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Curiosità sulla tomba di Alarico

Una delle teorie sul tesoro famoso di Alarico in qualche modo è connessa con il nome di
Gioacchino da Fiore. Lui si recò da giovane sul Monte Tabor e vi sostò in penitente digiuno.
L’Ordine di Sion fu fondato su questo Monte Tabor, a Gerusalemme, dagli Eremiti Agostiniani di
Val di Crati, monaci calabresi capeggiati da un vescovo di nome Arnolfo, e provenienti dall’eremo
silano di San Martino di Pietrafitta— il posto dove poi Gioacchino si ritirò a meditare la Riforma
Cistercense e dove anche morì. Papa Urbano II, amico di Matilde di Toscana, incaricò Arnolfo di
San Lucido di predicare la prima Crociata. L’abbazia della Matina di San Marco Argentano, vicina
alla Val di Crati, era diretta da quell’abate “Ursus” che ricorre nella nascita dell’Ordine di Sion e
nell’opera del “consesso segreto” diretto da “frati calabresi” che offrì il trono a Goffredo. In Val di
Crati, nel letto della parte di fiume “Busento” adiacente Cosenza, fu seppellito in segreto il re dei
Goti Alarico con tutti i suoi tesori trafugati a Roma (fra cui l’Arca dell’Alleanza e il Candelabro a
sette braccia).
La tomba di Alarico non è mai stata ritrovata, ma alcuni antichi documenti riportano la
notizia che gli Eremitani di Sant’Agostino capeggiati da Ursus (poi confluiti ad Orval e fondatori
dell’Ordine di Sion) avevano «trovato qualcosa di interessante, intorno al loro insediamento (in Val
di Crati), che riguardava la “X Legio Fretensis” e il Tempio di Salomone» — e subito avevano
incominciato a predicare con impeto la necessità della Prima Crociata! Il “Beaucent”, il famoso
gonfalone dei Templari, foneticamente è “Bosènt”, come il fiume di Alarico, magari perché grazie
al presunto tesoro avevano i soldi necessari per sponsorizzare l’impresa così grande come la
Crociata.
Per anni si è domandato se la leggenda sulla morte di Alarico fosse frutto di una favola
tramandata nei secoli o se invece non potesse essere davvero il racconto finale della vita del re dei
Visigoti. Nella realtà l’interrogativo è ancora irrisolto.

Cupi a notte canti suonano


da Cosenza su’l Busento,
cupo il fiume li rimormora
dal suo gorgo sonnolento.
Su e giù pe ‘l fiume passano
e ripassano ombre lente:
Alarico i Goti piangono
il gran morto di lor gente

