele- sformazione della capitale, descritta dal Summonte e riconosci-
brativa che raffigura il profilo di Alfonso in occasione della vittoria bile nei grafici degli Uffizi attribuibili a Fra Giocondo, va quan-
di Otranto contro i Turchi; nel ‘90 viene segnalato allo stesso duca to meno affiancata l’immagine della ‘città-fortezza’ concepita da
quale esperto di architettura militare da Virginio Orsini, capitano Francesco di Giorgio nel 1494 per lo stesso re Alfonso: ancora se-
dell’esercito aragonese. Nel febbraio 1491, anche a seguito della condo il Sanuto, le mura ideate dal Martini avrebbero circondato
scomparsa di Giuliano da Maiano, Alfonso ne richiede nuovamen- Napoli per tre miglia, mostrando «forma di scorpione, brazando il
te la disponibilità alla signoria senese: fino a maggio di quell’anno colpho di mar con le do zaffe, et verso la terra voltando la coda»,
egli lavorerà alle fortezze del regno, da Napoli all’Abruzzo alla corrispondente a Castel Sant’Elmo, mentre le chele sarebbero state
Puglia 1. L’anno seguente torna a Napoli, nonostante le difficoltà rappresentate dai moli6.
opposte in tale occasione dal governo di Siena: Francesco di Gior- Le fortezze e le strade militari sono dunque per l’architetto-inge-
gio si trova quindi a collaborare con Fra Giocondo (a Napoli nel gnere le macchine che devono estendere il dominio della città sul
1489 e nel ‘92), il quale, insieme con il pittore Antonello da Capua, contado: Francesco di Giorgio trae sì da Alberti, come Fra Gio-
elabora ben 126 disegni a corredo di due trattati del Martini, «uno condo da Vitruvio, l’immagine della città posta al centro del suo
de architetura e l’altro de artigliaria et cose appartenenti a guer- territorio, in forma ottagona e protesa secondo le otto direzioni
re», quest’ultimo riferibile con ogni probabilità ad una trattazione cosmiche, ma questa volta i raggi si prolungano sino a congiungersi
sistematica della casistica bellica richiesta dalla corte aragonese2 . con le otto fortezze poste a guardia del contado. È un’idea di città
da ingegnere militare quella che il senese propone nei propri codici
e che negli studi di altri professionisti finirà per prevalere, con la
1
  R. Pane, Il Rinascimento nell’Italia Meridionale, Milano, Ediz. di Comunità, 1975, sua logica funzionale, sugli astratti schemi neoplatonici. Leonardo,
II, pp. 208 sgg.
2
  Si veda il documento del 30 giugno 1492 della Tesoreria aragonese (cfr. E.
P ercopo, Vita di Giovanni Pontano, a cura di M. Manfredi, Napoli 1938, p.
381, n. IV; R. Pane, op. cit., I, p. 95, n. 40; F.P. Fiore, op. cit., p. 108), in cui si 3
legge: «A maestro Antonello de Capua pintore: quattro ducati, tre tarì, undici   F.P. Fiore, Città e macchine del ‘400 nei disegni di Francesco di Giorgio Martini, Firen-
gr., e per luy a Fra Jocondo; et sonno: IV ducati, II tarì, I gr. per lo preczo de ze, Olschki, 1978, p. 40.
4
CXXVI designi, li quali à fatti a dui libry de maestro Francesco da Siena in   Cfr. La spedizione di Carlo VIII in Italia raccontata da Marino Sanuto, in «Archivio
carta di pairo scripti ado mano, uno de architettura e l’altro de artigliaria et veneto», I, 1873, cit. in F.P. Fiore, op. cit., p. 40.
5
cose appartenenti a guerre; a ragione de IV gr. ½ l’uno; e uno tarì, X gr. per   R. Pane, op. cit., II, pp. 208 sgg.
6
ligatura de ditti dui libri…».   F.P. Fiore, op. cit., p. 42.

[81]
Codice Madrid II, ff. 91v-92r, c. 1504. Madrid, Biblioteca Nacional de España

nel riferirsi proprio al Martini nel codice Madrid II7, riproporrà xiij de innaro, xiij ind[icione], la maistà del sig[nore] re fece bot-
la separazione tra vie militari e vie ordinarie – aventi origine da tare in terra le doje turre che steveno sopra la porta dello castiello
un nucleo quadrato con la rocca centrale e conducenti ai bastioni de Sant’Eramo; quale fece bottare per lo ditto conziglio de messere
perimetrali – suddividendo la città in nove quadranti dominati dal Francisco, perché sua maistà voleva fare uno castiello lo più bello
cannone; insomma una città regolata, più che da principi cosmolo- che .sse [sic] mai Talia fosse. E fo principiate dallo mese de sottiem-
gici, da criteri balistici8. bro de ditto anno10 .
Nel 1495 il senese prepara e fa esplodere la mina per riconquistare
Castelnuovo contro gli occupanti francesi: molti, del resto, sono i Più innanzi, nello stesso manoscritto, leggiamo a proposito delle
disegni di mine presenti nel suo Trattato, di cui dovette certamen- opere dirette dal Martini per il nuovo castello di Baia e per una «ca-
te tener conto Leonardo nei tanti grafici da lui dedicati all’ambito samatta» a difesa di Castelnuovo presso la torre del Beverello:
dell’artiglieria, in parte ritrovabili anche nel nostro Codice9. Nella
Cronaca della Napoli aragonese del Ferraiolo si legge riguardo alla ri- La bastia sopre Baia, per defencione de Vaia; lo quale èi una bella cosa,
strutturazione di Castel Sant’Elmo intrapresa nella stessa epoca da con quelle casematte e defese ben ordinate. Et in quisto ditto anno
Francesco di Giorgio: dello mese di ottufro la ditta maistà del sig[nore] re fece fare una bastia
chiamata casamatta alla ponta dello fusso dello Castiello Novo, appiede
Un messere Francisco, senese, tavolario della maistà del sig[nore] la torre de Viviriello; et, se ditta casamatta fosse stata sconputa, forrìa
re Alfonzo et mastro zufficiente de adificie, in ditto anno 1495, a dì stata disfacìone de questa citate in ditta guerra.

Tornato Francesco di Giorgio definitivamente a Siena agli inizi del


7
  Ff. 91v-92r. ‘97, il Marchesi sarà assunto al suo posto come regio architetto con
8
  F.P. Fiore, op. cit., p. 43.
9
  Con riferimento alla presenza di Francesco di Giorgio a Napoli, va segnalata
diploma del 12 marzo 149711: così, nei due anni successivi, il progetto
l’attribuzione della Cappella Pontano, avanzata dal Pane, e l’influenza della chiesa già concepito dal senese per la nuova cinta bastionata intorno a Ca-
martiniana di S. Maria del Calcinaio a Cortona su quella napoletana di S. Caterina
a Formiello. Egli è pure citato da Summonte a proposito della villa di Poggioreale:
il noto disegno con baluardi ad essa relativo potrebbe rispecchiare un’idea del Mar-
10
tini per la rafforzare l’edificio. Cfr. R. Pane, op. cit., II, pp. 57-58, 199. Si veda inoltre   La Cronaca è contenuta nel noto ms. di fine Quattrocento della Morgan Library
Architettura del classicismo tra Quattrocento e Cinquecento. Campania, a cura di A. Gam- di New York, cit. in Francesco di Giorgio architetto, a cura di F.P. Fiore, M. Tafuri, Mi-
bardella, D. Jacazzi, Roma, Gangemi Editore, 2007, passim; A. Ghisetti Giavarina, lano, Electa, 1993, scheda di N. Adams, p. 311.
11
Il regno di Napoli, in «Artigrama», n. 23 (2008), pp. 327-358.   Ivi, p. 214.

Capitolo terzo
82
stelnuovo potrà procedere secondo l’idea iniziale12. Egli, dunque, si
afferma anche nel Mezzogiorno come «ingegnario», sia provveden-
do alle fortificazioni del regno contro la minaccia turca e francese
(opera anch’essa proseguita dal Marchesi e dal Pontelli, specie in
Puglia e in Calabria), sia operando in campo idraulico, come quan-
do concepisce un importante ‘ingegno’ da realizzare in Castelnuovo
per il sollevamento dell’acqua: la macchina, sistemata in adiacenza
della cortina del castello, attraverso un sistema di pompe attingeva
all’acquedotto sotterraneo per il fabbisogno idrico della cittadella.
I Trattati e il Liber machinarum di Francesco di Giorgio ci mostrano
macchine dalla straordinaria varietà di forme, spesso antropomorfe
e rigorosamente modulari. Nel campo dell’architettura militare va
riconosciuta l’affinità delle opere da lui progettate nel Mezzogior-
no con le altre che egli realizza nel resto d’Italia: se all’indomani
dell’introduzione della polvere da sparo si era ovunque provveduto
alla sostituzione delle alte torri medievali con torrioni bassi e larghi
per la difesa radente, con Francesco di Giorgio vengono introdotti
puntoni, bastioni, rivellini, orecchioni, ossia strutture salienti e ri-
entranti per la difesa delle mura. In molti casi le sue idee vengono
realizzate nel corso degli anni, come deve essere accaduto anche per
Castel Sant’Elmo, la cui pianta pseudostellare adottata dall’Escrivá è
quella già tracciata dal Martini dopo la demolizione delle due torri
preesistenti. Egli, secondo quanto attestano vari documenti, redige i
grafici sulla base dei quali i capimastri eseguono modelli utili per gli
artefici locali; altri elaborati vengono ridotti in forma ‘pulita’, come
abbiamo visto nel caso di Fra Giocondo, per la redazione di trattati
a scopo divulgativo13.
In definitiva, l’attività napoletana di Francesco di Giorgio è di im-
portanza almeno pari a quella da lui svolta ad Urbino: a Napoli le
sue idee si confrontano con quelle di Fra Giocondo, in continuità
con quelle di Giuliano da Maiano e di Giuliano da Sangallo, dopo
essersi già arricchite nel 1490 a Milano di quelle di Leonardo e di
Bramante. Fiore si chiede dunque se, nel caso del senese, «non sia
stata la prassi a precedere la sistematizzazione trattatistica, che ne
ha poi vagliato e moltiplicato i suggerimenti»14, con quel continuo
procedere dalla pratica alla teoria e viceversa che era tipico del me- Francesco di Giorgio Martini, Bastioni e fortezza con casematte, Cod.
Magliabechiano II. I. 41, c. 241r, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale
todo vinciano. Va tenuto presente, ad esempio, il fatto che dopo il (da Fiore)
1478 (quando Federigo di Montefeltro e il duca di Calabria sono
alleati nel vittorioso assedio di Volterra) per le torri di difesa si pas-
sa nuovamente dalla forma poligona, già diffusa intorno alla metà alte rispetto al piano esterno. Lo stesso Sanuto16 narra che i «Fran-
del secolo, al modello circolare vitruviano, per pervenire infine alla zesi veramente etiam loro bombardava ditto Castelnuovo, maxime
cinta bastionata nei decenni successivi. Un fatto è certo: l’esperienza la parte di la cittadella, tamen faceva poco danno, et poco più bas-
napoletana di Francesco di Giorgio si svolge tutta a valle dell’incon- so che li merli si poteva bombardare el Castello, et solum da una
tro milanese con Leonardo; è possibile che lo scambio tra i due si banda…». Insomma a Napoli Francesco di Giorgio applica quella
sia attuato in termini di idee e di metodologie da parte del genio che si chiama struttura di fiancheggiamento ‘in alzato’, cui Leonar-
vinciano e di tecnica e di pratica della machinatio da parte del se- do conferirà solo qualche anno più tardi una coerente geometria:
nese, potendo quindi le due personalità incidere sull’ingegneria del rinunciando al fiancheggiamento ‘orizzontale’, da cui scaturisce la
Mezzogiorno, direttamente o indirettamente, in maniera completa. nuova pianta stellare, il senese adotta per l’ultima volta la sagoma cir-
Una considerazione tecnica va fatta riguardo alla tipologia muraria colare nell’ambito dell’ampio quanto «rapidissimo» piano di difesa
adottata da Francesco di Giorgio prima nel feudo dei Montefeltro, predisposto dagli aragonesi. Così ancora Sanuto: «In quel tempo el
poi a Castelnuovo15. Mentre a partire dalla fine del Quattrocento si re Alphonso fece far fortezza sopra el monte San Martino, et cavar
va diffondendo per le mura un profilo ampio ma basso, immerso le mura si aggiongeva a Napoli, qual abbrazavano tutto el monte de
nel suolo, delegandosi ai fossi e ad opere accessorie il compito della San Martino sino al Castel Nuovo»17.Va notato peraltro come queste
protezione dal cannone, le fortezze realizzate dal Martini, essendo ultime parole, alludendo chiaramente all’idea di un coinvolgimento
elementi di difesa e di dominio nel contempo, si ergono molto della collina nel circuito murario sin dalla fine del regno aragonese,
smentiscano l’opinione diffusa che solo in età toledana si pensi di
superare, sul versante occidentale della città, il segno del fossato della
12
  La cittadella verrà modificata a partire dal 1518 dagli spagnoli con la nuova forma
pentagona del «parco».
13
  Ivi, pp. 230-233.
14 16
  F.P. Fiore, op. cit., p. 47.   La spedizione di Carlo VIII…cit., p. 241.
15 17
  Ivi, p. 101.   Ivi, p. 191.

