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Achille della Ragione

Hendrick Van Somer


due pittori in uno

Edizioni Napoli arte


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Prefazione

Da tempo contavo di pubblicare i miei scritti su Hendrick Van Somer a cui ho dedicato in
particolare un articolo, che se si digita su Google il nome dell'artista compare come prima
citazione, nel quale cercavo di sbrogliare la matassa di due pittori con lo stesso nome ed
attivi a Napoli nello stesso periodo.

Hendrick Van Somer è, tra gli allievi del Ribera ricordati dal De Dominici, un artista dalla
forte anche se disordinata personalità. La definizione del suo catalogo è particolarmente
difficile per la contemporanea presenza a Napoli di due artisti con uguale nome e cognome,
uno, figlio di Barent ed un secondo, figlio di Gil. Il primo nato nel 1615 e morto ad
Amsterdam nel 1684, il secondo, nato nel 1607 e scomparso forse durante la peste del 1656,
presente in città dal 1624.

Al primo la critica assegna il Battesimo di Cristo, eseguito per la chiesa della Sapienza nel
1641 ed un Martirio di San Bartolomeo, già in collezione Astarita a Napoli.

Per il secondo, noto come Enrico fiammingo come spesso si firmava, Bologna e Spinosa
hanno ricostruito un percorso artistico più articolato con dipinti che, dopo un periodo di
osservanza riberiana, sfociano nel nuovo clima pittoricistico di matrice neoveneta che
maturò a Napoli intorno alla metà degli anni Trenta, un momento in cui cominciò a
prevalere il cromatismo sul luminismo. La sua pittura, che tradisce l’origine fiamminga e la
dimestichezza con i caravaggisti nordici, è caratterizzata dal viraggio della luce verso una
pacatezza dei colori ed un contenuto iconografico severo.

Di recente Giuseppe Porzio, nella sua monumentale opera sulla scuola di Ribera, ha
aggiunto tasselli importanti, pubblicando documenti inediti e numerose foto di dipinti.
Ho ripreso poi alcuni articoli sul pittore, che ho scritto negli ultimi anni ed ho approfittato
dell'uscita di questo volume per dare dignità di stampa ad un mio breve saggio, che ha
rivoluzionato il mondo degli studiosi: "Errori di attribuzioni nei musei e nelle chiese
napoletane."

Il libro si chiude in bellezza proponendo al lettore 32 tavole a colori, per cui non mi resta che
augurare a studiosi ed appassionati buona e proficua lettura.

Napoli aprile 2021

Achille della Ragione

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Hendrick Van Somer due pittori in uno

Fig. 1

Hendrick Van Somer è, tra gli allievi del Ribera ricordati dal De Dominici, un artista
dalla forte anche se disordinata personalità. La definizione del suo catalogo è
particolarmente difficile per la contemporanea presenza a Napoli di due artisti con
uguale nome e cognome, uno, figlio di Barent ed un secondo, figlio di Gil. Il primo
nato nel 1615 e morto ad Amsterdam nel 1684, il secondo, nato nel 1607 e scomparso
forse durante la peste del 1656, presente in città dal 1624.
Al primo la critica assegna il Battesimo di Cristo, eseguito per la chiesa della Sapienza
nel 1641 ed un Martirio di San Bartolomeo, già in collezione Astarita a Napoli.
Per il secondo, noto come Enrico fiammingo come spesso si firmava, Bologna e
Spinosa hanno ricostruito un percorso artistico più articolato con dipinti che, dopo un
periodo di osservanza riberiana, sfociano nel nuovo clima pittoricistico di matrice
neoveneta che maturò a Napoli intorno alla metà degli anni Trenta, un momento in cui
cominciò a prevalere il cromatismo sul luminismo.
La sua pittura, che tradisce l’origine fiamminga e la dimestichezza con i caravaggisti
nordici, è caratterizzata dal viraggio della luce verso una pacatezza dei colori ed un
contenuto iconografico severo.
Le opere che possono essergli attribuite sono oramai numerose dal Sant’Onofrio(fig.
1) della collezione Cicogna di Milano alla Guarigione di Tobia(fig. 2) del museo del
Banco di Napoli, dall’Estasi sul tamburo, già presso l’antiquario Lucano di Roma alla
Decollazione del Battista(fig. 3) della collezione Iannuzzi di Napoli.

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Fig. 2

Fig.3

Fig. 4

6
In seguito il Van Somer impreziosisce la sua tavolozza alla ricerca di esiti sempre
più spinti di raffinatezza formale ed è il periodo del Sansone e Dalila(fig. 4) già nella
raccolta dei principi Firrao, del Loth e le figlie(fig. 5) già presso Heim a Londra, del
David con la testa di Golia(fig. 6), siglato, a Nizza nel musèe des beaux arts Jules
Cheret e dello stupendo Venere ed Adone(fig. 7) di una collezione piacentina.

