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Paolo Dellino

ANALISI DI OP. 27 VARIATIONEN (1936), ANTON WEBERN

I MOVIMENTO
Il primo movimento ha una struttura ABA’ secondo quanto segue:

• A batt. 1/18;

• B batt. 19/36 (diviso a sua volta in a, b, a’);

• A’ batt 37/54.

Ogni serie viene esposta parallelamente tra mano destra e sinistra assieme al suo retrogrado, con
cui condivide anche il grado di trasposizione seguendo il seguente schema:

A B A’
Mano dx R8 RI8 O8 RI8 RI1 O2 RI6 O7 RI11 O0 O0 I0 RI5 O5

Mano sx O8 I8 R8 I8 I1 R2 I6 R7 I11 R0 R0 RI0 I5 R5

Come è possibile notare, la serie con grado di trasposizione 0 viene esposta solo appena prima
della ripresa A’, quindi ben oltre la metà del brano. Questo sembra alludere ad un intento specifico
del compositore, non solo in questo I movimento ma bensì in tutte le sue Variationen. Se infatti
sarebbe più atteso un tipo di composizioni il cui processo compositivo tende ad infittirsi secondo
una climax ascendente, ecco che con questo I movimento Webern sembra partire all’esatto
opposto. I fitti intrecci contrappuntistici e la poliedricità con cui Webern organizza l’esposizione e
la concatenazione delle serie rende infatti questo lavoro frutto di un processo di labor limae
finemente studiato, come dimostrato ad esempio dall’inserimento di numerosi assi di simmetria.

L’utilizzo degli assi di simmetria occupa un ruolo decisivo nel modo di presentare le varie serie. Ad
esempio la pausa di sedicesimo posta centralmente a battuta 4 divide i due sol#, entrambi le note
6 della serie weberniana, grazie al fatto che proprio con quella pausa le due mani si scambiano
secondo una forma a chiasmo l’esposizione rimanente di ciascuna serie: osservando lo

specchietto, a seguito di questo asse di simmetria ora sarà la mano sinistra a completare la serie
O8 e quella destra la serie R8.

R8 O8

O8 Asse di simmetria R8

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La scelta di far avvenire questo trucco “giocolieristico” proprio in questo punto preciso della serie
non è casuale: tra la sesta e la settimana nota della serie vi è infatti una distanza di tritono,
intervallo anch’esso speculare che divide le note della serie in due gruppi esatti di 6 note.

Troviamo un altro asse di simmetria a battuta 9, appena prima che, col chiudersi di battuta 10,
Webern abbia già esposto tutte e 4 le varianti della serie. Proprio in quel punto le due serie
trovano nel sib della mano destra e nel sol naturale della mano sinistra rispettivamente le note
numero 8 e 9 della propria serie. Una nota sola può infatti rappresentare lo stesso numero
all’interno di due serie diverse oppure, come vedremo più avanti, anche uno diverso, conferendole
un’identità, per così dire, cangiante a seconda dei casi.

Ancora una volta Webern ci stupisce con il suo processo originalissimo con cui organizza gli assi
di simmetria. A battuta 13 l’asse di simmetria non coincide con una nota e nemmeno con una
pausa, ma in uno “spazio indefinito” posto all’interno della battuta, andando così ben oltre i
“segni” di notazione musicale.

Giungiamo quindi alla sezione B, momento in cui il componimento si fa più articolato nel range
dinamico, con accenti marcati, ritmi concitati e uso frequente dei ribattuti, troviamo a battuta 31
(mano sinistra) e 33 (mano destra) altri due assi di simmetria rispettivamente sul sol naturale e sul
fa naturale, i quale occupano anch’essi il numero 6 all’interno della serie centrale, momento come
già visto fortemente simmetrico all’interno della serie dodecafonica grazie all’uso dell’intervallo di
tritono.

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In conclusione questo I movimento sembra volerci far


riflettere sul tema dell’identità nella sua vera essenza. Le La serie weberniana
note possono infatti avere diversi valori all’interno delle
serie, a volte ricoprirne anche più di uno, essere esse Come già accennato, la scelta delle
stesse il principio che crea uno “specchio" (cfr. tritono nella 12 note all’interno di una serie non è
serie weberniana) che possa alterare l’identità delle altre casuale, ma risponde a specifiche
note che le circondano (asse di simmetria) ben oltre la esigenze del compositore, legate
scontata enunciazione del totale cromatico dettato dalla soprattutto ai rapporti intervallari tra
serie. Ben oltre anche il sistema in cui vengono esposte di esse.

fatto anch’esso di due realtà non coincidenti (esposizione La centralità del tritono fra 6 e 7
contemporanea di una serie e il suo retrogrado), ma pur porta ad una chiaro riferimento di
sempre vincolate da un legame simbiotico senza cui l’una specchi e simmetrie che troviamo
non potrebbe esistere se non grazie all’altra, una lotta esposte nel I movimento. Un’altra
infinita fra opposti, in una visione ossimorica comune importante somiglianza la troviamo
quanto essenzialmente vitale.
troviamo nei salti intervallari 3M e ST
discendente e 3M e ST ascendente,
che conferisce grande varietà alla
serie scelta da Webern nell’op.27.