Influenza e diffusione del metodo vinciano


83
Francisco de Holanda, veduta di Castelnuovo sullo sfondo del golfo di Napoli, c. 1540. Madrid, Escorial (da Pane)

cinta muraria corrispondente al tracciato della futura strada Toledo. ereditato dagli ingegneri medievali e da quelli del primo Quattro-
Nei disegni del codice Magliabechiano è da riconoscersi dun- cento, adottando con convinzione una linea filologica e classicisti-
que il riflesso dell’attività svolta da Francesco di Giorgio presso ca20: il senese, anche in virtù dell’oscurità del testo latino, non imita
gli aragonesi, specie con riferimento al recinto fortificato di Ca- le forme dell’antichità, ma ne recupera le tecniche, rapportandole
stelnuovo, da lui intrapreso nel 1494 con quattro vertici bastionati alle esigenze moderne e all’attualità dei problemi meccanici. Ma se
in opera provvisoria: le strutture verranno compiute dal Marchesi nel Cinquecento lo scientismo di ambito veneto, da Daniele Bar-
solo dopo la cacciata dei francesi, secondo le forme rappresenta- baro a Giovanni Maria Falconetto, coglierà la lezione martiniana
te da Francisco de Holanda nel 1540 con quattro vertici dotati di unicamente per progredire negli studi di meccanica, balistica e geo-
«rondelle» e un bastione poligonale18. Con riferimento a quest’ulti- metria dei moti, nei trattati di architettura il carattere originale e
mo, va tenuto presente quanto accennato dall’Adams19 a proposito dinamico delle macchine di difesa di Francesco di Giorgio e la sua
del consulto di ingegneri voluto da Leone X nel 1517 – al qua- stessa idea urbana antropomorfa cederanno il passo a schemi stereo-
le parteciparono, tra gli altri, Antonio da Sangallo il Giovane e lo tipati, ispirati ad astratti principi geometrico-astrologici o a mere
stesso Marchesi – sulla tipologia innovativa del bastione angola- esigenze funzionali dettate dalla pratica militare.
re: la soluzione adottata a Napoli per il bastione di Santo Spirito Questo dunque il terreno di dibattito e sperimentazione dell’in-
o del Parco rispecchierebbe quindi queste scelte e anche il pro- gegneria a Napoli nel momento in cui la città si accinge ad essere
gramma che don Pedro di Toledo avvierà a partire dal 1536 per le capitale del viceregno spagnolo nel 1503. Leonardo è ancora nel
nuove fortificazioni del viceregno non potrà non tenerne conto. pieno delle sue ricerche e speculazioni teoriche, ma è già ben noto
In effetti l’opera di Castelnuovo deve aver contato molto nella ma- nell’ambiente scientifico meridionale, come dimostrano anche i
turazione da parte di Francesco di Giorgio di quei principi generali citati studi sulle origini della diffusione del leonardismo tra Roma
che lo avvicineranno sempre più al macchinismo vitruviano, cui egli e Napoli21. Non è da escludere, però, una qualche influenza sul
riuscirà a ricondurre, senza dilapidarlo, il ricco patrimonio tecnico genio vinciano anche da parte del vivace ambiente culturale della

20
  F.P. Fiore, op. cit., p. 142.
18
  F.P. Fiore, op. cit., pp. 137-138. 21
  Leonardo e il leonardismo a Napoli e a Roma, a cura di A.Vezzosi, Firenze, Giunti-
19
  Francesco di Giorgio architetto, cit., p. 313, scheda di N. Adams. Barbera, 1983.

Capitolo terzo
84
capitale aragonese. Infatti Pacioli, prima di incontrare Leonardo a pubblica l’inventario nel 1935, azzarda l’ipotesi, in verità piuttosto
Milano e poi a Firenze, tra il 1488 e l’89 è presente a Napoli come discutibile, che il testo possa essere stato donato direttamente da
insegnante di matematica e illustratore di testi antichi sull’arte Leonardo al cardinale d’Aragona (sappiamo invece che questi non
della guerra, venendo in contatto con autorevoli umanisti di corte, ebbe neppure modo di sfogliare i trattati che il maestro diceva
quali Conte di Sano e Giovanni Pontano. Sebbene non vi sia trac- di aver compilato) 26 e da costui alla nipote Costanza d’Aragona
cia di un viaggio di Leonardo a sud di Roma, Pedretti 22 sostiene d’Avalos – poi andata in sposa ad Alfonso II Piccolomini, terzo
l’ipotesi ragionevole della sua conoscenza dell’ambiente dei mate- duca di Amalfi e conte di Celano –, per passare in seguito ad In-
matici napoletani proprio attraverso Pacioli, che egli incontrerà a nico, quindi alla figlia Costanza e perdendosene infine le tracce27.
Milano subito dopo la sua trasferta napoletana. Per riferirci all’am- Ora, qualunque sia stato l’iter del codice fino a giungere al duca
bito architettonico, va ricordato che ciò avviene proprio negli di Amalfi, come evidenzia Pedretti in uno schema generale dei
anni in cui gli studi di Giuliano da Sangallo per il nuovo palazzo manoscritti vinciani 28 potrebbe essersi trattato addirittura di uno
reale di Ferrante I d’Aragona e quelli di Giuliano e Benedetto da degli originali che non giunsero mai a Melzi; certo è che, se met-
Maiano per la Villa di Poggioreale vanno diffondendo un modello tiamo in relazione l’esistenza del manoscritto con gli apografi vin-
destinato a riflettersi, non a caso, nei noti progetti di Leonardo per ciani certamente posseduti a Napoli dal Pinelli nella stessa epoca
la villa di Charles d’Amboise a Milano e per la residenza di Fran- (prima cioè di ritirarsi a Padova) e con l’eco già suscitata dal diario
cesco I a Romorantin in Francia. di de Beatis, possiamo avere una chiara idea di come, prima ancora
Leonardo entra quindi in contatto, sia pure indirettamente, con il della vicenda settecentesca di cui ci occuperemo, il pensiero vin-
fervido cenacolo degli scienziati napoletani, procurandosi e stu- ciano andasse ormai radicandosi nell’ambiente napoletano.
diando, tra l’altro, l’opera di Luca Gaurico sulla quadratura del Ma c’è dell’altro. Tra i testi dell’inventario della biblioteca Piccolo-
cerchio (1503) 23 ; problema che, come abbiamo visto, costituisce per mini troviamo una «Iperothomachia Philofili» che sta chiaramente
lui motivo di continuo interesse, ma anche di autentico assillo 24 . per la nota Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna (1499)29,
Nel contempo, a Napoli dovette giungere l’eco degli studi già un «Luca Gannico» che sta per Gaurico, ossia, con ogni probabilità,
in atto da qualche anno da parte dello stesso Leonardo e del suo il citato testo del 1503 sulla quadratura del cerchio e, soprattutto, una
programma finalizzato alla redazione di trattati sistematici in cui copia del «Divina proportione» di Pacioli (1509): l’esistenza di que-
compendiare i risultati delle proprie ricerche; tanto che nel 1504 ste opere nella biblioteca del duca di Amalfi conferma l’alto grado
l’umanista napoletano Pomponio Gaurico, fratello di Luca, nel suo di aggiornamento scientifico, tutto all’insegna del leonardismo, che
De sculptura gli attribuisce il noto appellativo di «archimedeo in- l’ambiente culturale napoletano ampiamente mostrava già intorno
gegno notissimus». È possibile allora, in definitiva, propendere per alla metà del Cinquecento.
un proficuo reciproco scambio.
Un altro importante passaggio riguardante la diffusione della fama Che lo scenario professionale della capitale nella prima età vicereale
e della dottrina vinciana in ambito napoletano è sicuramente se- fosse popolato di personaggi di particolare levatura è dimostrato
gnato dalla descritta visita, nell’ottobre 1517, del cardinale Luigi dall’opera di Giovanni Donadio, di Giovan Francesco di Palma, di
d’Aragona a Leonardo presso lo studio di questi ad Amboise. Al Gabriele d’Agnolo e di molti altri che pure citeremo, ben indagati
ritorno della spedizione a Napoli, il diario di de Beatis dovette dagli studiosi del Rinascimento meridionale. Ma, sotto il profilo
rappresentare una testimonianza preziosa, destinata certamente a
suscitare particolare interesse nell’ambiente della capitale del Mez-
mini d’Aragona Duchi di Amalfi, un quadro di Raffaello e la biblioteca di Papa Pio II, in
zogiorno, già ben attrezzato, come testimoniano gli studi di Ro- Studi sulla Repubblica Marinara di Amalfi, a cura del Comitato per la Celebrazione di
berto Pane, nel recepire gli stimoli rinascimentali: quest’esperien- Amalfi Imperiale, Salerno, Spadafora, 1935, pp. 97 sgg.; A. D’Arrigo, Un frammento
za valse certamente a rafforzare tali riferimenti nella città vicereale inedito di Leonardo e la relatività, in «Sophia», XXVI, nn. 1-2 (genn.-giu. 1958), pp.
226 sgg.; C. Pedretti, Leonardo da Vinci On Painting a lost Book (Libro A) reassembled
e a trasmettere agli architetti-ingegneri napoletani, insieme con from the Codex Vaticanus Urbinas 1270 and from the Codex Leicester/with a Cronology
quanto ereditato dall’attività di Francesco di Giorgio, le basi della of Leonardo’s “Treatise on Painting”, Berkeley-Los Angeles, University of California
Press, 1964, pp. 257-258; A. Chastel, Luigi d’Aragona: un cardinale del Rinascimento in
metodologia tecnico-scientifica di marca leonardesca. Si può dire viaggio per l’Europa, Roma-Bari, Laterza, 1995, pp. 83-84. I libri potrebbero essere
che, a partire dagli inizi del Cinquecento sino al principio dell’età finiti nella biblioteca di papa Pio II Piccolomini, oppure essere passati in possesso
contemporanea, la tradizione vinciana non vedrà a Napoli solu- dei Peretti, famiglia del papa Sisto V, allorché il castello venne loro in possesso alla
fine del Cinquecento. In ogni caso, per quanto abbiamo potuto cercare, del codice
zione di continuità, specie per quanto attiene allo sviluppo della non si ha più alcuna notizia.
ricerca nel campo delle scienze applicate e alla maturazione della 26
  Un’altra ipotesi potrebbe essere quella che il manoscritto sia giunto in possesso
del cardinale d’Aragona attraverso la cugina Isabella – figlia di Alfonso II d’Aragona
figura professionale che stiamo tratteggiando. – che nel 1489 era andata in moglie a Gian Galeazzo Sforza, per il quale Leonardo
aveva lavorato durante il suo primo soggiorno milanese.
27
A tutto ciò non potè non contribuire l’accertata presenza a Napoli,   Innico muore nel 1566, andando i suoi beni a Costanza, unica figlia, quinta du-
chessa di Amalfi, che nel 1571 sposa Alessandro Piccolomini marchese di Deliceto,
almeno dalla metà del XVI secolo, di manoscritti vinciani: uno di da cui poi si separa senza figli, ritirandosi infine presso il convento della Sapienza
essi è menzionato come «un libro intitulato Leonardus scritto a mano» a Napoli e lasciando tutti i suoi beni mobili allo zio paterno, Alfonso Piccolomini
d’Aragona: cfr. G.M. Monti, op. cit., p. 127; I. Puglia, I Piccolomini d’Aragona duchi di
in un inventario del 1566 (confermato in una verifica notarile del Amalfi (1461-1610). Storia di un patrimonio immobiliare, Napoli, Edit. Scientifica, 2005.
1568) relativo ai libri della biblioteca di Innico Piccolomini duca di Suggestiva appare l’ipotesi del Monti che la biblioteca romana dei Piccolomini, in
Amalfi, all’epoca custoditi nel castello di Celano25. Il Monti, che cui i libri dovettero giungere, sia stata lasciata da Costanza, in solido con il palazzo
di famiglia, ai Teatini; si spiegherebbe così l’attuale presenza, presso la Vaticana, di
numerosi codici presenti negli inventari citati, escluso però il testo vinciano. Altri
libri, però, potrebbero essere confluiti nella biblioteca dei Piccolomini a Siena,
22
  C. Pedretti, «Archimedeo ingegno notissimus», in Leonardo e il leonardismo... cit., p. 118. oppure essere passati in proprietà dei Peretti, famiglia del papa Sisto V, allorché il
23
  L. Gaurico, Tetragonismus idest circuli quadratura per Capanu archimede Syracusanu castello di Celano venne in loro possesso alla fine del Cinquecento. Purtroppo, allo
atque boetium mathematicae perspicacissimos adinuenta,Venetiae, G.B. Sessa, 1503. stato attuale, non ci è dato di individuare il «Leonardus».
28
24
  Ivi, p. 117.   C. Pedretti, Leonardo da Vinci’s On Painting…cit., pp. 256-257.
25 29
  Archivio di Stato di Napoli (d’ora innanzi ASNa), Monasteri soppressi, vol. 3208   Cfr. in proposito H.-W. K ruft, Storie delle teorie architettoniche. Da Vitruvio al
bis, ff. 35 sgg., mss. del 30 settembre 1566 e del 16 marzo 1568. Si tratta dei libri di Settecento, Roma-Bari, Laterza, 1987-88, I, pp. 61-64. Potrebbe però trattarsi di
Innico e non di Alfonso, come invece afferma Pedretti. Cfr. G.M. Monti, I Piccolo- una delle successive edizioni francesi (1546, 1554).

