Sei sulla pagina 1di 147

1

Corso di implantologia: Lezione N° 1


Prof Sammartino
Lunedì 12 marzo
Parte 1: Ciro Piro
Parte 2: Martina Santoro

Osteointegrazione
Per implantologia intendiamo una serie di tecniche chirurgiche atte a riabilitare funzionalmente un paziente
affetto da edentulia totale o parziale mediate l’utilizzo di impianti dentali, ovvero dispositivi metallici e non,
inseriti chirurgicamente nell’osso mandibolare e mascellare sul quale deve essere posizionata una protesi,
che può essere di tipo fisso o di tipo mobile, per la restituzione della funzione masticatoria del paziente.
Gli impianti possono essere di diverse forme, inseriti in diverse sedi con tecniche differenti e poi connessi
alla protesi con diverse tempistiche.

Cenni storici
È importante parlare dei cenni storici dell’implantologia,
soprattutto perché alcuni concetti un po’ vecchiotti vengono
ripresi dall’implantologia moderna.
Periodo antico
Gli aztechi, gli etruschi, i cinesi e gli egizi avevano già operato i
primi tentativi di implantologia dentale, infatti nel gennaio
2003, in uno scavo archeologico in Egitto è stato trovato un
intaglio di conchiglia a raffigurare un dente umano, databile tra
il 5400 e il 5650 anni fa, questo intaglio di conchiglia non era
altro che idrossiapatite, quindi già si inizia a parlare di materiale
utile per un osteointegrazione, infatti questi intagli si
integravano all’interno dell’osso, su cui si posizionava il
rudimentale dell’elemento dentario. Nell’antico Egitto, le classi privilegerei sostituivano i propri denti con
quelle degli schiavi oppure prelevavano i denti dagli animali per poterne usufruire.
Immagine di mandibola, in cui i pezzi di conchiglia sostituivano i tre incisivi, e si osteointegravano.

1809
In quest’epoca Maggiolo fabbricò per la prima volta un impianto in oro che
riproduceva la forma di una radice, e ideò un meccanismo di fissazione per i
pilastri, quindi questa parte andava nell’osso, quesa parte rappresentava il
pilastro protesico. Ovviamente, essendo in oro, questi impianti non erano
osteointegrabili, infatti fallivano perché andavano incontro ad un processo di
fibrointegrazione, piuttosto che di osteointegrazione
1887
Harris riprodusse la stessa procedura con un perno di platino anziché in oro, ma anche questo materiale
non è osteointegrabile
2

1913
Questo è il primo esempio del perché la storia dell’implantologia può essere
importante.
Greenfield descrisse in quest’anno un impianto a cestello a componenti in
iridio-platino e lega d’oro.
Questo impianto era una vite cava, nell’implantologia moderna, qualche anno
fa vennero introdotti degli impianti cavi, per cui dopo circa un secolo sono
stati ripresi(il classico bonefit).
Il vantaggio di questi impianti era rappresentato da una maggiore stabilità,
data dal fatto che l’osso cresceva anche all’interno dell’impianto, ciò però
andava a discapito della struttura metallica dell’impianto che risultava deficitaria e fragile, quindi spesso
andava in contro a frattura, stessa cosa che si è avuta anche con i bonefit, per cui oggi non si usano più.
1937
Strock ideò un impianto “pieno”, in cromo-cobalto-molibdeno
(Vitallium), anche questo tipo di lega andava in contro a
fibrointegrazione
1947
Formiggini ideò un impianto in metallo a forma di spirale, più
precisamente a singola elica in acciaio inossidabile o tantalio, ke
due estremità della spirale erano unite a formare un pilastro
protesico. Quindi questo filo in acciaio inossidabile veniva
avvolto su se stesso per creare questa spirale che andava
all’interno dell’osso, e le due estremità lasciate libere per la
connessione protesica
1957
Chercheve modificò il modello di Formaggini aumentando la
lunghezza del collo dell’impianto raddoppiando le spire, ma comunque si tratta dello stesso tipo di
impianto
1948 (impianti sottoperiostei, Goldberg e Gershkoff)
Anche questo è un concetto che riprendiamo dalla storia ma che è
stato poi riproposto nei tempi più moderni. Questi impianti venivano
posizionati al di sotto del periostio con 4 perni di metallo transmucosi,
che sostenevano la protesi completa. In pratica si prendeva
un’impronta della mucosa, si creava questa griglia Metallica, si
incideva la gengiva, si posizionava al di sotto del periostio, quindi al di
sopra dell’osso e poi questi pilastrini fuoriuscivano dalla gengiva e su
questi veniva posizionata la protesi.
Si pensava che posizionando questi impianti, le cellule all’interno del
periostio, quindi gli osteoblasti, potessero in qualche modo
determinare un processo di osteointegrazione, ciò non accadde
perché la griglia non era perfettamente adattata all’osso perché
veniva presa un’impronta della parte mucosa, per cui non era perfettamente corrispondente all’anatomia
ossea, per cui sotto carichi masticatori gli impianti determinavano un grande riassorbimento osseo, per cui
furono abbandonati.
In età più moderne ritornano in voga, in quanto grazie alle nuove tecnologie, ovvero la tecnica cad-cam, si
prendeva l’impronta della struttura ossea e si ricostruiva al cad-cam l’esatta anatomia ossea della struttura
ossea, per cui c’era una maggior corrispondenza, in ogni caso non si otteneva comunque un meccanismo di
osteointegrazione preciso e comunque sotto i carichi masticatori che venivano trasmessi prima alla gengiva
e poi all’osso si avevano comunque processi di riassorbimento massivo di tutta la struttura ossea
sottostante
3

1961
Tramonte fu il primo ad introdurre il titanio come materiale impalantare, producendo una vite piena
autofilettata in titanio.
Nello stesso anno Muratori produsse una vite cava in titanio
1963
Garbaccio utilizza la vite autofilettante bicorticale
In quest’anno si introduce il concetto di bicorticalsimo,
concetto che si utilizza ancora oggi, perché ovviamente si
cerca di ottenere una doppia stabilità di due corticali. Ad
esempio nella mandibola anteriore il bicorticalismo è legato
alla corticale del processo alveolare e alla corticale inferiore
del bordo inferiore della mandibola; nei settori posteriori
della mandibola, invece, la corticale che incontriamo dopo
quella alveolare, è la corticale del canale mandibolare, ma
come vedremo la corticale del canale mandibolare non ha
una densità tale da consentire uno stop preciso della punta
dell’impianto per ottenere questo bicorticalsimo, cioè la
manualità non consente di vedere bene se abbiamo
raggiunto la corticale o meno, per cui si potrebbero creare
danni permanenti al nervo.
1962
Nacquero gli aghi di Scialom, ovvero degli impianti molto sottili ideati per
ottenere una maggiore superficie di ancoraggio della protesi, cioè per ogni
dente si utilizzavano anche fino a 3 aghi che opportunamente posizionati, per
esempio a formare un tripode, venivano utilizzati per appunto sostenere un
singolo elemento dentario, quindi per fare in modo che le forze si
scaricassero su una superficie più ampia.
Questi impianti non hanno riscosso molto successo sia per problematiche
biomeccaniche che per problemi strutturali dell’impianto stesso
1963
Nascono gli impianti a lama di Linkow
Questi impianti si possono ancora vedere oggi, nascono per aumentare la
superficie di ancoraggio, ovvero la zona in cui si scaricano le forze, infatti
questa lama supportava ogni dente, la quale veniva inserita nell’osso
mediante una incisione ossea, quindi tramite una fresa cilindrica si
effettuava un’osteotomia, e poi con degli osteotomi si martellava l’osso in
modo da separare le due corticali per poi poter inserire all’interno questa
lama.
Ovviamente era un metodo demolitivo nei confronti dell’osso, e soprattutto
nei casi di infezione, quindi di perimplantite, andare a rimuovere un
impianto del genere significava asportare grandi quantità di osso, anche
perché come vedete ci sono delle concavità all’interno, per cui l’osso ci si
inseriva.

Implantologia moderna
Nel 1952 Branemark, durante una ricerca sulla microcircolazione vasale nei meccanismi di riparazione
ossea, si accorse che una struttura in titanio, posizionata all’interno di una tibia di un coniglio, si ancorava
direttamente al tessuto osseo. Nacque così quello che lui definì il processo di osteointegrazione.
Branemark dimostrò ciò da un punto di vista clinico e non istologico dato che non disponeva dei dispositivi
necessari a valutare da un punto di vista istologico in cosa consisteva il processo di osteontegraizone,
quindi sapeva solo che clinicamente si stabiliva un intimo contatto tra osso e titanio.
4

Quindi dobbiamo aspettare nel 1970 Scerden?, ottenne dei preparati istologici molto sottili in cui si
evidenziava la porzione ossea, la porzione di impianto e soprattutto il contatto tra osso ed impianto,
dimostrando istologicamente questo processo di osteointegrazione in cosa consistesse.

Requisiti per avere il successo dell’osteointegrazione(verrà ripreso successivamente)


- Biocompatibilità del metallo, si intende che il materiale non deve determinare reazioni avverse
all’ospite
- Forma dell’impianto
- Condizioni della superficie impiantare
- Come viene inserito l’impianto
- Carichi protesico successivamente applicati, fino a quando mettiamo un impianto nell’osso e
chiudiamo tutto va bene, dato che avviene l’osteointegraizone, però se scopriamo l’impianto e
mettiamo la corona e i carichi protesici non sono adeguati, è molto semplice perdere
l’osteointegrazione
Successivamente furono pubblicati dei lavori su quale tipo di materiale fosse quello più idoneo per
l’osteointegrazione e il titanio risultò il materiale ideale per la sostituzione degli elementi dentari.
Nel 1982 Zarb organizzò la Conferenza di Toronto, il primo importante Congresso Internazionale
sull’Osteointegrazione in Odontostomatologia.
Tutti i lavori, gli aspetti istologici studiati da Scerden?, i concetti di osteointegrazione studiati da Branemark
confluiscono in questa grande conferenza tenutasi a Toronto tra tutti i più grandi implantologi del tempo
che definisce appunto i concetti veri dell’implantologia moderna.

Principi dell’osteointegrazione di Branemark (altra domanda gettonata)


I principi che sono ancora validi oggi sono:
- Deve esserci elevata biocompatibilità del materiale implantare
- Il disegno implantare deve essere adeguato al raggiungimento della stabilità primaria
- Deve esserci un’adeguata quantità di osso con idonee caratteristiche
- Corretta preparazione del sito implantare
- Assenza di contaminazioni inerenti la guarigione
I principi che sono stati rivisitati sono :
- Gengiva aderente perimplantare sufficiente per ricoprire l’impianto. L’implantologia di Branemark
era sempre sommersa, quindi il concetto dell’impianto transmucoso, quindi che nel momento
dell’inserimento dell’impianto, viene lasciato guarire, attraverso appunto una vite di guarigione non
era contemplato
- Assenza di cariche occlusali in fase di guarigione. Secondo Branemark bisogna aspettare i classici 6
mesi dal posizionamento dell’impianto per poter caricare l’impianto da un punto di vista
funzionale. Oggi spesso non è così poi vedremo le indicazioni e controindicazioni del carico
immediato

Osteointegrazione deriva dal greco osteon “osso” e dal latino Integratio “accrescimento”, “rinnovamento”.
Definizione da un punto di vista istologico: diretta connessione tra osso, inteso come matrici ossea
calcificata, è impianto senza interposizione di tessuto molle.
Nel 1986 l’american academy implant dentistry diede una definizione più completa introducendo il
concetto del carico: se prima il concetto era solo di tipo istologico e per carico si intendeva la diretta
connessione tra osso e impianto senza interposizione di tessuto molle, ora si introduce il concetto del
carico protesico, inteso come contatto tra osso e impianto senza interposizione di tessuto non osseo che
consente il trasferimento e la distribuzione prolungata del carico dall’impatto al tessuto osseo e all’interno
di questo. Si introduce questo concetto di carico occlusale perché le forze masticatorie vengono quindi
traferite all’impianto e dall’impianto all’osso, quindi l’osteointegrazione deve garantire anche questo
trasferimento di forze.
5

Questa definizione però non tiene conto del fatto che, come fece notare un tizio, all’interno dell’osso non
esiste solo la matrice ossea calcificata, ma esistono anche lacune vascolari, tessuto emopoietico, tessuto
grasso, tessuto connettivo, e quindi non passiamo parlare solo di matrice ossea e superficie implantare,
cioè non esiste il solo contatto tra matrice calcificata e impianto, ma c’è un contatto tra impianto e matrice
calcificata ma anche le componenti citate prima, quindi il rapporto intimo tra matrice ossea e superficie
implantare non risulterà mai totale.
Da qui nasce un ulteriore definizione di osteointegrazione data da Zarb e Albrecson che nel 1991 danno una
definizione non solo istologica ma soprattutto clinica, ovvero “processo che consente di ottenere e
mantenere nel tempo nell’osso una fissazione rigida, clinicamente asintomatica”. Ecco che si introduce
anche il concetto di tempo, ovvero di stabilità a lungo termine, quindi c’è il concetto istologico, c’è il
concetto della funzione, perché appunto essa consente di ottenere e di mantenere nell’osso una fissazione
rigida, sottoposta al carico funzionale, e infine c’è anche una definizione di tipo clinico, cioè deve essere
clinicamente asintomatico, quando il paziente mastica non solo non deve avvertire dolore, ma ci deve
essere anche assenza di infezione, di riassorbimento osseo.
Aspetti biologici dell’osteointegrazione
Cosa avviene istologicamente quando prepariamo il sito implantare? Avvengono un po’ tutti i processi
riparativi e rigenerativi simili ai processi di guarigione per esempio di una frattura ossea e ciò perché
preparando il sito implantare determiniamo un trauma chirurgico all’osso che viene in qualche modo risolto
mediante una prima fase che è quella dell’infiammazione e una seconda fase in cui si ha un processo di
apposizione. La cosa importante è che queste fasi non sono mai nettamente separate, cioè non esiste che
nella prima fase ci sia solo infiammazione e riassorbimento e nella seconda fase solo rimodellamento e
apposizione; piuttosto queste sue fasi avvengono contemporaneamente, però nella prima prevale l’una e
nella seconda l’altra. Quindi:
1. Posizionamento della fixture
2. Formazione del coagulo tra fixture e osso
3. Formazione del pre-callo, Il coagulo viene pian piano trasformato e nelle prime 48-72h si forma
questo precallo, dato prevalentemente da tessuto fibroso
4. Formazione del callo osseo, il tessuto successivamente mineralizza e quindi i fibroblasti lasciano
campo libero agli osteoblasti, quindi il precallo si trasforma in callo osseo, come il classico processo
che si ha in seguito ad una frattura ossea.
Quindi il precallo si trasforma in callo osseo dalle cellule mesenchimali che stanno all’interno del
sito, ma anche da cellule che vengono richiamate attraverso il
circolo sanguigno al sito implantare, per cui queste cellule
mesenchimali si differenziano in osteoblasti producendo la
matrice ossea. Esistono due tipi di osteogenesi intorno alla
superficie implantare, allora se questo qui è l’impianto, esiste
una osteogenesi a distanza, per cui sono le cellule esterne,
ovvero gli osteoblasti esterni che in senso centripeto
depongono osso, oppure le cellule vicine al sito implantare,
quindi vicino alla fixure che in senso centripeto formano osso.
Ovviamente queste due fasi avvengono contemporaneamente
ed entrambe portano alla formazione dell’osso perimplantare.

Andando più nel dettaglio:


6

- dalle 0 alle 4 settimane abbiamo una risposta osteogenica massiva, nei primi 15-20 giorni l’attività
mitogena è di differenziazione delle cellule midollari stromali in cellule osteogeniche raggiunge
l’acme innescando poi la fase di rimodellamento, abbiamo quindi detto che già nelle prime ore si
forma il coagulo, il precallo è il callo osseo, quindi un queste prime 4 settimane avviene questa
risposta osteogenica
- Dalle 4 alle 8 settimane, la neoproduzione di tessuto osseo è affiancata ai processi di
rimodellamento che conducono al graduale adattamento dell’osso neoformato. Quindi nella prima
fase si ha apposizione, in questa fase si ha apposizione e rimodellamento
- Dalle 8 settimane in poi avviene prevalentemente il rimodellamento.

Il rimodellamento va avanti sempre nel corso della vita con gli osteoblasti che neoappongono l’osso e gli
osteoclasti che lo distruggono.
Quindi a 12 settimane nell’osso mandibolare e a 16 nel mascellare, si raggiunge un grado di
osteointegrazione ottimale per la protesizzazione. E’ quello che vi dicevo prima: se si aspetta
l’osteointegrazione e non si fa carico immediato, dopo 3 mesi per la mandibola e dopo 4 per il mascellare
possiamo pensare di fare il carico protesico (ovviamente se non si sono fatte tecniche di rigenerazione,
perimplantari, di ricostruzioni, …).
L’osso perimplantare di un impianto sottoposto ad un carico occlusale e masticatorio corretto subirà quindi
un secondario rimaneggiamento osseo che porterà alla formazione di uno strato di corticale ossea, per
apposizione in senso centrifugo, lungo tutta la superficie della fixture.
Il trauma che subisce l’osso in seguito alla procedura chirurgica determina inizialmente una risposta
infiammatoria acuta con conseguente riassorbimento osseo che determina una riduzione della stabilità
primaria. Cosa sono la stabilità primaria e secondaria e
come variano tra di loro?
La stabilità primaria è un concetto meccanico, è la stabilità
che si ottiene nell’immediato durante il posizionamento
dell’impianto. E’ quindi legata alla forma dell’impianto
rispetto al sito implantare che abbiamo creato, alla perfetta
geometria che creando attrito con le pareti consente
all’impianto di stabilizzarsi all’interno dell’osso.
La stabilità secondaria, invece, è un concetto biologico e
istologico. Il passaggio da stabilità primaria a secondaria è
legato alle fasi biologiche di cui abbiamo parlato fino a
ottenere l’osteointegrazione. Quando noi posizioniamo
l’impianto, che da un punto di vista meccanico è
fortemente legato all’osso circostante, si ha una prima fase
di infiammazione e quindi riassorbimento osseo.
Quest’ultimo fa perdere un po’ la stabilità primaria perché
ovviamente se perdiamo un po’ dell’osso perimplantare, non c’è più questa perfetta corrispondenza
anatomica tra l’impianto e il sito che abbiamo preparato. Ovviamente tutto ciò è fisiologico e questa
stabilità primaria sarà in seguito recuperata col raggiungimento dell’osteointegrazione e con la stabilità
secondaria.
Anche in questo caso non dobbiamo pensare che la fase di stabilità primaria e di riassorbimento sia
separata nettamente da quella secondaria e di neoapposizione; esse avvengono contemporaneamente solo
che nella prima fase prevale il riassorbimento e si ha la perdità della stabilità primaria, nella seconda fase è
invece prevalente la neoapposizione e il rimodellamento ed aumenta la stabilità secondaria.
Questo è uno studio dove si valuta la stabilità implantare in base al tipo di strumento utilizzato per la
preparazione del sito implantare tra le frese o la piezosurgery ma di questo parleremo più in là. Ovviamente
quando utilizziamo uno strumento che determina meno infiammazione, e quindi la piezochirurgia, la prima
fase è ridotta così come il tipo di riassorbimento. Il grafico mostra proprio che il cambiamento tra stabilità
primaria e secondaria si raggiunge prima nei pazienti trattati con piezochirurgia piuttosto che in quelli per
cui sono state utilizzate le frese e poi il picco è più alto; si ha una minore perdita di stabilità primaria e il
cambio tra stabilità primaria e secondaria avviene prima. In definitiva, quanto più traumatica è la
7

procedura, tanto più attrito si genera contro le pareti, tanto più colore si sprigiona e tanto più si ha
riassorbimento osseo.
I materiali utilizzati in implantologia devono rispondere a tre requisiti fondamentali:
o assoluta biocompatibilità
o adeguate caratteristiche meccaniche e strutturali (stabilità, resistenza a elevate forze di carico,
congruo modulo di elasticità, resistenza alla corrosione, …)
o idoneità all’osteointegrazione.
Biocompatibilità è un termine che deriva dal greco bios “vita” e dal latino cum patior “essere in armonia
con”: un materiale biocompatibile è un materiale che non innesca reazioni avverse nell’ospite.
Nell’ambito della biocompatibilità poi abbiamo:
 materiali biotollerati, non si ottiene l’osteointegrazione. Tra l’osso e l’impianto si ha solo una fibro
integrazione. Appartengono a questa categoria tutti materiali visti prima e quindi l’oro, il rame, i
metalli, l’acciaio inossidabile, la lega di -cobalto molibdeno,…
 materiali bioinerti, tra osso e fixture si crea un contatto diretto. Un esempio è il titanio.
 materiali bioattivi, come le ceramiche o l’idrossiapatite. Tra osso e impianto, oltre che un contatto
diretto c’è una connessione fisico-chimica. Oggi ci sono anche gli impianti in zirconia che però sono
dei one-piece cioè moncone e impianto sono già connessi con lo svantaggio che ovviamente
laddove c’è un disparallelismo tra gli impianti, il moncone deve essere modificato.
*La prof dice di non averne mai visto uno.
Il titanio ha un po’ le caratteristiche ideali perché ha sia resistenza ed elasticità elevate sia determina
osteointegrazione.

Anche la superficie implantare e la geometria dell’impianto sono fondamentali nel processo di


osteointegrazione. Sulle superfici implantari in letteratura ci sono lavori infiniti perché ogni sistema
implantare ha modificato una piccola cosina sulla superificie rispetto al sistema precedente ma in realtà le
superfici più utilizzate vanno benissimo tutte e quindi tutte queste elucubrazioni mentali risultano sterili. La
superficie implantare perfetta è la SLA sabbiata e mordenzata ed è la più utilizzata.
Altre superfici sono state ottenute mediante il rivestimento con idrossiapatite e questi impianti non so se li
conoscete si chiamano i Calcitek; sono praticamente impianti in titanio rivestiti con idrossiapatite. Si
legavano perfettamente all’osso però accadeva che mentre l’idrossiapatite si legava tenacemente all’osso,
il titanio non altrettanto all’idrossiapatite per cui si aveva un effetto a “vasca da bagno” cioè se l’impianto
veniva perso si perdeva l’impianto in titanio ma l’idrossiapatite rimaneva legata all’osso.
Le superfici implantari ruvide sono ovviamente quelle che maggiormente consentono il fenomeno
dell’osteointegrazione e vengono ottenute tramite sabbiatura ovvero tramite un getto di polvere di
idrossiapatite vengono create queste microporosità sulla superficie. Poi si passa alla mordenzatura, alcune
superfici vengono mordenzate due volte, mordenzate e poi sabbiate oppure create mediante apposizioni di
particelle di titanio attraverso una tecnica additiva piuttosto che sottrattiva.
Anche su questo argomento ci sono infiniti lavori e in particolare ci si è chiesti se la superficie dovesse
essere ruvida o liscia. Come già detto è stato dimostrato che la rugosità aumenta l’osteointegrazione
perché entro un certo range di rugosità gli osteoblasti si adattano meglio; d’altro canto però la
perimplantite progredisce più rapidamente in caso di superficie rugosa, anche perché poi essa è più difficile
da decontaminare (si può fare una mordenzatura, usare del collutorio, ecc ma è difficile decontaminare le
rugosità micrometriche). Comunque per questi motivi oggi esistono degli impianti misti con la parte che
deve andare all’interno dell’osso ruvida e il collo un po’ più liscio o quasi completamente liscio in modo da
consentire comunque l’osteointegrazione ma rallentare l’eventuale progressione della perimplantite.
8

Qual è la rugosità ideale? Le microirregolarità superficiali


comprese tra 1 e 1,5 micron favoriscono la migrazione
degli osteoblasti: cavità infatti più grandi di 1 micron
inducono una risposta osteogenica inferiore. Vediamo
cosa c’è all’interfaccia osso/impianto… non è il titanio in
quanto tale a determinare l’osteointegrazione.
Il prof ha fatto l’altro giorno ai ragazzi dell’attuale sesto
proprio questa domanda e la risposta è che non è il titanio
in quanto tale a dare l’osteointegrazione bensì il suo
ossido o più precisamente il biossido di titanio che si forma
sulla superficie implantare. Perché? Il titanio utilizzato in
implantologia è puro al 99,75%, è una lega fatta di Titanio,
6 Alluminio e 4 Vanadio; in ambiente biologico, a contatto
con l’ossigeno, si riveste di questo biossido ed è in questo
stato che il titanio garantisce osteointegrazione e
biocompatibilità.
Al microscopio ottico il tessuto osseo mineralizzato appare
a diretto contatto con l’impianto e al microscopio
elettronico a scansione si riscontra la presenza di questa
sostanza amorfa elettrondensa che si adatta ricordatevi
alla superficie tra 1 e 100 micron e che è costituita
principalmente da proteoglicani e glicosamminoglicani e
può essere parzialmente mineralizzata. Ancora oggi sono
in corso studi circa la geometria superficiale ideale quindi
in definitiva non c’è una geometria ideale, sappiamo solo
entro quali range ci dobbiamo mantenere.

Il tempo influenza positivamente l’osteointegrazione perché Johansson e Albrektsson hanno dimostrato


sperimentalmente che la percentuale di osso direttamente a contatto con la fixture è integrata solo dopo 3
mesi e aumenta progressivamente nei successivi 6-9 mesi sempre per via del continuo fenomeno di
neoapposizione e rimodellamento. Inoltre, la forza di ancoraggio di una fixture, valutabile come resistenza
alla torsione, aumenta fino a 3 anni.

I fattori che invece influenzano negativamente l’osteointegrazione sono:


• contaminazione dello stato di ossido: lo strato di ossidi superficiali (TiO, TiO2, TiO3, TiO4), isola il
titanio dai tessuti circostanti impedendone sia il rilascio di ioni che la corrosione e favorendone la
biocompatibilità. Inoltre ne permette l’osteointegrazione determinando i legami con le
biomolecole.
Ovviamente l’impianto quando viene inserito all’interno del sito implantare non deve
assolutamente essere contaminato e non deve in nessun modo venire a contatto con strumenti in
acciaio, con la saliva del paziente, con le nostre mani, ecc. Così come fuoriesce dal blister sterile
fornito dall’azienda deve essere posizionato nel sito implantare che a sua volta non può essere
contaminato; piuttosto, una volta preparato il sito sarebbe buona norma andare a rimuovere i
frustoli di tessuto osseo che si sono formati durante la preparazione con le frese, poi sarebbe
preferibile sciacquarlo, aspirare e posizionare l’impianto. Laddove si ha la contaminazione, invece,
si genera una risposta infiammatoria con riassorbimento e formazione del tessuto di granulazione e
non si crea l’osteointegrazione perché non si forma il precallo, né tantomeno il callo osseo e
l’impianto fallisce.
• Temperatura superiore a 47 gradi: al di sopra di questa temperatura si assiste alla necrosi degli
osteoblasti e quindi del tessuto osseo con conseguenti infiammazione, formazione del tessuto di
9

granulazione e mancata osteointegrazione. Per questo motivo è sempre indispensabile irrigare in


maniera continua durante la preparazione del sito implantare. Quest’irrigazione deve essere fatta
con soluzione fisiologica raffreddata e non con l’acqua del riunito ed esistono due modalità, interna
ed esterna. La prima delle due prevede che esca direttamente dal manipolo e quindi dalla fresa e il
professore non tanto la preferisce perché ci potrebbe essere un’eccessiva pressione del liquido
all’interno delle pareti del sito implantare con conseguenti stress e riassorbimento.
• Sovraccarico implantare: esso può essere immediato oppure successivo. Anche infatti nel caso in
cui posizioniamo l’impianto e aspettiamo per caricarlo, se non ci manteniamo entro un certo range
di movimenti si parla di sovraccarico. Branemark diceva che doveva esserci assenza di carico fino a
sei mesi; in realtà, l’impianto può essere sottoposto a dei micromovimenti, anzi entro certi range
questi micromovimenti addirittura favoriscono l’osteointegrazione. L’osso sotto l’azione di queste
forze controllate si rimodella ed è solo quando diventano eccessive che va incontro a
riassorbimento con la perdita di stabilità che ne deriva e che a sua volta, come in un circolo vizioso,
fa aumentare il micromovimento.
Quindi possiamo anche ignorare il principio di Branemark di aspettare i 6 mesi prima del carico anche
perché abbiamo detto che pur avendo aspettato i 6 mesi se sovraccarichiamo si va incontro a un fallimento
dell’osteointegrazione. Il sovraccarico e la valutazione del carico occlusale sono cose importantissime in
implantologia.

