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LUCA GARAI

LE ILLUSTRAZIONI DELL’ANATOMIA
DEL CAVALLO DI CARLO RUINI
(Bologna 1590-98)
LUCA GARAI
Le Illustrazioni dell’Anatomia del Cavallo di Carlo Ruini
(Bologna 1590-98)

Bologna nel Rinascimento. Immaginiamo per un all’opera per fare i disegni delle Tavole Anatomiche,
momento la città senza automobili né motori. I cavalli e questo esclude che Vesalio abbia mai fatto fare le
muovono gli unici veicoli a trazione, animale. sue incisioni partendo dai disegni di Leonardo, cosa
Qui Carlo Ruini, di nobile famiglia, scrive il primo anche questa che vedremo avrà importanza anche per
trattato scientifico della storia europea sulla anatomia il libro del Ruini, di cui trattiamo.
del cavallo, illustrata con 64 stupende incisioni xilo- L’attribuzione ad Agostino Carracci secondo Erco-
grafiche a piena pagina, L’opera viene pubblicata a lani (cit. pp.86,87) e il prof. Medici da lui citato, si
Bologna nel 1598, ma nella tavola I del libro V appare desume, dall’esemplare della prima edizione del-
la data 1590 che lascia intendere come l’opera fosse l’Anatomia del Cavallo conservata alla Biblioteca
già iniziata da allora. Universitaria di Bologna a cui era unito un foglietto
di carta, nel quale era annotato: “A questo esemplare
Il presente studio esamina i testi atti ad approfondire sono stati riuniti i disegni originali eseguiti da Ago-
chi possa essere stato l’autore dei disegni alla base stino Carracci”.
delle 64 xilografie, e cerca di stabilirne, nel limite I disegni però anche allora (1847) non esistevano, in
delle fonti, la paternità. base alle ricerche dell’Ercolani.
La bellezza delle immagini ha di fatto attribuito i Non penso che che la personalità artistica di Agostino
disegni di volta in volta a Leonardo da Vinci, Tiziano, Carracci possa coincidere con l’autore delle incisioni
Agostino Carracci. del Ruini, che doveva possedere ampie conoscenze
di anatomia comparata.
Esaminiamo le attribuzioni: la prima, al Tiziano, va All’epoca del Ruini, l’unico a possedere tali cono-
eliminata subito in quanto maliziosa; la dicitura che scenze era stato Leonardo da Vinci. Narra il Vasari
le incisioni erano da disegni del Tiziano appare in (1550) “Enne anche smarrito un modello piccolo di
una tarda edizione francese del 1647 e fu posta dallo cera, ch’era tenuto perfetto, insieme con un libro di
stampatore del libro, Jean Jourdain, evidentemente notomia di cavagli fatto da lui per suo studio”. Il Var-
per venderne più copie (1- Vedi Ercolani, Carlo Ruini, chi (1564) dice Leonardo esperto “di tutti gli animali
Bologna, Zanichelli, 1873, p. 89) di tutte le regioni e in ispezialità dei cavagli” (Varchi
Interessante comunque notare che l’artista olandese Benedetto, orazione funebre fatta e recitata pubblica-
Jan Stefan van Calcar attorno al 1540 sembra lavorare mente nelle esequie di Michelangelo Buonarroti in
nella bottega del Tiziano. Calcar disegnò tre delle Firenze, Giunti, p.64).
tavole anatomiche del Vesalio nel 1538 e fu anche il Il Lomazzo (1590) aggiunge: “L’anatomia dei corpi
finanziatore dell’opera. umani et dei cavalli, ch’io ho veduta aprresso Fran-
Infatti il libro “De humani corpore fabrica” di Andrea cesco Melzi, disegnate divinamente di sua mano” e
Vesalio, 1543, è il primo trattato di anatomia umana “Leonardo è stato eccellente e unico a plasticare e
d’Europa, ed è strettamente imparentato con l’anato- dipingere i cavalli come si vede nelle sue anatomie”
mia del cavallo del Ruini. Questo può aver dato l’idea (Lomazzo, Idea del Tempio della Pittura, p.17).
all’astuto stampatore per falsificare l’autore. Su questi giudizi dei contemporanei si basa nel 1855
Per inciso Vesalio, in una lettera del 1539 parla di Cal- George Wilhelm Schrader per scrivere un saggio dove
car come di un disegnatore che egli cerca di mettere afferma che le illustrazioni del Ruini sono un plagio

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dei perduti disegni di Leonardo. viene ripresa con forza del Jackschath nel 1902 con
L’argomentazione è vaga e insufficiente anche a detta nuovi argomenti in un articolo che riproduciamo
di Ercolani (1873) e Pietro Delprati (La Mascalcia di per intero di seguito, tradotto per la prima volta dal
Lorenzo Ruzio, Bologna, Romagnoli, 1967) ma tedesco in italiano:

La creazione della moderna anatomia


per mezzo di Leonardo da Vinci
e la riscoperta di due scritti
dello stesso Leonardo.
di E. Jackschath

Motto:
Un poco più di luce
Lamarmora
Oppure:
Dove i sovrani costruiscono i servi devono lavorare
Schiller

Chiunque visiti Milano si reca anche al convento di Santa Maria delle Grazie per contemplare
l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, che ha mantenuto la sua fama attraverso i secoli e indotto
ogni animo sensibile a solenne ammirazione. Naturalmente, della sua bellezza di allora è a noi
pervenuta soltanto una debole parvenza; anche questa splendida opera d’arte costituisce infatti un
elemento a latere rispetto alla tragedia relativa alle ulteriori opere di questo pittore/filosofo. Che ne
è rimasto di tutte le opere create dal suo genio? Chi era dunque quest’uomo, il cui nome suscitava
immediatamente tra i suoi contemporanei l’idea di un dominatore dell’arte, di uno spirito unico?
Colui che risuona fino a noi come la massima quintessenza del Rinascimento nel suo periodo
iniziale e più bello? Idolatrato dai suoi contemporanei e dai suoi scolari, amico dei sovrani, fulcro
della vita artistica e scientifica di Milano, Firenze ed altre città, egli rappresenta l’immagine di
una delle più grandi personalità di tutti i tempi. Le sue opere hanno fino ad oggi risvegliato nei
cuori degli uomini più profondamente sensibili le stesse armonie, anche se tali armonie risuonano
piano. La storia della sua vita ha spinto molti uomini di pensiero di ogni epoca ad imitarlo. Sem-
brava che queste armonie dovessero esaurirsi, invece ecco, il suono leggero è diventato un’eco,
un rumoreggiare, una tempesta, e il suo Genio celebra oggi nelle opere a lui dapprima defraudate,
oggi nuovamente restituite, una nuova, splendida resurrezione.
Stiamo davanti al suo autoritratto, specchio della sua vita, confessione di sè, esprimente rinuncia,
speranza insoddisfatta, acuta conoscenza degli uomini ma anche lucida capacità di pensiero, forte
volontà di agire, impulso alla ricerca, come davanti ad un enigma e vogliamo pregare il suo Genio

