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RICERCHE

Collana del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti

VI

Martiri, santi, patroni: per una archeologia della devozione


Atti X Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana
Universit della Calabria Aula Magna, 15-18 settembre 2010 a cura di

Adele Coscarella - Paola De Santis

Universit della Calabria


2012

La Processione dei Martiri in S. Apollinare Nuovo a Ravenna


Isabella Baldini Lippolis
The testimony of Giovan Francesco da Carpi (Malezappi), in 1586, allows to add new details to the knowledge of the mosaics with female and male martyrs in St. Apollinare Nuovo (Ravenna). This source, in fact, witnesses the original presence of St. Stephen, who would anticipate St. Martin in the male procession. This element can be analyzed in relation to the possible meaning of the two processions in the monument history and, more generally, in the development of the religious identity of Ravenna during the 6th century.

1. Lo status quaestionis e il manoscritto Malezappi I cortei delle sante e dei santi nel registro inferiore della basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna fanno parte, come noto, del rifacimento musivo volto a cancellare tra il 557 e il 570 ogni testimonianza del passato ariano del monumento (Fig. 1)1. Gi Andrea Agnello distingue nel mosaico due fasi, delle quali era evidentemente informato da fonti epigrafiche o darchivio; non parla di una riconversione iconografica, ma si limita a segnalare gli interventi del vescovo suo omonimo2. Nel tempo, tuttavia, emerso in maniera evidente dallesame della decorazione musiva che si era trattato di un rifacimento decorativo particolarmente esteso e impegnativo, accompagnato da interventi puntuali, come quelli operati nei due pannelli del Palatium e della Civitas Classis3.
Sul provvedimento di reconciliatio del 557 v. Cavarra et alii 1991 pp. 404-405, n. 10 (del 565-570); Agnelli Ravennatis Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis, ed. D. Mauskopf Deliyannis, Turnhout 2006 (di seguito abbreviato LP), 86-89, pp. 253-257). Sullattivit di Agnello: Mazzotti 1971; Cosentino 1996, pp. 111-112. Oltre alla chiesa palatina di Teoderico, sarebbero state riconsacrate durante il suo episcopato la cattedrale ariana (a S. Teodoro) con il battistero (a S. Maria in Cosmedin), le chiese di S. Eusebio e di S. Giorgio de tabula (dediche cattoliche), S. Sergio in Viridario a Classe, di S. Zenone a Cesarea (LP 86, pp. 253-254). Inoltre, sarebbero state effettuate la decorazione musiva dei sacelli dei Ss. Matteo e Giacomo presso la basilica Petriana di Classe e la costruzione del monasterium di S. Giorgio presso Argenta (LP 89-91, pp. 256-257). Sulla basilica e sulla sua decorazione: Penni Iacco 2004; Penni Iacco 2007, con bibliografia precedente. Sulla cultura artistica e larchitettura di et gota a Ravenna: Rizzardi 1989; Rizzardi 1994; Rizzardi 2001; Rizzardi 2012, edito quando il presente articolo era stato gi consegnato per la stampa. 2 LP 86-88, pp. 253-254: Igitur reconciliauit beatissimus Agnellus pontifex infra hanc urbem ecclesiam sancti Martini confessoris, quam Theodoricus rex fundauit, quae uocatur Caelum aureum; tribunal et utrasque parietes de imaginibus martirum virginumque incedentium tessellis decorauit;.Ex Ravenna egrediuntur martires, parte uirorum, ad Christum euntes; ex Classis uirgines procedunt, ad sanctam Virginem uirginum procedentes. 3 Sulle analisi eseguite sui sottofondi musivi: Bovini 1966b. V. anche Urbano 2005, pp. 80-81, con bibliografia precedente. Non sono precisabili, invece, le modifiche apportate allarco trionfale, dove Andrea Agnello ancora leggeva con difficolt liscrizione dedicatoria, dati i danni inferti nella prima met dellVIII secolo da un terremoto a questo settore delledificio: LP 86, p. 254. V. a questo proposito, Fiaccadori 1977, secondo il quale liscrizione riportata da
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Fig. 1. S. Apollinare Nuovo, mosaico raffigurante il palatium.

Limportanza ideologica di tale epurazione ben evidente, anche considerando la sua unicit ad una scala cos ampia. infatti necessario sottolineare che gli esempi noti in et tardoantica di damnatio memoriae coinvolgono in genere singoli personaggi, vinti o caduti in disgrazia4 oppure elementi figurativi pertinenti o assimilati allambito pagano5 e solo eccezionalmente le espressioni iconografiche di gruppi religiosi antagonisti6: questo determina una scarsa incidenza del fenomeno allinterno degli edifici di culto. Oltre a ci, sebbene siano ben documentate le sostituzioni iconiche a seguito di eventi militari o politici7 o, soprattutto nel caso della scultura, per ragioni pratiche di riutilizzo8, sono rari i casi che riguardino membri del clero9. Nei pochi esempi noti, comunque, sembra sempre rispettato il principio di uno scambio figurativo alla pari, secondo il ruolo sociale o gerarchico, reale o metaforico. Tale prassi

Agnello risalirebbe ad un restauro dellepoca di Astolfo. Lespressione in nomine Domini nostri Iesu Christi non farebbe riferimento inoltre allintitolazione originaria della chiesa al Salvatore, ma sarebbe una invocatio convenzionale. V. anche Penni Iacco 2004, pp. 31-32 e pp. 83-84. Della decorazione della facciata interna sopravvive solo il pannello musivo con il ritratto di Giustiniano, che secondo alcuni farebbe parte dellepurazione agnelliana: su questo problema v. Baldini Lippolis 2000, con bibliografia precedente. 4 Nellambito di una casistica vastissima, v., ad esempio il decreto di damnatio nei riguardi di Eutropio, del 399 (CTh 9.40.17, commentato in Stewart 1999, p. 161): si tratta, in queste situazioni, di azioni legali con pesanti conseguenze economiche e sociali sullindividuo colpito e sulla sua famiglia. 5 Sono numerosissimi gli interventi rivolti contro le statue: Stewart 1999; Baldini Lippolis 2009; Kristensen 2009. 6 V. ad esempio gli interventi distruttivi contro le sinagoghe raccolti in Wharton 2000. 7 Un episodio spesso ricordato quello di Attila, che nel palazzo di Milano fece sostituire limmagine dei sovrani su troni doro, con gli Sciti prostrati ai loro piedi, con quella di se stesso e della propria corte, dopo aver cancellato gli imperatori fino alle spalle: Suidae Lex. III, 747. 8 V., ad esempio, i numerosi esempi di sostituzione della testa: sulla documentazione di Gortina v., ad esempio, Baldini Lippolis 2009. 9 Un raro esempio quello ravennate riguardante il vescovo Ecclesio, sostituito con Massimiano nei mosaici del presbiterio di S. Vitale: Andrescu Treadgold 1992, pp. 203-204; Andrescu Treadgold 1994.