Quindi se stiamo tra i 50 e i 150 micron diamo anche uno


stimolo positivo all’osteointegrazione, se superiamo questa
soglia determiniamo la fibrointegrazione. Perciò in alcune
situazioni con carico immediato vengono uniti più impianti
in modo da ridurre i micromovimenti legati al singolo
impianto, il carico immediato di un singolo impianto in un
settore posteriore ovviamente può determinare
micromovimenti maggiori. Non si preferisce fare un carico
immediato post estrattivo su un molare superiore per cui
non abbiamo necessità estetiche importanti, andiamo a
includere tanti di quei fattori negativi che ci fanno perdere
l’impianto.

La geometria non sembra importante ai fini


dell’osteointegrazione. Prima abbiamo detto che esiste
un’infinità di lavori sulla geometria implantare ma che non ne è
stata individuata una ideale, tuttavia abbiamo una preferenza
per l’impianto troncoconico perché media i vantaggi e gli
svantaggi della forma cilindrica e di quella conica che ha una
migliore stabilità primaria.
10

Parliamo un attimo dei tessuti molli perimplantari. Essi


sono simili ai tessuti molli che si trovano intorno a un
elemento dentario ma si differenziano per alcuni
elementi importanti: come per il dente anche l’impianto
ha un epitelio giunzionale che stabilisce una valida
interazione con la superficie dell’impianto ed è il legame
biochimico tra gli emidesmosomi e il biossido di titanio.
Le fibre collagene sono molto diverse da quelle che si
sviluppano intorno al dente; quelle che si sviluppano
intorno all’elemento dentario e che ne determinano
l’attacco connettivale sono fibre che hanno diverse
direzioni (intrasettali, circolari di Koelliker,
perpendicolari, ecc), quelle dell’impianto, invece, sono
sempre parallele all’asse lungo del dente e mai
perpendicolari e ciò determina sia un legame meno
forte sia clinicamente una maggiore facilità
nell’introdurre la sonda nel solco perimplantare per
esempio. Il sondaggio perimplantare è infatti leggermente maggiore di quello dell’elemento dentario ma
siamo sempre nell’ambito del fisiologico. Un’altra cosa che cambia e questa è la più importante di tutte è la
mancanza del legamento parodontale. Da un punto di vista biomeccanico l’assenza del legamento
parodontale fa sì che non ci sia un’ammortizzazione delle forze e una riduzione del loro assorbimento da
parte dell’osso circostante.
La vascolarizzazione è diversa e in particolare è ridotta perché mancano i vasi del legamento parodontale,
nell’impianti abbiamo soltanto i vasi legati alla mucosa perimplantare e il grande vaso sottoperiostale che
sicuramente forniscono un’adeguata vascolarizzazione ma non altrettanto buona tant’è che quando
mettiamo più impianti adiacenti è importante lasciare uno
spazio di almeno 3 mm per garantire ai vasi che afferiscono ai
due impianti di poter irrorare la pseudo papilla (non si può più
parlare infatti né di gengiva né di papilla ma di mucosa
perimplantare).
Anche intorno all’impianto si crea l’ampiezza biologica che
ricordiamo essere data dalla somma di epitelio giunzionale (2
mm) epitelio connettivale (1 mm). Questo è importante
perché tanto nel dente quanto nell’impianto, l’ampiezza
biologica tende a rimanere sempre costante per cui se si ha
un riassorbimento osseo anche l’ampiezza biologica si riduce
di tale riassorbimento con possibile esposizione delle spire
implantari e altri problemi che vedremo.

Quando si
posiziona la corona sull’impianto c’è sempre un minimo di
riassorbimento ma che si mantiene nei range fisiologici, il
quale riassorbimento determina, come appena detto, che
l’ampiezza biologica si sposti leggermente. Per ovviare a
questo problema, sono state create delle connessioni
protesiche definite Platform Switching. La Platform Switching
prevede un moncone di impianto ridotto rispetto a quello del
collo implantare per cui se il diametro è ridotto
quest’ampiezza biologica anziché estendersi in senso verticale
si estende in senso orizzontale evitando la perdita dell’osso
sottostante. E’ un concetto che approfondiremo in seguito e
parleremo anche della connessione con on morse cioè la
connessione protesica tra impianto e moncone protesico che consente una perfetta connessione tra le due
11

componenti e riduce i microvomimenti. Quindi la combinazione di moncone ridotto in senso orizzontale e


connessione cono morse va a ridurre l’assorbimento e si mantiene di più il tessuto osseo circostante
all’impianto (ricordiamo che un minimo di riassorbimento si ha comunque).
Nelle metodiche più evolute di platform switching il moncone protesico è provvisto di un accoppiamento
protesico conometrico profondo con il corpo implantare “cono morse”, ciò determina la formazione di
quella che viene definita fusione fredda, vale a dire una strettissima e stabile interconnessione moncone
impianto.

*Siamo stati a un congresso a Marrakesh della SIOAI, società


di implantologia più grande al mondo ecc ecc e comunque
uno dei relatori ha parlato del torque di inserimento degli
impianti e ha detto che in realtà basterebbe che l’impianto
venisse posizionato rispettando la biologia, la gengiva
perimplantare ecc
A quel punto è cominciata una discussione abbastanza
violenta con il presidente della SIOAI che si riferiva a Misch,
un grandissimo implantologo morto da poco che per tutta la
vita ha studiato proprio quale fosse il torque di inserimento
migliore e che ha scoperto essere 35 N/cm. Il relatore
incriminato invece sosteneva ci si potesse anche mantenere
sotto i 7 N/cm considerando altri fattori come quelli
biologico quindi immaginatevi la rabbia del presidente della
SIOAI. Giustamente in sala erano presenti molti giovani,
approdati da poco all’implantologia ed era incauto lanciare
un messaggio del genere.
La cosa importante è evitare di inserire l’impianto a torque
superiori, un torque superiore a 35 determina uno stress sulle pareti dell’osso eccessivo, un riassorbimento
immediato e una perdita dell’impianto. Così come il numero dei giri durante la preparazione del sito
implantare… deve essere tutto controllato e misurato.
Il torque eccessivo che si può avere in un osso molto duro come la mandibola anteriore, deve essere
modulato: 35 N è un parametro indicativo, se ci rendiamo conto che durante la preparazione del sito
stiamo applicando un eccessivo stress o durante l’avvitamento dell’impianto possiamo modificarlo. Ecco
perché il professore preferisce fare l’avvitamento manualmente piuttosto che col manipolo ( sempre a
costante numero di giri e costante torque), in modo da avvertire meglio la sensibilità del torque di
inserimento.
Ovviamente al contrario, in un osso molto morbido, come può essere il mascellare posteriore, puoi non
raggiungere i 35 N, avere una stabilità ridotta però dipende dal tipo di dente, dal tipo di chirurgia ecc.
Quando fai quella sommersa, per esempio, anche se l’impianto non ha raggiunto i 35 N però lo sommergi,
non lo carichi, aspetti 3-4 mesi e poi lo carichi, va benissimo lo stesso.
In un osso molto morbido non puoi ottenere una stabilità eccellente a meno che non si sfruttino i setti.
Ci sono dei tempi e delle indicazioni molto precise ma non sempre gli implantologi seguono le linee guida,
ci sono situazioni in cui il carico immediato si può proporre al paziente o un post estrattivo si può proporre
al paziente: a una ragazza che ha perso l’incisivo centrale in seguito a trauma propongo ovviamente il post
estrattivo ma non lo propongo a una persona adulta che ha perso il molare per parodontopatia. Bisogna
sempre valutare bene i pro e i contro e trasferire le nostre conoscenze alla clinica.
12
Lezione 3 Implantologia 10-03-18 dott.ssa Gasparro parte 1 Lorenza D’Isanto

Oggi parliamo un po’ di quelle che sono le indicazioni cliniche, come approcciare il paziente implantare, quindi quali
sono gli esami da chiedere, tutto ciò che serve prima di pianificare un trattamento implanto-protesico, come si
posiziona l’impianto, quindi le fasi chirurgiche di posizionamento del sito implantare, passo passo.

INDICAZIONI CLINICHE

Il trattamento implantare è una metodica integrativa alle tecniche protesiche tradizionali, ma non la sostituisce
completamente, con precise indicazioni cliniche.

1. Edentulie parziali:
• Sostituzione di elementi singoli in arcate integre; per esempio,se dobbiamo sostituire un incisivo
laterale superiore in un soggetto giovane in cui sia il canino e l’incisivo centrale sono integri, sani,
andare a fare una protesi fissa, un ponte tra incisivo e canino sarebbe troppo demolitivo nei confronti
dei denti adiacenti. Ma questo pone ovviamente un problema di estetica: andare a sostituire un solo
elemento dentario in un edentulia intercalata in zona estetica pone un problema di natura estetica
perché la parabola gengivale deve essere perfettamente identica a quello dell’incisivo contro laterale,
perché sono necessari degli spazi adeguati affinchè sia sostituito un elemento dentario che possa
essere identico in termini di dimensioni al contro laterale ecc. Laddove invece si fa un ponte, tra
incisivo e canino, l’estetica è più armonica ed omogenea tra gli elementi dentari. Se invece in un
soggetto adulto, con problematiche legate anche ai denti contingui si può pensare di , anziché
utilizzare un impianto per sostituire un unico elemento dentario, di preparare anche i denti adiacenti
e quindi poi di utilizzare una protesi tradizionale anziché un implanto-protesi. È importante, quindi,
considerare lo stato dei denti adiacenti.
• Sostituzione di elementi singoli di particolare complessità protesica;
• Sostituzione di elementi singoli in arcate con marcati diastemi interdentali;
• Selle edentule distali
• Selle edentule intercalate lunghe perché nel caso di una protesi fissa, fare delle estensioni distali
troppo estese è biomeccanicamente pericoloso. Quindi piuttosto che sostituire il premolare, il
molare e il secondo molare con una protesi fissa da canino poiché eccessivo, si pensa di utilizzare
degli impianti nelle zone posteriori per sostituire queste selle edentule lunghe.

2. Edentulie totali:
• Atrofie della cresta ossea residua

Nel caso quindi delle edentulie totali abbiamo il problema dell’atrofia della cresta ossea residua. Soprattutto quando
la perdita dei denti è molto antecedente al nostro trattamento potremmo trovarci di fronte a dei gradi di atrofia più
o meno importanti, per cui, prima di pianificare un trattamento implantare di per sé è necessario fare delle
valutazione per capire se ci sono i parametri necessari a poter mettere un impianto o se serve dover fare prima delle
tecniche di rigenerativa ossea prima di posizionare l’impianto/i.

Prima cosa da fare:

1. Valutazione del paziente: è la cosa più importante! Si deve selezionare il paziente implantare. Non tutti i
pazienti possono fare gli impianti: non solo perché hanno la pressione alta, che di per sé è una stupidaggine
perché se compensato da un punto di vista generale, il paziente può sempre fare implantologia. Ma bisogna
selezionare il paziente per una serie di motivi:
- Stato di salute generale : è però un indicazione relativa perché se ad esempio il paziente è diabetico
ma è compensato, si può procedere al posizionamento degli impianti. Ovviamente il paziente dovrà
sempre tenere sotto controllo la patologia diabetica perché il rischio di periimplantite in un soggetto
diabetico è molto più alto per tutta una serie di fattori tra cui l’ipovascolarizzazione periferica, il rischio
13
infettivo, l’immunodepressione, per cui vanno incontro a un rischio infettivo maggiore. Ecco perché il
paziente diabetico ha un rischio maggiore di sviluppare la perimplantite rispetto a un soggetto sano.
Quindi se lo stato di salute del paziente non ce lo consente, (es. paziente diabetico scompensato,
emoglobina glicosilata a valori importanti) allora il paziente non è candidato alla implantologia. Se
invece è un diabetico compensato, controllato da un punto di vista farmacologico e segue una dieta
adeguata si può procedere tranquillamente. Anche in un soggetto iperteso , cardiopatico dobbiamo
tener conto il grado di compenso. In un paziente nel nostro studio dobbiamo sempre richiedere una
consulenza al medico specialista del paziente per valutare nel paziente cardiopatico, il grado di
compenso emodinamico, la pressione arteriosa; nel paziente diabetico si valuta il livello glicemico per
tenere sotto controllo queste problematiche. Però in generale non ci sono delle controindicazioni
assolute.
- Motivazione ed informazione del pz: questo è un altro aspetto molto importante. Il paziente deve
essere in grado di seguirci, venire a controllo sempre, fare dei controlli nel tempo perché è la cosa più
importante. Non è tanto difficile posizionare un impianto, mettere la corona, ma il paziente deve
essere seguito nel tempo sempre e se sfugge ai controlli molto spesso abbiamo la perimplantite. Quindi
i controlli post operatori sono anche più importanti dell’atto chirurgico in sé, perché questo lo sanno
fare tutti, ma seguire il paziente, motivarlo anche nell’igiene ed eseguire tutti i controlli post operatori
è la cosa più importante.
- Condizioni di igiene orale: il pz implantare deve essere sottoposto a controlli dal punto di vista
dell’igiene orale nelle prime fasi molto stretti e poi seguirlo sempre negli anni.
- Disponibilità economiche: che è piuttosto un problema che riguarda il paziente.

Fatta quindi questa prima valutazione del paziente dal punto di vista generale, si passa a valutare l’area edentula.

2. Valutazione dell’area edentula:


- Esame clinico del sito:
 distanza tra gli elementi dentari adiacenti all’area edentula (valutazione degli spazi),
 valutazione qualitativa e quantitativa dei tessuti molli per valutare se è presente la gengiva
aderente perché è necessario che ci sia gengiva aderente intorno al collo implantare (poi di
quale tipo fi gengiva ci debba essere è un dibattito ancora acceso in letteratura, ma si sta
raggiungendo l’unanimità riguardo al fatto che intorno all’impianto sia necessaria una quota di
almeno 2 mm di gengiva aderente. Essa infatti riesce a creare un manicotto molto stretto
intorno al collo implantare, evitare la penetrazione batterica in profondità, favorire la
detergibilità del manufatto protesico e tutta una serie di fattori per cui è meglio che la gengiva
aderente. Poi bisogna valutare che ci siano delle inserzioni frenulari ed eventualmente eseguire
una frenulectomia,
 poi valutare lo stato degli elementi dentari contigui : se l’elemento dentario contiguo ha una
tasca parodontale profonda in cui si accumula cibo, questa tasca va a infettare il nostro
manufatto. A parte il fatto che non si devono mai fare impianti in pazienti che non sono
parodontalmente stabili, non nei pazienti parodontali in generale perché l’impianto può essere
posizionato in questi pazienti ma prima deve essere trattata la parodontite, sempre! Mai
mettere impianti in una bocca in cui non è stata fatta una seduta di igiene orale ma soprattutto
una terapia parodontale non chirurgica. Non devono essere presenti stati infiammatori acuti.
 eseguire la palpazione che ci aiuta a definire e valutare lo spessore dell’osso. Si fa sempre
prima la palpazione e se ci sono deiscenze dal punto di vista tattile si riescono a valutare.
Ovviamente saranno confermati dall’esame radiologico ma l’esame clinico non può essere
bypassato.

Si deve fare sempre la valutazione clinica! Non bisogna guardare solo la radiografia, o la TAC, ma si deve fare sempre
prima un esame clinico, valutare la zona dell’area edentula, vedere se c’è lo spazio mesiodistale. Per esempio alla
radiografia può essere presente uno spazio che può sembrare adeguato al posizionamento dell’impianto, ma poi se
14
gli elementi dentari sono inclinati nell’area edentula non ci sarà lo spazio per posizionare la corona, per cui si
posiziona l’impianto senza poter posizionare la corona, ed è inutile. Quindi nel valutare l’area edentula, dobbiamo
guardare se ci sono gli spazi mesio-distali necessari per il posizionamento dell’impianto (se lo spazio è troppo ampio
o troppo poco, se è così ampio da permettere di posizionare due premolari anziché un molare quando si fa la
premolarizzazione, se gli spazi sono troppo stretti sarà inutile posizionare l’impianto perché non si potrà mettere la
corona. Se i denti sono inclinati nell’area edentula sarà necessario fare un up-righting ortodontico di questi denti.

Quindi abbiamo fatto questa valutazione del paziente, abbiamo visto che non ha parodontite in atto e ha la distanza
giusta per poter mettere un impianto, e quindi possiamo procedere con:

- Esame radiologico del sito.

3. Scelta del tipo di protesi

ESAMI RADIOLOGICI

I livello:

- Radiografie endorali
- Ortopantomografia

II livello :

- TAC
- TC Cone Beam

Gli esami di primo livello li dobbiamo comunque richiedere soprattutto l’OPT, mentre l’endorale possiamo anche
non chiederla. Essa ha però una serie di vantaggi, tra cui quello di darci delle immagini 1:1, quindi sicuramente
un’immagine reale del sito. Ma ha lo svantaggio ci non darci una valutazione tridimensionale del sito, essendo
bidimensionale come l’opt.

RADIOGRAFIE ENDORALI

Vantaggi:

- Economicità
- Facilità e rapidità di esecuzione
- Sviluppo immediato
- Buona definizione del dettaglio
- Bassa dose di radiazioni
- Breve tempo di esposizione

Svantaggi:

- Mancanza della visione d’insieme


- Limitazioni di carattere anatomo funzionale
- Deteriorabilità del radiogramma nel tempo con difficoltà di archiviazione
- Deformazione dell’immagine ed ingrandimento delle strutture anatomiche
- Impossibilità di una valutazione tridimensionale del sito.

Non è così importante eseguire un’endorale al fine di posizionare un impianto così come può essere importante
invece la TAC.
15
ORTOPANTOMOGRAFIA

Mai richiedere una TAC senza aver prima eseguito un OPT, in generale anche per la chirurgia: molto spesso ai pz
viene infatti prescritta direttamente la TAC, senza eseguire l’opt, il che è sbagliato perché l’opt ci da comunque
un’immagine d’insieme del cavo orale, se ci sono dei processi patologici in altre sedi se facciamo la TAC solo alla
mandibola ma al mascellare sono presenti dei denti con lesioni periapicali noi non lo possiamo mai sapere. SEMPRE
prima l’OPT!

Vantaggi:

- Semplice e rapida realizzazione


- Offre un’immagine unitaria del sistema dento-mascellare
- Consente la diagnosi di processi patologici

Svantaggi:

- Ingrandimento e distorsione (indicato in percentuale al lato dello stesso radiogramma):


l’ingrandimento è di 1:1.25 rispetto all’endorale che abbiamo detto essere 1:1.
- Impossibilità di una valutazione tridimensionale del sito.

Quindi non possiamo andare a scegliere la


misura dell’impianto sull’opt, anche se alcune
case implantari forniscono dei template già
con l’ingrandimento di 1:1.25. Quindi si fa una
valutazione del sito chirurgico mediante OPT
mediante il template 1:1.25. Poi dopo si va a
vedere che una volta posizionato l’impianto, il
template che abbiamo utilizzato prima per
pianificare la dimensione dell’impianto in
termini di LUNGHEZZA, (il diametro invece lo
valutiamo solo con la TAC) vediamo che c’è
una corrispondenza. Oggi non è una metodica
che oggi si usa più a causa dell’avvento
dell’implantologia digitale, esistono dei
programmi che hanno all’interno delle librerie
implantari per ogni casa implantare e poi quel
tipo di impianto viene posizionato all’interno della TAC per pianificare le dimensioni e anche lo spessore in quel caso.

TOMOGRAFIA ASSIALE COMPUTERIZZATA

La TAC è stata inventata nel 1972 e si basa su di un modello matematico secondo cui l’immagine tridimensionale
di un oggetto può essere calcolata da un numero infinito di proiezioni a due dimensioni.

Il primo scanner tridimensionale prodotto dalla EMI era stato progettato per produrre sezioni assiali dell’encefalo,
da qui il termine Tomografia Assiale Computerizzata.

Sono stati in seguito prodotto programmi che permettessero , pur acquisendo le immagini con scansioni assiali, di
ottenere sezioni frontali (coronali). In questo modo era possibile realizzare delle immagini sul piano frontale senza
obbligare il paziente a posizioni scomode del capo ed evitando di irradiare il cristallino.
16
La cosa importante che dobbiamo ricordare della TAC è che la tac ci consente di ottenere un’immagine
tridimensionale del sito, ma soprattutto di ottenere delle scansioni nei tre piani dello spazio: assiali, coronali e le
sezioni frontali.

Come si legge la TAC? Questa è una cosa molto importante che dobbiamo sapere perché molto spesso non si riesce a
leggerla.

DENTALSCAN

Per la realizzazione delle scansioni assiali preliminari, viene


realizzata una scansione laterale detta Scout-view, importante sia
per determinare il piano di riferimento delle scansioni assiali che
il volume da indagare.

Da questa scou- view vengono presi due piani di riferimento: Il


piano di riferimento per la mandibola è il bordo inferiore mentre
per il mascellare superiore è il palato duro.

Da questi piani laterali viene creata questa immagine a sx, il radiologo


poi su questa immagine crea una curva, tracciata a mano, che si trova
più o meno al centro tra le due creste, vestibolare e palatale/linguale.
Su una scansione assiale particolarmente rappresentativa il tecnico
traccia all’interno dell’osso mascellare o mandibolare una linea di
riferimento segue l’andamento dell’organo e rimane più o meno parallela alla corticale esterna. Il computer
rielabora delle sezioni perpendicolari a questa linea e al piano della
scansione.

Le sezioni assiali saranno perpendicolari a questa curva. I moderni


programmi digitali ci fanno tracciare questa curva mediante dei punti
che sono al centro delle due creste e ricrea questa curva da cui
vengono delle fettine perpendicolari a questa curva, e sono le sezioni
ortogonali oblique, radiali, orto-radiali, vestibolo-linguali, cross sectional reformations. Esse ci consentono di andare
a valutare lo spessore. È come se tagliassimo la mandibola in tante sezioni e le guardiamo lateralmente, per ciascuno
degli spessori della mandibola.

Tali ricostruzioni (queste “fettine”) sono distanziate da 1 a 2 mm e sono


definite: ortogonali oblique, radiali, orto radiali, vestibolo-linguali, cross
sectional reformations. La distanza tra le varie sezioni viene indicata dal
radiologo, chiaramente se la distanza è di 1 mm avremo più sezioni.
Questo è importante per andare a studiare gli spessori, le distanze mesio-distali: se tra la prima è l’ultima sezione è
stata fatta una distanza per ciascuna fettina di 1 mm, e devo posizionare un impianto un impianto esattamente al
centro di una cresta riprodotto in 10 fettine o sezioni, devo considerare la 5 sezione.

Quindi queste sezioni orto radiali ci consentono di fare una programmazione anche dello spazio mesio-distale perché
in base alla distanza tra l’una e l’altra possiamo capire qual è lo spazio mesio-distale tra due denti. Possiamo andare
infatti a contare le sezioni che separano canino e quinto e renderci conto esattamente dello spessore mesiodistale e
posizionare l’impianto esattamente al centro.
17
Chiaramente in base a tutte queste sezioni, il computer può rielaborare anche una ricostruzione tridimensionale, ma
questo lo vedremo meglio con la Cone Beam.

Il computer è anche in grado di rielaborare le scansioni simili ad un’ortopantomografia, riportando tutti i punti che
giacciono su piano ricurvi identificati dalla linea di riferimento e da altre linee parallele a questa.

Tali rielaborazioni si definiscono rielaborazioni panoramiche, rielaborazioni coronali, panoramic reformations e


vengono numerato in senso bucco – linguale.

Ulteriore possibilità del programma è di fornire


ricostruzioni tridimensionali, che consentono di valutare

l’organo da varie angolazioni con effetto prospettico. In


base alla ricostruzione di tutte queste sezioni, le frontali,
l’assiale e coronali, possiamo andare a creare una
ricostruzione tridimensionale che possiamo ruotare in tutti i
piani dello spazio e fare un valutazione 3D.

Il programma può inoltre calcolare la densità del tessuto


(e quindi le unità Hounsfield) in una particolare area, ben delimitata sull’immagine assiale.

Ciò non viene eseguito dalla TC Cone Beam in maniera così precisa come nella TAC. Quindi
se ci serve sapere qual è la densità di quel tessuto è preferibile richiedere una TC dentalscan
piuttosto che la Cone Beam. Anche se dal punto di vista medico legale, si raccomanda
sempre di eseguire una cone beam anche nelle programmazioni implanto-protesiche,
perché abbiamo una dose di radiazioni decisamente più bassa. Ci sono stati ultimamente
dei lavori che hanno cercato di comparare queste densità fornite dalla cone beam ma ancora non c’è una perfetta
corrispondenza delle Hounsfield della Tac rispetto alla Cone Beam.

Queste aree sono dette R.O.I. (region of interest). Scala di Hounsfield

La densità è misurata in unità di Hounsfield in una scala dove: 1600 Osso corticale
00 Qualità eccellente
1600 è il valore dell’osso corticale
600 Qualità discreta
0 è il valore dell’acqua 200 Densità minima
60 Coagulo sanguigno
-1000 è il valore dell’aria
0 Densità acqua
La densità ossea può essere definita in questo senso, secondo la classificazione
di Misch. Abbiamo un osso D1 quando la densità ossea è tra 1600 e 1200 -100 Densità tessuto
adiposo
Hounsfield, D2 quando è tra 1200-700, D3 quando è tra 700 e 300 e D4 tra 300-
100. Quindi 1600 è l’osso corticale, quindi l’osso D1 è un osso molto duro, è la -1000 Densità aria
corticale, come ad esempio la mandibola anteriore. Il
Scala Hounsflied Classificazione Misch
problema nel posizionare un impianto in un osso D1, è
rappresentato dal fatto che si raggiungono dei torque 1600-1200 D1
eccessivi perché l’osso è molto duro e la pressione sulle
1200-700 D2
pareti è eccessiva, ma abbiamo un altro problema
riguardante la vascolarizzazione del sito: la corticale non 700-300 D3
è vascolarizzata, è la midollare a essere fortemente 300-100 D4
vascolarizzata. Per cui abbiamo sicuramente una
stabilità primaria maggiore perché l’osso più duro da’ una maggiore stabilità, ma la vascolarizzazione è ridotta.
18
Quindi non è un buon osso per posizionare gli impianti.

Anche D4 non è un buon osso per posizionare gli impianti perché D4 lo troviamo ad esempio nel mascellare
superiore posteriore dove l’osso è molto poco denso, molto morbido però ha il vantaggio di essere molto
vascolarizzato. Quindi la stabilità primaria è ridotta ma la vascolarizzazione è importante.

Gli ideali sono l’osso D2 e l’osso D3.

Diciamo che non c’è bisogno di richiedere al radiologo la scala Hounsfield in tutte le TAC che richiediamo perché in
linea di massima sappiamo quali sono le zone in cui c’è un osso D1, D2, D4. La mandibola anteriore è l’osso D1, nel
mascellare superiore è D4, la mandibola posteriore è compresa tra D2 e D3, ma nel blocco posteriore l’impianto non
lo mettiamo, quindi non è che mettiamo l’impianto al limite esterno visto che l’osso è talmente duro , non si mette
l’impianto per sostituire un 7 o un 8, a meno che non ci sono delle problematiche diverse: ad esempio il paziente
presenta il 7 superiore però di per sé se manca superiormente non lo andiamo a sostituire inferiormente perché non
avrebbe in qualche modo l’occlusione.

Quindi è importante questa classificazione.

CONE BEAM

La tomografia computerizzata (CBTC) o tomografia computerizzata a fascio conico è una tecnica di imaging
biomedico in cui una tomografia computerizzata viene realizzata mediante dei raggi X a forma di cono.

La particolarità di avere un fascio conico, invece che a “ventaglio” (fan-beam) come nei tomografi TC, permette ad
ogni esposizione di coprire l’intero campo di vista (Field of view o FOV) e quindi in un unico giro, anziché in più giri
a spirale, acquisire una serie di immagini bidimensionali complete della parte anatomica in esame, nelle diverse
proiezioni.