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con tutto il cuore di svelarci il segreto della sua vita, affinchè non crediamo di poter intuire per
sempre solo da lontano* i contorni immensi della persona di Leonardo. Si adirerà il Genio contro
quell’audace che con queste righe osa avvicinarsi al segreto? Ma la legge del Genio è la verità, ed
essa esige che l’uomo nella sua interezza venga portato dinnanzi al suo tribunale.
La sovrana generosità di Leonardo nel campo dell’arte e della scienza ha dato in così grande
profusione ai suoi contemporanei e a coloro che gli sono succeduti, che perfino la nostra epoca
moderna deve tuttora inchinarsi davanti alla sua ricchezza scientifica. È una fonte che non esauri-
remo mai, e di questo i letterati e gli artisti del XV e XVI secolo ne erano ben coscienti. Essi non
soltanto hanno attinto avidamente da quest’acqua, scaturita da pura sorgente, volevano consumarla
e l’hanno intorbidita, ammorbata, avvelenata, cosicchè una fonte imponente, racchiusa tra grandi
blocchi di marmo, si è trasformata in una costruzione cadente e prossima al crollo. Essi hanno
portato nelle loro case l’acqua chiara e rinfrescante e l’hanno presentata ai loro simili, vantandosene
quasi fosse di loro proprietà. Questo hanno fatto i pittori e gli scultori, e i letterati, gli astronomi,
i fisici e gli autori del XVI secolo, con le opere così ricche di idee e dal pensiero così profondo di
questo Maestro. Oggi noi dobbiamo confrontarci con l’interessante quesito, assai significativo per
ogni intellettuale, in che modo i trattati di Leonardo sull’anatomia, che sembravano essere andati
perduti, sono stati saccheggiati e sfruttati.
Nella sua approfondita biografia “Andreas Vesalius Bruxellensis“, Berlino, 1892, il Prof. M. Roth
sostiene che Vesalio (1515-1564) – il cui nome divenne immortale quando, all’età di 28 anni e
professore all’Università di Padova, pubblicò l’opera di anatomia „De humani corporis fabrica
libri septem“ – sia il vero creatore dell’anatomia moderna, creatore nel vero senso della parola, non
come si insegna abitualmente, ovvero che la moderna anatomia si sia lentamente staccata da quella
classica, ed in questo caso Vesalio vi avrebbe soltanto contribuito insieme ad altri. Al contrario,
Vesalio sarebbe stato il primo ad interrompere con la sua scienza il dominante sapere tradizionale.
E così l’anno 1543, anno nel quale viene pubblicata questa opera decisiva, rappresenta l’inizio
dell’anatomia moderna. Grazie a quest’opera imponente i contemporanei definirono Vesal un dio,
il principe dell’anatomia, un vero miracolo della natura (espressioni adottate da Gabriel Faloppio,
anch’egli famoso anatomista, nei suoi „Studi di Anatomia“, 1561). Secondo Roth, Vesalio appare
in campo scientifico, artistico e religioso, sia nelle parole che nelle azioni, come una personalità
completa ed interamente armonica.
Esaminando con maggiore attenzione questa opera fondamentale attribuita a Vesalio, che chiamere-
mo per brevità “Fabrica” essa ci appare come una grandiosa opera d’arte, ragionata fin nei dettagli.
Le illustrazioni, nella loro qualità rappresentativa, sono tuttora ineguagliabili (Roth attribuisce la loro
realizzazione in gran parte allo stesso Vesalio), utilizzabili ancora oggi da medici ed artisti, e l’intera
opera è insegnamento, stimolo e godimento per ogni persona colta. Il linguaggio, nella sua forma
concisa e nella sua classica semplicità, è chiaramente artistico, il testo stesso evidenzia un sapere

* Jakob Burckhardt

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ampio, non limitato soltanto al settore della medicina, ma esteso anche alla completa padronanza
delle lingue antiche. Le precise comparazioni di organi di animali con oggetti della vita quotidiana
evidenziano senso pratico e conoscenze significative di scienze fisiche e matematiche; l’autore non
soltanto possiede la più grande sensibilità per la musica, la scultura e la pittura, ma applica nella
sua opera questa stessa sensibilità in modo tale da far ascrivere la „Fabrica“ non ad un ventottenne,
bensì ad un uomo che per molti anni si è dedicato assiduamente a questo argomento1 .
In un’epoca di sapere anatomico lacunoso e incerto, questo lavoro artistico-scientifico completo,
riuscito in ogni suo aspetto, appare come una illuminante meteora, destinata ad essere ammirata e
osservata con meraviglia da tutti nella luce del giorno.
È un avvenimento troppo singolare, al quale non è possibile compararne un altro in tutta la storia
del mondo; è giustamente incredibile il fatto che un ventottenne sia stato in grado di realizzare
una simile opera. In realtà le grandi azioni accadono solo nella giovane età, ma in questo lavoro di
riflessione semplicemente geniale ci si chiede come si possono racchiudere anni in giorni, proprio
come in un’azione divina, per fare in così breve tempo ciò che Vesalio è davvero riuscito a fare.
Perchè lo studio dell’anatomia deve essere appreso ed assimilato con fatica, tanto più nel caso di
questa opera nuova e universale, per la quale sarebbero stati necessari molti, molti anni.
Se diamo ora uno sguardo alla storia d’Italia nel XV e XVI secolo, solo Leonardo da Vinci (1452-
1519) possedeva uno spirito faustiano così potente da poter realizzare un’opera che racchiudesse
tutto il sapere generale di allora; sicuramente non gli dovevano mancare tempo e interesse. Ma
per il momento ci sia consentito di anticipare provvisoriamente il fatto che sia stato veramente lui
a regalarci la “Fabrica”. E Vesalio ha comunque il merito di aver risvegliato questa anatomia da
un sonno durato 50 anni, di aver chiarito, riunito insieme e riordinato testo e illustrazioni, di aver
approfondito ed ampliato la conoscenza in essi contenuta. Ciò che però lo fa crollare dal trono sul
quale lo avevamo posto è l’enorme presunzione con la quale egli definisce pubblicamente come
sua propria capacità spirituale i testi della “Fabrica”, per non parlare delle illustrazioni. Non sarà
facile dimostrare il plagio di Vesalio nei confronti di Leonardo, ma le circostanze ci obbligano a
togliere ad un tedesco la corona della fama ed a posarla sul capo di un italiano. In questo contesto
dobbiamo essere stringati, in un altro momento ne verrà data prova esauriente.
Leonardo ha condotto studi assidui ed approfonditi di anatomia sia da solo, sia insieme al maestro
pubblico di medicina a Padova e Pavia, il giovane Marcantonio della Torre (1473 fino al 1506);
essi forse si incontravano per lavorare insieme nella tenuta dello scolaro prediletto di Leonardo,
Francesco Melzi, a Valverola presso Milano, dove sezionavano uomini e cavalli. Probabilmente
il letterato Torre forniva spiegazioni chiare e dettagliate, sulla base non del testo obbligatorio
sull’insegnamento della medicina del Mondino, a ciò insufficiente, bensì attingendo agli scritti
di Galeno, che allora erano tenuti in grande considerazione. In questo luogo essi si sono liberati

1 Lo studio delle proporzioni del corpo umano, correttamente applicato nei disegni, già
soltanto per la scarsità di scritti approfonditi sull’argomento che vi era allora richiedeva
misurazioni effettuate di persona su centinaia di esseri umani.

