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Volume LXXXVII

Serie III, 9
Tomo I**
2009
ESTRATTO
100anni 1909/1910 - 2009/2010
SCUOLA ARCHEOLOGICA ITALIANA DI ATENE
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI
INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA
1. LE INDAGINI ARCHEOLOGICHE NEL SETTORE MERIDIONALE DELLAGOR DI GORTINA: DA GIUSEPPE
GEROLA AD ANASTASIOS ORLANDOS
Incaricato dello studio dei monumenti veneziani di Creta per conto del Reale Istituto Veneto di
Scienze, Lettere e Arti, Giuseppe Gerola (Fig. 1) si rec nellisola nel gennaio 1900 presso la
Missione Archeologica Italiana diretta da F. Halbherr
1
. Nel primo semestre di permanenza a Creta
lo studioso utilizz come base logistica il paese di Aghii Deka, corrispondente al sito antico di
Gortina, sede della Missione di Halbherr, da cui si spost per esplorare e documentare le province
di Castelnuovo (Kenurio), Priotissa (Pirgiotissa) e Bonifacio (Monofatsi)
2
.
Come testimonia il diario personale relativo ai mesi da Febbraio a Giugno 1900, di cui si pre-
sentano alcune trascrizioni inedite
3
, il 5 aprile lo studioso svolse per la prima volta una ricognizio-
ne nella chiesa nota come S. Tito
4
, situata poche decine di metri a S dellOdeion di Gortina: que-
stultimo monumento, com noto, era stato il primo elemento di interesse per la Missione Italiana
nella pianura della Messar, dopo il rinvenimento eclatante, nel 1884, della Grande Iscrizione
5
. La
ricerca epigrafica aveva gi indirizzato anche altre importanti indagini di scavo, come quelle del
Pythion (negli anni 1885 e nel 1887)
6
e di Mavropapa (nel 1894 e nel 1899)
7
.
Probabilmente lopportunit di intervenire a S. Tito nacque dalla ripresa delle attivit italiane in
relazione alle epigrafi e alla struttura dellOdeion, nel 1899, alle quali segu nei primi mesi del-
lanno successivo uno scavo per indagare in estensione lagor, con saggi nellarea tra lOdeion e
la chiesa
8
: appunto in questo settore vennero aperte sotto la direzione di Halbherr quattro grandi trin-
cee, per unarea di ca. 600 mq
9
. Si intercettarono almeno tre livelli diversi di frequentazione, corri-
spondenti a costruzioni elleniche (- 3-4 m), ad una pavimentazione romana in lastre marmoree
nellarea contigua allOdeion e in lastre lapidee nella zona pi a S (- 2,40-2,50 m) e ad avanzi di
misere costruzioni di epoca tardo-imperiale bizantina (- 1 m ca.)
10
. Non lontano dal muro setten-
ASAtene LXXXVII, serie III, 9, Tomo I
**
, 2009, 635-679
1
Rimarr nellisola quasi ininterrottamente fino al luglio 1902:
GEROLA 1902; GEROLA 1906; GEROLA 1908; GEROLA 1915;
GEROLA 1917; GEROLA 1932; GEROLA 1935. Sullattivit di G.
Gerola a Creta: FOGOLARI 1939; CURUNI - DONATI 1987, 21-27;
CURUNI 1988a; CURUNI 1988b; CURUNI 1990; CURUNI 1991;
VARANINI 1999; DONATI 2005.
2
CURUNI 1988b, 48-49.
3
Appendice. Si tratta delle pagine relative alle indagini svolte
a S. Tito e di un appunto non compreso nei diari: tale documen-
tazione conservata a Trento presso la Fondazione Biblioteca S.
Bernardino. Ringrazio il direttore, P. Remo Stenico OFM, per la
cortese disponibilit alla consultazione e alla presentazione del
materiale, con lauspicio che lintero fondo Gerola possa essere
in futuro adeguatamente valorizzato.
4
Appendice: documento 1.
5
PERNIER 1914; PERNIER 1916; CRETAANTICA, 73-80; GRECO
- LOMBARDO 2005.
6
COMPARETTI 1889; COMPARETTI 1893, 2; SAVIGNONI 1907;
RICCIARDI 1991, con bibliografia precedente.
7
HALBHERR 1897; DE SANCTIS, SAVIGNONI 1907; PLATON
1955, 417; SANDERS 1982, 109; BALDINI LIPPOLIS 2002; v.
anche la lettera di Halbherr a De Sanctis del 29/7/1899 in
ACCAME 1986, 21-22: Pella chiesa bizantina giudichi Lei
il da farsi, ma non chiuda le fosse di scavo sin che non scen-
do io.
8
Da una lettera di F. Halbherr a G. De Sanctis datata
13/03/1900 si apprende che gli scavi erano gi stati eseguiti
senza grande soddisfazione: Risultati scarsi: lepoca
romana ha distrutto tutto quanto vera di ellenico e la bizanti-
na quasi tutto quello che vera di romano (ACCAME 1986, 38-
40). In un altro documento indirizzato a De Sanctis, il
10/04/1900, Halbherr annuncia in quello stesso giorno la ripre-
sa delle indagini sul lato settentrionale dellagor (ACCAME
1986, 40-42).
9
HALBHERR 1901, 297-298; PERNIER 1929, 69.
10
PERNIER 1929, 69.
ISABELLA BALDINI
636
trionale di S. Tito e dalla strada mulattiera emerse, inoltre, una grande soglia (a -1,10 m), che
Halbherr attribu al tempio di Asclepio noto da iscrizioni e da reperti scultorei di et romana; alla
stessa epoca vennero riferiti anche numerosi altri documenti (busti di statue imperiali ed una sta-
tua colossale acefala di personaggio romano togato, molti frammenti di colonne, di fregi e capitel-
li corinzi), rinvenuti nelle vicinanze di S. Tito
11
insieme a numerose epigrafi, sempre di et impe-
riale
12
. In particolare, dallarea tra S. Tito e lOdeion, provengono alcuni ritratti, una serie di statue
loricate e una Tyche colossale, che hanno fatto ipotizzare la presenza di un luogo di culto imperia-
le
13
.
Dopo aver visitato la chiesa agli inizi di aprile, probabilmente in previsione delle ricerche che
sarebbero seguite
14
, il 13 maggio Gerola scrive di trovarsi allo scavo di S. Tito
15
: in quella data
lesplorazione, condotta tra il 30 aprile e il 5 maggio
16
, era gi stata interrotta
17
. Riprender il 1 giu-
gno per soli due giorni
18
: infatti il 2 giugno lintervento termina definitivamente per mancanza di
fondi e lo studioso si rammarica di non aver potuto completare le indagini nelledificio, mettendo-
ne in luce anche latrio
19
.
Nel frattempo, limportanza dei ritrovamenti e del monumento stesso nellambito della comunit
religiosa locale aveva evidentemente attirato lattenzione del Metropolita di Candia, che si era impe-
gnato a proseguire le ricerche a proprie spese, lasciando al Gerola limpegno dello studio e della
presentazione del monumento
20
. Di queste ulteriori indagini di scavo, tuttavia, non si hanno notizie
e sembra probabile che non siano mai state effettuate.
11
HALBHERR 1901, 299; PERNIER 1929, 69.
12
HALBHERR 1901, 299; PERNIER 1929, 69; ROMEO - PORTALE
1998, 44, n. 116 (viene citata, tra le altre, una dedica a
Diocleziano e Massimiano Augusti: IC IV, 281, n 281; v.
anche IC IV, 340, n 306).
13
MASTURZO - TARDITI 1999, 303; ROMEO - PORTALE 1998,
44, 139-142, 286-336, 400-406, 435-4445, 452-456, 477-479.
14
Appendice: documento 1.
15
Appendice: documento 2.
16
GEROLA 1908, 3.
17
Appendice: documento 3.
18
GEROLA 1908, 3.
19
Appendice: documento 3; v. anche la lettera di G. Gerola a
G. Berchet del 24/06/1900 (CURUNI 1988b, 63) e la Relazione
spedita da Giuseppe Gerola allIstituto Veneto in data
29/07/1900 (CURUNI 1988b, 67).
20
Lettera di G. Gerola a G. Berchet del 24/06/1900 (CURUNI
1988b, 63); Relazione spedita da Giuseppe Gerola allIstituto
Veneto in data 29/07/1900 (CURUNI 1988b, 67).
Fig. 1 - Giuseppe Gerola a Creta nel 1900 (CURUNI 1988b)
637
Utilizzando fonti diverse, tra cui scritti e fotografie dello stesso Gerola, si pu ricostruire lo
stato del monumento prima dellintervento di scavo del 1900. Limmagine della chiesa non doveva
essere molto dissimile da quella illustrata dal capitano T. A. B. Spratt nel 1865 (Fig. 2)
21
, con la
navata distrutta, il vano absidale S in rovina e privo di copertura, il presbiterio e lambiente absida-
le settentrionale quasi completamente conservati fino alle volte, ma con una lacuna in corrispon-
denza del lato meridionale dellabside principale, sopra una delle grandi finestre ad arco. Il presbi-
terio era chiuso in corrispondenza delliconostasi da un muro rettilineo intonacato, al centro del
quale si apriva una porta dingresso a doppio battente (Fig. 3): questa dava dunque accesso ad
unarea cultuale estremamente ridotta, formata da un vestibolo in corrispondenza dellabside prin-
cipale e da una cappella, che coincideva con lambiente accessorio settentrionale della chiesa origi-
naria
22
. Gi agli inizi del 700 J. Pitton de Tournefort vi aveva notato un morceau de peinture moi-
ti effaceapparentement la rappresentation de qualche histoire de la Vierge leggendovi anche
uniscrizione dipinta a grandi caratteri M(ete)r Th(eo)u
23
. Nel 1842 la cappella, secondo la testimo-
nianza di M. Chourmouze, era dedicata alla Zoodochos Pege
24
; Spratt, riprendendo probabilmente
O. Belli
25
, parla nel 1865 solo di Greek Chapelgenerally used by the Greeks of Mitropolis
26
,
mentre Halbherr nel 1891 cita espressamente la Panaghia (Ker)
27
. Gerola nel febbraio 1900 anno-
ta di essersi recato alla chiesa di Panagia e di S. Tito, prima di visitare S. Nicol di Mitropolis
28
,
mentre nel 1908 J. Chatzidakis e lo stesso Gerola fanno nuovamente riferimento al luogo di culto
come Ker
29
. Evidentemente nella cappella settentrionale era praticato, come oggi, il culto della
Vergine, mentre in relazione al monumento allo stato di rudere persisteva la tradizione di una devo-
zione al protovescovo cretese, una venerazione in apparenza indipendente, per , da una consuetu-
dine religiosa locale, che sembra risalire almeno alla fine del XVI secolo.
Considerando il settore ad W del presbiterio, tutta la zona era ridotta ad un ampio campo di
macerie, che formavano un leggero pendio digradante verso S: nellarea settentrionale, corrispon-
dente allangolo N-E dellaula di culto, esse raggiungevano in altezza limposta dellarco della porta
21
SPRATT 1865, 28.
22
Questa sistemazione documentata in diverse fotografie
dellepoca: v., per es., CURUNI 1988b, 49 e 63. Il vestibolo
sembra essere stato chiuso anche ad E da un muro che esclu-
deva lemiciclo dellabside: Lastra 832 in CURUNI 1988b, 382.
In questo modo lo spazio ottenuto era una sorta di cortile ret-
tangolare, semicoperto in alto dalla volta a botte del presbite-
rio originario.
23
PITTON DE TOURNEFORT 1717, 71. Si tratta delle stesse pit-
ture intraviste da Gerola: v. Appendice: documento 1.
24
CHOURMOUZE 1842. Sullorigine costantinopolitana di que-
sta intitolazione e sullomonimo tipo iconografico della
Vergine: v. MANGO - EVENKO 1991, con bibliografia prece-
dente.
25
BESCHI 2000, 24.
26
SPRATT 1865, 32. E. Falkener nel 1854 riassume in inglese
il testo di Onorio Belli (FALKENER 1854, 23).
27
HALBHERR 1891, 459; v. anche XANTHOUDIDES 1913.
28
Diario Gerola Candia 1900 Feb-Giu, presso la
Fondazione Biblioteca S. Bernardino, in data 9/02/1900.
29
Lettera di Chatzidakis ad Halbherr del 23/03/1908 (in
CRETA ANTICA, 270); v. anche GEROLA 1908, 3.
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA
Fig. 2 - Gortina, il teatro e la basilica di S. Tito da S (SPRATT 1865)
638
ISABELLA BALDINI
30
CURUNI 1988b, 49 e 63.
31
GEROLA 1908, figg. 11-12.
32
CI IV, 403, n 469 (con datazione anteriore al X secolo).
Lespressione, corrispondente al latino cum suis omnibus
(CAILLET 1993, 196-198), ampiamente attestata, cos come
il termine doulos in riferimento al personaggio nominato
(anche in epigrafi cretesi: BANDY 1970, 16). Per il documento
in esame, in assenza di una trascrizione esatta delle lettere e
per luso di formule stereotipate, estremamente difficile ipo-
tizzare una datazione; alcune caratteristiche del testo, comun-
que, potrebbero suggerire una cronologia non anteriore alla
met del VII secolo e probabilmente posteriore. Sono grata a
Salvatore Cosentino per questa indicazione.
33
HALBHERR 1891, 459; GEROLA 1908, 38.
34
SPRATT 1865, 32: Over the centre window at the east end
of the church there is a large squared block, with an illegible
inscription down its two sides and along its lower edge, thus
forming three lines, the two side ones having been read verti-
cally instead of horizontally. It was seen by both Tournefort
and Pococke. The former thought he made out the name of one
of the early Bishops of Gortyna; but, from what is now reada-
ble of these letters by the aid of a telescope, this does not
seems well founded.
35
CHOURMUZE 1842, 88-89. Il testo trascritto anche in
HALBHERR 1891, 459 (it has now perished amidst modern
repairs); GEROLA 1908, 549, n 22 (con attribuzione al
secondo periodo bizantino, dopo la dominazione araba). In
BANDY 1970, 53-54, n 25 viene riferito erroneamente un tra-
sferimento dal muro absidale di S. Tito ad un altro edificio,
dedicato alla Zoodochos Piji, dove lepigrafe sarebbe anda-
ta distrutta prima del 1915; lindicazione ripresa anche in
PROSOPOGRAPHIE, n 372. Lequivoco pu essere sorto a
causa della doppia intitolazione del monumento a S. Tito e alla
Vergine, secondo quanto riportato anche da Gerola: v. n. 28.
36
PITTON DE TOURNEFORT 17171, 72: crede di intravedere il
nome di Kyrillos, vescovo di Creta, probabilmente frainten-
dendo la parte iniziale delliscrizione; v. anche IC IV, 416, n
519.
originaria, che era stata chiusa nella parte superiore con grandi pietre
30
.
Rispetto alla situazione presentata da Spratt, alcune fotografie di Gerola antecedenti lo scavo
mostrano comunque che nel 1900 erano gi state effettuate alcune riparazioni, in particolare inte-
grando le murature mancanti e le coperture dei due vani settentrionali
31
.
verosimile che proprio nel corso di questi interventi dellultimo venticinquennio dell800 sia
stato asportato il documento epigrafico che invocava la protezione divina su due personaggi di nome
Leontios e Andreas
32
, ormai scomparso allepoca di Halbherr e di
Gerola
33
. Tale iscrizione, infatti, nel 1865 si trovava ancora murata nellabside esterna principale
della chiesa, sopra la finestra centrale, dove Spratt aveva cercato di leggerla con laiuto di un bino-
colo
34
, mentre circa un ventennio prima Chourmouze ne aveva dato per ultimo la trascrizione, spe-
cificandone lappartenenza allo hieron dello stesso edificio sacro
35
. Si tratta quasi sicuramente della
stessa epigrafe del presbiterio che Pitton de Tournefort aveva cercato di interpretare, nonostante
laltezza e il pessimo stato di conservazione
36
.
