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Felix Thùrlemann

Paul Klee: analisi semiotica


di Blumen-Mythos - 1918*
«Das Formale mufi mit der
Weltanschauung verschmelzen.»
Il formale deve fondersi con la visio-
ne del mondo.
Paul Klee

0. Introduzione
L'acquerello Blumen-Mythos (Fig. 13) è stato scelto come oggetto d'a-
nalisi per la sua duplice natura. Se da un lato, infatti, il carattere fi-
gurativo del dipinto ci invita a una lettura denominativa di un certo
numero di figure del mondo (chiamate 'oggetti') ed il cui insieme co-
stituisce un campo di significazione coerente; dall'altro, il suo carat-
tere schematico, attraverso un gioco di similitudini e contrasti ele-
mentari fra colori e forme, assicura l'evidenza di una serie di rappor-
ti plastici indipendenti dalle parentele «naturali» fra gli oggetti. Per
questo Blumen-Mythos costituisce un punto di partenza privilegiato per
una riflessione sulla natura semiotica del modo di significazione figu-
rativo in pittura1.
Una delle condizioni essenziali per un'analisi semiotica della pittura,
ci sembra consistere, in effetti, nel rifiutare il condizionamento
dell'illusione referenziale e che porta a considerare un quadro come
un semplice riflesso di un frammento del mondo, reale o
immaginario che sia. Prima di considerare il suo rapporto con il
mondo, la pittura deve essere esaminata innanzitutto nella sua
propria natura.

1. Preliminari metodologici
1.1. Livello figurativo vs livello plastico
La nostra posizione metodologica consiste nel separare in modo net-
to due livelli di lettura dell'oggetto visivo: il livello figurativo e il livello
plastico. Il livello figurativo corrisponde a quel modo di lettura per
cui intendiamo il dipinto come riflesso o ricordo di qualche cosa d'al-
tro, come sostituto degli oggetti del mondo; il livello plastico, al con-
trario, concerne l'aspetto propriamente «pittorico» del quadro, al di

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fuori di ogni funzione rappresentativa. Nella misura in cui ci occu-
piamo del modo di significazione figurativo, il livello plastico può es-
sere identificato con il piano dell'espressione, il livello figurativo con il
piano del contenuto. Vorremmo segnalare, tuttavia, che la pittura può
fare appello ad altri modi di significazione che non dipendono neces-
sariamente dalla possibilità di una lettura figurativa; l'esistenza di una
pittura detta non figurativa lo dimostra.
La nostra analisi si fonda sull'ipotesi di partenza che la pittura detta
figurativa non costituisca un semplice sistema simbolico, nel senso in
cui l'intende Hielmslev2 e che richieda invece un'analisi separata dei
due piani dell'espressione e del contenuto; nel caso specifico, dei li-
velli plastico e figurativo. La descrizione del livello plastico richiederà
la costruzione di un linguaggio analitico particolare. Il livello figu-
rativo, al contrario, che, attraverso il riconoscimento, ricollega la ma-
nifestazione pittorica agli oggetti del mondo naturale, può essere de-
scritto sulla base dei lessemi tratti dalle lingue naturali; questi potranno
essere sottoposti, in seguito, ad un'analisi supplementare secondo le
regole dell'analisi semantica. Al momento della lettura figurativa, il
lettore proietta sull'opera pittorica la griglia di lettura utilizzata per
articolare il mondo naturale. Questa griglia di lettura può essere con-
siderata, seguendo A.J. Greimas, come costituente una semiotica bi-
planare autonoma, chiamata semiotica del mondo naturale3. Ammettiamo
dunque che la lettura di un quadro figurativo faccia appello al codice
di riconoscimento che permette così di identificare gli oggetti del mondo
naturale. Diamo per scontata la conoscenza di questo codice che, di
conseguenza, in questa sede, non verrà descritto. Il codice di
riconoscimento, tuttavia, sarà sovracodificato da codici supplementari,
propri di quel sistema di rappresentazione, soggiacenti ad un dato
oggetto pittorico.

1.2. Elemento vs oggetto


Secondo le ipotesi di base appena accennate, l'analisi semiotica della
pittura figurativa non potrà basarsi su un inventario di sole unità fi-
gurative denominabili4. Essa esige invece una distinzione parallela
a livello plastico, che porta all'individuazione di unità non figurati-
ve, le cui mutue relazioni costituiscono il piano dell'espressione del-
l'opera. L'analisi dei due livelli/piani del linguaggio, in una prima
tappa dell'analisi, porterà dunque a definire due inventari non iso-
morfi di unità primarie della manifestazione. Le unità del livello, pla-
stico saranno chiamate elementi, quelle del livello figurativo oggetti. Se
l'individuazione delle unità figurative dipende essenzialmente dai mec-
canismi di riconoscimento propri di una semiotica naturale, diverso
è invece il caso delle unità plastiche, gli elementi. La scomposizione
del livello plastico deve potersi basare su regole di procedura formali,
indipendenti dal processo di riconoscimento. L'elemento, unità di
manifestazione del livello plastico, possiede una
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doppia natura in quante «colore» dotato di una forma». In seguito,


le categorie relative al «colore» in senso lato saranno chiamate
categorie cromatiche, quelle relative alla «forma», categorie eidetiche.
Definiamo quindi l’elemento come una combinazione di una figura
cromatica e di una figura o gerarchla di figure eidetiche. Il termine
figura, in questo caso, va inteso, seguendo la definizione di A.J.
Greimas5, come un insieme di unità minimali dell'espressione (tratti
distintivi e pertinenti) relativo alla dimensione cromatica o alla
dimensione eidetica. L'elemento, pertanto, si caratterizza, dal punto
di vista cromatico, per la sua omogeneità (figura), mentre la
composizione del livello eidetico può essere di natura composita
(gerarchia di figure) e richiedere dunque un lavoro d'analisi ulteriore
(cfr. gli elementi dell'oggetto d'analisi che, a livello figurativo,
saranno riconosciuti come «abeti»)6.
1.3. Le categorie plastiche e la loro classificazione
Le categorie dell'espressione visiva possono essere classificate in base
al ruolo che svolgono all'interno dell'analisi del livello plastico. Di-
stinguiamo così due tipi di categorie: costituzionali (costituenti e co-
stituite) e non costituzionali. Vediamo innanzitutto le categorie co-
stituzionali. Sono chiamate costituite quelle categorie le cui opposi-
zioni manifestate sotto forma di contrasti permettono di concepire gli
elementi come delle unità isolabili. Le categorie costituenti sono di
natura cromatica, quelle costituite di natura eidetica. Consideriamo il
termine cromatico in senso lato; esso designa l'insieme delle categorie
dell'espressione visiva che hanno una funzione discriminante per la
definizione degli elementi, come i radicali cromatici (rosso, blu, ecc),
il valore e la saturazione; ma anche il rilievo delle superfici può adem-
piere a questa funzione quando lo si considera globalmente, creando
così delle opposizioni quali liscio vs ruvido, ecc., classificate sotto l'e-
tichetta 'materia' o 'grana'7. Ogni testo visivo, per potersi manife-
stare, presuppone allora almeno una opposizione cromatica (cfr. il di-
segno)8.
Per la descrizione della dimensione eidetica si farà ricorso a categorie
quali diritto vs curvo, spigoloso vs arrotondato e richiederà lo stabi-
lirsi di un inventario di schemi di formazione (ad esempio, differenti
tipi di simmetria).
Le qualità non costituzionali quali la posizione (alto vs basso) e l'o-
rientamento (verso l’alto vs verso il basso), possono essere classificate
insieme con il termine di topologiche; la loro descrizione presuppone la
definizione preliminare degli elementi a partire dalla coppia delle
qualità costituzionali.