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dei vincoli falsi e dogmatici del sapere ed hanno preparato la strada alla propria ricerca, libera
da ogni pregiudizio. La mano maestra di Leonardo ha prodotto numerose illustrazioni di questo
lavoro. Non si è in grado di determinare quanto importante sia stato il contributo di della Torre ai
trattati di anatomia di Leonardo; si presume che egli abbia soltanto fatto lezione all’artista e che
Leonardo da solo abbia provveduto alla realizzazione dell’opera; del resto egli, menzionando i
trattati di anatomia, ha altresì definito questi ultimi come frutto del suo proprio lavoro. Per quanto
riguarda lo studio anatomico sui cavalli, Leonardo era occupato in quel periodo con il modello di
statua a cavallo per lo Sforza e doveva quindi conoscere approfonditamente l’anatomia di questo
animale, al quale del resto egli era attratto sin dalla giovinezza da impetuosa passione. Il fatto che
Leonardo abbia realmente scritto una Anatomia dell’Uomo e del Cavallo è dimostrato dalle sue
stesse affermazioni in numerosi scritti ancora esistenti ed è inoltre attestato dai suoi biografi Vasari,
Lomazzo ed altri. Queste opere tuttavia non sono comprese tra i manoscritti dell’artista conservati
a Milano, Londra o Parigi; ciò che riguarda l’Anatomia dell’Uomo è stato fortunatamente custodito
nella “Fabrica” del Vesalio2 .
Ciò è dimostrato dalla conformità di numerosi passi della “Fabrica” con le osservazioni di Leo-
nardo, passi che solo pochi anni fa sono stati resi pubblici, e che comunque restavano nascosti nei
manoscritti esistenti. I passi suddetti riguardano sentenze filosofiche, cenni pratici, comparazioni
derivanti dai campi della tecnica e della vita quotidiana dell’essere umano. Un’altra conformità
è riscontrabile in riferimento alla rappresentazione anatomica, come ad esempio la descrizione
dell’occhio o dell’orecchio, o dei muscoli del braccio o della gamba.
Nelle illustrazioni della “Fabrica” 3 , in particolare in quelle a tutta pagina, risaltano ai nostri occhi
simboli specifici che furono ritenuti una novità – ed in questo caso bisogna anche dire a ragione
– perchè le lettere greche e latine non erano sufficienti a definire tutte le parti del corpo. Questi
stessi simboli compaiono tuttavia molto spesso esclusivamente in Leonardo. Egli aveva inventato
una propria ortografia, che adopera quasi costantemente in tutti i manoscritti finora conservati ed
in particolare nei suoi disegni fatti a mano.
È pertanto da presupporre con sicurezza che le illustrazioni corredate dai simboli di cui sopra
siano opera di Leonardo. Così, per impedire che se ne scoprisse la provenienza, alcune parti che
presentavano siffatti segni, parti che forse contenevano un riferimento a Leonardo, oppure che
l’editore non era in grado di spiegare, furono fortemente oscurate da ombre, anche se queste om-
bre in tali punti, secondo le leggi dell’ottica, risultavano in realtà false. Inoltre – ad eccezione di
quei paragrafi scritti per mano di Vesalio – è anche facilmente possibile retrodatare la “Fabrica”
a prima dell’anno 1500, poichè il vero autore non conosceva gli anatomisti dell’inizio del XVI

2 Non voglio certamente sostenere che le opere di Vesalio e Ruini siano prive di un pensiero proprio e
che rappresentino unicamente un plagio letterale. In che misura si estendano i limiti delle capacità intel-
lettuali dei due autori in oggetto verrà illustrato in studi futuri.
3 Faccio riferimento all’edizione del 1543 (le successive non sono rilevanti!), poichè nelle edizioni se-
guenti Vesalio intraprende ancora altri tentativi di nascondere la reale origine della “Fabrica” attraverso
ogni sorta di manipolazione.

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secolo (come si deduce con precisione dalla stessa “Fabrica”); lo stesso Vesalio non nomina questi
anatomisti, nonostante egli abbia dovuto ascrivere loro questa o quella scoperta. Talvolta risalta
la non corretta trattazione dei corpi muscolari, antecedente a Vesalio (nunc venia sit verba) e
strettamente aderente a Galeno, nonostante Vesalio fornisca nel testo un’esatta descrizione della
parte in oggetto. Laddove questa contraddizione tra illustrazione e testo risulta maggiormente
evidente, Vesalio si aiuta con scuse del tutto risibili; ad esempio, in un punto in cui in un disegno
è raffigurato un muscolo che compare soltanto negli animali, e che nel testo Vesalio definisce
errato, lo stesso Vesalio sottolinea di aver voluto soltanto riempire uno spazio vuoto (in questo
caso si vedono ben 3 muscoli). Potremmo ancora fare riferimento ad altre contraddizioni, la cui
spiegazione presuppone un plagio perpetrato, nonchè ad altri punti in cui Vesalio stesso dimostra
di non avere una ben chiara comprensione della propria opera. Tuttavia, secondo il mio punto di
vista, già soltanto quanto detto finora (naturalmente con ampia spiegazione) dimostra con certezza
che non è stato Vesalio il vero creatore dell’anatomia (un errore durato 400 anni), bensì spetta a
Leonardo -forse insieme al M. Antonio della Torre - l’onore di aver creato l’anatomia moderna,
creato nel vero senso della parola.
Mentre non si è mai dubitato di Vesalio come autore della “Fabrica”, esiste una seconda opera,
pubblicata a Bologna 50 anni dopo l’Anatomia dell’Uomo, ovvero l’“Anatomia del Cavallo di
Carlo Ruini, Senatore di Bologna, 1598“, nella quale il contributo come autore del ricco senatore
Ruini, autore di opere giuridiche, è messo fortemente in dubbio già nel 1855.
I dubbi furono allora espressi da un veterinario, Schrader di Amburgo, il quale tuttavia non era
stato in grado di fornirne giustificati motivi. Gli sembrò soltanto particolare il fatto che un senatore
di alto rango quale Ruini avesse sezionato una così grande quantità di cavalli, come è da presu-
mersi sia stato fatto dall’autore di questa opera, considerando la grande ripugnanza di allora nel
toccare carcasse di animali (ancora nel 1750 era considerato impuro colui che volesse sezionare
un cadavere di cavallo, anche se solo per scopi di studio). Ciò significa che l’autore in oggetto era
invece talmente esperto perfino della struttura dell’organismo umano e dell’anatomia ai sensi degli
insegnamenti di Galeno, che si deve certamente ritenere che egli abbia provveduto ad eseguire
numerosi sezionamenti – anche di esseri umani. Inoltre, nonostante un’intensa ricerca, a Bologna
non è stato trovato nulla in merito a storici medici che potrebbe far riferimento all’attività di Ruini
nel campo dell’anatomia. Anche in questo caso, Leonardo è da considerarsi l’autore di testo ed
illustrazioni.
Ciò è nuovamente dimostrato da segni caratteristici, inventati dallo stesso Leonardo, riferiti alle
singole figure dell’opera, anche se anche qui compare in determinati punti quell’oscuramento
utilizzato da Vesal, in questo caso in un modo così evidentemente sbagliato che l’ombra spesso
risulta più intensa nei punti più illuminati. È una precisa azione di plagio che cerca di eliminare
passi scomodi, di parafrasarli in modo da nascondere quegli eventuali riferimenti a Leonardo che
vi si possono trovare. Ciò gli riesce tuttavia soltanto in minima parte, poichè egli possiede una
ridotta comprensione per l’anatomia umana. In alcune edizioni di questa Anatomia del Cavallo,

