Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Costituita da alcune
Composto da un
decine a diverse
numero di Formato da poche
migliaia di aa o anche
amminoacidi inferiore decine di aa
da più catene
a 10
polipeptidiche
3
GLI AMMINOACIDI
Sebbene in natura esistano più di 300 amminoacidi, le proteine naturali
sono formate dalla combinazione di soli 20 tipi di aminoacidi poiché sono
gli unici codificati dal DNA (cioè espressi dal codice genetico)
+H N COO -
3
5
ABBREVIAZIONI E SIMBOLI
DEGLI AMMINOACIDI
Gli amminoacidi hanno
nomi comuni
Per convenzione, questi
nomi sono abbreviati con
un codice a tre lettere, che
viene usato quando si
scrivono le formule dei
peptidi, o con uno a una
lettera, usato per
descrivere la sequenza
degli amminoacidi in una
proteina
6
GLI AMMINOACIDI
Ad eccezione della glicina, il carbonio α di tutti gli
aa è un carbonio chirale e, quindi gli aa sono
molecole otticamente attive (cioè ruotano il piano
della luce polarizzata)
Per ogni aa (per quanto riguarda il carbonio α)
sono pertanto possibili due enantiomeri o isomeri
ottici diversi, L e D: carbonio α
L-alanina D-alanina
7
GLI AMMINOACIDI
8
GLI AMMINOACIDI
Gli aa naturali sono L–α–amminoacidi
perché il gruppo amminico,
legato al carbonio α chirale, si trova a sinistra
9
GLI AMMINOACIDI
I 20 amminoacidi naturali sono classificati in base della natura della
catena laterale R:
amminoacidi con R ALIFATICO APOLARE
amminoacidi con R AROMATICO APOLARE
amminoacidi con R POLARE NON CARICO
amminoacidi con R POLARE CON CARICA POSITIVA
amminoacidi con R POLARE CON CARICA NEGATIVA
11
Classificazione degli amminoacidi in base al gruppo R
Le catene laterali di
questi aa sono più
idrofiliche di quelle
degli aa non polari per
la presenza di gruppi
funzionali in grado
di formare legami
idrogeno tra loro e
con l’acqua
12
Classificazione degli amminoacidi in base al gruppo R
Le catene laterali
di questi aa sono
sono più idrofiliche
per la presenza di
cariche nette
positive o negative
Gli amminoacidi
con gruppo R
carico possono
formare legami
ionici
13
GLI AMMINOACIDI ESSENZIALI
Alcuni amminoacidi (otto) sono definiti, amminoacidi essenziali, in quanto
l’uomo non è in grado sintetizzarli e devono quindi essere introdotti
necessariamente con gli alimenti:
14
Alcune osservazioni …
Gli amminoacidi con un gruppo carbossilico COOH in più nella catena
laterale sono definiti amminoacidi acidi, mentre quelli con un azoto
basico in più nella catena laterale amminoacidi basici
Tutti gli altri sono amminoacidi neutri
16
PROPRIETA’ ACIDO-BASE DEGLI AMMINOACIDI
17
PROPRIETA’ ACIDO-BASE DEGLI AMMINOACIDI
• In forma zwiterionica la carica netta è 0 e, quindi, prevale la forma neutra
• In soluzione acida (bassi valori di pH) lo ione carbossilato (-COO-) è
protonato (-COOH): di conseguenza la carica netta è + 1 e, quindi, prevale
la forma cationica
• In soluzione basica (alti valori di pH) lo ione ammonio (-NH3+) è
deprotonato (-NH2): di conseguenza la carica netta è – 1, e, quindi, prevale
la forma anionica
18
PROPRIETA’ ACIDO-BASE DEGLI AMMINOACIDI
19
PROPRIETA’ ACIDO-BASE DEGLI AMMINOACIDI
Gli amminoacidi sono composti anfoteri perché possono comportarsi sia
da acidi che da basi:
il gruppo amminico può cedere il protone ad una base forte
-NH3+↔ NH2 + H +
il gruppo carbossilico può acquistare un protone da un acido forte
-COO- + H + ↔ -COOH
NH2
20
IL PUNTO ISOELETTRICO: pKa1 e pKa2
Gli amminoacidi con un solo gruppo carbossilico e un solo gruppo
amminico hanno due valori di pKa:
uno nell’intervallo 2-3, corrispondente alla perdita di un protone da parte
del carbossile (- COOH)
l’altro nell’intervallo 9-10, corrispondente alla perdita di un protone da
parte dello ione ammonio (– NH3+)