La serie di proiezioni acquisite verranno poi elaborate da un software che produrrà un set tridimensionale che
servirà da base per successive rielaborazioni che porteranno alle ricostruzioni nei tre piani ortogonali (assiale,
saggitale, coronale). Il risultato finale dato dall’integrazione di queste immagini è un’immagine tridimensionale.

Le dosi di radiazioni ionizzanti somministrate dalla CBCT sono generalmente 5-20 volte più basse, a parità di
volume irradiato, rispetto agli altri esami realizzati tramite tomografia computerizzata tradizionale. Proprio per
questo motivo l’American Academy of Oral and Maxillofacia Radiology in recenti linee guida raccomanda di utilizzare
sempre la Cone Beam al posto della Tac nella pianificazione della programmazione implanto-protesica.

La programmazione chirurgica implantare non può prescindere dalla valutazione dell’esame radiografico
tridimensionale TC (sia esso dentalscan) o Cone Beam. Questo è importante per un aspetto medico-legale, perché ci
fornisce idea dello spessore dell’osso e ci possono essere situazioni per cui abbiamo delle angolazioni particolari
della mandibola da tenere presenti nel posizionamento di un impianto e che non possiamo considerare unicamente
sull’opt. Facciamo l’esempio di un impianto post-estrattivo, misuriamo la radice dell’elemento dentario ed è di 20
mm, allora saremmo portati a inserire un impianto di questa dimensione. Quando mettiamo un impianto post-
estrattivo, per cercare una stabilità a livello
apicale, ci si approfondisce di circa 2 mm.
Guardate la dimensione della radice e aggiungete
2 mm e pensate di aver trovato la lunghezza
esatta di quell’impianto. Ma se non facciamo la
TAC e la mandibola presenta un inclinazione di
questo tipo (foto a destra) andiamo a sfondare la
corticale linguale, al di sotto della quale abbiamo
il pavimento orale in cui decorrono arterie
importantissime, la miloioidea, la sfenolinguale,
19
le ghiandole. Se perforiamo la corticale linguale avremo una serie di problemi da un punto di vista chirurgico come
emorragie del pavimento sottolinguale, difficoltà respiratorie del paziente.

Ovviamente quindi l’angolazione della mandibola non la vediamo con un immagine radiografica come l’OPT.

Per cui la dimensione dell’impianto deve essere valutata sulla lunghezza che vediamo nelle sezione della TAC e non
sulla lunghezza bidimensionale della OPT.

Quindi FATE SEMPRE LA TAC, perché un angolazione particolare o anomala o eccessiva della mandibola, soprattutto
in regioni posteriori, perché nelle regioni anteriori ha un andamento un po’ più rettilineo, ma man mano che ci
spostiamo nei settori posteriori questa angolazione aumenta in senso vestibolo – linguale.

Per cui l’impianto dobbiamo considerarlo in una lunghezza che è inferiore rispetto a quella che vediamo nell’opt.

LA TECNICA CHIRURGICA

La prima cosa che si fa dopo aver fatto l’anestesia è il LEMBO

1. LEMBO A PORTABAGAGLI: utilizzato in implantologia sommersa è un lembo trapezoidale a tutto spessore


(vengono quindi fatti due tagli di rilascio mesiale e distale al sito implantare), che inizi palatalmente
all’arcata superiore e vestibolarmente alla mandibola. Viene eseguito sempre un po’ più palatale per
cercare di portare un po’ di gengiva aderente vestibolarmente.
Deve evidenziare ampiamente la cresta ossea del sito prestabilito. Se dovete fare l’implantologia
sommersa e soprattutto se dovete fare poi contestualmente tecniche di rigenerazione, fate un lembo un po’
più ampio per poter chiudere sempre su tessuto sano.

2. INCISIONE IN CRESTA: impiegata nell’implantologia non sommersa, prevede in prima battuta una corretta
gestione della gengiva aderente, che deve essere almeno 1 mm sia vestibolare che linguale. Quando
abbiamo già di per sé molta gengiva aderente, possiamo evitare di fare dei tagli di rilascio e di partire
palatalmente, ma facciamo una semplice incisione in cresta e posizioniamo l’impianto.

Esistono anche delle tecniche FLAPLESS cioè senza lembo. In quel caso però dobbiamo essere certi che non ci siano
problematiche ossee o gengivali. Le problematiche ossee, come deiscenze, fenestrazioni, se non facciamo il lembo
non le vediamo, non riusciamo a valutarle. Quindi per eseguire la Flapless devono essere assenti deiscenze e
fenestrazioni, deve essere presente un’importante quota di gengiva aderente, per cui mediante un bisturi si asporta
un quota di gengiva aderente e si posiziona l’impianto.

PREPARAZIONE DEL LETTO IMPLANTARE

1. Tutte le frese vanno raffreddate con una costante irrigazione con soluzione fisiologica fredda (l’osso non
deve mai superare la temperatura di 47°). La soluzione fisiologica viene tenuta in frigo. La temperatura
superiore a 47° creerebbe una necrosi degli osteoblasti, necrosi ossea, che determinerà un processo di
fibrointegrazione e non di osteointegrazione e si perde l’impianto. L’irrigazione può essere interna o esterna,
ma è preferibile esterna perché quella interna crea una pressione eccessiva sulle pareti dell’alveolo.
2. Si può impiegare una dima chirurgica per guidare la fresatura del sito. Esistono molte tecniche per fare
l’implantologia guidata, ma la dima non sempre riesce a dare una guida nel posizionamento vestibolo
linguale dell’impianto, da’ solo un’idea del posizionamente mesio-distale ma vestibolo – linguale diventa un
po’ più complicato l’utilizzo solo della dima.
3. Si perfora la corticale con una fresa a rosetta o a punta. Detta FRESA PUNTATRICE, che serve solo per
incidere la corticale che indica il sito in cui perforare.
4. Si utilizza una prima fresa, una fresa lanceolata dal diametro di circa 2 mm prepara il sito fino alla
profondità stabilita con velocità di 1200 rpm (giri al minuto) e 30 N/cm. Quindi serve a creare il solco guida
e arrivare fino alla lunghezza di lavoro. Una volta scelta la dimensione dell’impianto, in termini di lunghezza,
20
le frese sono calibrate, hanno delle tacche di dimensioni diverse, per cui in base alla dimensione che ci
interessa, perforiamo fino a quella tacca, fino a quella lunghezza. Inoltre i motori implantari ricordiamo che
non lavorano a 3000 giri al minuto, i 1200 giri al minuto sono standard per tutti a prescindere dalla
sistematica che si vuole utilizzare. Lo stesso vale per il torque di inserimento che non deve essere superiore
ai 35 N/cm.
5. Vengono poi utilizzate le Frese calibrate di diametro crescente preparano il sito fino alle dimensioni
dell’impianto che vogliamo posizionare con velocità comprese tra i 1200 e i 400 rpm. Se ad esempio
vogliamo inserire un impianto di 4 mm, non prepariamo direttamente il sito di 4 mm perché saremmo
troppo aggressivi nei confronti dell’osso quindi la sequenza è in senso crescente nel senso del diametro fino
al diametro che abbiamo scelto per non generare uno stress elevato nei confronti dell’osso,
surriscaldamento e eccessiva pressione sulle pareti. Quando arriviamo poi alla fresa di 4 mm, non significa
necessariamente che la fresa sia esattamente 4 mm ma c’è sempre una sotto preparazione del sito. Viene
definita di 4 mm per non confonderci con il diametro ma la fresa non è esattamente del diametro
dell’impianto al fine di creare una sotto preparazione del sito dell’impianto. La sottopreparazione è in genere
di 0.5 mm e ci consente di ottenere una stabilità primaria maggiore. In un sito con osso D1 la sotto
preparazione può creare un eccessivo stress, per cui si passa a una fresa un po’ più ampia ovvero la fresa
Countersink.
6. Con la fresa countersink si svasa la corticale, perché proprio su di essa si creano gli stress maggiori, per
accogliere il collo dell’impianto (il collo è più largo per migliorare l’estetica e la stabilità).
7. Con test implant si può valutare durante le varie fasi il parallelismo dell’impianto.
8. Possono essere impiegati dei maschiatori per filettare il letto ricevente.
9. Si posiziona l’impianto sul sito ricevente con un torque massimo di 35 N/cm.
10. Sull’impianto viene posizionata la vite tappo.
21

Poi si utilizza una fresa lanceolata del diametro di circa 2 mm che serve a creare il solco guida che
viene passata per tutta la profondità del sito di lavoro. Una volta che abbiamo stabilito la
dimensione dell'impianto in termini di lunghezza andiamo ad utilizzare frese calibrate che
hanno delle tacche di dimensioni diverse, per cui perforate fino alla tacca che corrisponde alla
lunghezza che vi interessa. Questa fresa lanceolata lavora ad una velocità di circa 1200 giri al
minuto (rpm) e con un torque di 30N/cm. Abbiamo detto che non dobbiamo raggiungere un
torque di avvitamento, quando si inserisce un impianto, sopra i 35N/cm. Dopo aver effettuato il
solco guida con la fresa lanceolata fino alla profondità stabilità vengono utilizzate delle frese
calibrate, cioè delle frese di diametro CRESCENTE fino a che non si raggiunge il diametro
corrispondente al diametro dell'impianto che dobbiamo posizionare. Per esempio se dobbiamo
inserire un impianto di 4 mm non prepariamo direttamente il sito con una fresa del diametro di
4mm perchè saremmo troppo aggressivi nei confronti dell'osso: la sequenza di frese è in senso
CRESCENTE in termini di diametro fino al diametro dell'impianto per evitare un eccessivo stress, e
pressione sulle pareti dell'alveolo. Quando passiamo con la fresa di diametro uguale a quella
dell'impianto (nell'esempio 4 mm), non significa che il diametro della fresa è esattamente uguale
al diametro dell'impianto ma è leggermente più piccola perchè si deve creare sempre una
sottopreparazione del sito. Questa sottopreparazione del sito ci consente di ottenere una stabilità
prematura maggiore. La sottopreparazione in un sito con osso D1 può creare un eccessivo
stress e quindi si passa una fresa con un diametro un po’ più grande, soprattutto nella
corticale, per evitare questo eccessivo stress da sottopreparazione. La fresa countersink va a
svasare la corticale perchè è poi sulla corticale che si creano gli stress maggiori. Con il test
implant si può valutare durante tutte le fasi il parallelismo dell'impianto. Sono dei pin di
parallelismo dove ad ogni passaggio della fresa voi andate ad inserire questo pin all'interno del
22

solco e valutare se il solco è stato preparato in maniera parallela agli altri "non si capisce".
Parallelo significa corretto in senso mesio-distale, corretto in senso vestibolo-linguale e in
occlusione con il dente antagonista. Con le frese calibrate possiamo andare a correggere eventuali
errori di parallelismo, ma bisogna stare attenti a non correggere eccessivamente e compromettere
la stabilità dell'impianto, costringendovi ad usare un impianto con un diametro più grande.
Possono essere utilizzati anche dei maschiatori per filettare il letto ricevente, anche se oggi
vengono utilizzati sempre di meno perchè gli impianti sono auto-filettanti quindi creano la
filettatura all'interno del sito nel momento vengono avvitati. Laddove però vi accorgete che
durante l'avvitamento c'è untorque di avvitamento eccessivo, fermatevi (si rischia la frattura
dell'impianto o dell'osso, stress eccessivo sulle pareti dell'alveolo), poi si maschia il sito con delle
frese che creano una filettatura, oppure si passa una fresa "successiva" e si inserisce un impianto
di diametro minore. N.B. Se vedete che c'è un torque eccessivo di inserimento, svitate un po’ e
poi ricominciate ad avvitare, e procedete in questo modo, MAI forzare l'avvitamento. Si posiziona
l'impianto nel sito ricevente con un torque MASSIMO di 35N/cm, e sull'impianto viene poi
posizionata la vite tappo.

Dobbiamo a questo punto distinguere due casi a seconda se effettuiamo un'implantologia


sommersa o NON sommersa. Nell'implantologia sommersa, si sutura la mucosa AL DI SOPRA
dell'impianto. Quindi si va a mettere una vite-tappo che va a chiudere il sito implantare,
dopodichè si riposiziona la gengiva superiormente e si aspetta la guarigione. Segue una
seconda fase chirurgica, cioè una fase di SCOPERTURA dell'impianto, previa radiografia
23

dell'impianto (SEMPRE). Nell'implantologia non sommersa invece evitiamo di effettuare una


seconda fase chirurgica. Non sempre possiamo effettuarla. Per esempio nel caso in cui NON
abbiamo una buona stabilità, noi siamo costretti ad optare per una terapia sommersa. Nel
caso in cui dobbiamo fare un rialzo del seno mascellare e contestualmente mettiamo
l'impianto, facciamo SEMPRE un'implantologia sommersa. Nel caso in cui facciamo una
rigenerativa perimplantare, facciamo SEMPRE un'implantologia sommersa. Nell'implantologia
NON sommersa infatti la presenza di un tragitto transmucoso, espone ad un RISCHIO maggiore di
contaminazione batterica. Dipende quindi dai casi. Nella fase di scopertura dell'impianto, prima di
scoprire l'impianto è necessario andare a valutare SEMPRE, la quota di gengiva aderente:
se c'è molta gengiva aderente, con un bisturi circolare andiamo ad asportare la porzione di
gengiva che ricopre l'impianto, togliamo la vite-tappo e mettiamo la vite di guarigione. Se invece
NON c'è gengiva aderente, si devono applicare delle tecniche chirurgiche che vadano ad
aumentare questa quota di gengiva aderente, ad esempio lo stripping, lembo a
riposizionamento apicale a spessore parziale che determina una ricrescita e un aumento di
gengiva aderente CORONALMENTE, oppure nel caso in cui la quota di gengiva aderente è
veramente esigua si può effettuare (prima del posizionamento dell'impianto) un innesto di
tessuto molle prelevato dal palato.
Dopo aver messo la vite di guarigione qualche volta viene effettuata una sutura, ma non sempre
se l'incisione che effettuiamo con il bisturi per scoprire l'impianto è minimamente invasiva.
Esistono diverse tipologie di kit chirurgici, e ogni kit presenta una sequenza di frese di diametri
diverse, esistono anche dei riferimenti colorimetrici, cioè il diametro delle frese corrisponde ad
un preciso colore.
In questa immagine possiamo vedere chiaramente le tacche di riferimento di millimetri. Se invece
dobbiamo mettere un impianto sottocrestale ci dobbiamo approfondire DI PIU’ rispetto alla
lunghezza che abbiamo scelto.
L'impianto viene sempre fornito con un clist sterile, mai toccare l'impianto con guanti, strumenti,
bisogna evitare le contaminazioni. Preparare il sito, lavare eventualmente il sito, pulirlo dai detriti,
aspirare e poi posizionare l'impianto immediatamente senza passaggi intermedi, in modo da
diminuire il rischio di contaminazione.
Questo è un esempio di sequenza chirurgica per un impianto di 3,3 mm. (Slide ricopiata)

Tecnica operativa per impianti di 3,3 mm


1. Fase iniziale: Dopo l’apertura del lembo, la prima fresa crea una tacca nel punto di inserzione dell’impianto.
2. Fresa pilota: La fresa pilota graduata crea una sede lunga fino alla profondità stabilita per l’impianto
3. Fresa 2 lame: La fresa 2 lame allarga la sede fino al diametro ed alla profondità adeguata alle dimensioni
dell’impianto da inserire
4. Fresa finale: La fresa finale allarga la sede del sito impiantare in corrispondenza della corticale
5. Avvitamento: 1) Avvitare ruotando in senso orario fino a trovare la prima decisa resistenza 2)Svitare di mezzo
giro 3)Proseguire con l’avvitamento fino alla successiva resistenza 4)Proseguire con gli steps 2-3 sino a
quando è possibile
6. Chiave digitale: Giunti a metà dell’inserimento dell’impianto è consigliato impiegare la chiave digitale

Tecnica operativa per impianti di 3,8 mm


1. Fase iniziale: Dopo l’apertura del lembo, la prima fresa crea una tacca nel punto di inserzione dell’impianto.
2. Fresa pilota: La fresa pilota graduata crea una sede lunga fino alla profondità stabilita per l’impianto
3. Prima fresa 2 lame: La prima fresa 2 lame inizia ad allargare la sede del sito impiantare
4. Seconda fresa 2 lame: La seconda fresa 2 lame allarga la sede fino al diametro ed alla profondità adeguata alle
dimensioni dell’impianto da inserire
5. Fresa finale: La fresa finale allarga la sede del sito impiantare in corrispondenza della corticale
6. Avvitamento: 1) Avvitare ruotando in senso orario fino a trovare la prima decisa resistenza 2)Svitare di mezzo
giro 3)Proseguire con l’avvitamento fino alla successiva resistenza 4)Proseguire con gli steps 2-3 sino a
quando è possibile
7. Chiave digitale: Giunti a metà dell’inserimento dell’impianto è consigliato impiegare la chiave digitale
24

Come facciamo a valutare il torque? Manualmente non è possibile, ma esistono delle chiavi
dinamometriche, per cui si imposta il torque della chiave dinamometriche a 35N e si avvita
l'impianto. Può essere usata anche per avvitare il moncone sulla protesi (il provvisorio in
genere si avvita a mano) perchè dobbiamo essere sicuri dell'efficacia dell'avvitamento.

Di quanto bisogna approfondire la fixture implantare? Di circa 2 mm rispetto alla CEJ degli
elementi dentari adiacenti. Un insufficiente approfondimento di quest'ultima determina infatti
l'esposizione delle connessioni protesiche e il titanio della fixture. Quindi soprattutto nei settori
anteriori, se non si approfondisce bene l'impianto 2 mm al di sotto della CEJ degli elementi dentari
adiacenti voi potete avere un'esposizione delle prime spire dell'impianto che in un settore
estetico possono trasparire attraverso una gengiva, soprattutto quando i tessuti molli sono molto
sottili, quindi in un biotipo sottile, dove l'implantologia è sempre un po’ più a rischio. Un
inserimento invece troppo APICALE dell'impianto comporta un importante riassorbimento osseo.
Se noi posizioniamo un impianto sotto cresta portiamo la connessione protesica sotto l'osso. La
connessione protesica è quella più a rischio, cioè quella su cui si accumula prevalentemente
la carica batterica perchè se non c'è un perfetto accoppiamento tra le componenti, sotto le
forze dei MICROMOVIMENTI, si creano dei gap a livello della connessione protesica e implantare
per cui si ha una contaminazione batterica e un riassorbimento osseo. Per cui sono stati creati
degli escamotage per poter inserire questi impianti sottocrestali per esempio sono rappresentati
dalla connessione "conometrica". La connessione conometrica è un perfetto accoppiamento tra
le due componenti (non elimina completamente il gap, un minimo gap è sempre necessario per
l'accoppiamento), riduce il rischio di micromovimenti. Questa connessione conometrica
quindi riduce il rischio di contaminazione batterica e quindi il riassorbimento osseo dovrebbe
25

essere ridotto. Ovviamente se noi mettiamo l'impianto e la connessione la portiamo ai tessuti


molli, il riassorbimento è molto minore. Tuttavia un altro vantaggio di avere un impianto
sottocrestale laddove però ci sono questi fattori protettivi come platform switching,
connessione conometriche è quello di avere un osso che CRESCE sulla spalla dell'impianto. E' un
vantaggio sia dal punto di vista protettivo per l'impianto ma soprattutto dal punto di vista estetico
perchè la papilla deve essere necessariamente sostenuta da osso sottostante, quindi se c'è osso
c'è anche la papilla, non può esistere una papilla senza osso. Quindi questo osso che
cresce al sopra della spalla dell'impianto va a sostenere il tessuto molle sovrastante e nei
casi di più impianti adiacenti questo è un vantaggio estetico molto importante.
Nel caso dell'impianto transmucoso “tissue level” sicuramente l'estetica è mantenuta dal DESIGN
del tragitto transmucoso e abbiamo il vantaggio di NON avere il rischio di contaminazione a livello
osseo, ma lo abbiamo sempre a livello dei tessuti molli. Gli impianti “tissue level” danno sempre
meno riassorbimento rispetto a quelli “bone level” perchè la connessione è FUORI dall'osso.
D: Nei settori anteriori quale tipologia di impianti è preferibile usare? Diciamo che oggi tutti gli
impianti hanno un livello di successo elevatissimo, quindi quello che conta non è il tipo di impianto
che inseriamo MA come gestiamo i tessuti molli perimplantari e il tragitto transmucoso della
protesi perchè l'impianto anche sottocrestale nel settore anteriore va benissimo grazie ai suoi
vantaggi estetici ma anche un impianto transmucoso va benissimo. Se partiamo da tessuti molli
molto sottili sarebbe preferibile prima fare un innesto di tessuto gengivale. Ad esempio nel caso
dell'agenesia del laterale noi sappiamo che manca proprio l'alveolo quindi è presente proprio una
concavità. Se noi mettiamo semplicemente l'impianto su quella concavità, la concavità non
scompare. Quindi prima ancora si fanno tecniche di rigenerazione ossea ma soprattutto di
tessuto molle per andare a comparare le due parabole e le due concavita (dx e sx) e poi si può
posizionare l'impianto.

IMPORTANTE: La spaziatura (Frequenti domande all’esame su questi concetti)


26

Quanto deve distare un dente da un impianto? 1,5 mm. Questo è importantissimo, perchè si
deve formare la PSEUDOPAPILLA. Se lo mettiamo troppo vicino c'è uno stress di
vascolarizzazione quindi si riassorbe l'osso, la papilla si ritira e si crea il classico "buco
nero".
La distanza che deve esserci tra due impianti deve essere di 3 mm. Perchè proprio 3 mm?
Perchè non c'è la vascolarizzazione del dente adiacente, mentre tra dente e impianto noi
abbiamo la vascolarizzazione che viene dal parodonto, dal periostio del dente adiacente, tra due
impianti non abbiamo nessun tipo di vascolarizzazione parodontale ma SOLO quella periostea.
Quindi ci teniamo ancora più distanti, ad una distanza di 3 mm. Tutte queste distanze voi le
andrete a valutare sulle sezioni che abbiamo visto all'inizio della lezione. Nello spazio che
andrete a calcolare dovete considerare il diametro degli impianti e le distanze tra dente-impianto
e/o impianto-impianto. Le conseguenze di una valutazione sbagliata dello spazio può avere
importanti conseguenze come sofferenza vascolare con pseudopapilla, riassorbimento osseo
con esposizione delle spire, formazione di una tasca e una possibile conseguente perimplantite.
27

Quanto deve essere l'altezza della papilla interdentale? Affinchè la papilla si formi è
necessario se la distanza tra la sommità della cresta ossea e il punto di contatto sia
inferiore o uguale a 5mm. Questa legge vale anche per i denti. Quando questa distanza
aumenta fino a 6 mm nel 50% dei casi si riscontra una papilla aperta con la presenza di “non si
capisce”.
Nei settori anteriori quindi bisogna portare il punto di contatto più APICALMENTE possibile per
evitare la perdita di tessuti molli.
28

Quanto osso deve esserci vestibolarmente e lingualmente? Almeno 2 mm. Se questo spessore è
minore di 2 mm abbiamo più frequentemente un riassorbimento. Quando andiamo sulla
TAC a misurare lo spessore tra la cresta linguale e quella vestibolare dobbiamo considerare il
diametro dell'impianto più 2 mm vestibolarmente e 2 mm lingualmente. Il diametro degli
impianti dipende anche da QUALE dente va a sostituire. Se non c'è un diametro sufficiente per
un impianto che va a "sostituire" un elemento dentario si usano o tecniche di rigenerative ed
espansive o escamotage come la "premolarizzazione" a livello molare.
Dopo un'estrazione abbiamo sempre un certo grado di riassorbimento, soprattutto della corticale
vestibolare e il riassorbimento è sempre prima orizzontale e verticale (anche se in realtà
avvengono contemporaneamente e il riassorbimento orizzontale avviene con un'entità
maggiore).
Quindi nel settore anteriore è fondamentale rispettare queste distanze PERCHE’ se avviene un
riassorbimento orizzontale si avrà l'esposizione delle prime spire con una compromissione
dell'estetica.
29

L'impianto deve essere posizionato sempre più palatalmente perchè la corticale vestibolare è
quella che si riassorbe DI PIU’ essendo la più sottile e il riassorbimento farebbe esporre le spire
dell'impianto. Se noi posizioniamo il nostro impianto più palatalmente avremo più spessore
conservato vestibolarmente e ce lo preserva dal riassorbimento che segue un’estrazione.
NON tutti i pazienti sono adatti ad una terapia implantare. Bisogna prima selezionare i pazienti che
hanno i requisiti* giusti, poi bisogna valutare se ci sono tutte le condizioni CLINICHE e
RADIOGRAFICHE per posizionare l'impianto, pianificarlo esattamente con le dimensioni mesio-
distali corrette rispetto ai denti e/o ad altri impianti, con lo spessore osseo vestibolare e linguale e
poi posizionare l'impianto sempre facendo attenzione a non traumatizzare l'osso. Con questa
procedura e con queste accortezze l'impianto avrà una percentuale di successo del 90%. Si
procede poi con la PROTESIZZAZIONE.

*Se il paziente fuma MENO di 10 sigarette al giorno il paziente viene definito a basso rischio (il
rischio non viene eliminato completamente), se invece il paziente fuma PIU’ di 10 sigarette al
giorno è considerato un paziente ad alto rischio.
Il motivo principale della perimplantite, sempre più frequente, è il mancato controllo post-
chirurgico. (concetto simile alla terapia di supporto parodontale che si fa in parodontologia)
30

Immagini di casi clinici che la proff ci ha fatto vedere molto velocemente:


31

Agostino Di Domenico
32

Lezione 3 Implantologia Sammartino del 26 Marzo Giusy Esposito e Maria Pietrantonio

CRITERI DI SUCCESSO IN IMPLANTOLOGIA

Criteri di successo in Implantologia definiti in letteratura per valutare quando un impianto può essere definito di
successo, quando invece fallito e quando sopravvive.

Agli albori della nascita dell’Implantologia, l’American Health Association nel 1979 definisce i primi criteri di
successo che negli anni si sono però affinati con l’evolversi delle tecnologie e della conoscenza.

Questi primi criteri definivano:

National Institues of Health Harvard Consensus Development Conference

• Mobilità <1 mm
• Perdita ossea perimplantare inferiore ad un terzo dell’altezza verticale dell’impianto (Oggi non più accettabile, è
troppo, soprattutto se si considerano gli impianti corti che si utilizzano oggi. Perdere 1/3 dell’altezza di un impianto
di 4mm, significa perdere l’impianto. Non è quindi oggi un criterio accettabile)
• Assenza di sintomi e infezione, assenza di danni ai denti adiacenti, assenza di parestesia o anestesia o violazione
del canale mandibolare, seno mascellare o del pavimento delle cavità nasali
• Per definirsi un successo, l’impianto dovrebbe provvedere alla funzione per 5 anni nel 75% dei casi. (Non vale più,
perché è un valore troppo basso, ad oggi il successo è stimato con una sopravvivenza a 5 anni del 90%)

Nel 1986 Zarb e Albrektsson, definiscono i primi veri criteri di successo, e li pubblicano sull’ International Journal
of Oral Maxillofac Implants. Oltre a definire i criteri per considerare un impianto di successo, valutano quali sono i
parametri necessari affinché si abbia tale successo.