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che per lingua, immagini e stile può essere tranquillamente affiancata alla “Fabrica”, si distingue
nello sfondo di un disegno la patria di Leonardo, la città di Firenze, e non Bologna, la città dove
viveva Ruini. Inoltre, anche in questo caso passi tratti dalla prefazione e dal testo corrispondono
a frammenti scritti per mano di Leonardo, giunti fino a noi. In tutto il libro non è citato un solo
scrittore e l’opera, nella sua espressione della comune osservazione filosofica dell’essere vivente e
delle generali conoscenze, riporta alla fine del XV secolo. Si sono così ritrovati due scritti di Leo-
nardo tra loro collegati, logicamente ordinati ed approfonditi – secondo la mia opinione e sempre
che ai lettori sia sufficiente questa breve e generale spiegazione delle circostanze – che saranno
di inimmaginabile ausilio per la comprensione del maggiore Genio di tutti i tempi. È spiacevole
che la storia dell’anatomia moderna veda così significativamente modificati i suoi inizi, che sono
da retrodatare di almeno 50 anni. Ma la verità è la cosa più importante.
Il fatto che Leonardo abbia unito insieme testo e illustrazioni per una anatomia del cavallo, è soste-
nuto da lui stesso nei suoi scritti, in più punti, e di questo ne parlano i suoi biografi. Questi ultimi
narrano che tale trattato sia andato perso durante la conquista di Milano. In che modo questi due
trattati di anatomia siano giunti nelle mani di Vesalio e Ruini verrà illustrato in altra sede. Questa
scoperta ci insegna che non dobbiamo mai giudicare Leonardo, così come ogni altro uomo di sapere,
da un punto di vista così limitato come abbiamo fatto finora. Egli non era infatti soltanto un grande
artista, bensì un altrettanto grande naturalista, il cui studio della natura tuttavia non era soltanto
in funzione della sua arte; l’amore per Madre Natura lo spingeva ad analizzare e comprendere le
opere della natura stessa. La sua importanza scientifica, ancora troppo poco valorizzata, non sta
tanto nelle sue scoperte, numerose e di grande valore, ma soprattutto nella sua capacità di pensiero
e di deduzione, possedute da uno spirito davvero moderno, capacità con le quali egli cercò di unire
insieme nel proprio spirito in un Tutto armonico le sue singole scoperte.
Non vi è modo migliore per concludere le nostre considerazioni di una filosofica dichiarazione di
fede di Leonardo, permeata da vero amore divino, e dominata da una pura pace dell’anima:
“E tu, Uomo, che tramite questo mio lavoro (si tratta dell’Anatomia) impari a riconoscere le ope-
re meravigliose della Natura, se credi che sezionare un cadavere sia un’azione malvagia, allora
rifletti su come sia invece molto più malvagio togliere la vita ad un essere umano. Se già il corpo
esteriore ti appare meravigliosamente costruito, esso è nulla al confronto con l’anima umana che
regna in questo corpo; perchè essa è, per quel che sempre potrà essere, di origine ed effetto divino.
E allora lascia che essa dimori, per il tempo che piacerà a Dio, dentro le sue opere e non toccarla,
perchè la tua ira ed il tuo odio non distruggano una vita umana; perchè in verità, chi non rispetta
la vita di un altro essere umano non merita di preservare la propria.”

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I romantici argomenti di Jackschath sono smontati zer (1943) di cui parimenti diamo la traduzione di
pezzo per pezzo dall’articolo di Richard Schmut- seguito.

Leonardo da Vinci, Andrea Vesalius, Carlo Ruini, Jean Héroard


e l’anatomia del cavallo nel XVI secolo
di Dr. med. vet. Richard Schmutzer (Straubing)
Con 9 illustrazioni
(pervenuto in redazione il 5 febbraio 1943)

400 anni orsono, nell’anno 1543, fu pubblicata a Basilea la prima edizione dell’opera di Vesalio,
fondamentale per l’anatomia moderna: De humani corporis fabrica. Quanto i primi libri relativi
all’anatomia del cavallo, stampati mezzo secolo dopo, debbano a questa opera, sarà oggetto della
presente analisi. A questo proposito vi è inoltre la necessità di chiarire per quanto possibile la re-
lazione che intercorre tra i diversi nomi indicati nel titolo in successione cronologica. Per mano di
Leonardo, predecessore di Vesalio, sono pervenuti numerosi disegni di cavalli, corredati da brevi
note. Il suo nome è stato messo in relazione con quello di Ruini, il cui ampio volume 15 ha relegato
per così dire nell’ombra il debole in-quarto di Héroard5. Vesalio e Ruini sono stati accusati da
Jackschath7 di plagio nei confronti di Leonardo. Per quanto concerne Vesalio, questa tesi è stata
da tempo respinta (un compendio a questo proposito in 13, pagg. 4-5); riguardo a Ruini invece, a
prescindere dalla mia personale e contraria presa di posizione16, essa viene ancora sempre perse-
guita con convinzione.

Leonardo – Ruini
L’anatomia del cavallo15, ritenuta un’opera fondamentale, venne pubblicata per la prima volta
nell’anno 1598 a Bologna sotto il nome di Carlo Ruini (deceduto il 2 febbraio dello stesso anno),
senatore di Bologna, uno studioso di diritto di cui non sono noti altri scritti di argomento naturali-
stico-scientifico. I dubbi in merito al suo contributo come autore sono da ricondursi a Schrader18.
“Anche in questo caso [come nella Fabrica], Leonardo è ancora una volta da considerarsi l’autore
di testo ed illustrazioni”, scrive Jackschath7. A quest’ultimo si associano, seppur con una certa
cautela, Bayon1, che ritiene i disegni eseguiti da Leonardo, e Leclainche9, che considera invece
tutto quanto, testo e illustrazioni, come opera di Leonardo: Le livre de Ruini, texte et dessins, est
l’oeuvre de Leonard de Vinci. Conclusion provisoire, sans doute, en l’absence de preuves directes
et certaines. Le sujet est trop interessant pour ne point provoquer de nouvelles recherches et ... la
question de Ruini est ouverte.
La risposta al presente quesito riferito a Leonardo è da ricercarsi, secondo la mia opinione, princi-
palmente in ciò che ci è pervenuto di sua mano. Non scritti, ma numerosi disegni relativi al tema
del cavallo e della sua anatomia, di cui esistono già da tempo buone riproduzioni10. Anche qualora
riguardino essenzialmente una anatomia di superficie (connessa a misurazioni per la determinazione

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di canoni numerici di proporzioni), essi devono tuttavia permetterci di individuare se essi stessi o

disegni ad essi similari possano essere presi a riferimento e modello per le illustrazioni di Ruini,
o almeno non siano in contraddizione con queste ultime.
Stimolano ad un confronto immediato le visioni frontali della testa (ill. 1 e 2).
Nel modo in cui Ruini (pag. 69, fig. 8) la rappresenta, innaturalmente allungata e protesa verso
l’alto, essa ha un effetto spettrale a confronto con il disegno ben proporzionato di Leonardo (feuillet
4). Chi vede la testa – anche se scuoiata – in questo modo, non sarà in grado di arrivare ad una
percezione del Tutto così completamente diversa. Lo stesso dicasi per le altre raffigurazioni della
testa, meno malriuscite nelle proporzioni, per le quali lla Tavola 5 del Ruini, pag. 295, può servire da
esempio, dove gli occhi posti in senso trasversale alla superficie frontale si trovano in una posizione
del tutto errata. In entrambe le illustrazioni
inoltre, come di regola succede in Ruini, si
vede nell’immagine il labbro inferiore, in
caratteristica contrapposizione ai disegni
di Leonardo, nei quali la mascella inferiore
(vista lateralmente) è così corta che spesso
si dovrebbe parlare di brachignatia.
Caratteristica nei cavalli di Ruini è anche
la forma tozza e incompresa degli zoccoli.
Quelli disegnati da Leonardo erano sem-
pre conformi a quelli in natura (ill. 4).