Fig. 3 - Gortina, basilica di S. Tito: lo scavo della navata settentrionale nel 1900 (CRETA ANTICA 1984)
639
Nel 1900 le grandi finestre dellabside erano gi state murate: delle croci a bracci patenti e su
globo scolpite tra le finestre se ne era conservata solo una, su un blocco dal prospetto triangolare tra
la finestra centrale e quella settentrionale (Fig. 4). Un elemento decorativo analogo si trovava, inve-
ce, su un blocco parallelepipedo visibile allesterno della cappella settentrionale del presbiterio, due
filari sopra la finestra; come nel caso dellepigrafe gi ricordata, la posizione asimmetrica rende
verosimile che si tratti di un reimpiego nel corso di una riparazione delle parti alte del presbiterio
37
.
Dopo la sistemazione tardo-ottocentesca, ulteriori manutenzioni della copertura della chiesa
sembrano essere state compiute al termine della campagna del 1900: una fotografia di Gerola ritrae
ad esempio alcuni operai in posa con strumenti da lavoro sulla volta del presbiterio (Fig. 5)
38
: in que-
sto documento risulta anche gi realizzata, nella pi recente chiusura della finestra centrale,
unapertura circolare sul lato interno, posta in comunicazione con unaltra rettangolare allesterno
(Fig. 6): questultima finestra assente nellillustrazione di Spratt
39
e quindi potrebbe forse essere
riferita agli interventi di ristrutturazione tardo ottocenteschi o a quelli del 1900.
Se pure molto brevi, le indagini condotte da Gerola ottennero lo scopo di determinare il piano
completo del tempio
40
e di liberare tutta la navata settentrionale da un interro consistente, in alcuni
punti alto quasi quattro metri
41
e che obliterava pertanto laccesso originario della cappella setten-
trionale
42
. Lo scavo era stato condotto a partire dallangolo N-W della navata N, utilizzando il muro
perimetrale della chiesa come limite di riferimento (Fig. 7); al termine delle ricerche rimaneva anco-
ra da indagare la parte dellaula corrispondente alla navata centrale, alla navatella meridionale e
allatrio, di cui per si erano gi intuite forma ed estensione
43
.
37
Gerola lo considera un restauro recente: GEROLA 1908, 36.
38
CRETA ANTICA, 101, fig. 87.
39
SPRATT 1865; v. Appendice: documento 1. Questa apertura
rettangolare, tuttora conservata, presenta una decorazione
scolpita a zig-zag lungo tre lati della cornice esterna, realizza-
ta nello stesso calcare della muratura; il bordo inferiore, inve-
ce, non decorato e poggia direttamente su una mensola in
calcare. La finestra sormontata infine da un frammento
modanato di cornice in marmo venato, di reimpiego, con una
croce centrale.
40
Lettera di G. Gerola a G. Berchet del 24/6/1900 (CURUNI
1988b, 62-63); v. anche GEROLA 1908, 33.
41
Appendice: documento 1.
42
GEROLA 1908, fig. 11.
43
Appendice: documento 3.
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA
Fig. 4 - Gortina, basilica di S. Tito: il muro absidale tra due finestre
640
ISABELLA BALDINI
Lo scavo aveva rivelato anche lesistenza di tombe, sia allinterno della chiesa, nellesedra della
navata N, che nellarea ancora pi ad W: la diversa tipologia e la disposizione delle sepolture a livel-
li diversi
44
testimoniava una frequentazione cimiteriale prolungata, sebbene non facilmente precisa-
bile cronologicamente per la mancanza di oggetti di corredo e per lassenza di relazioni certe con i
documenti epigrafici rinvenuti nella stessa area, a loro volta spesso di difficile datazione
45
. Almeno
una delle inumazioni appariva comunque al Gerola moderna, come documentato in uno dei
diari
46
, confermando quindi indirettamente il legame religioso gi evidenziato da Falkener e Spratt
47
con la comunit ottocentesca di Mitropolis.
Terminato lo scavo ed essendosi dedicato Gerola ad altre ricerche, nel 1901 le attivit vennero
riprese sotto la direzione delleforo S. Xanthoudides, che estese le indagini alla navata centrale e
alla navatella meridionale
48
: di questa seconda campagna, tuttavia, rimane in sostanza solo la docu-
mentazione edita da Gerola nel 1908, che rinvia per indicazioni pi dettagliate ad una successiva
relazione del collega greco, purtroppo mai pubblicata se non in relazione ai testi epigrafici, alcuni
dei quali cristiani
49
. Informazioni limitate emergono da accenni occasionali dei due studiosi: una let-
tera di Xanthoudides, ad esempio, fa riferimento per la prima volta al tesoro di oggetti liturgici in
bronzo emersi allinterno della chiesa, uno dei quali recante un monogramma (Fig. 30)
50
. Tali manu-
44
Appendice: documento 2.
45
V. n. 49.
46
Appendice: documento 3.
47
V. n. 26.
48
GEROLA 1908, 3. Forse le indagini si svolsero in settembre,
dato che il 20 di quel mese Xanthoudides rinviene lepigrafe
IC IV, 410-411, n 497; BANDY 1970, 36-37, n 4.
49
XANTHOUDIDES 1903, 125-127. Le epigrafi sono edite, con
aggiunte, anche in GEROLA 1932, 549-550, nn 24, 26-27;
ORLANDOS 1926, 320; IC IV, 47, n. 18; 399-400, nn 462 e
464; 408, n 487; 410-411, n 497; BANDY 1970, 36-37, n 4;
40-41, n 8; 55-57, nn 27 e 29.
50
Lettera inviata da Xanthoudides in data 21/10/1903, pres-
so la Fondazione Biblioteca S. Bernardino di Trento: lo stu-
dioso nota le difficolt di lettura del monogramma, poi edito in
IC IV, 405, n 476, per lo stato di conservazione del manufat-
to, avanzando lipotesi che possa corrispondere al nome di un
metropolita o di un vescovo, come ad esempio Theoktistou o
Theopemptou. Lo studioso ricorda anche i monogrammi dei
capitelli della stessa chiesa di S. Tito e della Panaghia di
Matala. In una cartolina postale inviata il 17/12/1908 da
Gerola a Xanthoudides (in CRETA ANTICA, 271), il primo ipo-
tizza che una delle tombe rinvenute nella navata settentrionale
potesse essere appartenuta ad uno dei vescovi di Gortina, ma
esclude unattribuzione a S. Tito (v. anche GEROLA 1908, 37).
Fig. 5 - Gortina, la basilica di S. Tito da NW nel 1900 (CRETA ANTICA 1984)
641
fatti erano stati rinvenuti in una buca poco al di sotto del piano di frequentazione conservato, nella
campata occidentale della navata meridionale
51
; solo quattro di essi, interpretati come sostegni di
icone o di labari, si trovavano invece allinterno di un piccolo recipiente fittile sotterrato nella stes-
sa navata ma nella campata centrale, immediatamente sotto il piano di calpestio
52
.
Lanno dopo la fine degli scavi, nellestate 1902, furono condotti ulteriori lavori di restauro e
sistemazione dellarea. Questi interventi sono testimoniati da A. Maiuri, che riferisce la notizia del
rinvenimento di un fusto di colonna iscritto di tarda et imperiale, inglobato nelle strutture della cap-
pella meridionale con la base ancora interrata
53
.
Agli stessi anni risale il rilievo planimetrico edito dallarchitetto inglese T. Fyfe
54
, impegnato tra
il 1900 e il 1903 a Knossos sotto la direzione di A. Evans e probabilmente presente a Gortina nel-
lambito dei rapporti di collaborazione istituiti tra la missione italiana e quella britannica
55
.
Nel 1911 lattenzione della missione di Halbherr si concentr nuovamente sullOdeion sotto la
guida di L. Pernier, che svolse unaltra campagna nella stessa area anche nel 1912, intercettando
livelli di frequentazione post-classica
56
. Tra questi vengono segnalati uno spazio chiuso ricavato
allinterno del postscaenium, per il quale si ipotizz una generica funzione religiosa cristiana
57
e i
resti di una necropoli successiva allabbandono delledificio nel corso del IV secolo. Si procedette,
51
ORLANDOS 1926.
52
ORLANDOS 1926; XANTHOPOULOU 1998, 103.
53
MAIURI 1911, 238: Nei lavori di restauro 1902 nella basi-
lica cristiana di S. Tito a Gortina, venuto alla luce, col disfa-
cimento dei vecchi muri dei due vani che fiancheggiano a sud
labside della navata centrale, un tronco di colonna granitica
di colore bigio-azzurrognolo, con larghe venature e solcature;
sul fusto della colonna incisa uniscrizione di considerevole
interesse per la storia della metropoli cretese sotto
limperoEssendo stata drizzata presso labside della chie-
sa con la base ancora interrata, non posso dare unesatta
misura della sua altezza e dei suoi diametri: non tenendo
conto della parte affondata nel terreno, esso misura m. 1.48 di
altezza; m. 1.84 di circonferenza massima; m. 0.50 al suo dia-
metro superiore. Si tratta del frammento epigrafico IC IV,
305-306, n 305 (nunc ante ecclesiae absidem).
54
FYFE 1907. Larchitetto inglese datava la chiesa originaria
alla seconda met del VI sec.
55
Potrebbe essere l architetto cui fa riferimento Halbherr
in una lettera a De Sanctis del 13/3/1900, citando i componen-
ti della missione di A. Evans e D. Hogarth (ACCAME 1986, 38-
40).
56
Halberr racconta linizio degli scavi di L. Pernier, il
30/05/1911 in una lettera a De Sanctis (ACCAME 1984, 105); v.
anche la Lettera di Halbherr a De Sanctis del 27/07/1912
(ACCAME 1984, 132). Resoconti degli scavi in PERNIER 1914,
375; PERNIER 1916, 303-305.
57
PERNIER 1929, 58.
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA
Fig. 6 - Gortina, basilica di S. Tito: la finestra dellabside principale (esterno)
642
ISABELLA BALDINI
quindi alla inevitabile rimozione delle tombe cristiane che, disposte a pi strati le une sulle altre,
ricoprivano i ruderi monumentali pi antichi
58
, riscontrando lassenza quasi completa di oggetti di
corredo, tranne pochi reperti di datazione incerta (modeste ampolline di terracotta senza ornamenti
e qualche raro bicchiere di vetro
59
). Le sepolture, tutte orientate E-W e intonacate allesterno, cor-
rispondevano a tre tipologie principali: cassa laterizia con copertura di lastre di calcare, cassa con
copertura a botte
60
e cassa con copertura a doppio spiovente. La struttura era realizzata in alcuni
esempi con materiale di reimpiego, tra cui stele figurate e iscrizioni di et classica ed ellenistica
61
.
In un caso viene segnalata una sepoltura bisoma priva di corredo
62
.
Non certo se vi sia continuit tra questo tratto di necropoli e le tombe individuate poche deci-
ne di metri pi a S, durante gli scavi di S. Tito, anzi Pernier affrontando largomento sembra esclu-
derlo per la mancanza di riferimenti espliciti a rinvenimenti di questo tipo da parte di Halberr
63
.
Il problema di una discontinuit tra i nuclei cimiteriali emersi nellarea riguarda peraltro anche
alcune sepolture, forse appartenute ad un unico gruppo familiare, rinvenute nel 1978 e nel 1979 tra
S. Tito e la cattedrale di Mitropolis, nei livelli di abbandono di un piccolo edificio termale di et tar-
doantica
64
. La stessa provenienza dallarea del villaggio attuale di un certo numero di epigrafi fune-
rarie cristiane
65
non fornisce peraltro alcun elemento ulteriore per una ricostruzione della topografia
cimiteriale del settore occidentale della citt lungo il torrente Leteo, interessato almeno dal V seco-
58
PERNIER 1916, 304.
59
PERNIER 1916, 304.
60
A Gortina questa forma di sepoltura documentata nella-
rea del Pretorio (tombe 2359 e 2370), nelle terme a S di S. Tito
(DI VITA 1988, 131, figg. 146-148; DI VITA 1991b, 171-172) e
nella zona retrostante labside della cattedrale di Mitropolis
(FARIOLI CAMPANATI 1998, fig. 4). Un esempio attestato ad
Eleutherna: THEMELIS 2003. Sulla tipologia, diffusa anche in
Africa settentrionale, Spagna, Sicilia e Italia meridionale tra
VII e IX sec., v. DI VITA 1988, 131 con bibliografia preceden-
te. In Africa si tratta tuttavia di inumazioni in terra con sema-
ta semicilindrici fuori terra: devo questa precisazione a N.
Masturzo.
61
PERNIER 1916, 304; PERNIER 1929, 60.
62
PERNIER 1929, 59.
63
PERNIER 1929, 58.
64
DI VITA 1988, 69-95.
65
BANDY 1970, 66-77, nn 37-46, con bibliografia prece-
dente, e FARIOLI CAMPANATI 2006. Sulle epigrafi funerarie cri-
stiane di Gortina: v. anche SPYRIDAKIS 1986; MONNAZZI 1999;
MAZZOLENI 2005.
Fig. 7 - Lo scavo della navata settentrionale il 29 maggio 1900, con G. Gerola (CURUNI 1988b)
643
lo da una significativa frequentazione religioso-monumentale
66
. Manca infatti la possibilit di
apprezzare in maniera estensiva la densit e la disposizione delle sepolture; inoltre, non si pu
distinguere la cronologia di tali elementi in rapporto ai singoli edifici di culto o alle diverse aree
funerarie, probabilmente disposte lungo un asse N-S e con orientamento analogo a quello dei prin-
cipali edifici di culto
67
.
Nel 1926, terminate per il momento le ricerche nellarea dellOdeion
68
, viene condotto un nuovo
intervento a S. Tito, in questo caso sotto la direzione di A. Orlandos
69
. Lo studioso cerc di col-
mare le lacune della documentazione fino ad allora disponibile, valorizzando i dati gi emersi e for-
mulando inoltre nuove ipotesi ricostruttive sullorganizzazione interna delledificio, sugli alzati e
sullarredo liturgico. Nel contributo viene prestata particolare attenzione alla decorazione architet-
tonica (Fig. 8) e in particolare alla sistemazione del tribelon, cui vengono riferiti i due capitelli
imposta con tracce di rilavorazione e monogramma
70
oggi chiaramente interpretabili in relazione
allarcivescovo di et post-giustinianea Betranios
71
. La ricostruzione proposta prevedeva lesistenza
di gallerie sulla parte anteriore delledificio e la collocazione dellambone al centro della navata
principale: bisogna osservare, tuttavia, che i dati disponibili non comprendono n la presenza di
66
DI VITA 1984; DI VITA 1998; FARIOLI CAMPANATI 1989;
FARIOLI CAMPANATI 1994; FARIOLI CAMPANATI 1998; FARIOLI
CAMPANATI 1999; FARIOLI CAMPANATI 2001; FARIOLI
CAMPANATI 2002; RICCIARDI 2004; BALDINI LIPPOLIS 2005a;
BORBOUDAKIS 2005; FARIOLI CAMPANATI 2005a; FARIOLI
CAMPANATI 2005b; FARIOLI CAMPANATI 2005c; RICCIARDI
2005; FARIOLI CAMPANATI 2006; FARIOLI CAMPANATI -
BORBOUDAKIS 2006; FARIOLI CAMPANATI 2009; RICCIARDI
2009.
67
V., ad esempio, BALDINI LIPPOLIS 2005b, 1144-1145.
68
PERNIER 1929: nella pubblicazione si espongono i risultati
di tutte le campagne condotte nellarea dellOdeion fino a
quella di rilievo, del 1921.
69
ORLANDOS 1926.
70
Sulle diverse interpretazioni avanzate in precedenza v.
BALDINI LIPPOLIS 1998, 72.
71
Sulla nuova lettura del monogramma sulla base del rinve-
nimento delliscrizione musiva dalla basilica di Mitropolis:
FARIOLI CAMPANATI 1998, 117-121; FARIOLI CAMPANATI 2005b,
649-650; FARIOLI CAMPANATI 2006, 118-120; v. anche, recen-
temente, ASSIMAKOPOULOU-ATZAKA - PARCHARIDOU-ANAGNO-
STOU 2009, 33 e 37 e FARIOLI CAMPANATI 2009, 51-52.