Fig.5

Fig. 6

7
Fig. 7

Del 1635 è la Carità(fig. 8) già nella collezione Bosco, siglata, mentre le sue ultime
opere sono il San Girolamo della Trafalgar Galleries di Londra(fig. 9) e della Galleria
Borghese di Roma(fig. 10), rispettivamente siglato 1651 e firmato 1652.

Fig. 8

Fig. 9

8
San Girolamo è un soggetto più volte ripetuto dall’artista e negli ultimi anni sono
transitati in aste internazionali o sul mercato numerosi dipinti di sicura autografia, che
si aggiungono a quelli conservati nei musei romani come il superbo San Girolamo e i
Sadducei(fig. 11) della Galleria dell’Accademia nazionale di San Luca o quello(fig.
12) della Galleria Spada o quello(fig. 13) dalla folta barba bianca e rubicondo del
mercato parigino.

Fig. 10

Fig. 11

Fig. 12

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Di grande interesse il Cristo che discute coi dottori(fig. 14) delle Gallerie fiorentine,
border line con la figura creata da Bologna del Maestro del Gesù dei dottori e con la
ancor poco nota attività dei caravaggisti nordici attivi a Napoli nel secondo e terzo
decennio del XVII secolo.

Fig. 13

Fig. 14

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Fig. 15
Segnaliamo poi un’opera giovanile, un’inedita Sansone e Dalila(fig. 15) in collezione
privata napoletana, attribuiamo con certezza al Van Somer questa discinta Maddalena
penitente(fig. 16) della collezione D’Errico di Matera, proponiamo come autografi la
Figura maschile allo scrittoio(fig. 17) e questa Pietà(fig. 18) entrambi ad ubicazione
sconosciuta e concludiamo con una delle due Teste di apostoli(fig. 19) del museo di
Capodimonte, a lungo assegnate a Giuseppe Ricca.

Fig. 16

Fig. 17

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Un capolavoro di Hendrix van Somer

tav. 1 - Hendrick De Somer - Mercurio addormenta Argo suonando il flauto –


Torre Canavese, antiquario Marco Datrino

Ancora oggi se digitiamo su Google “Hendrick van Somer”, compaiono oltre 10 000
citazioni e la prima si riferisce ad un mio articolo del 2009: Hendrix van Somer due
pittori in uno, nel quale sottolineavo la contemporanea presenza a Napoli di due artisti
con uguale nome e cognome, uno, figlio di Barent ed un secondo, figlio di Gil. Il
primo nato nel 1615 e morto ad Amsterdam nel 1684, il secondo, nato nel 1607 e
scomparso forse durante la peste del 1656, presente in città dal 1624.
Per Hendrick van Somer o Enrico fiammingo, come spesso si firmava, la critica ha
ricostruito un percorso artistico articolato con dipinti che, dopo un periodo di stretta
osservanza riberiana, sfociano nel nuovo clima pittoricistico di matrice neoveneta che
maturò a Napoli intorno alla metà degli anni Trenta, un momento in cui cominciò a
prevalere il cromatismo sul luminismo. La sua pittura, che tradisce l’origine
fiamminga e la dimestichezza con i caravaggisti nordici, è caratterizzata dal viraggio
della luce verso una pacatezza dei colori ed un contenuto iconografico severo.
Di recente Giuseppe Porzio ha pubblicato documenti e notizie sul pittore ed ha
incrementato il suo catalogo con dipinti di qualità eccelsa, che forniscono oramai
l’immagine di un artista di grande valore, anche se ancora poco noto.
In questo breve contributo intendiamo presentare uno splendido inedito, che abbiamo
avuto modo di visionare a Torre Canavese presso la Galleria d’arte di Marco Datrino.
Si tratta di un Mercurio addormenta Argo suonando il flauto (tav. 1 – 2 – 3 – 4), una
tela di cospicue dimensioni (160 – 220), transitata tempo fa sul mercato con
un’attribuzione a Pier Francesco Mola, un artista ticinese altre volte confuso con il
Nostro. L’attribuzione al Van Somer è più che certa, con la figura di Argo che
ripropone una delle famose Teste di vecchio conservate nel museo di Capodimonte.

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Molto curato è il paesaggio, al quale è dedicata una particolare attenzione, per cui
possiamo accogliere l’ipotesi del Porzio che sia stato eseguito dal Vandeneynden,
genero del pittore.
Concludiamo con una doverosa precisazione, scaturita dall’esame di alcuni documenti:
la dizione precisa del cognome è De Somer e non van Somer, come fino ad oggi
indicato sui principali contributi sull’artista da Bologna a Spinosa.

tav. 2 - Hendrick De Somer - Mercurio addormenta Argo tav. 3- Hendrick De Somer - Mercurio addormenta Argo
suonando il flauto (particolare) - Torre Canavese, suonando il flauto (particolare) - Torre Canavese,

tav. - Hendrick De Somer - Mercurio addormenta Argo


suonando il flauto (particolare) - Torre Canavese,

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Due pregevoli dipinti del Seicento napoletano

fig1 -Hendrick Van Somer - I quattro Evangelisti -


Roma collezione privata
.