Influenza e diffusione del metodo vinciano


85
specifico delle scienze e delle tecniche dell’ingegneria, solo di re- La frattura tra un’architettura «sottile» e una «grossa» sarà dunque
cente si è posto mano a seri approfondimenti, che rivelano dati assai cosa fatta entro la fine del secolo, all’epoca delle già ricordate parole
interessanti sull’influenza vinciana, specie dal punto di vista delle del Bellucci: l’ingegnere militare dovrà produrre costruzioni fun-
metodologie e della sperimentazione in campi come le fortificazio- zionali e anonime, tecnicamente corrette ma di fatto prive di parti-
ni, l’idraulica, la meccanica. Tra la seconda metà del Cinquecento colari connotazioni formali e stilistiche. Significativa è, in tal senso,
e gli inizi del Seicento, la linea segnata dalla ricerca di Francesco l’osservazione del Busca nel suo trattato del 1585 a proposito della
di Giorgio e di Leonardo trova in ambito napoletano significative preparazione specifica che si richiede per l’«architetto militare»:
occasioni di maturazione nel pensiero e nell’opera di Carlo Theti,
di Domenico Fontana e di Giovanni Antonio Nigrone, preparando infra tutte è la pratica del conoscere le lontananze, altezze, profondità, et
il terreno per quella che sarà nel Mezzogiorno, tra la seconda metà intervalli de’ luoghi inaccessibili: e habbia famigliare, e molto in pratica
del XVII secolo e gli inizi del XVIII, l’ulteriore diffusione dell’e- l’uso di instrumenti matematici, e sopra gli altri de’ diottrici, insieme
redità vinciana, la sua integrazione con la nuova scienza galileiana e all’uso del bossolo33.
il preludio alla ‘rivoluzione’ tecnico-scientifica di marca illuminista.
Alla metà del XVI secolo l’ideatore di ‘ingegni’ napoletano, ormai Oltre alla conoscenza della meccanica, dell’artiglieria e della balisti-
non solo meccanico, ma teorico e tecnico insieme, comincia ad ca, è necessario che il tecnico militare «habbia alla guerra appreso
assumere un ruolo ben definito quale esperto sia in campo civile tutto l’ordine e le parti della militia»: la pratica bellica, dunque, quale
sia in quello militare: nell’ambito civile la sua funzione si impone fondamento dell’architettura delle fortificazioni.
sempre più per l’importanza sociale, divenendo questa figura nota È noto come la diffusione della cinta bastionata ispiri in molti casi
anche ai ceti meno abbienti, mai destinatari o committenti di pre- la forma delle nuove città, come dimostra l’adozione di schemi ur-
stigiose opere di architettura, ma certamente fruitori delle pubbli- banistici dalla perfetta geometria all’interno dei trattati redatti nel
che infrastrutture; l’ambito militare, poi, è quello in cui nel corso Cinquecento sulla scorta degli studi di Francesco di Giorgio. Intor-
del Cinquecento si attua per la prima volta una specializzazione no alla metà del secolo si avranno i preziosi contributi di Bellucci34 e
delle competenze richiesta dalla complessità delle esigenze e del- di Niccolò Tartaglia: quest’ultimo per primo adopererà lo strumento
le tecniche belliche e balistiche e, quindi, una sempre più marcata matematico-geometrico nella spiegazione di numerosi fenomeni e
tendenza verso una ‘deriva separatista’ che sarà definitiva e irrever- per la sua affinità con le tematiche della natura e del paesaggio, pro-
sibile nella seconda metà del Settecento, giustificando il fatto che ponendone pure l’applicazione in molti campi della progettazione,
in quest’unico settore l’ingegnere sarà sempre e solo un tecnologo come si legge nella Nova Scientia del 1537 e nei Quesiti et invenzioni
e un pratico sperimentatore, e mai uno ‘scienziato’, né tantomeno diverse del 154635. Infine, nel 1559, sarà la volta di Giacomo Lanteri36.
un ‘artista’ ideatore di forme e conoscitore dei linguaggi dell’ar- Ma, come si vede anche negli studi di Dürer, lo schema astratto
chitettura. Così, fino a tutto il Seicento, non mancheranno dizio- della cinta muraria finirà quasi sempre per imporsi sui luoghi: solo
nari anche autorevoli, uno fra tutti il Glossarium del Du Cange del nei Discorsi di fortificationi (1569) del nolano Carlo Theti (1529-1589)37
168830, in cui il termine «ingegnere» indicherà unicamente il co- compare una certa attenzione per i caratteri del territorio e del sito
struttore di «ingenia» destinati alla guerra; addirittura, dopo quasi che, al contrario, dovranno ispirare la forma delle fortificazioni e
un secolo, nell’Encyclopédie di Diderot si insisterà ancora sul fatto quindi della città»38.
che esso «marque l’adresse, l’habilité et le talent que ces officiers
doivent avoir pur inventer. On les appelait autrefois engeigneurs du
Venezia, C. Borgominero al Segno di San Giorgio, 1564 (rist. anast., con presenta-
mot engin qui signifie machine, parce que les machines de guerre zione introduttiva di G.E. Ferrari, Roma, Jouvence-Viella, 1982), lib. III, cap. XIV, p.
avaient été pour la plupart inventées par ceux qui les mettaient en 89v. Cfr. pure sull’argomento G. Severini, Progetto e disegno nei trattati di architettura
militare del ‘500, Pisa, s.n., 1994, p. 110.
ouvre dans la guerre»31. 33
  G. Busca, Della espugnatione et difesa delle fortezze. Libri due, Torino, N. Bevilac-
Già nel trattato di Jacopo Fusti Castriotto Della Fortificatione delle qua, 1585, lib. I, pp. 4-5, cit. in G. Mollo, Carlo Theti. I Discorsi delle fortificazioni
città, pubblicato a Venezia nel 1564, si legge: di un ingegnere militare del XVI secolo, in Storie e teorie dell’architettura dal Quattrocento
al Novecento. Ricerche di dottorato, a cura di A. Buccaro, G. Cantone, F. Starace, Pisa,
Pacini Editore, 2008, p. 93.
[…] dico che avendo chiaramente compreso alla guerra fatta nel 1552 34
  Giovanni Battista Bellucci, o Belluzzi, o Belici (1506-1556), detto il «Sanmarino»
alla Mirandola, l’opere moderne non esser molto a proposito in tutti i dalla città di origine, genero dell’architetto Girolamo Genga, che lo indirizza agli
studi di architettura. Ricordato da Vasari, realizza numerosi apparati difensivi per
luoghi: però son stato forzato porre in figura un nuovo modo forse al Cosimo I de’ Medici, granduca di Toscana e genero del viceré don Pedro di Tole-
parere degli intendenti perfettissimo: il quale se non sarà ornamento di do, che lo chiama a Napoli nel 1535; nel 1553 è attivo a Siena, ove realizza la pianta
delle fortificazioni. È inoltre autore di un Diario autobiografico 1533-1541, pubblicato a
quella polita, e bella vista, che all’Architettura sottile si conviene, niuno Napoli solo nel 1907, del già citato trattato sulla Nuova inventione di fabricar fortezze
se ne deve meravigliare, perché l’architettura militare è grossa, non è (Venezia, T. Baglioni, 1598), e de Il trattato delle fortificazioni di terra (riediz. a cura di
soggetta alle regole della sottile, et ancora perché volendola imitare, ciò D. Lamberini, F. Borsi, Firenze, s.n., 1980).
35
  G. Mollo, Carlo Theti…cit., p. 90.
non passerebbe senza gran danno per i soldati32. 36
  G. Lanteri, Due dialoghi del modo di disegnare le piante delle fortezze secondo Euclide,
Venezia, Bolognino Zaltieri, 1557; Id., Duo libri di M. Giacomo Lanteri da Paratico da
Brescia. Del modo di fare le fortificazioni intorno alle città, et alle Castella per fortificarle. Et
di fare così i Forti in campagna per gli Alloggiamenti de gli esserciti, come anco per andar sotto
30
  Glossarium mediae et infimae latinitatis conditum a Carolo du Fresne domino du Cange ad una terra, di fare i ripari nelle batterie,Venezia, Bolognino Zaltieri, 1559.
... editio nova aucta ... a Léopold Favre, IV, Graz, Akademische Druck-u.Verlagsan- 37
  Gli studi più recenti su Carlo Theti hanno visto importanti contributi da parte
stalt, 1956 (facs. dell’ediz. Niort, L. Favre, 1883-1886), p. 360, cit. in F. De Mattia, di Giuseppe Mollo, ai cui scritti faremo riferimento per le nostre considerazioni
Ingegneri e fonti di archivio, in Scienziati-artisti. Formazione e ruolo degli ingegneri nelle su questo significativo personaggio. Cfr. G. Mollo, op. cit., pp. 83-132; Id., I Discorsi
fonti dell’Archivio di Stato e della Facoltà di Ingegneria di Napoli, a cura di A. Buccaro, delle fortificationi di Carlo Theti. L’edizione vicentina del 1617, in Territorio, fortificazio-
F. De Mattia, Napoli, Electa Napoli, 2003, p. 68. ni, città difese del Regno di Napoli e della sua capitale in età borbonica, a cura di G. Ami-
31
  Encyclopédie, ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des Métiers, par une société rante, M.R. Pessolano, Napoli, Ediz. Scientifiche Italiane, 2008, pp. 281-310. Su Theti
de gens de lettres. Mies en ordre et publié par M. Diderot, ... et quant à la partie mathé- si veda pure P. Manzi, Carlo Theti da Nola. Ingegnere militare del sec. XVI, Roma,
matique, par M. d’ Alembert, Paris-Neufchâtel, Briasson, David, Le Breton, Durand, ISCAG, 1960; C. Robotti, Girolamo Cataneo, Francesco de Marchi e Carlo Theti: teorici
1751-1772, ad vocem; F. De Mattia, op. cit., p. 68. e progettisti nell’arte nuova di fortificare, in Atti del Colloquio Internazionale su “Luci tra le
32
  G. Maggi, J. Fusti Castriotto, Della Fortificatione delle città di M. Girolamo Maggi rocce” (Salerno, 20-30 aprile 2004), Firenze, Alinea, 2005, I, pp. 299-311.
38
e del Capitan Iacomo Castriotto, Ingegniero del Christianiss. Re di Francia, Libri III …,  G. Mollo, Carlo Theti…cit., p. 92.

Capitolo terzo
86
Inventario dei volumi della biblioteca di Innico Piccolomini duca di Amalfi custoditi nel castello di Celano nel 1568; particolare con l’indicazione di un
manoscritto «intitulato Leonardus». Napoli, Archivio di Stato, Mon. soppr., vol. 3208bis, f. 54v