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA
Fig. 8 - Ricostruzione grafica di una della colonne del tribelon con il capitello imposta (ORLANDOS 1926)
644
ISABELLA BALDINI
vani-scala per raggiungere un livello superiore n tracce della base dellambone o di una solea,
essendo peraltro la soluzione proposta quella meno comune nellambito dellarchitettura ecclesia-
stica greca e cretese
72
. La scultura architettonica e di arredo liturgico raccolta e distinta in due
gruppi, datati rispettivamente al V-VI secolo e al VII-X
73
.
Si fa riferimento anche agli oggetti bronzei rinvenuti da Xanthoudides, che vengono per la prima
volta descritti e presentati in fotografia
74
. Linsieme cospicuo e comprende 25 dischi portacandele
di diametro variabile tra i 17 e i 37,5 cm (Fig. 9)
75
e tre dischi traforati (tra i 20 e i 29 cm di diame-
tro) forniti di tre catene di sospensione
76
; uno di essi decorato con un monogramma cruciforme a
giorno, gi trascritto da Gerola e oggetto di perplessit da parte di Xanthoudides
77
, che una recente
analisi ha proposto di leggere come uninvocazione alla Theotokos
78
. Questa soluzione, tuttavia, pre-
senta due difficolt principali: innanzitutto nel monogramma, nonostante lo schema generale sia
simile a quello delle invocazioni alla Madre di Dio, pare assente il beta iniziale di ; inoltre
mancherebbe il nome del dedicante, che generalmente indicato negli oggetti votivi. Si potrebbe a
questo punto riprendere il suggerimento di Xanthoudides
79
e interpretare il monogramma con
Theoktistou, considerando anche che il nome attestato a Gortina da unepigrafe funeraria metrica
rinvenuta nel 1893 nellarea di Mitropolis, nella quale viene citato un personaggio eminente, origi-
nario di Iraklion
80
, forse lo stesso dedicante del manufatto bronzeo.
Del medesimo contesto fanno parte anche un incensiere con tre catene di sospensione
81
, una pate-
72
Le chiese di questarea presentano infatti, di solito, un
ambone decentrato: FARIOLI CAMPANATI 1989, 180; FARIOLI
CAMPANATI 2009, 48-49, con bibliografia precedente.
73
ORLANDOS 1926, 308-319.
74
ORLANDOS 1926, 321-325; v. anche BALDINI LIPPOLIS 1998,
62; XANTHOPOULOU 1998.
75
Iraklion, Museo Storico, inv. 207, 183, 184, 185, 186, 187,
188. ORLANDOS 1926, 321, fig. 20; ART BYZANTIN, 445-448;
XANTHOPOULOU 1998, 106-108, figg. 10 e 12-17.
76
Iraklion, Museo Storico, inv. 180-182. ORLANDOS 1926,
321, fig. 20; XANTHOPOULOU 1998, 108-109, figg. 29-32.
77
V. n. 50. ORLANDOS 1926, 322, fig. 21a; IC IV, 405, n.
476; ART BYZANTIN, 447, n 544.
78
XANTHOPOULOU 1998, 109.
79
V. n. 50. Uno studio che tiene conto dellidentificazione del
personaggio menzionato in corso di elaborazione da parte di
S. Cosentino nellambito della pubblicazione sui risultati degli
scavi condotti presso il Caput Aquae, cui si rimanda per ulte-
riori approfondimenti. Sulle indagini delle campagne 2005-
2008: v. BALDINI et al. 2007; BALDINI et al. c.d.s.; BALDINI
LIPPOLIS - VALLARINO, c.d.s.
80
IC IV, 413-414, n 508 (IV sec.); BANDY 1970, 75-76, n
45 (V-VI sec.).
81
Iraklion, Museo Storico, inv. 179. ORLANDOS 1926, 322,
fig. 21 ART BYZANTIN, 447-448, n 545; XANTHOPOULOU
1988, 105, fig. 3.
Fig. 9 - Iraklion, Museo Storico: disco di polycandelon da S. Tito (ART BYZANTIN 1964)
645
ra con manico
82
e un recipiente di forma chiusa con basso piede troncoconico e cornice a meandro
lungo il diametro di massima espansione
83
. Il rinvenimento comprendeva inoltre due croci a bracci
patenti, una delle quali (alt. 30 cm) probabilmente processionale
84
con supporto
85
, mentre laltra
(26x18 cm) presentava quattro cerniere allestremit dei bracci
86
. Infine, una serie di manufatti fram-
mentari di funzione incerta
87
, tra i quali alcune sezioni di catena o strisce in lamina per la sospen-
sione di altri elementi
88
.
Da un punto diverso della campata meridionale della chiesa, come si gi accennato, proveni-
vano soli quattro oggetti, gi interpretati come sostegni per icone o labari
89
.
La tipologia dei manufatti aveva suggerito a Orlandos unattribuzione omogenea dellintero conte-
sto alla prima fase della chiesa, datata dallo studioso al VI secolo
90
. Lanalisi condotta successivamen-
te da M. Xanthopoulou ha invece teso a posticipare la datazione della maggior parte degli oggetti al
periodo mediobizantino
91
. La proposta, tuttavia, pi che risolvere in maniera convincente il problema
cronologico dei pezzi, ha evidenziato lesiguit dei riferimenti cronologici sicuri per le classi di manu-
fatti prese in esame, note quasi esclusivamente attraverso esemplari da collezione o da contesti archeo-
logici incerti. Sono palesi inoltre, nella bibliografia di riferimento, le difficolt di sistematizzazione del
materiale a fronte di una indubbia tendenza a conservare inalterata la forma degli oggetti di ambito
liturgico lungo un arco di tempo estremamente prolungato.
La sintesi elaborata da Orlandos non aveva dunque esaurito il problema della cronologia della
chiesa e del suo sviluppo costruttivo e decorativo, ma costitu al contrario la base di partenza per
studi successivi e per lelaborazione di nuove ipotesi, a volte basate su un riesame complessivo del
monumento, in altri casi sullesame tipologico di singoli elementi, soprattutto scultorei. Mentre la
82
Iraklion, Museo Storico, inv. 195. XANTHOPOULOU 1998,
103-104, fig. 1.
83
Iraklion, Museo Storico, inv. 197. ORLANDOS 1926, 325,
fig. 25; XANTHOPOULOU 1998, 104-105, fig. 2.
84
Iraklion, Museo Storico, inv. 199. ORLANDOS 1926, 325,
fig. 25; XANTHOPOULOU 1998, fig. 5.
85
Iraklion, Museo Storico, inv. 198. ORLANDOS 1926, 325,
fig. 25; XANTHOPOULOU 1998, fig. 7.
86
Iraklion, Museo Storico, inv. 202. ORLANDOS 1926, 325,
fig. 25; XANTHOPOULOU 1998, fig. 6.
87
Ad esempio un oggetto cilindrico traforato (Iraklion,
Museo Storico, inv. 194): ORLANDOS 1926, 325, fig. 25;
XANTHOPOULOU 1998, 105, fig. 4. Potrebbe trattarsi della parte
inferiore di un polycandelon del tipo illustrato in
EFFENBERGER, SEVERIN 1992, 127, n 46 (VI sec.).
88
Iraklion, Museo Storico, invv. 190, 196, 200-201, 205-206
. XANTHOPOULOU 1998, 109-111, figg. 26-34.
89
Iraklion, Museo Storico, inv. 203. ORLANDOS 1926, 325,
fig. 25; XANTHOPOULOU 1998, 105, figg. 8-9 e 11. Per questi
reperti un parallelo tipologico costituito da tre esemplari
conservati a Monaco: WELT VON BYZANZ, 104, nn 139-1 e
139-8.
90
ORLANDOS 1926, 325; v. anche TSIGONAKI 2005.
91
XANTHOPOULOU 1998.
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA
Fig. 10 - Ricostruzione assonometrica della chiesa (KRAUTHEIMER 1986)
646
ISABELLA BALDINI
maggior parte degli studiosi, tra cui C. Mango
92
, ha suggerito per ledificio una datazione al VI seco-
lo, secondo quanto gi ipotizzato da Fyfe
93
, altri, come P. Lemerle, ritennero che la cronologia
dovesse essere pi tarda, tra il VII e lVIII secolo
94
, o addirittura successiva, secondo lopinione di
J. Christern, secondo il quale si tratterebbe di un edificio posteriore al IX secolo con reimpieghi pre-
cedenti
95
. La disparit delle proposte viene fatta risaltare anche da R. Krautheimer (Fig. 10), che ha
sottolineato in particolare la singolarit del presbiterio, proponendo una datazione agli anni estre-
mi del VI secolo, o, addirittura, al X secolo
96
.
La complessit del monumento, oggetto come si visto di una lunga ma sempre parziale storia
conoscitiva, trarrebbe indubbio giovamento da nuove indagini estensive e dalle metodologie dia-
gnostiche attualmente disponibili in campo archeologico. Non pu essere ignorato, peraltro, il fatto
che la parte in alzato delledificio, cos come si presenta oggi, in realt una sorta di palinsesto
architettonico che la stessa tecnica costruttiva tende in parte a far sembrare omogeneo.
I dati disponibili, comunque, sono numerosi e possono permettere almeno parzialmente di rico-
struire la storia del complesso religioso e di formulare ipotesi sulle motivazioni che hanno determi-
nato nel tempo i mutamenti planimetrici e strutturali rilevabili da un esame diretto del monumento.
2. S. TITO A GORTINA: STORIA E CULTO DALLE FONTI APOSTOLICHE AI VENEZIANI
Un punto cruciale nella ricostruzione della storia delledificio quello della effettiva attendibi-
lit di una originaria dedica a S. Tito. A questo proposito si pu ricordare che la prima testimo-
nianza sulla presenza di questo personaggio a Creta risale al 65, quando S. Paolo lascia per due anni
il proprio discepolo nellisola
97
per regolare ci che rimaneva da fare e stabilire presbiteri in ogni
92
MANGO 1978, 86.
93
FYFE 1907.
94
LEMERLE 1946, 480: la proposta veniva avanzata per con-
fronto con la Basilica B di Filippi, allora in corso di scavo.
95
CHRISTERN 1974.
96
KRAUTHEIMER 1986, 283.
97
Lettera ai Galati, 2, 3. Convertito forse da S. Paolo
(Lettera a Tito, 1, 4) presente alla grande assemblea di
Gerusalemme (Atti degli Apostoli, 15); v. anche Lettera a Tito,
1, 4; Seconda lettera ai Corinzi, 7, 6 (Tito raggiunge Paolo in
Macedonia, nel 65 ca.) e 13; 8, 6, 16 (su richiesta di S. Paolo,
si reca a Corinto); 8, 23.
Fig. 11 - Larea dellagor, con S. Tito e lOdeion
647
citt secondo le disposizioni ricevute
98
. Dopo avere curato lorganizzazione delle comunit cristia-
ne, Tito viene richiamato dallo stesso Paolo a Nicopoli
99
e successivamente in Dalmazia, gi attor-
no al 67
100
, sostituito da un altro discepolo, Artema o Tichico
101
: la sua presenza nellisola non sem-
bra durare, quindi, pi di due anni e non esistono ulteriori elementi per ritenere che possa essersi
ripetuta a distanza di tempo. Eusebio di Cesarea
102
e S. Girolamo
103
riportano queste stesse indica-
zioni, mentre la lettera inviata nel 451 a Leone I da Martyrios, presule di Gortina, a nome di tutti i
presuli di Creta
104
, manifesta in maniera esplicita il legame religioso tra lepiscopato locale e i SS.
Dieci, martirizzati a Gortina sotto Decio e venerati dopo la traslazione di et costantiniana nella pro-
babile cattedrale urbana
105
, non facendo alcun riferimento al protovescovo. Questi, invece, ogget-
to di una leggenda di datazione imprecisabile ma probabilmente anteriore al X secolo, nella quale
viene presentato fantasiosamente come discendente di Minosse; dopo aver consacrato otto vescovi
per le diocesi suffraganee di Gortina, sarebbe morto a Creta allet di 94 anni
106
.
Con maggiore sicurezza il culto del santo nellisola testimoniato da unomelia di Andrea di
98
Lettera a Tito, 1, 5.
99
Lettera a Tito, 3, 12.
100
Seconda lettera a Timoteo, 4, 10 (del 67 ca.).
101
Lettera a Tito, 3, 12. Nella Seconda lettera a Timoteo, 4,
10 (del 67 ca.) si dice per che Tichico si trova ad Efeso,
quindi probabilmente a Creta era stato inviato Artema.
102
Eusebius Caesariensis, Historia Ecclesiastica (ed. J. P.
Migne, Paris 1857), III, 4, 6.
103
Lettera a Tito.
104
MANSI VII, 171, col. 622; CRETA SACRA, 199.
105
Per la Passio dei SS. Dieci: MIGNEPG 116, 566-574;
FRANCHI DE CAVALIERI 1962; DETORAKIS 1970; TSOUGARAKIS
1988, 113-114; BALDINI LIPPOLIS 2005a, 177. Secondo P.
Franchi de Cavalieri la Passio sarebbe stata composta entro il
VII secolo sulla base di un testo, perduto, della fine del IV
(FRANCHI DECAVALIERI 1962, 368 e 388). Nel IX secolo le
reliquie dei SS. Dieci sembrano essere conservate a
Costantinopoli, nella chiesa di S. Stefano plesion ton
Plakidias: AA.SS. X Kal. Decembris 23, Bruxelles 1940, coll.
597-598; JANIN 1964, 372-73, 413; DAGRON 1974, 95; BALDINI
LIPPOLIS 2005a, 187. Sul culto dei SS. Dieci a Creta in et
veneziana: PAPADAKI 2005, 9-10, con bibliografia precedente.
106
HALKIN 1961, 241-256; CRETA SACRA, 103 e 194: secondo
il Martirologio romano (4 gennaio) il santo sarebbe stato
sepolto dove era stato costituito degno ministro dallapostolo:
Bibliotheca Sanctorum XII, 503-5; v. anche TSOUGARAKIS
1988, 113.
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA
Fig. 12 - Gortina, basilica di S. Tito: la basilica da SW
648
ISABELLA BALDINI
107
Andrea autore anche di un encomio della Vergine e di
testi per la decollazione del Battista, in onore dei Dieci marti-
ri cretesi e di altri santi (Basilio, Nicola, Teraponto). Per la rac-
colta complessiva degli scritti: MIGNEPG 97, 789-1444; v.
anche CRETA SACRA, 201-202; TSOUGARAKIS 1988, 24-25;
AUZPY 1995; CUNNINGHAM 1998; AUZPY 1999;
PROSOPOGRAPHIE, n 362.
108
TSOUGARAKIS 1988, 24-25; AUZEPY 1995, 6, con biblio-
grafia precedente.
109
MIGNEPG 97, 1141-1169.
110
Lattenzione dellarcivescovo di Gortina per S. Tito
potrebbe rientrare nel fenomeno generale di recupero e valo-
rizzazione dei culti apostolici, attestato a Costantinopoli tra la
fine del VII e gli inizi del secolo seguente: DVORMIK 1958,
167-180.
111
LAURENT 1963, 464-465, n 619 (Museo di Iraklio, inv.
514); OIKONOMIDES 1985, 10 e 26 (Dumbarton Oaks, inv.
58.106.5221).
Fig. 13 - Gortina, basilica di S. Tito: Ricostruzione planimetrica della fase dellarcivescovo Betranios
Damasco, metropolita di Gortina tra il 711 e il 730
107
. Si ritiene che il testo sia stato pronunciato nelli-
sola tra il 720 e il 730
108
, ma non contiene alcuna indicazione specifica su luoghi o avvenimenti locali:
Tito vi definito Cretensium Ecclesiae a Deo conditum ceu turris propugnaculum;duodenarum
nostrae insulae medium sedem principem tenens
109
, mettendo in risalto il ruolo istitutivo e identifi-
cativo della sua attivit pastorale nellambito delle chiese cretesi e quindi, indirettamente, evidenzian-
do la funzione centrale dellepiscopato gortinio
110
. Nella stessa prospettiva possono forse essere consi-
derati alcuni sigilli in piombo attribuiti ad Andrea, che riportano al dritto il busto di S. Tito
111
.