1.4. Figura vs sfondo


Sulla base delle regole descritte, la superficie pittorica, che abbiamo

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scelto come oggetto d'analisi, articolerebbe un insieme di
elementi semplici e composti, fra i quali una grande superficie
rossa occuperebbe, per le sue dimensioni, una posizione
particolare. Essa conterebbe numerosi «buchi» corrispondenti ai
contorni degli altri elementi. Ci sembra più semplice e quindi, in
un certo senso, più «giusto» considerare la grande superficie rossa
come sfondo sul quale appaiono tutti gli altri elementi. Ci
serviamo del termine 'sfondo' non in rapporto alla
rappresentazione prospettica di uno spazio tridimensionale, che
costituisce soltanto un effetto di senso figurativo, ma nel senso
tecnico della psicologia della Gestalt. E la predominanza
qualitativa della superficie rossa in rapporto alla superficie
pittorica intera e la sua posizione all'interno della stessa
(tangente ai bordi) ce la fanno considerare come tale. Il fatto poi
che l'acquerello mostri le tracce di successive tappe di
produzione (all'iniziale fondo rosso uniforme vengono poi
aggiunti diversi elementi) ne è un indice supplementare ma non
necessario.
Così considerata, la forma rettangolare del fondo si situa ad un
altro livello e non entra direttamente nel gioco di contrasti che i
differenti elementi intrattengono fra loro. Sebbene il fondo rosso
giochi un ruolo determinante per la percezione degli elementi,
presenteremo la nostra analisi seguendo un altro ordine:
stabiliremo da principio le relazioni cromatiche fra gli elementi
precedentemente isolati, facendo intervenire il fondo rosso solo in
un secondo momento, in rapporto a dei contrasti già percepiti.
Facciamo osservare tuttavia che la maggior parte degli spettatori,
ad una prima visione globale del quadro percepiscono la grande
superficie rossa come una forma, più sovente come un «torso di
donna». Ma questa lettura non può essere mantenuta quando si
passa a considerare i diversi elementi. Sarà necessario vedere se,
al momento della lettura figurativa dell'acquerello si potrà
ugualmente integrare questo effetto di senso in una struttura
semanticamente coerente.

1.5. Le “virtù” del formato


Prima di passare all'analisi del nostro oggetto di studio,
vorremmo fare alcune osservazioni sulle qualità specifiche del suo
formato. Il formato può essere considerato come un campo vuoto,
antecedente l'investimento di un materiale pittorico concreto.
Potrà, allora, per un dato quadro, funzionare come una griglia
posizionale e regolarne così, allo stesso tempo, la creazione e la
ricezione10. Nel caso della pittura classica europea il supporto
pittorico è comunemente di forma rettangolare e destinato ad
essere fissato su un piano verticale l'altezza media degli occhi; i
quattro lati sono orientati, due a due secondo la verticale e
perpendicolarmente ad essa. Nel caso dell'acquerello di Klee si
tratta di un rettangolo oblungo in posizione “eretta” e i cui lati
stanno in un rapporto di 4 a 7 circa. Le nostre considerazioni si
limiteranno in seguito al solo formato di tipo rettangolare11
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L’applicazione delle stesse categorie visive della bidimensionalità


(verticalità e orizzontalità), già d'importanza capitale per la
determinarne della posizione spaziale dell'oggetto pittorico al
momento della ricezione, permette una prima articolazione della
superficie pittorica. Si possono, infatti, differenziare quattro lati:
alto e basso, sinistra destra. (Va tenuto presente che le opposizioni
che stiamo descrivendo hanno per il momento solo un valore
topologico, non rinviano cioé a contenuti semantici come, ad
esempio, alto = «celeste», «leggero», ecc, e non designano
nemmeno dei rapporti orientati). L'individuazione di
un'opposizione graduabile, quale alto vs basso, permette la
costruzione di un termine medio neutro (né alto né basso), che,
topologicamente, può essere considerato come il punto zero a
partire dal quale tutti gli altri punti costituiscono delle variazioni
nelle due direzioni opposte. Tra le coppie di lati paralleli si possono
così istruire due linee mediane che chiameremo rispettivamente asse
orizzontale e asse verticale.
Oltre a questi due assi perpendicolari, paralleli ai lati del
rettangolo, si possono postulare due assi supplementari che non
derivano dalla proiezione delle categorie visive su una superficie
qualunque, ma so-o invece il risultato di un'operazione geometrica
semplice condotta partire da questo formato particolare: il tracciato
che collega i quattro angoli del rettangolo con delle diagonali. Tali
assi obliqui possiedono un carattere complesso in rapporto ai termini
delle opposizioni verticale e orizzontale; essi collegano i punti estremi
sinistra/alto-destra/basso e destra/alto-sinistra/basso12.
La funzione di un asse è duplice; può essere impiegata simultanea-
lente o alternativamente: (a) in quanto «supporto» di collegamento
degli elementi che vi si dispongono o (b) in quanto linea di separazio-
ie che instaura una divisione all'interno della superficie pittorica.
Quando, in quest'ultimo caso, gli elementi di ciascuna delle parti
divise sono posti a distanza approssimativamente uguale dall'asse,
l'asse disgiuntore che separa delle parti diviene un asse congiuntore in
quanto asse di simmetria. L'asse di simmetria può dunque
funzionare, allo tesso tempo, come asse di supporto per elementi a
configurazione simmetrica.
L,'asse non è un'unità stabile. I diversi formati rettangolari non pos-
seggono, tutti, assi di uguale importanza. Mentre una
modificazione del rapporto fra i lati a partire dal quadrato
indebolisce congiuntamente i due assi diagonali, la forza degli assi
perpendicolari si modifica secondo un rapporto inverso. Così,
l'allungamento del formato in senso verticale rafforza l'asse mediano
verticale a spese dell'asse orizzontale. Si può postulare pertanto che
la forza di questo aumenti quando il rapporto fra i lati è di circa 1
a 2 (doppio quadrato) .
L'espletamento della funzione segmentazionale può coinvolgere uno
o più assi insieme, creando così una ripartizione della superfìcie che
può andare da due fino a otto parti al massimo:

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ASTRATTA

Risulta dall'esistenza di questi assi (considerati sempre come


ideali) che il punto centrale, loro luogo di incrocio, può essere
colto come un luogo privilegiato: sia come punto vuoto in
quanto luogo di incontro degli "assi disgiuntori-congiuntori”,
sia come punto denso quanto luogo d'incontro degli assi di
supporto. Il punto centrale può così servire da punto di
ancoraggio per una nuova categorizzazione, centrale vs
periferico, che organizza la superficie non più a partire dagli
assi, ma circolarmente, a partire da un punto. Un'ultima
osservazione. Abbiamo descritto la superficie pittorica in
termini bidimensionali. Si tratta evidentemente di
un'astrazione nel caso delle pitture lisce (ad esempio la
pittura a olio classica) non comporta inconvenienti, ma che
nel caso dell'acquerello di Klee porta una riduzione evidente
dell'oggetto. Blumen-Mythos, infatti è un dipinto su un
supporto di garza a maglia larga e i cui fili si distendono con
leggere deviazioni, parallelamente ai lati del rettangolo.
L’effetto di questa rete che copre l'intera superficie può
essere considerato come un rinforzo del gioco degli assi
paralleli; ma questa “regolarità irregolare” aggiunge
soprattutto un effetto di “grana” al dipinto. La nostra analisi,
limitandosi all'oggetto chiuso, è costretta a trascurare
quest'effetto e a considerarlo come relativo alla sostanza
dell’espressione.