Sarà utile soffermarci sulla figura di Theti per il suo significativo Tornato in Italia, in Veneto Theti sostituisce lo scomparso Sanmi-
contributo alla formazione di un’identità professionale che prende cheli nelle opere in atto a Verona e a Bergamo46: qui, nella città alta,
le distanze da un’ingegneria militare ormai sempre più spesso chiusa gli viene tra l’altro attribuita la costruzione del Bastione della Cap-
verso stimoli più ampi offerti dal campo dell’architettura e dell’in- pella, in cui si constata la capacità dell’ingegnere di adattare schemi
gegneria civile. di fortificazioni ormai ‘standardizzati’ ad un sito orograficamente
Egli soggiorna a Napoli tra il 1550 e il 1560, allorché, dopo aver assai complesso47. Influenzato anche dalle idee di Giovan Giacomo
partecipato a una missione militare in Tunisia, elabora la nota pian- Leonardi, egli mostra di fare ogni sforzo perché l’arte delle for-
ta della capitale vicereale39: vi risultano già in parte eseguite alcu- tificazioni venga sottratta ai «pratici» militari e ispirata alle regole
ne delle opere urbanistiche intraprese da don Pedro (si notino i sostenute dagli «scienti»: insomma una posizione forte sul piano teo-
Quartieri Spagnoli tracciati solo nella parte prossima a via Toledo), rico, destinata a fare la differenza rispetto alla maggioranza degli altri
cui lo stesso Theti potrebbe aver collaborato40. Il successivo viceré professionisti e a collocare Theti sulla scia dei trattatisti del primo
Prospero Colonna, nel farsi parte attiva nelle guerre contro i Turchi Rinascimento.
nel Mediterraneo tra il 1560 e il 1580, si avvale probabilmente pro- Negli anni ’70 egli lavorerà nei ducati dei Savoia, degli Estensi e dei
prio dell’ingegnere nolano in materia di fortificazioni. Attraverso Medici. Una nuova edizione dei Discorsi sarà data alle stampe nel
il Colonna, Theti entra alla corte di Massimiliano d’Asburgo, cui 1589 a Venezia, poco prima della morte dell’autore, per i tipi di Fran-
dedica i Discorsi, editi a Roma da Giulio Accolto grazie all’aiuto di cesco de Franceschi (l’editore di Serlio). Theti vivrà a Padova gli
vari amici ed estimatori: l’opera è il frutto di decenni di studi sulle ultimi anni a stretto contatto con Pinelli, personaggio di spicco del
tante fortezze d’Italia e del Mediterraneo, ma anche di molte espe- mondo culturale del secondo Cinquecento, che abbiamo ricordato
rienze militari al seguito del viceré. Acquisita la fama di importante anche a proposito di un codice leonardesco in suo possesso, poi pas-
ingegnere militare insieme con Francesco de Marchi41 e il tedesco sato all’Ambrosiana all’atto della fondazione: genovese, ma vissuto a
Daniel Speckle,Theti trascorrerà lunghi anni (fino al 1576) alla corte Napoli fino al 1558 e poi trasferitosi a Padova, appassionato vinciano,
austriaca e al servizio dei duchi di Baviera, occupandosi anche di collezionista e bibliofilo, dopo aver diffuso nella capitale del vicere-
numerose fortezze e operazioni militari nei Paesi Bassi. gno spagnolo ulteriori germi di leonardismo, Pinelli farà della nuova
L’ingegnere e matematico salernitano Gasparo Mordente, giunto casa padovana il simbolo di un colto collezionismo documentario.
anch’egli a Vienna nel 1572, scrive su richiesta dell’Imperatore Ro- Nella sua dimora troverà posto, oltre alla celebre biblioteca, una vera
dolfo II un trattato sul compasso – strumento da lui studiato insieme e propria accademia di arte e di letteratura; in questo ambito, egli
con il fratello Fabrizio – pubblicato ad Anversa nel 158442; ma già stringerà con Theti un rapporto di così grande amicizia che alla
nel ‘75 Theti introduce una descrizione del compasso ad uso delle morte dell’ingegnere sosterrà le spese del funerale, pronunciando
operazioni topografiche militari nella seconda edizione dei Discorsi anche un importante elogio funebre e dettando l’epigrafe per il se-
pubblicata a Venezia, che i Mordente hanno certamente occasione polcro tuttora esistente nel chiostro della basilica di Sant’Antonio48.
di leggere a Vienna. Il compasso di Theti è pure raffigurato in una Tutto ciò ci conferma quanto, con riferimento agli evidenti interessi
tavola dell’edizione della stessa opera del 1617 (Vicenza, G. de Fran- vinciani, è possibile desumere dall’intera opera teorica del nolano.
ceschi) e citato dal Pinelli in uno dei manoscritti conservati all’Am- Attraverso i Discorsi si comprende come Theti si sforzi di conciliare
brosiana, dal titolo Osservazioni per regolare le operazioni del compasso43. teoria e pratica, non essendo per lui possibile, come del resto ave-
Tra i numerosi scritti militari un tempo nella raccolta Pinelli, sono va dimostrato Leonardo, privilegiare la ragione sull’esperienza, né
anche i Discorsi vari in materia di Fortificazione co’ suoi disegni, elabo- farsi guidare solo dalle consuetudini: proprio come il maestro to-
rati da Theti a partire dal 157644, originariamente carte strategiche scano, egli giunge a formulare nuove teorie direttamente attraverso
riservate, che i principi tenevano a non diffondere. Successivamente, i principi della geometria euclidea e delle sue applicazioni, propo-
come è noto, sarà Galileo a perfezionare lo strumento45. nendo anche strumenti innovativi da adoperare nella misurazione
e rappresentazione dello spazio. D’ora innanzi, la geometria delle

39
  Cfr. Iconografia delle città in Campania. Napoli e i centri della provincia, a cura di C. de 46
  G. Mazzi, Il Cinquecento: i cantieri della difesa, in L’architettura a Verona nell’età della
Seta, A. Buccaro, Napoli, Electa Napoli, 2006, p. 120, scheda di M. Iuliano.
40 Serenissima, a cura di P.P. Brugnoli, A. Sandrini, Verona, Banca Popolare di Verona,
  G. Mollo, Carlo Theti…cit., p. 96. 1988, I, pp. 130-133.
41
  L’architettura delle fortificazioni: innovazioni e riuso nelle città del Mediterraneo, a cura 47
  G. Mollo, Carlo Theti…cit., p. 105.
di C. Robotti, P. Argenziano, Lecce, Ediz. del Grifo, 2005. 48
42   Si veda P. Gualdo, Vita Ioannis Vincentii Pinelli patricii genuensis. In qua studiosis
  Del Compasso del Signor Fabrizio Mordente con altri istrumenti matematici, ritrovati da bonarum artium, proponitur tyus probi & eruditi. Autore Paulo Gualdo, patricio vicentino,
Gasparo suo fratello, Anversa, C. Plantino 1584. Augustae Vindelicorum, Excudit Christophorus Magnus, 1607; G. Tiraboschi, Sto-
43
  Cfr. G. Mollo, Carlo Theti…cit., p. 113. ria della Letteratura italiana, Milano 1833, VII, parte I, pp.241; P. Napoli Signorelli,
44
  Biblioteca Ambrosiana, D. 183 inf., cit. in G. Mollo, Carlo Theti…cit., pp. 128-132. Vicende della cultura nelle Due Sicilie, o sia Storia ragionata della loro legislazione e po-
45
  G. Galilei, Le operazioni del compasso geometrico et militare, Padova, per P. lizia, delle lettere, del commercio, delle arti, e degli spettacoli dalle colonie straniere insino a
Frambotto, 1649. noi..., Napoli,V. Flauto, 1784-86, t. IV, pp. 249-253; G. Mollo, Carlo Theti…cit., p. 112.

Influenza e diffusione del metodo vinciano


87
fortificazioni non sarà più dettata da regole cosmiche o simboliche,
bensì dalla natura del sito e dal tiro delle artiglierie: dunque per
Theti la pratica di guerra e la conoscenza delle armi vanno con-
siderate prioritarie. Oltre alle fonti classiche, da Cesare a Vegezio a
Frontino a Polibio, egli conosce gli scritti di autori moderni come
Alberti, Valturio, Agostino Nifo, Francesco Patrizi. Attraverso Nifo,
filosofo originario di Sessa Aurunca, conosce il pensiero di Machia-
velli, che Nifo aveva appreso dal manoscritto de L’arte della guerra
prima che venisse pubblicato a Venezia nel 1529, citandolo già nel De
Regnandi peritia edito a Napoli nel 152349, ulteriore prova della viva-
cità intellettuale che distingueva in quegli anni la capitale vicereale.
Risulta evidente come Theti si occupi di fortificazioni secondo una
posizione in netto contrasto con gli ingegneri militari ‘puri’, come
Maggi, Castriotto, Cataneo, Zanchi, affermando la mancanza di di-
stinzione tra il ruolo del teorico e quello del professionista ‘tecno-
logo’: prendendo quindi le distanze anche dall’Alberti, che aveva
sostenuto l’autonomia del progetto dall’esecuzione, egli intende
verificare di persona l’applicazione su campo dei propri progetti e,
anzi, trarre dalla pratica di guerra le basi teoriche per l’architettura;
sotto questo aspetto, da convinto vinciano, insiste sull’appartenenza
dell’architettura militare alle scienze matematiche, richiedendo essa
un’approfondita conoscenza delle proporzioni, della geometria eu-
clidea e dell’uso di precisi strumenti di misurazione. Eppure, in fase
di valutazione della componente estetica di queste costruzioni,The-
ti, proprio come facevano gli ingegneri militari, finisce col negarla:
«Ne vorrei che la fortezza fusse ornata di belle e lavorate pietre»50.
Quanto poi ai grafici che corredano i Discorsi, oltre a illustrare il
testo con dettagli esplicativi, essi testimoniano del più generale
intento di esaltare la città fortificata come una macchina da guer-
ra, ponendo in risalto il circuito murario e, spesso, annullando
del tutto la rappresentazione del tessuto cittadino. Ciò segna in
qualche modo l’inizio della cartografia tematica: molte piante di Carlo Theti, Discorsi di Fortificationi, Roma 1569; frontespizio
città rappresentate da Theti nei disegni inviati a sovrani e principi
committenti dai teatri di guerra delle Fiandre o di Ungheria sono
elaborazioni di tavole degli atlanti della seconda metà del ‘500, che nel corso del Seicento finiranno per prevalere sulle vedute a
che i nuovi rilievi, a loro volta, contribuiscono a diffondere in volo d’uccello, giungendo infine a sostituirle del tutto nel Settecen-
Europa; allo stesso modo, come si dirà, anche l’ingegnere Giovan to, quando i criteri scientifici prevarranno sugli intenti celebrativi52.
Tommaso Scala, attivo in Francia prima di operare a Napoli negli
anni 1564-75, avrà un ruolo decisivo, con le proprie pubblicazioni, Abbiamo ricordato come tra le tappe fondamentali della forma-
nella diffusione delle piante di città francesi. Un’idea di quanta zione dell’architetto-ingegnere meridionale in età moderna sia da
importanza Theti desse all’iconografia urbana ai fini della cono- annoverare l’attività napoletana di Domenico Fontana, svoltasi tra
scenza degli insediamenti si ricava dalla sua raccomandazione, a il 1594 e il 1607, che può essere oggi delineata con maggiore preci-
chiunque si accingesse a un’operazione strategica, «ch’abbia quel sione grazie a recenti studi53. Egli trasfonde a Napoli i risultati della
paese dipinto, e le città, e altri luoghi in modelli»: ciò basta a propria attività romana, condotta sotto Sisto V, assolvendo anche nel
comprendere la grande diffusione di atlanti e mappe che, specie viceregno incarichi negli ambiti più vari, dall’ingegneria idraulica
a partire dalla seconda metà del Cinquecento, si registra in tut- agli interventi di riassetto urbano, dai restauri alle nuove architet-
ta Europa, non solo a fini culturali o di semplice ‘propaganda’ ture: è tale la personale impronta data da Fontana all’ambiente pro-
per Stati e committenze reali, ma per scopi politici e militari51. fessionale napoletano, che per circa mezzo secolo gli ingegneri al
L’ingegnere diviene, quindi, anche esperto cultore e divulgatore di servizio del governo vicereale risulteranno tutti in qualche modo
cartografie: raccoglie grafici, li rielabora, ne realizza di nuovi, vi ag- ispirati dalla sua tecnica. La bonifica della Terra di Lavoro, l’apertura
giunge appunti e considerazioni carpite ovunque sia possibile, con e sistemazione di strade e piazze della capitale, la progettazione del
poca attenzione alla paternità delle fonti, che spesso finiscono per porto napoletano e infine la realizzazione del nuovo Palazzo Reale
confondersi, venendo attribuite invenzioni a chi invece le ha sem- sono opere in cui Fontana riuscirà a mettere a frutto le precedenti
plicemente copiate o raccolte per temi e tipologie. Si cominciano esperienze, anche perché, nonostante la dipendenza decisionale dei
così a perfezionare i metodi di rilevamento mediante la triangola- viceré dalla corte di Madrid, a Napoli i programmi saranno im-
zione e si vanno diffondendo le prime raffigurazioni planimetriche, prontati ad intenti di propaganda simili a quelli alla base delle opere
pontificie; oltre a ciò, non vanno sottovalutate le forti suggestioni

49
  G. Mollo, Carlo Theti…cit., p. 121.
50 52
  Ibidem.   Ibidem.
51 53
  Id., I Discorsi delle fortificationi…cit., p. 289.   P.C.Verde, Domenico Fontana a Napoli. 1592-1607, Napoli, Electa Napoli, 2007.