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deve essere tenuta presente anche nel caso della basilica ravennate, per comprenderne il significato e il carattere di eccezionalit nellambito delle espressioni figurative del VI secolo. Un primo aspetto da valutare infatti quello della decorazione teodericiana precedente. Lesame autoptico condotto durante gli interventi di consolidamento e i saggi degli anni 50 del secolo scorso, ha permesso solo di verificare lesistenza di un fondo aureo nella parte superiore dei registri e di un bordo verde scuro in basso, senza fornire altre indicazioni10. In mancanza di dati concreti, viene comunque generalmente ipotizzato che la processione dei santi abbia sostituito scene con riferimenti specifici al culto ariano11, oppure un corteo di dignitari del re goto12. Nel secondo caso tuttavia, anche ritenendo eventualmente possibile lequiparazione tra un corteo terreno e un corteo celeste secondo il principio della sostituzione alla pari, sembra strano che per il rifacimento non siano state considerate sufficienti lo scambio delle teste dei personaggi e laggiunta degli attributi (le corone e le iscrizioni identificative), secondo una prassi attestata anche a Ravenna13, ma si sia preferito operare un rifacimento integrale, estremamente impegnativo ed oneroso. altrettanto difficile, daltra parte, avanzare congetture sulla possibile decorazione ariana, caratterizzata da elementi dogmatici cos significativi da rendere necessaria unepurazione integrale. In sostanza si deve per il momento considerare irrisolto il problema dellidentificazione del programma decorativo teodericiano relativamente a questo settore della chiesa, almeno finch non vengano condotte indagini estensive sui sottofondi musivi14. importante rilevare, invece, che per quanto non siano sopravvissuti confronti coevi per una scena analoga e con un tal numero di personaggi15, considerando lo spazio occupato dalle 48 figure attualmente visibili e la presenza di altre, poi eliminate, nei due pannelli del palatium (7) e della Civitas Classis (5), lo schema compositivo rientra perfettamente nella tradizione iconografica classica della processione, sia come unico evento nella stessa unit di tempo e di luogo, sia come rappresentazione simbolica di episodi e realt culturali e topografiche in sequenza. Questa chiave di lettura, consona al sistema della narrazione iconografica tradizionale, non pu essere esclusa nella ricerca interpretativa sul significato della rappresentazione, soprattutto nel tentativo di comprendere le motivazioni delle scelte operate nella selezione dei personaggi e nel loro ordine. Nellambito di un ampio dibattito, tra gli unici dati certi sarebbe la posizione preminente di Martino, in quanto titolare della basilica e noto oppositore degli eretici16. Le giustificazioni addotte per spiegare la presenza delle altre figure prevedono invece generalmente un raggruppamento per categorie (santi locali, pertinenti alla liturgia romana o milanese, ordine del calendario liturgico, etc.), senza che per sia stato possibile riconoscere un unico criterio che regoli collocazione e associazione dei personaggi17.

Bovini 1952, pp. 103-104; Bovini 1966a, pp. 54-56; fu constatata anche la pertinenza della raffigurazione dei Magi alla fase agnelliana. Sulle fasi del mosaico v. anche Ricci 1933. 11 Bovini 1952, pp. 103-104; Bovini 1966a, p. 52. 12 Lanzoni 1916, p. 93 (personaggi della corte, accompagnati da vescovi ariani). Sulla corte di Teoderico: Pietri 1992, pp. 296-297. Sullideologia religiosa ariana in riferimento al ciclo cristologico: Deliyannis 2010, pp. 153-158, con bibliografia precedente. 13 V. nota 9. 14 Penni Iacco 2004, pp. 38-39, con bibliografia. V. anche Iannucci 1990, pp. 244-245. 15 Le indicazioni delle fonti permettono di far ipotizzare lesistenza di raffigurazioni simili solo a Roma e a Costantinopoli, senza la possibilit, tuttavia, di un riscontro diretto. A Roma, in S. Maria Maggiore, liscrizione dedicatoria a mosaico, ad esempio, alludeva alla raffigurazione di martiri recanti corone: Bovini 1971, pp. 147-148; in S. Agata dei Goti il catino absidale era decorato con i dodici apostoli a figura intera incedenti verso Cristo: Bovini 1971, pp. 229-236. A Costantinopoli il soffitto della Chalk, secondo la descrizione di Procopio (De aed. X, 16-19), raffigurava la famiglia imperiale con Belisario, senatori, popoli vinti e scene di battaglia: McCormack 1981, pp. 73-74, con bibliografia precedente. Lunghi cortei di personaggi erano rappresentati nei rilievi della colonna coclide di Arcadio, in un contesto tuttavia completamente diverso: Faedo 2001, p. 610. 16 Lucchesi 1971, p. 65. 17 Secondo F. Lanzoni, ad esempio, si tratterebbe dei santi nominati nel Canone ravennate della Messa nel VI secolo:
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Le diverse interpretazioni sembrano in ogni caso aver tenuto in scarsa considerazione le numerose interpolazioni subite dal mosaico nel corso dei secoli. In particolare un intervento rilevante attestato nel XVIII secolo, quando un organo venne incassato nella parete destra nello spazio corrispondente alle figure di Cristo e di S. Martino, che furono obliterate e in parte distrutte (Cristo per met; S. Martino quasi completamente) (Fig. 2)18.

Fig. 2. Ricostruzione della lacuna causata dallorgano cinquecentesco incassato nella parete destra della basilica.