Quelli di Ruini non sono sicuramente da


ricondurre ad esempi di mano di Leo-
nardo. L’ill. 4 (sulla base di un disegno
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a penna di Leonardo, feuillet 12, una tecnica che più di altre si avvicina alla xilografia) mostra
altresì come nel Maestro la modalità di esecuzione delle linee sia più sensibile, osservante di tutta
l’essenzialità del modello, così come la resa del modello stesso, che sa ottenere maggiore plasticità
con sapienti ombreggiature in forma di tratteggi paralleli, espressa invece da Ruini con abbondanti
tratteggi spesso incrociati tra loro.
Il cavallo di quest’ultimo (ill. 3) anche se collocato di traverso nell’immagine, mostra inoltre
solo il tronco posto in senso obliquo, la parte anteriore è invece vista frontalmente. È ovviamente
impossibile in natura posizionare un cavallo in questo modo. Dal punto di vista prospettico si è
quindi generato un mostro; ma anche in senso anatomico, laddove la spalla destra, unitamente alla
parte superiore della zampa, è sostituita da una massa informe di muscoli, sotto i quali mancano
le ossa che nella realtà li sostengono e ne determinano la forma. Tutto questo sarebbe semplice-
mente impossibile in Leonardo. (La città sullo sfondo, ritenuta Firenze, può essere invece molto
più facilmente considerata come un’immagine stilizzata di Bologna, come si evince dal confronto
con altre panoramiche cittadine).
Tuttavia, anche al di là di tali travisamenti, il cavallo di Ruini nella sua interezza è un’altra cosa
rispetto a quello di Leonardo. In quest’ultimo esso ha una forma tozza, testa e membra sottili, tronco
breve con la linea del dorso leggera e curvata in senso chiaramente concavo, groppa circoscritta di
forma approssimativamente semicircolare. In un trattato di storia dell’arte11 si legge: “è un cavallo
massiccio di razza occidentale, reso idealmente più leggero grazie alla vivacità del portamento
della testa, alla flessibilità delle articolazioni e allo slanciato dinamismo dei contorni. La testa è
rappresentata in modo particolarmente leggiadro, quasi appuntita verso il muso”. Come mostrano
i numerosi disegni di Leonardo, nonostante variazioni individuali il Maestro ha fatto propria una
precisa tipologia di cavallo. Nel caso di Ruini invece tale tipologia non è assolutamente unitaria,
ma discontinua (cfr. le ill. 2, 3 e 5) e mai leonardesca.
Dei 3 cavalli con muscolatura a vista di Ruini, 2 sono posti nell’immagine trasversalmente (cfr.
ill. 3). In Leonardo una cosa del genere non si verifica; egli si limita sempre a visioni laterali,
frontali e posteriori, perchè probabilmente non ritiene opportuno complicare gli studi anatomici
con l’inserimento di riduzioni prospettiche. Essenziale a mio parere è soprattutto il fatto che egli
(anche nello studio di singole parti del corpo, come nell’ill. 4) parta sempre dalla forma completa,
alla quale subordina scrupolosamente i particolari, mentre Ruini al contrario parte dal dettaglio
anatomico e la sua assimilazione dell’immagine complessiva è così ridotta da fargli inserire nel
contesto, qualora ciò gli sembri opportuno nella spiegazione dei dettagli, anche elementi prospetti-
camente impossibili. In ogni caso, la mano artistica di Leonardo non si ritrova in Ruini da nessuna
parte, neppure in forma sbiadita.
In merito ai simboli che si trovano sia in Ruini (secondo Jackschath) che nella Fabrica, allo sco-
po di definire dettagli delle illustrazioni – altrimenti utilizzati solo da Leonardo e quindi per lui
caratteristici – posso dire soltanto (come è successo per Vesalio tramite Forster [come da 13]) che
sono in grado di individuare solo segni consueti, come cifre o lettere greche e romane, ovvero

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LUCA GARAI
Le Illustrazioni dell’Anatomia del Cavallo di Carlo Ruini
(Bologna 1590-98)

non trovo nulla di insolito, neppure nascosto sotto le ombreggiature. A cosa sarebbe servito tra
l’altro un simile nascondere, dato che questi stessi segni dovevano comparire nella spiegazione al
lettore ad essi riferita?
La valutazione di altre motivazioni mi pare tanto più superflua, quanto più tali motivazioni saran-
no nel prosieguo private del proprio fondamento. Complessivamente ho la seguente impressione:
poichè si sa di Leonardo che si è occupato dell’anatomia del cavallo, egli deve essere dichiarato
ad ogni costo come autore del primo libro dato alle stampe sull’anatomia di questo animale, il cui
vero autore è invece sconosciuto; poichè non si riscontrano prove valide a conferma di questo, tutto
l’immaginabile viene ricondotto a lui, perfino, ad esempio, l’illustrazione delle vertebre cervicali
(Ruini, pag. 127) appese a corde intrecciate, un motivo decorativo molto frequente a quell’epoca,
per il quale in questo caso viene affermato un collegamento diretto con Leonardo (1, pag. 146 e
fig. 6).

II. Vesalio – Ruini


La Fabrica19 di Vesalio, nelle sue 3 edizioni (1543, 1555, 1568) era già generalmente nota da lun-
go tempo a coloro che si occupavano di anatomia, quando a Bologna uscì, nell’anno 1598, Del-
l’Anotomia [!] et dell’infirmita del cavallo di Carlo Ruini, un volume di 295-386 pagine numerate
(oltre a registri non impaginati), di cui 64 pagine della prima parte contengono 195 illustrazioni
(xilografie). L’autore, come è stato riconosciuto, era esperto di anatomia umana, anche il nome
Vesalio aveva riscontrato fino a quel momento poca attenzione. Dieckerhoff (2, pag. 10) affermò
nell’anno 1902: “questo significativo lavoro” (di Vesalio) “diede al Senatore Ruini .... l’impulso a
pubblicare un’opera dettagliata sull’anatomia del cavallo” L’impulso di cui si parla ad investigare
eventuali connessioni in questo senso è però rimasto ignorato.
Il confronto delle prime edizioni delle due opere in mio possesso ha dato i seguenti risultati: al posto
della sistematicità di Vesalio (in 7 libri: 1. Osteologia, 2. Miologia ecc. dell’intero corpo) compare
in Ruini una suddivisione per aree, così strutturata: 1. Libro Testa, 2. Collo e Torace, incluse le
spalle, 3. Addome e Bacino, 4. Organi riproduttivi e Feto, 5. Estremità, laddove per ognuna delle
parti in oggetto vengono trattate ossa e parti molli, inclusi i visceri, i vasi sanguigni e i nervi. La
conclusione è costituita da 7 tavole riguardanti l’intero corpo: scheletro, vene, arterie, nervi, 3
cavalli con muscolatura a vista raffigurati da lati diversi.
Se non ci si fa scoraggiare da una siffatta delusione e si prosegue nell’analisi, ben presto il quadro
cambia. Le illustrazioni tra loro corrispondenti si trovano tuttavia, seguendo la diversa sistematica,
in punti del tutto diversi dei due libri.
Ruini inizia con raffigurazioni del cervello, per ognuna delle quali esiste un’immagine corrispon-
dente nel 7o Libro della Fabrica, utilizzata allo stesso scopo, ovvero per la spiegazione dei medesimi
particolari; nel caso di Vesalio però, come avviene praticamente in tutto il libro, esse scendono molto
più in dettaglio. Ruini non mostra assolutamente cervelli eviscerati o parti di esso, ma presenta
soltanto immagini che vogliono mostrare a cranio aperto gli aspetti importanti; lo stesso vale per la

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LUCA GARAI
Le Illustrazioni dell’Anatomia del Cavallo di Carlo Ruini
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rappresentazione del lato inferiore del cervello con i punti di origine dei nervi, per i quali la Fabrica
utilizza invece un cervello eviscerato (4o Libro, 1. fig, pag. 418). Corrispondono tra loro:

Ruini pag. 49, fig. 1 e Fabrica, 7o Libro, fig. 3, pag. 607,


„ pag. 49, fig. 2 „ „ 7o. Libro, fig. 9, pag. 614,
„ pag. 51, fig. 3 „ „ 7o Libro, fig. 4, pag. 608,
„ pag. 51, fig. 4 „ „ 7o Libro, fig. 8, pag. 613,
„ pag. 53, fig. 5 „ „ 4o Libro, fig. 1, pag. 418,
„ pag. 55, fig. 7 „ „ 1o Libro, fig. 6 e 7, pag. 24,
„ pag. 71, fig. 2 „ „ 7o Libro, fig. 13, pag. 618
„ pag. 53, fig. 6 è una semplificazione della Fabrica, 7o Libro, fig. 14, pag. 619.