In questo articolo portiamo a conoscenza dei nostri lettori due pregevoli dipinti
appartenenti ad una collezione romana, una delle più importanti d’Italia.
Il primo, raffigurante I Quattro evangelisti (fig.1) è stato visionato in passato dal
compianto Maurizio Marini, che lo assegnò ad un fiammingo attivo a Napoli nei primi
decenni del Seicento, parere confermato da Vittorio Sgarbi, che ha ammirato il quadro
di recente.
Senza ombra di dubbio l’opera appartiene alla produzione di Hendrick Van Somer, un
pittore al quale in passato ho dedicato più di uno scritto, a tal punto che se digitiamo su
Google “Hendrick van Somer”, compaiono oltre 10 000 citazioni e la prima si riferisce
ad un mio articolo del 2009: Hendrix van Somer due pittori in uno, nel quale
sottolineavo la contemporanea presenza a Napoli di due artisti con uguale nome e
cognome, uno, figlio di Barent ed un secondo, figlio di Gil. Il primo nato nel 1615 e
morto ad Amsterdam nel 1684, il secondo, nato nel 1607 e scomparso forse durante la
peste del 1656, presente in città dal 1624.
Al primo la critica assegna il Battesimo di Cristo, eseguito per la chiesa della Sapienza
nel 1641 ed un Martirio di San Bartolomeo, gia in collezione Astarita a Napoli.
Per il secondo Bologna e Spinosa hanno ricostruito un percorso artistico più articolato
con dipinti che, dopo un periodo di osservanza riberiana, sfociano nel nuovo clima
pittoricistico di matrice neoveneta che maturò a Napoli intorno alla metà degli anni
Trenta, un momento in cui cominciò a prevalere il cromatismo sul luminismo.
La sua pittura, che tradisce l’origine fiamminga e la dimestichezza con i caravaggisti
nordici, è caratterizzata dal viraggio della luce verso una pacatezza dei colori ed un
contenuto iconografico severo.

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Le opere che possono essergli attribuite sono oramai numerose dal Sant’Onofrio della
collezione Cicogna di Milano alla Guarigione di Tobia del museo del Banco di Napoli,
dall’Estasi sul tamburo, già presso l’antiquario Lucano di Roma alla Decollazione del
Battista della collezione Bernardini di Padova.
In seguito il Van Somer impreziosisce la sua tavolozza alla ricerca di esiti sempre
più spinti di raffinatezza formale ed è il periodo del Sansone e Dalila già nella raccolta
dei principi Firrao, del Loth e le figlie già presso Heim a Londra, del David con la
testa di Golia, siglato di una raccolta romana e dello stupendo Venere ed Adone di una
collezione napoletana. Del 1635 è la Carità già nella collezione Bosco, siglata, mentre
le sue ultime opere sono il San Girolamo della Trafalgar Galleries di Londra e della
Galleria Borghese di Roma, rispettivamente siglato 1651 e firmato 1652.
Di recente Giuseppe Porzio ha pubblicato documenti e notizie sul pittore ed ha
incrementato il suo catalogo con dipinti di qualità eccelsa, che forniscono oramai
l’immagine di un artista di grande valore, anche se ancora poco noto.
In questo breve contributo intendiamo presentare una tela per la quale l’attribuzione al
Van Somer è più che certa, con alcune figure che ripropongono fisionomie presenti in
altre opere documentate dell’artista, mentre l’elegante tappeto rosso, presente al centro
della composizione, è lo stesso che compare nel Loth e le figlie (fig.2), già presso la
galleria Heim di Londra. Ben rappresentati i simboli iconografici degli evangesti, in
particolare il bovino in primo piano, dalle corna eloquenti, per passare poi all’aquila ed
al leone.
Concludiamo con una doverosa precisazione, scaturita dall’esame di alcuni documenti:
la dizione precisa del cognome è De Somer e non van Somer, come fino ad oggi
indicato sui principali contributi sull’artista da Bologna a Spinosa.

