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"POESIA E RITRATTO NEL RINASCIMENTO".

NOTE A MARGINE
Author(s): David Quint
Source: Italianistica: Rivista di letteratura italiana , GENNAIO/APRILE 2009, Vol. 38, No.
1 (GENNAIO/APRILE 2009), pp. 143-146
Published by: Accademia Editoriale

Stable URL: https://www.jstor.org/stable/23938057

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POESIA E RITRATTO NEL RINASCIMENTO.

NOTE A MARGINE

David Quint

Il filo conduttore
immagine, dei tre più
con particolare recenti volumi
riferimento a quelle di Lina Bolzoni
immagini è il rapporto
che si imprimono tra parola e
nella
mente e nella memoria. Mi riferisco a La stanca della memoria, La rete delle immagini e,
adesso, Poesia e ritratto nel Rinascimento.1 I tre libri nascono uno dall'altro e, portando
avanti una prolungata discussione critica, analizzano il potere della parola e di varie re
toriche (la sentenza memorabile; la predicazione sensazionale e commovente; la poesia
in senso lato e, più specificamente, la poesia amorosa) di creare nel lettore/ascoltatore
pitture mentali ed interiori. Si tratta di espedienti letterari che rientrano nella categoria
retorica classica dell'enargeia, ossia la capacità del discorso di porre il proprio oggetto
davanti agli occhi del destinatario, rendendolo visibile e vivido.
Poesia e ritratto nel Rinascimento individua un genere (o sottogenere) nel vasto mare
della poesia lirica rinascimentale italiana, una poesia che - com'è noto - trovava nel Can
noniere petrarchesco il modello più autorevole. I testi raccolti nel volume prendono
spunto dai due sonetti che Petrarca scrisse su un ritratto di Laura (reale o immaginario,
questo non lo sappiamo) realizzato da Simone Martini (Rvf 77, 78). Dalla fonte petrar
chesca fluì una ricca serie di testi che, tra Quattro e Seicento, hanno sviluppato la te
matica del rapporto fra poesia e pittura. Poesia e ritratto nel Rinascimento ne propone
un'antologia: essa contiene per lo più sonetti, ma anche alcuni componimenti neolati
ni accompagnati da traduzione moderna, tutti espertamente curati e commentati in
modo dettagliato da Federica Pich, e preceduti da un saggio critico di Lina Bolzoni.
Quest'ultimo raggruppa le poesie sul ritratto in categorie diverse quali il ritratto del
l'amata, le versioni del mito di Pigmalione, il ritratto del poeta, il ritratto celebrativo del
principe mecenate, l'omaggio del poeta all'artista, la poesia in competizione con la pit
tura. Tali categorie sottendono l'organizzazione dell'antologia dei testi, anche se nella
pratica della scrittura poetica tendono a sovrapporsi. La trattazione di Lina Bolzoni è
condotta con una nitidezza di scrittura ed un garbo critico che nascondono la vasta eru
dizione su cui è costruita, rendendo il soggetto godibile ed accessibile anche per un let
tore colto non necessariamente specialista. Il saggio si conclude - ed è questo il suo cul
mine - affrontando un tema caro alla studiosa, ossia la ricerca, da parte di scrittori ed
artisti rinascimentali, di un linguaggio atto ad esprimere la vita interiore. Lo spunto è
offerto da due sonetti di Baldassar Castiglione che, stando ad un suo biografo di primo
Seicento, descriverebbero il ritratto di una donna amata (presumibilmente Elisabetta
Gonzaga, duchessa d'Urbino e protagonista del Libro del Cortegiano) nascosto, secondo
una prassi diffusa ed attestata al tempo, sotto uno specchio. Il poeta, specchiandosi, ve
de la propria immagine riflessa, ma sotto la propria immagine giace quella della don
na, vero riflesso del suo segreto stato d'anima. L'antico topos dell'immagine dell'amata

1 L. Bolzoni, La stanca della memoria: modelli letterari e iconografici nell'età della stampa, Torino, Einaudi, 1995;
Eadem, La rete delle immagini: predicazione in volgare dalle origini a Bernardino da Siena, Torino, Einaudi, 2002;
Eadem, Poesia e ritratto nel Rinascimento, testi a cura di F. Pich, Roma-Bari, Laterza, 2008.