pH bassi pH alti
Carica netta +1 0 -1
21
IL PUNTO ISOELETTRICO
Il punto isoelettrico (PI) è il valore di pH in cui la carica netta
dell’amminoacido è zero e, quindi, esso esiste principalmente nella sua
forma neutra, perché sia il gruppo carbossilico che quello amminico sono
entrambi prevalentemente ionizzati*
A tale pH l’amminoacido mostra scarsa tendenza a restare in soluzione
(precipitazione)
Il PI può essere calcolato dalla media fra i valori di pKa dei gruppi α-COOH
(pKa1) e α-NH3+ (pKa2) e quindi si colloca a metà tra i due valori di pKa,
ossia vicino a pH = 6 → solo per gli amminoacidi neutri
* Le cariche positive e negative dei gruppi dissociabili sono in ugual numero e quindi la loro somma algebrica è pari a zero 22
= 9,69
Il
comportamento
in soluzione
= 6,02
acquosa viene
---------- influenzato dal
pH: notare
come cambia la
= 2,34
distribuzione di
carica al variare
del pH
23
IL PUNTO ISOELETTRICO
Per gli amminoacidi come l’acido aspartico e la lisina, che hanno catene laterali
acide o basiche la situazione è più complessa
Equilibri di dissociazione dell’acido aspartico:
pH bassi pH alti
Carica +1 0 -1 -2
netta
Equilibri di dissociazione della lisina:
25
IL PUNTO ISOELETTRICO
26
IL PUNTO ISOELETTRICO
27
AMMINOACIDI IN UN CAMPO ELETTRICO
Se un amminoacido in soluzione viene sottoposto all’azione di un campo
elettrico esterno tenderà:
a migrare verso il catodo (elettrodo negativo) se è in forma cationica
a migrare verso l’anodo (polo positivo) se è in forma anionica
a non migrare se si trova al suo punto isoelettrico (PI)
La migrazione di un aa (in
questo caso dell’alanina),
sotto l’effetto di un campo
elettrico dipende dal pH:
- a pH alti l’alanina è carica
negativamente e migra
verso l’anodo positivo;
- al punto isoelettrico
(pH=6,02) l’alanina è neutra
e non migra
- a pH bassi l’alanina è
carica positivamente e
migra verso il catodo
negativo.
28
L’ELETTROFORESI
L’elettroforesi è una tecnica di separazione che si basa sulla migrazione di particelle cariche
sotto l’influenza di un campo elettrico
E’ possibile sottoporre a separazione elettroforetica molecole che possiedono gruppi o
residui ionizzabili, e dunque aminoacidi e proteine, nucleotidi e acidi nucleici
La migrazione è direttamente proporzionale alla carica netta di una molecola, (che dipende
dal proprio punto isoelettrico e dal pH del mezzo), ed inversamente proporzionale alle
dimensioni
Le particelle migrano e si separano, fra i pori di un supporto solido inerte, in base alla
diversa mobilità e si raggruppano in zone ristrette
29
REAZIONE DELLA NINIDRINA
La ninidrina è un reagente utile per rilevare la presenza di amminoacidi e per
determinare la concentrazione delle loro soluzioni
Questa sostanza reagisce con il gruppo amminico primario degli α-
amminoacidi dando luogo alla formazione di un colorante violetto. La prolina,
che ha un gruppo amminico secondario, forma invece un colorante giallo, che
può essere anch’esso usato per scopi analitici
L’intensità della colorazione è direttamente proporzionale alla concentrazione
dell’amminoacido
30
IL LEGAME PEPTIDICO
Nei peptidi gli amminoacidi sono uniti tra loro mediante il legame
peptidico, un legame covalente ammidico che si stabilisce tra il gruppo
carbossilico di un amminoacido ed il gruppo amminico
dell’amminoacido successivo con eliminazione di una molecola di
acqua
La formazione del legame peptidico è una reazione di condensazione
31
IL LEGAME PEPTIDICO
Il carbonio carbonilico di un’ammide è ibridato sp2 e presenta una
geometria triangolare planare
Nel legame peptidico vi è una delocalizzazione degli elettroni del
doppietto elettronico libero dell’atomo di azoto: è quindi possibile
