Classificazione lesioni
Reattive/infiammatorie
- Mucocele
- PGCG
- Lesioni infiammatorie periapicali
- Iperplasia fibrosa/gengivale
- Parotite ricorrente giovanile (RIP)
Infettive
- Miceti (candida)
- Virus (hsv, vzv, hbv, ebv, coxackie, HPV)
- Batteri (stafilococco, micobatteri, treponema, actinomiceti)
Traumatiche
- Cheratosi frizionale
- Ustioni
- Ulcere traumatiche
Idiopatiche/congenite
- Epidermolisi bollosa
- Riga-Fede
- Lingua a carta geografica/fissurata
- Micro/macroglossia
- Anchiloglossia
- Nevo bianco
- Granuli d Fordyce’s
- Macule melanocitiche orali
- Schisi orofacciale
Immunomediate
- Ulcere aftosiche (malattia di Behcet)
- Vescicolo bollose
- Granulomatosi (morbo di Crohn)
- GVHD
Indotte da farmaci
- Indotte da chemio o radioterapia
- Eritema multiforme (EM)
- Sindrome di Stevens-Johnson (necrolisi)
- Farmaci antiepilettici
Neoplasie
- Fibroma
- Emangioma
- Linfoangioma
- Epulide congenita
- Carcinoma mucoepidermoide
- Rabdomiosarcoma
- Tumori odontogeni
- Neurofibroma
- Tumore neuroectodermico melanotico dell’infanzia
La maggior parte delle lesioni che vengono riscontrate nella popolazione pediatrica sono reattive ed infettive.
Le stesse manifestazioni che possono presentarsi nell’adulto o nel bambino portano a differenti
considerazioni diagnostiche; ad esempio:
• Ulcera traumatica del ventre linguale di destra:
- paziente 50 anni: condizioni funzionali, dentarie, protesiche
- paziente 8 anni: problema psichiatrico (condizioni di disagio psicologico del bambino)
• Morbo di Crohn
- Adulto: le manifestazioni extra-intestinali seguono la progressione intestinale
- Bambini: nel 50% dei casi esordiscono con manifestazioni extra intestinali (eritema perilabiale e
fistole perianali)
Epidemiologia
-Localizzazioni: prevalenza labbra e lingua
-Cause: prevalgono forme acute (afte)
-Traumatiche: cheek and lip biting
Le forme traumatiche del bambino sono normali in corso di dentizione poiché compaiono elementi dentari
affilati (versanti cuspidali e margini) ed il sistema deve adattarsi a questa presenza. Se invece il paziente non
è in fase di dentizione bisogna porre attenzione al trauma cronico.
Le lesioni traumatiche del capezzolo materno o del ventre linguale richiedono estrazione oppure cercare di
far ruotare il dente imponendogli una direzione con il klemmer.
Perle di Epstein del neonato: sono cisti biancastre, delle dimensioni di 1-3
mm, che si formano sulle gengive, a livello della cresta del solco alveolare, e
sulla linea mediana del palato. Quando si riscontrano sulle gengive
prendono anche il nome di Noduli di Bohn. Interessano esclusivamente il
neonato e hanno una frequenza alquanto elevata, verificandosi in circa
l’80% dei bambini. Sono il risultato di un difetto di fusione o di residui della
lamina dentale. Presentano al loro interno proteine e/o cellule epiteliali esfoliate. Regrediscono
spontaneamente nel giro di poche settimane. Non si associano, di solito, a complicazioni.
Cisti e tumori di origine dentaria: tipici dell’età pediatrica il fibroma amelobastico e il mixoma odontogeno
Fibroma ameloblastico
Viene considerato un tumore misto in cui sia la parte epiteliale che mesenchimale
sono parte della neoplasia. Non è frequente e generalmente colpisce i bambini: le
lesioni vengono diagnosticate prima dei venti anni. Possono comunque esserci casi
in pazienti adulti e più frequentemente negli uomini.
I piccoli fibromi ameloblastici sono asintomatici mentre i più grandi sono associati a
protuberanza mandibolare e crescendo possono coinvolgere anche l’intero ramo
mandibolare.
Il sito più comunemente colpito è la parte posteriore della mandibola (70%).
Radiograficamente appare come una lesione uniloculare (le più piccole) o
multiloculare radiotrasparente, i margini sono ben definiti e possono essere corticati.
Nel 75% si associa ad una mancata eruzione dentaria.
Il fibroma ameloblastico morfologicamente è caratterizzato dall’essere una massa
solida con una superficie esterna liscia; può essere presente una capsula definita.
