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0. Introduzione
L'acquerello Blumen-Mythos (Fig. 13) è stato scelto come oggetto d'a-
nalisi per la sua duplice natura. Se da un lato, infatti, il carattere fi-
gurativo del dipinto ci invita a una lettura denominativa di un certo
numero di figure del mondo (chiamate 'oggetti') ed il cui insieme co-
stituisce un campo di significazione coerente; dall'altro, il suo carat-
tere schematico, attraverso un gioco di similitudini e contrasti ele-
mentari fra colori e forme, assicura l'evidenza di una serie di rappor-
ti plastici indipendenti dalle parentele «naturali» fra gli oggetti. Per
questo Blumen-Mythos costituisce un punto di partenza privilegiato per
una riflessione sulla natura semiotica del modo di significazione figu-
rativo in pittura1.
Una delle condizioni essenziali per un'analisi semiotica della pittura,
ci sembra consistere, in effetti, nel rifiutare il condizionamento
dell'illusione referenziale e che porta a considerare un quadro come
un semplice riflesso di un frammento del mondo, reale o
immaginario che sia. Prima di considerare il suo rapporto con il
mondo, la pittura deve essere esaminata innanzitutto nella sua
propria natura.
1. Preliminari metodologici
1.1. Livello figurativo vs livello plastico
La nostra posizione metodologica consiste nel separare in modo net-
to due livelli di lettura dell'oggetto visivo: il livello figurativo e il livello
plastico. Il livello figurativo corrisponde a quel modo di lettura per
cui intendiamo il dipinto come riflesso o ricordo di qualche cosa d'al-
tro, come sostituto degli oggetti del mondo; il livello plastico, al con-
trario, concerne l'aspetto propriamente «pittorico» del quadro, al di
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fuori di ogni funzione rappresentativa. Nella misura in cui ci occu-
piamo del modo di significazione figurativo, il livello plastico può es-
sere identificato con il piano dell'espressione, il livello figurativo con il
piano del contenuto. Vorremmo segnalare, tuttavia, che la pittura può
fare appello ad altri modi di significazione che non dipendono neces-
sariamente dalla possibilità di una lettura figurativa; l'esistenza di una
pittura detta non figurativa lo dimostra.
La nostra analisi si fonda sull'ipotesi di partenza che la pittura detta
figurativa non costituisca un semplice sistema simbolico, nel senso in
cui l'intende Hielmslev2 e che richieda invece un'analisi separata dei
due piani dell'espressione e del contenuto; nel caso specifico, dei li-
velli plastico e figurativo. La descrizione del livello plastico richiederà
la costruzione di un linguaggio analitico particolare. Il livello figu-
rativo, al contrario, che, attraverso il riconoscimento, ricollega la ma-
nifestazione pittorica agli oggetti del mondo naturale, può essere de-
scritto sulla base dei lessemi tratti dalle lingue naturali; questi potranno
essere sottoposti, in seguito, ad un'analisi supplementare secondo le
regole dell'analisi semantica. Al momento della lettura figurativa, il
lettore proietta sull'opera pittorica la griglia di lettura utilizzata per
articolare il mondo naturale. Questa griglia di lettura può essere con-
siderata, seguendo A.J. Greimas, come costituente una semiotica bi-
planare autonoma, chiamata semiotica del mondo naturale3. Ammettiamo
dunque che la lettura di un quadro figurativo faccia appello al codice
di riconoscimento che permette così di identificare gli oggetti del mondo
naturale. Diamo per scontata la conoscenza di questo codice che, di
conseguenza, in questa sede, non verrà descritto. Il codice di
riconoscimento, tuttavia, sarà sovracodificato da codici supplementari,
propri di quel sistema di rappresentazione, soggiacenti ad un dato
oggetto pittorico.