scrivere due strutture di risonanza che differiscono per la diversa
posizione della coppia di elettroni
32
CARATTERISTICHE DEL LEGAME PEPTIDICO
Per effetto della risonanza il legame peptidico ha un parziale carattere di legame
doppio*, di conseguenza:
1- il legame peptidico è rigido e planare (tutti i sei atomi coinvolti nel legame
peptidico giacciono sullo stesso piano)
2- il legame peptidico non può ruotare liberamente, di conseguenza sono possibili
due conformazioni
1 2 3 4 5
Ciascun amminoacido
componente un polipeptide si
chiama residuo
35
IL LEGAME PEPTIDICO
Poiché ciascun amminoacido ha sia un gruppo amminico che uno
carbossilico, si possono formare due diversi peptidi
36
IL LEGAME DISOLFURO
Nei peptidi l’unico altro tipo di legame covalente che si forma tra gli
amminoacidi, oltre a quello peptidico, è il legame disolfuro, chiamato anche
ponte disolfuro (-S-S-)
Questo legame si forma tra i gruppi sulfidrilici (-SH) di due unità di cisteina e
porta alla formazione della cistina, un disolfuro molto abbondante nella
cheratina, una proteina fibrosa che si trova in particolare nei peli, nei capelli e
nelle unghie
La formazione del legame disolfuro è una reazione di ossidazione
I legami disolfuro possono essere facilmente spezzati da blandi agenti riducenti
ossidazione
riduzione
37
CAPELLI RICCI O LISCI?
Trattando i capelli con agente riducente i legami disolfuro –S-S- si rompono
dando origine ai gruppi sulfidrilici –SH. In questo modo si spezzano le
reticolazioni che uniscono le lunghe catene proteiche. A questo punto, i capelli
possono essere acconciati nel modo desiderato: lisci o ricci. Nella permanente i
capelli vengono piegati e trattati con un ossidante che ricrea i ponti disolfuro.
Ovviamente i nuovi legami disolfuro si trovano in nuove posizioni e mantengono a
lungo i capelli nella nuova acconciatura
38
LE FUNZIONI DELLE PROTEINE
CATALITICA: questa funzione è peculiare e caratteristica delle proteine ed è svolta da enzimi che
rendono possibili (più veloci) e specifiche le reazioni biologiche
PLASTICA o STRUTTURALE: formano la struttura delle cellule (membrana cellulare, citoplasma,
nucleo) e alcuni tessuti come il collagene nel tessuto connettivo (cartilagine, tendini, ossa, pelle,
muscolatura), la cheratina (capelli e unghie), la fibroina (fibre della seta)
ENERGETICA: forniscono 4 Kcal/g. Vengono consumate dopo i carboidrati e i lipidi
DI RISERVA: le proteine possono essere utilizzate come riserva, per situazioni di necessità, di
amminoacidi, come il glutine (semi di grano), l’ovoalbumina (albume dell’uovo), la lattoalbumina e la
caseina (latte), o di altre molecole o ioni, come la ferritina (immagazzina nel fegato, milza e midollo
osseo gli ioni ferrosi necessari per la sintesi dell’emoglobina)
PROTEZIONE: è una delle funzioni più esclusive delle proteine. Infatti, alcune proteine dette anticorpi
(immunoglobuline) vengono prodotte per proteggere l’organismo da molecole estranee (antigeni), in
caso di una infezione (immunità). Ricorda: ogni organismo si differenzia dagli altri per la sua
costituzione proteica. Tra proteine con funzione di protezione ricordiamo anche il sistema del
complemento, il lisozima, trombina e fibrinogeno (coagulazione del sangue)
ORMONALE: molti ormoni, con funzione di regolazione delle attività biologiche, sono proteine come
l’insulina e il glucagone (regolazione del metabolismo glucidico)
TRASPORTO: le proteine sono utilizzate per trasferire molecole o ioni nei vari distretti in cui sono
richiesti. Ad esempio l’emoglobina trasporta ossigeno e anidride carbonica rispettivamente dai
polmoni ai tessuti e viceversa; le lipoproteine si legano ai grassi e li trasportano nelle varie parti del