Una testimonianza di qualche decennio pi tarda la Vita di Andrea composta da Niketas nella
seconda met dellVIII secolo. In questo caso lautore interessato a descrivere lattivit del vesco-
649
vo sullisola, con particolari sulle opere realizzate a Gortina: tra queste non figura un luogo di culto
dedicato a S. Tito, mentre vengono enfatizzate la ricostruzione di una chiesa, che sarebbe stata dedi-
cata in quelloccasione alla Theotokos delle Blacherne, e linaugurazione di strutture assistenziali e
caritative
112
. Il testo contiene anche indizi di un periodo di difficolt nella vita di Creta, minacciata
da una violenta epidemia di peste e dallattacco degli Arabi, che avrebbero costretto la popolazione
locale a rifugiarsi almeno temporaneamente con il vescovo nella fortezza tou Drimeuos
113
. interes-
sante notare, a questo proposito, che gli scavi urbani degli ultimi decenni hanno confermato in effet-
ti una sostanziale continuit di vita in citt solo fino alla met dellVIII secolo
114
: il testo, quindi,
potrebbe indicare linizio di un processo di abbandono dellabitato originario a favore di quello di
altura gi prima dellinvasione araba dei primi decenni del IX secolo.
Le fonti relative alla riconquista bizantina di Creta dopo la lunga parentesi dellemirato (827-
961)
115
non contengono ulteriori informazioni: la Vita di San Nicone, ad esempio, non ricorda in
maniera specifica alcun edificio ricostruito o edificato ex novo a Gortina dopo la riconquista bizan-
tina di Creta, ma si limita a generici riferimenti alla costruzione di chiese e al ristabilimento del-
lorganizzazione ecclesiastica in tutta lisola
116
.
Successivamente la persistenza del culto cretese per S. Tito attestata da alcuni sigilli di vesco-
vi databili tra il X sec. e la conquista veneziana
117
. Sembra essere questa la prova pi concreta di una
continuit devozionale per il santo nellambito della chiesa. Non si hanno indicazioni, infatti, sul-
112
PAPADOPUOLOS KERAMEUS 1899 (su Gortina, in particola-
re, 175-176).
113
PAPADOPOULOS KERAMEUS 1899, 177; v. anche
TSOUGARAKIS 1988, 25 e 114-115 (con lipotesi che possa trat-
tarsi dellacropoli di Gortina). Sullepidemia di peste dellVIII
sec.: BRANDES 1999, 35, con bibliografia precedente.
114
Per una sintesi: v. GORTINA V e VITALE 2008.
115
Sulle difficolt di datazione dellinizio della dominazione
araba: TSOUGARAKIS 1988, 30-40; MALAMUT 1988, 72-73
(829-842).
116
Vita Niconis, 21 (in SULLIVAN 1987); v. anche
TSOUGARAKIS 1988, 118-119. La costruzione da parte di S.
Nicone di una chiesa distrutta stata attribuita a Gortina (v., ad
esempio, CRETA SACRA, 194; GEROLA 1908, 38-39), mentre in
realt nella Vita lepisodio riferito ad una localit imprecisa-
ta situata a tre giorni di cammino dalla stessa citt.
117
Di Basileios, datato tra il X sec. e il 1204 (TSOUGARAKIS
1990, 145, n 11), di Niketas, dellXI sec. (TSOUGARAKIS
1988, 245, n 4; TSOUGARAKIS 1990, 150, n 53; NESBITT -
OIKONOMIDES 1994, n 36.3), di un arcivescovo degli inizi del
XII sec. (LAURENT 1963, 467, n 622; TSOUGARAKIS 1990,
145, n 13; NESBITT - OIKONOMIDES 1994, n 36.13).
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA
Fig. 14 - Gortina, basilica di S. Tito: capitello imposta del tribelon con monogramma di Betranios
650
ISABELLA BALDINI
lintitolazione e sulla data di fondazione della basilica bizantina di Candia, poi trasformata in catte-
drale di S. Tito dai Veneziani: la sua costruzione, generalmente attribuita a Niceforo Foca senza
motivazioni certe
118
, potrebbe essere avvenuta in qualsiasi momento prima del 1209, quando ai pel-
legrini che visitavano il complesso religioso venne concessa lindulgenza papale
119
.
Anche supponendo che a Candia la chiesa latina di S. Tito contenesse gi nel XIII secolo le reli-
quie, consistenti com noto nel capo del santo, e che linventio di tali reliquie fosse avvenuta effet-
tivamente a Gortina e in un edificio che conservasse il ricordo di un culto del protovescovo crete-
se, in realt nessun documento fa cenno a tale circostanza prima del XVII secolo: anzi, le prime
fonti veneziane disponibili sembrano non essere a conoscenza dellepisodio. In ogni caso solo dal
XV secolo che il complesso ecclesiale gortinio a S dellagor viene chiaramente riconosciuto come
S. Tito, quando nel 1415 C. Buondelmonti ipotizza che in quel luogo, allepoca gi in rovina, potes-
se essersi trovato un tempo il corpo del santo, specificando per che tale reliquia in realt non era
mai stata trovata
120
. Anche O. Belli nel 1596 ricorda lintitolazione in riferimento alledificio gorti-
nio, ma non fa cenno alle spoglie di S. Tito
121
. Solo F. Corner, alla met del XVIII secolo, commen-
tando e forse sovrainterpretando il testo del Buondelmonti, precisa che dalle macerie della stessa
118
GEROLA 1908, 40-43.
119
MALTEZOU 2002, 133; PAPADAKI 2005, 52. La chiesa, dopo
un lavoro di restauro, fu inaugurata nuovamente nel 1446,
anno in cui larcivescovo Fantino Dandolo port allaltare il
capo di S. Tito insieme alle reliquie dei SS. Stefano, Martino
e Lucia: GEROLA 1915, 40-41; PAPADAKI 2005, 52. Nel 1519 il
duca Antonio Morosino stabil le festivit annuali, tra le
quali anche quella di S. Tito il 2 ottobre (PAPADAKI 2005, 8) e
nel 1669 la testa del santo venne portata a Venezia, in S. Marco
(CRETA SACRA, 195; GEORGOPOULOU 1995; PAPADAKI 2005,
52), dove rimase fino al 1966, quando fu restituita alla chiesa
cretese (presso la quale S. Tito viene festeggiato ogni 25 ago-
sto: PAPADAKI 2005, 52). Il reliquiario argenteo tuttora con-
servato nel tesoro di S. Marco.
120
VAN SPITAEL 1981, 173-176: Ecclesia non magna nimis
Titi discipuli Pauli Apostoli, de stirpe Minois jam desolata
remanet cum ipsius corpore non reperto, quod flumen pontem
mire latitudinis ad instar magne platee habet; v. anche CRETA
SACRA, 14: Ecclesia vero magna nimis Titi discipuli Pauli
Apostoli de stirpe Minois jam desolata remanet cum corpore
dicti non inventi, quod flumen pontem mirae magnitudinis ad
instar magnae platae habet.
121
BESCHI 2000, 24 (il testo presuppone una planimetria che
andata perduta): questa era la chiesa detta di San Tito la
quale era tutta fabbricata dale rovine antiche, dai kadroni de
pietre bianche senza pietre cotte; ma tutta di fabrica sal-
diss(im)a et ancor buona parte in piedi, et gli manca solo
quasi il tetto. A. era una sacrestia nella quale hora et in B.
fabricate una chiesetta nella quale talvolta vi celebrano i
sacerdoti del Casal Metropolis alla greca. Questa chiesa era
schietta senza adornamenti di colonne o capitelli o base. Solo
li 4 pilastri in parte erano schietti in croce et sostenevano il
volto, n avevano n base n capitello, n vi si vedono n cor-
nici n altro, ma tutta schietta e soda: pur stata rovinata se
ben era tale. v. anche SPRATT 1865, 31-32: a plain but
well built and very early church, dedicated, according to Belli,
to St. Titusit is in form of a cross.
Fig. 15 - Aghii Deka, phylakion: capitello imposta dalla chiesa della Panaghia di Matala
651
chiesa, distrutta dagli Arabi, era stato recuperato solo il capo del santo, al suo tempo conservato
nella omonima chiesa di Candia, mentre il corpo non era mai stato rinvenuto
122
.
Rimane incerto, in sostanza, se il culto di S. Tito, valorizzato dalla tradizione religiosa greca solo
agli inizi dellVIII secolo da Andrea di Creta e adottato nel XIII secolo dai Veneziani a Candia, fosse
effettivamente praticato nella chiesa a S dellagor fin dalla sua costruzione: per tale edificio pos-
siamo infatti ricostruire in via ipotetica un collegamento con S. Tito solo a partire dal XV secolo,
epoca in cui gli altri complessi religiosi della citt antica erano ormai tutti crollati da tempo e dimen-
ticati, a parte la chiesa del villaggio di Aghii Deka
123
. La persistenza della struttura in blocchi del
monumento, unico rudere parzialmente conservato in alzato in un mare di rovine, pu perci
avere indubbiamente guidato e reso praticamente obbligata lidentificazione veneziana, in una fase
di evidente volont di definizione e affermazione della chiesa latina mediante ladozione di santi
spesso alternativi alla tradizione cultuale precedente. Non a caso la festa dei Santi Dieci, avvertita
come strettamente pertinente alla tradizione religiosa bizantina, non venne ad esempio inclusa nelle
festivit cattoliche locali prima del 1519, e fu solo nella prima met del XVII secolo che furono loro
dedicate due cappelle a Candia, una in S. Marco, laltra in S. Tito
124
.
Il problema indubbiamente complesso e si interseca con quello, ancora irrisolto, dellidentifi-
cazione delle dediche degli altri edifici di culto di Gortina noti archeologicamente, almeno sette dei
quali databili dallet protobizantina
125
. Per nessuno di essi, infatti, nota lintitolazione originaria,
compresa la cattedrale, che secondo la tradizione agiografica avrebbe ricevuto le reliquie dei SS.
Dieci gi in et costantiniana per autorizzazione imperiale
126
.
Il materiale epigrafico utilizzabile per una ricostruzione delle dediche e dei culti locali, daltra
parte, oltre ad essere di difficile datazione, finora estremamente scarso, consistendo in sole cinque
122
CRETA SACRA, 64 e 102-103: Ejus corpus in foeda
Agarenorum devastazione inter ruinas Templi et urbis obru-
tum et deperditum fuit, solo capite servato, quod in novae
Candacis Templo coelebaturPrope flumen versus
Septentrionem a latere Templi, Ecclesia Titi Discipuli Pauli
Apostoli de stirpe Minoi est, coram qua Pontem mire amplitu-
dinis ad Plateam dicte Ecclesie ampliandam vide bis, juxta
versus Orientem duo prostrata Busta marmorea Apostolorum
mire magnitudinis procurabis, in eadem Ecclesia Corpus Titi
Archiepiscopi ets, et quia jam omnia dicte Ecclesie per terram
apparent reperiri non potest, pulcra per Civitatem juxta flu-
men sunt Molendina in hodiernum, Columnas marmorea set
lapideas quadrigentas cum mille erectasque prostratas enu-
meravi, cum Tabuli set Sepulcris infinitis.
123
PLATON 1955, 417.
124
PAPADAKI 2005, 9-10.
125
Oltre a S. Tito sono attestate a Mitropolis la cattedrale a
cinque navate (FARIOLI CAMPANATI 2009, con bibliografia pre-
cedente) con il battistero (RICCIARDI 2009, con bibliografia
precedente), una chiesa triconca (BALDINI LIPPOLIS 2005a,
177-184, con bibliografia precedente) e, poco pi ad W, la
basilica di Mavropapa (BALDINI LIPPOLIS 2002, con bibliogra-
fia precedente); unaltra chiesa sorgeva a S dei Templi gemel-
li, nellarea ad E della Megali Porta (MASTURZO - TARDITI
1999, 327; BALDINI LIPPOLIS 2005a, 184). Un complesso cul-
tuale era visibile a N del Pythion allepoca di Gerola (GEROLA
1908, 39: la doppia abside descritta dallo studioso corrisponde
probabilmente al synthronon di un unico edificio), che lo
mette in relazione con lepigrafe scomparsa del vescovo
Theodoros (GEROLA 1932, 553-554, n 32 in un muro a secco
qualche centinaio di metri a nord del Pythion); IC IV, 460-
461, n 460. Una basilica stata indagata infine sullacropoli
(RIZZA - SANTA MARIA SCRINARI 1968, 68-96; BEJOR - SENA
CHIESA 2003; PERNA 2005).
126
FRANCHI DE CAVALIERI 1962, 384-385.
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA
Fig. 16 - Aghii Deka, phylakion: particolare del monogramma di Betranios
652
ISABELLA BALDINI
invocazioni a Dio o al Signore
127
, una a S. Nicola
128
e una a S. Giorgio
129
. A questa documentazione
si aggiungono gli elementi desumibili dalle fonti letterarie, che come si gi accennato, attribui-
scono ad Andrea la riedificazione di una chiesa alla Theotokos Blachernitissa
130
; al culto della stes-
sa Theotokos
131
, sostenuto dagli scritti dellarcivescovo della prima met dellVIII secolo, riserva-
ta anche linvocazione sulla tabula inscriptionis di un sarcofago forse proveniente dallarea di
Mavropapa, ma non dallo scavo della chiesa
132
, e un frammento di epigrafe dagli scavi della catte-
drale
133
.
127
Ad esempio le invocazioni funerarie, acclamatorie e invo-
catorie: BANDY 1970, 47-48, n 18; 51-52, n 24 (trisagion);
53-54, n 25; 65-66, n 36. Inoltre inv. 6344, dagli scavi di
Mitropolis (inedita).
128
HALBHERR 1891, 459; GEROLA 1932, 554, n 33; IC IV,
403, n 471; BANDY 1970, 51-53, n 24 (dal Pretorio o dal-
larea del Pythion). In un taccuino di Gerola indicata la pro-
venienza da presso il Pythion, dove sono resti di una chie-
sa).
129
Inv. 6374, dagli scavi di Mitropolis: FARIOLI CAMPANATI
2006, 116. Nel 1889 era intitolato a S. Giorgio il monastero
che deteneva la propriet del podere confinante ad E con quel-
lo del Pythion; su questo terreno venne sparsa la terra di scavo:
COMPARETTI 1889, 3.
130
V. n. 110.
131
Sullalta incidenza delle intitolazioni di chiese e monaste-
ri alla Theotokos ad Atene e Salonicco v. FEDALTO 2002, 39.
132
Lindicazione di provenienza perde pertanto significato
topografico, trovandosi Mavropapa nella stessa area della cat-
tedrale di Mitropolis: XANTHOUDIDES 1903, 127; GEROLA
1932, 553, n 31 ; IC IV, 403, n 470; BANDY 1970, 41-42, n
9. Uno dei due personaggi nominati nelliscrizione,
Eulampios, omonimo del curialis citato in una lettera di papa
Vitaliano nel 668 al metropolita di Gortina: BRANDES 1999,
30; TSIGONAKI 2009, 263. Si segnalano infine almeno sei sigil-
li rinvenuti a Gortina con limmagine della Theotokos, invo-
cazioni e nomi sotto forma di monogramma o per esteso, data-
ti tra il VI e lVIII secolo: 1. Diomede (inv. 6576, tardo VII
secolo); 2. inv. 4752, VII-VIII secolo; 3. Costantino (inv.
4990, VII-VIII secolo); 4. Thom: IC IV, 416, n 514 (Museo
di Iraklion); 5. Sergios: IC IV, 416, n 516 (Museo di
Iraklion); 6. Stefanos strategos: IC IV, 416, n 517 (Museo di
Iraklion). Un settimo sigillo viene interpretato come
uninvocazione alla Theotokos, con un monogramma persona-
le cruciforme ma senza decorazione figurata: IC IV, 416, n
515.