Microscopicamente il tumore è composto da cellule mesenchimali della papilla
dentaria primitiva frammisto a epitelio odontogeno che ha un pattern quasi “a corda”
composto da cellule cubiche o colonnari; oppure le cellule epiteliali possono
organizzarsi in isole che rappresentano lo stadio follicolare dello sviluppo dell’organo
dello smalto. La parte mesenchimale del tumore, invece, è composta da cellule gonfie
ed ovoidali disperse in una matrice amorfa.
L’approccio terapeutico prevede che la terapia iniziale sia alquanto conservativa con
semplice escissione e curettage mentre trattamenti chirurgici più aggressivi
potrebbero essere riservati alle lesioni recidivanti. Circa il 35% dei casi di
fibrosarcoma ameloblastico originano da una recidiva di fibroma ameloblastico.
Mixoma odontogeno
Si pensa originino dall’ectomesenchima odontogeno.
Colpiscono generalmente la popolazione con un’età compresa tra i 20-30 anni e può
essere presente in qualsiasi area delle ossa mascellari, prediligendo la mandibola.
Le lesioni più piccole sono asintomatiche e possono essere diagnosticate anche
casualmente durante un esame radiografico. Le lesioni più grandi sono associate a
espansione asintomatica dell’osso coinvolto. La crescita del tumore è rapida e può
essere correlata all’accumulo di sostanza mixoide all’interno del tumore.
Radiograficamente il mixoma appare come una lesione uniloculare o
multiloculare radiotrasparente che può provocare spostamento o riassorbimento
degli elementi dentari nell’area coinvolta. I margini sono irregolari o dentellati e
possono essere presenti trabecolature ossee all’interno. I mixoma di grandi
dimensioni possono presentare un pattern a bolle di sapone indistinguibile
dall’ameloblastoma.
Ha una struttura gelatinosa e microscopicamente è composto da cellule stellate,
fuse e arrotondate in abbondante stroma mixoide che contiene solo poche fibrille
collagene, glicosaminoglicani, acido ialuronico e condroitin-solfato.
L’immunoistochimica ha dimostrato una diffusa immunoreattività delle cellule
del mixoma con anticorpi diretti contro la vimentina.
Le lesioni di piccole dimensioni vengono trattate con curettage ma è necessario,
per almeno 5 anni, un attento follow-up. Per le lesioni più grandi è richiesta una
estesa resezione perché, non essendoci una capsula, il mixoma tende a invadere
l’osso circostante.
Non metastatizza ma possono essere presenti cellule atipiche (mixosarcoma o
mixoma odontogeno maligna) che lo rendono più aggressivo.
FORME INFETTIVE
HSV1 e HSV2: hanno struttura e meccanismo d’azione simile ma differente antigenicità (per le differenze
nella membrana glicoproteica), sito coinvolto ed epidemiologia. Nonostante ciò c’è un’elevata percentuale di
crossreattività anticorpale e gli anticorpi diretti contro un tipo di HSV possono ridurre la severità
dell’infezione dall’altro tipo di virus.
HSV-1 si diffonde principalmente attraverso la saliva o lesioni periorali attive preferendo aree quali mucosa
orale, volto ed occhi, in particolare sono spesso coinvolte la faringe, la mucosa intraorale, labbra, occhi. Le
infezioni genitali da HSV1 sono rare ma ultimamente si ritiene stiano aumentando a causa di comportamenti
sessuali orali e della ridotta frequenza di infezioni da HSV1 non sessuali nei bambini.
HSV-2 si adatta meglio alle aree genitali e si trasmette principalmente attraverso i rapporti sessuali. Le
infezioni orali e faringee da HSV2 sono rare.
La storia naturale delle infezioni da HSV prevedono:
- Infezione primaria: si riferisce all’esposizione primaria al virus di un individuo che non presenta
anticorpi. Tipicamente si sviluppa nell’età adolescenziale, frequentemente asintomatica, senza
elevate morbilità. Per le forme sintomatiche il tempo di incubazione va dai 3 ai 9 giorni. Dopo
che l’infezione primaria è avvenuta, il virus entra nei nervi sensitivi dove rimane in uno stato di
latenza. La sede di latenza più comune per l’HSV1 è il ganglio trigeminale, poi i gangli nodoso
del vago, gangli della radice dorsale e il cervello. Il virus usa gli assoni dei neuroni sensitivi per
ritornare poi a livello della cute o della mucosa.
- Infezione secondaria (recidiva): si ha con la riattivazione del virus. L’età adulta, i raggi
ultravioletti, stress fisico o emozionale, gravidanza, allergia, trauma, trattamento dentario,
malattia respiratoria, mestruazioni, febbre, malattie sistemiche, sono associate con la
riattivazione. Le recidive sintomatiche sono comuni e coinvolgono l’epitelio innervato dal
ganglio sensitivo in cui è presente il virus latente.