La parte destra, con Cristo in trono, due angeli e S. Martino, com noto, fu restaurata da F. Kibel nella seconda met dell80019 senza aderenza alloriginale e con laggiunta fantasiosa di una sorta di scettro al posto del libro aperto nelle mani del personaggio principale. Che questultima fosse invece liconografia originaria noto da una fonte importante ancora inedita, Gianfrancesco Malezappi, che nel 1586 descriveva limmagine e addirittura poteva leggere ancora sul libro aperto il versetto Ego sum rex mundi20. Tale

Lanzoni 1916. O. von Simon vi vedeva la celebrazione di una rinnovata concordia tra le chiese di Roma, Ravenna e Milano: Von Simon 1948, p. 88. G. Lucchesi (Lucchesi 1971) respingeva lipotesi di Lanzoni, ritenendo priva di fondamento lipotesi che esistesse unanafora ravennate non pervenuta diversa da quelle romana e ambrosiana e proponeva invece che si trattasse di una raffigurazione dellofferta mistica a Dio da parte dei santi che accompagnano simbolicamente il popolo ravennate; lordine avrebbe seguito quindi un criterio di popolarit nellambito della chiesa locale; Martino sarebbe lunico a non vestire di bianco perch non sottoposto al martirio: Lucchesi 1971, pp. 67-69. V. anche Morini 1992: lo studioso non condivide la proposta di Testi Rasponi (Testi Rasponi 1924) che i cortei siano una trasposizione visiva delle memorie che scandivano a Ravenna la recita del canon Missae. Per ultima D. Mauskopf Deliyannis ritiene che si tratti di una lista di santi whose choice was based upon conditions that we can no longer reconstruct (Deliyannis 2010, p. 168). Sul dibattito v. anche: Morini 1992; Penni Iacco 2004, pp. 76-78, con bibliografia precedente. 18 V. nota 17. 19 Bovini 1966b, pp. 99-103. 20 Foglio 201 delle Croniche della Provincia di Bologna dei Frati Minori Osservanti di San Francesco, raccolte da Frate Giovan Francesco da Carpi del medesimo ordine lanno M.D.LXXX per commissione del Rmo Padre Ministro Generale di tutta la religione Franciscana lIllustrissimo Frate Francesco Gonzaga. Il manoscritto originale, gi conservato presso i Padri Francescani dellAntoniano di Bologna, scomparso da oltre dieci anni, ma ne rimangono fortunatamente una copia anastatica rilegata in sei fascicoli e una trascrizione del testo, ancora inedita, eseguita da P. Cesare Tinelli. Lopera illustra con precisione il convento dei Frati Minori Osservanti di S. Francesco della chiesa di S. Apollinare Nuovo di Ravenna. Dopo la storia dellordine e della chiesa, viene fornita una lista delle opere di restauro eseguite dai Frati nel corso degli anni e degli elementi strutturali e decorativi del monumento, concludendo con lelenco delle reliquie presenti nella chiesa.

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testimonianza, confermata anche da Flaminio da Parma nel 176021, stata ritenuta assolutamente attendibile dagli studiosi successivi, che hanno dato fede anche a tutti gli altri elementi contenuti nella presentazione del Malezappi. Lunica difficolt nella descrizione di questultimo il particolare di una figura che precederebbe S. Martino nel corteo maschile: lerudito ravennate, infatti, afferma senza incertezze di scorgere, primo della fila, S. Stefano22, elemento che non viene in genere riportato dalla storiografia

Fig. 3. Ricostruzione delle prime figure del corteo maschile secondo la descrizione del Malezappi.

ravennate oppure ritenuto uninvenzione. S. Muratori, ad esempio, nel 1916 pensava con argomenti contraddittori ad un fraintendimento, oppure ad unaggiunta dipinta in et imprecisata, non potendo accettare che nel ciclo musivo della chiesa intitolata a S. Martino questi figurasse al secondo posto23. La validit della testimonianza del Malezappi, per, non pu essere ignorata o considerata falsa a priori: lesistenza di un personaggio davanti a S. Martino infatti resa quasi obbligatoria dalla simmetria della composizione, essendo evidente che il restauro ottocentesco ha cercato di colmare la distanza tra le figure allargando in maniera anomala i due angeli di destra e non riuscendo comunque a riempire unampia lacuna, tanto da lasciare uno spazio vuoto a sinistra di Martino. Quindi, non soltanto non possibile accettare solo una parte del resoconto del Malezzappi e rifiutarne unaltra, considerando lo specifico contesto descrittivo che la caratterizza, ma anche la ricostruzione grafica ipotizzabile (Fig. 3)24 suggerisce chiaramente la validit della sua testimonianza e mostra la necessit di prevedere un ulteriore personaggio. La presenza di S. Stefano protomartire avrebbe peraltro un significato pregnante nellambito della riconversione della basilica in una prospettiva antiariana, avendo egli reso la propria testimonianza di fede

Questi riferiva che nel 1699 lorgano era stato asportato dalla parete, sulla quale si conservava ancora parte della figura di S. Martino con liscrizione relativa. Si era deciso allora di integrare lampia lacuna a pittura, completando limmagine del vescovo di Tours e aggiungendo due angeli e met del Salvatore: Flaminio da Parma, Memorie istoriche dellosservante provincia di Bologna, Parma 1760, pp. 291-292. V. anche Bovini 1966b, p. 101. 22 Foglio 201: in ordine il primo santo Stefano, per essere primo dei Martiri, quale col braccio dimostra Cristo stendendo la mano, et poi segue san Martino; perch primieramente gli fu consacrata la Chiesa; et a questi duoi santi parimenti in piedi, seguitano molti altri martiri, vestiti di bianco, coi nomi loro. 23 Muratori 1916, pp. 67-73: lintroduzione di S. Stefano sarebbe stata un mezzo capriccio chiesastico, una specie di preferenza agiografica a cui si lasciasse andare, che so io, un abate del Monastero, persuaso che la mancanza del protomartire fosse una lacuna. 24 Si tratta di unipotesi grafica che utilizza come schema puramente indicativo il mosaico absidale della chiesa romana dei SS. Cosma e Damiano.
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proprio affermando di vedere Cristo seduto nella gloria alla destra del Padre25, concetto che risulterebbe chiaramente espresso dal gesto del santo nel mosaico e dal contesto stesso della scena. Tale circostanza, naturalmente, comporta ulteriori riflessioni sulla scelta e sullordine dei santi nei due cortei musivi e sul significato che tali culti rivestivano a Ravenna allepoca della riconsacrazione della chiesa ariana al culto ortodosso (Fig. 4).