fig.2 - Hendrick Van Somer - Loth e le figlie -


Londra, giá galleria Heim

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Errori di attribuzione in musei e chiese napoletane

tav.1 - Carlo Coppola - Decollazione di San Gennaro -


Napoli Pio Monte della Misericordia

Cominciamo questa nostra istruttiva carrellata con l’intento di correggere una serie di
attribuzioni sbagliate di dipinti conservati in musei e chiese, partendo dal Pio Monte
della Misericordia, famoso in tutto il mondo, per il raro privilegio di conservare nella
sua chiesa uno dei capolavori di Caravaggio: Le sette opere di Misericordia.
Nella annessa quadreria è conservata una Decollazione di San Gennaro (tav.1)
attribuita a Niccolò De Simone, che viceversa va assegnata senza ombra di dubbio al
virtuoso pennello di Carlo Coppola, un artista poco noto, ma che nelle sue opere
presentava costantemente dei dettagli patognomonici, che, se conosciuti, permettono di
riconoscerlo.
Uno di questi è l’occhio del cavallo che fissa con intensità l’osservatore (tav.2),
presente in tutti i quadrupedi rappresentati nella composizione in esame, l’altro è
l’eleganza con cui definiva le code dei cavalli, vaporose quanto abbondanti, come nel
dipinto Cavalieri con armatura (tav.3), che presentato come capolavoro di Andrea De
Lione, con un expertise di uno dei più celebri studiosi in circolazione ad un’asta
Semenzato, raggiunse una cifra record.

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tav.2 - Particolare degli occhi del cavallo

tav.3 - Carlo Coppola - Cavalieri con armatura a cavallo - Milano Semenzato 2003

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tav.4 - Giovanni Ricca - Santa orante -
Napoli museo diocesano

tav.5 - Giovanni Ricca - Cristo crocifisso con Maddalena -


Napoli museo diocesano

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Ci portiamo ora nel vicino museo diocesano dove grazie a Giuseppe Porzio, che ha
ricostruito esaustivamente la figura di Giovanni Ricca, possiamo togliere
dall’anonimato due dipinti: una Santa orante (tav.4) ed un Cristo crocifisso con la
Maddalena (tav.5), in entrambi compare la stessa splendida fanciulla che presta il suo
volto alla Giuditta con la testa di Oloferne (tav.6) del museo diocesano di Salerno, che
entra con enfasi nel catalogo dell’artista.L’occhio acuto del giovane quanto valente
studioso ha permesso di spostare dalla paternità di Onofrio Palumbo a quella di
Giovanni Ricca la Crocifissione (tav.7) conservata a Napoli nella chiesa di S. Maria
Apparente, seguendo il destino dell’Adorazione dei pastori (tav.8) di Potenza, che
all’epoca ingannò anche i colti estensori del catalogo della celebre mostra Civiltà del
Seicento, fino alla scoperta, nel corso di un restauro della firma del vero autore.
Non contento, il Porzio ha tolto dall’anonimato, assegnandolo al Ricca, anche il
Martirio di S. Barbara (tav.9) del museo civico di Castel Nuovo e la tanto discussa
Madonna col Bambino tra i SS. Giuseppe e Francesco d’Assisi (tav.10), conservata a
Massa Lubrense nella chiesa di S. Maria della Misericordia, una tela che, tra rovine
illuminate da un sole al tramonto, affianca le figure in una materia cromatica sensibile
e quasi tremula alla luce. A lungo è stata attribuita al divino Guido Reni, di recente
anche da Sgarbi(che possiamo scusare perché lui, salvo di pittura ferrarese, non
capisce niente d’arte), l’Ortolani l’assegnava a Massimo Stanzione e Raffaello Causa a
Micco Spadaro. Oggi finalmente ha trovato la vera paternità.

tav.6 - Giovanni Ricca - Giuditta con la testa di Oloferne Salerno museo diocesano

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tav.7 - Giovanni Ricca -Crocifissione
Napoli, chiesa di S. Maria Apparente

tav.8 - Giovanni Ricca - Adorazione dei pastori -


Potenza chiesa di S. Maria

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tav.9 - Giovanni Ricca - Martirio di S. Barbara -
Napoli museo civico di Castel Nuovo

tav.10 - Giovanni Ricca - Madonna col Bambino tra i SS. Giuseppe e Francesco d'Assisi -
Massa Lubrense, chiesa di S. Maria della Misericordia

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Cominciamo ora un percorso tra i decumani visitando le chiese più prestigiose ed
entriamo in San Paolo Maggiore, dove nell’ultima cappella a sinistra si può ammirare
una splendida Annunciazione (tav.11), secondo la targhetta di ignoto, quando anche un
semplice appassionato riconosce uno dei caratteri patognomonici presenti in tutti i
dipinti del Marullo in cui vi è una fanciulla: un cono d’ombra sulla guancia sinistra.
Poche centinaia di metri e ci troviamo all’ingresso della chiesa del Purgatorio ad Arco,
famosa per il culto delle”capuzzelle”, nella quale si conservano importanti dipinti, tra i
quali, il primo entrando a sinistra, raffigurante San Michele Arcangelo che abbatte il
demonio (tav.12) per secoli è stato attribuito a Diana De Rosa, più nota come Annella
di Massimo, fino a quando, alcuni anni fa, durante un restauro è comparsa la firma
dell’autore: Girolamo De Magistro, di cui si conosceva un solo quadro ed ora grazie a
questo è entrato a pieno titolo tra i protagonisti del secolo d’oro della pittura
napoletana.
La storia dell’arte procede grazie all’occhio dell’esperto, ma soprattutto in virtù della
scoperta di nuovi documenti, l’unico mezzo, se correttamente interpretato, in grado di
fornire la certezza di un’attribuzione.
La vicenda di cui tratteremo si basa proprio su di una fede di credito rintracciata
nell’Archivio storico del Banco di Napoli da un infaticabile “segugio”: Vincenzo
Rizzo, da quasi 50 anni impegnato, con passione certosina, a portare alla luce
incessantemente testimonianze del nostro glorioso passato, da quel mare pescosissimo
ed ancora in gran parte inesplorato, costituito dai documenti di pagamento degli
antichi Banchi napoletani attivi dai primi del Cinquecento.