Si ritiene, dai recenti studi, che circa il 70% della popolazione presenta nel proprio cavo orale l’HSV-1 in
forma asintomatica per almeno un mese. Zone affollate e scarsa igiene promuovono l’esposizione al virus,
così come un basso status socio-economico.
L’infezione da HSV-2 è una delle infezioni sessualmente trasmesse più comuni (circa 16% della popolazione
adulta) ed è associato ad un aumentato rischio di contratte HIV: si crea infatti un microambiente ricco di
cellule immunitarie suscettibili all’infezione da HIV.
Gli HSV sono coinvolti anche in molti processi non infettivi come nel 15% dei casi di eritema multiforme
sono preceduti da recidiva sintomatica da HSV da 3 a 10 giorni prima (trigger).
In altri pazienti si è visto che l’infezione in forma asintomatica da HSV può coincidere con la presenza di
lesioni aftosiche ulcerative e che possano promuovere la carcinogenesi ma il loro ruolo oncogenico non è
ben studiato.
MONONUCLEOSI
Malattia sintomatica da esposizione a EBV (HHV-4) che si trasmette attraverso contatto intimo (kissing
disease). Spesso si diffonde all’interno della famiglia e il virus rimane per tutta la vita nell’ospite. I bambini
trasmettono il virus attraverso la saliva contaminata sulle ditte, giochi o altri oggetti.
L’età di esposizione si aggira intorno ai 3 anni ed è molto diffusa in età adolescenziale.
Nei bambini l’infezione è asintomatica mentre negli adolescenti è spesso sintomatica. L’EBV è anche
associato a OHL (oral hairy leukoplakia), malattie linfoproliferative, linfoma (spesso Burkitt), carcinoma
nasofaringeo, carcinoma salivare, carcinoma gastrico.
Sintomatologia:
- Nei bambini sotto i 4 anni: spesso si ha febbre, linfoadenopatia, faringite, epatosplenomegalia,
rinite.
- Nei bambini di età maggiore ai 4 anni: stessi sintomi ma ridotta frequenza di epatosplenomegalia
e rinite.
- Negli adulti con età maggiore ai 40 anni: principalmente febbre e faringite.
Nei casi più gravi si può avere rottura della milza, trombocitopenia, anemia emolitica autoimmune,
miocardite, linfoistiocitosi da massiva attivazione dei linfociti T e di istiociti. Queste condizioni sono fatali
se non trattate immediatamente.
Nelle infezioni classiche giovanili la mononucleosi si caratterizza da sintomi
prodromici, 2 settimane prima della comparsa della febbre, quali: fatica,
malessere, anoressia; la febbre raggiunge anche temperature molto elevate e può
durare fino a 14 giorni.
La prominente linfoadenopatia si manifesta nel 90% dei casi: tipicamente si ha
ingrossamento simmetrico con frequente coinvolgimento della catena cervicale
anteriore e posteriore.
Più dell’80% dei pazienti presenta ingrossamento tonsillare con presenza di
essudato e ascessi. La tonsilla linguale, localizzata alla base della lingua dalle
papille circumvallate all’epiglottide, può essere iperplastica e compromettere la
respirazione, così come l’edema e l’ipertrofia aritenoide.
Possono essere presenti anche delle petecchie a livello del palato duro e molle nel
25% dei pazienti che spariscono nell’arco di 24-48 ore. Può essere presente
gengivite ulcero necrotica (NUG).
La diagnosi si effettua inquadrando l’aspetto clinico e con test sierologici che quantificano le IgM.
L’immunofluorescenza indiretta può quantificare gli anticorpi diretti contro gli antigeni del capside virale
(VCA) e contro gli antigeni nucleari (EBNA). Inoltre, nei casi di pazienti immunocompromessi, può essere
utile anche la PCR.
In molti casi l’infezione si risolve nel giro di 4-6 settimane.
I FANS possono essere usati per ridurre la sintomatologia ma è importante una adeguata idratazione e
nutrizione.
Il coinvolgimento tonsillare può simulare un’infezione batterica ma sono assolutamente da evitare gli
antibiotici poiché portano alla comparsa di rash cutanei nei pazienti con mononucleosi.
L’utilizzo di antivirali comporta la risoluzione dell’hairy leukoplakia e comunque una riduzione della
replicazione virale, non è comunque una terapia efficace a ridurre la risposta anticorpale al virus che sono
responsabili della manifestazione clinica.