Nelle illustrazioni 5 e 6 metto a confronto la fig. 3 (pag. 51) con il suo modello, unitamente alle
note (senza la spiegazione delle lettere) e metto in evidenza tramite scrittura in corsivo quei punti
che, anche se con stile diverso, affermano la stessa cosa, facendo così comprendere che la spiega-
zione di Ruini non è che un estratto dalla Fabrica, a cui si sono solo aggiunti i “plessi coroidi”, che
Vesalio nomina soltanto nella spiegazione delle lettere. In questa figura sono tagliate le cervella à

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Le Illustrazioni dell’Anatomia del Cavallo di Carlo Ruini
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canto dov’è segat’ il craneo, et à canto del corpo caloso; perche si possano vedere i due ventricoli
delle cervella, et i plessi coroidi, che sono in quelli. Fabr.: In quarta figura...dextram sinistramque
cerebri portionem sectionis serie ita ademimus, ut iam cerebri ventriculi in cospectum venire in-
cipiant. Primùm nanque secundum dextrum callosi corporis latus, ... longam duximus sectionem,
quae per dextrum cerebri ventriculum ducta, dextrae cerebri partis eam portionem abstulit, quae
supra sectionem habebatur, qua orbiculatim calvariam serra divisimus.
Caratteristica di questo rapporto di dipendenza è quindi la raffigurazione completa, l’intera testa di
essere umano o di cavallo. Nella Fabrica, l’inserimento del volto in queste immagini del cervello
integra il tutto artisticamente, non limitando lo spazio alla visione principale. Nel caso di Ruini,
invece, esso appare come un’imitazione contraria allo scopo, perchè, con l’ulteriore inserimento
del collo, riempie la gran parte del foglio, in questo caso quasi i due terzi dell’altezza dell’imma-
gine, relegando la parte anatomica, dal punto di vista dello spazio, a mero aspetto secondario. Per
le ulteriori illustrazioni del 1o Libro, relative all’origine dei nervi cerebrali e al cranio osseo, le
relative illustrazioni della Fabrica si trovano nel 4o e nel 1o Libro. Si osservi in particolare che
la vista laterale del cranio (pag. 57, fig. 9) così come la 3a figura del 6o Capitolo (pag. 20) della
Fabrica, non riporta solo il profilo, ma mostra il cranio leggermente inclinato verso l’osservatore,
in modo che la Sutura sagittalis non cada esattamente sul contorno del cranio in una stessa e unica
linea, ma possa essere rappresentata in maniera evidente accanto al profilo. Vesal lo aveva notato,
Ruini no.
Similarmente alle immagini del cervello, l’influsso della Fabrica si percepisce anche in alcune
illustrazioni dei visceri dell’addome. Vesalio utilizza volentieri in questo caso la forma di un torso
marmoreo con le estremità troncate. Ruini mostra il cavallo in senso naturalistico, sdraiato sul
dorso; ma le estremità del torace terminanti nell’area del femore o della zampa richiamano alla
mente, talvolta in modo così evidente, delle forme umane (soprattutto la sinistra nella fig. 1, pag.
213, e inoltre la fig. 5, pag. 181), laddove compare una zampa sinistra sollevata in alto e fortemente
umanizzata, che anche in questo caso tali elementi rivelano la fonte da cui sono stati tratti. Gli stessi
visceri sono spesso presentati agli occhi del lettore in un modo che li si potrebbe ritenere (mutatis
mutandis in equo) illustrazioni della Fabrica riferite al cavallo: ad esempio, a pag. 175 fig. 3, la
rappresentazione dello stomaco, del coledoco, dell’intestino tenue dopo la rimozione dell’intestino
crasso (Fabr. 5o Libro, fig. 12, pag. 465) e la vista nella cavità dello stomaco nello stallone (pag.
211, fig. 7) e nella giumenta (pag. 213, fig. 1) a seguito dell’eliminazione di stomaco-intestino
(Fabr. 5o Libro, fig. 22 e 25, pag. 472 e 478). Allo stesso modo, le singole diramazioni della vena
porta (pag. 191) hanno il loro evidente modello nella Fabr., fig. relativa al 5o Capitolo del 3o Libro
(pag. 362), così come le diramazioni delle vene (pag. 285), delle arterie (pag. 287) e dei nervi (pag.
289) lo hanno nella Fabr. 3o Libro, prima del Capitolo 6 (pag. 368) e del Capitolo 12 (Pag. 395),
4o Libro, tavola di chiusura a doppia pagina (pagg. 453 e 454).
Un ruolo particolare assumono le immagini relative all’anatomia del cuore, 8 in ognuna (pagg. 19
e 141, Fabr. 6o Libro, fig. 3-10, pag. 561-567), se si prescinde dalla sezione trasversale che manca

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Le Illustrazioni dell’Anatomia del Cavallo di Carlo Ruini
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in Ruini. Le ultime 4 mostrano in entrambe le opere un ventricolo sezionato. In esse l’intenzione di


Ruini è quella di mettere in evidenza le stesse cose di Vesalio, ma lo scopo non è sempre raggiunto,
nonostante le dimensioni molto maggiori.

Pertanto nella fig. 6, che corrisponde alla fig. 8 della Fabrica, le valvole sigmoidi della Vena ar-
terialis (arteria polmonare) si trovano al di fuori, sul vaso sanguigno chiuso, mentre la fig. 5 (ill.
7) non mostra alcuna apertura di collegamento tra il cuore e la vena cava posta sopra di esso in
senso trasversale. La spiegazione che viene fornita, una traduzione della Fabrica, non trova quindi
alcuna conferma nel disegno: questa figura rappresenta il diritto ventricolo del cuore aperto, acciò
si vegga la bocca della vena grande, et le teluccie dette da i Greci hostioli, che vi sono. A La vena
cava. B La parte del ventricolo diritto nella quale è la bocca, o l’orificio della vena cava. C Gli
hostioni, che sono alla bocca della vena cava. X Il fegato. Nell’ill. 8 (Fabr. fig. 6) domina invece
molta chiarezza, così come nel testo: Haec figura cor... ostendit, cuius dexter ventriculus... adapertus
cernitur, ... quò id orificium venae cavae et ipsi praefectae membranae in cospectum venirent, dein
ut interior dextrae cordis auriculae superficies oculis subiiceretur, eam intro eversam finximus...F
Destra cordis auricula inversa, et inaequalem fibrosamque ipsius notans superficiem.
Ruini ha riportato in maniera distinta ed evidente nella sua fig. 5 (ill. 7) questo vaso cardiaco ripie-
gato all’interno, senza però spiegarlo, sebbene egli in questo caso non abbia potuto fare a meno,
come invece Vesalio, di una figura particolare, ma abbia invece raffigurato immediatamente prima
(pag. 139, fig. 3 e 4) due cuori interi, nei quali soltanto un vaso cardiaco per ciascuno risulta aperto.
Alcuni aspetti essenziali dei modelli contenuti nella Fabrica non sono stati recepiti, oppure sono
stati riprodotti travisandone il contenuto.