Il successo dipende dalla relazione di varie componenti:

1. Biocompatibilità dei materiali


2. Caratteristiche microscopiche e macroscopiche della superficie impiantare (Le macroscopiche sono legate alla
lunghezza e al diametro, trend che però è cambiato nel corso degli anni. Impianti di diametro più largo, necessitano
di spessori di osso maggiori)
3. Stato del sito impiantare in termini di salute (sito non infetto) e di morfologia (qualità dell’osso) (Non ci deve
essere soprattutto un’infezione acuta. Nel caso di forma cronica, con presenza ad esempio di un granuloma apicale,
una volta asportata correttamente la lesione, può essere inserito l’impianto)
4. Tecnica chirurgica impiegata
5. Fase di guarigione indisturbata
6. Disegno della futura protesi
7. Fase di carico a lungo termine

C’è il successo…

1. Se l’impianto è immobile, quando testato clinicamente (A differenza dei principi precedenti, qui il successo è
definito con una mobilità pari a 0, quando testato clinicamente )
2. Se radiograficamente non si dimostra radio trasparenza legata a perimplantite
3. Se la perdita di osso verticale è inferiore a 0.2 mm per anno a partire dal primo anno dopo il carico
4. Se mancano persistenti segni e sintomi come dolore, infezione, neuropatie, parestesie, o violazione del canale
mandibolare
5. Se c’è un successo dell’85% alla fine del quinto anno del periodo di osservazione e dell’80% alla fine del decimo
anno

Dal Consensus Conference di Pisa, con il professore Sammartino, vengono definiti nuovi criteri: in quelli
precedenti venivano spesso definiti come successo anche casi dove in realtà il successo non era presente,
innanzitutto perché sono stati fatti su studi clinici, di Case Reort, Case Series, che non davano un’importanza
33

significativa a 5 anni, ma venivano definiti “successo” casi di sopravvivenza impiantare; per questo motivo i valori
in realtà non rispecchiavano la realtà delle cose, in quanto non c’era una distinzione netta tra “successo” e
“sopravvivenza”. In questo Consensus, invece, vengono definiti 3 parametri:

DEFINIZIONI

• SUCCESSO impianto in condizioni cliniche e radiografiche ideali (Assenza di problemi da un punto di vista
radiografico, clinico, la protesi è stabile, l’impianto funziona, e non ci sono problematiche relative ai tessuti molli
perimplantari)
• SOPRAVVIVENZA E’ una fase in cui non abbiamo il successo, ma l’impianto è ancora all’interno del cavo orale, ma
non ha tutte le caratteristiche per definire un successo. Ad esempio: c’è una piccola esposizione di una spira
impiantare.
− Soddisfacente: impianto che manca delle condizioni ideali, ma ancora non richiede un management
clinico
− Compromessa: impianto che manca delle condizioni ideali e richiede un trattamento clinico per ridurre il
rischio di fallimento
• FALLIMENTO impianto che richiede la rimozione o è già stato perso

IMPLANT QUALITY SCALE

1)SUCCESSO  2) SOPRAVVIVENZA SODDISFACENTE  3)SOPRAVVIVENZA COMPROMESSA  4)


FALLIMENTO

INDICI CLINICI PER LA VALUTAZIONE DEL SUCCESSO:

1) DOLORE
2) MOBILITA’
3) PERDITA OSSEA MARGINALE VALUTATA RADIOGRAFICAMENTE
4) PROFONDITA’ DI SONDAGGIO
5) MALATTIA PERIMPLANTARE

La profondità di sondaggio perimplantare è leggermente aumentata rispetto alla profondità di sondaggio di un


elemento dentario, in quanto i fasci connettivali perimplantari sono localizzati parallelamente rispetto all’asse
lungo dell’elemento dentario, non perpendicolarmente, per cui c’è una riduzione della forza del manicotto fibroso
che si trova intorno all’impianto, e c’è quindi una maggiore facilità di penetrazione della sonda. Ovviamente è
fisiologico entro i 3-4 mm, non dobbiamo pensare che si può arrivare oltre i 5, altrimenti diventa poi patologico.

IL DOLORE:

Le cause possono essere correlate ad un eccessivo carico protesico:


finché l’impianto si trova sommerso non provoca nessun tipo di
problema, ma appena si inserisce la protesi il paziente lamenta un
dolore fortissimo; in questi casi il controllo occlusale deve essere
fatto in maniera davvero precisa, nel caso del carico occlusale di un
elemento dentale, ovviamente si crea un’ occlusione opportuna,
ossia il dente non deve andare in occlusione perfetta con il dente
antagonista, per proteggerlo fino all’osteointegrazione dell’impianto
(nel caso di carico immediato su dente singolo). Nel caso invece in cui
facciamo una riabilitazione protesica full-arch, riabilitiamo l’intera
arcata, è necessario che ci siano i contatti con l’arcata antagonista, distribuiti uniformemente lungo tutta l’arcata.
34

L’infiammazione dei tessuti molli perimplantari: in quel caso il dolore risulterà essere visibile, accompagnato da
tumefazione, sanguinamento, per cui è necessario procedere con la detersione dei tessuti molli perimplantari e
dell’impianto.

Invasione del canale mandibolare: parliamo di impianti che sono andati completamente ad interferire con il
canale mandibolare, la corticale del canale è stata interrotta, e l’impianto ha letteralmente tranciato il nervo. In
questo caso il dolore è legato prevalentemente ad una parestesia che in questo casò sarà permanente, in quanto
il nervo viene tagliato, si può ridurre un minimo la zona di parestesia nelle zone anteriori perché viene vicariato
dalla sensibilità contro laterale, ma non si può annullare completamente.

MOBILITA’

E’ necessario che non ci sia una mobilità clinicamente osservabile quando l’impianto è sollecitato con forze orizzontali e
verticali <500 g (ve ne potete accorgere anche clinicamente con un semplice test, ma anche con lo specillo)

La mobilità è dovuta alla presenza di tessuto connettivo tra osso e fixture. (in questo caso non si è avuta osteointegrazione
e l’impianto è perso. E’ stato osservato un caso di mobilità in sito post-estrattivo, per cui non c’era una perfetta congruenza
tra il sito e l’impianto, e a distanza di qualche mese si è osservata questa piccola mobilità, espressione della mancata
osteointegrazione, per cui il professore ha avvitato leggermente l’impianto per ottenere una maggiore stabilità a livello
apicale e l’impianto si è osteointegrato. Ma ovviamente dipende
dal grado di mobilità e dall’assenza di altre problematiche. )

La perdita di osso marginale si osserva oltre che con OPT,


anche con endorale, in rapporto 1:1

La perimplantite
è una patologia
che colpisce gli
impianti,
caratterizzata da perdita di osso perimplantare, suppurazione, aumento
del sondaggio, perdita dei tessuti molli, ed esistono tantissime tecniche
utilizzate per il trattamento. E’ oggi un argomento molto discusso in
quanto si cerca di trovare delle tecniche necessarie a combattere questo
problema, ma molto spesso non si riesce. Esistono delle tecniche di
decontaminazione impiantare, ma non esistono delle regole assolute.
(utilizzo di mordenzante, EDTA, tecniche combinate ecc.)

Esistono anche tecniche ricostruttive perimplantari che in qualche modo cercano di ricoprire le spire, l’osso che si
è perso, oppure laddove non c’è infezione ,se c’è un settore estetico esposto, con una o due spire esposte per
recessione dei tessuti perimplantari, in caso di assenza di infezione (impianto posizionato ad esempio più
vestibolare) si può ricorrere ad un semplice innesto di tessuto connettivale prelevato dal palato che in qualche
modo va a coprire. (NON STIAMO PARLANDO DI PERIMPLANTITE, IN QUEL CASO E’ UN FALLIMENTO TOTALE. Si devono
ridurre prima tutti i fattori scatenanti e poi si può procedere.

CONDIZIONI CLINICHE (qualsiasi delle seguenti)


SUCCESSO (salute ottimale) • Assenza di dolore o dolorabilità durante la
funzione
• Assenza di mobilità
• Perdita di osso radiografica <2mm
dall’intervento iniziale
• Assenza di storia di infezione
35

SOPRAVVIVENZA SODDISFACENTE • Assenza di dolore durante la funzione


• Assenza di mobilità
• Perdita ossea radiografica tra 2 e 4 mm
• Assenza di storia di infezione
SOPRAVVIVENZA COMPROMESSA • Possibile sensibilità durante la funzione
• Assenza di mobilità
• Perdita ossea radiografica >2mm (meno
della metà della lunghezza dell’impianto)
• Profondità di sondaggio >7mm
• Possibile storia di infezione
FALLIMENTO • Dolore durante la funzione
• Mobilita’
• Perdita ossea radiografica superiore alla
metà della lunghezza dell’impianto
• Infezione non controllata
• Impianto non più in bocca

COME RISPETTARE LE STRUTTURE ANATOMICHE NOBILI

Parliamo adesso di come rispettare le strutture anatomiche nobili, in quanto salvaguardare tali strutture rientra
soprattutto nella pianificazione, in quanto dobbiamo già prevedere come tutelare tale struttura.

STRUTTURE ANATOMICHE NOBILI

• Strutture vascolari: a. sottomentale(a livello del bordo inferiore della mandibola), a. sublinguale (un’arteria
dell’arteria linguale), a. miloioidea (posteriore della mandibola), a. alveolare inferiore( corre all’interno del canale
mandibolare insieme al nervo.) Quando posizioniamo un impianto in quella zona, non abbiamo solo il problema
della parestesia, ma anche del sanguinamento.
• Strutture nervose: n. alveolare inferiore, n. mentoniero, n. linguale. Differenza nel ledere il nervo alveolare
inferiore e il linguale, in termine di parestesia: l’alveolare inferiore comporta una parestesia con riduzione,
ipoestesia; con il nervo linguale abbiamo invece un’iperestesia.
• Seno mascellare e cavità nasali
• Pavimento orale e logge sottomandibolari e sotto linguali. Questo si ricollega alle arterie di cui abbiamo parlato
prima, ospitate all’interno di queste logge.

FOTO:

Questo può avvenire per un’errata pianificazione e non si è fatta una


valutazione corretta della TAC, dell’esame tridimensionale, per cui
probabilmente c’era poco osso, oppure a causa di un’errata tecnica
chirurgica: impianto avvitato con torque super eccessivi in un osso
molto morbido come può essere il mascellare superiore.

COME SLAVAGUARDARE IL SENO MASCELLARE E SUPERARE IL LIMITE


DELL’ALTEZZA OSSEA RIDOTTA?

1) All-on four (tecnica nata per la mandibola, ma che viene utilizzata anche per il mascellare superiore)
2) Grande rialzo del seno mascellare (accesso laterale quando quantità ossea inferiore 4 mm)
3) Minirialzo del seno mascellare (accesso crestale)
4) Tecniche di innesto ad onlay
36

Quando non abbiamo una cresta ossea posteriore mascellare che ci consente di posizionare degli impianti
standard, ci sono delle tecniche che devono essere affrontate prima di posizionare l’impianto ed andare a ledere il
seno mascellare.

Nel grande rialzo del


seno mascellare si crea
una botola nella parete
antero-laterale del seno
mascellare, si scolla la
membrana di Sneider, in
maniera molto delicata
per evitarne
l’interruzione.
Nell’immagine in alto a destra si vede lo strumento piezo definito a
“trombone” che serve per scollare la membrana dalle pareti ossee, la botola viene ribaltata all’interno, e crea il
nuovo pavimento del seno, si aggiunge del biomateriale all’interno, e contestualmente o meno si posiziona
l’impianto. Abbiamo sollevato il pavimento del seno, posizionato il biomateriale sulla botola scoperta, e si
riposiziona il lembo

A livello mandibolare , questo è il classico caso dove gli


impianti sono stati posizionati tutti nel canale mandibolare.
Questo paziente avrà una parestesia PERMANENTE sia a
destra che a sinistra.

Studi che hanno dimostrato la frequenza della


parestesia permanente in Impantologia.

Come possiamo creare dei danni al nervo legati ad


un’Implantologia mandibolare:

DANNI TRIGEMINALI LEGATI AD IMPLANTOLOGIA MANDIBOLARE

• Fase anestesiologica
• Fase intra-operatoria
• Fase post-operatoria
• Fase post-operatoria immediata
• Fase post-operatoria ritardata

FASE ANESTESIOLOGICA

 Può verificarsi durante un’anestesia tronculare (o per contatto diretto dell’ago con il nervo,o perché legata
generalmente al tipo di anestetico, al farmaco)
37

 Generalmente non procura danni gravi


 I gruppi alcolici generati dal metabolismo dell’anestetico sono altamente neurotossici (l’alterazione della
sensibilità in questo caso è temporanea, si recupera totalmente)

Durante la fase anestesiologica non si creano danni gravi

FASE INTRAOPERATORIA

 Stretching
 Trauma termico
 Lacerazione (tranciamo completamente il nervo in due, parestesia permanente)
 Compressione

Lo stretching si ha durante la fase di divaricazione: con le


spatole traumatiche o atraumatiche, quando andiamo a scollare
grossi lembi e andiamo a divaricare, molto spesso si ha un
effetto stretching del nervo, viene stirato, gli assoni però sono
integri; può residuare un’alterazione temporanea della
sensibilità, si parla di neuropraxia, ma in questo caso la
sensibilità viene totalmente recuperata.

Il trauma termico: l’aumento di temperatura durante la fase


di preparazione del sito impiantare, può determinare un trauma
termico. Durante la preparazione del sito non si deve MAI
superare la temperatura di 47 gradi, e questa temperatura
viene ridotta mediante l’irrigazione interna ed esterna. Quella
esterna è da preferire in quanto l’interna crea delle eccessive
pressioni, all’interno del sito impiantare, ma questa
temperatura è aumentata da un’eccessiva pressione che si
esercita con la fresa, e dalla velocità, per cui si deve regolare
bene il numero di giri durante la preparazione del sito. Con l’aumento della velocità aumenta il trauma, aumenta
la frizione, ma si riducono i tempi di preparazione. Al contrario, se si riduce la velocità, si riduce il trauma,
abbiamo più frizione, ma si ha un aumento dei tempi di preparazione del sito impiantare. Bilanciare gli aspetti
positivi e negativi è sicuramente la cosa migliore: ridurre pian piano la velocità durante il passaggio delle frese,
fino al posizionamento dell’impianto ad un numero di giri molto
basso.

La lacerazione invece, è il completo taglio del nervo: in questo caso


gli assoni non sono integri, si ha una parestesia permanente che non
si recupera nel corso del tempo. Non essendo però lacerato il nervo
contro laterale, nella zona anteriore un po’ la sensibilità si recupera.
Con la lacerazione si ha un blocco della trasmissione e si parla di
neurotmesis. Dalla TAC si vede l’impianto completamente inserito
nel canale.
38

La compressione:

1) Intra-post operatoria immediatalegata ad Edema ed Ematoma (ogni volta che si fa un intervento si ha un trauma
a livello dei tessuti molli.Laddove l’edema raggiunge delle dimensioni importanti, può andare a comprimere il nervo.
Nel postoperatorio spesso l’edema provoca una riduzione della sensibilità, per cui bisogna aspettare per valutare se
è avvenuto un danno permanente al nervo)
2) Assoni sono integri. Può esserci un’alterazione temporanea della sensibilità trigeminale . Risolvibile
spontaneamente in 4 settimane.
3) Degenerazione nervosa e comparsa di alterazione della sensibilità:
 Minore del normale (Hypoesthesia)
 Maggiore del normale (Hyperesthesia)
 Diversa dal normale (Dysesthesia) Alterazione aspecifica della sensibilità

STRATEGIE OPERATORIE:

 Rimozione completa della fixture


 Svitamento parziale della fixture, in modo che la compressione non viene trasferita al nervo attraverso la corticale
mandibolare che è molto sottile, con una densità similea quella della midollare, per cui viene facilmente trasmessa.
 Nessun trattamento, si aspetta la risoluzione spontanea.

Compressione
2) post operatoria ritardata
Carico funzionale

Cioè voi posizionate l’impianto, il paziente non avverte nessun fastidio, nessun dolore, poi quando si va
a posizionare la protesi e si procede con il carico funzionale il paziente inizia ad avvertire fastidi, come si
evidenziava in questo lavoro.
In questo lavoro pubblicato su IMPLANT DENTISTRY è un case report, per risolvere il problema è stata
fatta un’apicectomia dell’impianto, quindi è stata ridotta la lunghezza dell’impianto e si è in qualche
modo risolta la parestesia legata a questa compressione ritardata.

Perché c’è la compressione ritardata?


Perché si è visto che nella mandibola anche gli impianti osteointegrati quando vanno in funzione sono
capaci pur essendo osteointegrati, di trasmettere le forze verso il basso e quindi verso il nervo.
Quindi da questo si è partiti per effettuare uno studio, che è stato effettuato dal professore Sammartino
insieme al suo gruppo di studio un po’ di tempo fa, il dottore Marensi, insieme all’università del
Michigan e l’università di ingegneria.

Studio effettuato per andare a valutare:


 Che grado di pressione il nervo alveolare mandibolare è in grado di tollerare senza che vi sia una alterazione della
sensibilità?
 a che distanza di sicurezza bisogna posizionare l’impianto dal canale mandibolare affinché non si abbia questa
trasmissione di forze, tali da terminare un’alterazione della sensibilità a livello mandibolare?

Per questo motivo si è partiti da questo lavoro per quanto riguarda il trattamento della nevralgia del
trigemino.
La terapia per la nevralgia del trigemino essenziale da un punti di vista chirurgico:
• Una volta la facevamo con l’alcolizzazione, cioè facevamo la siringa di alcool a livello della spina
dello spix, questo bloccava la trasmissione, ma poi recidivava.
• Siamo poi passati, a interventi invasivi che prevedevano il taglio del nervo.
• Dopo di che è nata questa altra possibilità, cioè il fatto di inserire un palloncino che arriva nel
cavo del Meckel e gonfiando il palloncino c’era una compressione del ganglio di Gasser e a
39

questa compressione di 500 ml di mercurio e tenuta per un certo tempo, faceva in modo che il
nervo degenerasse e quindi si avesse la risoluzione della nevralgia essenziale.
Partendo da questo dato di 500ml di mercurio che servono per bloccare la sensibilità, siamo andati a
fare uno studio.

Uno studio su 123 TAC di pazienti dai 17 ai 45 anni dove si è andato a studiare:
 Lo SPESSORE:
 medio della corticale mandibolare,
 medio della corticale del canale mandibolare.

 LA DENSITÀ:
 media dell’osso corticale,
 media dell’osso midollare,
 media dell’osso corticale del canale mandibolare.

 DIAMETRO DEL CANALE MANDIBOLARE.

tutto questo per creare un modello matematico/ingegneristico andando a trasferire i dati medi presenti
in natura in questo modello matematico in modo da simulare ciò che succede in natura.
È stato osservato che:
 Il diametro medio del canale mandibolare è di circa 2mm,
 Spessori:
• dell’osso corticale, quindi della cresta corticale è di 1,7mm,
• Lo spessore della corticale del canale mandibolare è di 1mm,
 Densità:
• dell’osso corticale è di 900 U (hounsfield)
• dell’osso midollare è di 350-400 U
• della corticale del canale mandibolare è di 500 U

Cosa si evince da questo dato molto importante?


Che la densità dell’osso midollare e la densità della corticale del canale mandibolare sono molto molto
simili in termini di densità, quindi anche da un punto di vista tattile, quando si posiziona l’impianto non
sempre andiamo a ricercare la corticale del canale mandibolare, perché avendo una densità molto simile
non abbiamo un vero e proprio stop fornito dalla corticale del canale mandibolare, perché sono molto
molto simili le due densità.

Per cui si è creato questo modello matematico, si è andato a simulare ciò che succede a livello
mandibolare, riportando gli spessori, i diametri in questo modello matematico, sono stati utilizzati in
questo modello impianti di:
• 11,5 mm di lunghezza,
• 4 mm di diametro.
e sono state esercitate delle forzem
• assiali di 300N,
• Extra assiale di 150N.

Poi si sono fatte diverse simulazioni e sono state


posizionate le fixture implantari a diverse distanze dal
canale mandibolare, in particolare a:
0,25mm
0,5mm
1mm
1,5mm
2mm
2,5mm
40

E si è visto come cambia l’aria di pressione a livello della corticale del canale mandibolare.
Ovviamente le zone blu sono quelle dove si concentra una pressione maggiore, andando via via
scendendo.
 Se posizioniamo l’impianto a 0,25 mm dal canale mandibolare l’area blu è molto molto estesa,
quindi vuol dire che a 0,25 mm dal canale mandibolare c’è una forza eccessiva della fixture sul
canale.

 Se già ci spostiamo a 0,5 mm l’area blu si riduce leggermente, ma non siamo ancora in un range
di sicurezza.

 Ad 1 mm l’area blu si riduce ancora di più.

 A 1,5 mm l’area blu scompare.

 A 2mm è completamente scomparsa e così via anche a 2,5 mm.

Quindi abbiamo visto che la distanza minima affinché quest’area di pressione sia annullata è di
1,5mm, quindi la distanza di sicurezza dai un impianto dal canale mandibolare è di 1,5mm, però
vediamo in quale condizione.

Se invece, abbiamo PIÙ IMPIANTI CONTIGUI avremo un’area di appoggio maggiore, quindi la forza che
si distribuisce sarà minore, perché viene distribuita su una superficie maggiore.
Poiché lo stress= carico/superficie, ovviamente là dove la superficie aumenta, considerando un
poligono che unisce gli apici di questi impianti, definito poligono di appoggio impiantare, quanto più è
ampia l’area di questo poligono di appoggio quanto più si riduce lo stress a livello di quella superficie.

Per cui si è simulato di andare a posizionare due impianti vicini, e se posizioniamo:


 a 2mm di distanza le fixtures dal canale mandibolare, tra di loro vediamo che le aree blu sono
molto intense, quindi c’è una pressione eccessiva,
 a 1,5 mm queste aree aumentano ancora di più,
 a 1mm ancora di più.

Quindi in conclusione possiamo dire che:


 in caso di monoedentulie, la distanza minima che una fixture deve avere dal canale
mandibolare è di 1,5mm,
 Se invece abbiamo più impianti contigui, avendo una superficie di appoggio maggiore
possiamo in qualche modo distanziarci dal canale un po’ di meno, quindi ridurci a una distanza
di 1mm.

Però vale un principio molto importante, per fare in modo che più impianti contigui possano essere
posizionati a 1mm dal canale mandibolare, la distanza delle fixture deve essere di almeno 3mm.
Quindi è vero che se noi posizioniamo più impianti contigui possiamo in qualche modo ridurre la
distanza dal canale mandibolare, da 1,5 mm a 1 mm, ma il principio che deve essere mantenuto è che
queste fixture contigue devono essere posizionate ad almeno 3mm di distanza l’uno dall’altra.

Domanda: “questi impianti devono essere caricati tutti insieme o singolarmente?”


Risposta: possono essere sia corone singole, che unite, naturalmente se unite il carico si distribuisce
ancora meglio, ma anche se sono singole vale sempre questo concetto della distribuzione del carico,
cioè il concetto del poligono implantare. In letteratura non è definito quando fare corone unite o singole
su impianti contigui, ovviamente se facciamo corone unite tra di loro si protegge maggiormente
l’impianto, perché la forza viene distribuita su due superfici, soprattutto nei settori posteriori si tende a
41

fare questo, nei settori anteriori magari anche corone singole, per facilitare la detersione e aumentare
l’estetica, ma nei settori posteriori poiché non sempre si fa un impianto per ogni corona, si fa per
esempio due impianti con tre corone è in quel caso vanno unite e quindi la forza si riduce.

Come salvaguardare il canale mandibolare è superare il limite dell’altezza ossea posteriore ridotta?
1. All-on-four
2. Innesti ossei
3. GBR (guided bon regrneration)
4. Short implants, che possiamo utilizzare anche per il mascellare, sono stati effettuati degli studi
dove anche a livello mascellare gli short implants funzionano.

1. ALL ON FOUR MANDIBOLARE:


Abbiamo visto che nei settori posteriori della mandibola non c’è osseo, quindi per salvaguardare il
canale mandibolare e anziché procedere con tecniche rigenerative per aumentare l’altezza posteriore,
facciamo questo escamotage che è all on four che funziona benissimo.
Consiste nel posizionare 4 impianti:
• 2 inclinati distalmente,
• 2 dritti centralmente.

come si effettua:
Si scolla, si isolano i nervi alveolari inferiori di dx e
sin, si posizionano gli impianti e questo è il
risultato.
Si posizionano gli impianti a livello intraforaminale,
cioè tra i due fori mentonieri, per cui posteriormente ai fori mentonieri voi non andate proprio a
interferire con il nervo mandibolare, per cui questo è un modo mediante il quale andiamo a
salvaguardare il nervo riabilitando il paziente.
Questo tipo di tecnica non è molto semplice, rispetto una tecnica ricostruttiv , tecniche onlay, tecniche
di GBR posteriori alla mandibola che falliscono spesso, questa tecnica pur sembrando semplice in realtà
non lo è, perché andare a posizionare due impianti distali in quel senso considerando gli spessori della
corticale vestibolare e linguale e considerando che sono molto lunghi, sono almeno 15mm questi
impianti distali, non è una tecnica molto semplice. Spesso questo tipo di riabilitazione viene fatta con
carico immediato.

2.GLI INNESTI OSSEI:


Gli innesti ossei consentono di aumentare la
verticalità, in modo da poter inserire degli impianti
che non interferiscano con il canale mandibolare.

in questo caso si è prelevato un innesto dal mento.


Vedete si fanno due tassellini senza interferire con il
ponte centrale mentoniero, quindi due tasselli uno a
sin e uno a dx del centro, si prendono questi
42

frammenti ossei e si posizionano nella zona dove si deve fare l’aumento verticale e si posizionano gli
impianti, dopo 4mesi di guarigione si scoprono.

4.SHORT IMPLANTS
Gli short implants sono degli escamotage in termini di salvaguardia del nervo mandibolare, in questo
caso si uniscono le corone di questi impianti corti, perché l’unione fa la forza, quindi l’impianto già di per
se è più corto, il rapporto impianto/corona, corona/ impianto non è tanto importante quanto lo è per
l’elemento dentario, però in questo caso si tende ad unirli.

IL MANDIBULAR LINGUAL VASCULAR CANALS (MLVC)

I mandibular lingual vascular canals (MLVC) sono dei canali accessori mandibolari che devono essere
sempre ricercati quando vedete una TAC mandibolare e anche in questo caso è stato fatto uno studio per
andare a stabilire la frequenza, il diametro, la posizione e il corso di questi canali attraverso immagini
TAC Dentascan
(TAC dentascan perché risalgono a un po’ di tempo fa, oggi avremmo utilizzato la conebeam).

In letteratura diversi studi hanno documentato la presenza di foramina accessori (fino a pochi anni fa misconosciuti) in
corrispondenza della corticale linguale mandibolare in regione interforaminale:
In posizione mediana (Medical lingual canal)
Tra canino e premolare (laterale lingual canal)
Il contenuto dei relativi canali intraossei è ancora oggi oggetto di studio

Se vi capita di vedere una tc mandibolare cercateli.

In questo caso sono stati presi:


• 114 pazienti caucasici
• 57 maschi
• 57 femmine
• Età media 44.70 +- 12.53
• Intervallo d’età 13-75 anni

Con:
• Assenza di lesioni patologiche nel settore anteriore,
• Buona qualità delle immagini TAC,
• Assenza di elevata atrofia della mandibola,
• Assenza di denti inclusi nella regione anteriore della mandibola.

Vedete alcune immagini dove c’è un singolo canale accessorio, oppure due, vedete prevalentemente a
livello linguale o a livello mediano.

Si è scoperto che il 90% dei pazienti analizzati presenta almeno un canale accessorio, quindi la
frequenza è molto molto alta.
43

Risultati:
il diametro medio di questi canali è di 0,8 mm +- 0,3 mm quindi un diametro abbastanza ampio,
la direzione antero-inferiore,
distano dal margine mandibolare inferiore:
sul versante linguale 10,3mm +- 4,4mm,
sul versante vestibolare 9,2 mm +- 2,4 mm

Quindi sono abbastanza profondi dal margine mandibolare inferiore.