CITOMEGALOVIRUS
CMV (HHV-5) può rimanere latente dopo l’infezione iniziale o riattivarsi in alcune condizioni. Le sedi di
latenza del virus sono generalmente le ghiandole salivari, l’endotelio, macrofagi e linfociti. Il virus può
essere presente nei fluidi salivari, sangue, urine, lacrime, secrezioni respiratorie, genitali e latte materno.
L’infezione si manifesta spesso nei neonati o negli adolescenti, principalmente per l’attività sessuale.
Circa il 90% delle infezioni sono asintomatiche; nelle infezioni neonatali si ha ittero, epatosplenomegalia,
eritropoiesi cutanea, trombocitopenia (spesso associate a petecchie e porpore). Il coinvolgimento del SNC
può comportare microcefalia, crisi epilettiche, ritardo mentale. Inoltre, l’infezione da CMV è la causa più
frequente di perdita uditiva neurosensoriale non ereditaria nei bambini, alla
nascita o durante l’infanzia.
Tra i pazienti immunocompetenti è rara la sintomatologia associata
all’infezione da CMV, può comunque comparire febbre e stanchezza o
dolore articolare, muscolare, addominale.
La biopsia delle lesioni intraorali da CMV mostrano modificazioni delle
cellule endoteliali dei vasi o delle cellule epiteliali del dotto salivare.
All’istologia si osservano le cellule infette diffuse che sono estremamente gonfie con inclusioni
intracitoplasmatiche ed intranucleari con nucleoli prominenti. Queste cellule vengono chiamate “owl eye
cells”.
La diagnosi si effettua sulle caratteristiche cliniche e i dati laboratoristici. La biopsia può dimostrare
l’inclusione virale nelle cellule ma spesso c’è bisogno dell’immunoistochimica per dimostrare che si tratta di
CMV. La biopsia è comunque consigliata nei casi di ulcerazioni croniche e refrattarie alla terapia.
Il test sierologico prevede l’ELISA test e la valutazione delle IgM anti CMV nel caso ci fosse infezione
acuta. Nei pazienti immunocompromessi si può effettuare PCR.
Terapia
La maggior parte delle infezioni da CMV si risolvono spontaneamente ma la terapia è necessaria nei pazienti
immunocompromessi (ganciclovir).
Nei pazienti che hanno lesioni orali con coinfezioni da HSV e CMV la somministrazione di ganciclovir può
essere utile per la loro risoluzione.
ENTEROVIRUS
Gli enterovirus umani sono stati classificati in echovirus, coxsackievirus A e B, poliovirus e diversi sottotipi.
Molte infezioni da enterovirus sono asintomatiche ma tra quelle sintomatiche c’è molta variabilità.
Le infezioni si sviluppano intorno ad un’età compresa tra 1 e 4 anni.
I pattern più comuni sono: herpangina, bocca-mani-piedi, faringite linfonodulare acuta (possono anche
manifestarsi contemporaneamente).
La via di trasmissione più frequente è quella orofecale anche se, durante la fase acuta, il virus si può
trasmettere anche attraverso droplets. Il periodo di incubazione va dai 4 ai 7 giorni e generalmente
l’infezione conferisce immunità ad una reinfezione da parte dello stesso virus.
I pattern clinici variano in base alla tipologia di virus: ci sono infezioni che
si auto-limitano e non hanno bisogno di terapia mentre altri che sviluppano
complicazioni anche fatali.
L’herpangina inizia con un dolore alla gola, disfagia, febbre che possono
accompagnarsi a rinorrea, raffreddore, mal di testa, mialgia. Tipicamente
compaiono lesioni (da 2 a 6 lesioni) a livello del palato molle e dei pilastri
tonsillari: iniziano come macule rosse fin a diventare vescicole ed ulcere
(diametro 2-4 mm). I sintomi sistemici si risolvono nel giro di pochi giorni
mentre le ulcerazioni necessitano di 7-10 giorni.
Malattia mani-piedi-bocca: il rash cutaneo e le lesioni orali sono
tipicamente associate con i sintomi tipici influenzali.
Le lesioni orali compaiono per prime e non sono precedute da
sintomatologia prodromica. Somigliano a quelle dell’herpangina ma sono
più numerose (fino a 30) e frequentemente coinvolgono: la mucosa orale, la
mucosa labiale, la lingua. Le lesioni individuali misurano da 2 a 7 mm ma
possono arrivare fino a 1 cm. Si ulcerano rapidamente e guariscono poi
nell’arco di 1 settimana.
Le lesioni cutanee possono arrivare fino ad una dozzina e coinvolgono prima
i palmi delle mani e le piante dei piedi e la superficie laterale delle dita.
Iniziano come macule eritematose, sviluppano poi una vescicola centrale e
guariscono senza creare croste.