corpo; i carriers delle membrane cellulari trasportano ioni e molecole; trasmettono gli impulsi nervosi
MOVIMENTO: il tessuto muscolare è formato prevalentemente da actina e miosina, due proteine la cui
funzione principale è quella di permettere la contrazione e il rilascio dei muscoli
OSMOTICA e di TAMPONE: l’equilibrio osmotico e il pH del sangue sono mantenuti anche grazie ad
alcune proteine per il loro comportamento anfotero
TOSSICA: numerose tossine sono proteine (tossina del Clostridium botulinum, tossina difterica,
veleno del serpente
CONTROLLO: numerose proteine controllano la trasmissione dell’informazione genetica da un
organismo alla sua discendenza
39
FUNZIONI DI ACCETTORI, CONDUTTORI E TRASFORMATORI DI ENERGIA (meccanismo della visione)
LA STRUTTURA DELLE PROTEINE
Relazione struttura - funzione delle proteine
Tutte le proteine naturali sono composte dagli stessi 20 amminoacidi*
Ogni proteina si differenzia dalle altre per il tipo, il numero e la sequenza in cui
sono disposti gli amminoacidi
Questa sequenza determinerà la struttura tridimensionale della proteina stessa,
che, a sua volta, determinerà l’attività biologica che deve svolgere: la funzione di
una proteina è determinata dalla sua configurazione
La struttura delle proteine è suddivisa in vari gradi di complessità: primaria,
secondaria, terziaria e quaternaria
Gli aa possono essere combinati in un enorme numero di sequenze possibili (2020). Pertanto si potrebbe ottenere un
numero praticamente infinito di proteine diverse. Chiaramente l’evoluzione ha prodotto soltanto un piccolissimo
numero di queste proteine teoricamente possibile 40
LA STRUTTURA PRIMARIA
DELLE PROTEINE
E’ livello di organizzazione strutturale più semplice delle proteine
E’ costituita dalla sequenza lineare dei vari amminoacidi uniti insieme dal
legame peptidico
La sequenza degli amminoacidi non è casuale ma è definita dal codice genetico
presente nel DNA cellulare
La struttura primaria è di estrema importanza perché determina sia la forma che
la funzionalità biologica della proteina: è dalla sequenza degli amminoacidi che
derivano le successive interazioni fra gli aa stessi
41
LA STRUTTURA SECONDARIA
DELLE PROTEINE
Deriva dall’instaurarsi di legami ad
idrogeno fra l’ossigeno del gruppo
carbonilico (C=O)* di un amminoacido di
una sequenza proteica e l’atomo di
idrogeno del gruppo ammidico (CONH)* di
un altro amminoacido della stessa catena
proteica o di un’altra vicina
* dei legami peptidici
42
LA STRUTTURA AD α-ELICA
L’α-elica si forma quando una catena
polipetidica si avvolge formando una
spirale
L’α-elica è destrorsa*
È stabilizzata da legami a idrogeno
intracatena (intramolecolari) tra
l’ossigeno carbonilico di un legame
peptidico e l’atomo di idrogeno del
gruppo NH di un altro legame peptidico
posizionato 4 residui più avanti nella
catena polipeptidica. Ogni giro dell’elica
è tenuto unito a quello adiacente da
numerosi legami idrogeno che rendono, 5,4 Å
così, la struttura stabile
Ogni spira è costituita da 3,6
amminoacidi
Il passo dell’elica (distanza tra due
residui posti uno sopra l’altro nello
stesso punto dell’elica) è di 5,4 Å
* In natura l’elica destrorsa è la più diffusa ed è contenuta
da tutte le proteine globulari e da alcune fibrose 43
LA STRUTTURA AD α-ELICA
44
LA STRUTTURA A β FOGLIETTO
La struttura a β foglietto o foglietto pieghettato si forma
quando una catena polipetidica assume un andamento a
zig-zag che prende il nome di filamento beta
I filamenti β sono stabilizzati da legami a idrogeno intercatene* (o
intermolecolari), ossia tra filamenti del polipeptide adiacenti. I ponti a idrogeno
coinvolgono sempre l’O del carbonile (C=O) di un legame peptidico e l’atomo di H