Fig. 4. S. Apollinare Nuovo, processione dei santi martiri (part.).

2. Il corteo maschile Per quanto riguarda il corteo maschile, al primo posto, ma in una collocazione particolare rispetto al corteo dei martiri sarebbe quindi S. Stefano (I): la devozione per il santo, diacono e martire26, ben attestata in citt gi tra la fine del IV e gli inizi del V secolo nelloratorio dei SS. Stefano, Gervasio e Protasio situato a Cesarea, presso la chiesa cimiteriale di S. Lorenzo citata da Andrea Agnello: il complesso, com noto, sarebbe stato fatto costruire da Lauricio, cubiculario di Onorio27. ipotetica invece lesistenza di un monastero di S. Stefano gi nel V secolo nella zona suburbana di via SantAlberto, che secondo una tradizione medievale risalirebbe alla donazione di una notabile ravennate di nome Germinella28. Nel 550 il culto del protomartire diviene centrale nella chiesa detta Maggiore, fatta costruire dallarcivescovo Massimiano che vi fece porre reliquie di martiri e apostoli29: nel mosaico dellarco absidale, unepigrafe ricordava la presenza dei resti del santo titolare e il suo ruolo di protomartire30. Un

At 7,55-60.8,1-2. Sulla diffusione delle reliquie del santo nel V sec. dalla Palestina a Costantinopoli, a Minorca, in Africa, a Roma, in Gallia, in Hispania: Chavarra Arnau 2009, p. 34, con bibliografia precedente. 27 LP 36, pp. 187-189. V. anche Farioli Campanati 1992, pp. 129-132 (ricorda lanalogia tra la situazione di Cesarea e quella costantinopolitana per lassociazione tra il culto di S. Lorenzo e quello di S. Stefano); Cirelli 2006, p. 237, n. 166; Deliyannis 2010, pp. 61-62. 28 Il monastero noto con sicurezza dallXI secolo: Cirelli 2006, pp. 269-270, con bibliografia precedente. 29 LP 72, p. 241: Pietro, Paolo, Andrea, Zaccaria, Giovanni Battista, Giovanni Evangelista, Giacomo, Tommaso, Matteo, Stefano, Vincenzo, Lorenzo, Quirino, Floriano, Emiliano, Apollinare, Agata, Eufemia, Agnese ed Eugenia. 30 LP 72, p. 241. Sulledificio: Deliyannis 2010, pp. 255-256, con bibliografia precedente.
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monasterium di Classe associava dal VI secolo lintitolazione allo stesso santo e quella di S. Giovanni31 e un altro edificio religioso probabilmente risalente al periodo paleocristiano era quello di S. Stefano de Marmorata, fuori Porta S. Vittore32. Limportanza del culto ravennate di Martino di Tours (II), titolare della basilica dopo la riconsacrazione agnelliana33, ribadita anche dalla Vita del santo composta da Venanzio Fortunato attorno alla met del VI sec.34. Risulta invece pi difficile comprendere la ragione della presenza nel mosaico al terzo e quarto posto dei due papi Clemente I (III), e Sisto II (IV); il secondo dei due personaggi venne martirizzato attorno alla met del III secolo insieme a Lorenzo (V), posto immediatamente dopo nel corteo. Questo santo era venerato gi nel V secolo nella basilica cimiteriale di Cesarea fatta realizzare da Lauricio35; nel VI secolo, inoltre, reliquie del martire romano erano conservate anche in S. Stefano36. Segue nella processione Ippolito (VI), venerato a Cesarea in un edificio attestato dal 1169 poco fuori S. Lorenzo37, per il quale per non abbiamo informazioni su un possibile culto anteriore. Dopo Ippolito sono raffigurati Cornelio (VII), papa del 251-253, e Cipriano (VIII), vescovo e martire di Cartagine attorno alla met del III secolo, accomunati nella pratica devozionale. Questo aspetto messo in evidenza nel mosaico attraverso un gesto di invito del primo personaggio nei confronti del secondo, un elemento figurativo che verr riproposto anche per le coppie dei martiri Giovanni e Paolo, Gervasio e Protasio, Nabore e Felice. Non chiaro il radicamento cultuale dei due santi a Ravenna: per Cipriano attestato un monasterium solo nel X secolo38. La stessa situazione riguarda il personaggio successivo,