Fig. 17 - Gortina, basilica di S. Tito: muro absidale esterno
653
Solo nel caso del complesso del villaggio SS. Dieci, infine, la continuit del culto resa plausi-
bile dalla stessa ubicazione della struttura al centro dellanfiteatro di et imperiale, edificio colle-
gato, com noto, al racconto celebrativo del martirio
134
; non chiaro, tuttavia, quando si sia svi-
luppata la struttura ecclesiale, un luogo simbolico che recupera uno spazio significativo della reli-
giosit locale pi che un martyrion, almeno sulla base della tradizione agiografica.
3. LE FASI DEL MONUMENTO E I TACCUINI DI GEROLA
In un contributo precedente si gi sottolineata la necessit di considerare la chiesa attualmen-
te visibile come il risultato di ripetuti interventi di ristrutturazione, che nel tempo ne hanno modifi-
cato forma e aspetto accentuando le difficolt di lettura e interpretative
135
.
Ledificio venne realizzato in unarea pubblica che fino al IV secolo mantiene presumibilmente
le proprie funzioni originarie: i pochi dati numismatici disponibili sembrano dimostrare una conti-
nuit duso dellOdeion almeno fino alla met del IV secolo
136
e larea stessa di S. Tito ha restituito
documenti epigrafici di carattere pubblico databili al regno di Diocleziano
137
.
Dal V secolo sembrano cominciare a costituirsi a Gortina gli epicentri cultuali di un nuovo sistema
di occupazione cristiana della citt e del territorio che possono avere avuto il proprio caposaldo nella
cattedrale di Mitropolis. Il riferimento allautorit imperiale nella tradizione agiografica relativa ai SS.
Dieci una testimonianza particolarmente rilevante del rapporto tra la chiesa locale e lo stato, che in
accordo con la prassi corrente pu essere intervenuto nel regolare anche le assegnazioni in denaro
dalle tasse fondiarie cittadine per le esigenze della nuova monumentalizzazione cristiana
138
. Ancora
con il consenso dellautorit statale inizia quel processo di appropriazione sistematica degli spazi che
porter, in meno di cento anni, ad un completo spostamento dei luoghi di riferimento cultuale dai tem-
pli alle chiese, favorendo la crescita dellepiscopato urbano e le sue possibilit di affermazione socia-
le e rappresentativa. Proprio in questa fase si formano i racconti che riconoscono ai martiri locali la
funzione di fondatori di unidentit religiosa comune, come nel caso del culto condiviso per i Santi
Dieci, che attorno alla met del V secolo formalizza lindiscussa supremazia di ruolo del vescovo gor-
tinio in concomitanza con un evidente sviluppo dellarchitettura religiosa locale
139
.
133
Inv. 6875. FARIOLI CAMPANATI 2006, 116.
134
PITTON DE TOURNEFORT 1717, 70-71. Sulledificio e sulle
indagini archeologiche condotte nellarea: GEROLA 1908, fig.
127; GALLAS - WESSEL - BORBOUDAKIS 1983, 363-365; DI
VITA 1991a; BALDINI LIPPOLIS 2005a, 185-187.
135
BALDINI LIPPOLIS 1998.
136
HATZI - VALIANOU 1987: il cambiamento di funzione alla
fine del IV secolo sarebbe segnalato dal rinvenimento di una
moneta sul pavimento dellambulacro esterno.
137
V. n. 12. Non certo se il Consiglio cittadino si riunisse
nellOdeion, elemento che potrebbe far avanzare la cronologia
duso del monumento fino agli inizi del V sec. sulla base di IC
IV, 352-353, n 325.
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA
Fig. 18 - Gortina, basilica di S. Tito: volta absidale del vano presbiteriale
654
ISABELLA BALDINI
Allo stato attuale non esistono dati per stabilire con certezza se il monumento a S dellagor cit-
tadina sia stato preceduto da un altro edificio di culto (Fig. 11). Nellimpianto, che rispetta gli alli-
neamenti della piazza pubblica di et classica, vengono utilizzati come materiale da costruzione i
blocchi di altri edifici preesistenti, alcuni anche con iscrizioni di et imperiale
140
. Una fondazione
consistente di rocchi di colonna di un ordine monumentale disposti orizzontalmente lungo un alli-
neamento parallelo a quello del muro settentrionale del monumento, a poca distanza da esso, potreb-
be testimoniare lesistenza di una struttura precedente alla chiesa attualmente visibile. La soluzione
ricorda labside della basilica di Mavropapa, interamente realizzata dopo la met del V secolo con
elementi di reimpiego tratti da un edificio con funzioni pubbliche
141
, suggerendo una probabile data-
zione del muro a N di S. Tito ad et tardoantica; per questa chiesa, tuttavia, lipotesi che tale costru-
zione possa essere il residuo di un primo complesso religioso rimane per ora necessariamente nel-
lambito delle congetture, trattandosi di una struttura che comunque venne completamente cancel-
lata dal complesso religioso successivo.
Sono certamente pertinenti ad una fase precedente a tale muro due grandi pilastri in blocchi di
calcare, conservati per i filari inferiori a N-W dellaula di culto, in allineamento con la struttura di
elementi di reimpiego gi citata e con il portico orientale dellatrio. Questultimo elemento, ad arca-
te con volta a botte, era ben visibile allepoca di Gerola, che testimoni fotograficamente anche la
presenza di un sarcofago lapideo con tabula ansata anepigrafe, privo di coperchio, immediatamen-
te a ridosso del pilastro occidentale
142
.
La disposizione del braccio orientale dellatrio in rapporto ai pilastri suggerisce un percorso
monumentalizzato dal nartece della chiesa verso N, in unarea purtroppo non indagata. A S della
chiesa, invece, sono visibili in alzato i resti di un edificio a sviluppo longitudinale N-S e con una
nicchia rettangolare al centro del lato minore meridionale (Fig. 11): la struttura, di ignota funzione
e databile allet severiana, reimpiega nella parte inferiore i blocchi in calcare di una costruzione
precedente, mentre le pareti in cementizio erano originariamente rivestite da paramenti in opera
138
V., ad es., Sozomeno: MIGNEPG 67, I, 8.
139
BALDINI LIPPOLIS 2002, 313; BALDINI LIPPOLIS 2009.
140
V., ad es., HALBHERR 1891, 459 (nella cappella meridionale).
141
HALBHERR 1897, 177, fig. 4; BALDINI LIPPOLIS 2002.
Fig. 19 - Gortina, basilica di S. Tito: la chiesa da N
655
testacea
143
. Il collegamento con S. Tito evidente non solo per la conservazione dei resti in elevato,
ma anche per lassoluta concordanza di allineamento, tale da rendere pi che probabile una rifun-
zionalizzazione del monumento in rapporto al complesso cristiano.
La prima fase chiaramente leggibile della chiesa (Figg. 12-13) saldamente ancorata allidenti-
ficazione nel monogramma dei capitelli imposta del tribelon di S. Tito
144
(Fig. 14) con larcivescovo
Betranios, citato in uniscrizione musiva della cattedrale in quanto responsabile del rifacimento
della pavimentazione
145
, presule della sede gortinia tra gli arcivescovi Theodoros
146
e Ioannes
147
,
quindi tra il 553 e il 597-599
148
.
A Betranios si deve attribuire anche la costruzione di una chiesa a Matala, porto di Gortina gi
noto da Onorio Belli come S. Maria de Metalla
149
. Delledificio sorto nellapprodo meridionale di
Creta rimangono, infatti, due capitelli imposta in marmo di Proconneso (Figg. 15-16) di dimensio-
ni simili a quelli di S. Tito e con monogramma analogo
150
: la chiesa, un tempo ricca di mosaici e
142
CRETA ANTICA, 101, fig. 87.
143
BALDINI LIPPOLIS 1998, 45-46.
144
XANTHOUDIDES 1903 126; ORLANDOS 1926, 304-305;
Gerola 1932, 391, n 6; IC IV, 405, n 475 ; BANDY 1970, 49,
n 21; VEMI 1989, 206, n 330 (con datazione allultimo quar-
to del VI sec.).
145
V. n. 70.
146
CRETA SACRA, 199-200; IC IV, n 460.
147
CRETA SACRA, 200; IC IV, 30.
148
FARIOLI CAMPANATI 1998, 117-121; FARIOLI CAMPANATI
2005b, 647-649; FARIOLI CAMPANATI 2006, 117-118; FARIOLI
CAMPANATI 2009, 51-52.
149
BESCHI 2000, 65-66.
150
GEROLA 1932, 391, n 5; SANDERS 1982, 114; BALDINI
LIPPOLIS 1998, 58. I manufatti sono conservati presso il phy-
lakion di Aghii Deka e misurano rispettivamente: 1. diam.
inferiore 0,40 m; lato abaco 0,90x0,70 m; alt. 0,40 m; diam.
monogramma 0,20 m. 2. diam. inferiore 0,44 m; lato abaco
0,92 m; alt. 0,40 m; diam. monogramma 0,20 m. Entrambi
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA
Fig. 20-21 - Ricostruzione grafica dellambone di S. Tito (TSIGONAKI 2005)
656
ISABELLA BALDINI
oggi non pi visibile, viene descritta da C. Buondelmonti
151
e per ultimo da Gerola, che ne traman-
da lintitolazione tradizionale alla Panaghia e lubicazione nellarea immediatamente sottostante le
tombe rupestri
152
, dove sono emersi anche altri elementi architettonici
153
. Limpegno dimostrato da
Betranios nel potenziamento del porto di Gortina e nel mantenimento e sviluppo delle strutture
ecclesiali di maggiore importanza del quartiere episcopale urbano, segna quindi senza dubbio uno
dei momenti pi rilevanti nella storia della citt protobizantina.
In questa stessa fase il complesso gortinio a S dellagor caratterizzato da una muratura in bloc-
chi con nucleo interno cementizio, un elemento certamente molto peculiare nel panorama architet-
tonico cretese ma forse determinato soprattutto dallampia possibilit di reimpiegare il materiale da
costruzione reso disponibile dalla defunzionalizzazione dellarea pubblica precedente
154
. La tecnica,
nelle parti conservate, testimonia lattivit di maestranze con buone capacit tecniche e una certa
cura dei particolari, come nel caso del sistema decorativo dei catini absidali e delluso della chiave
di volta decorata (Fig. 18), elementi che trovano confronto nelle chiese siriane, da Resafa a Qalaat
Seman, nelladozione della piattabanda nelle aperture
155
e ancora nella soluzione architettonico-
decorativa adottata per collegare le absidi poligonali esterne e la copertura del presbiterio (Fig.
17)
156
.
Considerando la planimetria delledificio, limpianto basilicale a croce con cupola diffuso
soprattutto a partire dallet giustinianea
157
. Particolarmente interessante laggiunta, a questo sche-
ma generale, di un transetto a terminazioni absidate: questo elemento, infatti, si riscontra raramen-
te, per esempio ad Arapaj presso Dyrrachion
158
, Dodona (dopo il 522-528)
159
, Paramythia (in et giu-
stinianea)
160
, Klaps (nel secondo quarto del VI sec.)
161
e Thaumakos
162
; lunione delle due caratte-
presentano sulla faccia opposta al monogramma una croce a
bracci leggermente rastremati.
151
VAN SPITAEL 1981, 110: Cognovi templi ruinas, ubi ex
musaico pavimentum immaculatum plane videtur.
152
FALKENER 1860, 87 cita S. Maria di Matala where are
some ruins and mosaic pavements. v. anche SANDERS 1982,
114 (presso la cappella della Panaghia). Alcuni fusti di colon-
na in marmo grigio venato tuttora presenti nellarea ricordano
probabilmente il luogo del rinvenimento.
153
BORBOUDAKIS 1968, 431.
154
Su questo aspetto in relazione a Gortina: BALDINI LIPPOLIS
2002, 313; BALDINI LIPPOLIS 2009.
155
BALDINI LIPPOLIS 1998, 68-70, con bibliografia precedente.
156
Ho discusso questo aspetto e altri problemi architettonici
con M. Livadiotti e N. Masturzo, che ringrazio per la disponi-
bilit.
157
Per un inquadramento generale: KRAUTHEIMER 1986, 273-
286.
158
DUVAL - CHEVALIER 1999, 290-291, con bibliografia pre-
cedente
159
SOTIRIOU 1929, 203-204; ORLANDOS 1952-1957, 177, fig.
136; DAKARIS 1993, 35-37.
160
SOTIRIOU 1929, 204-205; ORLANDOS 1952-1957, 173, fig.
128 e 541, fig. 503; VARALIS 1999.
Fig. 22 - Gortina, basilica di S. Tito: il settore NE della chiesa Fig. 23 - Gortina, basilica di S. Tito:
la base della recinzione presbiteriale e
la porta di accesso al vestibolo N
657
ristiche (basilica con cupola e transetto absidato) appare invece attestata nel VII secolo, ma con esiti
molto differenti nellalzato rispetto a S. Tito, in Armenia, a Dvin
163
e a Talinn
164
, dove labside prin-
cipale poligonale esternamente. La tipologia si evolve ulteriormente in alcuni edifici di X secolo
del Monte Athos (Batopedi, Docheiariou, Iberon, Megiste Lavra), nella cui planimetria continua ad
essere perpetuata la tradizione del transetto absidato in associazione allabside poligonale esterna-
mente, mentre la cupola sostenuta da semplici colonne
165
.
La tipologia del transetto stata considerata tipica di funzioni funerarie, sebbene non in manie-
ra esclusiva
166
: tale potrebbe essere stato in effetti luso di questo spazio nella chiesa di Gortina, con-
siderando i tre sarcofagi emersi alle sue estremit N e S . Almeno nel caso dei due manufatti rinve-
nuti nella nicchia settentrionale, inoltre, si pu ipotizzare che fossero stati collocati in quello spa-
zio gi nella prima fase monumentale nota, prima dei lavori successivi di ristrutturazione e decora-
zione delledificio, come si evince dalla descrizione dello stesso Gerola
167
.
161
ASIMAKOPOULOU ATZAKA 1987, 164-169; VARALIS 1999.
162
ASIMAKOPOULOU ATZAKA 1987, 176.
163
BRECCIA FRATATOCCHI 1973, 175 (primi decenni del VII sec.).
164
UBINAVILI 1928; BRECCIA FRATATOCCHI 1973, 175;
KRAUTHEIMER 1986, 352-353.
165
ALTRIPP 2000, 379-382, figg. 2, 4-5.
166
SNIVELY 2008, 68
167
Uno di essi conservava allepoca di Gerola i resti di un
inumato deposto con il capo ad W. Con landare del tempo essi
rimasero sempre meno visibili per il rialzarsi del piano di cal-
pestio, fino a rimanere praticamente interrati: Gerola distingue
infatti lesistenza di livelli differenti di pavimentazione, notan-
do che quello di et veneziana si trovava a 0,65 m sopra quel-
lo originario: dato che i sarcofagi sono alti appunto 65 cm,
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA
Fig. 24 - Gortina, basilica di S. Tito: ricostruzione planimetrica della fase di VIII-IX secolo
Elemento caratteristico in S. Tito anche il presbiterio triabsidato con coppie di ambienti late-
rali comunicanti con labside centrale, una soluzione piuttosto rara nellarchitettura bizantina. La
forma a tre absidi con vani laterali attestata infatti in forme imponenti nel VI secolo in Egitto
168
,
ma non nella versione esternamente poligonale (Fig. 19). Altrettanto inconsueti sono gli ambienti
laterali con vestibolo, che compaiono nel corso del VI secolo nella Basilica B di Filippi
169
e nella
Katapoliani di Paros
170
: in entrambi i casi si tratta, come a Gortina, di edifici a sviluppo basilicale
con cupola e con abside poligonale esternamente.
Il quadro tipologico evidenziato sembra mostrare, in sostanza, una tale pluralit di sollecitazio-
ni da rendere verosimile la mediazione di un ambiente complesso e vitale come quello costantino-
politano nella ricezione di elementi propri di tradizioni costruttive diverse e nella rielaborazione di
nuove varianti. Lo stesso centro stato daltra parte ritenuto un riferimento fondamentale anche per
la cattedrale di Gortina
171
, lunico complesso religioso del Mediterraneo ad essere dotato, in et post-
giustinianea e forse proprio nellambito della ristrutturazione operata da Betranios, di un ambone
del tipo costantinopolitano descritto da Paolo Silenziario in relazione a Santa Sofia
172
.