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Le Illustrazioni dell’Anatomia del Cavallo di Carlo Ruini
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Dalle indicazioni relative alle funzioni delle valvole cardiache ho annotato una serie di punti che
non sono altro che traduzioni di estratti dal 15o Capitolo del 6o Libro della Fabrica; ad esempio
pag. 109: Furno [!] ivi poste queste tele dalla natura, acciocchè aprendosi, lasciassero, quando
il cuore s’allarga, entrare il sangue dalla vena grande [cava] nel ventricolo diritto, e vietassero,
quando il cuore si ritira, chiudendo il primo buco, che il sangue stesso entrato là entro per la vena
arteriale [art. Polmon.], et rientrasse alla vena grande. Fabr. pag. 597: ...tres membranulas cavae
orificio Natura proposuit, quae quidem sanguinem dilatato corde in sinum ex cava influere sinunt.
at compresso corde, ne idem in cavam refluat, prohibent. – Non sono in grado di verificare se la
formulazione talvolta differente (a volte soltanto tramite un diverso posizionamento degli elementi
della frase) e se la raffigurazione maggiormente progredita del sistema circolatorio, laddove non
viene più affermata la permeabilità del Septum cordis, derivino eventualmente da una delle suc-
cessive edizioni della Fabrica, poichè queste ultime non sono a mia disposizione.
Particolarmente rivelatrice ai sensi delle presenti osservazioni è una riga contenuta nel testo del 3o
Libro (pag. 155). In essa si afferma che l’esofago possiede quattro ghiandole che (tramite le proprie
secrezioni) lo mantengono umido e scivoloso, due appresso le fauci, dette le nuvolette [tonsille],
l’altre due nel mezzo di quella, secondo il lungo suo. Cosa intendeva Ruini con quella coppia di
ghiandole che dovrebbe trovarsi nella gola, nel mezzo della sua lunghezza? Probabilmente quelle
ghiandole descritte nel 5o Libro della Fabrica come situate in medio propemodum stomachi ductu
(pag. 489) e raffigurate nelle fig. 14 e 15 (pag. 467), di cui Holl6 ha dimostrato che esse in realtà
non esistono. Questo è anche il caso del cavallo; per quest’ultimo invece anche in questo punto
Ruini è ricorso ad esse, con la sua buona fede nell’affidabilità della Fabrica.
Queste osservazioni basteranno per dimostrare la diretta imitazione di Ruini nei confronti della
Fabrica, così come egli stesso definisce la sua anatomia del cavallo in un punto poco evidente verso
la fine del testo(pag. 282): Composta questa nostra fabrica del cavallo. Ma tuttavia, nel suo siste-
ma egli rinnega Vesalio. L’anatomia di Vesalio senza la sistematicità di Vesalio è in se stessa una
contraddizione: chi vorrebbe scrivere un’opera scientifica moderna per il suo tempo, mantenendo
però una struttura di base ormai superata? Per questo ci deve essere stato un motivo ben valido.

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Le Illustrazioni dell’Anatomia del Cavallo di Carlo Ruini
(Bologna 1590-98)

g(N.d.T.) Elenco illustrazioni comprese nel testo tradotto con relative didascalie:

Pag. 461 Ill. 1 - Da Leonardo. Grandezza originale.


Ill. 2 - Da Ruini. Nell’originale alto 25 cm.
Pag. 462 Ill. 3 - Da Ruini. Nell’originale alto 27 cm.
Pag. 463 Ill. 4 - Da Leonardo. Grandezza originale.
Pag. 465 Ill. 5 - Da Ruini. Nell’originale alto 22,5 cm.
Ill. 6 - Da Vesalio. Nell’originale alto 12,5 cm
Pag. 466 Ill. 7 - Da Ruini. Nell’originale alto 11,5 cm.
Pag. 467 Ill. 8 - Da Vesalio. Nell’originale alto 4,7 cm.

Al di là dei diversi punti di vista dei due saggi, entrambi documentano una stretta dipendenza del
libro del bolognese Ruini dal libro del Vesalio. Questo è il punto nodale.

Sia il Vesalio che il Ruini si occupano di temi che La lunga carriera du Joannes Criegher attivo fino al
erano cari a Leonardo e per questo nelle loro illustra- 1602, può spiegare come tante incisioni di Vesalio
zioni Leonardo viene come evocato, anche a detta di e del Ruini appaiano collegate. Anche il segno che
storici dell’arte come Malaguzzi.Valeri (Leonardo da delimita il contorno dei muscoli e degli organi ha la
Vinci e la scultura Bologna, 1922, pp. 89-90; e Carlo stesa chirografia.
Pedretti, L’Anatomia di Leonardo tra mondino e Be- Il collaboratore di Giovanni Crieghero, Giovanni
rengario, Firenze, 2000, p.27 e Documenti e memorie Carracho può essere stati italianizzato in Carraccio
riguardanti Leonardo da Vinci a Bologna, Bologna, e aver così dato luogo all’errore di attribuzione ad
Fiammenghi, 1953, p.200, nota 1). Agostino Carracci nel foglietto dell’esemplare del
La mia ipotesi è che Carlo Ruini scelse per disegnare Ruini conservato a Bologna e citato da Ercolani. In
le sue incisioni del suo Anatomia del Cavallo, lo francese i Carracci erano chiamati Carrache. (AA.
stesso incisore che aveva realizzato le figure del De VV. Storia di Torino, Einaudi, 1998; per Criegher si
humani corpore fabrica del Vesalio, Joannes Chrie- veda G.J. van Sman “Prints and Printmakers in the
gher (o Kriegher, italianizzato in Crighero). late sixteenth Century Venice”, in: Renaissance Veni-
Joannes Chriegher realizzò le xilografie per una edi- ce and the North, ed. by B. Alkema and B.L.Brown,
zione di dimensioni ridotte del De humani corpore London, 1999).
fabrica del Vesalio stampata a Venezia nel 1568, Il compianto prof. Busacchi dell’Università di Bo-
Sono copie di formato ridotto degli originali, mon- logna (Vincenzo Busacchi, Storia della medicina,
tate nei testi alla maniera delle prime due edizioni Bologna, Cappelli, p.182) era convinto che le illus-
del Vesalio del 1543 e del 1555. Il nome di Criegher trazioni del Vesalio derivassero da Leonardo. E così
appare nel libro, nella lettera dedicatoria a Antonio il Mattioli (La scoperta della circolazione del sangue,
Montecatini. Napoli 1972, pp.129-147).