In conclusione:
• La TC Dentascan permette di individuare la presenza di MLVC, il contenuto di questi canali non
è ancora certo, probabile che ci siano canali vascolari, delle piccole arteriole, o strutture nervose
o che siano vuoti, o che ci sia materiale amorfo, però non ne abbiamo ancora la certezza. Questo
è importante perché ci sono delle volte in cui voi pensate di aver pianificato perfettamente,
perforate con la vostra fresa per preparare il sito implantare e potete avere che certe volte o una
parestesia o una emorragia che non vi spiegate, in questo caso probabilmente potrebbe essere
stato uno di questi canali accessori, per tale ragione devono essere individuati, con un contenuto
che potrebbe essere o nervoso o vascolare, ecco perché potete avere questa possibilità. Quindi
l’idea di verificare nella pianificazione e di cercare di individuarli, anche se sono vuoti e non c’è
niente dentro, ma voi non lo potete sapere, è suggerita per stare tranquilli voi e i pazienti.
• Attenzione a spessore/densità del piatto corticale linguale (alto rischio di perforazione del poco è di
lesione dei MLVC in pazienti edentuli con gravi atrofie della mandibola)
• Lo studio dei MLCV (i.e. Dimensioni, posizione, corso, variabilità) deve sempre essere oggetto di
considerazione in fase prechirurgica.

Ora parliamo di un altro argomento legato ad un altro aspetto sempre nei termini della save
implantology che è quello dell’angolazione della mandibola, già ne parlammo la volta scorsa del perché
la tac deve essere sempre richiesta prima di posizionare un impianto e lo vedremo adesso.

PIANIFICAZIONE CHIRURGICA IMPLANTARE: PROBLEMATICHE LEGATE ALL’ANATOMIA


MANDIBOLARE.

Quando posizioniamo un impianto


dentale i fattori da considerare per un
corretto posizionamento implantare:
 Posizione buco-linguale, quindi quanto
osso viene conservato sia in senso
vestibolare che in senso linguale,
 Posizione medio-distale, distanza tra
dente e impianto, tra impianto e impianto,
 Posizione apico-coronale rispetto alla
CEJ dei denti adiacenti.

Un altro aspetto che dobbiamo


considerare è l’Angolazione con cui
posizioniamo l’impianto, normalmente gli
elementi dentari hanno questa
angolazione per ottenere una curva di
Wilson perfetta, gli impianti dentali dovrebbero essere posizionati in una posizione leggermente più
verticale rispetto l’angolazione dell’elemento dentale e questo ci pone un po’ di limiti in quella che è la
valutazione dell’angolazione della mandibola.
44

In natura abbiamo una importante


VARIABILITÀ ANATOMICA in termini
di angolazione.
Vedete questa sinfisi ( che sono le prime
due immagini di fianco), vede la sinfisi
come può essere angolata, o più
rettilinea.
Vedete quanto invece, i settori
posteriori della mandibola possono
modificarsi in seguito alla perdita
degli elementi dentari.
Qui (le altre due immagini di fianco) vedete
che la corticale vestibolare è stata
completamente riassorbita in seguito alla perdita dell’elemento dentario e anche l’angolazione della
mandibola è aumentata in questo senso. Vedete quanto può essere angolato, la stessa cosa quest’altra
immagine dove vedete sempre i settori posteriori.

Complicanze dovute ad un errato posizionamento implantare:


1. Meccaniche,
2. Estetiche,
3. Chirurgiche, riguardano l’interessamento di strutture anatomiche importanti. Abbiamo visto
prima quali possono essere, oltre ai canali accessori, possiamo andare ad interferire con
strutture anatomiche che si trovano soprattutto a livello mandibolare dal lato linguale.
Quindi nella regione paramediana e sinfisaria possiamo interferire con:
• l’arteria sottomentale,
• l’arteria sublinguale.
Mentre nelle regioni posteriori della mandibola a livello delle logge sotto mandibolari e
sottolinguali, possiamo interferire con quella che è l’arteria miloioidea.

Le procedure chirurgiche eseguite alla mandibola sono generalmente considerate sicure, avendo solo un minimo rischio di
danneggiare le strutture neuromuscolari o di provocare complicanze emorragiche. Inoltre, la regione parasinfisaria della
mandibola, dal lato linguale, è un settore molto vascolarizzato ed una grave emorragia è stata riportata in letteratura
come complicanza del posizionamento implantare e di altre procedure chirurgiche.

C’è un plesso vascolare ricco a livello della regione mandibolare legato alla confluenza di diverse
arterie, tra cui l’arteria:
• Linguale (sublinguale)
• Dalla Mascellare esterna proviene la sottomentoniera
• Arteria incisiva dall’alveolare inferiore
Tutte queste arterie decorrono a livello del piatto corticale linguale, nella regione interforaminale.
45

Complicanze chirurgiche:
Regione interforaminale:
A livello posteriore (secondo me voleva dire a livello della regione interforaminale), i danni che possiamo andare a
creare, sono una emorragia del pavimento orale.
Essendo una struttura chiusa se si va a ledere delle arterie di calibro importate come può essere la
sublinguale o la mentoniera abbiamo l’emorragia del pavimento orale, questa emorragia determina
problematiche importanti come simili a quelle che può determinare l’angina di ludwig con difficoltà
respiratorie, fino a una necessità di ospedalizzazione, di tracheotomia in alcuni casi molto importanti.
Quindi stare attenti a queste arterie che si trovano a livello linguale, legate a una errata pianificazione a
una lesione del piatto corticale linguale può determinare uno stravedo ematico importante che
necessita sicuramente un intervento immediato.

Regione mandibolare posteriore:


A livello posteriore oltre al nervo alveolare inferiore, abbiamo l’arteria miloioidea che può essere anche
essa lesa quando andiamo a posizionare gli impianti nella regione mandibolare posteriore e interferiamo
con la corticale linguale della mandibola, andando quindi, all’interno delle logge sotto mandibolari.

Per cui ci siamo chiesti come cambia soprattutto l’angolazione in termini di altezza la mandibolare
quando si ha la perdita degli elementi dentari, quali sono quindi i limiti che il riassorbimento osseo
legato all’estrazione o perdita degli elementi dentari ci da nel posizionamento degli impianti.

Qui si vede come abbiamo fatto la valutazione delle


tac, la scout view è quell’immagine sul piano
orizzontale da cui partono tutte le sezioni assiali,
vengono numerate in senso crescente da dx a sin, si
valuta qual è la zona di interesse e poi si va sulle
sezioni assiali e ci si riferisce al numero di interesse.

Sono state selezionate 500 Tc Dentascan della mandibola


presso l’archivio radiografico del nostro dipartimento, 226
soddisfacevano i criteri di inclusione.
(Anche in questo caso poiché si parla di archivio si parla di
Dentascan e non conebeam che è la tac che prescriviamo di
routine oggi.)

Criteri di inclusione:
• Presenza di elementi dentari in arcata;
• Assenza di elementi dentari in cresta con altezza minima di 10mm dal canale mandibolare è 6mm di spessore,
• Spessore delle sezioni di 2mm,
• Assenza di condizioni patologiche o traumatiche che abbiano alterato la morfologia ossea mandibolare.
Le Tc sono state raggruppate in base ai centri radiologici di provenienza, escludendo quei centri da cui proveniva un
numero di TAC insufficienti ad una valutazione statistica, risultando in un numero totale di 187 TAC.
Numero di Tc per cento:
Campione Am 27
Campione B: 33
Campione C: 45
Campione D:61
Campione E: 25
Tot. 187

Per ogni campione, nel caso in cui erano presenti i denti, si è


scelto di eseguire le rilevazioni in corrispondenza della regione sinfisaria, tra canino e primo premolare di dx e di sx, tra
secondo premolare e primo molare di dx e sx e sul margine distale o radice distale del secondo molare di dx e sx.
46

Nelle Tac con gli elementi dentari è stata considerata


come sezione mediana o sinfisaria quella tra i due
incisivi centrali.
In assenza degli elementi dentari la sezione da valutare
è stata scelta previa misurazione della distanza media
dei settori considerati nelle tac con gli elementi dentari
rispetto alla sezione centrale.

Nella tac senza elementi dentari è


stata considerata come mediana la
sezione che presentava le apofisi
genii.

COSA SIAMO ANDATI A MISURARE:


• ALTEZZA ASSIALE:
distanza dal punto più
alto e mediano della
cresta e il suo punto più
basso lungo l’asse,

• ALTEZZA VERTICALE:
distanza dal punto più
alto e mediano della
cresta e la proiezione del
punto più basso sulla
perpendicolare al piano
di riferimento della tac,

• ANGOLAZIONE: angolo
tra l’asse della cresta e
la perpendicolare al
piano di riferimento
della tac.

Nella regione interformaninale è stata


comparata l’altezza assiale e la distanza
disponibile a posizionare un impianto nel
rispetto della corticale linguale.

L’impianto non lo potete posizionare come sta


questa linea che identifica l’altezza assiale,
perché l’impianto deve stare leggermente più
verticale, ovviamente poi abbiamo il limite della
corticale linguale (come si osserva dall’immagine
anteriore a quella indicata con la freccia).
Quindi abbiamo comparato qual è l’altezza assiale e qual è l’altezza verticale disponibile a posizionare
l’impianto.
47

Stessa cosa abbiamo fatto a livello posteriore.


Nella regione posteriore della mandibola è stata
comparata la distanza dal punto più alto e mediano
della cresta al nervo alveolare inferiore considerando
una distanza di sicurezza di 1,5mm e la distanza a
posizionare un impianto.

Questa è l’altezza assiale, dalla cresta alla


corticale del canale mandibolare (cioè la
prima immagine di fianco), ma questa(seconda
immagine di fianco) è l’altezza disponibile a
posizionare l’impianto, vedete come sono
diverse l’altezza assiale e l’altezza disponibile.

Queste sono le medie che abbiamo


trovato in presenza e in assenza di denti.

La mandibola ha un’inclinazione in senso buco-


linguale dal basso verso l’alto, rispetto ad una
linea verticale, perpendicolare al piano di
riferimento della tac. Il più basso grado di
angolazione è stato trovato tra canino e primo
premolare in entrambi i gruppi, mentre il più
alto grado di angolazione a livello della
superficie distale del secondo molare, in
entrambi i gruppi.

Quindi quando si perdono gli l’elementi dentari, l’angolazione della mandibola cambia in maniera
statisticamente significativa solo nelle regioni intermedie, quindi tra canino e primo premolare e
secondo premolare e primo molare.

Quindi la sinfisi non si modifica molto quando si perdono i denti, le regioni posteriori molari non si
modificano in maniera significativa quando si perdono i denti, però dovete tenere a mente che la
regione posteriore già di per se è quella più angolata e questo è importante e dopo vedremo cosa
significa.
Questo significa che:
 se noi paragoniamo a livello della sinfisi l’altezza assiale e distanza disponibile a posizionare un
impianto evitando complicanze nella regione interforaminale in assenza o presenza di denti le
distanze sono simili, perché abbiamo detto che non si modifica molto.

 Nella regione canino - primo premolare questa distanza è molto diversa per cui abbiamo un
limite maggiore nel posizionare l’impianto, cioè l’altezza disponibile a posizionare l’impianto
quando abbiamo perso il dente è minore rispetto all’altezza che avevamo prima perché nella
regione canino - primo premolare questa modifica dell’angolazione è importante.

 nei settori posteriori, di per se abbiamo detto che la mandibola è già molto angolata e che non
cambia molto l’angolazione quando si perdono gli elementi dentari, quindi anche in questo caso
l’altezza disponibile e altezza assiale non sono molto distanti tra di loro.

In base alle misurazioni è stato possibile proporre una classificazione delle angolazioni mandibolari:
• Low mandibular inclinazione (LMI): angolo < 10
• Medium mandibular inclination (MMI): angolo tra 10 e 17
• High mandibular inclination (HMI): angolo >17
48

Queste sono immagini che vi fanno comprendere cosa abbiamo detto fin ora.
la prima immagine è quella della sinfisi,
quindi in presenza o in assenza di denti
l’altezza assiale e l’altezza disponibile a
posizionare l’impianto non cambiano
molto tra di loro perché la sinfisi non
cambia troppo la sua angolazione.

Le regioni intermedie che sono la seconda


e terza immagine invece, cambiano molto
in termini di angolazione cioè la corticale
vestibolare si riassorbe molto in senso
vestibolo – linguale e quindi l’angolazione
cambia molto per cui l’altezza disponibile
a posizionare l’impianto è molto minore
rispetto a quella che avevamo prima della
perdita dell’elemento dentario
.
Nella regione posteriore, la quarta immagine, invece, in presenza o in assenza di elementi dentari,
anche in questo caso l’altezza disponibile e l’altezza assiale sono molto simili perché l’angolazione della
mandibola non cambia in questa regione, ma essendo già di per se molto angolata anche in questo caso
l’altezza disponibile è minore.

IMPLICAZIONI CLINICHE:
qual è lo scopo clinico di questo nostro studio? Il caso degli
IMPIANTI POST ESTRATTIVI.
Nel caso in cui dobbiamo mettere un impianto post
estrattivo non possiamo fare una valutazione della
lunghezza dell’impianto solo sulla radiografia
bidimensionale, perché diciamo: “vabbè c’era il dente
possiamo tranquillamente mettere l’impianto senza avere
problemi, valutiamo quant è la lunghezza della radice
aumentiamo di circa 2mm per ottenere la stabilità
primaria, che si ottiene appunto nei 2mm apicali
all’alveolo”. E quindi mi basta la radiografia per posizionare
l’impianto post estrattivo, perché abbiamo la sicurezza che
c’era il dente.
In realtà questo non è vero, perché se noi andiamo a
posizionare l’impianto esattamente 2mm in più rispetto alla lunghezza del dente andiamo in qualche
modo a interrompere la corticale linguale della mandibola perché c’è quella angolazione che noi all’opt
non vediamo, ma la vediamo solo con la tac e quindi andando ad interrompere la corticale linguale.
Lì sotto in quelle logge si trova l’arteria miloioidea, si trova l’arteria sublinguale che magari decorre oltre
che nella regione anteriore si può portare un po’ all’indietro, quindi andiamo in qualche modo a creare
danni importanti al pazienti.
Quindi richiedere sempre la tac anche per gli impianti post estrattivi, non vi fidate mai della sola
immagine radiografica bidimensionale perché l’angolazione della mandibola può farvi brutti scherzi
per cui abbiamo poi quel problema.

Infatti l’american academy of Oral and maxillofacial radiology dice che bisogna sempre nella pianificazione
chirurgica implantare richiedere un esame TC Dentascan o Cone beam.
49

Conclusione:
• Le caratteristiche anatomiche di aumentata angolazione e altezza ridotta indotte dal riassorbimento osseo
possono incrementare il rischio di complicanze chirurgiche.
Perché ovviamente dopo l’estrazione dentaria si ha un riassorbimento della corticale prevalentemente vestibolare e
un aumento dell’angolazione e quest aumento dell’angolazione può determinare delle complicanze chirurgiche là
dove l’altezza si riduce a tale punto che se non la andate a valutare durante la TAC vi può creare delle
problematiche.
• La differenza tra distanza nervo/distanza disponibile nel settore posteriore e tra altezza assiale e altezza
disponibile rispetto alla corticale linguale a livello della sinfisi devono essere prese in considerazione per la
pianificazione chirurgica.
• La pianificazione chirurgica implantare non può prescindere dalla valutazione dell’esame TC Dentascan o Cone
beam.

Domanda “la scelta dell’impianto quindi la facciamo solo considerando i limiti anatomici, a prescindere
dal dente che devi sostituire?”
Risposta: “assolutamente, tu devi partire da una pianificazione cioè io ho bisogno di mettere un
impianto in questa zona con queste caratteristiche, dopo di che vai a confrontare quello che sarebbe
l’ideale con la morfologia dell’osso perché non sempre puoi mettere l’impianto che avevi previsto e a
quel punto, devi fare o un compromesso, cioè c’è lo stato dell’arte che dice come deve essere l’impianto
in quella zona oppure c’è lo stato dell’arte del compromesso, cioè il compromesso deve essere un
compromesso che ti da un risultato funzionalmente ed esteticamente perfetto. Quando non ci sono le
caratteristiche morfologiche che tu vorresti puoi scegliere il compromesso oppure puoi scegliere di
mettere l’impianto come dici, ma per poterlo fare devi modificare la morfologia dell’osso e quindi si
innestano tutta quella serie di rigenerazioni, innesti, gbr che sono utili per ottenere quelle condizioni
ideali secondo quel piano protesico ideale, ma questa è una scelta che va tra te e il paziente, perché il
paziente non sempre è disposto a far gli interventi di rigenerazione, innesti ossei , ecc quindi è una
scelta che si fa insieme al paziente, oggi si parla molto di implantologia a seconda dell’aspettative del
paziente, ovviamente sempre nei limiti della correttezza.
Se il paziente è disposto a fare tutti gli interventi che vuoi, tu devi avere la possibilità di saperlo fare e di
proporglielo, se invece il paziente non è motivato, ad esempio venne una signora instabile
psicologicamente che aveva una mandibola sottilissima e io gli proposi l’innesto, però la signora l’unico
intervento che voleva fare era quello per il posizionamento degli impianti e a quel punto poi
utilizzammo gli impianti ultra short, un contro di questi impianti è che i denti vengono un po’ più lunghi,
ma nella regione posteriore questo può essere un compromesso accettabile.
50

OD
lmp1ant success, Survival, and Failure:
The lnternational Congiess of Or::!
lmplantologists (ICOI) Pisa
Consensus Conference
Car1 E. Misch. 00S. MOS; Morton L. Parei, 00S, MScD,t Hom-L.ay Wang, 0 0S, MScD,t.
Gilberto Sammartino. MD. DDS,§ Pablo Galindo-Moreno, 00S, PhD,11 Paolo Trisi, DDS, ~ Marius Steigmann. Dr Med,#
A.lberto Rebaudi. MD 00S," Ady Palti, DDS,tt Michael A. Pikos, DDS.t.t D. Schwartz-Arad, DMD, PhD,§§
Joseph Choukroun, MD.lii Jose-Luis Gutierrez-Perez, MD, PhD, DDS,1111 Gaetano Marenzi. OMO, DDS,##
ano Dimosthenis K. Valavanis, MD. DDS, OMO'"

TI <' primary f unction of a de111al system between these entities shoul.d


- ne-e,--:, nir ri:i for endostcal im- im,n/ant i tn art a5 on ah11rmr111 fnr hr recngnhrd. The purpose of this ar-
\.: olants have been orooosed orcvi- rr ",.f' thrtir drvice. similar tn a nat- tie/e is ro use a few indices developed
"-.J ously by severa! authoo, 1- ~ 1nc ural toorh root and croll'n. A 11\' suc- (or natural teeth as an index rhar ù
report by AJbrclct.'i n et af is w1del) cess criteric,, rherefort', mw1 include specific for rndosteal root-fnnn im-
used today. H wever, it does nOI con-
first and (uremost .m pf)()rt of a func- p/ants. This article is a/so intended to
idcr toc nt f ,;r.:.,w.l t..,,,__ :v.,:
Junn_g lhc fin.I year. ln addition. succ~.,
tinnal prosthesis. In addition, a/- updare alld up1,1 rade whar is purported
rates :..uggested in this guideline dc-.cribe though clinica/ criteria fo r pro theric to be implant success. implanl sur-
an 1dcal implant qualrty of hcalth for a .11u:ce s are b, yolld the cope of rhis
1
viva/, and imp/am fa ilure. 77ie Health
tud_ or linical repon . bui does not anicle, patient satisfaction with the Scale presented in this article was
addrcss imJividuaJ implanlS that ma esthetic appearwice of the implant res- developed and accepted b1• the lmer-
ha e a stabl conditi n in the moulh toroJion is necessary in clinical pracrice. national Co11gress of Oro/ lmpla,110/o-
aJt.t"r a bnel cp1sodc ol bonc l~ . The resroring dentisr designs and gists Consensu.s Conjere11ce Jor Jmplo,11
I be uccCllS cnten on most com- JatmcaJes a prosthes1s sinular to one Success III Pisa. ltalv. Uctober 2ù07.
m nr_ rcponeo in c1m1cai repons 1s supported /Jy a toofh. ana as such oJ- (lmptanl V eni LW ~;17 - I -J
cen evaluates and treaJS the dentaJ 1m- Aey woras: 1mptant ct,nu:al suc-
._ l nctor OI C " - ' ~ ~ a l
fWO<i-nl<:,IOO,,arv.!ll'IOlnlc.,__, T-1:wf,"" <;,1',nrl
planr similarly to a naJural tooth. Yer, cess, implant clinica/ sunival. tm•
~
, _ ~ 1-\•x
A.
Jl,_.., ,
,s,_.,. fundamental differences in rhe support plani clinica/ f ailurr
ur~ u ,.-..
,..~-.-· ......... ~
,t)O"fWl tC1'(.)U tll-.J\. ~
l.J .--.. ... . , - ~ · ~ . . .- . - - . - ~ . . , •

..- .....,.,
JO ._..__. •

,,
_ ,QI MO(r,qy\--"00,"'
thc urvivaJ rate. mcaning whether the 2007. a Pisa, ltaly Conscn,us nfcr-
'" "' D ,.J • ' U]l'I", r
t-...:1 1.J ( ....,,n u • f iii ~ •~ <J 1~ ; _,,..,1,.. n t ;.,. , ,;1 1 .--... ur;r ,.. 11, , fn th n m n u t h
, - ' .., -· --·.1 ........ -- ,~;""~!""~.! h ~, !..~ ! "!t~!1':!!.! ~2.!
~ !"':~
or ~ , bccn rcmoved. ProponcnL~ ol C ngre~, n t 1r • l l'l':''" n, ..1,.~,u, 1
th1 mclhod ay it provide thc clearcst modi ,ed the Jame'ì- M1,ch He 1th
pr~cntat1 n ol th data. nw:~ nrgue S aJc and appro"cd 4 hnital ·atcgl'f)
that 11nplanL-i th:it . hould be rcmo\'ed thnt contam e< ndiuon, 11f 1mpl:in1 ....
be au of parn or djsea,;(' may hc cc". ,;uf\•1vnl. and failurt' • Uf\ " a-1
rn:untamcd nd are wronglull rc- w ndJ11 n for 1mplanL, m:s,· h , e ~
fN' I ,J ...., I ,1,g ,u-...1: ,,ful lltfftl t: lll l <•nt . ..a.t i\( lll \ UI
natural L th 1~ n ,1 ck, LnbeJ 1n , 1val dc,t'ntic a.n 1mpl,int "1th k
thc lttcrnture O!- clrni al , uc e , or frul thaJ1 ~J.1 l )I\J1U , , . -.!-. , ., ' "t\ I \.

urc In tead. ad ·ti cond111on for n qutrc, lmical nwn.1 111('111 , 111.nJ n 11npn,.
IOO(h 11re rcpol'U!J. and o qualit) of llll ',(.xJ \Uf\ I\ uJ tncluJ.. ' ,u,,.:......., _ ,u,
h alth c:Lle I u d to dc, ·n m te,, than klcal ~ md1t11 •n- . v. hJ h ratUtrt'
tr.1orul clini I t nd1l1om, In 149'. an dm :il tmumcnt tu ~~e- thc n, ol
1mpl ot qu lrt of hcaJth " le v. 1mpl.1111 t.ullln' lmpwll fwJu ttr
r ,t bit hcd !'I) J. mc Md lunh r d - 1CftTl u.\((J fl l U l ~ thJJ ~
, eh,pc.-d t,~ 1t'lh • On '1th < tohe1 nlll\.Ù <I hJ, a.h Ok

IT
51

The term implant succe may be Pain during function from an implant erature) to asses bone loss after heal-
u -ed to describe ideai clinica) condi- body is a subjective criterion that ing is by radiographic evaluatio n. Of
, ;,..9' .. 1t r h nulrl in~ luf'lp '!l titTIP f"\Pri,vf
nbr ..._ rh,. imnl:inr in lht> faihtrf' c :ite- course. conventional radioeraohks
u1 ai 1cm,l I L. montns 10r 1mp1ams gory. ::,cnsmv,ry rrom an 1mp1ant aur- onty momtor me mestai or at tal as-
erving as pro thetic abutments. The ing function may piace the implant in pect of bone lo · around the implant
term cari implant uccc s is sug- the survival criteria. and may warrant body.
t, "," d fC" "'
"C .. '- .t W
(" .-.ri"\"
•-'pw..11
,... . -
V .t

.t
' "
IV ..J
~ J, . ,.. .,~
'-""' u • (" r,." " ' ,,. , , - . ,,. .... 1 · ~
. ,, ......... . . . . . . . . . . . .... ~ -•
.... ......., .... " ,
...... _ ............. . ...,._ "'•..,.,,
' " '.'~ .... .... .
... r....-·
--- ..,., __... _... ..... -
. . .. J.....-~,-.. ·J. .....
.
intennediatc implant ucce for 3 to 7 diographic margina] bone lo:, after
years. and long-term s uccess for more Mobllity the fi.rst year of function in the range
than 7 years. The implant success rate Rigid fixation is a clinica! tcnn for of O to 0.2 mm. 18 10 Th.e marginai bone
hould also include the assoc iated implants. which describes the absence loss far the quality of health scale
pro thetic urvival rate in a clinical of observed clinical mobility with ver- should include thc first year. Although
report . tical or horizontal farces under 500 g. there are many different aspects thai
similar tu evaluating teeth. Osscointc- L:ontributi: tu i.:Mly bum.: Ju:,.,. r..,5..,.;-
CLINICAL INDICES grauon is a histologic tenn defined as less of the cause the overal.l amount of
Ùle surrouoding bone in direct contaci bone loss may affect clinical criteria of
Pe riooontal indices are often used ·1,ith an implant surface at the magni- ucce s to fai.Iure. Clinica] tudie of-
for the evaluation of dental im- fication of a light microscope.' 2 Over ten report statistica! average bont
plants .10·11 Periodo ntal indice , of
the years. rigid fi.xation and osseointe- loss-oot the range of bone loss ob-
themselve . do not define implant su - gration have been used interchange- served in the study. lf I implanl of IO
e:, or failurc . The~c c linica! indie~
ably. Today. the clinicaJ term "Jack of loses 5 mm of boae. the average bone
must be related to other factors such as mobility" may be used to describe im- loss in the study is 0.5 mm: yet. the
e xudate or overloading of the prosthe- plant movement, and is a clinica! con- range of bone loss was O to 5 mm.
;;1s. However. understanding the ba is dition most often used 10 detcmline as Each implant hould be monitored as
of a few clinica) indices far evaluauon to whether the implant is integrated. A an independenl unit when as e s 111g
allows the e criteria to e tabli h a root-fann implant supported prosthe- bone lo s for a clinical evaluation of
health-di eru.e implant quality scale is is most predictable with this type of success. survival. or fai.Iure
. . . .
u ..:.1ttu.;u lU U&aiJ1a.aH uo,,,UA.t,J J . support systcm. ChmcaJ observaaons obtamed by
Lack of clinica! movement does not probing or radiographic measurements
Pllin meao the true absence of mobility. A of O. J mm far bone loss are operator
:,i=i ..,ìiu_i1..al implant positions in healthy implanl may move less than 75 sensitive and are not reliable. There-
the literature do not invade the struc- J..Ull; yeL it appears as zero clinical mo- fore. the Pisa Consensus in thi.i r.:.yv, ;
tures of the infraorbital or inferior al- bility. 14 Clinica! lack of implant mobility suggests that the clinica) as e ,iKu,
veo lar nerve s . Therefore. in 1he does not always coincide wit.'i a dire.:, t:'_
J.Vj
• - - ,_
\.,(l\,11
• - • 1 -
UllfJU:UU.
• •
LIIVILUU• ., uu:u~.u uo
'

.,.... .,... .,.,,-to-failure critcria. it is as- bone-implant interface. J However. bone loss in increments of I .O mm .
.>uaucu ll1al tJìe implant does not vio- when observed ctinically. lack of mobil- The bone loss measurement should be
• • -· · . _ _ _ _ _ .. t.. _ ; _ •. ·- , ., 11
~
" "'·" " un.. IUUJ Vl ..... , \'\,,,,,)' Vl UI\.- J"""' . ity .;sually means that at least a portioo related lo the originai marginai bone
Suujcd.i i:: fi11Ji11~.,, o f pain or tender- of the implant is in direct contact with leve! at implant insertion. rather than
ness associated with an implant body bone. although the percentage of bone to a previous measurement (e.g.. I
are more difficult to a-. ess than these contact cannot be specified.1~ A ctini- year priur ,
conditions with natural teeth. cally mobile implant indicatcs thc pres- Thc mos\ i: ffiiìiVlì uu... ~.~ ~V u...~ -
c...... Ll,..: implant has achieved ence of connective tissue between the sess the margina! bone loss is with a
primary healing, ab ence of paio un- implant and bone. and suggests clinica! conventional periapical radiograph.
~