II MOVIMENTO
O→ ←R
Nel secondo movimento troviamo invece una struttura AB
le cui sezioni sono evidentemente limitate dai ritornelli. Una
semplicità che ben si conia con l’effimera rapidità con cui il
brano va eseguito. Una pregnanza che si fa più minimalista
(processo che si compirà nel III movimento) e frammentata
ma allo stesso tempo affilata ed originale. Ogni sezione
vede l’esposizione di 4 serie, 2 per la mano destra e due I→ ←RI
per la mano sinistra

A B
Mano dx R0 R7 RI10 RI7

Mano sx RI0 RI5 R2 R5

La struttura, gli intrecci e il tessuto armonico sono decisamente più asciutti rispetto al I
movimento e questo porta ovviamente ad un conseguente semplicità espositiva delle serie. Non
troviamo serie originali o invertite ma solo retrograde. Anche i valori delle note creano più
omogeneità, alternandosi all’interno della composizione tra quelli ben più frequenti degli ottavi e
quelli sparsi dei quarti, tra l’altro spesso esposti a distanza metrica molto ravvicinata. Fino a qui
sembrerebbe un brano alquanto semplice. Ma come dicevamo prima, l’attenzione sta nei dettagli
che Webern inserisce all’interno delle sue composizioni.

Ad esempio il primo sib che da avvio al brano è posto alla medesima ottava di tutti i sib che
vediamo comparire alle battute 5, 11 e 22, quest’ultimo è posto proprio all’ultima battuta.

Questo processo è noto come polarizzazione, ovvero presentare le note solamente a specifiche
altezze più o meno frequentemente, come vediamo nelle battute 1, 9, 13 e 19 avvenire con il la (e
come avviene anche per le note do, do#, fa, fa# e sol#).

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In questa maniera Webern sembra voler, per così dire, infrangere una regola dodecafonica
secondo cui una nota prima di esser ribattuta deve lasciar spazio all’esposizione delle altre 11 del
totale cromatico secondo la serie scelta dal compositore, e abbiamo già notato nel I movimento
come le regole stessero strette al compositore. Così facendo Webern compie un passo decisivo
che gli consente di “modellare” quasi come argilla l’esposizione della sua serie, rendendola
materiale plastico nelle mani di un artigiano.

Da segnalare anche l’utilizzo delle dinamiche, che vediamo comparire solo nel p, f e ff. Ogni
cambio di dinamica viene fatto coincidere ogni coppia di note, creando una fitta “texture” (parola
che ci tornerà utile più avanti con l’opera di György Ligeti) di espressione sonora. Ancora una
volta Webern sembra portare la musica in tutte le sue declinazioni in dimensioni che vanno oltre il
semplice concetto di tonalità e anche di mera scrittura. Il brano sembra parlarci chiaro, non ci
sono indicazioni del tempo (rit., tempo) come invece abbiamo visto essere molto fitte nel I
movimento e che a partire dal romanticismo anticipavano una variazione creando così un forte
senso di aspettativa nell’ascoltatore, e questo fa si che esso scorra rapido, quasi come a non farci
voler comprendere la sua vera natura, un’epifania che va al di là della comprensione umana, della
fredda musica scritta.

Da sottolineare inoltre l’utilizzo delle pause. Com’è facile notare esse sembrano seguire un gioco
fortemente imitativo delle note suonate grazie all’alternanza dei valori di semiminima e croma, e
questo è un messaggio molto chiaro da parte di Webern che ne rivendica così fortemente la loro
identità quasi da far diventare anch’esse plastiche, come il materiale dentro cui l’artista ha saputo
scavare creando per differenza e assenza del materiale stesso un’opera d’arte. Anche in questo
punto Webern garantisce una dignità al proprio componimento degno di un vero genio.

Ancora, l’attenzione riservata al campo armonico. Come già notato (I movimento), durante
l’esposizione della serie, non contava a quale precisa ottava ciascuna nota della serie
dodecafonica fosse posta -generando una sorta di effetto prisma nell’identità della nota stessa- e
laddove invece si verificasse una particolare attenzione alla ripetizione di una nota posta ad una
specifica ottava quale fosse il valore di questa polarizzazione (II movimento). Ad un primo ascolto
l’aspetto che è più facile notare è proprio quello dell’alternanza fra grandi salti intervallari posti tra
le note e “grappoli” ravvicinati di tricordi crea un gioco simile a quello del mantice di una
fisarmonica. Non va dimenticato infatti che uno dei concetti chiave all’interno della dodecafonia è
proprio quello legato agli intervalli a cui il compositore pone le diverse note del totale cromatico
all’interno della propria serie.