La scultura architettonica e di arredo liturgico di S. Tito sembra inserirsi perfettamente nella
koin culturale legata alla capitale, con varianti dipendenti probabilmente da rielaborazioni locali di
modelli aulici. Alcuni tra gli elementi recuperati come reimpieghi nelle strutture murarie posteriori,
ad esempio, sono pertinenti ad un ambone marmoreo a doppia rampa, rinvenuto in frammenti da
Gerola e Orlandos e recentemente datato tra la fine del VI e gli inizi del VII secolo (Figg. 20-21)
173
.
Per questo elemento stato ipotizzato che si tratti di un prodotto locale eseguito con materiale ete-
rogeneo di reimpiego: il modello di riferimento sarebbe invece una forma specifica di ambone par-
ticolarmente documentata in Frigia
174
. difficile tuttavia immaginare che tale variante sia stata adot-
tata a Creta senza lintermediazione costantinopolitana, considerando che lo sviluppo generale della
bisogna dedurre che nellultima fase di frequentazione essi
risultavano sostanzialmente sepolti.
168
Ad esempio nel Monastero di Deir el-Ahmar e a Deir el-
Abiad presso Sohag: ORLANDOS 1952-1957, 213, fig. 169;
KRAUTHEIMER 1986, 138-141.
169
KRAUTHEIMER 1986, 282 (con datazione a poco prima del
540); KOUKOULI CHRYSANTHAKI - BAKIRTZIS 2003, 44 (550 ca.).
170
KRAUTHEIMER 1986, 283.
171
FARIOLI CAMPANATI 1989, 180; FARIOLI CAMPANATI 2009,
47-48: vengono considerati indicativi, in particolare, il tipo di
synthronon semicircolare con corridoio anulare, la presenza
della solea, le caratteristiche dellopus sectile pavimentale e
parietale.
172
FARIOLI CAMPANATI 1989, 175-180; FARIOLI CAMPANATI
1998, 96; FARIOLI CAMPANATI 2006, 119: la struttura sostitui-
sce un ambone precedente a doppia rampa di tipo costantino-
politano.
173
TSIGONAKI 2005.
174
TSIGONAKI 2005, 503 (viene attribuita allambone anche la
lastra precedentemente considerata parte di una cattedra:
658
ISABELLA BALDINI
Fig. 25 - Gortina, basilica di S. Tito: la navata centrale con le colonne del tribelon in posizione di crollo
659
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA
scultura gortinia di questo periodo manifesta unevidente dipendenza formale e decorativa dalla
capitale
175
.
La cronologia proposta per lambone sembra coincidere con quella di alcuni elementi superstiti
della recinzione presbiteriale, plutei e pilastrini in frammenti, compatibili con la base rettilinea in
marmo bianco tuttora esistente in situ allentrata del presbiterio (Fig. 22): questo elemento venne
riadattato, come mostrano le tracce di rilavorazione e anche gli incassi sulle due pareti laterali per
il fissaggio delliconostasi lapidea (Fig. 23).
In sostanza, quindi, la prima fase certa della chiesa pu essere datata agli ultimi decenni del VI
secolo, in un momento di notevole incremento della monumentalizzazione religiosa di Gortina e
quindi dellimportanza della chiesa locale grazie allattivit dellarcivescovo Betranios, la cui cro-
nologia, calcolata sulla base della lista episcopale gortinia e della stratigrafia delle pavimentazioni
musive della cattedrale, corrisponde alla datazione ipotizzata in maniera indipendente per il monu-
mento, sulla base della tipologia planimetrica e dellorganizzazione spaziale e decorativa. Come
lepigrafe musiva nel settore di accesso della cattedrale testimoniava limpegno del personaggio nel
rinnovamento del complesso episcopale, cos i capitelli con il monogramma, posti in corrispon-
denza del tribelon di ingresso della chiesa, dichiaravano in maniera esplicita il suo ruolo nella
costruzione della chiesa, ed possibile che anche nella chiesa di Matala i due capitelli imposta svol-
gessero la stessa funzione celebrativa.
Un ulteriore momento di vita delledificio di Gortina il frutto di una successiva ristrutturazio-
ne integrale (Fig. 24), testimoniata anche dalle sovrapposizioni strutturali evidenziate da Gerola
durante le indagini di scavo
176
. Unipotesi probabile che si sia trattato di un intervento reso neces-
sario dai danneggiamenti inferti alla chiesa da un evento sismico significativo come quello avvenu-
to a Creta nellultimo venticinquennio del VII secolo
177
, i cui effetti sono stati ben documentati
anche a Gortina dalle indagini archeologiche
178
.
I rifacimenti comportarono la chiusura degli intercolumni tra le navate utilizzando materiale di
recupero, tra i quali gli stessi elementi architettonici, decorativi ed epigrafici della chiesa preceden-
te, secondo una prassi ben evidenziata anche dagli scavi della cattedrale
179
. probabile che a questa
fase si debba attribuire anche un riadattamento del tribelon, che venne comunque mantenuto in uso
(Fig. 25). Anche la base dellambone marmoreo venne reimpiegata nelle nuove murature della nava-
ta settentrionale e una nuova struttura, con scala di accesso da S, fu realizzata invece riutilizzando
il pilastro SE (Fig. 26)
180
. Vennero abbandonati gli spazi corrispondenti alle campate occidentali
delle navate laterali, riducendo le dimensioni della struttura
181
e trasformandola in un impianto cru-
ciforme
182
, confrontabile con gli impianti dellVIII secolo di Ankara e Byzie
183
. La planimetria del
presbiterio fu mantenuta inalterata, anche se si possono supporre riparazioni anche consistenti negli
elevati. Nellinsieme, comunque, sembra che il monumento, a causa della struttura in blocchi, aves-
se retto meglio degli altri edifici di Gortina e in primis della chiesa episcopale, costruita con una
muratura in opera incerta meno resistente alle sollecitazioni sismiche.
probabile che la riorganizzazione planimetrica abbia comportato gi in questa fase una nuova
decorazione scultorea, testimoniata almeno in parte dagli elementi gi datati da Orlandos al perio-
do mediobizantino. Bisogna osservare che anche per questo materiale, come per i manufatti bron-
zei, esistono incertezze di datazione: gli elementi di confronto prevedono infatti un excursus cro-
nologico estremamente ampio, che dipende dalla tendenza generale a perpetuare i medesimi sche-
mi decorativi, derivati da modelli protobizantini e riproposti nel tempo con minime variazioni com-
Appendice, documento 1; GEROLA 1908, fig. 16; CURUNI
1988b, 383, lastra 1423; TSIGONAKI 2005, fig. 2).
175
TSIGONAKI 2004.
176
Appendice: documenti 2 e 3.
177
La documentazione archeologica testimonia la portata del-
levento e le conseguenze subite da altri complessi cultuali
cretesi, come nel caso della basilica episcopale e negli altri
edifici di Eleutherna: THEMELIS 2003, 24 e 83. La cattedrale
gortinia, daltra parte, potrebbe aver cessato le proprie funzio-
ni a causa dello stesso terremoto (DI VITA 1984; DI VITA 1998,
289), cos come il battistero ad essa collegato (RICCIARDI
2009, 65). Sullabbandono coevo del Quartiere Bizantino:
ZANINI - GIORGI - VATTINO 2008, 904-905.
178
Naturalmente, mancando del tutto i dati stratigrafici, non
si pu escludere che la ristrutturazione della chiesa sia avve-
nuta in un momento anche posteriore a quello indicato, ma
lipotesi suggerita sembra attualmente quella pi coerente con
linsieme dei dati finora raccolti.
179
BALDINI LIPPOLIS 2005b.
180
BALDINI LIPPOLIS 1998, 51 e 75.
181
Lo stesso sviluppo stato riscontrato anche nella basilica
di S. Michele Arcangelo ad Eleutherna, dove alla fase di VIII
secolo corrisponde una riduzione dello spazio cultuale:
THEMELIS 2003, 83; TSIGONAKI 2009, 270-271.
182
Sugli impianti cruciformi con cupola: KRAUTHEIMER 1986,
311-330.
660
ISABELLA BALDINI
positive
184
. I plutei pertinenti alla recinzione presbiteriale presentano un disegno particolare, che si
allontana dalle tipologie di V-VI secolo caratterizzate da volumi ben definiti e da una maggiore
essenzialit del disegno, ma che allo stesso tempo esula dai pi rigidi schemi mediobizantini.
Una nuova decorazione parietale, forse attribuibile alla stessa fase, attestata inoltre da tracce di
affresco a fasce rosse, con motivi decorativi rossi e neri e da un frammento figurato con un lembo
di abito profilato di perle, riscontrate in corso di scavo da Gerola sulla banchina e sulla parete della
nicchia semicircolare del muro settentrionale
185
. Tali pitture proseguivano, infatti, sul muro in pietre
irregolari e con spessore limitato, con andamento N-S, che viene segnalato come unaggiunta alla
struttura originaria in blocchi: questo setto, con il corrispondente della navata meridionale, esclude
dal nuovo edificio larea corrispondente alle campate occidentali della navata settentrionale. Proprio
da questi settori, divenuti esterni alla chiesa, proviene linsieme di oggetti liturgici rinvenuto da
Xanthoudides, tra i quali anche il polycandelon bronzeo offerto alla chiesa forse da Theoktistos,
forse anchesso occultato nellimminenza dellinvasione araba: sembra essere questa, infatti,
loccasione che meglio giustificherebbe labbandono di una parte consistente dellapparato liturgi-
co della chiesa nella prospettiva di un recupero successivo. Che la zona corrispondente alle campa-
te occidentali fosse stata esclusa dallinterno delledificio di culto ulteriormente testimoniato dal
rinvenimento da parte di Gerola di un pithos interrato nella navata laterale destra
186
. Anche
liscrizione di Leontios e Andreas, in seguito reimpiegata allesterno del muro absidale
187
, potrebbe
essere pertinente al momento anteriore allinvasione araba
188
, evento che a Gortina determina una
reale cesura nella continuit di vita della citt.
Le notizie sullattivit edilizia promossa da Andrea di Creta sembrerebbero ben collimare con
lipotesi di una ricostruzione del complesso dopo il terremoto del 670 e questa coincidenza potreb-
be in effetti spiegare levidente impegno profuso nella sistemazione e decorazione del monumento.
Rimangono, tuttavia, aspetti da chiarire. Non si pu escludere che la chiesa, di cui ignoriamo
la dedica originaria, possa aver assunto quella alla Theotokos nella prima met dellVIII secolo:
questa possibilit giustificherebbe le successive attestazioni di un culto della Vergine in relazione al
monumento, una tradizione sorta in un momento di recupero dellidentit religiosa della Chiesa gor-
tinia e che si visto essere rimasta costante nel sito fino ad oggi. La documentazione archeologica,
tuttavia, non permette di verificare con certezza tale ipotesi e non ha finora restituito elementi che
consentano di ubicare le strutture assistenziali citate esplicitamente dalla Vita di Andrea nella stes-
sa area di S. Tito.
Un altro problema riguarda, pi in generale, il rapporto tra il complesso e la cattedrale, che sem-
bra non resistere al terremoto del 670, cos come il battistero ad essa collegato, sebbene non si
183
CONCINA 2002, 112-113.
184
V. la nota di G. Marsili a questo testo.
185
Appendice: documento 2. Altri affreschi sono documenta-
ti da Gerola nel vano settentrionale, ma potrebbe trattarsi di
una decorazione aggiunta in qualsiasi epoca anteriore al XVI
secolo (Appendice: documento 1).
186
Appendice: documento 4.
187
V. n. 33.
188
Non si pu escludere, comunque, che liscrizione sia
Fig. 26 - Gortina, basilica di S. Tito: la struttura, forse pertinente ad un ambone, addossata al pilastro sud-orientale
661
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA
possa del tutto escludere una parziale sopravvivenza del culto anche in forme monumentali
189
. Prima
della scoperta nel 1991 della cattedrale di Mitropolis, stata ipotesi ricorrente nella bibliografia che
la chiesa di S. Tito abbia ricoperto un ruolo vescovile: oggi tale proposta
190
pu essere ritenuta poco
probabile, almeno sulla base delle conoscenze attuali, anche per il periodo successivo al 670, data
lassenza nellarea della chiesa di un edificio battesimale, elemento caratterizzante, com noto, del
nucleo episcopale insieme alla residenza vescovile.
Unaltra eventualit sarebbe quella di riconoscere nel complesso un insieme monastico, ma
anche in questo caso lassenza di indagini estensive nellarea circostante ledificio limita le possi-
bilit di analisi. Sarebbe interessante, in particolare, verificare cronologia e funzione delle strutture
intercettate dai saggi di Halbherr e considerate tarde
191
, oppure della recinzione ottenuta dalla
chiusura di un ramo N-S dellacquedotto, chiaramente visibile ad E del complesso di culto. Questi
due elementi possono comunque essere testimonianza del perdurare di una frequentazione limitata
nellarea anche nelle fasi successive loccupazione araba, forse nellambito della riorganizzazione
ecclesiastica deuterobizantina.
Ledificio sembra mostrare senza dubbio attraverso i secoli una forte connotazione cimiteriale,
aspetto documentato probabilmente fin dalle prime fasi, accogliendo allinterno dellarea di propria
pertinenza sepolture privilegiate e tombe comuni. La dedica di oggetti liturgici, di epigrafi votive
come quella di Leontios ed Andreas e di altri personaggi noti da iscrizioni purtroppo frammentarie,
alcune forse relative a vescovi gortinii
192
, evidenziano limportanza del luogo di culto nellambito
della comunit cristiana di Gortina; oltre a questi documenti, fanno supporre lesistenza di una pra-
tica devozionale spontanea le numerose croci incise sul muro settentrionale esterno della chiesa e
su alcuni elementi architettonici
193
, secondo un uso documentato anche nella cattedrale.
Sfortunatamente, tuttavia, tale documentazione non permette di fare chiarezza sulla dedica origina-
ria del complesso cultuale, ma solo di seguirne con certezza il duplice sviluppo a partire dalla tarda
et veneziana, quando alla devozione per la Vergine, risalente forse agli inizi dellVIII secolo, viene
associata quella per S. Tito, frutto di un recupero colto o di una consapevole volont di radicamen-
to religioso.
Isabella Baldini
stata utilizzata in una riparazione del muro ancora posteriore,
data la posizione allinterno della muratura.
189
In FARIOLI CAMPANATI 1998, 90 si fa cauto cenno, ad
esempio, alla possibilit che gli affreschi rinvenuti in fram-
menti nella navata centrale possano essere pertinenti ad un
rifacimento parziale di et iconoclasta.
190
Ad es., IC IV, 31. Potrebbe essere utile indagare la possi-
bilit di una struttura battesimale interna alla chiesa e mobile,
elemento per il quale finora non emersa per alcuna testi-
monianza. Su questo aspetto ho ricevuto utili indicazioni da Y.
Brokalakis.
191
HALBHERR 1901, 297.
192
ORLANDOS 1926, 320, fig. 19; GEROLA 1932, 549-550, nn 24
e 26; IC IV 399-400, nn 462 e 464; BANDY 1970, 55-56, nn 27
e 29; BALDINI LIPPOLIS 1998, 56; FARIOLI CAMPANATI 2006, 117.