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scelto come oggetto d'analisi, articolerebbe un insieme di
elementi semplici e composti, fra i quali una grande superficie
rossa occuperebbe, per le sue dimensioni, una posizione
particolare. Essa conterebbe numerosi «buchi» corrispondenti ai
contorni degli altri elementi. Ci sembra più semplice e quindi, in
un certo senso, più «giusto» considerare la grande superficie rossa
come sfondo sul quale appaiono tutti gli altri elementi. Ci
serviamo del termine 'sfondo' non in rapporto alla
rappresentazione prospettica di uno spazio tridimensionale, che
costituisce soltanto un effetto di senso figurativo, ma nel senso
tecnico della psicologia della Gestalt. E la predominanza
qualitativa della superficie rossa in rapporto alla superficie
pittorica intera e la sua posizione all'interno della stessa
(tangente ai bordi) ce la fanno considerare come tale. Il fatto poi
che l'acquerello mostri le tracce di successive tappe di
produzione (all'iniziale fondo rosso uniforme vengono poi
aggiunti diversi elementi) ne è un indice supplementare ma non
necessario.
Così considerata, la forma rettangolare del fondo si situa ad un
altro livello e non entra direttamente nel gioco di contrasti che i
differenti elementi intrattengono fra loro. Sebbene il fondo rosso
giochi un ruolo determinante per la percezione degli elementi,
presenteremo la nostra analisi seguendo un altro ordine:
stabiliremo da principio le relazioni cromatiche fra gli elementi
precedentemente isolati, facendo intervenire il fondo rosso solo in
un secondo momento, in rapporto a dei contrasti già percepiti.
Facciamo osservare tuttavia che la maggior parte degli spettatori,
ad una prima visione globale del quadro percepiscono la grande
superficie rossa come una forma, più sovente come un «torso di
donna». Ma questa lettura non può essere mantenuta quando si
passa a considerare i diversi elementi. Sarà necessario vedere se,
al momento della lettura figurativa dell'acquerello si potrà
ugualmente integrare questo effetto di senso in una struttura
semanticamente coerente.
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ASTRATTA
2. Analisi
2.1. Inventario e classificazione degli elementi
«... un quadro è una cosa molto complessa, costituita da un
insieme di elementi che occorre prima denominare, per
sottometterli in seguito ad una gerarchia, al tempo stesso,
sensibile e razionale”13. La funzione dell'inventario degli
elementi sta inizialmente nel registrare le unità che nel
corso dell'analisi saranno considerate come i luoghi di
manifestazione delle categorie da descrivere. Abbiamo
tuttavia proceduto ad una classificazione degli elementi
secondo la loro parentela eidetica; questo costituisce già un
primo passo per un'analisi. Le categorie cromatiche, così come le ca-
tegorie della dimensione e della posizione, non sono state prese in con-
siderazione ai fini della classificazione. Per facilitare il riferimento al-
l'oggetto, si sono nondimeno mantenuti nell'inventario i rapporti di-
mensionali fra gli elementi, così come il loro orientamento in rappor-
to agli assi.
Elementi di superficie
Osservazioni
1. Per non sovraccaricare le tabelle, alcuni elementi segmentabili in base
alla definizione datane nel paragrafo 1.2. sono stati tralasciati. E’ il caso in
particolare delle zone di valore più scuro, all'interno del fondo rosso, dispo-
ste a forma di «alone» attorno ad alcuni elementi circolari (7.b e 7.c/4.a).
Questo procedimento pare legittimo nella misura in cui questi «aloni» svol-
gono prima di tutto una funzione di valorizzazione degli elementi che cir-
condano e di cui riprendono il contorno. Il motivo per cui non prendiamo
in considerazione nemmeno le due superflci nerastre situate al centro e nel-
la parte inferiore dell'oggetto (vicino agli elementi A e II. 1 .e) deriva dal fatto
che queste sembrano avere, come altre, il carattere di «pentimenti», poiché
questa tonalità non appare in nessun'altra parte dell'opera14. 2. Quale
statuto attribuire alla cornice argentata dell'acquerello? In teoria la
cornice dì un quadro figurativo non appartiene al mondo rappresentato
dalla superficie pittorica. Tuttavia, nel nostro acquerello, il suo impiego rien-
tra in un gioco complesso dove, a parte la sua funzione segmentazionale
in quanto limite, svolge anche il ruolo di un quasi-oggetto, poiché, a livello
figurativo, funziona come «supporto» per gli oggetti di forma triangolare
che le sono «addossati». Dovrebbe dunque, normalmente, apparire nell'in-
ventario degli elementi. Si tratta di un segno che, pur ironizzando sulla fun-
zione rappresentativa dell'oggetto pittorico, lo costituisce nello stesso mo-
mento in un mondo dotato di una sua propria esistenza.