U'-'1
- • 1 L C'- -- -
• \,,-&U\,.,O.J Ul UUII LiUllkU I VA\,,\,,-
• -- - - failurc for an endosteal root-farm
• - •
O j .') Altooum this oolv determines the me:sia1
pnmary subJec1ive crttenon. Pa,n unplant lmplanl ..mobility·· may be as- and d.Js1aJ bonc lo.,.,. ,, ,., .. ù, ...... ,~ , ..,.;
hould noi be a ociated with the im- sessed by computer o r various instru- method. Compu1er-as i tcd ,m... 6 ,
planl after heaJing . When present, il is ments.' b. 17 bui at this point in time analysis and customizcd x-ra; pv.-.-
m re OH n an ,mp vp... I ,wù.!S prv->· u,..._ au.,u UUI.\..U U a.n., uvl uv"'I..A)..,a., J 1.v 4.,
UVI.UUt , " " ' " ''"'' - ' ......, V\o., ut-"-'••va lll"-'U•·

~ ... ~~ .. vuiiA>i'i.::r.:. or pr . ure on the determine clinica! movemenl in a hor- ods of measuring bone loss. 1' but ar~
w l u.>.>ue from the pro thesis. Percus- izontal or vertical direction as being not required for the criteria e tabli hcd
• r
_ _ _..,u • '-' • .,.'--> UU

\V
~ nn
J VV 5
, 1
\ &,-
..,, _ ,
p -.' \lf ~--- •--· "-=••--:,
uupuuu. IOJJUH;. . ai thJ onse nsu . .
rr..a·.- be ~cd ~!;~uw.!!\ :~ .:·. ~~~=--: :;-;-.
pla~t p:un o r dtscomfort. Pe rcu ' Sion Ì!, Radìographic CrNtal Bone L.oN
wed for the impact farce Lo the im- The marginai bone around the im- Probi~e, d~p!..'""- ~ ...,~:::! ::..::.': ._ ~
plam. o I for th audible effect asso- plam ere tal relcion is usuaiiv a signif- an e ccliem proven m~an · 1
ciated with integratioo. sually . pain icant indicator of implan1 health. The the pasl and present health o f natural
from the 1mplan1 body doe no i occur leve! of the Cl' tal bonc may be mea- teetb. bui probang depth~ a.round 1m-
-,1J~.,,., ù ~ 1111plant 1 mobile and ur- urcd from the cresta.I position of the plao1 ma be of littJc dmg no 11 ,
rounded by m named u ue or h~ implant at the iniuai implant surgery vaiue. uni ., c... ,p..u, ..... J « •~ •
ngid fixation but impmge The m t common method (in the lj1. (e.g.• radiograpuc raJ.ioluceoc , pu.ruh i

. .... . ..
• • ••- • I
.',~ l't.l SS . R I \AL • NU t'AJl. IO·

L ~1f11 ,t.;vtl V ,m 1r,, , ,lh11, Un, Jtt onlt, r ~pro uct:on t th1s m cl 1s I,
52

e.xudate. bleeding) and/or symptoms probing depth compared with the The ICOI Piu lmplant Quality of
(e.g., di comfort, pain). The benefit of baseline mcasurement may be diag- HNlth Scale
probing the implant sulcus has bcen nostic in a clinical evaluation. The !COI Pisa lmplant Quality of
..,;,~;.....~cù iu ihc literature because Although routine probing healthy Health is based on clinica! evaluation .
ound scientific criteria are lacking. implants on a regular basis seems un- This scale allows the denti t to evalu-
lncreasing probing depth over time warranted. a ba eline measurement ate an irnplant using the listed criteria,
may indicate bone lo s, but not neces- and probing in the presence of other piace il in the appropriate category of
arily indicate disease for an endo teal symptoms and/or signs is indicated. health or disease, and thcn treat the
implant. Stable, rigid. fixated implants As such. in the !COI Pisa Consensus implant accordingly. Three primary
have been reported with pocket depths Criteria, probing depths are not as- categories were established by ~e
rangmg from 2 to 6 mm. Lekholm et se ed in the success or satisfacrory Consensus: ucce s. survival. and fail-
af-0 found that the presence of deep health conditions. but are included in ure. The succe category describes
pockets was not accompanied by ac- the com!)fOrnised survival condition optimum conditions. the survival cat-
celerated marginaJ bone loss. Healthy, egory describes irnplants stili in func-
parually edentulous implant patients tion but not with ideal conditions. and
con istently e.xhibit greater probing Peri-imptant DieNM thc failure of an implant rcpresents an
depths around implants than around implanl thai hould be or already has
Thc term peri-implantitis de-
teeth. been removed. There are 4 implant
scribes the bone loss from bacteria
Probing pressures are subjcctivc. groups to describe the clinical cond1-
around an implant. .JO Peri-implantitis i~
as is tbc angulation of the probe next tions of success. survival. or failure
defined as an inflammalory proces~
to an implant crown. Thc "correct (Table I ).
affecting the tissue around an implant
pressure·· for probing has not been de- Group I represents success and is
fined for implants, but may be Iess in function that has 28
resulted in loss of
considered optimum health conditions.
important than with teeth, bccause supporting bone. Bacteria, on occa- No paio is obscrved with palpation.
there is no connective tissue attach- s1on. may be the primary factor for percussion. or function. No clinica)
mem zone nexl to an implant. The bone loss around an implant. Anaero- implanl mobility is noted in any direc-
potential for damage to the fragile at- bic bacteria have been observed in the tion with loads less than 500 g. Less
tachment or mamng of the implant sulcus of implants. espccially when !han 2.0 mm of radiographically cr-
surface may exist during probing.J On probing depths are greater than 5 esta! bone loss is obscrved compared
the other hand. there i no clinical or mm.n ·:. ::...'1 t.'1e implant insertion surgery.
c:xpenmental evidence upporting this Stre s-induced bone loss (e.g .• The implant has no history of e.xudate.
hypothesis. 2 1 Future re earch in the overloading the bone implant inter- The prognosis of Group I implants i
area of probing is needed before in- face) occUI"S withoul bacteria as the very good 10 e.xceUent.
cluding this as a primary criteria in a primary causative agent. 11 - 34 However. Group II implants are categorized
consensus for success. survival. and/or once the bone loss from stress or bac- as "survival" and have satisfactory
failure. teria deepens the sulcular crevice and bealth. They are stable, but show a
On the other band. charting the decreases the o.xygen tension, anaero-
history of. or potcntial for. clinica!
attachment Jevel in implant permucosal bic bacteria may become the prim3J)
problems. No pain or tendemess il>
areas does aid the dentist in monitor- promoters of the continued bone loss.
observed on palpation. percussion. or
ing these regions. Probing to monitor In other words, the bacleria involved
function . No observable mobilicy ex-
implants has been suggested in several in peri-implatitis may oftentimes be
ists with Ioads less than 500 g. Radio-
implant workshops and position arti- secondary to one of the prime caus-
graphic crestal bone loss is between
cles.22- 25 Suku deptbs greater than 5 ati ve factors, such as overloading the
to 6 mm around implant bave a bone-implant interface.
2.0 and 4.0 mm from the implant in-
greater incidence of anaerobic bacte- sertion. The prognosis is good to very
Exudate or an abscess around an good, depending on the stable condi-
ria16-?ll and may require intervention in
implant indicates cxacerbation of the tion of the cresta! bone.
the presence of inflammation or e.xu-
peri-implanl disease and possible ac- Group III implants are also in the
dale (e.g. . surgcry. an1ibio1ic regi-
.;elcrated bone loss. An exudate per- "survival" category. but exhibit a
mens 1. Probing noi ooly measures
sisting for more than I to 2 weeks slight to moderate peri-implantitis and
pocket depth, but also reveals tissue
con I tency. bleeding, and thc pres- usually warrants surgical revision of compromised health status. Group IU
ence of eJtudate. 29 the peri-implant arca to eliminate implants are characterized by no pai n
lt is of bencfit to probe and esta"· causative elements. The reduced bone in function. No vertical or initial hor-
lis h a baseline meas uremenl after the height. after the exudale episode, izontal mobility is evident. Greater
initial soft tissue hcalfag around the maJce lhe implant more prone to sec- lhan 4 mm radiographi, cresta! booe
permucosat aspect of the implant. ln- uuJary occlusal trauma. Thereforc. the Ioss has occurrcd since implant place-
crease 10 thi baselinc measuremenl dcntist musi reevalua1e stress factors ment. bui bone loss is less than 50%
o ver urne mo I ofren represems mar- iu1 u1e ue w wuy 1.:u11<liuun anù uften from around the implam. Probing
ginai bone lo s. In the prc. ence of must reduce them to improve long- depths have incrcased from basel111c
o ther signs and/o r sy mptoms. 1he term performance. up to one-half the lengtl1 uf ll1c 1111-

falPLANT DENnsTRY I V OLUME 17. N uMBER l 2008 7


L1pp1ncott W1ll1dm & W1lk1ns Unauthor1zecl reproduct1on of th1s art1Llt 1s protlibitoc.1
·' 53

ltl'4)1ant Oua1ity Scale


Group
Clinical Concfrtions
I Success (optimum health)
a) No pain or tenderness upon funct10n
b) O rrobility
e) < 2 mm radiographic bone loss from irntial
surgery
d) No exudates history
Il. Satisfactory survival a) No pain on function
b) Omobllity
e) 2-4 mm rad,ographic bone loss
d) No exudates h1story

lii Compromised survival a) May have soosrtMty on function


b) No mobiltty
e) Rad,ographic bone loss > 4 mm (less than
1/2 of implant body)
d) Prob,ng depth > 7 mm
e) May have exudates history

IV Failure (clinical or absolute failure) Any of following:


a) Pain on function
b) Mob1ltty
e) Radiographic bone loss > 1/2 length of
1mplant
d) Uncontrolled exudate
e) No longer ,n mouth

p\ant. often accompanied with bleed- S u ~tl\lARY Health Scale specific for endo~tcal im-
ing on probing. Exudate episodes (if plants and included categorics of suc-
Implant success i~ as diffìcult 10
present) m ay ha, e lasted more than 2 dcscribe as the succes~ crileria re- cess. survival. a nd failure. In add1tio n.
weeks. The prog nosis 1s good to quired for a tooth. A range from health lhe~ categories of hcalth may be re-
guarded. dcpending on thc ability to 10 disease exists in both conditions. lated 10 the prognosis of the existing
reduce and contro! stress once the sur- The primary criteria for assessing im- conditio ns.
gical correcllo ns ha\·e improved thc plant. quali1y. o r health are pain and
, oft and hard tissue hcalth. mobilil)'. Tue presence of either one R HERE~ CES
Tue Group IV of the Pisa lmplant greatly comprom1ses the implan1 and
1 Schrnlman PA. Shulrnan LB. Rec -
Hcalth Scale is clmical or absolute removal usually i~ indica1ed. Routine ommendat,ons ot the consensus develop-
tailure . The 1mplant ~ho uld be re- probing dcpths are not suggcsted in menl confereoce on dental 1mplants. J Am
moved under an) of thesc conditions: the absence of other singl> or symp- Dent Assoc 1979:98:373-377.
( I ) parn on palpauon. percussion or toms and may be related 10 the prc~- 2. Crarnn AN. Sdverorand H , Sher J . et
al. The requuements and clinicaJ pertor
funcuo n. (2) horizontal and/o r vcrtical ence of locai disea~c or preexistmg
mance of dental 1mplanIs. In. Smrth DC.
mobilitv , ( 3) uncontrolled progrcs~1ve 1b suc thickncss before thc implant Williams DF. eds. BiocompatJbthty of Oen
bonc 1o'ss. (41 uncontrolled ex uda te. or was in~erted. Bone los~ il, most often tal Matenals Vci 4 Boe.a Raton. FL. CRC
<5 l more than soq bonc loss around evaluated wilh radiographs. which Press: 1982.92 102
t hc 1mplant. Irn pla nts surg 1ca ll y onlv mo nitor the mcl.ial and distai 3. McKlnney RV. Koth DC. Stefhk DE.
placed but unablc to be rc,to red ~ ginal bone ncxt to the implant. ..::~nicaJ standatds lor denlal implants. In:
f'1:!,1, "'!</ orj ('bnlC8! Oenttslrv Haroers
\ MCt:pt'.l ~ J ,U<: .u~u 1111..IUUCU I li uwup tmplant 1a11urc 1s cas1er to à c- town. PA Haroer & Row: 1984:27-4;
IV ta1lurc Rcgardle~s ot whcther thc scribe than implant succe1,~ or survi val 4 AJbrektsson T. Zarb GA. Wonh1ng-
1mplan1 •~ , ull IO thc moulh or rc- and may consist of a varie1y of factor:- ton P, et al. The long-term ethcacv or cu,
mO\ cd. thc implant 1s rccordcd m th1s Any pain. vcrtical mobil ity an:1 .,,. rmtlv 11~ rlAnl:11 1mnl:1n1c:· A rAV&AW ;,n"
.:atcgory a, a ta1Jurc IO ali ~tatisticaJ controlled progressive hone lo),s war- proposed cntena ot success. /nr J Ora/
ÙJW. i111pi.i11L, ù1a1 i1avc n.fuiiau:ù ur ram impiam removai. .'vfax,Hofac lmolants 1986.1 1 25.
5. Albrektsson T. Zarb GA Oeterm1 -
ha, c hccn sunucally rcmovcd are also The !COI Pi~a Consensus Confcr- nants o t correct clirncal rooortino. /nt
IO th1s failure category 1:ncc ha~ ~implifìed and upda1ed a J Prosthodont 1998:11 :5 17 52,

8 l \1PLA:S f St CO<;<;, S L RVI VAL. \ ND f- All l 'IU

v01.1r14i1t L1pp11 11..:c..tt VJ1lltan1s & Wrll<.,n~ Unautt1cmzccl Icprodu...t1on of tr11s art,clt-! Is protuh,tt>d

L
54

ò Sm1th OC. Zarb GA. Cntena lor suc- 16. Winkler S, Morris HF , Spray JR. ated w1th successlul or faihng osseointe·
'IJS5 ot osseointegrated endosseous m - Stability ol implants and natural teeth as grated titarnum 1mplants. Ora/ M1crob10/
C)..t'1ts J Prosthet Dcnt. 1989:62:567-572. d etermined by the Periotest over 60 lmmunol. 1987;2:145-15 1
ì ten Bruggenkate C , van der Kwast months of funct1on. J Ora/ Impianto/. 2001 : 27. Rams TE, Roberts TW, Tatum H Jr.
\VA. Oosterbeek HS. Success critena in 27·198-203. et al. The subg1ngival microflora associated
oral 1mplantology: A review ol the hterature. 17. Pasquali L. Rylandef H . Cames O, w1th human dental implants. J Prosthet
lm J Ora/ Impianto/. 1990:7:45-53 et al. Computer ass1sted densitometrie Dent . 1984:5:529-534.
8 . M 1sch C E . lmplant success or analysis in periodontal rad10graphy. J Chn 28. Becker W . Becker BE. Newman
ta1lure: Chrncal assessment in implant den- Penodontol. 1988:15:27-37 . MG, et al. Clin1cal microbtologic find1ngs
t1stry . In: M 1sch CE. ed . Contemporary lm- 18. Kline R , Hoar JE. Beck GH, et al. that may contribute to dental mplant fa1l -
plant Dentistry St. louis: Mosby: 1993: A prospective mult1center chrncal invest1- ure. /nt J Oral Max,llofac lmplants . 1990;5:
33-66. gat1on of a bone quahty-based dental im - 31 -38.
9 . Misch CE. The implant quality scale: plant system . lmplant Dent. 2002 : 11 : 29. Rams TE. Slots J . Comparison of
A chrncal assessment ol the heal\h d1sease 224-234 two pressure senSJt1ve periodontal probes
continuum. Ora/ Health . 1998:1 5:15-25 19. Cox JF, Zartl GA. The longrtudinal and a manual penodontal probe 1n shallow
10. James AA. Periimplant cons1der- clinica\ eff1cacy of osseo1ntegrated and deep pockets. lnt J PerlOdontics Re-
atr:ns. Cle'lt Cltn Ncrthlvn. 1900',24:415-420. implants: A 3 -year report. /nt J Ora/ Maxil- storatNe Dent. 1993;13:521 -529.
11 Salvi G, Lang N. Diagnostic param- lofac lmplants . 1987:2:91 -100. 30. Mombelh A. Lang NP. The d1agno-
eters lor monitonng pen-1mplant condi- 20. Lekhotm U, Adell R, Undhe J , et al. sis and treatment of pen-implanttt1s. Pen-
tions. /nt J Oral Maxillofac lmplants . 2004; Marginai t1ssue react1ons at osseointe- odontol 2000. 1998:17:63-76.
19\suppl):116-127 . grated titan1um fixtures. Il. A cross-sect10n 31 . M1sch CE. Early cresta! bone loss
12. Ade\\ R . lekholm U, Rockler B. et retrospect1ve study. lnt J Oral Max,llofac etiology and 1ts ettect on treatment plan-
al. A 15-year study ol osseointegrated im- Surg. 1986; 15:53-61 . ning lor implants. Postgrad Dent. 1995,2:
plants in the treatment ol the edentulous 21 . Espos1to M . Hirsch JM, Lekholm U, 3 -17.
jaw . lnt J Oral Surg . 1981 : 10:387-416. et al . Biolog1cal factors contnbutin9 to fail- 32 . Oh TJ, Yoon J. Misch CE. et al . The
13 . van Steenberghe O, lekholm U, ures of osseomtegrated arai implants. Il. causes of earty implant bone toss: Myth or
Bolender C , et al. Apphcability ol os- EtlQP8thogen0Sls. Eur J Oral Sci. 1998; science? J Penodontol 2002:73:322-333.
seomtegrated oral imptants in the rehab1h- 106:721 -764. 33 . M1sch CE. Suzuki JB. M1sch-
tat1on ol part1al edentuhsm: A prospecltve 22. Lang NP , Karring J , Undhe J. Pro- Dietsh FM, et al. A posttwe correlat10n be·
mult1center study on 558 fixtures. /nt J Oral ceedmgs of the 3rd European Workshop tween occlusa! trauma and pen-1mplant
Max1/lo fac lmplants . 1990:5:272-281 on Penodontology (lmplant Dent1stry); bone loss: Literature support . lmplant
14. Sekine H. Komryama Y, Hona H. et Qu1ntessence. 1999;220-22 1. Dent. 2005;14:108-116.
al. Mob1lrty charactensttCS and tact1le Sffi· 23. Proceed1ngs of the 3rd \TI Consen- 34. ~ M, Naert I, va1 Stea t;e-g--,e
srtMty ol osseoriteg-ated fixture-supporting sus Conference. J Ora/ Maxillofac lm - D. Fixture design and ovenoad influence
systems. In: van Steenberghe D. ed. Tis - plants. 2004;9(suppl):118-120. marginai bone loss and fixture success in
sue lntegration in Ora/ Max,llofaoal Recon- 24 Arnencan Academy of Periodontol- the Brànemark system. Clin Ora/ lmplants
struction Amsterdam: Excerpta Medica: ogy- POS1t10n Paper. J Penodontol 2003; Res 1992;3 :104-111 .
1986. 74:1395- 140 1.
15. Stefl1k DE. Koth DC. McKinney RV 25. Proceedings of the 1st European
Jr Human clirncal trials wrth the single Workshop on Ev1dence-based Recon- Repmt requesrs and correspondence ro.
crystal sapph1re endosteal dental 1mplant: structlOO Dentistry. Clln Ora/ /mp/ants Res. Cas1 E MISCh, DOS. MDS
Three year results, statJstical analys1s, and 2007;18:5 1, 5 1. 16231 Fourteen M1le Road
val1dat100 of an evaluat.Jon protocol. J Oral 26. Mombelli A , van Oosten MA Bmnngham. M148025
Impianto/. 1987;13:39-53. Schurch E. et al. The microbtota associ: E-mail: debt>te@mlSCh com

lMPt.ANT Dl:Nllsnty / V0 1. I 'Ml- 17 ' Nl .MRl-.1( l


Copyriqtll Lpp1ncott w ,111 ams 9-, Wilkms
. . :!OO~ 9
Unauthor ized reproduct,on Gf th ,
S arti, lf; 1
nrc, h1tJ1tplJ

' <Il llLf11 I\.; r


55

LA PIEZOCHIRURGIA IN CHIRURGIA ORALE E IMPLANTOLOGIA (Tortora & Zarrella)

Questo argomento è a cavallo tra la chirurgia orale e


Ultrasuoni in medicina l’implantologia. Rientra nel programma di entrambi gli
Ultrasonografia (ecogragia)
esami.

Ortopedia (sciatalgie, nevriti, periartrite)


La piezochirurgia utilizza gli ultrasuoni che, in
Urologia (litotrissia)
medicina, vengono utilizzati anche in tantissimi altri
Medicina estetica (liposuzione)
campi come l’ecografia.

Neurochirurgia
Con l’ecografia si ha il passaggio di ultrasuoni
Stomatologia
attraverso i tessuti e in maniera non invasiva (quindi
senza raggi ionizzanti) consentono di valutare i tessuti
in base alla loro densità.

In ortopedia vengono utilizzati per il trattamento delle sciatalgie e delle nevriti.

In urologia per la litotrissia. Forse questa è la prima applicazione terapeutica degli ultrasuoni con i
quali si bombardano i calcoli renali frammentandoli.

Si usano poi in Medicina estetica per la liposuzione e in Neurochirurgia.

Ciò che a noi interessa è l’utilizzo di questi in Stomatologia.

Per quanto riguarda le


Ultrasuoni
caratteristiche tecniche degli
Onde meccaniche sonore 3D con frequenze superiori a ultrasuoni: sono onde meccaniche
20000Hz.
sonore tridimensionali con
Penetrando in un sistema biologico, le onde perdono frequenze superiori a 20mila Hz
energia cedendola al tessuto con un meccanismo di (non udibili dal nostro udito).

attenuazione: la capacità di penetrazione (generalmente tra Quanto più c’è capacità di


1,5 e 5 mm) è inversamente proporzionale alla frequenza penetrazione dell’ultrasuono
dell’onda (direttamente proporzionale alla risoluzione delle all’interno del tessuto tanto più la
immagini).
risoluzione delle immagini è alta.

Quando gli ultrasuoni attraversano i tessuti, viene prodotto


calore (la cessione di energia viene convertita in calore). -> Clinicamente bisogna ricordare che
IRRIGAZIONE CONTINUA questi strumenti producono molto
più calore di una normale fresa su
motore implantare perché l’energia meccanica viene convertita in calore. Ecco perché è
fondamentale un’irrigazione continua con soluzione fisiologica sterile raffreddata.

Per produrre gli ultrasuoni:

Due metodi per produrre gli ultrasuoni: Con la magnetostrizione, un campo


1. Magnetostrizione (bande di piccole lame di magnetico alternato attraversa piccole lame di
metallo che oscillano quando attraversate da metallo e le fa vibrare. Questo movimento
un campo magnetico alternato)
induce la produzione di onde meccaniche e
2. Principio piezoelettrico (i cristalli di quarzo quindi ultrasuoni.

modificano le loro dimensioni quando Con il sistema piezoeletrico, che noi


attraversati da un campo elettrico alternato) utilizziamo, si ha l’attraversamento di un
campo elettrico alternato che induce delle
variazioni dimensionali dei cristalli di quarzo e conseguente produzione di onde meccaniche,
trasferite alla punta dello strumento.

Questi ultrasuoni hanno un’ampiezza piccola.

ULTRASUONI IN CHIRURGIA
In alcuni strumenti possiamo sovramodulare la
Caratteristiche tecniche
frequenza per indurre un taglio micrometrico.

1. Ampiezza delle vibrazioni: tra 60 e 200


micrometri orizzontalmente e tra 20 e 80 ULTRASUONI IN CHIRURGIA

micrometri verticalmente
Le vibrazioni sono trasferite alla punta dello
2. Sovramodulazione di frequenza: alla strumento

frequenza tipica dello strumento, tra 24 e 29 Gli inserti chirurgici hanno diverse forme per i
kiloHertz, se ne aggiunge un’altra tra 10 e 60 diversi tipi di taglio.

Hz.
La temperatura delle punte degli inserti è
3. Potenza: 2,8-1,6 W mantenuta più bassa grazie all’irrigazione
continua.
56

Questi vantaggi sono da conoscere molto


VANTAGGI CLINICI DELL’AZIONE DI TAGLIO

bene.

• Taglio micrometrico, garantito dalla ridotta Il taglio micrometrico è garantito dalla


ampiezza delle vibrazioni
ridotta ampiezza delle vibrazioni.
• Taglio selettivo: le vibrazioni a bassa L’incisione, il taglio, l’osteotomia con uno
frequenza sono selettive per il tessuto duro
strumento piezoelettrico è molto più
• Campo operatorio esangue: effetto della conservativa rispetto ad una fresa, sega
oscillante o altro strumento non
cavitazione
piezoelettrico.

• Controllo chirurgico intraoperatorio


Il taglio è selettivo perché le vibrazioni sono
• Ridotta morbilità per il paziente
selettive per il tessuto duro e non taglia i
tessuti molli salvaguardando le strutture
nobili come il nervo mandibolare, la
membra di Schneider del seno. In realtà è
importante anche considerare la modalità di utilizzo perché la pressione eccessiva o il calore
possono danneggiare queste strutture. Questi strumenti devono pizzare l’osso cioè bisogna
essere molto delicati nell’utilizzo dello strumento. L’eccessiva pressione induce il non
funzionamento dello strumento stesso.

Il campo operatorio è esangue per effetto della cavitazione: all’interno della soluzione salina di
raffreddamento, le vibrazioni alla punta dello strumento determinano delle bolle che implodono su
se stesse creando una piccola onda d’urto che blocca il sanguinamento capillare.

Tutto questo porta sia ad un migliore controllo intra-operatorio sia ad una ridotta morbilità per il
paziente poiché si ha un trauma ridotto, quindi un’infiammazione ridotta. Ad esempio la
piezochirurgia è di elezione per il prelievo dal mento.

Il limite è correlato al tempo: si raddoppiano rispetto alla fresa.

Tutti questi vantaggi clinici si traducono in una guarigione ossea migliore come si può notare nei
seguenti studi.

GUARIGIONE OSSEA MIGLIORE

• La guarigione ossea in seguito all’utilizzo degli ultrasuoni è più rapida grazie ad una
condizione estremamente favorevole che riduce o annulla lo stato infiammatorio osseo prima
che inizi la rigenerazione.

• A distanza di soli sette giorni dall’intervento chirurgico, si è osservata la comparsa di nuovo


tessuto osseo grazie ad una caratteristica delle superfici di taglio che sono porose e prive di
detriti, consentendo un immediato legame con la fibrina.

• Una analisi istomorfologica, su materiale osseo umano autologo, in vitro, prelevato mediante
chirurgia piezoelettrica, ha evidenziato l’assenza di effetti dannosi sulla vitalità e la
differenziazione cellulare.

• La chirurgia ossea piezoelettrica è più efficiente nella prima fase della guarigione ossea, in
quanto induce un più rapido incremento di BMP-4 e TGF-beta e una maggiore riduzione di
citochine pro-infiammatorie (es. IL-1 e IL-10).

C’è prima una fase infiammatoria, si riassorbimento, poi una fase di rimodellamento,
rigenerazione ossea. La piezochirurgia serve a ridurre la prima fase (quella infiammatoria).

Lo strumento piezoelettrico mantiene la vitalità delle cellule a livello dei frammenti ossei sezionati.

I fattori che inducono rimodellamento e rigenerazione aumentano e diminuiscono quelli pro-


infiammatori.

In Impantologia sia avrà una ultraosteointegrazione.

ULTRASUONI IN STOMATOLOGIA
INDICAZIONI PARODONTOLOGIA

Parodontologia
Ablazione del tartaro

Endodonzia
Chirurgia Resettiva

Protesi
Chirurgia Rigenerativa

Chirurgia orale
Allungamento di corona clinica (osteoplastica, osteotomia)

Implantologia
IMPLANTOLOGIA

Espansione di cresta (split crest)

CHIRURGIA ORALE
Chirurgia del seno mascellare

Estrazione dentaria
Prelievo d’osso

Chirurgia endodontica
Preparazione del sito implantare

Enucleazione di cisti

Corticotomia

Distazione ossea

Chirurgia del nervo mandibolare


57

Non vengono definite frese ma inserti


piezoelettrici.