2. Analisi
2.1. Inventario e classificazione degli elementi
«... un quadro è una cosa molto complessa, costituita da un
insieme di elementi che occorre prima denominare, per
sottometterli in seguito ad una gerarchia, al tempo stesso,
sensibile e razionale”13. La funzione dell'inventario degli
elementi sta inizialmente nel registrare le unità che nel
corso dell'analisi saranno considerate come i luoghi di
manifestazione delle categorie da descrivere. Abbiamo
tuttavia proceduto ad una classificazione degli elementi
secondo la loro parentela eidetica; questo costituisce già un
primo passo per un'analisi. Le categorie cromatiche, così come le ca-
tegorie della dimensione e della posizione, non sono state prese in con-
siderazione ai fini della classificazione. Per facilitare il riferimento al-
l'oggetto, si sono nondimeno mantenuti nell'inventario i rapporti di-
mensionali fra gli elementi, così come il loro orientamento in rappor-
to agli assi.

Elementi di superficie
Osservazioni
1. Per non sovraccaricare le tabelle, alcuni elementi segmentabili in base
alla definizione datane nel paragrafo 1.2. sono stati tralasciati. E’ il caso in
particolare delle zone di valore più scuro, all'interno del fondo rosso, dispo-
ste a forma di «alone» attorno ad alcuni elementi circolari (7.b e 7.c/4.a).
Questo procedimento pare legittimo nella misura in cui questi «aloni» svol-
gono prima di tutto una funzione di valorizzazione degli elementi che cir-
condano e di cui riprendono il contorno. Il motivo per cui non prendiamo
in considerazione nemmeno le due superflci nerastre situate al centro e nel-
la parte inferiore dell'oggetto (vicino agli elementi A e II. 1 .e) deriva dal fatto
che queste sembrano avere, come altre, il carattere di «pentimenti», poiché
questa tonalità non appare in nessun'altra parte dell'opera14. 2. Quale
statuto attribuire alla cornice argentata dell'acquerello? In teoria la
cornice dì un quadro figurativo non appartiene al mondo rappresentato
dalla superficie pittorica. Tuttavia, nel nostro acquerello, il suo impiego rien-
tra in un gioco complesso dove, a parte la sua funzione segmentazionale
in quanto limite, svolge anche il ruolo di un quasi-oggetto, poiché, a livello
figurativo, funziona come «supporto» per gli oggetti di forma triangolare
che le sono «addossati». Dovrebbe dunque, normalmente, apparire nell'in-
ventario degli elementi. Si tratta di un segno che, pur ironizzando sulla fun-
zione rappresentativa dell'oggetto pittorico, lo costituisce nello stesso mo-
mento in un mondo dotato di una sua propria esistenza.

La lista consta di due parti; sono infatti inventariati separatamente


gli elementi di superficie (p. 113) e gli elementi lineari (p. 116), per la mag-
gior parte ancora suscettibili di una sotto-articolazione ulteriore. La
distinzione fra elementi lineari ed elementi di superficie, relativi ri-
spettivamente ai modi grafico e pittorico, sembra essere pertinente
a un primo livello di analisi dell'oggetto15.
In un secondo momento, sembrava fosse necessario sospendere que-
sta opposizione e riprendere sistematicamente il confronto a livello
eidetico tra elementi lineari e elementi di superficie, i cui contorni
potevano a loro volta essere letti come linee. Questo lavoro non è stato
fatto in questa sede, ma sembrerebbe che l'opposizione diritto vs
curvo possa dar conto della struttura plastica dell'intero oggetto.
La classificazione degli elementi di superficie (p. 113) cerca di riflettere
il grado di parentela eidetica fra gruppi di elementi (colonne). Que-
sta si basa sull'opposizione — che consideriamo fondamentale — di-
ritto vs curvo, rispettivamente spigoloso vs arrotondato. La succes-
sione dei gruppi di elementi può essere letta, da sinistra a destra, co-
me un'approssimazione progressiva degli elementi triangolari (esclu-
sivamente rettilinei) agli elementi circolari. Abbiamo classificato a parte
la superficie a forma di stella a sei punte, considerandola evidente-
mente spigolosa ma inscrivibile in un cerchio, così come gli elementi
a forma di segmenti di corona, parti a loro volta suscettibili di inte-
grarsi in un'unità geometrica circolare.
Consideriamo la lista degli elementi lineari (p. 116). Tranne un'ecce-
zione (D), tutti questi elementi, che risultano da una prima opera-
zione di segmentazione, sono a livello eidetico delle gerarchie di figu-
re. Per semplificare la descrizione, non abbiamo proceduto ad una
scomposizione di questi elementi composti in sotto-elementi. Tutta-
via, il raggruppamento delle differenti classi di elementi è stato fatto
in modo da suggerire le possibilità di una tale analisi.

1.1 . Il riconoscimento\ il passaggio dagli elementi agli oggetti


Abbiamo già osservato che la relazione tra elementi e oggetti non è
necessariamente biunivoca. In altre parole, un nuovo lavoro di arti-
colazione (sintetica o analitica) a partire dagli elementi isolati inter-
verrà al momento del riconoscimento degli oggetti, cioè quando si
passa dalla lettura plastica a quella figurativa. Tralasciando il caso
in cui l'elemento risulta coestensivo all'oggetto, due percorsi d'arti-
colazione sono possibili:
1. Un elemento lineare composto, riconosciuto come oggetto, può esse-
re scomposto in sotto-oggetti, conformemente alle conoscenze che il let-
tore possiede sulla natura dell'oggetto rappresentato. (Osserviamo che
questa scomposizione non corrisponde necessariamente ad un'analisi
in elementi semplici secondo le regole di analisi plastica). Illustriamo
questo processo, a livello figurativo, con l'esempio dell'«uccello» che,
a livello plastico, si articolava in quattro elementi. Possiamo ora deno-
minarli: «testa» (B), «zampe» (IH.b e III.e) e «corpo» (E). All'interno
dell'elemento «corpo» possiamo isolare due «ali», una «coda», ecc.
2. I due tipi di articolazione, sintetica e analitica, possono trovarsi
in un rapporto inverso. Degli elementi contigui vengono riuniti, tra-
mite il loro riconoscimento, in un unità superiore denominabile (è
il caso del grande «fiore» che occupa il centro della superficie pittori
ca). Un tale oggetto, formato da un insieme di elementi contigui, sa-
rà chiamato oggetto composto. Quando l'articolazione sintetica è
realizzata, si può di nuovo passare ad una sotto-articolazione
analitica di questa unità figurativa, partendo dalla percezione delle
diverse unità plastiche (elementi) all'interno del tutto costituito
dall'oggetto composto; questa articolazione può, ma non deve
necessariamente, corrispondere alle possibilità di sotto-artìcolazione
offerte dalla lingua. E’ il caso, ad esempio, dell'oggetto «fiore»: se la
denominazione degli elementi costituenti la parte inferiore
dell'oggetto non pone problemi, questa diviene, invece, difficile per
gli elementi che costituiscono il sotto-oggetto «Blute» (parte
superiore del fiore)16.
L'articolazione sintetica non si ferma necessariamente all'oggetto. A
livello figurativo, gli oggetti contigui intrattengono dei rapporti «na-
turali» tra loro. Così, viene considerato normale il fatto che l'«abete»
(II.l.g) «cresca» sull'oggetto terrestre in «aggetto» (2.d). Meglio an-
cora, tutti gli oggetti di un quadro si organizzano insieme per forma-
re una rete coerente di significazione figurativa, che, nel caso della
pittura europea tradizionale, corrisponde normalmente ad una scena,
che rappresenta un frammento del mondo naturale (paesaggio, in
terno, ecc). Nella nostra cultura, questa norma è sempre valida e
crea una certa attesa ricettiva al momento della lettura dell'oggetto
pittorico figurativo.
Elementi lineari