Osservazioni
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livello superiore. Gli «aggetti (rocciosi)» sono stati considerati come
degli oggetti complessi che riuniscono i tratti 'terrestre' e 'celeste'.
L'opposizione 'con fiore' vs 'senza fiore' permetteva infine di artico-
lare il campo vegetale in due sotto-classi.
È curioso constatare come gli elementi che non si prestano ad una
referenzializzazione immediata siano tutti confinati nella parte alta
del quadro, vicino al bordo superiore. È come se l'acquarello di Klee
avesse un carattere pedagogico, mostrando allo spettatore come gli
elementi pittorici possano talora, ma non sempre debbano, essere tra-
ducibili in oggetti denominabili. L'occhio dello spettatore, una volta
arrivato alla parte superiore del quadro, è invitato a ridiscendere e
a riconsiderarne gli elementi, forse affrettatamente referenzializzati,
nelle loro qualità plastiche e nei loro mutui rapporti.
2.8. «Blumen-Mythos»
Fino ad ora abbiamo deliberatamente evitato di prendere in conside-
razione nell'analisi il titolo dell'acquerello di Klee. Il titolo è un mes-
saggio linguistico la cui lettura, data la sua diversa natura semiotica,
è logicamente indipendente da quella dell'oggetto pittorico. I due
messaggi, visuale e linguistico, possono e devono inizialmente essere
letti indipendentemente. La loro collusione può allora assumere tut-
te le forme possibili, dalla funzione di ancoraggio22, fino al paradosso
che denuncia l'artificio23.
Il titolo originale dell'acquerello, Blumen-Mythos, che in italiano può
essere tradotto con «Mito del fiore» o «Mito floreale», in tedesco è
una parola composta da due termini: uno concreto (Blume), l'altro
astratto (Mythos). Solo il primo rinvia ad un oggetto visibile, può cioè
essere utilizzato direttamente a livello figurativo. Già dalla sola lettura
dell'oggetto pittorico risultava che un «fiore» occupava una posi-
zione singolare. Preso nella sua eventuale funzione di ancoraggio il
titolo non apporta, dunque, alcuna novità. È invece il secondo ele-
mento del titolo ('mito') che, applicato al primo, aggiunge un'infor-
mazione che non è direttamente individuabile a partire dall'oggetto
visivo.
La straordinaria competenza di Klee nella manipolazione del linguag-
gio e la sua educazione umanistica classica inducono a considerare
il titolo del quadro con seria attenzione. Il mito, secondo la definizio-
ne tradizionale, è un racconto che, attraverso le sue figurazioni par-
ticolari, spesso attinte dal mondo vegetale e animale, mira, al suo li-
vello profondo, a spiegare la condizione umana in generale. Si legge
alla voce «mythologie» della Grande encyclopédie: «... il mito mette sempre
in scena dei personaggi umani o almeno dei personaggi analoghi a
degli esseri umani».
Nella nostra analisi del livello figurativo non è risultato nessun ter-
mine antropomorfo. Se si accetta la definizione del mito sopracitata,
il titolo indicherebbe allora che gli oggetti naturali rappresentati nel-
lo spazio pittorico sarebbero da prendere come simboli (nel senso cor-
rente) di esseri umani. L'analisi del quadro a livello plastico ha mo-
strato che il rapporto centrale va articolato tra i due insiemi di ele-
menti che rappresentano il «fiore» e l'«uccello», i soli oggetti non ri-
correnti e che occupano una posizione privilegiata all'interno della
superficie pittorica. Siamo allora portati a considerare questi due og-
getti come dei simboli che rinviano al campo dell'umano. Un certo
numero di indizi spinge ad articolare il loro reciproco rapporto nel-
l'ambito dell'isotopia sessuale e a vedere nel «flore» un oggetto fem-
minile e nell'«uccello» un oggetto maschile. Il genere grammaticale dei
termini generici che designano i due oggetti in tedesco («Blume» fem-
minile, e «Vogel» maschile) corrisponde a queta interpretazione. Que-
sti due termini sono correntemente impiegati con lo stesso senso sim-
bolico nella lingua naturale: il «fiore» piuttosto nel discorso poetico,
l'«uccello» per lo più nel discorso erotico. Consideriamo tuttavia co-
me decisivo, per confermare la nostra ipotesi, il modo particolare di
rappresentazione di questi due oggetti. L'«uccello», rappresentato co-
me una freccia multipla, ha l'aspetto di un oggetto «penetrante», il
«fiore», più precisamente la grande falce del «calice», quello di una
forma «ricevente», che riprende, ma incurvata, la forma della gran-
de freccia dell'«uccello»24.