tav.11 - Giuseppe Marullo -Annunciazione -


Napoli, chiesa di San Paolo Maggiore

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tav.12 - Girolamo De Magistro -San Michele Arcangelo abbatte il demonio -
Napoli, chiesa del Purgatorio ad Arco

tav.13 - Giovan Bernardo Azzolino - Santissima Trinitá e santi - documentato al 1617 -


Napoli chiesa del Gesù

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Nella chiesa del Gesù Nuovo, nel Cappellone di Sant’Ignazio, si trova uno splendido
quadro di grandi dimensioni, rappresentante una Santissima Trinità e Santi (tav.13),
che nel corso dei secoli è passato attraverso le più altisonanti quanto fantasiose
attribuzioni, dal Guercino a Battistello Caracciolo per finire ad Agostino Beltrano, il
quale, in particolare, non poteva essere l’autore del dipinto per lampanti motivi
iconografici e anagrafici…, ma nonostante tutto la targhetta col suo nome resiste
imperterrita.
Infatti, come segnalatoci gentilmente da padre Iappelli, un erudito gesuita che ha
dedicato la vita a studiare i tesori della chiesa, nella tela in basso a sinistra sono
rappresentati, in ordine di canonizzazione, i principali santi gesuiti, l’ultimo dei quali
salito alla gloria degli altari nel 1617, mentre mancano quelli, anche se importanti,
degli anni successivi.
Il nostro Beltrano, nato nel 1607, aveva all’epoca poco più di 10 anni!
Pittori dallo stile diversissimo, a dimostrazione che quando l’attribuzione si basa
unicamente sull’occhio del conoscitore la cantonata è più possibile che probabile. E gli
esperti che si sono cimentati nel cercare di dare una paternità allo splendido dipinto
sono tra i più autorevoli, dal Galante, erudito ottocentesco, autore di una famosa ed
insuperata” Napoli Sacra” agli autori della moderna guida della chiesa, fino al
sovrintendente dell’epoca in persona, uno studioso dalla cultura indiscussa e
dall’occhio poco meno che infallibile.
Sfogliando viceversa il Giornale copia polizze del Banco dello Spirito Santo al giorno
18 maggio 1617, come ha fatto diligentemente il Rizzo, guidato dal suo straordinario
fiuto, unica bussola che lo guida nelle sue quotidiane ricerche tra milioni di documenti
accumulati con un ordine disordine che solo in pochi sanno dominare, si sarebbe giunti
a conoscere finalmente il nome del misterioso autore: Giovanni Bernardino Azzolino.
“nel quale si poneranno tutti i Santi che si averanno da dipingere…. quadro di ogni
perfezione e squisitezza il quale sarà di altezza di palmi 14 e di larghezza di palmi 9….
di ponerci colori molto fini non solo nei vestimenti ma anche nell’aria aurea…”
Così recita la ritrovata fede di credito.

tav.14 - Cesare Fracanzano - Sacra Famiglia -

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tav.15 - Anna Dorothea Therbusch - Ritratto Niccolò Jommelli -
Napoli collezione Pagliara

Ritorniamo in ambito museale nell’Istituto Suor Orsola Benincasa, dove è conservato


uno scrigno prezioso, negato alla pubblica fruizione: la collezione Pagliara, ricca di
decine di preziosi dipinti e degna di essere conosciuta da tutti per cui consigliamo di
leggere un mio articolo sull’argomento digitando il link
http://achillecontedilavian.blogspot.com/2012/03/la-pinacoteca-della-collezione-pagliara_16.html
In una delle prime sale ci accoglie una splendida tela di grandi dimensioni, una Sacra
famiglia (tav.14), attribuita a Francesco Fracanzano, intorno al 1635, una data
importante per la pittura napoletana, che cominciò da allora a risentire della
rivoluzione cromatica tendente ad addolcire il chiaro scuro caravaggesco. Il dipinto, a
nostro parere, va viceversa assegnato a Cesare Fracanzano per le stringenti analogie
con i suoi due quadri, firmati, conservati al Pio Monte della Misericordia.
Tra gli ultimi quadri esposti vi è uno splendido ritratto del musicista Niccolò Jommelli
(tav.15), da sempre ritenuto opera di Bonito, fino a pochi anni fa, quando un restauro
ha messo in evidenza la firma della raffinata, quanto sconosciuta autrice, la pittrice
tedesca Anna Dorothea Therbusch, che verosimilmente lo ha eseguito a Stoccarda nel
1764, argomento che ha costituito la tesi di dottorato di una giovane studiosa