III MOVIMENTO
Questo ultimo movimento consta di un soggetto e 5 successive variazioni e, a differenza dei due
precedenti, entrambe le mani concorrono nell’esposizione di ciascuna serie. Non ci serviremo
dunque di uno schema che segue una divisione di mano destra e sinistra ma secondo quanto
segue:

• Soggetto

Da battuta 1 al mib di battuta 12, vengono esposte le serie O, I e R. Per la prima volta in tutti e tre
i movimenti troviamo l’esposizione della serie O con grado di trasposizione 0 posta proprio

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all’inizio del componimento, che si presenta molto più arido e asciutto. Le note sono singole e il
coesistere di due note avviene solo in presenza di una legatura di valori fino alla battuta 11, dove
vediamo comparire il primo bicordo. Lo studio della verticalità avrà un ruolo chiave all’interno di
questo III movimento.

• Variazione 1

Dal mi naturale di battuta 12 fino al primo do centrale di battuta 23, vengono esposte le serie O1,
RI, O, RI1, RI7, RI1 E RI5. La struttura armonica comincia ad infittirsi a partire dal primo ricordo di
fine battuta 14. Da segnalare è l’utilizzo dei bicordi costruiti con note a distanza di semitono,
come se nel suo processo compositivo Webern volesse trattare in questa maniera le note che
all’interno della serie erano poste ad un semitono di distanza. Da segnalare in particolare l’uso
dell’acciaccatura proprio prima di uno di questi bicordi (ultimo esempio), anch’essa valida
nell’esposizione della serie:

Oltre a questo ritroviamo ancora una volta i ribattuti già incontrati in Webern. A battuta 19
troviamo due sol# e tra le battute 20 e 21 due re, note poste tra l’altro a distanza di tritono, altro
intervallo caro al compositore per il suo chiaro ruolo simmetrico.

Possiamo inoltre focalizzarci sui tricordi che qui vediamo comparire, fra cui tre di questi
contengono la stessa disposizione di note della serie ma posti in momenti differenti nelle battute
14, 18 e 20, ancora una volta con un preciso intento compositivo:

• Variazione 2

Dal do centrale di battuta 23 a battuta 33, vengono esposte le serie R11, R6, R1, R6, R1, I9.
Troviamo diversi ribattuti alle battute 23/24, 27 e 30/31.

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In questa variazione vediamo ancora di più accentuarsi la verticalità armonica, compaiono infatti
per la prima volta i quadricordi, anch’essi costruiti a distanza con gli stessi valori seriali:

• Variazione 3

Da battuta 33 a 42, vengono esposte le serie I9, RI9, I8, RI8 e O.

Troviamo due importanti assi di simmetria a cavallo fra le battute 35 e 36 e a battuta 40:

Da notare come i bicordi incontrati nella variazione 1 ora sembrino quasi venir disassemblati in
due note adiacenti:

Un altro elemento da segnalare è l’interessante concatenazione di ribattuti che avviene a battuta


38, scelta che consente a Webern di prolungare melodicamente l’esposizione della sua serie:

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Anche qui troviamo il richiamo ai quadricordi composti da stessi valori seriali in due battute
differenti:

• Variazione 4

Dal la naturale di battuta 43 a battuta 55, vengono esposte le serie RI11, O3, RI2, O6, RI5, O8 e
RI8.

Questo momento sembra richiamare la stessa orizzontalità con cui il componimento si era aperto
ma con un ritmo più serrato e un campo armonico sicuramente più ampio, puntellato da note
molto acute e taglienti, come il fa# di fine battuta 46, i due sol di battute 48 e 49, e i tre la di
battute 53 e 54. Le dinamiche si fanno più accese e si spingono verso sff che richiamano senza
dubbio l’attenzione dell’ascoltatore.

• Variazione 5

Da battuta 56 fino alla conclusione, vengono esposte le serie O, R, I1, RI1, R e I.

In questo punto viene nuovamente posta l’attenzione sulla verticalità armonica, come si può
notare dal frequente uso di tricordi. Da notare come proprio grazie ad essi Webern crei una fitta
trama di collegamenti fra gruppi di tricordi dallo stesso valore “semantico”, legato alla polivalenza
di una stessa nota valevole contemporaneamente per due serie diverse, giochi di specchi nei
valori seriali o semplicemente accordi che contengano stessi valori seriali:

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