Osservazioni

1. In un caso (gruppo di elementi I), dove delle unità lineari si


trovano raggruppate in un insieme, la prossimità è stata interpretata
come continguità.
2. Si è preferito non registrare all’interno dell’ultimo elemento lineare
(E) i punti, la cui densità ha la funzione di simulare delle superfici.
2.3. Inventario e classificazione degli oggetti
Come per le unità del livello plastico (elementi), possiamo ora proce-
dere alla definizione di un inventario e a una classificazione delle unità
del livello figurativo, cioè degli oggetti. Nella lista abbiamo registrato
solo gli oggetti propriamente detti, rinunciando a un'articolazione in
sotto-oggetti, per non cadere nell'arbitrario. La classificazione, a
livello figurativo, non dipende più da rassomiglianze di natura pla-
stica (parentela eidetica), ma da un'analisi in tratti semantici elemen-
tari. Essa assume l'aspetto di una rete tassonomica coerente che po-
stuliamo soggiacente all'insieme degli oggetti rappresentati all'inter-
no della superficie pittorica. I processi che hanno portato al ricono-
scimento degli oggetti non sono tuttavia esplicitati17.

Inventario degli oggetti

rete classematica oggetti elementi


corrispondenti

_ terrestre colline l.a-d


_ inanimato _ terrestre/celeste . aggetti rocciosi 2.a-e

arcobaleno (?) 9.a-d

falci di luna 4.a,b


_ celeste .
astri 7.b-f; 8

collina in alto (?) 3

ciuffi d'erba I.a-g


_ senza fiore.
abeti II
vegetale
_ con fiore fiore III.a; 4.c,d; 5.a, b;
_ animato 6; 7.a; A; C; D
animale uccello III.b,c; B; E

Vorremmo ora descrivere il procedimento che ha portato alla defini-


zione dell'inventario degli oggetti. In un primo tempo abbiamo steso
una semplice lista degli oggetti riconosciuti senza tener conto di una
loro possibile ulteriore articolazione di tipo classematico. Nel momento
in cui abbiamo ricercato dei rapporti semantici fra gli oggetti, si sono
offerte due opposizioni semiche, che, nella nostra classificazione del
mondo, hanno una portata molto generale: quella fra 'vegetale' e 'ani-
male', e poi quella fra 'celeste' e 'terrestre'. L'opposizione oggetti
«animati» vs «inanimati» permetteva in seguito di inglobarle ad un

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livello superiore. Gli «aggetti (rocciosi)» sono stati considerati come
degli oggetti complessi che riuniscono i tratti 'terrestre' e 'celeste'.
L'opposizione 'con fiore' vs 'senza fiore' permetteva infine di artico-
lare il campo vegetale in due sotto-classi.
È curioso constatare come gli elementi che non si prestano ad una
referenzializzazione immediata siano tutti confinati nella parte alta
del quadro, vicino al bordo superiore. È come se l'acquarello di Klee
avesse un carattere pedagogico, mostrando allo spettatore come gli
elementi pittorici possano talora, ma non sempre debbano, essere tra-
ducibili in oggetti denominabili. L'occhio dello spettatore, una volta
arrivato alla parte superiore del quadro, è invitato a ridiscendere e
a riconsiderarne gli elementi, forse affrettatamente referenzializzati,
nelle loro qualità plastiche e nei loro mutui rapporti.

2.4. Organizzazione topologica e schemi di composizione


Prima di passare a considerare il rapporto fra unità dell'espressione
e unità del contenuto in vista della ricerca dei codici della figurazio-
ne, sarà utile riflettere sul modo in cui il formato rettangolare viene
utilizzato come griglia posizionale. Grazie al gioco complesso degli
assi e delle categorie topologiche (alto vs basso, sinistra vs destra, cen-
trale vs periferico), la superficie del quadro può essere articolata in
differenti sotto-unità o zone, ciascuna delle quali può trovarsi carat-
terizzata per l'attribuzione di classi particolari di elementi e di oggetti
o per una disposizione regolare degli elementi, definita composizione.
Questi due modi di articolazione della superficie potranno fornire
delle indicazioni per una lettura del quadro a livello sintagmatico.
Blumen-Mythos risulta fra le opere di Klee che si servono in maniera
particolarmente evidente dell'opposizione topologica centrale vs
periferico18. Una stretta fascia lungo i quattro lati della superficie, la
zona periferica, è caratterizzata da una densità maggiore di elementi
che si manifestano tutti in modo ricorrente. La parte complementa-
re, la zona centrale, contiene, disposti in maniera più diradata, degli
elementi che concorrono a formare i due soli oggetti non ricorrenti
nel quadro, il «fiore» e l'«uccello»; tutti gli oggetti che li circondano
appartengono alla classe degli oggetti 'celesti' («astri», «falci di luna»).
La zona periferica possiede un'articolazione supplementare in quattro
parti, alle quali corrispondono i diversi tipi di elementi e di oggetti
che vi sono manifestati. Si possono così distinguere: una fascia
inferiore, due fasce verticali (destra e sinistra) e una fascia superiore.
La fascia inferiore è caratterizzata dalla presenza degli elementi trian-
golari con tre lati diritti (1 .a-d), le fasce verticali contengono gli ele-
menti triangolari con un lato curvo (2.a-e) e la fascia superiore con-
tiene il solo elemento triangolare con due lati curvi (3). Quest'ultima
è la sola che presenta degli elementi circolari (7.e-f) e degli oggetti
(«abeti») capovolti. L'organizzazione topologica globale della super-
ficie pittorica può essere schematizzata dalla figura seguente:
Per quanto concerne gli schemi di composizione che organizzano i di-
versi elementi fra loro, le due fasce orizzontali (inferiore e superiore)
sono nettamente caratterizzate da una distribuzione simmetrica assiale
rispetto all'asse verticale mediano. Le due fasce verticali sono colle-
gate fra loro per le similitudini cromatiche che legano le due coppie
di triangoli neri e bianchi (2.a/2.d e 2.b/2.e). Gli assi diagonali che
uniscono ciascuna coppia di triangoli si incrociano nel centro geome-
trico del quadro. Gli elementi della zona centrale della superficie ri-
sultano organizzati, in base a similitudini cromatiche e eidetiche, in
due schemi triangolari che riprendono, invertendone la posizione, i
due triangoli delle fasce orizzontali posti sulla verticale mediana del
quadro. Il diagramma a pagina 120 tenta di mostrare la complessità
di tale schema compositivo.
I due oggetti non ricorrenti, il «fiore» e l'«uccello», caratterizzati an-
ch'essi da una chiara organizzazione simmetrica, sono disposti su un
asse verticale leggermente deviato in rapporto all'asse mediano geo-
metrico. Infine, la parte superiore del fiore, a forma circolare, occu-
pa il centro geometrico del quadro.