Gregorio Magno, Epp. 5, 28 e 8, 15, PL 77, coll. 755 e 918. Farioli Campanati 1992, p. 134; Deliyannis 2010, pp. 257-258. 32 Farioli Campanati 1992, p. 134, con bibliografia precedente. Un monastero di S. Stefano vicino a quello di S. Elia e alla basilica di S. Maria in Nepe citato in un papiro del 557 Cavarra et alii, 1991 pp. 403-404, n. 8. A Ravenna sono documentati anche altri edifici, di et medievale, dedicati a S. Stefano: 1) Il monastero di S. Stefano Protomartire detto fondamenta presso il Palazzo, citato in documenti del IX e X secolo. In Farioli Campanati 1992, p. 134 viene evidenziata lanalogia con la fondazione costantinopolitana allinterno del palazzo di Daphn: Cavarra et alii 1991, pp. 415-416, n. 54 (si tratta di un privilegio dell819 che pone sotto lautorit arcivescovile il monastero stesso e tutti gli oracula e monasteria esistenti sub parochias della chiesa ravennate). V. Anche Cavarra et alii 1991, p. 504, n. 309 (del 976). Cirelli 2006, p. 240, n. 180. 2) La chiesa detta ad Balneum Gothorum o Olivorum: Benericetti 1999, p. 90. Cirelli 2006, p. 243, n. 198. 3) S. Stefano Iuniore o Minore, citato in documenti del 970-971: Cavarra et alii 1991, p. 491, n. 269. Cirelli 2006, p. 244, n. 206. 4) S. Stefano ad Latronum: Zirardini 19081909, pp. 163-184; Cirelli 2006, p. 244, n. 207. 5) S. Stefano de mercato, noto solo dal XIII sec.: Cirelli 2006, p. 250, n. 247. 33 V. nota 1. Un monastero di S. Martino attestato a Ravenna dal 949 post ecclesiam maiorem: un documento del 450 permette di identificare il titolare del complesso con il papa della met del VII secolo: Cavarra et alii 1991, pp. 448449, n. 147. V. anche Cavarra et alii 1991, p. 451, n. 154 (del 450): sancti Martini pontifici set confessoris Christi qui vocatur post ecclesia maiore, p. 452, n. 156 (del 950); p. 454, n. 953; p. 472, n. 217 (del 964); pp. 473-474, n. 221 (del 964); p. 479, n. 238 (del 967); pp. 502-503, nn. 302 e 305 (del 975); p. 508, n. 321 (del 977); p. 508, n. 509, n. 325; pp. 511-512, nn. 332 e 334-335 (del 978 e del 979); pp. 533-534, n. 402 (del 993) Cirelli 2006, p. 243, n. 201. 34 Ven. Fort. Mart. 4, 680-690. 35 La chiesa menzionata in un papiro del 491 (Cavarra et alii 1991, p. 402, n. 3) e in sermone di S. Agostino (Aug. Serm. 23). V. anche LP 35, pp. 186-187. Deichmann 1976, pp 336-340; Baldini Lippolis 2003; Cirelli 2006, p. 234, n. 154. Una regio di Ravenna nel 977 porta il nome della porta S. Lorenzo citata da Andrea Agnello: LP 162, p. 339. Una chiesa dedicata allo stesso santo attestata nel 1169 presso S. Apollinare nuovo, nella zona della scubitum: Cirelli 2006, p. 254, n. 280. Altri edifici medievali con la stessa intitolazione erano S. Lorenzo ad summum vicum (Zirardini 1908-1909, pp. 184-185; Cirelli 2006, p. 245, n. 209), in posterula (Zirardini 1908-1909, pp. 185187; Cirelli 2006, p. 245, n. 210) e in Pannonia (Zirardini 1908-1909, p. 155; Cirelli 2006, p. 252, n. 265). 36 V. nota 23. 37 Cirelli 2006, p. 254, n. 281. 38 Benericetti 2002a, p. 98. In una pergamena del 1035 detto in regione Palatii quondam Theuderici regis: Zirardini 1908-1909, pp. 148-149; Cirelli 2006, p. 242, n. 195.
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Cassiano (IX), martire di Imola tra III e IV secolo39, a proposito del quale, tuttavia, un episodio della vita del vescovo Pietro, narrato da Andrea Agnello evidenzia chiaramente lesistenza di uno stretto legame con la chiesa ravennate40. Come Cornelio e Cipriano anche Giovanni e Paolo (X-XI), martiri del IV secolo, rivelano di essere associati nel culto attraverso il gesto del primo nei confronti del secondo. Attorno alla met del VI secolo si conosce una basilica a loro dedicata grazie ad un accenno di Venanzio Fortunato41 che vi avrebbe miracolosamente riacquistato la vista, come riferisce anche Paolo Diacono42. Una devozione ravennate dei due santi per certamente anteriore, dal momento che i loro ritratti compaiono nella Cappella Arcivescovile43. Il gruppo dei quattro martiri successivi fondamentale per la vita religiosa di Ravenna, trattandosi del martire bolognese Vitale (XII), dei figli Gervasio e Protasio (XIII-XIV) e del medico Ursicino (XV). Vitale era probabilmente gi onorato nel V secolo nella chiesa fatta costruire da Ecclesio44 e consacrata da Massimiano45, cui fa riferimento anche Venanzio Fortunato46. Gervasio e Protasio, prima di essere venerati in S. Vitale47 erano associati nel culto a S. Stefano nelloratorio di rango imperiale presso S. Lorenzo a Cesarea citato da Andrea Agnello48. Un culto di Ursicino, martire con Vitale, citato da Venanzio Fortunato, ma potrebbe trattarsi del vescovo omonimo sepolto in S. Vitale49. Segue nella processione una coppia di martiri abbinati, Nabore e Felice (XVI-XVII). Sebbene non esistano dati certi a questo riguardo, a Ravenna una devozione dei due santi potrebbe aver avuto sede nella chiesa, sorta tra il V e la prima met del VI secolo, di S. Vittore, personaggio cui li collegava una tradizione agiografica risalente a S. Ambrogio50. A S. Apollinare (XVIII)51, protovescovo della citt nel II secolo, venne dedicata in et giustinianea la basilica di Classe finanziata da Giuliano Argentario52 e citata da Venanzio Fortunato53, ma le sue reliquie erano conservate anche in S. Stefano54. Prima del 1163, anno in cui un documento ricorda la chiesa dei SS. Marco e Sebastiano presso piazza del Popolo55, non si hanno invece informazioni su un culto ravennate di S. Sebastiano (XIX),