La Faringite acuta linfonodulare è caratterizzata da mal di gola, febbre, mal
di testa che possono durare fino a 14 giorni. Si sviluppano piccoli noduli (da
1 a 5) giallognoli e arrossati a livello del palato molle e dei pilastri tonsillari.
I noduli rappresentano aggregati linfoidi iperplastici e si riducono nell’arco
di 10 giorni senza creare vescicole o ulcerazioni.
Dopo 24 ore
- Febbre a 38
- Condizioni generali scarse
Si tratta di Gengivostomatite erpetica, la diagnosi prende in
considerazione la presenza di:
- vescicole con essudato sieroso, a filiera, bilaterali
- ulcerazioni superficiali
- lesioni crostose impetiginose secondarie ad infezione
- gengiva fortemente eritematosa e tumefatta
- forma primaria
- rapida evoluzione
- interessamento cute periorale
Herpangina da coxsackie
- paziente febbrile
- vescicole localizzate solo al palato molle
- insorgenza acuta
- non monolaterale: prima infezione
infezione virale
- Paziente di 12 anni
- Lievemente sintomatico
- Insorgenza acuta 24/48h
- Paziente febbrile
- Accenno vescicolazione: alcune lesioni confluite
- Bilaterale
Se le stesse lesioni fossero insorte non in maniera acuta ma nell’arco di 2 mesi avremmo dovuto indagare nel
campo delle manifestazioni autoimmuni: con la spatolina per cemento si valuta il segno di nikolsky. Se si
tratta di una lesione bollosa si effettua:
- ELISA: negativo
- Istologia che manifesta cleft subepiteliale
- DIF mostra positività IgA in membrana basale
Diagnosi: Pemfigoide
Altre manifestazioni orali della celiachia sono: ulcerazioni ricorrenti, exfoliatio areata linguae (lingua a carta
geografica), difetti tessuti duri dentari.
In questo caso si effettuano marcatori sierologici quali anticorpi IgA anti-transglutaminasi tissutale, anticorpi
IgA anti-transglutaminasi epidermica e anticorpi IgA anti-endomisio, possono aiutare a confermare la
diagnosi e aiutare a monitorare la progressione della malattia.
- Paziente 19 aa
- Asintomatico
- Riferisce la comparsa di lesioni orali da circa un mese
- Epitelio cheratinizzato a livello dell’ugula: spongiosa,
ispessimento su base infiammatoria con area eritematosa
Come ultima analisi: Test sifilide
- TPHA: Treponema pallidum Haemoagglutination Assay; è
un test di tipo treponemico e si basa sul principio
dell’emoagglutinazione passiva, rivela la presenza di anticorpi diretti contro gli antigeni specifici
del microrganismo. I kit utilizzati per il TPHA prevedono l’utilizzo di eritrociti aviari rivestiti
dall’antigene del T. pallidum che andranno a legarsi ad un anticorpo specifico presente nel siero
del paziente in esame.
- VDRL: Veneral Disease Research Laboratory; è un test non treponemico che rivela la presenza
di anticorpi diretti contro determinate sostanze lipidiche prodotte dal batterio: tale sostanza è la
cardiopilina, ossia il difosfatidil–glicerolo. I kit per il VDRL prevedono invece l’utilizzo di
antigeni non treponemici, in grado di rilevare anticorpi non treponema-specifici associati
(reaginici).
Diagnosi: Sifilide secondaria (nel cavo orale può assumere qualsiasi morfologia per questo viene definita la
grande imitatrice).
Spesso i pazienti con sifilide sono affetti anche da HIV.
- Paziente di 15 aa
- Febbrile: 38 gradi da 7 giorni
- Astenia
- Ha assunto paracetamolo e antibiotico
- Ecchimosi in zona deltoidea sinistra
- Emocromo: 100.000 bianchi, 7.000 piastrine, 1 milione
globuli rossi
Gengivite ulcero necrotica
ERITEMA MULTIFORME
Si tratta di una severa condizione mucocutanea ulcerativa
a patogenesi incerta. Probabilmente è un processo
immunologicamente mediato: nel 50% si identifica una
causa scatenante che può essere una infezione, da herpes
simplex o micoplasma pneumonia, o l’esposizione a
farmaci come antibiotici o analgesici. Le caratteristiche
cliniche sono il rapido sviluppo nella popolazione di età
compresa tra i 15 e i 30 anni prediligendo il sesso
femminile.
I sintomi prodromici precedono la manifestazione di circa 1 settimana e spesso
includono febbre, malessere, mal di testa, raffreddore, mal di gola.
Si distingue una forma minor ed una major.