2.5. La dinamizzazione della lettura


Fin qui la nostra analisi, considerando l'oggetto pittorico come un
insieme articolato di strutture atemporali, avrebbe tenuto conto uni-
camente di una sua percezione globale. Alcuni esperimenti psico-fi-
siologici hanno tuttavia dimostrato che l'occhio, al momento della per-
cezione, segue dei percorsi all'interno della superficie pittorica, che
dipendono in parte dalla struttura stessa dell'oggetto percepito. L'a-
nalisi dell'oggetto visivo dovrebbe dunque essere in grado di mostrare
come quest'oggetto di natura statica possa generare delle performances di
lettura dinamica osservando certe regolarità. Non abbiamo la
possibilità di fare delle verifiche sul nostro esempio. Non potremmo del
resto che raccogliere dei risultati statistici. Ci sembra più
redditizio porre il problema dei percorsi a due livelli diversi: quello
delle leggi stesse della percezione (indipendentemente da qualsiasi og-
getto particolare) e quello della struttura dell'opera concreta, cercan-
do di distinguere quell'insieme di mezzi suscettibili di procurare un
carattere dinamico alla percezione dell'oggetto pittorico. Crediamo sia
possibile distinguerne tre, ognuno appartenente a un livello diverso.
E noto che un'inversione destra-sinistra al momento della riprodu-
zione di un'immagine è molto meno tollerabile rispetto a una sua ri-
duzione di grandezza, per esempio. La lettura di ogni immagine sem-
bra dunque essere orientata sull'asse orizzontale e ciò indipendente-
mente dalla natura particolare dell'oggetto. Secondo un'ipotesi, questo
deriverebbe dalla generalizzazione della direzione di lettura del libro
da sinistra a destra, valida all'interno della cultura occidentale. Se
si ammette questa congettura, ne derivano conseguenze generali per
la lettura di qualsiasi oggetto pittorico. Così, quando due elementi
sono legati da identità di qualità, l'elemento di sinistra è l'unità pri-
ma o l'unità posta, l'elemento di destra l'unità seconda o la risposta
(si passerebbe dunque, in Blumen-Mythos, dalla «falce di luna» nera
4.b alla «falce di luna» bianca 4.a). Parimenti, tutti gli assi non per-
pendicolari divengono delle linee ascendenti o discendenti. Così, l'asse
diagonale che nel nostro oggetto collega i settori con dominanza di
valori scuri (alto/sinistra - basso/destra) è discendente, quello che col-
lega i settori chiari (basso/sinistra - alto/destra) è ascendente. Un al-
tro esempio: l'asse verticale del «fiore» è deviato a destra*per diven-
tare una linea ascendente.
Il carattere dinamico di certe configurazioni specifiche, la. freccia ad
esempio, è di natura diversa. Nella civiltà occidentale questo segno
viene convenzionalmente usato per indicare delle direzioni da segui-
re. Klee se ne è servito con predilezione in molti quadri e disegni.
Anche l'esempio di analisi che abbiamo scelto è pieno di elementi che
richiamano la freccia (elementi lineari: II.3 «abeti», III, A, B, C, E;
elementi di superficie: 4, 5, 6). I triangoli (elementi 1, 2, 3) possono
essere considerati come delle unità composte da tre frecce, ma quan-
do sono addossati, come in questo caso, ai bordi del quadro, soltanto
una risulta operante. L'asse verticale viene così dinamizzato nella di-
rezione basso-alto dall'elemento l.b e nella direzione alto-basso dal-
l'elemento 3.
Un terzo tipo di dinamizzazione è proprio del livello figurativo e di-
pende dalle cognizioni culturali sulla «natura» degli oggetti. Si sa, in-
fatti, che una pianta «cresce verso l'alto» e che un uccello «vola in
direzione del suo becco».
Gli effetti dinamizzanti dei contorni dei diversi elementi possono som-
marsi e anche combinarsi con quelli che risultano dalla direzione di
lettura o che provengono da cognizioni circa la natura degli oggetti
rappresentati. A titolo esplicativo, proviamo a descrivere questo mec-
canismo considerando il campo situato intorno all'asse verticale (spo-
stato e deviato), che sopporta gli elementi triangolari l.b e 3, l'«abe-
te» II. 1 .e e i due oggetti composti «uccello» e «fiore». La freccia nera
in basso («collina» l.b) è ripresa da quella del «bulbo» nero (6), ele-
mento che appartiene ugualmente al campo 'terrestre' in rapporto
al resto del «fiore» e che ha il suo corrispettivo nell'«abete» verde
(II. 1 .e) che «cresce» sulla «collina» (l.b). L'allineamento sull'asse ver-
ticale dei sotto-oggetti del «fiore» («bulbo», «gambo», «foglie», «co-
rolla») corrisponde peraltro agli stadi successivi di crescita della pianta.
Partendo dal bordo superiore dell'opera, si vede che il triangolo chiaro
in alto è ripreso dal contorno generale dell'«uccello», di dimensioni
simili; all'interno dell'«uccello» si possono distinguere quattro frecce
supplementari che indicano tutte la stessa direzione, che è anche la
direzione naturale del volo dell'uccello. Riassumendo il risultato di
tutti questi effetti di senso dinamizzanti, si potrebbe dire a livello fi-
gurativo che l'«uccello» «punta» con il suo «becco» in direzione del
«fiore», che, a sua volta, «s'innalza» con un movimento opposto. Un
gioco di anafore eidetiche fra l'«uccello» (B e Ill.b.c) e gli elementi
del «fiore» (III.a e 7.a) sottolinea questo «incontro» con un effetto
di attrazione e di fusione del molteplice nell'unico (vedere lo schema
riportato qui di seguito).

