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Vasari inserisce una novella che riguarda una contesa per il pagamento di un suo lavoro: piuttosto
che far pagare poco il lavoro, lo distrugge. Si tratta di una rivendicazione che riguarda la bontà del
lavoro, non la necessità di diventare ricco: Donatello non sarà mai ricco.
Dopo la vecchiaia, divenuto decrepito, venne soccorso da Cosimo de Medici, non potendo più
lavorare.
Vasari continua poi con l’elenco delle opere.
I padovani cercarono di farlo lor cittadino e gli diedero da fare i bassorilievi nella Basilica del
Santo. Ma essendo a Padova considerata una persona miracolosa e lodato da tutti, Donatello
decise di tornare a Firenze. A Padova tutti furono soddisfatti dei suoi lavori e le continue lodi non
l’avrebbero condotto ad alcun miglioramento, a Firenze invece le continue critiche dei fiorentini
malefici dalla lingua lunga, lo avrebbero spronato a migliorare.
La scuola di Donatello si esaurisce a Firenze. Alla fine del Quattrocento: morto Rossellino,
Desiderio, si ritrova Bertoldo che verrà assunto da Lorenzo il Magnifico per guidare una sorta di
anticipazione di una scuola di scultura, Scuola di San Marco, perché nella vita di Michelangelo,
Vasari racconta a che la scultura a Firenze non era più in voga, allora chiama un vecchio allievo di
Donatello. Dispone una serie di frammenti antichi che fungono da modelli per i giovani e chiede
alle principali botteghe di Firenze che mandino i giovani migliori per istruirli sulla scultura. Qui ci
sarà il primo scontro tra Michelangelo e Torreggiano che per invidia gli spacca il naso. Ce l’avrà
per sempre storto.
Donatello lavorò tutto, dall’artigianato alle statue in marmo, bronzo, bassorilievi. Egli non ritornò
mai sulle cose, aveva l’idea ed era veloce nell’esecuzione e con molta facilità terminò i suoi lavori.
Questo è il maggior elogio che possa fare: paragonare qualcuno a Michelangelo. Nonostante gli
elogi però, è come se Vasari non fosse riuscito ad esprimere la grandezza di Donatello.
Con le vite di Masaccio, Brunelleschi (pittura e ingegneria) e Donatello (scultura a tondo,
bassorilievo, marmo, bronzo), Vasari crea una sorta di trinità delle tre arti: essi insegnano agli altri
come si deve operare. Chi viene dopo ha il lavoro facilitato, perché prende spunto da loro tre.
Vasari non oppone ancora il disegno fiorentino alla scuola veneziana, ma lo farà presto.
VITA DI ANTONIO FILARETE E DI SIMONE, SCULTORE FIORENTINO
Vasari inizia criticando papa Eugenio IV per non aver dato maggior attenzione agli artisti che
avrebbero costruito la porta di San Piero di Roma in quanto in quel periodo, in vita sia Donatello
che Brunelleschi e anche altri artisti molto capaci il papa si accontentò di alcuni artisti poco
talentosi che crearono un’opera molto sciagurata, trascurata e disgraziata. La porta venne
realizzata tra il 1433 e il 1445, Filarete, quindi, in questa opera fece uno spartimento, ovvero una
tecnica per indicare la suddivisione in quadri di una composizione pittorica o scultorea, semplice e
di basso rilievo, ovvero possiamo trovare a destra e a sinistra due figure messe verticalmente:
• Sopra troviamo il Salvatore e la Madonna
• Sotto troviamo San Piero, che sta reggendo la spada e il libro e San Paolo nell’atto di
consegnare le chiavi a Eugenio IV inginocchiato al suo fianco
• Sotto ogni figura, inoltre, possiamo trovare la storia del santo sopra.
• In calce alle immagini principali troviamo altri due rilievi con scene storiche:
• Il riquadro sul retro della porta reca una firma figurata, in cui l’artista si ritrae mentre
danza insieme ai suoi aiuti, i nomi dei quali sono incisi ai loro piedi.
In questi 12 anni però non hanno lavorato solo sulle porte ma hanno anche fatto sepolcri di papi e
cardinali di cui però oggi non ne abbiamo traccia.
Dopo quest’opera fu condotto a Milano dal duca Francesco Sforza.
Simone, fratello di Donato (cosa che probabilmente Vasari sbagliò in quanto Donatello aveva solo
una sorella), dopo il suo lavoro alla porta fece di bronzo la sepoltura di papa Martino. Da qui in poi
Vasari inizia ad elencare alcuni lavori che fece Simone, che però oggi sono attribuite ad altri artisti.
Andò poi a servizio di Francesco Gonzaga, gli dipinse molte storie all’interno del palazzo.
Il guaio della collezione Gonzaga è che era enorme e venne in parte perduta e in parte rubata nel
1630. Pochi anni prima la dinastia era finita e vendettero la maggior parte dei quadri, tra cui quelli
di Giulio Romano, citato da Shakespeare come il più grande autore. I quadri di Mantegna furono il
ciclo più importante venduto alla corona inglese.
A Bologna, nel palazzo di Giovanni Bentivogli dipinse stanze devastate nel 1507. Furono suoi
discepoli Ercole de’ Roberti e il Mazzolino.
Questa Vita contiene pochissime notizie, per lo più sbagliate. Leggiamo però un tentativo di far
discendere la scuola ferrarese da quella fiorentina.
Uno degli errori che ritroviamo è quello di confondere Ercole de’ Roberti come allievo di Lorenzo
Costa, quando in realtà fu allievo di Francesco del Cossa.