del gruppo NH di un altro legame peptidico ma appartenente ad un filamento
adiacente
Le catene laterali R sono proiettate perpendicolarmente al piano dei legami
peptidici e sono disposti alternativamente sopra e sotto il piano del foglietto alla
massima distanza possibile l’una dall’altra
Le proteine che presentano questa struttura contengono un’elevata percentuale
di gruppi R piccoli, perché se le catene laterali sono troppo ingombranti si creano
zone di repulsione sterica che destabilizzano la struttura
β foglietto antiparallelo:
le catene vicine unite da legami
a idrogeno corrono in direzioni
opposte
46
LA STRUTTURA A β FOGLIETTO
La proteina in cui è presente la struttura a β foglietto non è estensibile
(cioè allungabile perché i legami a idrogeno, in questa struttura, non si
distendono) ma è molto flessibile perché i vari piani slittano l’uno
sull’altro
Questa struttura è caratteristica solo di poche proteine in particolare
della β-cheratina della fibroina (seta e tela del ragno)
47
LA STRUTTURA TERZIARIA
DELLE PROTEINE
La struttura terziaria di una proteina è rappresentata dalla
configurazione tridimensionale che la catena polipeptidica assume
nell’ambiente in cui si trova ed è in relazione alla sequenza
amminoacidica che la caratterizza
Le proteine generalmente assumono conformazioni che ne rendono
massima la stabilità: la struttura terziaria di una proteina, tra le
numerosissime eventuali, è quella a minor contenuto energetico possibile
48
LA STRUTTURA TERZIARIA
DELLE PROTEINE
La struttura terziaria di una proteina deriva dalle interazioni tra le catene laterali
R di amminoacidi non adiacenti e spesso distanti tra loro che interagiscono in
base alle loro caratteristiche chimico-fisiche
La struttura terziaria è stabilizzata principalmente da:
50
LA STRUTTURA TERZIARIA
DELLE PROTEINE
Nell’ambiente acquoso delle cellule, spesso le proteine si ripiegano in modo
tale da posizionare:
• il maggior numero possibile di gruppi R apolari all’interno della struttura
proteica, dove le interazioni idrofobiche tra questi gruppi aiutano a stabilizzare la
molecola
• i radicali R idrofili (gruppi polari e carichi) verso la superficie, l’ambiente esterno
acquoso per rendere massima la formazione di legami idrogeno con l’acqua
Queste interazioni
causano un ripiegamento
della catena proteica non
casuale che le fa assumere
una conformazione
globulare
51
LA STRUTTURA TERZIARIA DELLE PROTEINE
Esempi di
strutture
terziarie di
proteine:
la struttura è
caratterizzata
da brevi tratti
di α-elica e
a foglietto β,
collegati da
tratti non
organizzati in
struttura
secondaria
definiti loop
Si può notare
che in una
struttura
terziaria
possono
trovarsi più
strutture
secondarie
52
LA STRUTTURA QUATERNARIA
DELLE PROTEINE
Rappresenta il livello di organizzazione strutturale delle proteine più
complesso
E’ rappresentata da aggregati proteici costituiti da due o più catene
polipeptidiche (2-10), uguali (proteina omogenea) o diverse (proteina
eterogenea) e già conformate in una struttura terziaria
Ciascuna catena polipeptidica viene definita subunità della proteina
Le subunità che costituiscono la proteina sono unite tra loro da legami
deboli, generalmente non covalenti, quali le interazioni idrofobiche e i
legami a idrogeno. Possono essere anche presenti ponti disolfuro e
legami ionici
Proteina dimerica = costituita da due subunità
Proteina trimerica = costituita da tre subunità
Proteina tetramerica = costituita da quattro subunità
Proteina multimerica = costituita da numerose subunità
53
PROTEINE MONOMERICHE E MULTIMERICHE
54
LA STRUTTURA QUATERNARIA
DELLE PROTEINE
Esempi di proteine con struttura quaternaria sono
l’emoglobina e la transtiretina, una proteina plasmatica