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bolognese Giuliana Gualandi, che ho avuto l’onore di seguire nella sua fatica
intellettuale.
Passiamo ora ad un altro museo: Le Gallerie di Palazzo Zevallos, che hanno il raro
privilegio di ospitare Il Martirio di S. Orsola, l’ultima opera di Caravaggio, ma
soprattutto di poter far ammirare la corposa collezione del Banco di Napoli, che, dopo
essere stata ospitata per decenni nel museo di Capodimonte ed un lungo periodo
trascorso a Villa Pignatelli, hanno da tempo trovato una degna sede espositiva, in
attesa, fra non molto, di trasferirsi di nuovo, nell’antica sede del Banco di Napoli in via
Toledo.
Tra le tante opere esposte vogliamo porre in dubbio solo l’attribuzione di un dipinto:
un superbo Sansone e Dalila (tav.16) che viene esaltato come un capolavoro di
Artemisia Gentileschi, mentre noi accogliamo una diversa ipotesi attributiva avanzata
nel 1984 da Riccardo Lattuada, il quale, confortato dal parere di Ferdinando Bologna,
riconosceva una mano diversa e proponeva la paternità di Domenico Fiasella, un
pittore genovese, che ha lavorato più volte a Napoli, soprattutto nella chiesa di San
Giorgio dei Genovesi, vergognosamente chiusa da quasi 50 anni.
Il resto del nostro articolo riguarderà opere di Agostino Beltrano, che abbiamo già
incontrato con attribuzione apocrifa nella chiesa del Gesù Nuovo ed ora, sempre con
un errore veniale, incontriamo sulla parete destra dell’altare della chiesa di S. Maria la
Nova, dove è esposta un’Immacolata Concezione con papa Alessandro VII e re Filippo
IV (tav.17), che versa in precarie condizioni di conservazione ed in una zona poco
illuminata, per cui spero di poter essere parzialmente scusato per l’orribile foto che
sono costretto a pubblicare. La tela in passato è stata assegnata dalla Novelli Radice al
quasi sconosciuto Giuseppe, fratello di Agostino, perché a suo parere il livello di
qualità dell’opera è molto modesto. Viceversa è facile constatare come la tela in esame
trasudi lo stile di Agostino da tanti dettagli.
In particolare dobbiamo considerare i due personaggi raffigurati ai piedi della Vergine,
il papa Alessandro VII, il quale si espresse definitivamente sull’iconografia
rappresentata nel dipinto l’8 dicembre 1661 con la Sollicitudo omnium ecclesiarum ed
il re Filippo IV che fece pressioni a lungo sul pontefice affinché si pronunciasse sulla
questione.
Risulta pacifico che l’opera in esame non ha potuto vedere la luce prima del 1662, in
accordo con il De Dominici che riferisce che l’artista morì nel 1665. Bisognerà perciò
accettare l’ipotesi che Beltrano superò indenne l’infuriare della peste e visse dopo il
fatidico 1656, che i libri di storia dell’arte si ostinano ad indicare come data del suo
decesso.
Passiamo ora ad esaminare uno spettacolare Martirio di San Sebastiano (tav.18)
passato sul mercato nel 1992 con un’attribuzione al Gargiulo del Brigante, il quale
affermava: «Questo importante dipinto del celebre maestro napoletano, che in alcuni
particolari mostra affinità col Martirio di San Lorenzo della Banca Sannitica di
Benevento siglato “DG”, risale probabilmente ai primi anni del sesto decennio del
secolo».
Nel 1997, in occasione della stesura del catalogo della celebre collezione ove il quadro
era pervenuto, avendo l’onore di comparire in copertina, i principali «napoletanisti»
espressero la loro opinione sulla paternità del dipinto. Pacelli e Pavone confermarono
la autografia spadariana, la Daprà, specialista dell’artista, avanzò l’ipotesi di Agostino
Beltrano in parte confermata da Spinosa, che in un primo tempo aveva pensato

