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Questi grazie alle epoche presenti poterono raggiungere la perfezione. Vasari comincia questa terza
età parlando di Leonardo da Vinci e la conclude con Michelangelo Buonarroti.
Il proemio alla terza età riprende e sintetizza i miglioramenti che gli artisti della seconda età hanno
apportato e cerca di spiegare cosa mancava per arrivare alla perfezione. Gli artisti della seconda età
hanno aggiunto cinque qualità alle cose dei primi: regola, ordine, misura, disegno e maniera. Si tratta
di tre principi classicistici e poi disegno e maniera che riguardano gli artisti singoli ma anche dei modi
di pensare l’arte.
La terza età risolve quasi tutti i problemi della rappresentazione e ci riesce attraverso lo studio
dell’arte antica (e la ripresa dei criteri classici) riscoprendone i principi matematici che la regolano:
1. REGOLA: regola matematica delle proporzioni negli edifici, un principio ordinante di
misurazione. Il modo che era stato tenuto negli edifici antichi, misurati dai moderni
(Brunelleschi che va a Roma e prende le misure delle piante degli edifici antichi), regola messa
in pratica nelle opere moderne
2. ORDINE: ordini architettonici, divisione e distinzione di essi, ognuno dei quali serve a ciascun
tipo di edificio e a ciascuna regola. L’ordine consistette nel distinguere un genere dall’altro. Il
dorico va per edifici molto grandi, ionico e corinzio per edifici eleganti ma non maestosi,
toscanico è quello “Più nano”, come i portici vecchi di città del centro Italia, come Bologna.
3. MISURA: misura antropomorfica basata sul corpo umano della rappresentazione. La misura
delle teste, una figura secondo le regole perfetta era di nove teste, si replicava nove volte la
misura dalla base del collo alla cima della testa. Non affronta il tema della prospettiva in cui
queste figure vengono modificate.
“Fare i corpi delle figure retti, diritti”: quando parlerà della licenzia si vedrà come questo sia
stato un limite della seconda età.
4. DISEGNO: capacità pratica e teorica, che comprende la capacità di progettare, di inventare. To
draw è il disegno pratico, to design è la progettazione mentale. L’insieme di queste cose con la
capacità di inventare senza avere modelli davanti. Cercare il più bello da unire insieme.
5. MANIERA: ha molti significati. Maniera propria di un artista. Bella maniera riprende l’idea che
bisogna unire il bello che è disperso nella natura, sempre l’esempio di zeusi con le ragazze di
Crotone, il pittore che prende di ognuna la parte migliore e ne forma un disegno perfetto.
Questa maniera era già stata individuata nel Quattrocento: l’arte doveva rappresentare la
perfezione. La bella maniera è il simbolo dell’arte italiana del rinascimento. Nonostante queste
quattro qualità raggiunte il Quattrocento non è ancora perfetto.
A questi principi è legato il miglioramento della pittura.
Queste cose non le aveva fatte Giotto, nemmeno i primi artefici, sebbene avessero scoperto i principi di
tutte queste difficoltà. Ma sebbene i secondi fanno tutte queste cose, esse non erano così perfette da
aggiungere nella perfezione. Serviva una licenza che non c’entrava con la regola, che mostrasse tutto
quell’ordine con più ornamento.
Vasari elenca i nomi degli artisti della seconda età sostenendo che nella loro arte si vede la fatica e non
rispettano il concetto di grazia. Si nota la difficoltà nel cercare di arrivare ad altri risultati, rendendo
aspre le figure. È necessaria la vivacità nelle movenze e nelle relazioni tra le figure. I loro errori furono
ben evidenti nelle opere di Leonardo da Vinci (iniziatore della terza età) che con buona regola,
migliore ordine, retta misura, disegno perfetto e grazia divina, abbondanza di figure, diede veramente
movimento e vita. Seguirono Leonardo, Giorgio da Castelfranco e Fra Bartolomeo, ma più di tutti il
graziosissimo Raffaello da Urbino, il quale studiando le opere dei vecchi maestri e quelle dei moderni,
prese da tutti il meglio, arricchì l’arte della pittura di quella intera perfezione, che ebbero anticamente
le figure di Apelle e di Zeusi. Seguì la maniera di Raffaello, Andrea del Sarto, che si può dire che fosse
raro perché le sue opere erano prive di errori.
Andrea Da Correggio (Parma) riuscì a rappresentare i capelli non più come lo fecero i predecessori, in
una maniera secca e tagliente, ma li rappresentò con una morbidità che si scorgeva capello per capello.
Il Parmigianino superò nella grazia il suo maestro, Correggio. Successero Polidoro da Caravaggio e
Maturino, di cui ci rimangono poche opere, prima di arrivare all’eccellenza: il divino Michelangelo
Buonarroti, il quale fu il più grande architetto, scultore e pittore, che grazie alla licenza inventò l’ordine
composito. Le difficoltà vennero rese facili dalla sua maniera, fino a superare addirittura gli antichi.
Superare Michelangelo, così perfetto, risulta impossibile.
In un altro testo più breve, Vasari lascia intendere un dubbio: siamo arrivati alla perfezione, e poi?
Dante nell’XI canto aveva detto che la fama rimane in quelli che sono seguiti dall’età di decadenza.
Vasari cerca con la scrittura delle Vite e con la fondazione dell’Accademia del disegno di evitare che
tutti questi grandi artisti non vengano ricordati.