L’eritema multiforme minor inizia con macchie sopraelevate, circolari ed
arrossate a livello cutaneo specialmente alle estremità. Queste lesioni possono
assumere diversi aspetti: le caratteristiche lesioni appaiono come cerchi
concentrici circolari ed eritematosi che assomigliano ad un “bersaglio” (target
lesion). Nelle forme più severe evolvono in bolle con centro necrotico.
La mucosa orale è frequentemente coinvolta mentre la congiuntiva, il tratto
genito-urinario, e la mucosa respiratoria sono meno coinvolte.
L’eritema multiforme major è caratterizzato dal coinvolgimento dei tessuti periorali.
L’evoluzione delle lesioni orali prevede che comincino come macchie
eritematose che vanno incontro a necrosi ed evolvono in erosioni diffuse ed
ulcerazioni a bordi irregolari. È comune che a livello del vermiglio ci sia
tessuto emorragico che forma lesioni crostose.
Queste lesioni insorgono e si evolvono rapidamente e sono dolenti al punto da
impedire al paziente di nutrirsi in maniera adeguata. Le ulcerazioni infatti
arrivano a coinvolgere anche la mucosa labiale, la lingua, il pavimento ed il
palato molle.
La diagnosi di eritema multiforme major si effettua quando sono coinvolti due o più siti mucosi con lesioni
cutanee marcate. In molti casi la mucosa orale è coinvolta insieme a quella oculare o genitale. Il
coinvolgimento oculare può portare alla formazione di simblefaron simile a
quella del pemfigoide cicatriziale.
Istologicamente la mucosa perilesionale rivela un pattern caratteristico ma
non patognomonico: la vescicolazione sub o intraepiteliale si associa a
necrosi dei cheratinociti dello strato basale. È presente infiltrato
infiammatorio costituito da linfociti, neutrofili e spesso eosinofili. Dato che la
composizione immunopatologica non è specifica spesso c’è bisogno di fare
diagnosi differenziale escludendo le altre malattie vescicolobollose.
In passato il trattamento prevedeva l’utilizzo di corticosteroidi sistemici ma
non c’è evidenza dell’efficacia di questa terapia. Bisogna comunque
permettere al paziente di reidratarsi e nutrirsi utilizzando anche anestetici
topici che riducano il dolore. Le manifestazioni sono comunque auto-limitanti
e guariscono nel giro di 2-6 settimane ma il 20% dei pazienti va incontro a
recidiva specialmente nei periodi autunnali e primaverili. In questo caso
bisogna indagare i fattori scatenanti e, ad esempio, nel caso in cui il fattore
scatenante sia l’infezione da HSV si possono prescrivere antivirali
preventivamente.
LEUCEMIA
Le leucemie, che si sviluppano per trasformazione maligna delle cellule staminali, hanno origine dal midollo
osseo per poi diffondersi attraverso il sangue periferico. A livello midollare i blasti riescono a determinare un
effetto lesivo sulle altre popolazioni cellulari, serie rossa e piastrinica, per cui il paziente è anemico,
piastrinopenico ed emorragico.
Vengono solitamente classificate in base all’istologia e al comportamento clinico in:
- Acute o croniche: in base al decorso
- Mieloidi o linfocitiche/linfoblastiche: in base all’origine
La prima mutazione genetica studiata nella leucemia è quella del cromosoma Philadelphia (BCR-ABL)
caratteristico della leucemia mieloide cronica:
- Mutazione del gene Abl (Abelson Murine
Leukemia)
- Si forma da una trascolazione tra il
cromosoma 9 e 22
- ABL è la zona di taglio (danno) del
cromosoma 9; il proto-oncogene ABL1
codifica per una proteina tirosin-chinasi
citoplasmatica e nucleare implicata nei
processi di differenziazione, divisione, e
risposta cellulare allo stress. L’attività
della proteina ABL1 è negativamente
regolata dal suo dominio SH3, la delezione
di questo dominio trasforma ABL1 in un
oncogene.
- BCR (Breakpoint Cluster Region) è una zona di facile rottura del cromosoma 22
- L’associazione ABL-BCR forma una zona di elevata proliferazione e questa mutazione è driver della
leucemia mieloide
LINFOMA
Hodgkin linfoma
Inizia sempre a livello dei linfonodi e i siti più comunemente coinvolti sono la catena linfonodale cervicale e
sopraclavicolare. Vengono identificati come masse linfonodali non dolenti che inizialmente sono mobili
mentre, col progredire della malattia, divengono fissi. Se non vengono trattati la
malattia si diffonde coinvolgendo altri linfonodi e tessuti. La stadiazione del
linfoma è importante per programmare il trattamento e la prognosi e prevede
conferma patologica, esame clinico, TC, RMN, PET ed esami laboratoristici.
