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Il Leading Economic Indicator

di Gianluca Defendi

Uno degli indicatori macroeconomici più seguiti è il Leading Economic Indicator


(LEI). Quest’ultimo, che viene pubblicato mensilmente dal Conference Board,
un istituto privato americano
(https://www.conference-board.org/data/bcicountry.cfm?cid=1), misura
l’andamento dell’economia americana ponderando il comportamento di 10
indicatori macroeconomici. In pratica è una media di una serie di dati e di
statistiche che vengono prodotti dai diversi istituti di ricerca, sia pubblici che
privati. Tra i fattori che vengono considerati ci sono: la settimana lavorativa
media nel settore manifatturiero la media mensile delle nuove richieste
settimanali di sussidi per la disoccupazione, i nuovi ordini al settore
manifatturiero per beni di consumo, i tempi di consegna dei fornitori del
settore manifatturiero, i nuovi ordini di beni capitali esclusa la difesa, i
permessi per la costruzione per nuove abitazioni private, l’indice delle
aspettative dei consumatori, la variazione mensile dell’indice S&P 500 e la
differenza tra il tasso “overnight” e quello delle obbligazioni statali a scadenza
decennale.
Il Conference Board suggerisce di utilizzare la regola 3D per interpretare la
durata, la profondità e l’ampiezza di una discesa del LEI. Il primo si riferisce
alla durata di un calo dell'indice mentre la profondità indica la consistenza della
discesa: entrambi sono misurati dal tasso di variazione dell'indice registrata nel
corso degli ultimi sei mesi. L’ampiezza misura invece di quanto è diffuso il
declino: quest’ultimo varia da 0 a 100 punti, con valori inferiori ai 50 punti che
indicano che la maggior parte dei componenti si sta indebolendo. La regola
delle 3D sancisce che il LEI fornisce dei segnali di recessione quando l'indice di
ampiezza scende al di sotto i 50 punti e, contemporaneamente, quando negli
ultimi sei mesi il calo dell'indice è stato superiore al 4,2%.

Un secondo modello che viene utilizzato per anticipare o per prevedere una
recessione è il NY FED Recession probability. Quest’ultimo si fonda sull’analisi
degli spread presenti sui vari tassi di interesse e costituisce pertanto
un’estensione del modello che considera le differenze tra i tassi di interesse a 2
e 10 anni. Si tratta di un indicatore che esprime, in termini %, quali sono le
probabilità che si verifichi una recessione: quando assume valori superiori al
50% ci sono ottime probabilità che l’economia entri in recessione.

E’ opportuno evidenziare che tutti i modelli previsionali cercano di anticipare


l’arrivo di una recessione ma non possono prevedere che tipo di recessione
sarà. Quest’ultima può essere infatti di 4 tipi:
a) a V: è la situazione che si verifica quando, dopo un forte calo (spesso
causato da shock esogeni, ad esempio il Covid-19), l’economia rimbalza con
decisione. Si tratta di un recupero che viene alimentato da politiche monetarie
e da politiche fiscali particolarmente espansive. Il risultato è che nell’arco di
12-16 mesi gli indicatori economici tornano sui livelli precedenti.
b) a W: è la situazione che si verifica quando, dopo un brusco calo, l’economia
ha bisogno di più tempo (fino a 3 anni), per riprendersi completamente.
Questo perché, dopo un primo recupero, si verifica una seconda fase di
contrazione, spesso provocata dall’insorgere di alcune difficoltà (ad esempio
una risalita del livello di inflazione).
c) a L: in questa situazione l’economia subisce una brusca flessione, a cui
segue una lenta e lunga ripresa. Sia le politiche monetarie sia quelle fiscali non
producono subito gli effetti sperati a causa di un difficile contesto
macroeconomico e potrebbero essere necessari anche cinque anni prima di
tornare sui valori precedenti
d) a O: è la situazione più difficile, con gli effetti recessivi (in particolare una
marcata contrazione dei consumi e aumento significativo del livello di
disoccupazione) che potrebbero far sentire i loro effetti per un lungo periodo di
tempo (è il caso della crisi immobiliare giapponese degli anni ’90).
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