deputata al trasporto degli ormoni tiroidei, formata da 4
subunità proteiche, fra loro identiche ed in cui è prevalente
la struttura a foglietto β
L’EMOGLOBINA
L’emoglobina è una proteina globulare presente nei
globuli rossi ed ha la funzione di trasportare l’ossigeno
nel sangue
L’emoglobina è una proteina tetramerica costituita da
quattro catene polipetidiche, identiche due a due: 2
catene alfa (α) e 2 catene beta (β) rispettivamente di 141
e 146 aa
Le quattro subunità dell’emoglobina sono unite da
interazioni idrofobiche, legami a idrogeno e legami
ionici
La specifica funzione dell’emoglobina è possibile solo
quando tutte le quattro subunità sono insieme 55
L’EMOGLOBINA
Nella molecola di emoglobina ciascuna subunità lega
un gruppo eme, di conseguenza l’emoglobina può
legare quattro molecole di ossigeno
L’eme è costituito da una componente organica ad
anello (anello porfirinico) e da un atomo di ferro,
localizzato al centro dell’anello (NOX = +2) legato a 4
atomi di azoto
56
PROTEINE: I QUATTRO LIVELLI DI STRUTTURA
In tutte le proteine naturali sono presenti le strutture primaria, secondaria
e terziaria che contribuiscono insieme a dare alle proteine la loro attività
biologica specifica e le sue proprietà (dimensioni e solubilità*)
Inoltre, una proteina tende ad assumere la struttura più adatta alla
funzione biologica che deve svolgere
Le proteine che si trovano nella conformazione più stabile (a minore
energia) sono dette ―proteine native‖
57
* La solubilità in acqua dipende dal rapporto tra gruppi polari e non polari
PROTEINE FIBROSE E PROTEINE GLOBULARI
In base alla conformazione assunta, che determina la struttura, la funzione e
l’idrosolubilità, le proteine vengono classificate in:
PROTEINE FIBROSE PROTEINE GLOBULARI
Forma allungata: Forma rotondeggiante, più o meno
costituite da catene polipeptidiche sferica: costituite da catene
disposte in lunghi fasci o foglietti polipeptidiche ripiegate per assumere
una forma globulare (struttura meno ordinata
rispetto a quella delle proteine fibrose)
Insolubili in acqua: Solubili in acqua:
formate prevalentemente da aa con la parte interna è idrofoba, mentre la
residui R apolari sia all’interno che superficie idrofila
all’esterno della proteina
Costituite in gran parte da un unico tipo La struttura terziaria prevale
di struttura secondaria ripetuto che è su quella secondaria,
prevalente rispetto a livelli di di cui sono presenti più tipi
organizzazione superiore
Sono resistenti e robuste ed, alcune, Funzioni:
flessibili ed elastiche: catalisi (enzimi), regolazione di processi
funzione strutturale, sostegno, biologici (ormoni, insulina), trasporto
protezione (collagene e cheratina); (emoglobina), protezione (anticorpi),
meccanica (proteine della contrazione deposito (albumina)
muscolare: actina e miosina) 58
PROTEINE FIBROSE E PROTEINE GLOBULARI
Proteine fibrose
Proteine globulari
59
IL COLLAGENE
È la proteina più abbondante nei vertebrati
Principale componente dei tessuti connettivi (derma, cartilagine, tendini, muscoli, vasi
sanguigni, ossa, ecc.) con funzione strutturale e di sostegno
La catena polipeptidica di base è ad α-elica sinistrorsa
Catena polipeptidica di base
61
PROTEINE CONIUGATE
CLASSIFICAZIONE DELLE
PROTEINE
IN BASE ALLA LORO
COMPOSIZIONE
PROTEINE CONIUGATE
PROTEINE SEMPLICI sono composte da amminoacidi e
contengono solo amminoacidi da una parte non amminoacidica:
GRUPPO PROSTETICO
Calcio Calmodulina
Molibdeno Dinitrogenasi
Rame Plastocianina
63
LA DENATURAZIONE DELLE PROTEINE
La conformazione tridimensionale di una proteina nel suo ambiente naturale che
le permette di svolgere la sua funzione biologica, si chiama conformazione nativa