193
BALDINI LIPPOLIS 1998, 65-66. Appendice: documenti 1, 2,
662
GIULIA MARSILI
NOTA PRELIMINARE SU ALCUNI MATERIALI ARCHITETTONICI DI S. TITO (di Giulia Marsili)
Acausa della scarsa sistematicit con cui furono condotte le indagini archeologiche a S. Tito non
sono disponibili notizie precise circa il luogo di rinvenimento della maggior parte dei frammenti
architettonico-decorativi, n tantomeno sulla loro contestualizzazione stratigrafica. Si proceduto
quindi ad un primo riesame di tali manufatti, attualmente divisi tra il Museo Storico di Iraklion,
larea archeologica di S. Tito, i magazzini della sede della Scuola Archeologica Italiana di Atene e
dellEforia ad Aghii Deka. In tale dispersione probabilmente da ricercare una delle cause della
mancata pubblicazione complessiva di tali elementi, che solo negli ultimi anni sono stati oggetto di
maggiore attenzione. In un recente contributo stata infatti effettuata una rilettura dellarredo mar-
moreo attribuibile alla prima fase costruttiva della chiesa
194
, da ricondurre alla serie genericamente
denominata dallOrlandos protobizantina
195
. Si tratta di elementi pertinenti alla struttura del tribe-
lon
196
, dellambone
197
e della recinzione presbiteriale
198
, ben inquadrabili nellambito della scultura
di et giustinianea e tardo-giustinianea e dunque pertinenti alla prima fase edilizia riconoscibile.
Maggiori problemi insorgono invece in relazione allo studio degli elementi scultorei gi segna-
lati dallOrlandos come mediobizantini, a cui vanno ad aggiungersi alcuni materiali conservati in
situ e presso il magazzino di Aghii Deka. In primo luogo necessario segnalare lesiguit di con-
fronti certi per le sculture di arredo architettonico riferite al periodo compreso tra il VII e il IX seco-
lo correlata al numero limitato di edifici indagati stratigraficamente e attribuibili a tale arco di
tempo. Anche nellanalisi stilistica e tipologica, la gradualit di trasformazione dei moduli decora-
tivi e la diffusa tendenza a reiterare nella decorazione alcuni semplici schemi ornamentali, appor-
tando solo minime modifiche nel modello compositivo, rendono difficile una chiara interpretazione
della cronologia dei manufatti.
Il gruppo di sculture architettoniche prese in esame si compone di nove esemplari tra plutei,
frammenti di cornice ed altri elementi. I pezzi senza dubbio pi significativi, sia per lottimo stato
di conservazione che per le caratteristiche decorative, sono due plutei in marmo bianco, esposti
attualmente al Museo Storico di Iraklion (Fig. 27). Si tratta di due lastre rettangolari
199
nelle quali,
allinterno di una specchiatura semplicemente profilata, trova spazio una ricca profusione di ele-
menti vegetali i cui racemi si dipartono dallannodatura inferiore di un clipeo con croce centrale a
sottile nervatura finale. I due plutei, accomunati per dimensioni e resa stilistica, si distinguono sola-
mente per la tipologia della croce, la prima a bracci patenti con terminazioni gigliate, la seconda ad
estremit arrotondate. La particolarit di questultima sembra trovare confronto nella decorazione
di uno stipite di porta proveniente dalla chiesa di S. Marziano, ora conservato al Museo Bellomo di
Siracusa, datato al VII-VIII
200
.
Dal punto di vista stilistico, limpianto decorativo delle lastre caratterizzato dalla conservazio-
ne di una linea definita nella trattazione dei rami, aspetto che esula dai moduli pi essenziali della
scultura medio bizantina, ricordando piuttosto esemplari di pieno VI secolo
201
. Ma ci che diffe-
renzia maggiormente i marmi gortinii dai tipi precedenti una decisa inclinazione allappiattimen-
to del tratto, elemento peculiare della scultura di VII-VIII secolo
202
. In questa direzione i confronti
pi stringenti sono offerti da una lastra conservata al Museo Archeologico di Seluk e da due plu-
tei pertinenti alla Koimesis di Nicea
203
. In modo particolare le lastre di Nicea si accostano a quelle
3, 4.
194
TSIGONAKI 2004, 667-686; TSIGONAKI 2005, 499-519.
195
ORLANDOS 1926, 309-313.
196
Al tribelon appartengono i due capitelli imposta ionici con
il monogramma dellarcivescovo Betranios: si veda da ultimo
sulargomento FARIOLI CAMPANATI 2009, 51-52, con bibliogra-
fia precedente.
197
Dellambone sono state rinvenute parti della piattaforma,
del parapetto, dei sostegni e dei pilastrini: TSIGONAKI 2005,
503-511.
198
TSIGONAKI 2005, 514-517. Per questi pezzi si veda anche
CURUNI 1988b, nn 1419, 1421, 1422, 1423.
199
V. ORLANDOS 1926, fig. 12; CURUNI 1988b, n 833.
BALDINI LIPPOLIS 1998, 75. La prima lastra misura 105x72x10
cm, la seconda 104x72x10 cm. Limmagine presentata alla
Fig. 27 si deve alla cortese liberalit di M. Borboudakis, eforo
emerito di Creta. Il pluteo conservato attualmente presso il
Museo Storico di Ireklion.
200
AGNELLO 1962, 89, fig. 89.
201
Particolari attinenze per la resa degli elementi vegetali si
riscontrano nella decorazione di una mensa a sigma da Nea
Anchialos (PALLAS 1977, fig. 28, VI secolo), in una rampa di
ambone da Priene (SERIN 2004, 81, fig. 7, met VI secolo) ed in
particolare in un pluteo marmoreo conservato al museo di
Rimini (TURCHINI 1992, 175-176, seconda met del VI secolo).
202
ULBERT 1971; SODINI 2008, 16.
203
Per le lastre di Nicea: PESCHLOW 1972, 175-178, fig. 43.1,
663
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA. NOTA PRELIMINARE
di S. Tito per la decisa tendenza a riempire tutto lo spazio disponibile, un aspetto che andr svilup-
pandosi progressivamente nei secoli seguenti
204
, insieme alladozione di schemi ornamentali carat-
terizzati da una rigida geometria
205
.
Ai marmi con croce possibile accostare unulteriore lastra di recinzione, attualmente non repe-
ribile
206
, decorata con la figura di un pavone a rilievo, con il piumaggio ravvivato da riempimenti
policromi, circondata da tralci vegetali risparmiati sul fondo
207
.
Per quanto riguarda la destinazione liturgica delle lastre, verosimile che esse fossero pertinen-
ti alla recinzione presbiteriale della chiesa, ipotesi confermata dagli incassi esistenti sia nello stilo-
bate in marmo bianco tuttora presente in situ
208
che nella parete laterale del presbiterio
209
. Ad esse
possibile accostare anche un ulteriore frammento, attualmente conservato presso larea archeologi-
ca di S. Tito. Si tratta di un blocco parallelepipedo con incasso nella parte posteriore, decorato supe-
riormente da racemi vegetali desinenti in piccole foglie
210
. In base alla forma ed in particolare al con-
fronto tra le dimensioni di tale elemento e quelle dei plutei e degli incassi presenti in parete, pos-
sibile ipotizzare un utilizzo del blocco come coronamento superiore della balaustra presbiteriale
211
.
Fig. 27 - Gortina, basilica di S. Tito: pluteo pertinente alla recinzione presbiteriale
43.3. Per la lastra di Seluk: ULBERT 1971, n. 40, fig. 74.1.
204
A tale proposito si veda RUSSO 1999, 26-53: largomento
affrontato in relazione alla datazione di un pluteo provenien-
te dalla chiesa di S. Giovanni di Efeso (tav. 23, fig. 54).
205
Esemplari di et medio bizantina, che richiamano la solu-
zione decorativa delle lastre di Gortina per la presenza di ele-
menti vegetali accostati ad una croce centrale, sono due plutei
provenienti dalla chiesa di S. Gregorio a Tebe (GRABAR 1963,
fig. 43.2; SKORDARA 2008, n 186, seconda met del IX seco-
lo), un esemplare da Corinto (VANDERHEYDE 2008, 347, fig. 6,
IX-X secolo), una lastra proveniente dalla chiesa della
Panaghia di Atene (SKLAVOU-MAVROIDI 1999, n 127, X seco-
lo), una fronte di sarcofago proveniente dalla chiesa dei SS.
Apostoli di Atene (FRANTZ 1961, 14, XIII secolo).
206
ORLANDOS 1926, 317, fig. 13; COCHE DE LA FERT 1957,
187-217.
207
BARSANTI 2005, 63, fig. 17. Per un esempio attribuito alla
met del VI secolo, v. RUSSO 1999, fig. 7. Un confronto di et
mediobizantina da Venezia, ravvicinabile per la trattazione del
piumaggio e la presenza degli occhi: MINGUZZI 1995, n. 33,
tav. VII.
208
La struttura presenta tracce di rilavorazione. Dimensioni
stilobate: lungh. max conservata 330 cm, largh. 32 cm, alt. 25
cm. Dimensioni incassi: lungh. 22 cm, alt. 5 cm.
209
Si tratta di una serie di cavit realizzate per lalloggia-
mento sia delle lastre di recinzione presbiteriale che dellar-
chitrave, pertinenti alle differenti soluzioni di chiusura del
templon nelle diverse fasi di vita della chiesa.
210
Dimensioni: lungh. 82 cm, largh. 17 cm, spess. 26 cm.
Incasso: largh. 8,5 cm, alt. 6 cm.
211
In modo particolare concordano con le dimensioni del
blocco quelle dellincasso presente sulla parete laterale del
presbiterio immediatamente al di sopra dello spazio destinato
664
GIULIA MARSILI
Un secondo gruppo di elementi architettonici rappresentato da diversi frammenti di epistilio,
uno dei quali conservato presso larea archeologica
212
: il manufatto contraddistinto dalla presenza
di una teoria di palmette con punte a tre foglie, fiori nello spazio di risulta e una piccola stella a rilie-
vo, delimitata da una sottile cornice di astragali. La parte inferiore presenta invece una decorazione
a racemi vegetali, con tralci desinenti in piccole foglie lanceolate
213
. Ad un orizzonte cronologico di
VII secolo sembra rimandare un frammento proveniente da Corinto
214
, mentre ad un periodo succe-
sivo si riferisce probabilmente un esemplare pertinente allarredo della chiesa della Vergine ad
Efeso
215
. Dallambiente efesino proviene un ulteriore confronto per la decorazione vegetale della
faccia inferiore dellarchitrave, in un basamento a nicchie pertinente ad un monumento della via
Arcadiana
216
. Tale schema ornamentale risulta tuttavia estremamente diffuso in tutta let bizantina,
con differenziazioni minime dovute alle diverse combinazioni degli elementi costitutivi: nellambi-
to di una vasta documentazione alcuni paralleli sono offerti, ad esempio, da arredi pi tardi di
Nicopoli
217
, Tripitos
218
e Melos
219
.
Allelemento precedente si accosta un secondo manufatto marmoreo, conservato presso il Museo
Storico di Iraklion
220
. Si tratta di un frammento di cornice, decorato sulla fronte superiore con cer-
Fig. 28 - a-c Schizzi di G. Gerola (Taccuini, documenti 1-2)
allalloggiamento del pluteo: 33x26 cm.
212
Dimensioni: lungh. max. conservata 119 cm; largh. 43 cm;
spess. 17 cm.
213
ORLANDOS 1926, fig. 15; CURUNI 1988b, nn 1420-1421.
214
SCRANTON 1957, n 151, tav. 32. Aquesto esemplare se ne
aggiunge anche un altro (n 167, tav. 33), non datato.
215
La cronologia delledificio dibattuta: SERIN 2004, 96.
216
Nellesemplare efesino i tralci hanno una particolare desi-
nenza a cuore, ma sono del tutto simili allesemplare gortinio
per la trattazione della superficie dei rami: RUSSO 1999, 26-53,
fig. 5 (met VI secolo).
217
VANDERHEYDE 2005, 116, nn 25, 58, 59, 88, 96 (XI-XII
secolo).
218
VANDERHEYDE 2005, 61, n 84 (XII secolo).
219
MILITSI 2008, 442-443, fig. 8 (datato genericamente allet
mediobizantina).
220
Inv. 7. Dimensioni: lungh. max 140 cm, largh. max. 45 cm
665
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA. NOTA PRELIMINARE
Fig. 29 - Planimetria eseguita da G. Gerola nel 1900 (Taccuini, documento 4)
chi annodati a doppia profilatura contenenti palmette a cinque foglie con cornice finale ad astraga-
li, ed in quella inferiore con circoli e rombi accostati a motivi vegetali e floreali a quadrifoglio.
Nonostante le differenze osservabili nello schema decorativo, possibile ipotizzare la contiguit
strutturale di tale elemento con il precedente per la presenza della cornice ad astragali, segno della
pertinenza di entrambi al medesimo impianto liturgico. Daltronde, necessario considerare da un
lato la consuetudine a variare i motivi ornamentali nellambito dello stesso contesto architettonico,
dallaltro, la possibilit che alla decorazione delledificio abbiano potuto contribuire artigiani diver-
si, nellambito di botteghe probabilmente locali. Luso di decorare lorlo dellepistilio del templon
con motivi geometrici circolari o a losanga e campiture ornate da palmette e rosette di diverso tipo,
666
GIULIA MARSILI
a sei/otto foglie o petali, pur derivando da schemi decorativi antichi
221
, trova larga diffusione a par-
tire dal VII secolo, con numerose attestazioni in Asia Minore, Balcani e Grecia, proseguendo fino
al X e XI secolo
222
.
Una terza serie di elementi rappresentata dai frammenti di epistilio conservati presso il magazzino
della Scuola di Atene ad Aghii Deka e presso il Museo Storico di Iraklion
223
. Si tratta di quattro frammen-
ti in marmo grigio decorati nella fascia superiore con palmette a tre foglie inserite in una cornice cuo-
riforme, nella parte sottostante con uno schema a rombi e intrecci circolari al centro, con stelle o fiori negli
spazi di risulta interni
224
. Acausa delle differenti dimensioni, non possibile accostare tali elementi al siste-
ma di chiusura presbiteriale ricostruibile in base ai frammenti precedenti. pertanto necessario ipotizzare
che essi avessero una differente collocazione allinterno della chiesa, oppure che facessero parte di un rifa-
cimento di epoca successiva alla riconquista bizantina, datazione a cui peraltro potrebbero rimandare
anche alcuni manufatti conservati ad Aghii Deka
225
.
Pur trattandosi di una prima e preliminare ricognizione del materiale, sembra in sostanza possi-
bile identificare un significativo momento di riorganizzazione dellarredo di S. Tito tra la fine del
VII secolo e la conquista araba della prima met del IX secolo e forse in maniera pi specifica nel
corso dellVIII secolo, cronologia che potrebbe confermare lintervento architettonico e decorativo
ricordato dalla Vita di Andrea di Creta
226
. Si tratta di unipotesi da valutare e articolare in maniera
pi approfondita attraverso il confronto con linsieme molto complesso delle testimonianze sculto-
ree di Gortina, non ancora raccolte in un corpus unitario. La documentazione di S. Tito offre a que-
sto proposito un interessante termine di riferimento, che potr essere utilizzato anche per la rico-
struzione delle risorse economiche e della vivacit artistica della citt cretese nelle sue ultime fasi
di vita.
Fig. 30 - Monogramma del polycandelon bronzeo rinvenuto a S. Tito (GEROLA 1908)
(BALDINI LIPPOLIS 1998, 75).
221
Esempi protobizantini sono attestati ad Atene (V secolo:
SKLAVOU MAVROIDI 1999, n 33); Ravenna (met VI secolo:
ANGIOLINI MARTINELLI 1968, n 46), Ascalona (seconda met
VI secolo: FLEISCHER - HJORT - RASMUSSEN 1996, 56, n 20).
222
SODINI 2008, 10-11. Numerosi confronti per questo tipo di
ornamento provengono da edifici della zona epirota
(VANDERHEYDE 2005, 110 e n. 28, 40, 78, 86. X-XI secolo), a
cui si accostano un frammento della cornice della Torre dei
Venti di Atene (FLAMINIO 2008, 53, fig. 11. XII secolo) e altri
esemplari provenienti da Atene (SKLAVOU MAVROIDI 1999, n
13, dal Theseion, X secolo; n 160 dallAsklepieion, X-XI
secolo; n 187 dal Theseion, XI secolo; n 237 dal Theseion,
XII secolo). Per la tipologia a cerchi con doppio intreccio si
veda EFFENBERGER - SEVERIN 1992, n 121 (da Roma, IX-X
secolo), n 140 (da Atene, XI secolo).