Istologicamente il linfoma di Hodgkin è caratterizzato da cellule atipiche chiamate
Reed-Sternberg che sono binucleate (owl eye nuclei) o multinucleate con
prominenti nucleoli. Le cellule maligne nel linfoma di Hodgkin nodulare sono le
“cellule popcorn” chiamate così per la forma del loro nucleo.
Il trattamento generalmente viene chiamato ABVD (adriamicina, bleomicina,
vinblastina, decarbazina) con un buon tasso di sopravvivenza.
Non-Hodgkin linfoma
Includono un vasto gruppo di neoplasie: generalmente iniziano a livello linfonodale
per poi crescere come masse solide.
Nella maggior parte dei casi hanno origine dai linfociti B e solo una piccola
percentuale dai T linfociti.
La prevalenza di insorgenza dei linfomi è maggiore per i pazienti con problemi
immunologici e si è visto che alcuni virus possono avere un ruolo nella patogenesi
di queste lesioni. In particolare, l’EBV è associato ad insorgenza di disordini
linfoproliferativi e linfoma di Burkitt. Anche i batteri possono associarsi
all’insorgenza dei MALT linfoma dello stomaco curabili, in questo caso, con gli
stessi antibiotici utilizzato per eradicare l’Helicobacter pylori.
Generalmente il linfoma si sviluppa a livello linfonodale ma in una percentuale dal
20 al 40% può svilupparsi in sede extranodale come nel caso del cavo orale. In
questo caso il tumore può svilupparsi all’interno dei tessuti molli o tra le ossa
mascellari. Le lesioni mucose sono solitamente non dolenti alla palpazione e gonfie.
Le sedi più coinvolte sono la mucosa geniena, il palato duro o la gengiva.
La consistenza è quasi spugnosa e la lesione appare eritematosa con o senza
ulcerazione. I pazienti che portano protesi possono avvertire un iniziale discomfort
con l’insorgere della lesione.
Nel caso di linfoma insorto nella compagine ossea può esserci dolenzia che può
essere confusa con un problema dentario. Il paziente in questo caso può anche
riferire parestesia, specialmente nel caso di lesioni mandibolari (numb chin
syndrome). Radiograficamente la lesione appare radiotrasparente e non ben
definita. Se non viene trattata la lesione comporta espansione ossea che può arrivare
a perforazione della corticale con gonfiore del tessuto mucoso. In questo caso potrebbero essere confuse con
ascesso di origine dentale ma, a differenza di quest’ultimo, non sono dolenti.
Una volta valutata clinicamente, la lesione va indagata con indagini strumentali (TC total body) ed esami
ematochimici.
Istologicamente il linfoma non Hodgkin è caratterizzato da proliferazione di cellule simil-linfocitarie in
diversi stadi differenziativi in base al tipo di linfoma. Ad esempio, le lesioni a basso rischio presentano
piccoli linfociti ben differenziati, mentre quelle ad alto rischio sono composte da cellule molto meno
differenziate. Tutti i linfomi hanno pattern di crescita infiltrativi caratterizzati da cellule neoplastiche che non
mostrano segni di necrosi tissutale. In alcune lesioni, come quelle che originano dai linfociti B, può essere
presente un pattern follicolare o nodulare in cui è visibile un centro germinale. Altri invece non hanno uno
specifico pattern di crescita e sono completamente diffusi.
Se il linfoma origina da un linfonodo ne distrugge la struttura nodulare; quando origina da un tessuto
extranodale distrugge il tessuto adiacente infiltrando. Nella cavità orale, il linfoma a cellule B, è considerato
ad alto rischio ed è fatale nel 60% dei casi.
Il trattamento di questi pazienti è basato sulla stadiazione ed il trattamento chirurgico spesso non è indicato.
Dato che la maggior parte dei linfomi non Hodgkin è a cellule B, il Rituximab (un mab anti CD20) può
essere indicato.
LINFOMA DI BURKITT
È una lesione maligna che origina dai linfociti B ed è altamente indifferenziato. È molto frequente
nell’Africa sub-Sahariana ed ha una maggiore prevalenza nelle aree dove c’è alta percentuale di infezione da
malaria poiché i pazienti con un elevata percentuale di anticorpi contro Plasmodium falciparum (agente
patogeno della malaria) sono molto più esposti a sviluppare questo linfoma. La sua patogenesi è correlata ad
infezione da EBV poiché le cellule tumorali mostrano espressione dell’antigene nucleare di EBV e i pazienti
affetti presentano un elevato titolo anticorpale contro EBV.