«ITALIANISTICA» * XXXVIII • 1 • 2009

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impressa nel cuore, precedente alle


getto materialmente concreto, pron
netti castiglioneschi. Il gioco deve p
esprimere diverse verità relative al
chi della mente l'immagine della p
iezione e riflesso dell'amante stes
smo; l'immagine è mediata dai can
e figurativa.
Colpisce il fatto che il genere della poesia sul ritratto sia un fenomeno essenzialmen
te italiano. Grazie al prestigio del modello petrarchesco, non mancano - ma sono rari
- simili componimenti nelle altre letterature del Rinascimento. Pierre de Ronsard scris
se un'elegante poesia di 172 versi, l'Elegie à Janet, dove «Janet» sta per François Clouet,
pittore della corte francese ed autore di ritratti, spesso di misure ridotte, molti dei qua
li sono visibili oggi a Firenze nella Galleria degli Uffizi e a Palazzo Pitti. Ronsard offre
al pittore istruzioni su come dipingere il ritratto di Cassandre, la prima delle tre princi
pali donne amate nel corso della propria carriera di poeta. Ne risulta un blason, ovvero
una descrizione dettagliata delle bellezze del corpo della donna (per fare un solo esem
pio, il sopracciglio è paragonato, secondo un luogo comune della tradizione poetica, al
l'arco di Cupido). Quando, scendendo dalla testa, si giunge al seno, il poeta si sente in
difficoltà:

Las! car jamais tant de faveurs je n'eus


Que d'avoir vu ses beaux tétins à nu.
[Ahimé, ché tra i favori concessi,
non ho mai avuto quello di vedere il suo bel seno a nudo.]

L'ostacolo è però subito superato: Ronsard chiede maliziosamente ajanet di dipingere


quelle parti nascoste secondo le proprie congetture, sicuro che corrisponderanno alla
realtà, insistendo sul fatto che anche le parti intime siano dipinte nude - «l'autre chose?
Qui est si belle, et dire je n'ose» [quell'altra cosa che è così bella, ma non oso parlarne].
Nude, quindi, o al massimo coperte da un trasparente velo di seta. Ronsard è da ricor
dare meritatamente come il più sexy dei petrarchisti europei...
Joachim du Bellay, suo amico e rivale, invoca lo stesso Janet/Clouet nei Regrets, la sua
grande raccolta di sonetti scritta a Roma e pubblicata nel 1558. In un gesto, anch'esso
topico, di modestia, Du Bellay spiega che i suoi sonetti, non essendo altro che piccoli
autoritratti, non meritano di essere paragonati ai grandi quadri in cui i pittori dipingo
no e imitano i soggetti degli antichi - e qui sarà forse da cogliere un riferimento alla
poesia epica, come l'incompiuta Franciade dello stesso Ronsard, evocato nel sonetto se
guente. Du Bellay non aspira a lodi e fama; paragonato a Michelangelo, egli non è che
un Janet, umile ritrattista:

Quant à moi, je n'aspire à si haute louange,


Et ne sont mes portraits auprès de vos tableaux
Non plus qu'est un Janet auprès d'un Michel-Ange.
[Ma per me, io non aspiro a sì alto elogio,
e i miei ritratti non valgono rispetto ai vostri quadri
come non vale un Janet al confronto d'un Michelangelo.]

Possiamo chiederci quanto tale modestia non sia una fiera difesa del progetto dei Re
grets, capolavori di stile volutamente medio, e non elevato come quello di Ronsard nel

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Poesia e ritratto nel Rinascimento. Note a margine 145
la Franciade, ma è anche opportuno riconoscervi una dichiarazione di patriottismo di
Du Bellay, ritrattista francese come Janet, rispetto al grande classicismo di Michelange
lo e alla cultura del Rinascimento italiano in generale.
Tale confronto ci aiuta a spiegare meglio la diffusione del tema del ritratto nella poe
sia lirica italiana, ben più ampia che nelle altre letterature europee. Pensando ai grandi
poeti lirici del Cinquecento, come Ronsard e Du Bellay in Francia, Garcilaso in Spagna,
Sidney, Shakespeare e Donne in Inghilterra, è diffìcile accostarli a nomi di pittori altret
tanto rinomati: François Clouet e Nicholas Hilliard, autore inglese di ritratti in splendi
de miniature, sono artisti di valore, ma certamente non di chiara fama. La situazione è
invertita in Italia, dove la fama odierna di Raffaello, Leonardo, Michelangelo, Caravag
gio, ma anche di Pinturicchio e Bronzino (per citare esempi tratti dal volume di Lina
Bolzoni), sorpassa - e forse già sorpassava nel Cinquecento - di gran lunga quella degli
scrittori loro contemporanei, nonché interlocutori privilegiati, come Castiglione, Tas
so, Gaspara Stampa e Aretino. Già con Petrarca, consapevole della fama di Simone Mar
tini (ma si può pensare anche a Dante nei riguardi di Giotto), i poeti italiani si rendeva
no pienamente conto del grande rinnovamento che, nelle arti figurative, si stava
realizzando sotto i loro occhi. I letterati riconoscevano nei pittori i propri rivali, non so
lo nei termini pratici della concorrenza per il mecenatismo, ma più profondamente nel
la gara per la conquista della fama individuale, prontamente indicata da Burckhardt co
me nuovo valore emblematico dell'umanesimo italiano rinascimentale e simbolo della
cultura moderna laicizzata.
Se Leon Battista Alberti aveva riconosciuto nella pittura un'arte liberale, promuo
vendo le opere dell'artista dalla semplice dimensione manuale ad impresa intellettuale
paragonabile a quella del poeta, Leonardo da Vinci, gettando il guanto a terra in aper
to gesto di sfida, assegnava al pittore la priorità sul poeta sostenendo che