223
Invv. 703-704 del magazzino SAIA, inv. 8 del Museo
Storico di Iraklio spezzato in due parti.
224
Dimensioni: largh. 78 cm, alt. 28 cm, spess. 12 cm.
225
Ad esempio una colonnina a sezione ottagonale con capitel-
lo conservata nel magazzino SAIA(alt. max 47 cm, diam. 15 cm:
BALDINI LIPPOLIS 1998, 75; per una riproduzione dellelemento
v. CURUNI 1988.2, n. 1420), per la quale si trovano confronti con
esemplari daAtene (dalla Torre dei Venti, XI sec., e dal Theseion,
XI sec: SKLAVOU MAVROIDI 1999, 143, n 193; 144, n 196), da
Hossios Louks (inizi XI sec.: EVANS - WIXOM 1997, 20), dalla
chiesa dei SS. Apostoli di Atene (XI sec.: EVANS - WIXOM 1997,
667
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA. APPENDICE
APPENDICE
TACCUINI DI GIUSEPPE GEROLA CONSERVATI PRESSO LA FONDAZIONE BIBLIOTECA S. BERNARDINO DI
TRENTO
Documento 1. Taccuino Candia 1900 Feb-Giu
5 aprile
A S. Tito dei S. Dieci: solo.
Ledificio che ora resta in piedi si pu dividere in 5 parti: una navata centrale e due laterali,
divise ciascuna in due locali. La navata centrale termina in una grande cella tricora (labside cen-
trale assai maggiore delle altre due). Due pareti moderne chiudono lingresso della navata e
labside centrale della cella. Questultima coperta col solito quarto di sfera; il resto della cella a
volta rotonda, pi alta per del tetto precedente; la parte anteriore della navata poi era pure a
volta, sempre in senso longitudinale, ma pi alta di bel nuovo della precedente: ma la volta ora
caduta. Nellabside centrale si aprivano tre finestroni terminanti ad arco intero: ma ora sono mura-
ti e buona parte del muro (specialmente verso S.) di essa abside rifatta: tra fenestra e fenestra delle
croci patenti, delle quali resta ora una sola.
Ora nellabside sopra detta si apre una fenestra sopra cui sta al di fuori un pezzo di marmo
rosso con croce. Nella chiave dellabside S. della cella tricora scolpito un rosone -o stella- ed una
specie di croce, che certo cera anche nellabside dirimpetto. La navata centrale comunica colle
due laterali per quattro porte con architrave e bellarco intero, due nelle absidi della cella tricora
e due nelle pareti N. e S. Entrambe quelle a S. sono ora murate, ed escluso quindi dalla chiesa
attuale quanto resta al di l di esse. Scarsissimi avanzi di affreschi nellabside N. della cella trico-
ra: dovevano per gi essere caduti quando nel 1594 (o 1504) si scrissero sulle pietre sottostanti
dei graffiti.
Passando alla navata laterale di N., e precisamente alla prima parte, essa pi bassa del resto
della chiesa, ossia conserva meglio il piano primitivo del tempio. Ha forma rettangolare, ed
coperto di volta diretta trasversalmente, perpendicolare a quella della navata centrale. A N. avea
un fenestrone terminante rotondo, ora murato, e murata pure la porta della solita forma che si
apriva nel suo lato O. Aperta invece laltra porta (pure di eguale forma) che mette questo locale in
comunicazione col secondo della navata.
Esso secondo a sua volta ancora un po pi basso del precedente. Termina in abside ed coper-
to di volta, nella stessa direzione della navata centrale. Labside avea un finestrone eguale ai tre
dellabside principale della cella tricora ma pi basso e ora murato e non resta che un finestri-
no. Labside ha nella chiave una stella come labside S. della cella tricora. Il locale non pare fosse
dipinto, ma solo rivestito di calce. Nello spessore del muro dellabside si apre una piccola nicchia.
Lungo tutta la navata (entrambi i locali) si stende esternamente un tetto a mezza volta, cementato
di calce e mattoni.
Passando allaltra navata, il locale primo conserva aperta la sua porta ad O. che ha al di sopra
una croce simile a quella della chiave dellabside S. della tricora.
Il locale per semidistrutto; il muro suo di S. completamente moderno. La volta caduta,
ma era (molto notevole) parallela essa pure alla centrale e non perpendicolare (come nella navata
di N.). nelle pietre di questo locale che si leggono le due iscrizioni: IMP. CAES. P.P.e TITOY KAR-
PIOY.
Del secondo locale della navata non resta pi nulla.
Come fosse il rimanente della chiesa non si pu proprio ora riconoscere senza uno scavo.
Lunica cosa certa che il muro esterno chiudente la navata laterale di N. continuava formando
una nuova abside laterale. E altrettanto sar stato dalla parte opposta. Tutto ci appare del resto
dalla pianta.
Dentro e fuori la chiesa parecchi pezzi di marmo, lavorati, di cui ho la fotografia. Uno pare lo
schienale della cattedra vescovile.
668
ISABELLA BALDINI
Documento 2. Taccuino Candia 1900 Feb-Giu
13 maggio
Allo scavo di S. Tito. Allangolo N.O. interno, ove si cominci il lavoro, fu necessario scava-
re m 3,60 prima di trovare il pavimento: in tutti gli altri punti la terra dovuta scavare non raggiunse
mai tale altezza.
Scopo dello scavo era di seguire il muro N. della chiesa nella sua parte interna. In A B C (Fig.
28a) trovammo un muro di belle pietre da taglio (eguali alle rimanenti delledificio): si conservano
di esso due o tre giri (in altezza) di pietre. Vi si vedono anche dei delicatissimi frammenti di calce
con affreschi: una fascia rossa, degli ornati rossi o neri, un pezzo di vestito rosso con gemme bian-
che.
In D segue un muro dello spessore di 40 cm assai inferiore ai precedenti, di piccole pietre e a
calce: reca pure degli affreschi che terminano alla tomba (di cui tosto) ivi accostata e che paiono
simili ai precedenti. In E tornerebbe il muro a pietre gialle eguali a quelle della chiesa: ma pi
sporgente dellaltro e non pu esserne la continuazione. Il muro piega ad angolo e segue di nuovo
un pezzo di cattiva costruzione come in D, finch in F e G abbiamo due muri peggiori ancora, molto
strani, perch non mostrano che un solo lato, quello che guarda ad E, mentre dalle altre parti vanno
terminando in rovine disordinate e buchi. Tali due muri non sono neppure esattamente perpendico-
lari agli altri. Rimpetto, in H, un muro di bel nuovo a belle pietre da taglio, alto due giri di pie-
tre; ed in I uno simile, alto per un giro solo. Al di l la confusione aumenta ancora, perch in K
pare che i muri servano a racchiudere una tomba.
Il pavimento per lo pi a terrazza fatta di buona calce: ma non mancano qua e l le placche
di marmo, perfino in due pieni diversi, luno pi alto dellaltro di 5 cm. Sono i pavimenti delle diver-
se epoche. A quella veneziana il terreno dovea raggiungere gi i m 0,65 sopra il pavimento, perch
a tale altezza fu trovata la monetina veneziana. Ma specialmente presso E si rinvennero frammen-
ti di mosaico bianco a righe rosse e di terrazzo (alluso veneto) a pezzetti regolari bianchi, neri e
rossi. Tutto in giro allabside B era un piccolo rialzo, interrotto solo dalla tomba. (Fig. 28b)
Notevole pure un pezzo di marmo, collocato in terra rimpetto ai muri F.E.D, col lato ornato ador-
no di scanellature e che sembra un primo gradino per una scala marmorea che salisse su qualche
ambone.
Le tombe trovate furono parecchie e a diverse altezze del suolo. Ma da menzionare non sono che
le due grandi, in pietra da taglio eguale a tutta laltra, di un sol pezzo. La II rotta e spaccata in
pi luoghi. Prive di coperchio e di qualsiasi ornamento, contenevano ossa (pi conservate nella II):
il cadavere avea il capo ad O. Dalla prima deduco le dimensioni: altezza cm 65, larghezza 80, lun-
ghezza 220, profondit 40, spessore 15. Trovati molti frammenti in marmo e in gesso: in questulti-
ma materia un bel capitello che ripete un ornato comunissimo a S. Tito. Lavorato da due lati non
che un marmo con una base rotonda di croce da un lato, e dallaltro, in senso inverso, una cima
triforcata.
I pi notevoli per sono la placca colle foglie di edera ed il pendalfa ed i due frammenti di
colonnine esagone, lavorate da un antecedente marmo adorno di croce: aveano capitello quadran-
golare, ad un lato privo di ornamentazione, forse perch appoggiato al muro.
Segno le misure anche del supposto frammento di trono - in due pezzi - che era allo scoperto
prima dello scavo. Alto cm 124, largo 95; spessore 20.
A proposito della seconda tomba scordai che essa mostra due aperture, una in alto e una in
basso, che la mostrano una fontana convertita in tomba: i due fori furono chiusi con calce e mat-
toni e con calce pure si ostru linterstizio tra la tomba e il muro.
Documento 3- Taccuino Candia 1900 Feb-Giu
2 giugno
Seconda fine dello scavo.
Osservazioni sulla parte conservata della chiesa. Del muro grande esterno occidentale si con-
serva intera anche la parte destra (S.), quantunque non credendola tale la si sia aggiustata con
quello schifoso muricciolo moderno. Do il disegno della croce che sopra la porta di detta parte
di muraglia ((Fig. 28c)): la croce incavata, il resto del cerchio rilevato. Dalla parte di S. che
669
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA. APPENDICE
rovinata- appare bene come erano fatte le volte delle due cappelle: a pietre squadrate in basso e
sopra pietre di ogni specie, alla rinfusa, con calce. Sopra la fenestra moderna esterna dellabside
massima, il pezzo di marmo rosso, antico, provenente da chi sa dove, ha la seguente croce (Fig. 28
c). Nellabside orientale destra una pietra da taglio caduta fu sostituita con unaltra tolta allin-
terno della chiesa, e recante precisamente quella croce che si vede ancora fra due dei finestroni del-
labside maggiore interna: ci vuol dire che proviene dallaltro interstizio fra i finestroni, inter-
stizio gi crollato ed ora affatto moderno. Notevole la rientranza a scalino nelle soglie dei finestroni
allesterno. Il riempimento di pietre e calce fra i due strati di pietre da taglio squadrate (sia nel
muro di volta sia in quello semplice verticale) visibile anche dal lato occidentale della chiesa.
Rettifiche in seguito allo scavo. Trovammo dunque il muro antico e lo seguimmo per tutto il lato
N. e per met di quello O. Il lato N in linea retta, con due sporgenze destinate a portare qualche
arco. Tra la seconda sporgenza ed il muro O una porta, riempita a basso con un blocco di pietra
da taglio postavi certo posteriormente. Perpendicolari a questo lato sono i muri posteriori gi tro-
vati prima, in numero di tre. Luno parte dalla prima sporgenza, laltro dallangolo di essa, il terzo
dal muro stesso tra la prima e seconda sporgenza. Per la descrizione di tali tre muri posteriori serve
quanto si gi detto. Il muro di O ha una sola sporgenza: fra essa e il muro N un gran vano riem-
pito da muro posteriore. Non scavammo che met di detto muro occidentale, fin dove esso si inter-
rompe, certo per la porta centrale (non fu riempita di muro posteriore). Volendo verificare se la
chiesa terminava precisamente qui, in lunghezza, feci scavare il muro anche dal di fuori e trovai che
esso si spinge verso N molto pi che allinterno. Ci vorrebbe dire che la chiesa aveva un atrio
davanti, pi largo che non la chiesa stessa.
Sgraziatamente la mancanza di cum quibus, non mi lasci finire le ricerche per la pianta del-
latrio. Notevole come tale muro occidentale nella sua parte esterna, presso la porta murata ha dei
rimaneggiamenti posteriori, fra cui un arco che da esso si parte ed rovinato nella sua parte supe-
riore. Il pi ostico per dei muri quello interno che divide la navata centrale dalla settentriona-
le. Comincia bene con un pilastro, poi si restringe in muro, poi cessa, continua pi stretto con
sovrapposizioni di muro posteriore e servendo di lato ad una tomba ad esso accostata. Tornano
quindi le pietre da taglio anche in alto, e tosto abbiamo una sporgenza (scavata solo nella parte S)
non corrispondente del tutto a quella del muro principale di N. Poi buio pesto: e tomba moderna di
un povero diavolo: De profundis. In fine il muro sin riattacca alla sporgenza del lato O mediante
un muro largo s , ma a piccole pietre, posteriore.
Dei muri esterni non si vede sin ora che parte di quello dellabside N. che la dimostra esterna-
mente a mezzo esagono, come le altre. La questione delle volte e coperture per me sempre un enig-
ma, nella parte scavata. Dio me la mandi buona.
Documento 4. (Fig. 29) Schizzo misurato della pianta di S. Tito; sul retro:
Nella pianta della parte scavata sono incerti:
Lo spessore esterno dei muri, hanno nei pochi luoghi ove fu misurato.
Lesistenza o meno dellatrio.
Il pezzo di muro a sinistra entrando, del portone maggiore occidentale, che dovrebbe essere di
tre metri di lunghezza, ma che ancora coperto da materiale.
I due maggiori pilastri, quello a destra dei quali rimane aumentato da una scala aggiuntavi ad
est e da altre appendici, mentre in quello sinistro mancano addirittura i blocchi 110 x 180 x 110 dei
quali tuttavia resta in terra la traccia e le fondamenta: sicch la ricostruzione forse certa.
Finalmente quella porta meridionale che non ha corrispondente nella navata N ma che tuttavia
pare certo non derivi da mancanza di blocchi.
Tutta quanta la parte scavata piena di muri di riempimento posteriori di una, due e fino tre
epoche; sono essi che hanno gli affreschi. Alcuni sono semplici muri di riempimento dove la porta
era troppo larga; altri pare costituiscano nuovi locali; altri infine formano colonne e pilastri nuovi
di sostegno. Cos due colonne in fondo alla navata longitudinale, ed un pilastro nella stessa nava-
ta presso linvito colla trasversale. Contemporaneo a questi muri deve essere il marciapiede che
gira loro attorno da basso, gi rivestito di stucco.
Rammento pure una grande tomba in marmo di un solo pezzo (dimensioni E. cm 82, S 218, O
670
ISABELLA BALDINI
0,88, N 222; sp. 15; altezza int. 50, est. 68). Sta allangolo SE della parte scavata, presso labside
della navata trasversale. Una vasca distrutta in calcestruzzo accostata al S. del pilastro grande di
destra. Il pithos semisepolto nella navata laterale destra. La scala accostata ad E. di esso stesso
pilastro a tre scalini. I frammenti della porta a grandi dentelli che non so dove trovati. I vari fram-
menti di marmi fra cui un pluteo con croce; e due pulvini (uno dei quali fu adibito a base della
colonna che nella navata longitudinale) entrambi collo stesso monogramma. I pezzi di candela-
bro in bronzo pure con monogramma (Fig. 30). E in fine le 4 croci scolpite sul pilastro minore sini-
stro e ricavate nelle due colonne.
H . I E GIUSEPPE GEROLA.
Giuseppe Gerola 1900 -
, . -
-
6

.
, -
, , .

.
THE SAINT TITUS BASILICAAND THE UNPUBLISHED NOTES OF GIUSEPPE GEROLA. Afew of Giuseppe Gerolas
notes on the excavations in 1900 in the interior of the Early Byzantine basilica of Gortyn, that known as St.
Titus, are presented for the first time. This is the occasion for the complete re-examination of the documenta-
tion relating to the building and the relation between this religious complex and the Christian monumental
evolution of the city between the 6th century and the Arab invasion. The various phases of the church are
marked, indeed, by successive renovations which include the typology, the architecture and decoration litur-
gical vessels. Thus, the interest in this particular monument and its role as a symbol of the religious identity
of the entire island during the period of Venetian rule is comprehended.
671
LA BASILICA DI S. TITO A GORTINA E GLI APPUNTI INEDITI DI GIUSEPPE GEROLA
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