Capitolo terzo
88
che vengono a Fontana dall’architettura spagnola sorta sotto Filippo
II, segnatamente l’Escorial e gli alcazàr.
Messo in cattiva luce presso il nuovo papa Clemente VIII da alcuni
colleghi, nel 1592 egli decide di accettare l’invito del viceré conte di
Miranda di recarsi a Napoli per occuparsi del riequilibrio idraulico di
quella parte della Terra di Lavoro compresa tra Nola e il Lago Patria.
Dopo aver ricevuto l’ufficio di regio ingegnere dal viceré nell’agosto
1593, solo un anno più tardi si stabilisce definitivamente nella capitale,
lasciando a Roma il fratello Giovanni e il nipote Carlo Maderno a
portare avanti i cantieri in atto. Nel 1604 assumerà il ruolo di «Regio
Ingignerio et Architetto Maiore et super intendente de tutte le fa-
briche del Re nel Regno de Napoli»54, che manterrà fino alla morte.
L’opera di Fontana per i Regi Lagni55, intrapresa nel 1594, consistette Nomina di Bartolomeo Picchiatti «Architecti majoris (Vulgo Ingeniero)»,
1628. Napoli, Archivio di Stato, Cancelleria e Consiglio del Collaterale, Offic.
nella realizzazione di un nuovo canale rettilineo atto a convogliare suae majestatis, n. 10
le acque del Clanio tra Castelvolturno e Lago Patria; ma i lavo-
ri furono sospesi per mancanza di fondi, venendo ripresi solo nel
1598 e proseguiti dal figlio Giulio Cesare dopo il 1607. Egli si era borbonico, via via incrementandosi grazie alle innumerevoli espe-
occupato sotto Sisto V dell’acquedotto Felice e del prosciugamento rienze degli ingegneri camerali in tutto il territorio meridionale.
delle paludi pontine, nel secondo caso con un successo solo parziale: Si comprende dunque come sul principio del Seicento l’ambiente
l’esperienza gli servì comunque per intervenire in Terra di Lavoro, professionale del Mezzogiorno – già pregno da un secolo, grazie
realizzando una delle opere idrauliche di maggior respiro dell’età all’azione di Francesco di Giorgio, dei principi di meccanica e di
vicereale. Un altro importante intervento eseguito da Fontana entro idraulica sperimentati dai senesi, diffusi dall’azione vinciana e infine
il 1599 fu il canale per convogliare parte delle acque del Sarno fino veicolati dalla trattatistica – abbia tratto dal contributo di Fontana
a Torre Annunziata56, servendo i mulini di Scafati e riservando così un’ulteriore occasione per rafforzare la propria fisionomia e im-
le acque della Bolla alle sole esigenze della città di Napoli: al di là postare per sempre l’identità dello scienziato-artista, fondandola su
degli aspetti tecnici dell’opera – sulla cui correttezza, come si vedrà, solide basi tecnico-scientifiche e rendendola disponibile a nuove
non vi fu unanime giudizio – è noto come in questa occasione l’ar- inaspettate esperienze. Ma all’alba del Grand Siècle, come è noto
chitetto non abbia mostrato particolare sensibilità nei confronti di dalle vicende politico-religiose ed economico-sociali che fino agli
alcuni ritrovamenti riferibili alla città sepolta di Pompei, che verrà anni ’50 caratterizzeranno il più ampio scenario italiano ed europeo,
scoperta solo un secolo e mezzo più tardi. la strada della scienza e, quindi, del nostro professionista, non era
Tutte queste opere, come del resto la consulenza prestata da Fon- ancora del tutto spianata.
tana per la soluzione degli annosi problemi dell’acquedotto di Ca- La crisi sociale iniziata durante il viceregno spagnolo, le scelte as-
pua, sono dettagliatamente descritte nei paragrafi da lui dedicati alla sai discutibili del governo di Madrid in materia di infrastrutture e,
materia idraulica in Della trasportazione dell’obelisco vaticano…Libro soprattutto, il malcostume e la corruzione dei tecnici e degli appal-
secondo in cui si ragiona di alcune fabriche fatte in Roma, et in Napo- tatori – che, come si comprende dai numerosi quanto inutili prov-
li, edito nella capitale vicereale nel 1604: è tale l’approfondimento vedimenti adottati fino a tutto il primo periodo borbonico, carat-
tecnico-descrittivo, con riferimento ai metodi di progettazione e terizzeranno ancora nel Settecento il settore delle opere pubbliche
realizzazione di condotti d’acqua sotterranei o esterni, che quest’o- – non impediranno il rafforzarsi dell’identità dell’architetto «vulgo
pera di Fontana appare come un autentico manuale di ingegneria e ingeniero», secondo la definizione data nei documenti, non a caso,
un chiaro intendimento promozionale della disciplina. proprio al Picchiatti.
Abbiamo già accennato, nella nostra introduzione, alla diversità di Sebbene ancora per tutto il viceregno austriaco perdurerà la disat-
giudizi critici riservati a Fontana57 e a quanto riuscisse a pesare, tenzione del governo nei confronti delle problematiche sociali e
anche a Napoli, l’invidia dei colleghi sia sull’opera del Sarno che territoriali del Meridione, ciò non impedirà alla classe professionale,
sul progetto per il nuovo porto della capitale58; è però un fatto che impegnata nel contempo in molte opere di committenza reale, no-
quest’ingegnere civile, meccanico e idraulico abbia lasciato traccia biliare o religiosa, di perfezionare e diffondere il proprio bagaglio
del proprio metodo nei protagonisti dell’ingegneria e dell’architet- tecnico e artistico, preparandosi così degnamente ad accogliere le
tura napoletana del Seicento, primo fra tutti Bartolomeo Picchiat- grandi innovazioni del Secolo dei Lumi.
ti59. Dal Libro secondo emergono le preziose conoscenze tecniche
che, grazie a Fontana, avranno diffusione fino all’inizio del regno Quel ‘filo rosso’ segnato, nella scienza e nella professione, dal me-
todo vinciano, che si corrobora nell’esperienza napoletana di Fon-
tana, si trova ad attraversare nella capitale del Mezzogiorno, sin dal
54
  Ivi, p. 14. primo Seicento, da un lato i terreni insidiosi di una scienza ancora
55
  G. Fiengo, I regi lagni e la bonifica della Campania Felix durante il viceregno spagnolo, troppo lontana dal divenire applicata, dall’altro quelli di una prati-
Firenze, Olschki, 1988.
56
  P.C.Verde, op. cit., p. 17.
ca che si sforza, con difficoltà, di coniugare il metodo leonardesco
57
  D. Fontana, Della trasportatione dell’obelisco vaticano, ried. a cura di P. Portoghesi, con il vernacolare e l’esoterico. Nel primo caso faremo riferimen-
Milano, Il Polifilo, 1978, passim; P.C.Verde, op. cit., pp. 90-97. to al pensiero di Giovanni Battista Della Porta, nel secondo allo
58
  Si veda in particolare F. Strazzullo, Stigliola contro Fontana per il nuovo porto di
Napoli, Napoli, Il Fuidoro, 1957; T. Colletta, Napoli, la città portuale e mercantile. La
sforzo di sistematizzazione teorica e di riduzione manualistica del-
città bassa, il porto e il mercato dall’VIII al XVII secolo, Roma, Kappa, 2006, passim. la propria esperienza professionale tentato dall’ingegnere idraulico
59
  F. Baldinucci, Nota de’ pittori, scultori er architettori che dall’anno 1640 sino al pre- Giovanni Antonio Nigrone.
sente giorno hanno operato lodevolmente nella città e Regno di Napoli, cod. misc., Firenze,
Biblioteca Nazionale Centrale, pubbl. in G. Ceci, Scrittori della storia dell’arte napole- Abbiamo accennato al contributo dato, nel prosieguo degli studi
tana anteriori al De Dominici, in «Napoli nobilissima»,VIII, 1899, p. 164. di Leonardo, dal Della Porta nella sua Magia Naturalis del 1589, spe-
Influenza e diffusione del metodo vinciano
89
cie con riferimento alle proprietà della camera oscura e delle lenti
concave e convesse: con ogni probabilità egli si servì anche di ma-
noscritti vinciani per approfondire i propri studi di fisiognomica
e di ottica, che gli consentirono di precorrere Galileo nella prima
sperimentazione del cannocchiale60. Va sottolineata, per inciso, la
vivacità della cultura meridionale di quel periodo che, come si sa,
vide proprio in Della Porta, insieme con Tommaso Campanella,
esponenti di spicco, certamente stimolati dal pensiero eversivo di
Giordano Bruno, con il quale ebbero stretti contatti.
Cerchiamo allora di cogliere la misura della vicinanza del Nigrone
al dibattito scientifico in atto a Napoli e, viceversa, quanto egli
se ne distacchi nei termini di un’adesione alle pratiche magiche,
all’astrologia, alla rabdomanzia e nell’uso di tali discipline ‘non ca-
noniche’ nell’esercizio della professione. Quest’«ingegniero de ac-
qua» dovette entrare in contatto con Della Porta sia lavorando a
Vico Equense (ove lo scienziato pubblicò nel 1586 il suo De humana
physiognomonia) sia per la comune conoscenza del cardinale d’Este;
più che probabile è pure una sua frequentazione con l’altro celebre
naturalista napoletano, Ferrante Imperato, che come lui fu partico-
larmente attratto dagli studi di idraulica e di botanica.
Il contributo di Nigrone, cittadino napoletano ma di famiglia fio-
rentina61, può apparire in più punti il semplice tentativo di dare
spiegazioni ‘trascendenti’ ai principali fenomeni naturali e ai loro
effetti sulla vita umana, e non certo il prosieguo della grande sta-
gione dei meccanici e degli idraulici cinquecenteschi, fondata su
continui rimandi tra scientismo e sperimentalismo. Tuttavia, attra-
verso un’analisi più attenta degli splendidi manoscritti presenti nella
Biblioteca Nazionale di Napoli62, si può riconoscere in questa bozza
di trattato in materia di scienze e tecniche dell’ingegneria, e nelle
immagini allegate di strumenti topografici, fontane e altri congegni
ideati per le opere «di acqua», tutto il bagaglio tecnico-professionale
Giovanni Antonio Nigrone, autoritratto, da Id., Vari disegni di G.A. Nigrone,
acquisito, specie nel campo dell’ingegneria idraulica, nel corso di 1585-1609, f. 9r. Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. XII.G.59
un secolo, finalizzato ad un’utile trasmissione di quel sapere pratico,
che contribuirà fortemente agli sviluppi della professione in ambito
meridionale nel Settecento. figura dello scienziato-artista: nella lunga e consistente produzione di
Negli stessi anni in cui si svolge l’attività napoletana di Fontana, quest’ingegnere, svoltasi già a partire dagli anni ‘70 a Roma con lo
la figura di Nigrone trova nei suoi molteplici interessi e nel cam- stesso Fontana, troviamo l’espressione più genuina di un professioni-
po specifico dell’architettura «dell’acqua» le ragioni per una fusione sta per il quale la scienza idraulica è mirata alla realizzazione di opere
tra scienza e arte, dando prova, nei numerosi progetti di fontane, d’arte atte ad inserirsi in un ambiente urbano fortemente dominato
a Napoli come a Vico Equense, ad Avellino come a Firenze o a proprio dai ‘giochi’ d’acqua.
Roma, di saper governare a tal punto quell’elemento da riuscire ad La frequente deroga portata da Nigrone nei suoi progetti di fon-
esprimerne tutte le valenze dinamiche, plastiche e persino sonore, tane alle norme del classicismo, con l’adozione di un linguaggio
certamente non rese appieno dalle pur accattivanti immagini che tardo-manieristico e grottesco, con consistenti concessioni al ver-
ci ha lasciato. Ma l’importanza dei testi e dei disegni di Nigro- nacolare, al presepiale e persino al bigotto, mostra quanto ancora
ne non è stata sinora posta in sufficiente evidenza proprio sotto mancasse a molti inventori d’ingegni al fine di un più austero e
l’aspetto dell’apporto dato in chiave di relazioni tra arte e scienze corretto linguaggio architettonico. Le scene ‘mobili’ delle sue fon-
applicate all’ingegneria, fondamentale ai fini della maturazione della tane, rappresentate con vistosi colori e figure talvolta ‘pacchiane’,
possono simboleggiare il carattere schiettamente popolare della
60 Napoli vicereale, cui la tecnica idraulica viene asservita per la cre-
  F. Camerota, La prospettiva del Rinascimento. Arte, architettura, scienza, Milano,
Electa Mondadori, 2006, p. 114. azione di immagini di balli, canti, feste e persino orge; il tutto
61
  Egli si definisce infatti «oriundo napoletano». Nigrone è citato per la prima reso con figure mitologiche, animalesche e costumi tipici, e con
volta in S. Volpicella, G.B. Del Tufo illustratore di Napoli del secolo XVI, Napoli, materiali tradizionali, come stucchi, tempere, pietre e persino ma-
stamperia della R. Università, 1880, p. 67. Si vedano inoltre: A. Borzelli, Giovanni
Antonio Nigrone “Fontanaro e Ingegniero de Acqua”, Napoli, R. Marghieri, 1902; R. drepore, coralli e conchiglie63 . Va inoltre notato come Nigrone,
Mormone, Disegni per fontane di G. Antonio Nigrone, Napoli, Il Fuidoro, 1956; A. nell’elaborare le illustrazioni, appaia poco attrezzato sotto l’aspetto
Giannetti, Gli “istrumenti” idraulici di Giovanni Antonio Nigrone tra meccanica e mito
virgiliano, in «Bollettino dell’Associazione per l’Archeologia Industriale», nn. 23-25 della padronanza dei metodi di rappresentazione che si andavano
(febbr.-ott. 1989), pp. 1-5; Id., Il giardino napoletano dal Quattrocento al Settecento, Na- da tempo affinando e divulgando da parte di professionisti di più
poli, Electa Napoli, 1994, pp. 37-77; A. Olschki, F. Rambelli, Joannes Antonius Ne-
gronus. Istromenti per annare per sopre lacqua e per ongnie profunnita de mare, in Giovanni
decisa impronta architettonica, rendendosi dunque improcrastina-
Antonio Nigrone. Scritti e disegni. Fine XVI sec. Biblioteca Nazionale di Napoli, in «HDS bile un adeguamento dei mezzi grafici degli ingegneri.
notizie», n. 37, a. XII, sett. 2006.
62
  Biblioteca Nazionale di Napoli (d’ora innanzi BNN), Manoscritti e rari, XII.
G. 59-60, 2 voll. mss. dal titolo: «Vari disegni di Giovanni Antonio Nigrone»
63
(1585-1609).   A. Giannetti, Il giardino napoletano…cit., 1994, pp. 37 sgg.