Per fingere parole la poesia supera la pittura, e per fingere fatti la pittura supera la poesia, e quella
proporzione ch'è da' fatti alle parole, tal è dalla pittura ad essa poesia, perché i fatti sono subietto
dell'occhio, le parole subietto dell'orecchio, e così li sensi hanno la medesima proporzione infra
loro, quale hanno li loro obietti infra sé medesimi; e per questo giudico io la pittura essere supe
riore alla poesia.

Il genere letterario cinquecentesco del paragone - tra pittura e poesia, tra pittura e scul
tura, fra poesia pittura e musica - non è solamente un esercizio intellettuale dotato di
regole proprie, ma anche testimone di un vero conflitto interno alla cultura italiana in
termini di prestigio e dominio. Le poesie sul ritratto raccolte in Poesia e ritratto nel Ri
nascimento sembrano animate dall'idea che la poesia stessa non sia più sovrana tra le ar
ti sorelle, ed i poeti esprimono una sorta di ansia di fronte ai pittori ormai in grado di
superarli nel presente e, potenzialmente, agli occhi della posterità. La figura dell'antico
Apelle, pittore prediletto di Alessandro Magno, riappare in queste poesie: le sue opere
sono tutte perdute, ma la sua fama è resa immortale dal legame con il grande sovrano.
È tuttavia notorio che, per celebrare le proprie imprese, ad Alessandro mancò un Ome
ro, ossia un poeta che fosse famoso come il pittore. I poeti italiani ambivano a condivi
dere la fama dei pittori dei quali scrissero gli elogi, o almeno a ottenere fama e presti
gio dal riflesso della loro gloria. Lina Bolzoni sottolinea puntualmente la dinamica della
tenzone che si nasconde sotto i complimenti rivolti dal poeta all'artista. Nel caso di Ma
rino, che rinuncia ai propri poteri letterari, lasciando all'amico pittore di dipingere quel
l'eccelso soggetto che è il nobile mecenate che entrambi stanno elogiando, la studiosa
commenta: «Marino sfrutta paradossalmente l'antico topos della competizione fra pa

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rola e immagine, trasformando la n


alta del suo elogio». Questi compon
difesa della poesia stessa a fronte de
cesso alla pittura e, più in generale,
Vorrei concludere con un accenno
uno studioso anglofono. In alcuni te
ternativa, non tanto della poesia, m
di Verona, e si noti bene che si tratt
tildonna Silvia regala al falso amante
na che Proteus ha abbandonato, e c
sciuta, al servizio di Proteus stesso c
riceve il ritratto, egli racconta a Silv
dossato la gonna di Julia per interp
prospettive diviene qui vertiginoso -
no intepretati nel teatro di Shakesp
che rappresenta l'abbandonata Julia
volta il ragazzo-attore. Questo gioco
re travestito: quest'ultimo agisce com
Pigmalione, un quadro che parla e si
Gertrude i ritratti del padre eroe
tre il pubblico vede non solamente
anche interpretati dagli attori viand
Gonçago - ed è interessante ricordar
tori viandanti sarebbe stata tramand
nato: «the story is extant, and writt
Nel finale del Racconto d'inverno, i
morta o presunta morta, si anima, p
pentito: si tratta evidentemente di u
legoria virtuale del personaggio te
sto della statua, che rivaleggia con
«that rare Italian master Julio Rom
ath in his work, would beguile Natu
raro maestro italiano che, se possede
opera, involerebbe dalla Natura la su
Giulio Romano, pittore italiano.

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