Dobbiamo ora riconsiderare i paradossi che risultavano dall'applica-
zione dei codici (1) e (3) all'oggetto «fiore». In relazione alla sua na-
tura eidetica, questo ci appariva come un oggetto complesso appar-
tenente, allo stesso tempo, alla classe degli oggetti 'inanimati' e 'ani-
mati', 'celesti' e 'terrestri'. Questa constatazione richiama alla me-
moria una definizione più recente del mito, quella di Lévi-Strauss,
che considera questo tipo di discorso come una struttura di media-
zione, destinata a conciliare dei termini logicamente inconciliabili.
È come se l'organizzazione plastica del nostro quadro riflettesse nel
campo visivo la struttura formale del mito.
La classificazione del «fiore» come oggetto che riunisce in sé i tratti
'animato' e 'inanimato', in seguito all'applicazione dei codici-
connettori, gli conferisce il ruolo di una figura mediatrice. Il grande
«fiore» è l'oggetto che, manifestandosi attraverso una struttura pla-
stica complessa, permette il passaggio dal campo cosmologico ('inani-
mato' e 'celeste') al campo 'animato' e 'terrestre', quello dei vegetali
e degli animali, ma anche quello dell'essere umano. Lo schema che
segue riassume questa struttura di mediazione.
maschile femminile
Possiamo ora constatare come la lettura del fondo rosso come «torso
di donna», provvisoriamente scartata all'inizio, si integri perfettamente
nella nostra analisi. Derivante dalla interpretazione simbolica del fiore
come elemento femminile, essa convalida lo statuto antropomorfo po-
stulato per gli oggetti centrali e che abbiamo posto come ipotesi da
verificare25.
Ciò che è comune alle definizioni classica e strutturale del mito è il
suo-aspetto narrativo. Il mito è un racconto, racconta una storia. Se
riprendiamo lo schema della struttura di mediazione, sembra ora fa-
cile formulare un racconto elementare che, nel nostro caso, si artico-
la sul rapporto fra gli oggetti centrali, l'«uccello», il «fiore» e gli «astri»:
l'uomo, sotto forma di «uccello», si unisce alla donna-«fiore», ma tra-
mite questa congiunzione entra indirettamente in contatto con il co-
smo, rappresentato nella sua forma pura dagli «astri»26. Un tale
enunciato, al termine di un'analisi che voleva avvicinarsi idealmente al
discorso scientifico, può sorprendere. Non c'è forse il rischio di
ricadere nel discorso della critica intuitiva? Tuttavia, anche se una
tale rassomiglianza risulta innegabile27, resta il fatto che, se non è
possibile affermare che gli enunciati della critica intuitiva siano sem-
pre falsi, è ugualmente impossibile affermare il contrario; ed è que-
sto, ci sembra, il suo difetto fondamentale. L'analisi semiotica, al con-
trario, mettendo l'accento sui meccanismi formali della produzione
del senso, ha permesso di mostrare come la pittura figurativa, mani-
polando dei mezzi propriamente pittorici, possa giungere a mettere
in relazione campi del mondo che la logica comune manterrebbe di-
stinti. La pittura, nello spazio di alcuni decimetri quadrati, è capace
di dare l'illusione di un mondo nuovo, di un mondo dove tutte le con-
traddizioni appaiono come risolte.
Note
* Questo saggio costituisce una (la prima) delle tre analisi che compongono il volu-
me, dello stesso autore, Paul Klee. Analyse sémiotique de trois peintures, Lausanne 1982.
pp. 17-40. Le altre analisi contenute nel libro si riferiscono, nell'ordine di pubblica-
zione, a Pflanzen-Analytisches — 1932 e Le rouge et le noire — 1938.