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Corso di Laurea: Scienze e Tecniche Psicologiche

Insegnamento: Biologia Applicata


Numero lezione: 12
Titolo: 12.2 Regolazione enzimatica (Attività chimica e cellula
eucariote)

LA REGOLAZIONE ENZIMATICA
Dell'enorme numero di enzimi presenti in ogni momento in una data cellula, alcuni non
sono sottoposti ad alcun tipo di regolazione della loro attività catalitica. In questo caso, per
una cellula è sufficiente sintetizzare un dato enzima per ottenere in modo pressoché
automatico i prodotti della reazione che esso catalizza. Definiamo questi enzimi come
dotati di attività costitutiva, cioè una attività non regolata e quindi sempre presente e
costante. Mentre gli enzimi con attività costitutiva rappresentano la norma in organismi
strutturalmente semplici come i batteri, nel caso delle cellule del nostro corpo la presenza
di tali enzimi è per lo più limitata a situazioni particolari, come quella di enzimi appartenenti
a vie metaboliche di base. Ad esempio, come vedremo in seguito parlando dei neuroni
catecolaminergici, la presenza dell'enzima dopamina-p-idrossilasi (un enzima dotato di
attività costitutiva che catalizza la trasformazione del neurotrasmettitore dopamina in
noradrenalina) in un neurone fa sì che quello specifico neurone sia noradrenergico,
mentre se l'enzima è assente il neurone sarà dopaminergico.

Nelle cellule del nostro corpo, tuttavia, la gran parte degli enzimi è sottoposta a
meccanismi che ne regolano l'attività in modo spesso molto sofisticato. Il più delle volte tali
meccanismi sono basati su modificazioni post-traduzionali reversibili o irreversibili della
proteina enzimatica. Pur essendo di molti tipi diversi, tali meccanismi sono essenzialmente
riconducibili ad alcune modalità di base, spesso operanti contemporaneamente o in modo
sequenziale sullo stesso enzima.

1) Attivazione mediante taglio proteolitico di un precursore inattivo (indicato con il termine


generale di pro-enzima). Ad esempio, l'attività catalitica di molti enzimi proteolitici del
tubo digerente, potenzialmente pericolosi per la stessa cellula che li ha prodotti, viene
attivata mediante un taglio proteolitico solo dopo che il pro-enzima è stato secreto nel
lume dell'intestino.

2) Attivazione mediante unione con un cofattore. Il funzionamento di molti enzimi dipende


della presenza di specifiche molecole, indicate genericamente con il termine di cofattori.
Ad esempio, molti enzimi che catalizzano reazioni di ossido-riduzione devono legarsi
non solo alle molecole del substrato, ma anche a nucleotidi che fungono da

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accettori/donatori di H+, come il NAD/NADH+, il NADH+/NADH2, o il FAD/FADH2. Per


fare un altro esempio, di grande interesse per il neurone è l'enzima Protein chinasi A
(acronimo, PKA; leggi: pi-cappa-a), un enzima che, come vi spiegherò in una prossima
lezione, viene attivato dal legame con un particolare nucleotide detto AMP ciclico
(acronimo, cAMP; leggi: ci-a-emme-pi).

3) Assemblaggio di subunità inizialmente separate tra loro e individualmente prive di


attività catalitica. Tra i moltissimi esempi che si potrebbero citare in proposito, di
particolare importanza per le cellule neuronali è l'enzima che sintetizza il cAMP, la
adenilato ciclasi (acronimo, AC). In condizioni di inattività questo enzima è costituito
da una sola subunità “catalitica”, parzialmente immersa nei lipidi dello strato
intracellulare della membrana plasmatica, la cui funzione è quella di trasformare una
molecola di ATP in una di cAMP. Tuttavia, l'attività enzimatica di tale subunità, quando
isolata, è praticamente nulla; essa diventa però consistente quando alla subunità
catalitica si unisce una seconda subunità di tipo “regolativo”, a sua volta nella subunità
denominata as, di un'altra proteina detta proteina G.

4) Traslocazione intracellulare della molecola enzimatica da un compartimento in cui essa


è inattiva a quello definitivo. Di norma, i vari enzimi della cellula svolgono la loro
funzione in un determinato compartimento subcellulare e acquisiscono la loro attività
biologica dopo la loro sintesi a livello citoplasmatico. Ad esempio, gli enzimi che
rimodellano la cromatina, permettendone la transizione da eucromatina a
eterocromatina e viceversa, acquisiscono e svolgono le funzioni dopo l'ingresso nel
nucleo; gli enzimi del ciclo di Krebs e della fosforilazione ossidativa, regolatori dei
processi metabolici cruciali per la sintesi di ATP nelle cellule, acquisiscono la loro
attività catalitica dopo essere stati trasportati all'interno dei mitocondri; gli enzimi del
neurone deputati alla sintesi dei neurotrasmettitori tipicamente svolgono la loro attività
nei terminali presinaptici, che raggiungono mediante un processo di trasporto lungo
l'assone, o flusso assonico.

5) Attivazione/inattivazione mediante cambiamento delle cariche elettriche della molecola.


Le modificazioni post-traduzionali di una proteina enzimatica, consistenti nell'aggiunta o
nel distacco di un gruppo funzionale elettricamente carico come il gruppo fosfato, sono
di norma reversibili e causano modificazioni conformazionali dell'intera molecola che,

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nel caso di un enzima, si riflettono anche sul sito attivo e sulla sua capacità di interagire
con il substrato.