Esistono tantissime forme:

PER OSTEOTOMIA

•Manina dritta

•Manina curva dx o sx per settori posteriori.

PER GRANDE RIALZO DEL SENO

•Inserto a trombone

PER ENDODONZIA RETROGRADA

•Retrotip

Possono avere l’estremità diamantata, con


pallina, ecc.

Ogni inserto ha il suo utilizzo.

SPLIT CREST

Introdotta da Tatum nel 1986 e modificata da


Bruschi e Scipioni nel 1994.

Indicata nei casi dove c’è una sufficiente altezza


ossea ma inadeguato spessore. In ogni caso
uno spessore di almeno 3 mm sonno
OBBLIGATORI per utilizzare questa tecnica.

La Split Crest è una tecnica chirurgica utilizzata in


caso di creste riassorbite in senso orizzontare ma
non verticale.

Per poter mettere un impianto sono necessari 2


mm di osso versibolare e 2 mm palatali/linguali.

Se avessimo una cresta di 4 mm è impossibile utilizzare un impianto di 3mm (o un 2,75) perché


non avremmo i 2 mm vestibolari e linguali.

Si separano le due corticali (linguale e vestibolare) per poter inserire


un impianto.

Spessore minimo coronale 3 mm. sia per difficoltà nell’esecuzione


dell’intervento sia per rischio di frattura delle corticali e conseguente
necrosi.

Non è indicata per le creste a lama di coltello (spessore < 3mm)

Inoltre la cresta alveolare deve slargarsi apicalmente altrimenti


non avremmo stabilità apicale nell’inserimento dell’impianto.

TECNICA

Si crea una frattura a legno verde: si separano le due corticali ma


restano unite con tralicci connettivali. Importante che il periostio sia adeso alle corticali per evitare
che queste vadano in necrosi. Altra complicanza è il riassorbimento della corticale vestibolare
splittata.

Incisione a spesso parziale per preservare il periostio sull’osso. Molto spesso però la pressione
della fisiologica scolla il periostio.

Si effettua poi le osteotomie:

• un’incisione in cresta preservando l’osso dei denti adiacenti

• incisione mesiale

• incisione distale

Quando effettuiamo le osteotomie, il piezoelettrico non va usato di continuo ma bisogna


assicurarsi il sanguinamento.

La lunghezza in altezza delle ostotomie dipende dall’impianto che dobbiamo utilizzare sempre più
corte (di 2-3 mm) della lunghezza dell’impianto.

Dopo si inserisce uno scalpellino da osso nell’osteotomia in cresta e si separano le corticali.

Di solito si inserisce simultaneamente l’impianto oppure si fa la Split Crest, si attende la


guarigione e poi si posiziona l’impianto.

Se si applica simultaneamente l’impianto si mette la vite tappo (non quella di guarigione) e si


sutura.

58

Negli spazi vuoti, lasciando il periostio sull’osso e non interrompendo completamente la continuità
delle due corticali si forma il coagulo e successivamente il callo osseo.

Altri autori ritengono che, per preservare il riassorbimento della corticale vestibolari, bisogna
posizionare osso autologo od eterologo, di osso particolato.

Si preleva osso, si macina e si può aggiungere a PRP, PRF,

Per l’APICECTOMIA, il piezo può servire sia per preparare la breccia d’osso (e richiede più tempo)
sia per la preparazione della radice con retrotip.

Il piezo è di elezione per il PRELIEVO DI BRANCA dal ramo per preservare il


nervo.

Stessa cosa per il PRELIEVO DAL MENTO. L’immagine di lato è errata


perché si devono effettuare due tasselli mesiali e distali al ponte osseo
centrale che viene quindi preservato. Nel prelievo dal mento la motilità del pz
è molto ridotta.

Nell’ESTRAZIONE DEI DENTI INCLUSI il piezo può essere utilizzato solo se


ci sono strutture importanti vicine, altresì conviene rifarsi all’utilizzo di frese
per la breccia ossea.

Nell’ODONTOTOMIA se il dente è supervicino al canale mb la faccio con il piezoelettrico. I tempi


saranno ancora più lunghi rispetto al taglio dell’osso.

Possono essere utilizzati anche nella CHIRURGIA ORTOGNATICA nei casi di Lefort1 (le linee
osteotomiche possono essere fatte coi piezo), o nella NEUROCHIRURGIA DEL NERVO
MANDIBOLARE.

Per le CISTI il piezo è lo strumento di elezione per scollarla solo se ci troviamo in corrispondenza
di strutture nobili (es. cisti del seno mascellare o vicina al canale mandibolare).

Indicazione assoluta è per il SINUS LIFT.

Si tratta di una tecnica chirurgica che si utilizza laddove, nei settori posteriori mascellari, non è
disponibile un’ adeguata altezza per il posizionamento implantare. Questa mancanza di spazio
può essere dovuta a 2 problemi:

• Perdita dentaria e mancanza di pneumatizzazione del seno mascellare, con abbassamento del
pavimento dello stesso

• Riassorbimento della cresta alveolare

Per fare il Grande Rialzo del seno è necessario che non ci sia eccessivo riassorbimento crestale,
altresì saranno necessari innesti onlay per aumentarne l’altezza.

In base all’altezza crestale residua possiamo scegliere diversi tipi di trattamento:

1) Se ci troviamo in presenza di un’altezza ideale è possibile inserire l’impianto contestualmente.

2) Tra i 4 e gli 8 mm di cresta residua si predilige intervento di Mini rialzo del seno mascellare il
quale si effettua per via crestale (no botola laterale)

3) il Grande rialzo si fa in caso di altezza ossea inferiore ai 4 mm: qui si parla di approccio laterale
che interessa la parete anterolaterale del seno mascellare, punto d’accesso per fare il grande
rialzo.

59

GRANDE RIALZO DEL SENO MASCELLARE

Intervento che consiste nello scollamento di un lembo a


spessore totale e creazione di una botola ossea a livello
della parete anterolaterale del seno mascellare per
consentire il rialzo del seno. Il lembo ha disegno
triangolare preferibilmente, con incisione mesiale
(dipende dall’estensione della botola. Per evitare troppa
tensione si potrebbe anche fare un taglio di rilascio
distale).

Oggi questa botola non si fa più con angoli vivi che


potrebbero creare deiscenze sul lembo, bensì con
angoli più arrotondati: grazie al piezo il taglio è selettivo

per il tessuto duro (osso) infatti i tessuti molli non sono


danneggiati, in quanto il prinicipio è che l’efficacia del
taglio dipende dalla viscosità del tessuto.

Dopo l’osteotomia, appena la botola inizia ad essere appena mobile (mobilità non eccessiva in
quanto la membrana deve essere integra e ancora adesa al frammento: se mobile sospetto
rottura membrana) si utilizza l’inserto a trombone per scollare man mano la membrana dalle
pareti ossee, inserendolo per tutto il perimetro della botola.

Una volta scollata la membrana questa botola è molto mobile: potremo quindi mobilizzarla
portandola all’interno del seno mascellare e ribaltarla.

Ribaltandola, questo tassello osseo diventerà il nuovo pavimento del seno mascellare e
portandolo in una posizione più coronale (credo volesse dire apicale) effettueremo il nostro rialzo
del seno.

Al di sotto di questo tassello si inserirà del biomateriale autologo/eterologo o anche nulla, a patto
che per quanto riguarda quest’ultimo caso si mettano impianti contestualmente per garantire il
mantenimento di spazio ed il riformarsi di osso (questo è possibile farlo quando lo spessore osseo
residuo non è deficitario).

L’apice implantare verrà quindi posizionato sotto al tassello, mentre con degli scollatori
manteniamo il tassello stesso per controllare che l’impianto vada a sorreggere la botola senza
danneggiarla, fermandoci appena l’impianto tocca lo strumento.

Per quanto riguarda i materiali da innesto quello che presenta i migliori livelli di predicibilità è
l’osso eterologo a lento riassorbimento, ovvero il BIOSS.

Riassumendo: si crea la botola, si scolla la membrana di Schneider, si ribalta la botola all’interno


del seno, si posizionano poi gli impianti crestalmente i quali andranno a sorreggere il tassello
osseo. Si posiziona il BIOSS, si sutura e si aspetta dai 6 ai 9 mesi.

La botola può essere infine ricoperta o con una membrana riassorbibile o con una membrana in
PRF (Platanet Rich Fibrin) oppure con il periostio direttamente.

MINI RIALZO
Incisione in cresta con un taglio di rilascio, creazione del sito implantare, dopodichè si ricorre a
diverse tecniche che permettono attraverso quest’accesso crestale di ottenere un rialzo del seno
mascellare. Tra le varie:

1) Si utilizzano strumenti per scollare la membrana per via crestale es. osteotomi e martelli, che
vanno a creare una frammentazione interna dell’osso che sarà responsabile del successivo
sollevamento membrana.

2) Con strumenti idraulici si sfrutta la pressione dell’acqua che fa scollare la membrana verso
l’alto. Di quanto può essere sollevata la membrana del seno dipende dall’ostio ad antrum, che
però non va mai obliterato. La valutazione della TC è essenziale. (Ostio=Passaggio tra cavità
nasale e seno mascellare, in genere sito ad 1/3 della lunghezza del seno se ho capito bene)Le
sezioni assiali vanno sempre controllate! In quanto potrebbero esserci dei recessi ossei che
impediscono lo scollamento della membrana e anzichè fare 1 botola bisognerebbe farne 2,
una mesiale e una distale al recesso.

60

COMPLICANZE CHIRURGICHE:

• Sinusite;

• Danno anastomosi Alveolo-antrale;

• Danno alla membrana di Schneider ;

• Riassorbimento eccessivo del biomateriale che deve


guidare guarigione ossea, tale da poter impedire il
posizionamento dell’impianto entro i 9 mesi (necessario
più tempo)

Anastomosi alveolare-antrale: anastomosi creata dall’arteria infraorbitaria e dall’arteria alveolare


posteriore. Nella maggioranza dei casi quest’anastomosi è extraossea, quindi non da problemi in
quanto viene contenuta nel lembo. Quando è intraossea invece potremmo danneggiarla con i
nostri strumenti ed il sangue zampilla. In questo caso bisogna intervenire bloccando la fuoriuscita
con colpi di martelletto e con cucchiaio alveolare tramite la sua parte convessa, sfruttando
biomateriale che ci obliteriamo al di sopra. (NB. dalla TC l’anastomosi si vede! Appare come un
foro sulla parete anterolaterale del seno)

[Il metronidazolo è uno degli antibiotici di elezione per le infezioni del seno mascellare e potrebbe
essere inserito in combinazione al biomateriale da innesto per prevenire eventuali infezioni]

Danno alla membrana di Schneider


Malauguratamente se viene danneggiata bisogna fermarsi in corso d’opera, altresì il materiale da
innesto finirebbe inevitabilmente all’interno del seno. Occorre annullare l’intervento ed effettuare
chiusura del tutto con guarigione, che nel caso della membrana di Schneider avviene in 6 mesi.

N.B. Quando creiamo la botola e scolliamo la membrana con l’inserto a trombone, conviene
sempre effettuare la Manovra di Valsalva attraverso la quale vedremo che questo tassello si
muoverà espirando a naso, chiuso grazie alla pressione negativa endosinusale che fa venire
all’infuori la membrana del seno durante la respirazione. Se è danneggiata invece si avvertirà
fuoriuscita dell’aria oltre a mancato movimento del tassello.

Per quanto riguarda lo Split Crest abbiamo 2 complicanze:

1) il riassorbimento della corticale vestibolare

2) frattura totale della corticale quando utilizzata in caso di cresta molto sottile.

(Quando abbiamo frattura bisogna fare un pò di osteosintesi avvicinando le creste)

Preparazione del sito implantare con strumenti piezo

Tutta la chirurgia piezo in campo odontoiatrico è stata ideata da Tommaso Vercellotti agli inizi del
2000. Per quanto riguarda la preparazione del sito implantare bisogna utilizzare movimenti
dell’inserto molto delicati e ad intermittenza (…) poichè ci sono variabili della strumentazione
piezo che determinano eccessiva pressione e ridotto sanguinamento del sito quali irrigazione
interna ed effetto cavitazione. (quindi mai andare per tutta la lunghezza direttamente con l’inserto)

61

PREPARAZIONE DEL SITO IMPLANTARE

Protocollo classico

PRIMO INSERTO: IM1


Di forma conica, con superficie microdiamantata, esegue la prima perforazione, sino ad
una profondità massima di 10mm, determinando l’asse iniziale della preparazione. Il
foto prodotto che presenta una sezione conica, ha un diametro massimo di 2 mm in
corrispondenza della corticale crestale per favorire l’ingresso dell’inserto successivo di
pari diametro. Al contrario la parte più apicale della preparazione ha un diametro
ridotto di 0,6 mm

PIN DI PARALLELISMO
Strumento conico-cilindrico, viene inserito dalla parte di forma conica e serve per
controllare l’asse iniziale della preparazione

SECONDO INSERTO: IM2


Inserto di forma cilindrica caratterizzata da una corona dentata di 2 mm di diametro,
serve per creare il solco guida. Il liquido di raffreddamento che fuoriesce dall’estremità
del terminale produce l’effetto di cavitazione all’interno dell’osso.

TERZO INSERTO: PILOT 2-3 (IP2-3)


Inserto di forma tronco-conica, con superficie diamantata, serve per allargare, nello
spessore della corticale crestale, il sito implantare da 2 a 3 mm. Può essere utilizzato
anche nella spongiosa solo in presenza di alta densità ossea. La sua azione favorisce
l’ingresso dell’inserto successivo

INSERTO OT4
Inserto conico diamantato dal diametro di 2,4 mm, per eeguire, all’interno del solco guida, la
preparazione differenziale dell’alveolo chirurgico, cioè correggere l’asse o ottimizzare la
preparazione, prima dell’inserto finale.

QUARTO INSERTO: IM3


Inserto di forma cilindrica, caratterizzato da una corona dentata del diametro di 3
mm, con al centro, il foro di uscita del liquido di raffreddamento. La doppia irrigazione
interna aumenta l’effetto cavitazionale nel sito implantare. L’impiego dell’inserto IM3, nel
solco guida da 2 mm, allarga quest’ultimo a 3 mm di diametro e finalizza la preparazione
del sito implantare nella spongiosa per impianti di circa 4 mm di diametro.

QUINTO INSERTO: PILOT 3-4 (IP3-4)


Di forma tronco-conica, con superficie diamantata, serve per allargare il sito implantare da
3 a 4 mm quando lo spessore della corticale crestale è superiore al mm. Può essere
utilizzato in alternativa alla maschiatura tradizionale della sola corticale.

62

Per concludere
Con la strumentazione piezo si parla di
guarigione ossea migliore. stato
infiammatorio minore ed
ULTRAOSTEOINTEGRAZIONE: la stabilità
primaria sarebbe ridotta con la fresa mentre
riducendo la flogosi conseguente alla
strumentazione con il piezo se ne perde
meno.

Inoltre il picco della curva (passaggio tra


stabilità primaria e secondaria) avviene
prima.

ULTRASUONI vs PUNTE CHIRURGICHE


Facile da usare;
E’ necessario più tempo
Più sicuro per le strutture anatomiche
La separazione dei denti è più difficile

CONCLUSIONI
Sicurezza
Precisione di taglio
Taglio selettivo
Migliore Visibilità
Minore Danno per l’osso (riduzione della necrosi)
Necessario più tempo
63

IMPLANTOLOGIA Lezione 5 Prima parte 16 aprile 2018 prof. Sammartino

Io ho qualcosa come 12 milioni di cosa da fare. Dopo i successi che abbiamo avuto nel collegio dei docenti
di Roma, l’anno prossimo il collegio si farà a Napoli, e siccome io ho la nomea di essere bravo o forse di
essere il più bravo ad organizzare i congressi nazionali e internazionali, credo che sarò molto coinvolto in
questa organizzazione. E se sono molto coinvolto deve essere una cosa roboante, perché io faccio solo cose
roboanti! Nel frattempo a settembre ci sarà il congresso internazionale a napoli, quindi ho molto da fare!
(continua parlando di congressi e di pensione ma penso non sia utile all’esame, per cui vi risparmio)

Oggi parleremo degli innesti ossei, poi faremo un po’ di chirurgia guidata, stereolitografia, poi faremo GBR,
poi gli impianti post estrattivi, poi il seno mascellare, quindi abbiamo ancora molte cose da fare. Anche
perchè non state facendo ancora lezione di parodonto e protesi, allora mi anticipo io.

Oggi parliamo di che cos’è il riassorbimento alveolare e poi parleremo degli innesti ossei. Faremo un
accenno alla GBR che sarà trattata dai colleghi parodontologi.

Voi sapete che sostanzialmente noi abbiamo bisogno di ricostruire l’osso se abbiamo fatto delle estrazioni e
non abbiamo sostituito subito l’elemento estratto. Questo perché, come sapete, l’alveolo esiste in
relazione dell’elemento dentario, quindi perdendo il dente l’alveolo va incontro a riassorbimento.

Oggi si parla di impianto immediato post-estrattivo e di socket preservation.

L’impianto immediato significa che voi togliete il dente e mettete l’impianto.

La socket preservation significa che voi togliete il dente e mettete del materiale all’interno dell’alveolo per
eliminare il problema del riassorbimento.

Tutte e due le tecniche rallentano molto il riassorbimento ma non evitano totalmente il riassorbimento
post-estrattivo. Quindi le tecniche di implantologia immediata o di socket preservation servono a diminuire
talvolta molto significatamente il riassorbimento, ma non di evitarlo totalmente. Una quota di
riassorbimento la avrete comunque, è chiaro che quanto minore sarà la quota di riassorbimento, tanto
maggiore sarà il risultato che avete ottenuto.

Va detto che possiamo parlare di un approccio flap less oppure non flap less.

Flap less significa senza fare un lembo. La chirurgia flap less può essere la post estrattiva o può essere
quella attuata nel caso in cui venga da voi un paziente che ha delle condizioni ottimali, con un buon volume
di osso alla TAC ed ha una buona quota di gengiva aderente. Infatti senza questi requisiti, in particolare la
quota sostanziale di gengiva aderente, il flap less non si può fare. Quindi voi potete decidere di mettere
l’impianto direttamente per via trans mucosa o direttamente appena avete tolto il dente.

La chirurgia flap less è una chirurgia che quando si può fare va fatta, ma ci sono delle condizioni e
tecnicamente è sicuramente più difficile di quella fatta invece con l’approntamento di un lembo. Quindi ci
vogliono delle conoscenze tecniche di impostazione, di selezione del paziente e poi delle capacità tecniche
dell’operatore, perché è un’implantologia più difficile (diversamente da quanto si pensa) dato che si rischia
di fare un sacco di errori e di buttare gli impianti negli spazi laterali delle creste.
64

Quando voi fate l’estrazione, avete una guarigione dell’alveolo, avrete l’emorragia e la formazione del
coagulo. Questo è fondamentale, perché poi si stabiliscano tutte quelle fasi fisio-istologiche della
guarigione (quindi della trasformazione del coagulo in tessuto fibroso, fibro - osseo e osseo) e perchè
abbiate poi la guarigione dell’alveolo, nonostante poi inizi un riassorbimento. Entro 72 ore inizia il processo
di epitelizzazione e poi c’è il tessuto di granulazione, appunto di tipo fibroso, e inizia ad invadere il coagulo.
Quindi avete una parte epiteliale, una parte mesenchimale, che concorrono alla guarigione dell’alveolo.
Entro una settimana l’alveolo è riempito di tessuto connettivo immaturo e si comincia a fare del tessuto
osteoide. Che significa tessuto osteoide? Tessuto pre-osseo, ma che non è ancora mineralizzato. A 20 giorni
inizia la mineralizzazione del tessuto osteoide e continua il processo di epitelizzazione. Quello che è
importante fissarvi nella testa è che a 6 settimane, cioè più o meno a 40 giorni, finisce il processo di
epitelizzazione. Cioè che significa? Che voi per vedere un sito postestrattivo completamente chiuso
epiteliarizzato in maniera stabile avete bisogno di 40 giorni. Questo è importante saperlo perché poi tutte
le tecniche di GBR e di innesti ruotano intorno a questo dato dell’epitelizzazione a 40 giorni.

SLIDE – GUARIGIONE DELL’ALVEOLO POST ESTRATTIVO

1) Emorragia e formazione del coagulo


2) Entro 72 ore inizia il processo di epitelizzazione, dopo 72 ore il tessuto di granulazione comincia
ad invadere il coagulo
3) Entro una settimana l’alveolo è riempito di tessuto connettivo immaturo, un iniziale tessuto
osteoide comincia a formarsi e continua il processo di epitelizzazione
4) A 20 giorni comincia la maturazione del tessuto connettivo, la mineralizzazione del tessuto
osteoide e continua il processo di epitelizzazione
5) A 6 settimane si ottiene la maturazione del tessuto connettivo, delle trabecole ossee e la
completa epitelizzazione della ferita
6) Dopo 4-6 mesi si osserva un’ulteriore maturazione del tessuto connettivo e la mineralizzazione
dell’osso trabecolare

Ovviamente voi avrete un riassorbimento della cresta che va di pari passo a questo processo di guarigione.
E’ un processo che è legato alla legge di Wolff, cioè al fatto che venendo a mancare gli stimoli polifunzionali
l’osso si riassorbe. Come si riassorbe quest’osso post-estrattivo? Non è vero che si riassorbe prima soltanto
orizzontale e poi verticale, il riassorbimento è tridimensionale, ma è molto più spiccato orizzontalmente
rispetto a quello verticale ed è per questo, ad un certo punto, che vi ritroverete delle creste che sono
ancora abbastanza alte (ma c’è stato comunque un riassorbimento verticale), ma strette fino ad avere la
famosa lama di coltello. Quindi ripeto che non c’è solo il riassorbimento orizzontale ma anche quello
verticale, soltanto che è di minore entità.

Questo studio è del mio amico Ugo Covani con un altro mio amico Roberto Cornelini che purtroppo non c’è
più e Antonio Barone, laureato della Federico II, attuale primario della chirurgia orale e dell’implantologia
dell’università di Ginevra. Hanno fatto diversi studi in cui dicono che il riassorbimento crestale è pari al 23%
della cresta nei primi 6 mesi + un ulteriore 11% nei primi due anni. Significa oltre 1/3 nei primi due anni. Per
la verità gli ultimi lavori fatti da Lauge e Botticelli hanno dimostrato che l’entità del riassorbimento è ancora
maggiore, ma diciamo che questo è un range medio.

Quindi abbiamo già detto riassorbimento verticale e orizzontale, chiaramente succede che questo
riassorbimento se va molto avanti va a spessori inferiori ai 4 mm in senso vestibolo linguale, perchè voi
dovete ricordarvi che per mettere un impianto dovete sempre avere almeno 1,5mm da un lato e 1,5 mm
dall’altro per cui se sono tre mm, se va al disotto di 4 voi avete 1 mm a disposizione per mettere un
65

impianto, quindi al di sotto di 4 voi sicuramente non potete mettere un impianto standard, si possono
mettere altri tipi di impianto come il “narrow diameter”. Questi sono impianti stretti di cui parleremo al
congresso di settembre, dove parleremo anche delle tecniche mini invasive che sono una cosa molto
importante perché significa avere un’ alternativa di trattamento quando le condizioni non lo
consentirebbero. Questo perché non tutti i pazienti vogliono sottoporti ad interventi invasivi di ricrescita, di
ricostruzione ossea, split crest, innesti e quant’altro e quindi avere l’alternativa che ti consente comunque
di avere una riabilitazione funzionale senza fare quest’interventi. E’ una cosa importante anche perché da la
possibilità al chirurgo implantologo non specialista di poter attuare delle tecniche alternative senza dover
fare per forze delle ricostruzioni ossee.

Altezza inferiore ai 7 mm in senso corono apicale, oggi abbiamo addirittura degli impianti che sono 4 mm in
altezza e 4 mm in spessore, che si chiamano ultra short implants e che sono molto importanti perché vi
consentono di riabilitare delle creste bassissime soprattutto a livello mandibola posteriore. Ricordatevi che
nell’ambito degli interventi di implantologia in genere la zona critica è sempre la zona mandibolare
posteriore, cioè da 4 a 7 posteriore, le selle edentule mandibolari sono le zone più difficili dove si hanno più
facilmente gli insuccessi o dove si hanno più facilmente anche le complicanze tipo nervo o arteria peggio.

Perché si ha questo problema a livello della mandibola posteriore? Per due motivi. Il primo è per il tipo di
osso estremamente compatto con un deficit di vascolarizzazione, cioè quella zona è critica perché c’è un
deficit di vascolarizzazione e quando c’è un deficit di vascolarizzazione c’è un deficit di qualsiasi processo
integrativo osseo, sia esso innesti, sia esso con l’osteointegrazione dell’osso intorno all’impianto. Quindi
deficit vascolare e, in secondo luogo, uno stress biomeccanico. Perché è la zona dove si esercita
maggiormente la funzione masticatoria è proprio quella. Quindi questi due problemi concorrono a far
diventare questa la zona dove più facilmente si può avere il fallimento della terapia impiantare, la zona
critica!

E’ ovvio che quando abbiamo queste situazioni di riassorbimento abbiamo un problema; allora vi accenno
oggi la socket preservation. Perché non mettiamo un impianto immediato? Soprattutto perché manca la
stabilità primaria. Per esempio togliete un sesto superiore, questo sesto ha un alveolo di 11 mm e siete ai
limiti con il seno mascellare, allora voi potreste mettere un impianto immediato di 11,5 mm seguendo
l’altezza dell’alveolo ma non avresti stabilità primaria, perché quando metti un impianto post estrattivo, voi
dovete crearvi una stabilità primaria andando almeno 2 mm oltre l’alveolo. Se non lo potete fare perché
siete ai limiti del seno, potere decidere di fare una tecnica di socket preservation, in modo che quando sarà
guarito voi metterete un impianto standard, della lunghezza che avete, senza andarvi a cercare la stabilità
primaria aldilà. Oppure potete prendere questa scelta anche in altri casi, semplicemente per un fatto vostro
di impostazione filosofica in cui preferite agire sull’alveolo guarito con tecnica di socket preservation invece
di fare una implantologia postestrattiva, che come vedrete pone dei problemi di tecnica e della morfologia
dell’osso che vi trovate.

Allora che fare? Togliete il dente, dopo aver fatto pulizia mettete un materiale che può essere di qualsiasi
tipo, oggi viene suggerito molto il bios, cioè osso di bovino deproteinizzato, io non sono molto d’accordo
perché è un materiale riassorbibile parzialmente. Quindi è vero che vi da l’effetto della guarigione
dell’alveolo, del mantenimento del volume osseo per poi mettere l’impianto dopo 6 mesi, ma siccome
restano le particelle di questo materiale, voi quando mettete l’impianto avrete una diminuzione del Bone
Internal Contact BIC, cioè della quantità di superficie dell’impianto che è integrata con l’osso.

Voglio fermarmi su questo concetto, quando voi mettete l’impianto voi avete il fenomeno di
osteointegrazione, significa che si stabilisce un contatto intimo tra superficie impiantare e osso. Ma voi
66

credete che qual è la percentuale di osso che realmente intorno all’impianto si osteointegra? Mai il 100%
ma varia dal 60 al 90 %. Ecco perché la rugosità che si mette negli impianto ha una duplice funzione: quella
di favorire l’osteointegrazione per l’attecchimento delle cellule e quindi di favorire anche la stabilità
primaria contro lo svitamento, ma ha anche la possibilità che voi se una superficie liscia la fare tutta
mammellonata, aumentate la superficie dell’impianto, aumentando la superficie in mm quadrati
dell’impianto, avrete maggiore quantità di superficie osteointegrata e un maggiore BIC.