2.6. La connessione dei livelli: i codici


Uno degli scopi del nostro studio è quello di descrivere il modo di
significazione della pittura figurativa così come si manifesta nell'ac-
querello Blumen-Mythos di Klee. Per questo finora abbiamo descritto
separatamente i due livelli di lettura, plastico e figurativo, che consi-
deriamo costituire rispettivamente il piano dell'espressione e il piano
del contenuto del dipinto in questione. Si tratta ora di vedere qual
è la funzione semiotica che lega i due livelli di lettura/piani del lin-
guaggio.
Di primo acchito, stupiranno le similitudini che si riscontrano fra la
lista degli elementi (pp. 1 1 3 e l l 6 ) e quella degli oggetti (p. 117). Le
due liste tuttavia sono state compilate separatamente e con procedi-
menti propri di ciascun livello. Sembra possibile dedurne che certe
opposizioni di qualità plastiche siano legate a certe opposizioni semi-
che soggiacenti alla manifestazione degli oggetti del livello figurati-
vo. Per descrivere questo tipo di connessioni fra i livelli, impieghere-
mo il concetto di codice-connettore, che definiamo come una regola che
instaura un rapporto fra opposizioni plastiche da un lato e opposizio-
ni semiche dall'altro. Questi codici potranno essere rappresentati at-
traverso delle omologazioni fra i due tipi di opposizioni, quali:
diritto : curvo :: 'terrestre' : 'celeste'
Per l'individuazione dei codici operiamo una divisione fra gli oggetti
manifestati dal nostro esempio di riferimento. Per questo lavoro ci
basiamo unicamente sugli oggetti ricorrenti e semplici (costituiti da
un solo elemento), tralasciando gli oggetti non ricorrenti, il «fiore»
e l'«uccello», che sono entrambi oggetti composti. La descrizione dei
rapporti fra i livelli sarà fatta allora in due tempi. Dapprima si pro-
verà ad isolare un certo numero di codici a partire dagli oggetti sem-
plici e ricorrenti; questi codici potranno in seguito rivestire una fun-
zione euristica per l'interpretazione dei due oggetti singolari, il «fio-
re» e l'«uccello».
Esaminiamo innanzitutto gli elementi ricorrenti della zona periferi-
ca. Se si considerano gli elementi triangolari disposti vicino ai bordi
della superficie e uno dei cui lati coincide con il margine interno del-
la cornice argentata, possiamo facilmente constatare una regolarità:
i triangoli definiti «colline» (l.a-d), con tre lati diritti, sono posti sul
bordo inferiore, i triangoli con un lato arrotondato, gli «aggetti roc-
ciosi» (2.a-e), oggetti insieme di natura 'terrestre' e 'celeste', sono
«attaccati» ai bordi verticali, e il triangolo con due lati arrotondati
(3) è «sospeso» al bordo superiore. Ci sono due codici che si nascon-
dono dietro questa regolarità.
(1) curvo : diritto :: 'celeste' : 'terrestre'
(2) alto : basso :: 'celeste' : 'terrestre'
Un «aggetto roccioso» (1 lato arrotondato) è di natura più 'celeste'
di una «collina» (0 lati arrotondati). Il fatto che gli elementi rappre-
sentanti degli oggetti di natura complessa, 'celesti' e 'terrestri' (gli
«aggetti»), siano posti più in alto, nella superficie pittorica, degli ele-
menti che raffigurano degli oggetti 'terrestri' (le «colline»), per quanto
«naturale» e superfluo possa sembrare, indica tuttavia l'applicazione
di un codice supplementare (2). L'elemento triangolare «sospeso» al
bordo superiore, che poneva dei problemi alla referenzializzazione,
rientra nel doppio sistema di codici se lo si classifica, come avevamo
già fatto intuitivamente, fra gli oggetti 'celesti'. I due codici si appli-
cano ugualmente agli altri elementi arrotondati vicino al bordo supe-
riore, 9.a-d («arcobaleno (?)») e 7.d-f («astri»). La loro classificazio-
ne in quanto oggetti 'celesti' si trova così confermata. Resistono solo
gli oggetti 'vegetali', gli «abeti» e i «ciuffi d'erba» (I e II), che corri-
spondono a degli elementi lineari. La loro natura plastica sembra in-
dipendente dalla loro posizione verticale (su «colline», su «aggetti»
o vicino agli oggetti 'celesti' del bordo superiore). Siamo dunque ob-
bligati a specificare che i codici (1) e (2) si applicano solo agli elemen-
ti di superficie.
Passiamo agli oggetti semplici situati nella parte centrale (4.b, 8, 7.b,
7.c + 4.a: sono tutti degli «astri») e constatiamo che obbediscono al
codice (1) (essendo di natura 'celeste' sono tutti più o meno curvi),
ma non al codice (2) (alto : basso :: 'celeste' : 'terrestre'); non si può
affermare che gli «astri» posti più in alto siano di natura più 'celeste'
degli «astri» posti più in basso. La validità del codice (2) è sospesa
nella zona centrale. Si potrebbe allora dire che le due zone (centrale
e periferica) obbediscono a due differenti tipi di rappresentazione del
mondo. L'applicazione del codice (2) nella zona periferica corrisponde
al tipo di rappresentazione caratteristica di gran parte della pro-
duzione pittorica occidentale. Al contrario, la zona centrale dipende
da un altro tipo di rappresentazione. Riassumiamo i due codici pre-
cisando il loro campo di applicabilità:
(1) (elementi di superficie)
curvo : diritto :: 'celeste' : 'terrestre'
(2) (elementi di superficie, periferici)
alto : basso :: 'celeste' : 'terrestre'
A questi due codici se ne aggiunge un terzo di carattere generale: gli
elementi lineari rappresentano tutti degli oggetti 'vegetali' ('anima-
ti'), mentre gli elementi di superficie degli oggetti 'inanimati'. Si può
quindi scrivere:
(3) el. lineari : el. di superficie :: 'animato' : 'inanimato'19
Possiamo ora esaminare quale sia il valore interpretativo dei diversi
codici appena scoperti per la lettura di due oggetti composti: il «fio-
re» e l'«uccello». Non utilizzeremo il codice (2) poiché la sua applica-
zione si limita agli elementi periferici.
Per quanto concerne l'«uccello», oggetto formato da elementi lineari,
solo il codice (3) (elementi lineari: elementi di superficie :: 'animato'
: 'inanimato') può essere applicato. Questo trova semplicemente
conferma nel fatto che siamo portati in modo ridondante a conside-
menti che raffigurano degli oggetti 'terrestri' (le «colline»), per quanto
«naturale» e superfluo possa sembrare, indica tuttavia l'applicazione
di un codice supplementare (2). L'elemento triangolare «sospeso» al
bordo superiore, che poneva dei problemi alla referenzializzazione,
rientra nel doppio sistema di codici se lo si classifica, come avevamo
già fatto intuitivamente, fra gli oggetti 'celesti'. I due codici si appli-
cano ugualmente agli altri elementi arrotondati vicino al bordo supe-
riore, 9.a-d («arcobaleno (?)») e 7.d-f («astri»). La loro classificazio-
ne in quanto oggetti 'celesti' si trova così confermata. Resistono solo
gli oggetti 'vegetali', gli «abeti» e i «ciuffi d'erba» (I e II), che corri-
spondono a degli elementi lineari. La loro natura plastica sembra in-
dipendente dalla loro posizione verticale (su «colline», su «aggetti»
o vicino agli oggetti 'celesti' del bordo superiore). Siamo dunque ob-
bligati a specificare che i codici (1) e (2) si applicano solo agli elementi
di superficie.
Passiamo agli oggetti semplici situati nella parte centrale (4.b, 8, 7.b,
7.e + 4.a: sono tutti degli «astri») e constatiamo che obbediscono al
codice (1) (essendo di natura 'celeste' sono tutti più o meno curvi),
ma non al codice (2) (alto : basso :: 'celeste' : 'terrestre'); non si può
affermare che gli «astri» posti più in alto siano di natura più 'celeste'
degli «astri» posti più in basso. La validità del codice (2) è sospesa
nella zona centrale. Si potrebbe allora dire che le due zone (centrale
e periferica) obbediscono a due differenti tipi di rappresentazione del
mondo. L'applicazione del codice (2) nella zona periferica corrispon-
de al tipo di rappresentazione caratteristica di gran parte della pro-
duzione pittorica occidentale. Al contrario, la zona centrale dipende
da un altro tipo di rappresentazione. Riassumiamo i due codici pre-
cisando il loro campo di applicabilità:
(1) (elementi di superficie)
curvo : diritto :: 'celeste' : 'terrestre'
(2) (elementi dì superficie, periferici)
alto : basso :: 'celeste' : 'terrestre'
A questi due codici se ne aggiunge un terzo di carattere generale: gli
elementi lineari rappresentano tutti degli oggetti 'vegetali' ('anima-
ti'), mentre gli elementi di superficie degli oggetti 'inanimati'. Si può
quindi scrivere:
(3) el. lineari : el. di superficie :: 'animato' : 'inanimato'19
Possiamo ora esaminare quale sia il valore interpretativo dei diversi
codici appena scoperti per la lettura di due oggetti composti: il «fio-
re» e l'«uccello». Non utilizzeremo il codice (2) poiché la sua applica-
zione si limita agli elementi periferici.
Per quanto concerne l'«uccello», oggetto formato da elementi lineari,
solo il codice (3) (elementi lineari: elementi di superficie :: 'animato'
: 'inanimato') può essere applicato. Questo trova semplicemente
conferma nel fatto che siamo portati in modo ridondante a conside-
stema più vincolante, dove i piani dell'espressione e del contenuto
abbiano una relazione più stretta. Ci troviamo di fronte, con que-
st'ultima affermazione, ad una delle definizioni classiche della poe-
sia: il linguaggio poetico stabilisce fra il piano dell'espressione e quello
del contenuto dei rapporti che oltrepassano l'arbitrarietà del linguaggio
ordinario21. In rapporto alla «prosa del mondo», la pittura di Klee
meriterebbe allora l'aggettivo di poetica.