Esistono comunque altre forme di linfoma di Burkitt: la forma “sporadica” o
“Americana” che insorge primariamente come massa addominale e non è
associata ad EBV, e la forma “associata ad immunodeficienza” in pazienti
con immunodeficienze acquisite o congenite.
Il linfoma di Burkitt nel 50-70% dei casi è presente a livello delle ossa
mascellari.
Colpisce i bambini, intorno ai 7 anni, prevalentemente maschi. Il segmento
posteriore delle ossa mascellari è più coinvolto e le ossa mascellari sono più
coinvolte della mandibola.
La tendenza al coinvolgimento delle ossa mascellari sembra essere correlato all’età: il 90% dei bambini fino
ai 3 anni di età hanno lesioni mascellari mentre solo il 25% dei pazienti con età maggiore di 15 anni.
La forma sporadica colpisce pazienti con età maggiore e può coinvolgere, oltre alla regione addominale,
anche le ossa mascellari.
La crescita della massa tumorale può portare a gonfiore
del viso e proptosi (protrusione globo oculare); la
lesione è poco dolente e può esserci una lieve parestesia
ma si ha una mobilità dentaria marcata a causa della
massiva distruzione dell’osso alveolare. Ci può essere
esfoliazione precoce dei denti decidui e ingrossamento
gengivale.
Radiograficamente si osserva un’ampia zona di
radiotrasparenza con margini non definiti. Il processo
può inizialmente coinvolgere piccoli siti che col tempo vanno incontro a
coalescenza.
Istologicamente si osservano cellule B non differenziate con nuclei
rotondeggianti e poco citoplasma; ogni nucleo presenta numerosi nucleoli per
le continue mitosi. Gli studi di immunoistochimica identificano cellule in
continua proliferazione (marcate con Ki-67). La presenza di macrofagi
conferisce alla lesione un tipico pattern chiamato “cielo stellato”, simile a
quella della leucemia linfoblastica acuta, poiché presentano un ampio
citoplasma che microscopicamente è meno intenso delle strutture circostanti:
quindi i macrofagi appaiono come stelle nel cielo scuro dei linfociti neoplastici ipercromatici.
La traslocazione presente in questo tumore è spesso 7(8;14)(q24;q32) e comporta overespressione
dell’oncogene c-myc che porta a proliferazione neoplastica.
Se non trattato questo tipo di linfoma porta alla morte del paziente nell’arco di 4-6 mesi; il trattamento
consiste in chemioterapia ad alte dosi di ciclofosfamide ed oggi la prognosi è positiva nel 75% dei pazienti.
Morbo di Crohn
È una condizione infiammatoria ed immunologicamente mediata che ha
i suoi effetti principali sulla porzione distale dell’intestino e prossimale
del colon.
Le manifestazioni del morbo di Crohn possono rivelarsi in qualsiasi
sede dell’intero tratto gastrointestinale, compreso il cavo orale; in questa
sede sono significative perché precedono le lesioni gastrointestinali nel
30% dei pazienti. La maggior parte dei pazienti che sviluppano la
malattia sono adolescenti o anziani. I sintomi gastrointestinali includono
dolore addominale, crampi, nausea, diarrea, spesso accompagnata da
febbre. Può svilupparsi perdita di peso e malnutrizione che comporta
anemia e ritardo nella crescita.
Sono state riportate numerose tipologie di lesioni orali ma le più frequenti sono lesioni nodulari, aspetto
acciottolato della mucosa e profonde ulcere granulomatose. Le ulcere sono spesso lineari ed a livello del
fornice. Macule e placche disomogenee eritematose possono essere presenti a livello della gengiva libera ed
aderente (mucogengivite), insieme ad iperplasia fibrosa. Può insorgere anche piostomatite vegetante.
L’esame microscopico delle lesioni tissutali mostra infiammazione granulomatosa non necrotizzante a livello
del connettivo sottomucoso ma non è patognomonica.
La maggior parte dei pazienti affetti da Crohn vengono trattati con mesalamina o sulfasalazina associati ad
antibiotici e metronidazolo. Quando si ha un coinvolgimento moderato-severo è consigliato l’utilizzo anche
di prednisone in combinazione a farmaci immunosoppressivi come azatioptina e metotrexato. Per i casi più
severi o refrattari vengono usati gli anti-TNF alfa. Quando è coinvolta anche la parte terminale dell’ileo
vengono prescritte iniezioni di vitamina B12 per prevenire l’anemia megaloblastica secondaria al suo
mancato assorbimento. Quando le lesioni ulcerative sono persistenti si trattano con corticosteroidi topici o
intralesionali o con terapia sistemica con infliximab.