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Le Illustrazioni dell’Anatomia del Cavallo di Carlo Ruini
(Bologna 1590-98)

Questo rimane un problema aperto, in mancanza di le illustrazioni di nuove edizioni di importanti testi
documenti che gettino luce nuova, non si possono come Il Trattato di Architettura di Sebastiano Se-
fare che congetture. rio (1656), I dieci libri dell’architettura di Vitruvio
L’attribuzione delle tavole del Ruini a Criegher, (1567), oltre al De umani corporis fabrica, di Andrea
invece, poggia su salde fondamente. Si vedano i Vesalio (1568). Talvolta il nome di Chrieger è anche
paragoni tra le tavole del Runi e quelle del Vesalio associato con i legni per l’editio princeps de I quattro
nell’articolo si Schmmutzer. libri dell’architettura di Andrea Palladio (1570).
Un numero compatto di lavori può essere attribuito a Criegher era l’unico ad avere il mestiere per incidere
Giovanni Chrieger, che fu attivo non solo come inci- i legni unito all’esperienza in disegno d’anatomia.
sore, ma anche come editore di libri. Si noti il segno Grazie a lui l’Anatomia del Cavallo del bolognese
nordico, descrittivo, duro, nelle illustrazioni. Carlo Ruini è diventato il più bello ed importante libro
Le edizioni successive alla prima del Ruini furono di medicina e veterinaria della storia europea.
stampate a Venezia, dove Criegher lavorava, sep-
pure non dalla stampatore Francesco de Franceschi Bologna, 13 agosto 2oo8.
con cui collaborava Criegher. Questo era normale
all’epoca. Insieme a de Franceschi, Chrieger eseguì

BIBLIOGRAFIA

CARLO RUINI
DELL’ANATOMIA ET DELL’INFERMITA’ DEL CAVALLO

Bologna,Eredi di Giovanni Rossi 1598


2 Tomi in un Volume in Folio
Venezia, 1599, 1608,1618,1707

In Folio, N° 64 Xilografie

1) Vasari Giorgio, Vita di Leonardo da Vinci, nelle Vite, 1550.


“Enne anche smarrito un modello piccolo di cera, ch’era tenuto perfetto, insieme con un libro di notomia
di cavagli fatta da lui per suo studio.”

Nell’edizione del 1568 della Vita di Leonardo del Vasari è il primo accenno all’anatomia del cavallo stu-
diata da Leonardo anche con dissezioni, a proposito della Battaglia d’Anghiari.

2) Varchi Benedetto, Oratione funerale fatta e recitata pubblicamente nell’esequie di Michelangelo Buo-
narroti in Firenze… Giunti, 1564 p.54
fu Leonardo: parla delle sue attitudini molteplici, lo dice fra l’altro esperto “di tutti gli animali di tutte le
ragioni e in ispezialità dei cavagli.”

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Le Illustrazioni dell’Anatomia del Cavallo di Carlo Ruini
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3) Lomazzo, Idea del Tempio della Pittura, 1590, p.17.


“L’anatomia dei corpi umani et dei cavalli, ch’io ho veduta appresso a Francesco Melzi, disegnate divina-
mente di sua mano.”
“Leonardo Ë stato eccellente e unico a plasticare e dipingere i cavalli come si vede nelle sue anatomie.”

4) Schrader, George Wilhelm, 1855, è il primo ad affermare che il Ruini plagia da Leonardo.

5) E. Jackschath Die Begrndung der modernen Anatomie durch Leonardo da Vinci und die Wiederauffindung
zweier Schriften desselben, (Gli inizi della moderna anatomia via Leonardo da Vinci) ste in Medizimische
Blatter (Rivista di Medicina), Wien 1902, p. 770. Si allega copia dell’articolo in lingua originale.

6) Verga, Bibliografia Vinciana, Bologna, 1916, n. 1421. pp. 398-399 Jackschath.


“accusa VESALIO di plagio ed afferma che non a lui ma a L. va attribuito il lavoro De humani corpis fa-
brica, soggiungendo, per altro, che VESALIO ha il merito d’aver risvegliato da un sonno di 50 anni questi
studi.”

7) F.Malaguzzi-Valeri, Leonardo da Vinci e la scultura, Bologna, 1922. pp. 89-90.


Figura 66: “Dalle tavole di C.Ruini, Dell’Anatomia del Cavallo (ed.1598) ispirate forse dai fogli perduti di
Leonardo sull’Anatomia del Cavallo.”

8) Richard Schmutzer, Leonardo da Vinci, Andreas Vesalius, Carlo Ruini, Jean HÈroard und die Anatomie
des Pferdes un.16. Jahrhundert. 1943.
Si allega copia dell’articolo in lingua originale.

9) Documenti e memorie riguardanti Leonardo da Vinci a Bologna e in Emilia, a cura di Carlo Pedretti,
Bologna, ed. Fiammenghi, 1953. p.200 nota 1
“opere interessanti di riflesso la produzione vinciana, sul genere di quella di CARLO RUINI, Dell’Anatomia
e delle infermità del cavallo, Bologna, Giovanni Rossi, 1598, nella quale sono riscontrabili strette analogie
con gli studi di Leonardo (cfr. Francesco Malaguzzi-Valeri, Leonardo da Vinci e la scultura, Bologna, 1922,
pp. 89-90)

10) Mario Mattioli, la scoperta della circolazione del sangue, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1972.
p. 134
“ Leonardo ebbe l’idea semplice e geniale di iniettare sostanze solidificabili negli organi cavi per averne
la forma. In uno studio fondamentale sulle basi della moderna medicina, Jackschath ritiene che l’Anatomia
del cavallo di Carlo Ruini sia opera di Leonardo e che lo stesso Vesalio si sia largamente ispirato all’opera
anatomica di Leonardo, anche nei disegni della sua anatomia; dello stesso parere è Busacchi.”

11) Achademia Leonardi Vinci edited by Carlo Pedretti, Volume 1, 1988. pp. 91-95
The ‘libro dj medjcina dj cavallj’.
Nessuna menzione di Carlo Ruini, ma buona fonte bibliografica dell’epoca.
Vedi il fondo Ercolani all’Archiginnasio di Bologna

12) L’Anatomia di Leonardo tra Mondino e Berengario, Carlo Pedretti, Firenze, 2000. p.27
Di un libro dell’anatomia del cavallo preparato da Leonardo e perduto parlano le fonti (Vasari e Lomaz-
zo), e l’abbozzo su questo foglio, se veramente si riferisce a un cavallo, (è il WINDSOR R.I. 19097 r)
come sembra, sarebbe l’unica traccia rimasta di quell’opera, sufficiente, almeno, a suggerire un tipo di
illustrazione nel quale il problema centrale, costituito dagli organi interni, è messo in evidenza mentre gli
elementi periferici sono appena accennati secondo una tecnica che sarà ripresa del bolognese Carlo Ruini
nella sua Anatomia del Cavallo del 1598. (Tav.III del libro V.)

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Le Illustrazioni dell’Anatomia del Cavallo di Carlo Ruini
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Ruini. Anatoma del Cavallo, particolare della tavola V, libro V. Gli edifici A e B fanno appartenere questa
città a Bologna, Vedi tavola seguente.

Munster, Cosmografia, Bologna, 1559.

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Leonardo, scheletro del cavallo, particolare.

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Leonardo, scheletro del cavallo e dell’uomo, particolari.

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Carlo Ruini, scheletro del cavallo.

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Leonardo, Cod. Windsor. Apparato genito-urinario del cavallo.

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Ruini. Apparato genito-urinario del cavallo.

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Le Illustrazioni dell’Anatomia del Cavallo di Carlo Ruini
(Bologna 1590-98)

Leonardo, Cod. Windsor. Studi di zampa di cavallo.

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Le Illustrazioni dell’Anatomia del Cavallo di Carlo Ruini
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Leonardo, Cod. Windsor. Proporzioni della zampa di cavallo.

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Le Illustrazioni dell’Anatomia del Cavallo di Carlo Ruini
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Ruini, muscoli della zampa del cavallo.

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Le Illustrazioni dell’Anatomia del Cavallo di Carlo Ruini
(Bologna 1590-98)

Leonardo, proporzioni del cavallo.

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Le Illustrazioni dell’Anatomia del Cavallo di Carlo Ruini
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Ruini, proporzioni del cavallo. Da queste proporzioni si deduce che il cavallo del Ruini ha proporzioni diverse dal
cavallo di Leonardo.

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