2.8. «Blumen-Mythos»
Fino ad ora abbiamo deliberatamente evitato di prendere in conside-
razione nell'analisi il titolo dell'acquerello di Klee. Il titolo è un mes-
saggio linguistico la cui lettura, data la sua diversa natura semiotica,
è logicamente indipendente da quella dell'oggetto pittorico. I due
messaggi, visuale e linguistico, possono e devono inizialmente essere
letti indipendentemente. La loro collusione può allora assumere tut-
te le forme possibili, dalla funzione di ancoraggio22, fino al paradosso
che denuncia l'artificio23.
Il titolo originale dell'acquerello, Blumen-Mythos, che in italiano può
essere tradotto con «Mito del fiore» o «Mito floreale», in tedesco è
una parola composta da due termini: uno concreto (Blume), l'altro
astratto (Mythos). Solo il primo rinvia ad un oggetto visibile, può cioè
essere utilizzato direttamente a livello figurativo. Già dalla sola lettura
dell'oggetto pittorico risultava che un «fiore» occupava una posi-
zione singolare. Preso nella sua eventuale funzione di ancoraggio il
titolo non apporta, dunque, alcuna novità. È invece il secondo ele-
mento del titolo ('mito') che, applicato al primo, aggiunge un'infor-
mazione che non è direttamente individuabile a partire dall'oggetto
visivo.
La straordinaria competenza di Klee nella manipolazione del linguag-
gio e la sua educazione umanistica classica inducono a considerare
il titolo del quadro con seria attenzione. Il mito, secondo la definizio-
ne tradizionale, è un racconto che, attraverso le sue figurazioni par-
ticolari, spesso attinte dal mondo vegetale e animale, mira, al suo li-
vello profondo, a spiegare la condizione umana in generale. Si legge
alla voce «mythologie» della Grande encyclopédie: «... il mito mette sempre
in scena dei personaggi umani o almeno dei personaggi analoghi a
degli esseri umani».
Nella nostra analisi del livello figurativo non è risultato nessun ter-
mine antropomorfo. Se si accetta la definizione del mito sopracitata,
il titolo indicherebbe allora che gli oggetti naturali rappresentati nel-
lo spazio pittorico sarebbero da prendere come simboli (nel senso cor-
rente) di esseri umani. L'analisi del quadro a livello plastico ha mo-
strato che il rapporto centrale va articolato tra i due insiemi di ele-
menti che rappresentano il «fiore» e l'«uccello», i soli oggetti non ri-
correnti e che occupano una posizione privilegiata all'interno della
superficie pittorica. Siamo allora portati a considerare questi due og-
getti come dei simboli che rinviano al campo dell'umano. Un certo
numero di indizi spinge ad articolare il loro reciproco rapporto nel-
l'ambito dell'isotopia sessuale e a vedere nel «flore» un oggetto fem-
minile e nell'«uccello» un oggetto maschile. Il genere grammaticale dei
termini generici che designano i due oggetti in tedesco («Blume» fem-
minile, e «Vogel» maschile) corrisponde a queta interpretazione. Que-
sti due termini sono correntemente impiegati con lo stesso senso sim-
bolico nella lingua naturale: il «fiore» piuttosto nel discorso poetico,
l'«uccello» per lo più nel discorso erotico. Consideriamo tuttavia co-
me decisivo, per confermare la nostra ipotesi, il modo particolare di
rappresentazione di questi due oggetti. L'«uccello», rappresentato co-
me una freccia multipla, ha l'aspetto di un oggetto «penetrante», il
«fiore», più precisamente la grande falce del «calice», quello di una
forma «ricevente», che riprende, ma incurvata, la forma della gran-
de freccia dell'«uccello»24.
Dobbiamo ora riconsiderare i paradossi che risultavano dall'applica-
zione dei codici (1) e (3) all'oggetto «fiore». In relazione alla sua na-
tura eidetica, questo ci appariva come un oggetto complesso appar-
tenente, allo stesso tempo, alla classe degli oggetti 'inanimati' e 'ani-
mati', 'celesti' e 'terrestri'. Questa constatazione richiama alla me-
moria una definizione più recente del mito, quella di Lévi-Strauss,
che considera questo tipo di discorso come una struttura di media-
zione, destinata a conciliare dei termini logicamente inconciliabili.
È come se l'organizzazione plastica del nostro quadro riflettesse nel
campo visivo la struttura formale del mito.
La classificazione del «fiore» come oggetto che riunisce in sé i tratti
'animato' e 'inanimato', in seguito all'applicazione dei codici-
connettori, gli conferisce il ruolo di una figura mediatrice. Il grande
«fiore» è l'oggetto che, manifestandosi attraverso una struttura pla-
stica complessa, permette il passaggio dal campo cosmologico ('inani-
mato' e 'celeste') al campo 'animato' e 'terrestre', quello dei vegetali
e degli animali, ma anche quello dell'essere umano. Lo schema che
segue riassume questa struttura di mediazione.

livello figurativo «uccello» «fiore» «astri»


tratti semici animato animato
codificati inanimato inanimato
terrestre
celeste celeste

livello simbolico umano cosmologico

maschile femminile

Possiamo ora constatare come la lettura del fondo rosso come «torso
di donna», provvisoriamente scartata all'inizio, si integri perfettamente
nella nostra analisi. Derivante dalla interpretazione simbolica del fiore
come elemento femminile, essa convalida lo statuto antropomorfo po-
stulato per gli oggetti centrali e che abbiamo posto come ipotesi da
verificare25.
Ciò che è comune alle definizioni classica e strutturale del mito è il
suo-aspetto narrativo. Il mito è un racconto, racconta una storia. Se
riprendiamo lo schema della struttura di mediazione, sembra ora fa-
cile formulare un racconto elementare che, nel nostro caso, si artico-
la sul rapporto fra gli oggetti centrali, l'«uccello», il «fiore» e gli «astri»:
l'uomo, sotto forma di «uccello», si unisce alla donna-«fiore», ma tra-
mite questa congiunzione entra indirettamente in contatto con il co-
smo, rappresentato nella sua forma pura dagli «astri»26. Un tale
enunciato, al termine di un'analisi che voleva avvicinarsi idealmente al
discorso scientifico, può sorprendere. Non c'è forse il rischio di
ricadere nel discorso della critica intuitiva? Tuttavia, anche se una
tale rassomiglianza risulta innegabile27, resta il fatto che, se non è
possibile affermare che gli enunciati della critica intuitiva siano sem-
pre falsi, è ugualmente impossibile affermare il contrario; ed è que-
sto, ci sembra, il suo difetto fondamentale. L'analisi semiotica, al con-
trario, mettendo l'accento sui meccanismi formali della produzione
del senso, ha permesso di mostrare come la pittura figurativa, mani-
polando dei mezzi propriamente pittorici, possa giungere a mettere
in relazione campi del mondo che la logica comune manterrebbe di-
stinti. La pittura, nello spazio di alcuni decimetri quadrati, è capace
di dare l'illusione di un mondo nuovo, di un mondo dove tutte le con-
traddizioni appaiono come risolte.

