maggiori. Il perché è presto detto: se non ci si sofferma a considerare il “carattere” di questa danza,
la sua fisionomia formale, si rischia di eseguirla o con un languore tardo-romantico (che qui è
ovviamente fuori luogo) o con una aridità espressiva come se questa musica provenisse da un
deposito di fossili e non fosse invece espressione dello splendido e grandioso barocco! Allora:
evitiamo il tardo-romanticismo ma - vi prego - non addormentiamo lo spirito di questa danza in una
esecuzione al cloroformio. Ecco, appunto: è una danza. E, della danza, esprime innanzitutto il
movimento, la pulsione ritmica, il contagio motorio derivante dall’ antico fuoco di danza sensuale
e.... sconveniente. Proviamo a suonarla allora con il piacere della danza, la grazia di movimenti
coordinati, (ri)diamole quel giusto impulso interno senza forzature espressive dal un lato, ma senza
anestetizzarne la vita, dall’ altro. Ci sembrerà tutt’altra cosa e invece, forse per la prima volta,
avremo suonato una sarabanda semplicemente per quello che è.
Le ragioni estetiche nascono dalla struttura musicale. E’ dunque ora di analizzare il movimento.
Le sei misure che seguono possono distinguersi nella successione 21/22 - 23/24 - 25/26, ove 23/24
costituiscono una variante scritta rispetto alle due precedenti. Le misure 25/26 aprono di nuovo il
disegno sull’ accordo in spiegazione melodica di re minore (batt. 26). Non occorre qui fare il solito
ritenuto esagerato: è l’ armonia stessa che neutralizza la tensione del disegno precedente; è la scelta
bachiana di porre qui - sic et simpliciter - un tranquillo accordo di re minore ad azzerare ogni
residuo di tensione. E allora, per ottenere questo, suoniamo queste note (re - la - fa - re - fa - la) nel
modo più semplice possibile, senza gonfiare verso il basso; un’ unica arcata, tutte legate,
alleggerendo le ultime due note in maniera oltremodo naturale (l’ arco va verso la punta!).
Ed ora le otto misura prima della “ripresa”.
Ecco la mia lettura:
batt. 27/28, come se fossero un’ unica misura, in mf, contenuto, presto seguite dalle batt. 29/30,
anch’ esse un’ unica misura ma in mp; ora, accento metrico sul re (batt. 31), mf, e tutto il resto in
levare senza suddivisione; idem per la batt. 32 ma in mp e con colore scurissimo; tranquille e più
amabili le misure 33/34.
Il disegno risulta più scorrevole, più “virtuoso” (!). E’ prassi eseguire le due semifrasi nell’
alternanza forte e piano. Ma credo che a ciò possa opportunamente aggiungersi un diverso “colpo d’
arco”, vale a dire, un diverso staccato.
Allora, prima semifrase (batt. 7/8): mf, staccato détache, morbido (D), scuro;
seconda semifrase (batt. 9/10): mp, staccato più corto e con lingua più avanzata (T), chiaro.
La differenza è allora nella tecnica artistica e non .... nel f e nel p.
Batt. 11/12 e 13/14: identiche per scrittura e per il carattere modulante (Do - Do settima la prima e
Fa - Re settima la seconda), sono ben salde sul battere ed aprono al Sol Maggiore che a sua volta
prelude al tono della relativa maggiore nel quale si chiude la prima parte della danza.
La seconda parte ripresenta modelli già analizzati, ovviamente proposti in ambiti armonici
differenti. Solo a batt. 39 interviene un nuovo episodio, più ampio nelle scale di sedicesimi che
“staccano” sul forte appoggio del battere:
Dopo il passaggio alla tonalità di mi minore, abbiamo quattro misure, distinte in 2+2, convergenti
verso i due bassi che definiscono la struttura armonica (re minore - Do Maggiore):
Di nuovo il .... vecchio problema: il do di arrivo, fondamentale dell’ accordo, va inteso nel terzo
spazio del pentagramma - come scritto - o, più coerentemente rispetto al re precedente, andrebbe
posto sotto il pentagramma? Le idee al riguardo non sono concordi: personalmente ritengo più
giusto eseguire il do sotto il pentagramma perché, in tal modo, si rispecchia l’ esatta simmetria del
disegno. Bach sapeva che sul traversiere la nota più bassa era il re e, per tale motivo, avrà
sicuramente pensato di trasportare la nota in questione (altrimenti ineseguibile) all’ ottava superiore;
ma questa è solo un’ ipotesi.
Si ripropone, nella tonalità di impianto, la frase iniziale, più agile però nella parte conclusiva;
troviamo pure un abbozzo di scrittura a due voci (uso questa espressione in senso estensivo) nelle
crome che precedono immediatamente le semicrome lanciate verso la conclusione della danza.