La conformazione nativa può essere alterata da numerosi agenti fisici o chimici,
definiti agenti denaturanti, che causano modificazioni fisico-chimiche, reversibili
o irreversibili (generalmente irreversibili), in seguito alla rottura dei deboli legami
intramolecolari e intermolecolari che causano la perdita della struttura secondaria
e terziaria di una proteina ma non quelli peptidici della struttura primaria
Si definisce denaturazione la perdita della conformazione nativa della proteina
che comporta la diminuzione o la perdita dell’attività biologica
64
LA DENATURAZIONE DELLE PROTEINE
Queste modificazioni possono essere reversibili o irreversibili a seconda
dell’intensità dell’azione del fattore ambientale scatenante:
si definisce denaturazione il cambiamento reversibile della struttura della
proteina che comporta la diminuzione o la perdita dell’attività biologica
si definisce coagulazione il cambiamento irreversibile della struttura della
proteina che comporta la perdita dell’attività biologica; le modificazioni strutturali
sono profonde e sono dovute alla rottura e/o formazione di nuovi legami covalenti
inter e intramolecolari per cui la proteina non riprende più la sua conformazione
nativa
65
LA DENATURAZIONE DELLE PROTEINE
I più comuni agenti denaturanti sono:
calore → causa un aumento dell’energia cinetica
delle particelle con conseguente incremento delle
vibrazioni che rompono le deboli attrazioni
valori di pH estremi → l’aggiunta di acidi o basi forti o
concentrati interferisce con i residui polari causando
alterazioni della carica netta della proteina che
determinano repulsioni elettrostatiche
solventi organici polari (alcol, acetone) e detergenti
→ causano modificazioni delle interazioni
rispettivamente idrofile e idrofobiche che destabilizzano
la struttura della proteina (cambia la disposizione dei
gruppi R apolari e polari tra l’interno e l’esterno)
ioni di metalli pesanti come Hg++, Pb++, Ag+ → si
combinano con le cariche negative della molecola
proteica
agenti riducenti → rompono i ponti disolfuro -S-S- tra
i residui di Cys
agitazione meccanica
radiazioni ionizzanti
luce ultravioletta 66
LA DENATURAZIONE DELLE PROTEINE
Le proteine denaturate:
hanno perduto o ridotto l’attività biologica
sono meno solubili
sono più reattivi in quanto i gruppi funzionali della molecola proteica sono più
esposti all’attacco dei vari agenti
sono più digeribili
67
L’ANALISI DEGLI AMMINOACIDI
Determinazione della struttura primaria di peptidi e proteine
SCOPI:
• Identificazione degli amminoacidi
• Determinazione della quantità degli amminoacidi
• Definire la sequenza degli amminoacidi
68
L’ANALIZZATORE DI AMMINOACIDI
SCOPO: Identificazione degli amminoacidi presenti e determinazione della loro
quantità*
Idrolisi del peptide o della proteina mediante riscaldamento a 110°C per 24 ore con HCl 6M → si
rompono tutti i legami peptidici
La miscela di amminoacidi viene introdotta nell’analizzatore di amminoacidi, uno strumento che
permette di determinare il contenuto in amminoacidi dei peptidi e delle proteine
1) I diversi amminoacidi presenti nell’idrolizzato vengono separati mediante cromatografia a
scambio ionico
2) Si usano soluzioni tampone a pH diversi per eluire gli amminoacidi nella colonna
3) Gli amminoacidi sono evidenziati mediante reazione con ninidrina (reagisce sia con i
gruppi amminici primari che quelli secondari)
4) Ogni amminoacido è identificato per confronto con il profilo di eluizione standard
5) L’intensità del picco fornisce la quantità di ogni amminoacido
* Con questo metodo non si può risalire alla sequenza della proteina perché gli aa sono tutti mischiati in soluzione 69
L’ANALISI DEGLI AMMINOACIDI
Come risalire alla sequenza?