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genericamente al Maestro dei martirî. Leone De Castris collocò il dipinto al 1635 ed
evidenziò la presenza nell’opera di caratteri falconiani, battistelliani e cavalliniani.
Originale, l’ipotesi di Gennaro Borrelli, che parlò di una esercitazione della bottega di
Aniello Falcone, sottolineando l’errata incidenza della luce e la pessima esecuzione
dell’albero sullo sfondo, definito bituminoso.
Ed infine, nel 1999, il passaggio in asta di una scena di supplizio identificabile
come Martirio di Santa Apollonia(tav.19), con in alto l’identico gruppo di angioletti
(tav.20) e sulla destra lo stesso cavaliere nascosto dietro la bandiera rossa, che sono
presenti nel Martirio di San Sebastiano, ha permesso di riconoscere lo stesso pittore
come autore di entrambi i dipinti.
Molto importante la presenza del cavaliere sulla destra con elmo e bandiera, simbolo
del potere romano, (derivata da alcune celebri tele del Gargiulo), il quale sembra
volersi nascondere dietro al drappo rosso, con un atteggiamento che compare identico
anche nella grande e famosa pala di Pozzuoli rappresentante Il miracolo di
Sant’Alessandro, firmata e documentata al 1649.
Numerose altre figure presenti nel Martirio di Santa Apollonia permettono
l’assegnazione della tela con certezza al Beltrano. Esse sono il fanciullo a dorso nudo
in primo piano sulla destra, di vaga ascendenza battistelliana e, poco più che abortito,
sulla sinistra il fantolino, che si avvicina alla scena a braccia protese e che ricompare
identico nel già citato Miracolo di Santo Alessandro e nell’affresco rappresentante Il
pagamento del tributo a Sennacherib di Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone,
documentato agli anni 1644-45.
Il volto della Santa pronta al martirio è sovrapponibile alla fisionomia della figura
femminile presente nel Sacrificio di Mosé, siglato, del museo di Budapest, identificato
dal De Vito nel 1984 ed alla Rachele del Giacobbe e Rachele al pozzo del museo di
Besançon, assegnato già dal 1963 al Beltrano dal Volpe. Infine l’uomo barbuto che
attizza le fiamme e l’altro scherano sulla destra che incombe sulla Santa sono modelli
adoperati spesso dal Beltrano, che li riproduce più volte nelle sue opere dal Martirio
dei Santi Gennaro, Procolo e Filippo , documentato al 1635, al Miracolo di
Sant’Alessandro, al Giacobbe e Rachele al pozzo.
Il Martirio di San Sebastiano è stato di recente sottoposto ad un accurato restauro, il
quale ha evidenziato alcuni dettagli inediti, come un guerriero, sul lato sinistro della
composizione ed un fantolino (tav.21), il quale, sembra voler partecipare alla scena e
che costituisce la firma criptata dell’artista.
Ed arriviamo ora allo scandalo che conclude degnamente, con un doppio errore
madornale la nostra carrellata. Il Martirio di S. Apollonia è stato attribuito a Salvator
Rosa da un celebre studioso e notificato dallo Stato, è stato presentato alla grande
mostra di Lampronti tenutasi nella Reggia di Caserta e, colmo dei colmi, il celebre
antiquario, per sdebitarsi dell’ospitalità, ha fatto dono al museo dell’opera incriminata.
Questi famosi esperti hanno commesso anche un grave errore nell’intitolare il quadro:
Martirio di S. Agata, mentre chiaramente raffigura il supplizio di S. Apollonia, come
capirebbe anche una bizoca o un parroco di campagna. Infatti alla prima furono
amputati i seni, mentre alla seconda asportati i denti e poscia, se non avesse
bestemmiato, a piacere Dio o la Madonna, sarebbe stata bruciata viva (come si evince
dal cavadenti e dal legname posti in basso nella composizione).

27
tav.16 - Domenico Fiasella - Sansone e Dalila -
Napoli Gallerie Zevallos

tav.17 - Agostino Beltrano-Immacolata Concezione con Alessandro VII e Filippo V -


Napoli, chiesa di S. Maria la Nova

28
tav.18 - Agostino Beltrano - Martirio di San Sebastiano -
Napoli collezione della Ragione

tav.19 - Martirio di S. Apollonia -


Napoli , giá collezione Mauro Calbi

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tav. 20 - Gruppo di angioletti