Una chiesa dedicata a questo martire infatti citata solo nel 954, come limite di un terreno di propriet della chiesa di Ravenna Cavarra et alii 1991, pp. 454-455, n. 165 non lontano dalla chiesa di S. Agnese Martire e confinante anche con S. Cassiano da un secondo lato, con la pubblica piazza dal terzo e con la curia. 40 LP 52, pp. 215-218. 41 Ven. Fort. Mart. 4, 680-690 e LP 174, p. 356. 42 Paolo Diacono, HL II, 13. Ledificio sorgeva presso la posterula Zenonis: Deichmann 1976, pp. 333-335; Cirelli 2006, p. 238, n. 169; Deliyannis 2010, p. 220. 43 V. nota 23. 44 LP 59, p. 226. 45 LP 77, pp. 244-245. Deichmann 1976, pp. 47-230; Deliyannis 2010, pp. 223-250. 46 Ven. Fort. Mart. 4, 680-690. 47 Come testimoniava uniscrizione musiva trascritta da Andrea Agnello: LP 61, p. 231. 48 LP 36, p. 187. V. anche Cirelli 2006, p. 226, n. 116; Deliyannis 2010, p. 62. 49 Ven. Fort. Mart. 4, 680-690. Una porta Ursicini nominata da documenti della fine del X sec. Cavarra et alii 1991, p. 518, n. 354 (del 982), p. 529, n. 388 (del 990), pp. 535-536, n. 407 (del 995). 50 Autore dellinno Victor, Nabor, Felix pii. Sulla chiesa di S. Vittore: Cirelli 2006, pp. 237-238, n. 168. 51 Deliyannis 2010, pp. 38-39, con bibliografia precedente. 52 Deichmann 1976, pp. 233-280; Deliyannis 2010, pp. 259-274. 53 Ven. Fort. Mart. 4, 680-690. Un monasterium di S. Apollinare in veclo, citato da Andrea Agnello presso S. Croce e la moneta pubblica, non lontano dalla posterula Ovilionis, non attestato prima della seconda met del VII sec.: LP 115, p. 286.; LP 164, p. 342. V. anche Deichmann 1976, p. 308. Cirelli 2008, p. 205, n. 26; Deliyannis 2010, p. 293. 54 V. nota 27. Sulla cappella dellepiscopio ariano dedicata allo stesso santo: Deliyannis 2010, p. 144, con bibliografia precedente. 55 Cirelli 2006, p. 252, n. 262.
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vissuto nel III sec. probabile invece che gi nel VI secolo esistesse a Ravenna un edificio dedicato a S. Demetrio (XX), martire a Salonicco nel 306 che, secondo la testimonianza di Andrea Agnello, ai suoi tempi era venerato in una antica chiesa a sei miglia dalla citt56. certo, gi alla fine del V secolo, il culto di S. Policarpo (XXI), martire a Smirne nel I-II sec., raffigurato anche nella Cappella Arcivescovile. Le reliquie del martire Vincenzo (XXII) di Avila erano conservate in S. Stefano; il santo era venerato anche in un monasterium situato presso la Moneta Aurea e citato in diversi documenti non anteriori per al X secolo57. A S. Pancrazio (XXIII), martire degli inizi del IV secolo, era intitolata una chiesa attestata nello stesso periodo nella regione di S. Agnese58. Crisogono (XXIV) raffigurato nella Cappella Arcivescovile. Rimangono dubbi, infine, su una devozione ravennate anteriore al VI secolo dei martiri romani del 260 Proto e Giacinto (XXV-XXVI) e di Sabino (XXVII), martire di Spoleto. 3. Il corteo femminile (Fig. 5) Il primo personaggio della processione S. Eufemia (I), martire a Calcedonia (304), cui era dedicata secondo Andrea Agnello la chiesa detta ad Arietem, luogo in cui S. Apollinare avrebbe impartito per la prima volta il battesimo agli abitanti di Ravenna59; un reliquiario rinvenuto sotto laltare della chiesa in via G. Barbiani conservava i resti della martire titolare insieme a quelli di S. Agata60. Reliquie della santa erano presenti anche in S. Stefano61 e la sua effigie riprodotta anche nella Cappella Arcivescovile. Unaltra chiesa di S. Eufemia, detta ad mare62, decorata a mosaico da Massimiano, risulta gi demolita allepoca di Andrea Agnello e si trovava in area extraurbana, presso la basilica Probi63. Non si hanno indicazioni invece su un luogo di culto di S. Pelagia (II), martire di Antiochia nel 304, venerata anche a Costantinopoli. Reliquie di Agata (III), martire di Catania nel III secolo erano conservate in S. Stefano64. Le era dedicata a Ravenna la chiesa detta Maggiore, fondata nel V sec. e nella quale aveva servito il vescovo Agnello, che vi abitava anche vicino e che, nel 569, venne sepolto al suo interno, di fronte allaltare65. Andrea Agnello cita la chiesa a proposito di un episodio miracoloso riferito al vescovo Giovanni, che vi aveva trovato sepoltura nel 494 dietro allo stesso altare66.

LP 2, p. 149 Deichmann 1976, p. 322. Era onorato inoltre nella chiesa dei SS. Giovanni e Barbaziano preso la porta Ovilionis e in un luogo di culto attestato dal 1023, nella regione dei SS. Giovanni e Paolo (Zirardini 1908-1909, p. 189; Cirelli 2006, p. 245, n. 212). 57 Vicino al monastero dei SS. Nicandro e Marziano: Cavarra et alii 1991, p. 477, n. 232 (del 966); p. 500, n. 294 (del 974). Una regio che prende il nome dalledificio gi citata nel 902; vi si trovava anche un arco intitolato al santo: Cavarra et alii 1991, p. 428, n. 88 (del 907) e Cavarra et alii 1991, n. 232 (del 966). Zirardini 1908-1909, pp. 169-171; Cirelli 2006, p. 243, n. 197. 58 Cavarra et alii 1991, p. 468, n. 206 (del 961); V. anche Cirelli 2006, n. 141. 59 LP 1, p. 148. Invaso dallacqua, venne restaurato dal vescovo Martino: LP 168, p. 349. V. anche Deichmann 1976, pp. 323-324; Farioli Campanati 1992, p. 136; Baldini Lippolis 2004, p. 71; Deliyannis 2010, pp. 38-39. 60 Cirelli 2006, p. 207, n. 33. 61 V. nota 27. 62 Deichmann 1976, pp. 355-359; Deliyannis 2010, pp. 213 e 258. 63 LP 8, pp. 153 e 97, p. 266. noto anche un monasterium di S. Eufemia in Calinico (LP 163, p. 341), forse lo stesso, fuori porta Aurea, nominata in documenti del 960 (Cavarra et alii 1991, p. 466, n. 200; Benericetti 2002, p. 33, n. 101) e del 964 (Cod. Bav. n. 216). Cirelli 2006, p. 241, n. 185; Deliyannis 2010, p. 292. Il monasterium di S. Eufemia fuori Porta S. Lorenzo attestata dal 1047: Zirardini 1908-1909, p. 196; Cirelli 2006, p. 252, n. 263. 64 V. nota 27. 65 LP 84, p. 252 e LP 92, p. 257. Gerola 1921, pp. 28-29; Farioli 1961, pp. 97-98; Deichmann 1976, pp. 283297; Cirelli 2006, p. 215, n. 64; Deliyannis 2010, pp. 102-104. 66 LP 44, p. 203. CIL XI, 34. Ledificio continua ad essere citato in documenti del X secolo: Cavarra et alii 1991, pp.
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Fig. 5. S. Apollinare Nuovo, processione delle martiri (part.).