Tappe per la determinazione della sequenza di una proteina :
1) Se la proteina è formata da più catene esse devono essere separate
2) Scissione dei ponti disolfuro (con agenti riducenti)
3) Determinazione del residuo N-Terminale (il primo amminoacido della proteina)
→ degradazione di Sanger e degradazione di Edman
4) Scissione del peptide con diverse proteasi in frammenti
5) Identificazione degli amminoacidi N-terminale e C-terminale dei frammenti
6) Determinare la composizione amminoacidica di ogni frammento
7) Ripetere il punto 4-5 più volte per avere vari frammenti di una stessa proteina
8) Riordinare i frammenti nella corretta sequenza
9) Ricostruire la sequenza della proteina sovrapponendo le sequenze dei singoli
frammenti
70
IDENTIFICAZIONE DELL’AMMINOACIDO N-TERMINALE:
DEGRADAZIONE DI SANGER
Sostituzione
elettrofila
aromatica
71
IDENTIFICAZIONE DELL’AMMINOACIDO N-TERMINALE:
DEGRADAZIONE DI EDMAN
Consente di scindere selettivamente l'amminoacido N-terminale,
lasciando il polipeptide accorciato di un'unità
Il reattivo di Edman è il fenilisotiocianato, che trasforma l'amminoacido N-
terminale in una tiourea ciclica
72
DEGRADAZIONE DI EDMAN
73
IDENTIFICAZIONE DELL’AMMINOACIDO C-TERMINALE:
LA CARBOSSIPEPTIDASI
L'identificazione dell’amminoacido C-terminale di una sequenza
amminoacidica viene effettuata impiegando un enzima, la carbossipeptidasi,
in grado di idrolizzare il legame peptidico a partire esclusivamente
dall’amminoacido C-terminale
74
PROTEOLISI SELETTIVA
Per scomporre selettivamente un peptide o una proteina in segmenti più
corti si può ricorrere a due metodi:
- Metodo enzimatico: si utilizzano degli enzimi chiamati proteasi
(endoproteinasi) come la tripsina, che rompe i legami peptidici tra un
qualsiasi amminoacido e la lisina o l’arginina
- Metodo chimico: si utilizzano particolari reattivi quali il bromuro di
cianogeno, che scinde i legami peptidici tra un qualsiasi amminoacido e la
metionina
75
LA SINTESI PEPTIDICA
I peptidi possono essere sintetizzati legando tra loro, nella giusta sequenza, gli
amminoacidi di cui sono composti
Esistono diversi motivi per sintetizzare un peptide o una proteina:
indagine delle relazioni tra struttura e funzione di una proteina. Per esempio
si può studiare l'effetto provocato sull'attività biologica di un enzima dalla
sostituzione di un amminoacido con un altro
utilità in campo farmacologico, come la ricerca di nuovi farmaci o la
produzione di altri già noti
76
LA SINTESI PEPTIDICA
Il problema della sintesi dei peptidi è legato al fatto che devono reagire fra loro
molecole bifunzionali per cui per ottenere la voluta sequenza non basta mettere
insieme i due amminoacidi. Se, ad esempio, volendo la sequenza Phe—Gly
mettessimo insieme fenilalanina e glicina otterremmo i quattro dipeptidi: Phe—
Phe; Gly—Gly; Phe—Gly; Gly—Phe
Pertanto, bisogna proteggere il gruppo amminico dell’amminoacido che dovrà
essere quello N-terminale ed il gruppo carbossilico di quello che sarà
l’amminoacido C-terminale
Attualmente i peptidi vengono sintetizzati con la tecnica in fase solida di
Merrifield, nella quale un’estremità del peptide in accrescimento è ancorata con
un legame chimico a un solido inerte e insolubile
Di solito la fase solida è polistirene reticolato, in cui alcuni anelli aromatici (1-
10%) contengono dei gruppi clorometilici (ClCH2-)
77
78
79