Capitolo terzo
90
Ma dietro a queste opere stilisticamente esuberanti e spesso ‘rozza- Böckler, approfondendo più di quegli studiosi tecniche complesse,
mente’ illustrate vi era tutto il rigore di un «ingegniero de acqua», come quella di far suonare o cantare organi ad acqua e ‘uccelli’ posti
che con il sapiente uso di tubi, vasche, pompe, zufoli e canne su di essi. Metodi che Nigrone dovette perfezionare, con ogni pro-
da organo, e soprattutto dell’aria e dell’acqua, metteva in atto la babilità, sin dai tempi della sua attività a Tivoli per il cardinale d’Este,
scienza idraulica acquisita con la pratica e con un faticoso studio. che come è noto fece realizzare nella propria villa da Pirro Ligorio
L’attività precedente alla venuta a Napoli, svoltasi tra Firenze e e da altri architetti esperti di idropneumatica70 congegni idraulici ed
Roma, e segnatamente le importanti esperienze condotte nella ca- automi; altri riferimenti, poi, sono da ritrovarsi nei famosi giardini di
pitale pontificia sotto Gregorio XIII (nel cortile del Belvedere) e Bomarzo, progettati dallo stesso Ligorio per Pier Francesco Orsini.
Sisto V (in S. Maria Maggiore e nell’acquedotto dell’Acqua Felice, Nel leggere il trattato, se da un lato ci colpisce l’affinità di molti
al fianco di Domenico Fontana) dovettero costituire il banco di temi scientifici e tecnologici con quelli già notati in Leonardo –
prova per i successivi incarichi di Nigrone nel territorio del vice- dall’analisi di congegni idraulici d’ogni tipo all’illustrazione di stru-
regno spagnolo: tra il 1590 e il 1608, quasi in perfetta coincidenza menti di topografia, dallo studio dei quattro elementi primordiali
con l’opera napoletana dello stesso Fontana, egli risulta impegnato a quello dell’origine delle acque, dei terremoti, dei vulcani, fino
sia nella progettazione di giardini e fontane per autorevoli famiglie alle considerazioni in materia di geofisica, di astronomia e di me-
della corte vicereale64 , sia nel campo delle opere pubbliche, chia- teorologia – dall’altro l’autore appare privo della mentalità laica di
mato a collaborare nuovamente con l’architetto-ingegnere autore Leonardo, sia pure nella comune passione per la meccanica e per
del piano sistino. Tra l’altro gli va attribuito un ruolo di primo l’elemento acqua, facendosi guidare ancora dalla dimensione magica
piano nell’abbellimento di importanti arterie cittadine, tra cui la ed escatologica ogni volta che vede la scienza fermarsi di fronte a un
nuova strada di Poggioreale, aperta nel 1604 per volontà del viceré fenomeno71. Come nota a ragione la Giannetti, proprio l’essere la
J.A. Pimentel e ornata su disegno dell’ingegnere con fontane e tecnica di quest’ingegnere ancora fortemente legata alla tradizione
filari di salici su entrambi i lati65. antica fa sì che il trattato si dimostri ben lontano dall’esito divul-
Nigrone era stato avviato agli studi tecnici dal padre e dallo zio Ot- gativo in cui avrebbe fatto sperare, risultando spesso «le illustrazioni
tavio, geografo, che, oltre ad instradarlo nel campo della fisica terre- troppo criptiche e le osservazioni naturalistiche avvolte in un alone
stre, gli aveva fornito la carta geografica che l’ingegnere inserisce nel misterioso e virgiliano»72. Nigrone, sperimentatore di macchine di
manoscritto66. Nella bozza del trattato vi è la dedica fatta dall’autore, cui omette in più d’un caso la dimostrazione del funzionamento, fa
nel 1609, al Regio Portolano Giovanni Simone Moccia, dopo la trasparire solo i principi generali, sovente regolati da semplici con-
morte, due anni prima, dell’originario dedicatario, il vescovo di Vico giunture ‘astrologiche’. È pur vero che, nell’affrontare la descrizione
Equense Paolo Regio: questi nel 1598, allorché Nigrone si era recato di fenomeni naturali direttamente o indirettamente legati al tema
a lavorare presso di lui, gli aveva richiesto il manoscritto al fine della dell’acqua – i lampi, i tuoni, i fulmini, la rugiada, la nebbia, la neve,
stampa; ma l’opera non vedrà mai la luce, forse perché proibitane l’arcobaleno –, l’ingegnere fa venire alla mente la curiosità di Leo-
la lettura, per i suoi più che discutibili contenuti dogmatici, da un nardo per tali eventi; ma egli si limita a darne spiegazioni empiriche
teologo al cui vaglio il vescovo di Napoli l’aveva sottoposta dopo la o dogmatiche, ben lontane dalla scientificità del genio toscano73.
morte del Regio67. Sebbene ciò ne impedirà una degna diffusione, In materia di geologia del territorio campano, nel descrivere i ca-
si può intuire come quel compendio, ancorché manoscritto, sia stato ratteri dell’area vesuviana e di quella flegrea ricercandone le origini
più volte consultato in epoche successive dai professionisti napoleta- nelle trasformazioni dovute all’attività vulcanica e agli eventi sismi-
ni, segnando un passaggio importante nell’ulteriore diffusione della
scienza e della tecnica idraulica in ambito meridionale. Ma, se da un
lato Nigrone non può non risentire dello sperimentalismo vincia-
70
no, dall’altro affiora continuamente in lui un’impostazione teorica   Su questi temi si veda: M.G. D’Amelio, Acque e macchine idrauliche nell’edilizia
a Roma tra Cinquecento e Seicento, in Architettura e tecnologia. Acque, tecniche e cantieri
di chiara derivazione portiana, come si nota ad esempio quando, nell’architettura rinascimentale e barocca, a cura di C. Conforti e A. Hopkins, Roma,
nel narrare della storia di Napoli, elenca i noti prodigi attribuiti a Nuova Argos, 2002.
71
Virgilio, o quando inserisce nel testo riferimenti all’astrologo greco   Nel suo scritto Nigrone dichiara di aver voluto «desegniare le presenti figure di
fontane con vari modi de trovar l’acque nascoste sotterra, de saperle provare, allaz-
Erasmo Bianchino, operante alla corte di Ferrante de’ Medici, del zare, levellare, condurre et conservare, alzarle da ogni profondità di puczi: et altre
quale possedette un trattato ‘proibito’, per la cui lettura dovette farsi simili, parte ritrovate e parte da diversi authori ricolti», sebbene non li citi espli-
citamente. Nelle tavole del testo vengono illustrati sifoni, «timpani», «mortaletti»,
autorizzare dalla Chiesa68. «animelle», congegni per riprodurre il canto degli uccelli al passaggio dell’acqua e
Ad ogni modo, Borzelli69 nota come egli superasse, per la sua grande pompe di svariati tipi – quasi tutti ritrovabili nei testi quattrocenteschi e in quelli
vinciani – con l’uso di un linguaggio utile a farsi comprendere facilmente dai ca-
esperienza in campo idraulico e meccanico, persino il Branca e il pimastri. Nigrone dice esplicitamente di non voler rivelare nei dettagli come sono
fatti gli ingegni da lui messi a punto per far suonare, cantare e muovere i vari perso-
naggi e animali inseriti nella scena, onde evitare che i propri metodi possano essere
64 appresi da altri prima della pubblicazione del volume. Così, ad esempio, egli affida
  Per citare solo alcune delle fontane realizzate da Nigrone nell’ambito napole- unicamente ai disegni l’illustrazione di vari strumenti per livellazioni, e in partico-
tano, ricordiamo quelle nel giardino di R. Consigliere Scipione de Curtis a Chiaia lare del «regolo a livello» da lui adoperato a Roma quando, nel 1585, si occupò con
e nelle ville di don Pedro de Toledo pure a Chiaia, del figlio don Luise de Toledo Bartolomeo Ammannati e Matteo de Castello della sistemazione delle acque del
a Pizzofalcone, di Giulio Spina fuori Porta Capuana e di Ferrante Carafa marchese Pantano di Grifo presso la villa di Sisto V: strumento unanimemente riconosciuto
di San Lucido a Vico Equense. come il più avanzato di cui si potesse disporre a quell’epoca. BNN, Manoscritti e
65
  Si veda: G.C. Alisio, Napoli nel Seicento nelle vedute di Francesco Cassiano de Silva, Rari, XII. G. 59-60, ms. cit., ff. 261 sgg.
Napoli, Ediz. Scientifiche Italiane, 1984, passim. 72
  A. Giannetti, Gli “istromenti” idraulici…cit., pp. 1-5.
66
  Troviamo quindi, sulla base della mappa geografica, la descrizione delle quattro 73
  Con riferimento al moto perpetuo, come si è visto grande insuccesso della
parti del mondo: Europa, Asia, Africa e Mondo nuovo; per quest’ultimo si indica la ricerca vinciana, l’ingegnere guarda ad esso con scetticismo, come si evince da una
distinzione tra «Perù» (America meridionale) e «Nuova Spagna» (centrale setten- tavola intitolata «Falza oppinione del moto perpetuo: a chi il crede» (ivi, f. 374).
trionale). Particolari osservazioni vengono svolte circa la durata del giorno e della Peraltro, proprio come Leonardo nei «Capitoli aggiunti», in tema di disegno l’in-
notte e conseguente illuminazione solare dei vari paesi durante i periodi dell’anno. gegnere detta quanto è «necessario per aboczare e scolpire un personaggio: avere
67
  A. Giannetti, Gli “istrumenti” idraulici…cit., p. 5. le reule e mesura giusta de le sue membre proporzionate», secondo precisi rapporti
68
  Così, ad esempio, ad Erasmo egli si ispira nelle considerazioni relative ai segni che ricordano molto da vicino quelli illustrati nel ms. A di Parigi: «Del primo pal-
dello zodiaco e alla loro influenza sugli uomini. mo de la testa spartitele in quattro quarte un quarto li capelli, un quarto la fronte,
69
  A. Borzelli, op. cit., p. 10. un quarto il naso, un quarto il resto, insine il sotto spicio de la barba» (ibidem).

Influenza e diffusione del metodo vinciano


91
ci74, Nigrone giunge ad un grado di approfondimento tale da po- sono disteso a tanto e la natura de le acque la qualità et proprietà de
tersi definire sotto questi aspetti un ‘proto-illuminista’, anticipando esse la posso conosciere meglio io che li medici per questo me allargho
le imponenti indagini scientifiche che verranno condotte a partire de dirne78.
dalla seconda metà del XVIII secolo. Interessanti, ad esempio, le
osservazioni relative alle cause degli allagamenti nel territorio sar- Nell’inoltrarsi nella trattazione Nigrone sfoggia un’evidente cono-
nese e nolano, dovuti ai solchi delle lave vesuviane e conseguenti scenza dei temi vinciani su materie quali la nascita dei vulcani, i
impaludamenti, con gravi conseguenze per la salubrità di quel ter- caratteri fisici della «sfera dell’acqua», l’origine e la qualità delle sor-
ritorio. Nigrone non risparmia critiche agli ingegneri della Regia genti e dei pozzi, la salinità delle acque marine. Dei quattro elementi
Corte per non aver saputo riconoscere le vere cause di quel dissesto aristotelici, l’«ingegniero de acqua» giungerà ad esaltare «la gravezza
idrogeologico; ma egli non intende scendere nei dettagli senza un de la terra, la purità de l’acqua, la chiarezza de l’aria, lo splendore
preciso incarico: del fuoco e la sustancia»79�, ritrovandoli come Leonardo nel corpo
umano e recuperando in ciò la concezione cosmologica quattro-
Sopra detto ragionamento io ce potria scrivere assai, con molte par- centesca. Ma conoscere gli elementi primordiali è utile soprattutto
ticolarità, ma voglio tacere per darne pensiero a chi tocca: vero è che per trovare le acque sotterranee:
essennome comannato da superiore darrò raquaglio sufficiente non
sulo de questo, ma de ogni altra cosa dove se tratta de acque et altre Al prencipio del presente libro: Modo facele de ritrovar le acque nascossi
cagione necessarie seconno la mia proffissione: non ce è de l’arte chi sotterra dice et per avere tal connizione bisognia sapere bene la qualità
sappia quel che per questo mio libro ho parlato e scritto se non sanno de li quattro elimente: et non sul questo ma ancho la naturalita de tutte
leggere da chi anno voluto insigniare75. le regione: incomenzanno de l’abisso dela terra insino alultimo cielo
dove sta la grannezza de idio et di questo per naturalita parlaremo80�.
Di Bonito76 ha sottolineato l’importanza nella storia della vulca-
nologia flegrea data dalla descrizione di Nigrone dell’eruzione di Di ognuna di queste quattordici «sfere», dalle viscere della terra fino
Monte Nuovo del 1538, tratta dal racconto di suo padre Tommaso, alla volta celeste, Nigrone dà una precisa definizione, dovendo ogni
che assistette al fenomeno a bordo di una barca in compagnia dell’a- buon professionista conoscerne le proprietà:
mico Marcantonio Delli Falconi, del medico e filosofo Simone Por-
zio e del medico Pietro Antonio Toleto. L’ingegnere svolge anche A che fine il vostro Nigrone autor del presente libro essenno egli in-
una precisa disamina dei «bagni» termali presenti nell’area puteo- cerniero de acque va parlanno o scrivendo de li quattro elimente delle
lana, elencandone le virtù terapeutiche77, come pure un esame ac- sfere dell’inferno spirti e altre cose che per il presente libro se inten-
curato delle caratteristiche delle varie acque presenti nel territorio neno. Non senza occasione me vado destendendo attanto: poiché della
di Napoli, Pozzuoli e Ischia, dilungandosi sulla loro composizione mia professione nessiuno di questi tempi sanno una particella de questi
e sulle reazioni chimiche che conferiscono ad esse qualità uniche: trattati – et questo non sapenno con qual ragione putranno trovar le
acque nascoste sutterra: bisognano intennere la qualità della terra, ac-
Parme che non conviene un ingiegniero de acque parlare de cose de qua, aria e fuoco, e che cosa sia quelle che stanno dentro dette elimente
medesime: questo dire se deve lassare a li medici: ma poi che me ne et loro effette81.