Un altro culto tradizionalmente molto importante a Ravenna era quello di Agnese (IV), martire romana. Alla santa, raffigurata con un agnello, suo attributo tradizionale67, era dedicata una chiesa della prima met del V sec., sorta allepoca del vescovo Esuperanzio per volont di Gemello, suddiacono della chiesa di Ravenna e amministratore dei beni della Chiesa locale in Sicilia, che venne seppellito nello stesso edificio68. Ad Agnese segue nel corteo musivo Eulalia (V), martire nel 304 a Merida, non altrimenti nota a Ravenna. Cecilia (VI), invece, martire romana, raffigurata nella Cappella Arcivescovile. Non emergono notizie sulla devozione a Crispina (VIII), martire a Tebessa nel 304, mentre probabile che esistesse un luogo di culto dedicato a Valeria (IX), moglie e madre dei tre santi Vitale, Gervasio e Protasio, citata da Andrea Agnello e accomunata nel culto al marito e al medico Ursicino. Per la devozione precoce di Vincenza (X), moglie di S. Severo, disponibile la testimonianza di Liutolfo, che cita il trasporto del suo corpo in Germania intorno all83669.

513-514, n. 340 (del 980), p. 518, n. 354 (del 982), p. 525, n. 376 (del 987; viene citata la regio), p. 529, nn. 388-389 (del 990); pp. 530-531, n. 393 (del 991). Una chiesa detta del mercato attestata dal 1130 vicino a S. Michele in Africisco: Cirelli 2006, p. 250, n. 246. Una chiesa di S. Agata pittula attestata dal 968, presso la chiesa dei SS. Apostoli: Cavarra et alii 1991, pp. 485-486, n. 255; pp. 509-510, n. 327 (del 978); Benericetti 1999, p. 172; Benericetti 2003, p. 126. V. anche Zirardini 1908-1909, pp. 39-40; Gerola 1921, p. 57; Farioli 1961, p. 103; Cirelli 2006, p. 245, n. 214. 67 Deliyannis 2010, p. 174. 68 LP 31, p. 184. Andrea Agnello fece costruire la propria dimora presso lo stesso edificio (LP 39, p. 196) ricordato in documenti degli ultimi decenni del X sec.: Cavarra et alii 1991, pp. 454-455, n. 165 (del 954); pp. 465-466, n. 199 (del 959), p. 468, n. 206 (del 961), pp. 474-475, n. 224 (del 964). V. anche Benericetti 2002, p. 29, n. 99 (del 958/959). Sulledificio: Gerola 1921, p. 29; Deichmann 1976, pp. 298-300; Cirelli 2006, pp. 217-218; Deliyannis 2010, pp. 102-103. 69 LiutolfusMoguntinus presbyter, Vita Sever., p. 292.

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Segue nella processione Perpetua (XI) di Cartagine, martire del III sec. con Felicita70 (XII), entrambe rappresentate nella Cappella Arcivescovile. Delle due sante successive non si hanno informazioni su un loro culto specifico nella Ravenna del VI secolo, tranne la stessa raffigurazione musiva di S. Apollinare Nuovo. Si tratta di Giustina (XIII), martire a Padova e di Anastasia (XIV), martire nel 304 a Sirmio, venerata a Costantinopoli in un edificio di culto realizzato attorno al 46071. Daria (XV), martire romana del III secolo insieme a Cristanto, era invece rappresentata nella Cappella Arcivescovile. La seguono infine Emerenziana (XVI), martire romana del 304 secolo, Paolina (XVII), martire romana, Vittoria e Anatolia (XVIII-XIX), martiri della Sabina nel III sec., Cristina (XX), martire di Tiro, Sabina (XXI), ricordata nel Canone Ambrosiano72. Per queste sante si ignora la natura di un legame specifico con Ravenna, mentre lultima figura della serie, Eugenia (XXII), martire romana del III sec., raffigurata nella Cappella Arcivescovile. 4. La processione: una topografia della santit a Ravenna Un dato senza dubbio interessante che delle 49 figure rappresentate (considerando anche il perduto S. Stefano), solo per 10 (maschili73) e 12 (femminili74) non possibile affermare con certezza che nel VI secolo esistesse a Ravenna un culto loro riservato o una devozione specifica. Questo significa che, pur considerando le lacune della documentazione, pi della met dei martiri del corteo musivo formato da santi venerati in citt allepoca di dedicazione della chiesa. Il numero delle attestazioni devozionali in ambito locale aumenta notevolmente se si considerano i culti attestati in edifici altomedievali, di cui non possiamo ricostruire con certezza la data di fondazione per mancanza di informazioni, ma per i quali possibile ipotizzare una continuit nella pratica devozionale o un recupero di culti martiriali gi esistenti; si avrebbero in questo caso solo 16 personaggi estranei alla casistica (6 maschili75) e 10 (femminili76), e salirebbe quindi al 70% la percentuale dei culti noti in relazione ad uno specifico luogo di devozione ravennate. La prassi religiosa del periodo rende verosimile, inoltre, che tale devozione trovasse il proprio interesse principale nella presenza di reliquie77, attestate attraverso riferimenti espliciti delle fonti solo in 13 casi78, a fronte di unincidenza sicuramente molto maggiore, come fa intuire in diversi passi del Liber Pontificalis lo stesso Andrea Agnello, quando accenna a multae reliquiae nelle chiese della citt79. Considerata lalta incidenza delle dediche ravennati ai santi raffigurati in S. Apollinare, non si pu escludere, pertanto, che sia in realt lassenza di informazioni a rendere oggi poco chiaro il rapporto
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Un monastero sanctorum Marci, Marcelli et Feliculae citato in un documento del 992 iuxta parietem della basilica di S. Apollinare in Classe: Cavarra et alii 1991, p. 533, n. 399. Ledificio sarebbe stato costruito e decorato dal vescovo Giovanni Romano, secondo la testimonianza di Andrea Agnello (LP 98, p. 267): si riferisce che le reliquie dei tre santi erano state richieste dal vescovo ravennate a papa Gregorio. Qui venne sepolto il vescovo Felice (LP 150, p. 328). Deichmann 1976, pp. 340-341; Deliyannis 2010, p. 260. 71 Deliyannis 2010, pp. 174-175. 72 Penni Iacco 2004, p. 76. 73 Cassiano, Clemente, Cipriano, Cornelio, Giacinto, Ippolito, Proto, Sabino, Sebastiano e Sisto. 74 Anastasia Anatolia, Crispina, Cristina, Emerenziana, Eulalia, Giustina, Lucia, Paolina, Pelagia, Sabina e Vittoria. 75 Clemente, Cornelio, Giacinto, Proto, Sabino e Sisto. 76 Anastasia Anatolia, Crispina, Cristina, Emerenziana, Eulalia, Lucia, Paolina, Sabina e Vittoria. 77 Canetti 2002; Chavarra Arnau 2009, pp. 30-36, con bibliografia precedente. 78 In S. Stefano: Stefano, Lorenzo, Apollinare, Vincenzo, Eufemia, Agata, Agnese. In S. Vitale: Ursicino, Vitale e probabilmente, Gervasio, Protasio e Valeria. Di Vincenza si sa che il corpo fu portato in Germania da Ravenna nell836: v. nota 87. 79 LP 72, pp. 241-242; 76, p. 244; 98, p. 267; 149, p. 326; 158, p. 337. Si pu ricordare inoltre che nel 599 S. Gregorio Magno aveva inviato al vescovo ravennate Secondino incenso da offrire ai corpi dei martiri: Ep. IX LII, in PL 77, 989.