Io non sono molto d’accordo, preferisco materiali che siano lentamente riassorbibili, ma totalmente
riassorbibili. Chiaramente l’acido polilattico poliglicolico è un materiale estremamente biologico e
riassorbibile, ma troppo velocemente riassorbibile. Per me il beta fosfato tricalcico è un eccellente
riempitivo perché si riassorbe totalmente ma è molto lento e quindi ha caratteristiche migliori. Però è una
mia personale posizione in un panorama mondiale dove ce ne sono altre.

Cosa possiamo mettere all’interno di un alveolo postestrattivo? Osso autologo, osso omologo, osso
eterologo, materiali di sintesi, poi le proteine umane ricombinanti osteogenetiche, che sono le proteine dei
fattori di crescita.

Quando mettete questo materiale, esso rappresenta una barriera che impedisce la migrazione all’interno
del sito delle componenti sia epiteliali che connettivali, perché quando queste si invaginano all’interno,
fanno in modo che l’osso si fermi molto più basso. Quindi avrete una diminuzione della capacità
autorigenerativa dell’osso alveolare. Non solo, ma poi questo materiale rappresenta uno scaffold, una
matrice per la migrazione delle cellule osteoformative all’interno.
67

L’implantologia, che voi sapete essere nata nel 1982, alla conferenza di Toronto, dove Branemark si
presentò con questo nuovo concetto di osteointegrazione, che superava quella della fibro osteo
intergazione delle lame che si era avuta fino a quel momento, era ai principi una implantologia
osteointegrata si, ma guidata dalla morfologia dell’osso. Cioè se l’osso era riassorbito si tendeva a mettere
l’impianto che seguiva l’osso e quindi inclinato e poi veniva corretto con gli abutment. Dopodiché c’è stata
una lunga ricerca dove la sfida era mettere gli impianti in maniera corretta anche in pazienti che fossero
stati con osso riassorbito, quindi si è iniziato a parlare di rigenerazione ossea per ovviare a questo problema
della morfologia ossea. Oggi c‘è una nuova filosofia che insieme allo stato dell’arte che è sempre la
ricostruzione dell’osso per poter mettere gli impianti in modo perfetto, c’è un’altra filosofia mini invasiva
che vi consente di mettere gli impianti seguendo la morfologia residua dell’osso riassorbito. Quindi mentre
prima era concesso mettere gli impianti secondo la morfologia d’osso, poi si è detto questo è un errore, noi
dobbiamo ricostruire l’osso per mettere l’impianto bene. Oggi queste due antitesi sono diventate una
sintesi in un piano di trattamento globale dove ci sono due alternative di trattamento a seconda della
richiesta del paziente, della capacità di sottoporsi ad interventi di ricostruzione e delle capacità finanziarie
tra uno stato dell’arte della ricostruzione , degli impianti eccetera e uno stato dell’arte del compromesso
dove si mettono gli impianti inclinati.

Per cui abbiamo cominciato a parlare della implantologia protesicamente guidata, cioè era il protesista che
doveva stabilire dove e come mettere gli impianti. Se non avevate osso adeguato, dovevate ricrearlo con
una rigenerazione guidata dell’osso o con una rigenerazione guidata dei tessuti.
68

Quando voi avete una cresta voi dovete metter l’impianto in una posizione giusta. Quella da evitare è
sicuramente quella sinistra dove avrete sicuramente un problema di riassorbimento osseo. Dovete se
possibile metterla nella posizione centrale, ma ancor meglio oggi si utilizza quella a approccio palatale per
rispettare la zona critica del riassorbimento alveolare che è quella sia a livello linguale ma soprattutto a
livello palatale.

Quindi abbiamo la guided bone regeneration, gli impianti immediati, che proprio per il fatto di diminuire il
riassorbimento vengono intesi anche come possibilità di indurre una autorigenerazione nell’alveolo. Poi gli
innesti autologhi, alloplastici eccetera… Dopodiché esistono quelle tecniche alternative alle ricostruzioni
ossee, che non impiegano degli innesti o meglio possono avere dei materiali da innestare, ma non
necessariamente possono essere considerate delle tecniche alternative quali la split crst, l’osteodistrazione,
questi poi li vedremo nelle future lezioni.

Quali sono gli obbiettivi? Aumentare quantità dell’osso, aumentare qualità dell’osso, prevenendo il possibile
riassorbimento secondario e restaurare un’adatta funzione.

Dopo la conferenza del 2007 a Pisa, con la proposta fatta dalla società mediterranea, cioè da me, e dalla
società internazionale , a questi quattro obiettivi si è aggiunta la necessità di avere un risultato estetico.

Oggi voi vedrete che nella vostra pratica, l’estetica è al primo posto nella richiesta del paziente, supera la
funzione. Fatto negativo, perché significa che siamo in un mondo dove l’apparire è più importante
dell’essere, ma questa è la realtà con cui dobbiamo confrontarci. Riguardo l’estetica ognuno di voi ha un
suo pensiero sull’estetica, molti autori hanno cercato di fare, di stabilire dei parametri per l’estetica,
tendenzialmente questo è estremamente difficile se non impossibile. I fratelli Magna avevano fatto questa
serie di parametri che però non erano tutti plausibili, non tutti ottenibili, non tutti controllabili. Quindi
69

diciamo che oggi ci fermiamo, ma una lezione sull’estetica la faremo in un secondo momento e ci fermiamo
sui parametri di Coils e Bessel, i quali parlano di un’armonia dei margini gengivali senza bruschi
cambiamenti di altezza e soprattutto della presenza delle papille interdentali, con la chiusura dello spazio
interdentale e il mantenimento della convessità delle arcate. Ecco perché quando abbiamo parlato dei
larghi diametri degli impianti, il largo diametro non vi da la convessità, perché vi da un profilo piatto in
senso laterale del profilo d’emergenza.

Allora voi avete varie possibilità per un lembo d’accesso, dipende da quello che dovete fare.

Se dovete fare un lembo d’accesso per poi mettere un impianto e metterlo a riposo potete scegliere il
lembo d’accesso che volete. Al centro della cresta, vestibolare, palatale e poi fare il cosiddetto
portabagagli. Quando l’impianto va sotto non c’è problema.

Se invece è un impianto one stage di origine o creato, gli impianti one stage sono quelli che non hanno la
doppia, sono trans mucosi, lo mettete già sono trans mucosi ( qua non si esprime al meglio). Questo è
d’origine poi lo potete far diventare voi l’impianto che non sarebbe trans mucoso, trans mucoso. Come?
Mettendo l’impianto che andrebbe coperto e mettendoci la vite di guarigione già sopra, che esce fuori dalla
gengiva, quindi è un impianto che in origine non era one stage ma che lo create voi con questa tecnica di
mettere subito la vite di guarigione. Tra parentesi è quello che io faccio quasi sempre. E’ ovvio che quindi
non avrete grossi problemi quando fate questo lembo d’accesso.

Vediamo questa parte dove a destra vedete che c’è bisogno di fare una “since slip”, nell’immagine che
avete a sinistra si possono mettere degli impianti. In questo caso a destra devo fare un lembo per scoprire e
fare rialzo di seno e aumento laterale dell’osso per cui faccio un taglio crestale ma leggermente palatale,
dopodiché scopro, vedete il fatto che c’è un riassorbimento anche della trasversalità, quindi devo fare un
rialzo del seno ma anche l’aumento laterale di cresta. A quest’epoca facevamo i rialzi del seno con le frese,
oggi lo facciamo con la piezo, per la verità quando voglio fare presto continuo a farlo con le frese, è ovvio
però che con le frese avete più possibilità e quindi facciamo il rialzo di seno, mettiamo il materiale misto
con materiale prelevato con il bone scraper che è il grattino dell’osso e dopo di che riempiamo il seno,
posizioniamo gli impianti e a questo punto dobbiamo anche aumentare la trasversalità perché se no fate
come me al primo rialzo del seno fatto in vita mia nel 1993, 25 anni fa, dove feci un eccellente rialzo del
seno verticale ma feci l’errore di non aumentare da un punto di visto trasversale. Quindi è vero che avevo
creato 15 mm di osso, avevo creato quindi l’altezza, ma avevo problemi a mettere l’impianto perché era
troppo stretto per cui questo è un errore. Per evitare questo errore in quest’altro caso si aumenta anche
vestibolarmente mettendo una membrana riassorbibile anche se ricordate che secondo me ( non tutti sono
d’accordo) quando dovete fare un rialzo della dimensione ossea verticale ci vogliono le membrane
irriassorbibili, quando dovete fare rialzi orizzontali si possono usare le membrane riassorbibili. Non vi fate
prendere in giro dalle case d’implantologia e di ricostruzioni ossee quando vi dicono questa è una nuova
membrana riassorbibile che ha una durata di 6 mesi. E’ una grandissima cazzata e quindi voi facendo
vedere che siete gente che capite dite “lei mi sta prendendo in giro”. La membrana riassorbibile che loro
dicono, mentre prima si riassorbiva facilmente subito, ora con questo nuovo modo di farla a doppia
tessitura sono membrane che resistono di più e quindi hanno un loro potenziale di favorire la risostruzione,
la GBR ecc, ma quando vi dicono 6 mesi è una grande stupidaggine perché significa che da un punto di vista
istologico quando voi andate a prendere quella zona troverete ancora qualche traccia non riassorbita di
membrana. Quindi è vero che resiste nel tempo, ma ha perso la sua funzione di membrana
semipermeabile, cioè non è che fino a 6 mesi ha ancora la funzione, la funzione di membrana riassorbibile
si esaurisce realmente nel primo mese. Quindi è una protezione che va bene per un rialzo orizzontale
70

dell’osso ma non per un rialzo verticale. Questo viene poi suturato completamente e questi son gli impianti
messi con il rialzo del seno. Dall’altro lato dove io non devo fare nessuna ricrescita devo mettere gli
impianti che sono trans mucosi. Se devo mettere gli impianti trans mucosi, quindi devo fare l’inserimento in
cresta o se devo mettere degli impianti che non sarebbero trans mucosi ma li voglio rendere io tali
mettendo la vite di guarigione, ho bisogno quando faccio il lembo per aprire e per andare a fare
l’implantologia, di preparare il lembo d’accesso per la plastica che io devo fare intorno agli impianti. Cioè
devo valutare la gengiva aderente, devo fare un intervento che mi consenta di avere una gengiva aderente
anche vestibolare e palatale o vestibolare e linguale se parliamo di giù, e che si adatti bene intorno agli
impianti. Quindi il taglio prima sarà in seguito ad aver deciso come mettere gli impianti in modo da avere
poi una plastica della gengiva perfetta intorno agli impianti perché poi altrimenti farlo in un secondo
momento è difficilissimo. Quindi abbiamo fatto il taglio in cresta, abbiamo messo gli impianti che sono
trans mucosi. Vedete che abbiamo tagliato leggermente pala talmente per spostare la gengiva aderente
vestibolarmente e vedete come l’abbiamo adattata la gengiva aderente intorno agli impianti facendo una
plastica della gengiva aderente intorno agli impianti. Dall’altro lato dovevamo scoprire l’altro impianto del
rialzo di seno, a questo punto facciamo un tipo di lembo per scoprirlo che ci consenta di spostare la gengiva
aderente vestibolarmente e c’è questo disegno di lembo in modo che poi sposto la gengiva aderente
intorno all’impianto che abbiamo scoperto. In modo da avere questa integrazione dei tessuti intorno
all’impianto con una gengiva aderente importante.

Vedete che è diminuita la quantità di rialzo di seno rispetto all’inizio, all’interno? E’ arrivato fino all’apice
dell’impianto, perché se voi avete fatto un corretto rialzo del seno e quindi la funzione del seno è
mantenuta, la funzione pneumatica che ha il seno durante la respirazione tende a spingere verso il basso
l’innesto che avete fatto per cui a quel punto l’osso che era al di sotto dell’impianto è stato spinto e
riassorbito, si è fermato solo quando ha trovato l’impianto che fungeva da stop per quanto riguardava
l’attività pneumatica del seno. Dall’altro lato vedete che avendo fatto una bella plastica quando abbiamo
messo gli impianti sono già perfettamente guariti con la gengiva aderente intorno agli impianti. Poi le fasi
protesiche e guardate il risultato che è molto molto buono. Guardate come ci stanno le papille che hanno
chiuso completamente gli spazi interdentali, quale quantità di gengiva aderente, quale profilo possiamo
ottenere.

Qual è il gold standard per quel che riagurda le rigenerazioni, quindi GBR ma anche innesti? Evidentemente
il gold standard è l’osso autologo, l’osso del paziente stesso. Per la verità non è l’osso autologo da solo ma il
gold standard reale nella GBR ma così come negli innesti è l’associazione tra osso del paziente e materiale
sintetico. Perché l’osso del paziente ha le caratteristiche di osteoconduzione, osteoinduzione,
biocompatibilità. Quindi l’osso auto trapiantato è il migliore, ma l’associazione con un materiale sintetico
ne diminuisce la possibilità di un riassorbimento secondario. Significa che voi prendete l’osso da una parte
intraorale, extraorale, lo mettete la o particolato come GBR o a innesto, voi avrete dopo un certo periodo di
tempo una quota di quest’osso che si riassorbe. Essa varia con le percentuali a seconda dell’innesto che
avete fatto. Se invece lo coprite o lo mischiate con un materiale sintetico, questo diminuisce il
riassorbimento secondario dell’innesto. Ecco perché per me e per moltissimo nel mondo oggi il gold
standard è osso autologo più materiale da innesto sintetico. Abbiamo l’osso di banca, l’osso da cadavere
che oggi in italia è difficilissimo da utilizzare, ci sono delle direttive specifiche. Io l’ho usato tanto avendo dei
buoni risultati, ma anche complicanze ma soprattutto dei riassorbimenti importanti a distanza, quindi l’ho
completamente abbandonato. Poi l’osso bovino deproteinizzato tipo bios, osteobios ecc, materiali sintetici
come idrossiapatite fosfato tricalcico, acido polilattico e poliglicolico ecc ecc. i fattori biologici, le
morfoproteine e poi associazione tra i diversi materiali. Oggi come vedremo si parla anche di
emoconcentrati piastrinici.
71

Implantologia Lezione 5 parte 2 Sammartino

Oggi, come vedremo, si parla tanto di emoconcentrati piastrinici, ma questo ve lo farà il dottore Tia, che
farà una lezione intera.

Quali sono i vantaggi dell’osso autologo? ( Bone graft) La perfetta istocompatibilità, le proprietà
meccaniche e biologiche eccellenti e il riformare la vitalità dell’osso. Gli svantaggi sono che soprattutto in
un osso innestato encondrale o intramembranoso, per esempio l’osso di cresta iliaca, è un osso che si
riassorbe moltissimo, infatti bisogna mettere il 30% in più per opporci al riassorbimento.

Non crediate che oggi sappiamo già tutto per quanto riguarda gli innesti ossei ( slide open questions): Se voi
mettete 10 chirurghi in una stanza e fate a loro queste domande, non avrete una risposta univoca sulla
quasi totalità delle domande e cioè, qual è il sito donatore da preferire ( intraorale, extraorale, da anca, da
mento, zona retro molare, cranio, zona iliaca, costa, tibia); qual è il disegno del lembo che dovete fare con
un innesto osseo, qual è la tecnica di fissazione dell’innesto che dovete scegliere, sono le membrane
necessaria e se necessarie, riassorbibili o non? L’associazione tra biomateriali e innesti di osso, può
aumentare il successo? Quando posizionare gli impianti? Immediatamente quando fate la GBR, dopo
qualche mese? Quando dovete caricare gli impianti? Quanto spesso può essere l’innesto? Cioè se prendete
un innesto di 20mm, è difficile che attecchisca immediatamente e che possa essere perfuso perché talvolta
avete l’apertura, la deiscenza del lembo perché il sito del lembo non riesce a vascolarizzare tutta questa
altezza enorme dell’osso che avete innestato. Infine, come dovete fare a maneggiare l’osso o la GBR anche
da un punto di vista estetico, non solo funzionale, perché è quello che vi viene chiesto dal paziente.
72

Questi sono i siti intraorali ed extraorali che utilizziamo nella nostra scuola e cioè la sinfisi mandibolare, il
ramo mandibolare, la regione retro molare ed il tuber maxillae ( intraorali). Per gli extraorali sono la cresta
iliaca, di cui abbiamo oltre 350 casi, calvaria, di cui abbiamo pochi casi perché presenta complicanze, delle
persone hanno perso la vita, ma anche perché nel sud italia è difficilissimo far accettare al paziente il
prelievo di calvaria. A Verona invece ,dove il prof ha studiato, era facile effettuare tali prelievi. A Napoli,
invece, si fidano molto meno. Poi la fibula, che però viene prelevato in pazienti post oncologici.

Per ognuno di questi ci sono dei vantaggi e degli svantaggi . La sinfisi mandibolare era stata completamente
abbandonata, prima dell’introduzione della chirurgia piezoelettrica, perché con le frese avevamo dolore,
gonfiore, deiscenza del lembo, problemi parodontali….Oggi con l’utilizzo della piezo è ritornato
parzialmente in voga, tuttavia non ne potete ricavare una quantità infinita.

Il ramo mandibolare è in voga. Come si fa a fare prelievo dal ramo? Con la piezo si fa un taglio della
corticale fino alla midollare, uno verticale e due laterali e , se possibile, un invito all’interno, per separare
l’osso con lo scalpello, in modo tale da avere un osso corticale non molto spesso da poter utilizzare. Non è
una procedura facile ed è spesso fatto da solo osso corticale, senza osso midollare, però non si riassorbe e
non ha le sequele gravi che invece ha il mento.

La zona retro molare, che talvolta potete prelevare con una fresa carota, è un ottimo osso ma che ha
dimensioni estremamente limitate. E’ una procedura facile di prelievo, senza complicanze post-operazione,
ma di una quantità limitata.
73

Per quanto riguarda i prelievi extraorali, questo è un prelievo di cresta iliaca che è l’unico che vi può dare
grandi dimensioni quando ne avete bisogno, ma il problema sostanziale è il fatto che si riassorbe
moltissimo, quindi va messo in eccesso. Ricordate che gli innesti vanno messi A COMPRESSIONE: quando
prendo l’innesto ed ho la vite di fissazione, e lo fisso all’osso ricevente, devo preparare l’osso ricevente
bucando la corticale in modo che esca il sangue e possa nutrire l’innesto; poi non ci deve essere spazio tra
innesto ed osso ricevente, quindi va messo a compressione e, qualora ci sia una differenza morfologica tra
sito ricevente ed innesto, va preparato il sito ricevente in modo che l’innesto possa aderire completamente
a compressione. Terza cosa: gli angoli dell’innesto devono essere modellati, devono essere lisci, non
possono essere acuti perché potrebbero danneggiare il tessuto che lo ricopre. Quindi, o ricoprite gli spazi in
modo che non ci siano questi spigoli, o li rendiamo meno acuti.

Qui vedete un caso di ricostruzione con osso di cresta iliaca, dove notate però, intorno alla vite di
fissazione, uno spazio , significa che c’è già un riassorbimento dell’osso innestato.

Questo invece è dal perone, dalla fibula, con un peduncolo vascolare che viene attaccato alla facciale e , in
casi come questo condrosarcoma, abbiamo tolto mezza mandibola e abbiamo poi messo questa
ricostruzione. Chiaramente è un intervento molto invasivo, il paziente deve portare il gambaletto ingessato
per 1 mese e mezzo.
74

La calvaria. Questo è un intervento di 12/13 anni fa, dove abbiamo avuto dei problemi perché non
possiamo avere la stessa quantità della cresta e potete avere delle serie complicanze intra e post
operatorie, perché quando togliete una parte di cranio non c’è rigenerazione dell’osso e quindi resta una
zona di difficoltà perché è priva di osso.

Poi vedete tutta questa serie di complicanze, rare ma serie. E’ difficile , ripeto, avere questo tipo di
complicanze.

Vediamo qualche caso clinico. Quando possibile, dobbiamo fare tutto con l’autarchia cefalica, cioè
prendere tutto dal cavo orale ed in certe occasioni possiamo prendere mento e ramo anche bilaterali, come
75

in questo caso dove un paziente ha preso un palo in faccia col motorino. Aveva perso osso sia in senso
vestibolo-palatale che in senso verticale. Qui si vedono entrambi i deficit. Quindi si fa un ampio lembo,
sempre più ampio della zona, prelievo di branca, prelievo di mento, fissazione del mento e della branca per
ottenere ricostruzione, copertura con materiale sintetico per evitare riassorbimento dell’osso, membrane
riassorbibili, anche se a destra per la verità potevamo metterci una non riassorbibile per una necessità
verticale.

Questa è la situazione post-ricostruzione, vedete il materiale innestato non riassorbito, perché è stato
preso dal cavo orale e quindi non si riassorbe, il posizionamento degli impianti con una guida e vedete a
destra ed in basso una buona guarigione.

Andiamo a vedere qualche tecnica, ve le faccio vedere adesso per distinguerle dalla GBR. Questa è una
tecnica di GBR particolare e vedete che potete avere problemi di riassorbimento in zona posteriore ed una
delle tecniche di GBR, è quella di utilizzare delle viti che non affondiamo completamente, ma le lasciamo in
parte non avvitate, per creare un “effetto spazio” perché quando ci mettiamo l’appoggio sulle viti, abbiamo
lo spazio che si crea tra osso e viti (effetto tenda). Quello spazio lo riempite con del materiale in modo che
si formi l’osso. Ricapitoliamo: viti non completamente avvitate, utilizzo di membrana non riassorbibile, lo
spazio viene colmato da osso del paziente grattato con un grattino e Bios, in questo caso, viene appoggiata
la membrana che fa effetto tenda, una sutura senza tensione, quindi bisogna bene allungare i lembi.
Questa si chiama GBR. Viene tolta la membrana e gli impianti vengono messi perfettamente. Vedete la
distanza dal canale e l’osso rigenerato.

Il problema è che per essere onesti, questa tecnica funziona, ma sempre no. E’ legata all’operatore e non è
totalmente predicibile, quindi è meravigliosa quando funziona, ma non sempre funziona.
76

Questo è un altro caso di doppio prelievo di mento ed anche qui, grazie alla rigenerazione. È stato fatto in
modo da poter mettere impianti in maniera corretta.

Questa è la tecnica che mi piace di più, ma è la più difficile, si chiama tecnica del sandwich. Quando avete
una mandibola con 5/6 mm di osso, potete fare questa tecnica. Fate il taglio orizzontale e scheletrizzate
lateralmente lasciando la parte superiore adesa, quindi la gengiva adesa all’osso crestale. Staccate quella
parte superiore dell’osso di 4mm con la gengiva adesa, cioè ho fatto questo taglio orizzontale, ho lasciato
questa parte crestale attaccata all’osso, dopodiché taglio qui al di sotto dell’attacco gengivale, prendo un
blocco di materiale ,lo innesto facendo alzare l’osso e la gengiva, fisso l’osso dove sta, la gengiva resta qua
con osso superiore e metto la membrana, questo è il risultato quando vado a riaprire e dove posso mettere
impianti. Si è ricreato osso in parte intermedia.

Qual è il vantaggio di questa tecnica e perché si chiama a sandwich? Che non è un onlay, ma è osso nativo
sopra e sotto, ho fatto il cassetto, e ho spostato l’osso nativo con la gengiva, quindi irrorato, verso l’alto, ho
messo il cassetto di materiale, non importa quale e questo materiale è stato irrorato dall’osso sotto e sopra
l’innesto. La tecnica sandwich è quella in assoluto che da risultati migliori, è la tecnica difficile ma
assolutamente di vostra competenza ( odontoiatri).

Domanda: Perché si mette quella fissazione tra i due…

Risposta: E se no come fai a tenerla fissa? La fissità è fondamentale, perché se si muove hai tessuto fibroso.
E’ una placchetta malleabile.

Domanda: quanti mm alziamo? Risposta: fino a 10mm, che è tanto.


77

L’estetica è molto importante. (slide estetica con statua).

Questo è un caso che faccio sempre vedere perché è di un vostro collega che si laureò con una tesi sul suo
caso. Aveva una sindrome di faccia corta con uno schiacciamento del profilo e quindi abbiamo fatto doppio
avanzamento mandibolo-mascellare allungando anche il terzo medio, mettendo cresta iliaca per allungare
il mascellare. Guardate il risultato prima e dopo e come si è trasformato.

Questa era la sua fidanzata, che invece aveva una long face, la quale vedendo il fidanzato, per paura di
perderlo, cosa che succedeva spesso in questi casi, ha chiesto di fare un intervento di tipo diverso.
Accorciare il viso, non male come risultato. Se fanno un figlio probabilmente vengono “normali”,via di
mezzo.

(Ho abbandonato questo tipo di chirurgia perché intorno a me ho solo odontoiatri).


78

Qui vedete come nei grandi riassorbimenti si modificano le basi ossee, ma si modificano anche i tessuti
molli assumendo aspetto vecchieggiante e c’è una diminuzione dei rapporti nella faccia. Normalmente
dovrebbe essere 40 il terzo medio, 60 terzo inferiore. Quando fate estrazione avete un riassorbimento
osseo che è centripeto al mascellare e centrifugo alla mandibola, e quindi questo vi crea una terza classe
anche in chi aveva una prima classe e avete una diminuzione dell’altezza facciale, con 50 e 50 e non più 40
e 60. Non solo, avrete anche una superficializzazione delle inserzioni muscolari, quindi quando tentate di
fare protesi mobile, questa verrà dislocata dai muscoli.

Guardate questo caso di riassorbimento mandibolare dove è rimasto solo osso basale. Qui apriamo tutto e
prendiamo osso dalla cresta iliaca, lo modelliamo, lo inseriamo a compressione sulla mandibola, riempiamo
gli spazi tra i vari innesti con la midollare e guardate che inclinazione gli abbiamo dato, inclinazione verso
l’interno: significa che va al contrario di come si è riassorbito l’osso. L’osso si è riassorbito centrifugo,
l’innesto lo metto nell’altro senso, in modo da recuperare la classe originaria. Mettiamo osso, facciamo una
79

limatina , sutura, quando riapriamo abbiamo gli impianti scoperti con una gengiva aderente, la
protesizzazione, caso finale…( va molto veloce con le immagini, non ci sono foto).

Vedete un anno dopo il carico, nei siti che non avevo trattato, cioè questi posteriori, si ha avuto un
aumento della qualità e dello spessore dell’osso perché abbiamo restaurato la posizione. Questo è il
cambiamento del profilo della signora.

Questo è un altro caso di schiacciamento dovuto a riassorbimento terribile. Abbiamo fatto prelievo di
cranio e tecnica sandwich in zona anteriore mandibolare. Questo è quando abbiamo messo impianti e
questo è un follow up a 9 anni. Vedete quando l’estetica quanto sia migliorata con la riposizione ossea,
oltre che alla funzione. Anche qui, nei siti non trattati è aumentata la quantità e la qualità dell’osso, cosa
che abbiamo visto anche con tecnica dell’ all on four( di cui parleremo in futuro). La chiamiamo self
regeneration function, ovvero dovuto alla funzione.

Qui vediamo split crest, di cui vi ha parlato la dottoressa Gasparro, per cui non ne riparlo.
80

L’osteodistrazione, che era quella di tagliare una parte d’osso, legarla ad un apparecchio in bocca, attivata
ogni tanto per farla scivolare verso l’alto in modo che all’interno si facesse l’osso. E’ una tecnica che
abbiamo fatto pochissime volte perché il paziente tiene questa cosa in bocca esterna. Guardate come era
sottile e grazie alla split crest prima e poi attivata grazie ad un apparecchio si è allargata per metterci
impianti…

Questo è un doppio prelievo di cresta iliaca, ma ve ne parlo un’altra volta. ( immagini non pervenute).

Vi faccio vedere quest’ultimo caso con video successivo: qui l’osso c’è, ma la paziente ha una
parodontopatia gravissima e quindi ha perso tutti i denti; l’osso c’è, quindi potreste togliere i denti e
81

mettere impianti. Il problema qual è? ( Diamo una serie di risposte sbagliate). La paziente ha una 3 classe
scheletrica, con mandibola molto più avanti del mascellare, se voi mettete impianti, cosa avrete? Se metto
gli impianti qua ( credo inferiormente) come faccio ad avere una corretta occlusione con impianti messi qua
( superiormente) ? Dovrò fare un’estensione della protesi vestibolare per poter chiudere co