tav.21 - Fantolino a braccia protese

30
TAVOLE

fig. 1 S. Maria Maddalena - Matera collezione D'Errico pag. 33


fig. 2 Mercurio addormenta Argo suonando il flauto - Italia, galleria Datrino pag. 34
fig. 3 Fuga in Egitto - Napoli, chiesa di S. Maria della Pazienza pag. 35
fig. 4 S. Giovannino - Italia, collezione privata pag. 36
fig. 5 Loth e le figlie - 1640 - 1650 - Italia collezione privata pag. 37
fig. 6 Loth e le figlie - 1640 - 1650 - Lugano collezione Thyssen Bornemisza pag. 38
fig. 7 Venere piange la morte di Adone - Castel San Giovanni, collezione privata pag. 39
fig. 8 Tobiolo guarisce dalla cecità Tobia -1635 - Napoli, Galleria di Palazzo Zevallos pag. 40
fig. 9 Tobia ridona la vista al padre - Napoli, collezione privata pag. 41
fig. 10.Battesimo di Cristo - 1641 - Napoli, chiesa S. Maria della Sapienza pag. 42
fig. 11 Disputa di Gesù tra i dottori - Napoli, collezione privata pag. 43
fig. 12 Sansone e Dalila - Roma, collezione privata pag, 44
fig. 13 Pilato si lava le mani - Napoli, galleria Porcini pag. 45
fig. 14 Cristo davanti a Caifa - Napoli, collezione privata pag, 46
fig. 15 David con la testa di Golia - Nizza, museo di Belle arti pag. 47
fig. 16 David con la testa di Golia - Parigi, collezione privata pag, 48
fig. 17 I quattro Evangelisti – Roma, collezione Onofri pag. 49
fig. 18 Suonatori dì osteria - Londra, collezione Spier pag. 50
fig. 19 Martirio di San Sebastiano - Napoli, museo di Capodimonte pag, 51
fig. 20 Pietà - Napoli, Duomo, complesso di S. Restituta pag. 52
fig. 21 Mosè - Napoli, collezione privata pag. 53
fig. 22 (in collaboraz. con Pietro Doms) - Gesù Bambino dormiente - Napoli, collezione privata pag. 54
fig. 23 Elia - Princenton, museo d'arte universitario pag. 55
fig. 24 San Giovanni Battista nel deserto - Losanna, museo cantonale di Belle arti pag. 56
fig. 25 San Pietro apostolo orante - Napoli, Blindarte pag. 57
fig. 26 Filosofo - Napoli, galleria Porcini pag. 58
fig. 27 S. Antonio Abate - Napoli, museo di Capodimonte pag. 59
fig. 28 San Girolamo – Spagna, museo LazaroGaldiano pag. 60
fig, 29 San Girolamo - Napoli, collezione privata 28 pag. 61
fig. 30 San Girolamo nel suo studio - Italia, collezione privata pag 62
fig. 31 San Girolamo - 1651 Olanda, Lousville, The Speed Art museum pag. 63
fig. 32 -San Girolamo in lettura - 1652 - Roma, Galleria di Palazzo Barberini pag. 64

31
32
fig. 1 - S. Maria Maddalena - Matera collezione D'Errico

33
fig. 2 -Mercurio addormenta Argo suonando il flauto - Italia, galleria Datrino

34
fig. 3 - Fuga in Egitto - Napoli, chiesa di S. Maria della Pazienza

35
fig. 4 - S. Giovannino - Italia, collezione privata

36
fig. 5 - Loth e le figlie - 1640 - 1650 - Italia collezione privata

37
fig. 6 - Loth e le figlie - 1640 - 1650 - Lugano collezione Thyssen Bornemisza

38
fig. 7 - Venere piange la morte di Adone - Castel San Giovanni, collezione privata

39
fig. 8 -Tobiolo guarisce dalla cecità Tobia -1635 - Napoli, Galleria di Palazzo Zevallos

40
fig. 9 - Tobia ridona la vista al padre - Napoli, collezione privata

41
fig. 10 - Battesimo di Cristo - 1641 - Napoli, chiesa S. Maria della Sapienza

42
fig. 11 - Disputa di Gesù tra i dottori - Napoli, collezione privata

43
fig. 12 - Sansone e Dalila - Roma, collezione privata

44
fig. 13 - Pilato si lava le mani - Napoli, galleria Porcini

45
fig. 14 - Cristo davanti a Caifa - Napoli, collezione privata

46
fig. 15 - David con la testa di Golia - Nizza, museo di Belle arti

47
fig. 16 - David con la testa di Golia - Parigi, collezione privata

48
fig. 17 I quattro Evangelisti – Roma, collezione Onofri

49
fig. 18 - Suonatori dì osteria - Londra, collezione Spier

50
fig. 19 - Martirio di San Sebastiano - Napoli, museo di Capodimonte

51
fig. 20 - Pietà - Napoli, Duomo, complesso di S. Restituta

52
fig. 21 - Mosè - Napoli, collezione privata

53
fig. 22 - (in collaborazione con Pietro Doms) - Gesù Bambino
dormiente - Napoli, collezione privata

54
fig. 23 - Elia - Princenton, museo d'arte universitario

55
fig. 24 - San Giovanni Battista nel deserto - Losanna, museo cantonale di Belle arti

56
fig. 25 - San Pietro apostolo orante - Napoli, Blindarte

57
fig. 26 - Filosofo - Napoli, galleria Porcini

58
fig. 27 - S. Antonio Abate - Napoli, museo di Capodimonte

59
fig. 28 San Girolamo – Spagna, museo LazaroGaldiano

60
fig. 29 - San Girolamo - Napoli, collezione privata

61
fig. 30 - San Girolamo nel suo studio - Italia, collezione privata

62
fig. 31 -San Girolamo - 1651 Olanda, Lousville, The Speed Art museum

63
fig. 32 -San Girolamo in lettura - 1652 - Roma, Galleria di Palazzo Barberini

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