Questa è una traduzione di poesia tedesca di Giosuè Carducci che con i suoi versi contribuì ad
ampliare la leggenda secondo la quale Alarico è stato sepolto nel letto prosciugato del Busento. Ma
cosa si conosce realmente di questo barbaro venuto da lontano?
Alarico, il cui nome significherebbe “re di tutti”, nacque nell’attuale Romania nel 370 da una nobile
famiglia. All’età di 22 anni fu nominato re dei visigoti e da quel momento inizia per lui una lunga
campagna di conquiste che lo portò a porre mano su Costantinopoli, Sparta e altre città. Nel 401
decise di dirigersi verso l’Italia ma venne più volte sconfitto da Stilicone, sia a Pollenzo che a
Verone e fu costretto a ritirarsi. Ben presto, con ritornata veemenza, nell’agosto del 410, marciò di
nuovo su Roma che all’epoca era in preda a un declino inarrestabile, e la saccheggiò per tre giorni
insieme ai suoi soldati. Alcuni schiavi romani si unirono ai visigoti mostrando loro il luogo in cui
erano state nascoste le ricchezze imperiali. Alarico, da sempre affascinato dalla civiltà romana,
aveva ordinato ai suoi uomini di non sacrificare vittime e di risparmiare chiese. Nonostante ciò il
bottino accumulato nelle conquiste è immenso. Si parla di decine e decine di carri carichi di
argento, che seguivano il re nella sua marcia verso la meta successiva: il meridione. Alarico infatti
voleva raggiungere la Puglia per imbarcare di lì in Africa, ma un’improvvisa tempesta costrinse le
navi a fermarsi. Il re con suo esercito si mise allora in marcia verso la Calabria e in questa terra, in
un luogo imprecisato, si ammalò di malaria e morì. Centocinquanta anni più tardi uno storico latino
con ascendenti goti, racconta che Alarico fu calato dai suoi soldati in un’umida fossa insieme al suo
destriero e al suo tesoro. Mentre altre fonti smentiscono che il tesoro fu occultato e riferiscono che
invece era stato trasferito in Francia nelle mani dell’aristocrazia gota.
Alla morte di Alarico si narra che fu deviato il letto del fiume Busento a Cosenza per
scavare una fossa in cui seppellire il re e che questi lavori furono eseguiti da prigionieri rastrellati
nei dintorni e subito dopo uccisi affinché non rivelassero il segreto. Un segreto che ha continuato
nei secoli a incuriosire e affascinare tant’è vero che Hitler inviò una spedizione scientifica di
Ahnenerbe nel Brutium prima della seconda guerra mondiale. Alla domanda su dove sia stato
seppellito Alarico ancora non è ancora stata data risposta sicura. Certamente un re come lui, che
aveva combattuto gloriosamente, che aveva compiuto gloriose imprese, doveva avere una tomba
all’altezza della sua fama e non aveva senso per i suoi soldati portarsi dietro, alla sua morte, trofei
di guerre, corone, armi, simboli di identità della città di Roma: meglio affidare tutte queste
ricchezze per l’eternità al loro eroico condottiero. Nella città di Cosenza a ricordo dell’episodio,
resta ponte di Alarico, sospeso tra le chiese di San Domenico e San Francesco di Paola, nel punto
esatto in cui si dice, si troverebbe il leggendario tesoro. Tra le altre varie ipotesi che si sono
susseguite vi è quella secondo la quale i Goti pare abbiano scelto come dimora eterna del loro re
una collinetta di Cozzorotondo situata a Bisignano, vicino il fiume Crati. Si tratta di una costruzione
di artificiale ma non si sa cosa custodisca, né se custodisca realmente qualcosa. Forse è poco
credibile che i goti seppellirono Alarico in un posto così evidente e facilmente individuabile dagli
abitanti qui residenti. Oppure è quello che è davvero successo. Resta comunque un’assonanza
sospetta tra il Busento e Bisignano, nome forse storpiato nei secoli partendo da Bisentum.
Recentemente a chiarire il mistero sono intervenuto due fratelli calabresi appassionati di
archeologia, i quali partendo dalla convinzione che la deviazione del Busento non sarebbe potuta
passare inosservata neanche nel 410, hanno individuato un sito poco distante rispetto a quello in cui
si sono concentrate fino ad ora le ricerche. Il sito in questione corrisponde alla confluenza tra il
fiume Caronte e il Canalicchio, dove scolpita su una roccia vi è una croce visibile da molto lontano
mentre dall’altro lato della vallata è stato rinvenuto un altare di probabile origine gotica. Qui il
suolo risulta scavato e coperto di sabbia. Sotto potrebbe riposare il re barbaro. Fiumi di inchiostro
dovranno ancora essere versati per mettere fine a un mistero che forse non avrà mai fine. A nuove
ipotesi se ne susseguiranno altre. Ciò che è certo è che per ogni ricerca storica e archeologica
occorre dedizione, passione, tempo, strumenti. A muovere il cuore degli studiosi dovrebbe essere
non la sete dell’oro ma l’amore per il sapere.
Alarico è ormai entrato a far parte dell’immaginario collettivo ed è stato assunto a simbolo
della città di Cosenza, dove sulle sponde del Busento è stata collocata una statua a lui dedicata,
accarezzata giorno e notte dalla luce del sole e da quella della luna. Basta passeggiare per questi
luoghi per sentire gli alberi e le acque sussurrare memorie e storie. E intanto da qualche parte il
corso di un fiume veglia sulle spoglie e sulle ricchezze del leggendario re dei Goti.

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