Gli interessi di Nigrone spaziano ancora dall’astronomia – con la


74 trattazione del ciclo lunare e delle maree attraverso semplici esperi-
  Ai ff. 439 sgg. Nigrone tratta delle eruzioni vesuviane e dei terremoti nella storia
napoletana, sottolineando sempre l’evoluzione delle risorse idriche della città nel menti82 – alla strategia militare («Con una vecchia e trista galera des-
corso dei secoli. In particolare, egli descrive con dovizia di dettagli il regime delle sarmata de arboli denne e rime senza nulla persona sopra, reionare
acque nel territorio vesuviano e la sua origine legata all’attività vulcanica. Ai ff. 456
sgg. indaga più in generale le cause dei terremoti e delle eruzioni, riferendo delle una grossa armata de mare»83� grazie a cannoni capaci di sparare al
varie opinioni degli studiosi e proponendo le proprie. Interessante la descrizione primo contatto con una nave nemica), fino all’alchimia84.
dei segni premonitori dei terremoti, a livello astrologico, meteorologico o in rap- I riferimenti a Taccola, a Francesco di Giorgio e a Leonardo tor-
porto al comportamento degli animali, al sapore dell’acqua dei pozzi, ai rumori
che provengono dal sottosuolo. Poi descrive come evitare possibilmente i pericoli nano nella descrizione di mulini e macine idrauliche, di congegni
del terremoto, con riferimento a Napoli, dove «la parte pendente e di fogne più per galleggiare in acqua o scafandri per immergersi in profondità
abondevole è meno noiata da terremoti: che l’altra parte che no è così cioè la parte
di su di detta città – et del monte di Santo Ermo – onde prudentemente anno fatto ed esplorare il fondo marino85, o ancora nel trattare «de multe danni
i fondatori del nuovo castello di Sant’ermo: che ne cavorno molti pozi di profun-
dita grande: e con essi molte cave e grotte gesterne merabile: tutto per schivare li
pericoli di terremoti – similmente habitano nelle case di matoni frabicati a volti: 78
e nel tempo del terremoto è sicura cosa lo stare sotto le volte delle mura e sotto li   BNN, Manoscritti e Rari, XII. G. 59-60, ms. cit., f. 462r.
79
archi delle porte» (f. 459r).   Ivi, f. 260r.
80
75
  Ivi, f. 317v.   Ivi, f. 389r.
81
76
  R. Di Bonito, Una fonte inedita sulla formazione del Monte Nuovo nel 1538: il   Ivi, f. 393v.
82
manoscritto di Giovanni Antonio Nigrone, in «Proculus», a. LXVI, n.s., n. 3 (mag.-giu.   «Segreto per conoscere giusto il punto quando fa il moto la Luna de la sua
1991), pp. 247-256. volta cosa più volte provato» (f. 486v). Si tratta di un semplice esperimento basato
77
  Vediamo dai titoli di quali bagni si tratta, con l’indicazione delle virtù terapeuti- sull’osservazione del moto di una certa quantità di cenere di brace messa all’interno
che delle loro acque: «De le sudature de agniano: bagnio secco» (contro la podagra di una caraffa d’acqua: la cenere si depositerà o intorbidirà l’acqua secondo il moto
o gotta); «De l’acqua de la Bolla» (luogo presso il Monte Spina, sulla via verso lunare. «Or vedete se un’acqua posta dentro una carrafa in quel punto se inturbita
Pozzuoli, acqua ottima per la vista, il fegato, la milza); «Dello Bagnio delli Strunij» tutta volgennose con detta cenere: che deve fare il mare, l’aria, la terra, il sangue
(ossia degli Astroni, per la terapia della voce, della gola, dei denti, dello stomaco, dei dentro il corpo umano insine il vino, oglio che stanno dentro le botte: le acque
polmoni); Bagno di Fuorigrotta, della Juncara, di Bagnoli, della Pietra, della Calatu- insino a quelle che son reposte dentro le cesterne, et altri licori simili».
83
ra, di Subveni Homini, S. Anastasia, Bagno Ortodonico, Solfatara, Cantarello, Bagno   Ivi, ff. 400v-506r.
84
della Fontana, Bagno di Prata presso Tripergole, Tripergole, Bagno di Ranerio, S.   Come la creazione di globi luminosi da collocare alla sommità di un campanile
Nicola, Scrofa, S. Lucia, S. Maria o Archetto, Bagno della Croce, Bagno di Succella- o una torre, basati sull’uso di un «licore re stellato» inserito in una sfera di vetro
rio, presso la Grotta della Sibilla, ecc. per un totale di 40 fonti e impianti termali. Poi con una candela accesa; poi il modo di confezionare un olio artificiale da lucerna
Nigrone descrive le bellezze archeologiche di Baia, il suo porto con i resti antichi, utilizzando le «arille» presenti nella vinaccia. Infine accenna ad una farina di zucca
la grotta Dragonara, le rovine di antichi edifici siti innanzi alla costa e sommersi per per fare pane «bonissimo».
85
l’azione del bradisismo; infine tratta degli impianti termali e delle fonti di Ischia.   A. Olschki, F. Rambelli, op. cit., pp. 1-21. Gli autori hanno giustamente osservato

Capitolo terzo
92
Giovanni Antonio Nigrone, disegni di fontane, da Id., Vari disegni di G.A. Nigrone, 1585-1609, ff. 66v-67r. Napoli, Biblioteca Nazionale,
Ms. XII.G.59

Giovanni Antonio Nigrone, studi di idraulica, da Id., Vari disegni di G.A. Nigrone, 1585-1609, ff. 368v-369r. Napoli, Biblioteca
Nazionale, Ms. XII.G.60

Influenza e diffusione del metodo vinciano


93
Francesco Cassiano de Silva, veduta della strada di Poggioreale ornata con le fontane di G.A. Nigrone, c. 1707. Napoli, Biblioteca Nazionale

che fanno i fiume alle cita et roine»: il problema dell’allagamento Acque Correnti di Carlo Fontana, pubblicato a Roma nel 1696, che
delle città dovuto alle esondazioni fluviali viene affrontato con la pure in ambito napoletano dovette avere una certa risonanza, se la
previsione dell’apertura di canali di drenaggio secondo il metodo presenza del volume è accertata nelle biblioteche delle principali
vinciano dei «navigli»86. istituzioni culturali della città sin dai primi anni del Settecento, ol-
tre che, a partire dal 1811, in quella della Scuola d’Ingegneria, ove è
Per tornare ora a considerazioni più generali, in ambito idraulico, a tuttora consultabile87.
fronte di una ricerca teorica e di una sperimentazione che, da Tac- Un altro passaggio della diffusione del leonardismo a Napoli po-
cola a Francesco di Giorgio a Leonardo, da Antonio da Sangallo a trebbe essere la già accennata attività napoletana, tra il 1609 e il
Domenico Fontana a Vincenzo Scamozzi, per citare solo gli italiani, 1613, dell’architetto e pittore teatino Matteo Zaccolini al fianco di
fino agli inizi del Seicento fa registrare notevoli progressi, sul pia- Francesco Grimaldi per le chiese dell’Ordine, potendo egli aver in-
no della pratica professionale, prima della sistematizzazione operata ciso profondamente con i suoi studi vinciani, specie in materia di
da Bélidor alla metà del secolo successivo con la sua Architecture prospettiva, sulla vicenda della cultura tecnico-scientifica e artistica
Hydraulique non si farà altro che applicare le tecniche già illustrate nella capitale vicereale nel corso della prima metà del XVII secolo:
nell’antichità da Vitruvio e da Frontino, e perpetuate in età moder- purtroppo, però, lo stato attuale delle ricerche non ci consente di
na: ciò è ritrovabile ancora, ad esempio, nell’Utilissimo Trattato delle seguire una traccia che potrebbe risultare preziosa nell’esame degli
sviluppi seicenteschi dell’influenza leonardesca nel Mezzogiorno.
Dagli studi dell’Amodeo88 abbiamo comunque notizia di un vivace
che, se nei grafici che raffigurano il «pappafico», strumento atto a consentire l’im- progresso della scienza napoletana in quell’epoca. Tra le altre figure
mersione umana – utile per lavorare in profondità e raccogliere i materiali come di spicco, egli annovera il cartesiano Tommaso Cornelio, fondato-
coralli e conchiglie da utilizzare nelle sue fontane –, non si riscontrano particolari
innovazioni, la descrizione e illustrazione di una «campana semovente a portantina» re dell’Accademia degli Investiganti, e soprattutto Agostino Ariani
costituisce certamente un’idea originale rispetto ai precedenti studi di Leonardo,
Vallo e Tartaglia, e a quelli coevi di Lorini. Affinità vinciane si ritrovano poi nello
studio di una «Gentura per annare per sopre lacqua», con cui Nigrone perfeziona
87
il salvagente già studiato da Taccola e da Francesco di Giorgio, e indicato nel noto   C. Fontana, Utilissimo trattato dell’acque correnti diviso in tre libri […], Roma,
schizzo di Leonardo del Codice B; nel riprendere poi il discorso già introdotto Stamp. F. Buagni, 1696, con illustrazioni di Alessandro Specchi. Carlo Fontana fu
da quest’ultimo in merito al «guanto palmato», Nigrone fa un deciso passo avanti, attivo in ambito romano e napoletano dalla seconda metà del XVII secolo fino alla
optando per più comode tavolette incernierate alle caviglie, in cui si può ricono- morte (1714), realizzando a Roma le chiese di S. Margherita in Trastevere, S. Maria
scere il primo accenno alle moderne pinne da nuoto. dell’Assunzione, S. Maria dell’Umiltà, la facciata di S. Marcello al Corso, i palazzi
86
  BNN, Manoscritti e Rari, XII. G. 59-60, ms. cit., f. 368v e fig. al f. 369r. Nigrone Grimani, Bolognetti e Bigazzini, e la biblioteca Casanatense; a Napoli, tra l’altro, il
giunge finanche a proporre metodi per il restauro dei dipinti. Ad esempio, egli il- palazzo Ruffo Bagnara. In ambito idraulico fu attivo dall’età di vent’anni (1660); dal
lustra una tecnica «per anettare uno quatro seu cona ad oglio o tempera: che parerà 1690 fu «architetto dell’Acqua Paola», occupandosi del progetto di innalzamento
nuovo ma non toccare l’oro se ce fosse» (f. 515r), poi un’altra per «Nettare l’oro» e del livello del lago di Bracciano e dell’alimentazione di numerose fontane romane;
per fare «vernige fina», proponendo anche una speciale colla per riparare cisterne. infine dal 1692 al 1702 progettò ed eseguì il restauro dell’acquedotto Traiano dalle
Infine elenca gli ingredienti per fare un inchiostro «fino» o uno stucco per incollare sorgenti della Tolfa fino a Civitavecchia. Si veda Aa.Vv., Libri antichi e rari delle Bi-
marmi o conchiglie alle fontane, e motivi decorativi da fare con conchiglie sulle blioteche d’Ateneo, Napoli, Università di Napoli Federico II, 2004, scheda di M.G.
fontane. Alla fine del testo l’autore esalta se stesso, affermando che in tema di acque Ronca, pp. 184-185; M.G. D’Amelio, op. cit., pp. 150-152.
88
«Nigrone de questo e altro mai non erra» e giungendo a raffigurarsi nelle vesti di   F. Amodeo, Vita matematica napoletana. Studio storico, Napoli, Tip. Accademia
Nettuno che guida cavalli marini. Pontaniana, 1924.