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tra i martiri e la presenza di reliquie venerate negli edifici di culto di Ravenna, una realt cultuale che per i contemporanei poteva invece risultare evidente e forse rivestire un ruolo particolare in relazione alla riconsacrazione della chiesa. Proprio nei decenni immediatamente anteriori alla riconsacrazione di S. Apollinare Nuovo, infatti, segnalato larrivo in citt dei resti di numerosi santi grazie allattivit di Massimiano: oltre a quelle poste in S. Stefano80, ricordato dal Liber Pontificalis lepisodio di quelli di S. Andrea, che larcivescovo avrebbe portato personalmente da Costantinopoli insieme a molte altre reliquie81. Anche per la Cappella arcivescovile, costruita da Pietro II, viene ipotizzato sulla base del ritrovamento di un pulvino che reca il suo monogramma, che lo stesso Massimiano abbia completato i lavori di costruzione dedicandola allo stesso santo Andrea82: unipotesi possibile, a questo punto, che il suo intervento possa essere collegato alla presenza allinterno della cappella delle reliquie dei santi raffigurati, alcuni dei quali come si gi accennato, sono comuni alla decorazione musiva della chiesa teodericiana nella fase agnelliana83. In questa logica pu essere interessante cercare di verificare anche il sistema rappresentativo delle figure utilizzando come criterio il nesso tra molti dei santi raffigurati e i culti attestati nel VI secolo in chiese, monasteria o cappelle secondarie di complessi pi rilevanti. Per let altomedievale si aggiunge infatti, come gi accennato, la testimonianza di alcune aree dedicate, che potrebbero avere ereditato la propria intitolazione da luoghi di culto precedenti. Anche la localizzazione di queste emergenze topografiche potrebbe essere interessante se confrontata con i personaggi del mosaico, nella prospettiva di una sorta di vera e propria rievocazione figurata degli elementi devozionali della citt in et giustinianea. Non abbiamo informazioni dirette sullesistenza di una tradizione processionale nella Ravenna del VI secolo: nel Liber Pontificalis si fa cenno in diversi casi a celebrazioni in relazione a festivit religiose, alcune delle quali suggerite anche dalla reduplicazione di culti della capitale dOriente84, ma testimonianze pi circostanziate sono in effetti molto pi tarde e consistono in due itinerari religiosi del XV e XVI secolo, con soste presso le chiese urbane e lungo le mura85. Limportanza di tali cortei religiosi nella storia delle citt tardoantiche, tuttavia, ben nota (Fig. 6), testimoniata da episodi che ne evidenziano anche il carattere protettivo nei confronti di nemici ed eventi negativi (pestilenze, siccit, terremoti). Nelle fonti del VI sec. ricorrono spesso, ad esempio, i racconti di processioni condotte a questo scopo dai vescovi con il clero lungo il perimetro urbano e attraverso i luoghi di culto, in un sistema rappresentativo che attraverso tale prassi sintetizzava in maniera emblematica lidentit spaziale e cultuale delle citt e ne enfatizzava i centri di riferimento principali, spesso in rapporto alla presenza di reliquie86. Non erano esclusi da questa pratica gli episodi di purificazione religiosa, come ad esempio nel caso del vescovo monofisita di Edessa, che nel 560 aveva liberato la citt di Amida dalla dottrina di Calcedonia ordinando una processione del clero in tutta la citt e intorno alle mura87.
V. nota 24. LP 76, p. 244. V. Anche Farioli Campanati 1992, p. 135. 82 Cirelli 2006, pp. 247-248, n. 226, con bibliografia precedente. 83 Si pu osservare, infine, che purtroppo nel caso specifico di S. Apollinare Nuovo anche al Malezappi non era possibile verificare il nome e la provenienza delle reliquie conservate nella chiesa al suo tempo, solo alcune delle quali erano ancora contraddistinte dal nome del santo specifico, mentre altre, numerosissime, sprovviste di indicazioni, erano state bruciate dai monaci stessi nel momento della traslazione dalla sagrestia allaltare: V. nota 20 (Fogli 204-206). 84 Farioli Campanati 1992, p. 135. 85 Mazzotti 1975: gli itinerari si svolgevano nei tre giorni precedenti lAscensione. 86 Come ad esempio nei casi noti di Clermont, Reims, Treviri, Milano, Filippi, Salonicco, Costantinopoli: Janin 1966; Williams 2005, pp. 32-33; Saradi 2006, pp. 427-429; Chavarra Arnau 2009, pp. 37-38; Wickham 2009, pp. 715-717, con fonti e bibliografia precedente. 87 Giovanni di Efeso, Vite, PO 19/2, 1926, pp. 260-261. Saradi 2006, p. 427.
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evidente che anche a Ravenna limmagine del corteo di S. Apollinare Nuovo doveva essere stata concepita e pu essere letta secondo i modelli interpretativi dellesperienza sociale del periodo. Una possibilit , quindi, che le due processioni musive facciano riferimento in maniera simbolica allepisodio specifico della rifondazione agnelliana, rievocata ritualmente attraverso uno degli schemi rappresentativi tipici del periodo. I personaggi in corteo celebrerebbero in questo caso la Chiesa di Ravenna ricordando gli edifici e i culti martiriali ritenuti fondanti per la comunit locale, in una successione che potrebbe rispecchiare le stationes di un percorso processionale - reale o simbolico - posto a difesa e garanzia del nuovo corso religioso e politico della citt.

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