La fosforilazione e la defosforilazione rappresentano importanti meccanismi di


regolazione dell'attività non solo degli enzimi, ma di moltissime proteine delle nostre cellule
e sono a loro volta sottoposte a sofisticati sistemi di regolazione. La fosforilazione delle
proteine avviene ad opera di enzimi detti nel loro insieme Protein chinasi (PK) che,
utilizzando una molecola di ATP, legano un gruppo fosfato agli amminoacidi serina e
treonina (le cosiddette serina/treonina-chinasi) oppure tirosina (le cosiddette tirosina-
chinasi) di determinate catene polipeptidiche. I gruppi fosfato legati alle serine, treonine
e/o tirosine delle proteine modificate dalle PK possono essere poi rimossi da altri enzimi
detti fosfatasi che, attraverso il processo di defosforilazione, fanno ritornare le proteine
alla loro configurazione iniziale. Per quanto riguarda in particolare gli enzimi, alcuni di essi
sono normalmente inattivi in condizione di defosforilazione e vengono attivati dalla
fosforilazione. Altri invece sono attivi quando defosforilati e sono inattivati dalla
fosforilazione. Le protein chinasi e le fosfatasi sono enzimi molto abbondanti e altamente
specifici per quanto riguarda la/le proteina/e che essi rispettivamente fosforilano o
defosforilano. Un importante esempio di protein chinasi è la PKA citata precedentemente.

LA REGOLAZIONE ALLOSTERICA
Oltre ai meccanismi di regolazione dell'attività enzimatica di cui vi ho appena parlato,
alcuni enzimi, quali tipicamente quelli che regolano lo svolgimento di vie metaboliche,
possono essere sottoposti a un particolare tipo di regolazione della loro attività catalitica
detta regolazione allosterica. Il termine “allosterico” (letteralmente, “altro sito”) sta a
indicare il fatto che, in aggiunta al sito attivo, questi enzimi possiedono sulla loro superficie
anche uno o più siti di legame, strutturalmente e topologicamente distinti dal sito attivo,
detti siti allosterici, i cui ligandi sono molecole diverse da quelle del substrato, indicate
con il termine generico di effettori allosterici. Gli effettori allosterici sono a loro distinti in
inibitori allosterici (quando il loro legame con il sito allosterico causa l'inibizione
dell'attività enzimatica: regolazione allosterica negativa), oppure attivatori allosterici
(quando il loro legame con il sito allosterico fa sì che l'enzima acquisisca la normale attività
catalitica: regolazione allosterica positiva). Pur essendo tra loro diversi sia nella struttura
che nella localizzazione sulla superficie dell'enzima, il sito allosterico e il sito attivo si

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influenzano funzionalmente attraverso cambiamenti conformazionali causati dal legame


che essi rispettivamente stabiliscono con l'effettore allosterico o con il substrato. Ad
esempio, nel caso che l'effettore allosterico funga da inibitore, il suo legame con il sito
allosterico causa un cambiamento conformazionale dell'intera proteina tale da rendere il
sito attivo inaccessibile al substrato. Di contro, l'occupazione del sito attivo da parte del
substrato rende il sito allosterico incapace di legare l'inibitore allosterico.

È interessante notare che gli attivatori allosterici possono essere considerati dei semplici
cofattori necessari per il funzionamento dell'enzima. Il significato biologico della
regolazione allosterica dell'attività enzimatica è invece ben più importante quando
l'effettore allosterico è un inibitore. In questo caso, infatti, l'effetto negativo dell'inibitore
allosterico sarà tanto maggiore quanto più elevata sarà la sua concentrazione rispetto a
quella delle molecole del substrato. In altre parole, l'inibitore allosterico e il substrato
competono tra loro in termini di probabilità di legarsi rispettivamente al sito allosterico e al
sito attivo dell'enzima stesso.

Il più delle volte una regolazione allosterica di tipo negativo si osserva a carico di enzimi
che regolano lo svolgimento di una via (o catena) metabolica, cioè di una serie di
reazioni chimiche che, a partire da una certa molecola iniziale, portano alla sintesi di una
molecola finale. In queste vie, il prodotto di una data reazione costituisce il substrato della
reazione successiva.

Poiché l'attivazione della via metabolica è necessaria quando la concentrazione cellulare


del prodotto finale è bassa, ma diventa inutile se non addirittura dannosa quando tale
concentrazione è elevata, è in genere lo stesso prodotto finale a regolare lo svolgimento
delle varie reazioni, inibendo in modo allosterico il primo enzima della via metabolica. Il
vantaggio evolutivo di tale tipo di controllo consiste nel fatto che esso permette di regolare
(impegnando risorse energetiche) un solo enzima della catena, il cosiddetto enzima
chiave, lasciando che tutti gli altri enzimi agiscano in funzione della disponibilità dei loro
substrati e quindi, in ultima analisi, in modo completamente dipendente dall'attività
dell'enzima chiave.

In conclusione, la regolazione allosterica negativa costituisce un meccanismo di


regolazione a feed-back dell’attività enzimatica, che permette alla cellula di disporre di

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una sostanza sintetizzata attraverso una via metabolica, mantenendone una


concentrazione intracellulare adeguata ai suoi bisogni e costante nel tempo.

Il fenomeno dell’allosteria non è una caratteristica esclusiva degli enzimi. Si è scoperto


che esso rappresenta un importante e ubiquitario meccanismo di regolazione della
funzione delle proteine. Infatti, moltissime proteine o complessi proteici sono provvisti di
due o più siti di legame topologicamente distinti e quindi definibili come siti allosterici. Tali
siti interagiscono funzionalmente tra loro in conseguenza del fatto che il legame di
ciascuno di essi con lo specifico ligando causa un cambiamento conformazionale
dell’intera proteina, tale da interferire con la capacità dell’altro/i sito/i allosterico/i di legarsi
al loro rispettivo ligando, regolando positivamente o negativamente la funzione biologica
della proteina stessa.

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