Capitolo terzo
94
(1672-1748), autore di importanti scoperte e scritti di trigonometria,
meccanica, astronomia e prospettiva89: questi fu, tra l’altro, inventore
di un meccanismo atto a rendere mobile l’asse delle ruote anteriori
delle carrozze, usato ancora alla fine dell’Ottocento. L’Ariani, con
altri matematici, fece parte dell’Accademia reale delle Scienze, isti-
tuita nel 1696, che risulta però inattiva già qualche anno dopo, sul
volgere del viceregno spagnolo, riprendendo a funzionare solo alla
fine di quello austriaco.
Considerando dunque la continuità e il particolare taglio degli
studi scientifici in ambito meridionale fino alla metà del Sette-
cento, non meraviglia la fortuna che, specie negli ultimi decenni
del secolo dei Lumi, toccherà alla lezione di Leonardo nella sfera
napoletana, di pari passo con lo sviluppo del metodo sperimenta-
le e delle scienze applicate nei vari ambiti dell’ingegneria civile
e militare, nonché della rappresentazione dell’architettura e del
paesaggio. La metodologia vinciana, dopo essersi confrontata nel
corso del Cinquecento con l’ancora diffusa dottrina neoplatonica e
la persistente autorità del metodo deduttivo, entro la fine del XVII
secolo supererà anche la tradizione sintetica in ambito matema-
tico e geometrico, radicandosi direttamente nello sperimentali-
smo tracciato da Galileo e persino nella nuova concezione spaziale
non euclidea, e trovando un logico prosieguo, nell’Età dei Lumi,
nell’affermazione del metodo analitico-induttivo.
Come abbiamo visto, un’altra preziosa traccia dei manoscritti vincia-
ni va ritrovata ancora a Napoli, durante il viceregno austriaco, nella
ricchissima biblioteca del duca di Cassano, vale a dire quell’apografo
che, redatto a Roma nel 1717 all’atto dell’acquisto, da parte del con-
te di Leicester, del codice originale che ne prese il nome, dovette
giungere non si sa come ai Cassano, venendo sicuramente consultato
dai tanti studiosi che frequentarono il salotto di Monte di Dio; si è Giovanni Antonio Nigrone, macchina idraulica, da Id., Vari disegni di G.A.
Nigrone, 1585-1609, f. 279v. Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. XII.G.59
detto come l’apografo fosse stato poi donato a Bossi nel 1810 e in-
fine acquistato un decennio più tardi dalla Biblioteca di Weimar90.
I contenuti di questo testo, soprattutto nell’ambito della scienza e 173392, quasi un secolo dopo quella parigina del 1651 e ad un decen-
dell’ingegneria idraulica, dovettero essere studiati a fondo proprio nio dalla londinese (1721) e dalla tedesca (1724)93.
grazie alla disponibilità da parte dei Cassano a renderlo consulta- La dedica dell’edizione napoletana a «Monsignore Ercole d’Aragona
bile, contribuendo certamente a tenere vivo il già fervido dibattito de’ Principi di Cassano»94 ci rimanda a quanto già abbiamo conside-
scientifico napoletano, destinato a raggiungere livelli di assoluto pre- rato circa l’importanza culturale di quella famiglia95: di quest’opera,
stigio sul volgere della metà del secolo. Ma, agli studi e alle ricerche curata da Niccolò Parrino, figlio del più noto Domenico Antonio
nel campo delle scienze pure, vanno aggiunti – per i diretti riscontri (autore ed editore, tra l’altro, delle famose guide di Napoli del 1704
nell’ambito didattico, sia nei corsi di matematica tenuti nella Regia
Università, sia nella preparazione dei tecnici militari – quelli nelle
scienze applicate, in particolare nella teoria e nelle tecniche della 92
  Trattato della Pittura di Lionardo da Vinci nuovamente dato in luce, colla vita dell’istesso
rappresentazione: è noto come, proprio nell’ambiente della capitale autore, scritta da Rafaelle du Fresne. Si sono giunti i tre libri della Pittura, ed il trattato della
del viceregno austriaco, in un clima di particolare fervore artistico, la Statua di Leon Battista Alberti, colla vita del medesimo, e di nuovo ristampato, corretto, ed a
maggior perfezione condotto, Napoli, stamperia di F. Ricciardo, 1733. Cfr. E.Verga, Bi-
corrente pittorica e architettonica che, sotto l’influenza dei Bibiena, bliografia vinciana 1493-1930, Bologna, Zanichelli, 1931, p. 8; Leonardo e il leonardismo…
da Francesco Solimena giunge a Domenico Antonio Vaccaro e a cit., scheda di A.Vezzosi, p. 143.
93
  K.Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s Trattato della pittura (Treatise on painting):
Ferdinando Sanfelice91 facesse delle nuove tecniche del disegno, del- a bibliography of the printed editions, 1651-1956 based on the complete collection in Elmer
la geometria non euclidea, della prospettiva all’infinito e del trompe Belt Library of Vinciana, Copenhagen, Munksgaard, 1958, pp. 159-163. La studiosa,
l’oeil i propri strumenti di lavoro. Spetterà così ancora a Napoli il ripresa poi da Vezzosi (Leonardo e il leonardismo…cit., scheda di A. Vezzosi, p. 143),
fa pure riferimento ad una presunta edizione del Trattato eseguita nel 1723 ancora
privilegio della prima edizione italiana del Trattato della Pittura nel a Napoli e presente in unica copia presso la Biblioteca Marciana di Venezia; ma di
essa, stranamente, non esistono altri esemplari noti, come è confermato dal Verga
(op. cit., pp. 6-8): dunque la Steinitz, anche sulla scorta di altri errori riscontrati nella
copia citata, oltre che della mancanza, in essa, di parti importanti – la vita e i trattati
di Leon Battista Alberti sulla pittura e sulla scultura, nonché le «Osservazioni di
89
  In particolare, l’Amodeo segnala il Parere del primario professore delle scienze ma- Nicolò Pussino sopra la Pittura», presenti invece nell’edizione del 1733 – ipotizza
tematiche delli Regi Studi di Napoli intorno alla quadratura del cerchio del P.D. Ercole che potrebbe trattarsi semplicemente di una prima bozza, in cui la data del 1723
Corazzi olivetano, Napoli, s.n., 1706, e Discorso nel quale si dimostra la soluzione che dà sarebbe errata, e conclude auspicando un’indagine più approfondita sull’attività
al famosissimo Problema fisico-matematico: Dell’Accrescimento della Forza del Contropeso, della tipografia napoletana di Francesco Ricciardo. Cfr. pure V. Steele, The first
che chiamano Romano, della Stadera col solo scostarlo dal punto della suspensione, che però Italian printing of Leonardo da Vinci’s Treatise on Painting: 1723 or 1733?, in «Notiziario
non risulta dato alle stampe. vinciano», n. 1 (1980), pp. 3-24.
90 94
  Cfr. Leonardo e il leonardismo…cit., scheda di A.Vezzosi, p. 138 e figg. 313-316.   Ercole Michele Aierbi d’Aragona dei Principi di Cassano, personaggio di par-
91
  Su questi due importanti protagonisti dell’architettura napoletana del primo ticolare importanza nell’ambito della famiglia, sarebbe divenuto vescovo di Aversa
Settecento, oltre all’ampia bibliografia esistente, cfr. il recente studio di B. Grava- nell’agosto 1735, morendo nel 1761.
95
gnuolo, Architettura del Settecento a Napoli dal Barocco al Classicismo, Napoli, Guida,   Cfr. T. Leone, Il Palazzo Serra di Cassano. Struttura, passato e presente, Napoli,
2010, pp. 91-124. Istituto Studi Filosofici, 1999.

Influenza e diffusione del metodo vinciano


95
Giovanni Antonio Nigrone, strumenti e tecniche per la livellazione di acquedotti, da Id., Vari disegni di G.A. Nigrone, 1585-1609, ff. 267v-
268r. Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. XII.G.59

Giovanni Antonio Nigrone, strumenti e tecniche per la livellazione di acquedotti, da Id., Vari disegni di G.A. Nigrone, 1585-1609, ff. 268v-
269r. Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. XII.G.59

Capitolo terzo
[96]
Giovanni Antonio Nigrone, planisfero, da Id., Vari disegni di G.A. Nigrone, 1585-1609, ff. 66v-67r. Napoli, Biblioteca Nazionale, Ms. XII.G.60

e del 172596 ), e ben stampata da Francesco Ricciardo, vanno segna- le riedizioni parigine del 1716 e del 1725 – sebbene riconosca la
lati, al di là dell’impianto e dei contenuti del testo, identici a quelli maggiore ricchezza di contenuti del testo rispetto agli altri98.
dell’editio princeps (ivi compresi la vita e i trattati di Alberti sulla Nella premessa di Parrino – tralasciando la messe di lodi e l’esalta-
pittura e la scultura), la nuova aggiunta delle Osservazioni di Nicolò zione dinastica di Ercole d’Aragona di Cassano – notiamo come l’e-
Pussino Sopra la Pittura (edite per la prima volta a Roma nel 1672 ditore Ricciardo si ponga in perfetta continuità con l’opera di diffu-
all’interno delle Vite de’ pittori e architetti moderni di Giovanni Pie- sione dei testi vinciani già intrapresa con l’edizione francese del 1651:
tro Bellori) e la pregevole fattura dei grafici, tratti da rami incisi
da Francesco Sesoni97. Tra le molte opere, che di se lasciaron Lionardo da Vinci, e Leon Bat-
Sorprende come un critico raffinato del livello di Angelo Comolli tista Alberti, le migliori senza dubbio quelle sono da reputarsi, le quali
non apprezzi di quest’edizione (che peraltro egli data erroneamente intorno alla Pittura composero. Ed infatti essendo queste verso la metà
al 1735) la qualità dell’intaglio delle immagini – come invece fa per del passato XVII secolo a Parigi pervenute; non solamente dal nostro
italiano idioma, in cui erano state da costoro scritte, nel Francese trasla-
te, pubblicolle il Sig. di Ciambre [sic]; ma non molto dappoi usciron pur
96
  Cfr. Della moderna distintissima descrizione di Napoli il suo seno cratero, esposta a gli anche ivi alla luce secondo gli originali manoscritti de’ chiarissimi dotti
occhi, & alla mente de’ curiosi: cittadini, e forastieri. Dandosi esatta notizia in questa seconda
parte, delle ville, terre, e citta, che giacciono intorno dell’uno, e l’altro lato dell’amenissima autori; e’l diligentissimo Raffaelle Trichet du Fresne, che n’ebbe la cura,
riviera del suo golfo, o sia cratero; l’isole di Capri, di Procida, e d’Ischia, con tutte l’antichita l’estimò tali, che al glorioso immortal Nome di Cristina Alessandra Rei-
curiosissime di Pozzuoli [...] Opera ed industria di Domenico Antonio Parrino natural na di Svezia dedicolle. Or queste Opere stesse veggendo io già rarissime
cittadino napoletano, Napoli, presso il Parrino, 1704; Nuova guida de’ forastieri per os-
servare, e godere le curiosita piu vaghe e piu rare della fedelissima gran Napoli citta antica e divenute, e da’ Letterati tutti, nonché da’ Professori di sì vaga e nobile
nobilissima, in cui si da anco distinto ragguaglio delle varie opinioni dell’ origine di essa ... Arte liberale, assai desiderose e richieste; determinai perciò di ristamparle.
ricavato dagl’ autori impressi e manoscritti che di essa trattano; adornata con figure delle sue
piu nobili vedute intagliate in rame. Opera di Dom. Antonio Parrino accresciuta con nuove e
moderne notizie da Nicolo suo figlio, Napoli, presso il Parrino, 1725. L’operazione si inserisce a pieno titolo tra le lodevoli iniziative edi-
97
  K. Trauman Steinitz, Leonardo da Vinci’s…cit., p. 166. Non esiste l’edizione na- toriali che, sin dal volgere del Seicento, Domenico Antonio Parrino
poletana del 1701 citata dalla Pierantoni (A.C. Pierantoni, Studi sul Libro della Pit-
tura di Leonardo da Vinci, Roma,Tip. Scotti, 1921, p. 55). Infine va notato che il fronte-
spizio della copia del 1733 cui si riferisce la Steinitz, conservata presso la Elmer Belt
Library of Vinciana (Los Angeles), è diverso dalla copia napoletana della stessa edi-
98
zione che si conserva alla Biblioteca Nazionale di Napoli, cui ci riferiamo, recando   A. Comolli, Bibliografia storico-critica dell’architettura civile ed arti subalterne, Roma,
uno stemma differente e mancandovi la dicitura in calce «ad istanza del Parrino». Stamperia Vaticana, 1788-92, III, pp. 196-197.

Influenza e diffusione del metodo vinciano


97
aveva animato99, perpetuandosi la tradizione di una Napoli attenta
al dibattito e all’aggiornamento in ambito scientifico e artistico che
caratterizzò il periodo di passaggio dal viceregno spagnolo a quello
austriaco, a cavallo cioè dei secoli XVII e XVIII.
Nella seconda metà del Settecento, dunque, sull’onda del successo
dei precetti vinciani favorito dall’edizione napoletana del Trattato,
si dovrà ripartire proprio da Napoli, e da Vincenzo Corazza, per il
prosieguo della vicenda relativa alla diffusione del pensiero di Leo-
nardo nell’Italia illuminista. Peraltro la presenza del citato apografo
nella biblioteca dei Cassano ci fa pensare che, nella frequentazione
di quel colto salotto da parte degli stessi intellettuali che, come ve-
dremo, facevano capo al cenacolo del duca di Belforte, il codice