Note
* Questo saggio costituisce una (la prima) delle tre analisi che compongono il volu-
me, dello stesso autore, Paul Klee. Analyse sémiotique de trois peintures, Lausanne 1982.
pp. 17-40. Le altre analisi contenute nel libro si riferiscono, nell'ordine di pubblica-
zione, a Pflanzen-Analytisches — 1932 e Le rouge et le noire — 1938.

1. Descrizione materiale: l'acquerello Blumen-Mythos è dipinto su della garza appli-


cata su carta da giornale e preparata a gesso. Questa superficie composita risulta
poi incollata su un cartone di dimensioni più grandi. La cornice che ne risulta è di-
pinta in bronzo argentato; la sua larghezza varia tra i 4 e gli 8 mm. La dimensione
totale dell'opera, cornice argentata inclusa, è di 17 x 30,2 cm. L'insieme appena de-
scritto è, a sua volta, posto su un ulteriore cartone di supporto che reca il titolo Blumen-
Mythos (oggi quasi completamente cancellato) e la data di esecuzione con il numero
di riferimento al catalogo delle opere dell'artista: 1918 82. L'acquerello non è firma-
to. Il catalogo delle opere reca le seguenti indicazioni tecniche: «Acquarell auf Zin-
noberrot/Schirting-Kreidegrund» e l'indicazione di vendita: «Walden verkauft». L'ac-
qurello un tempo era proprietà di Lothar Schreyer, maestro al Bauhaus, (cfr. L.
Schreyer, Erinnerungen an Sturm und Bauhaus, Mùnchen 1956, p. 213). Nel 1955, l'o-
pera è entrata nella collezione Bernard Sprengel di Hannover. Dal 1979 la collezio-
ne Sprengel è accessibile al pubblico nel nuovo museo di Hannover.
2. L. Hjelmslev, Omkringsprogteoriesgrundlaeggelse, Kpbenhavn 1943, (trad. it., Ifon
damenti della teoria del linguaggio, Torino 1959, p. 121).
3. Vedi la voce corrispondente in A.J. Greimas & J. Courtés, Sémiotique. Dictionnaire
raisonnée de la théorie du langage, Paris 1979 (trad. it., Semiotica. Dizionario ragionato della
teoria del linguaggio, Firenze 1986).
4. Tali unità corrispondono al «primo» livello, quello pre-iconologico di E. Panof-
sky, Studies in Iconology, New York 1939 (trad. it., Studi di iconologia, Torino 1975).
5. Cfr. Greimas & Courtés, op. cit., ad vocem.
6. Non pretendiamo che il nostro procedimento analitico, con le regole di scomposi-
zione formale che abbiamo stabilito, possieda un valore esemplare, nel senso che po-
trebbe essere applicato meccanicamente a qualsiasi oggetto pittorico. I livelli di per-
tinenza non sono identici per tutti i tipi di pittura. (E evidente, ad esempio, che un
inventario della totalità dei tocchi di colore di un quadro pointilliste, sebbene percepi
bili separatamente, sarebbe privo di interesse). Questo non inficia tuttavia la regola
fondamentale secondo la quale la significazione di un processo visivo si fonda sul-
l'individuazione di contrasti tra qualità cromatiche e eidetiche manifestate. La stes-
sa cosa dicasi per le pitture che, in rapporto alla dimensione cromatica, sfruttando
il modo di manifestazione continuo, poiché ogni gradazione presuppone l'esistenza
di due poli di qualità cromatiche produttrici di contrasti.
7. Parleremo ugualmente di opposizione cromatica nel caso di un accostamento di
due superfici ciascuna delle quali caratterizzata da un disegno omogeneo. Si sa che
per ragioni di economia i contrasti cromatici secondari vengono sfruttati sistematica
mente come surrogati nei manuali di araldica.
8. L'esistenza di quadri monocromatici come quelli di Yves Klein non contraddice
necessariamente questa affermazione. Una delle funzioni di questo tipo di opere pla-
stiche potrebbe essere proprio quella di obbligare l'enunciatario a integrare lo spa
zio circostante durante il processo di ricezione. Se, al contrario, lo spettatore proce
de a una lettura «ravvicinata» della superficie facendo così sparire i bordi, accede
ad un'esperienza che non ha più nulla in comune con la percezione visiva ordinaria:
«si perde» nel vuoto qualitativo di un unico colore. Si tratterebbe dunque del caso
paradossale in cui il messaggio non sarebbe altro che connotativo?
9. Il nostro concetto di categoria cromatica, benché sviluppato a partire da un ra
gionamento diverso, corrisponde a uno dei raggruppamenti che Christian Metz (Essais
sémiotiques, Paris 1977, p. 88) ha formato all'interno delle sei categorie registrate da
Jacques Bertin (Sémiotique graphiche, Paris-La Haye 1967), le variabili di elevazione
«non-interferenti» (valore, colore, grana).
10. L'utilità di una tale concezione per l'analisi dei testi poetici è stata dimostrata
da Jacques Geninasca («Decoupage conventionnel et signification», in A.J. Grei
mas, ed., Essais de sémiotique poétique, Paris 1972). Geninasca descrive la forma del
sonetto come una matrice convenzionale che, stabilendo delle relazioni, facilita la
decodifica del testo-occorrenza.
11. Attiriamo l'attenzione sul fatto che nella nostra analisi la dimensione assoluta
della superficie non è considerata come pertinente. La nostra definizione del forma-
to si distingue quindi da quella fornita da Meyer Shapiro («Sur quelques problémes
de sémiotique de l'Art visuel: champ et véhicule dans les signes iconiques», Critique,
315/316, 1973, p. 857): «Per formato intendo la forma del campo, le sue proporzio
ni e il suo asse dominante, così come la sua dimensione». La decisione di non consi
derare la dimensione assoluta dell'opera ai fini dell'analisi ci sembra legittima nella
misura in cui la riduzione o l'ingrandimento del formato non incide sui rapporti
immanenti che si manifestano nell'opera in quanto oggetto semiotico chiuso. Quan-
do questi cambiamenti superano una certa misura possono tuttavia modificare le
relazioni tra l'oggetto pittorico e il soggetto ricettore.
12. La differenza di natura tra gli assi perpendicolari e diagonali diviene evidente
quando si prende come esempio una superficie pittorica circolare (tondo): gli assi per-
pendicolari possono esservi proiettati, ma non si possono costruire assi diagonali.
13. A. Lhote, Les invariants plastiques, Paris 1967, p. 86.
14. «Sono definiti pentimenti quelli nascosti dalla stesura definitiva, ma che traspaiono
quando risultano dì colore più scuro» (A. Lhote, Traté dupaysage, Paris 1946, p. 81
e
sgg.)-
15. L'opposizione grafico vs pittorico, così come è utilizzata in questo caso, non corri
sponde alla coppia lineare vs pittorico di Heinrich Wòlfflin {Kunstgeschichtliche Grundbe-
griffe, Basel 1915 (trad. it., Concetti fondamentali di storia dell'arte, Milano 1984 3 ). Per
Wòlfflin, che parla di «stile» o di «arte» lineare e pittorica, i termini servono a carat
teorizzare un prodotto o una produzione artistica in generale.
16. Gli elementi costituenti le «zampe» dell'«uccello» offrono un caso particolarmente
interessante per la loro configurazione specifica. Tale configurazione è costituita dalle
tracce lasciate dall'uccello su una sostanza molle. I 'segni' pittorici «zampe» appar
tengono allora, per usare la terminologia di Charles S. Peirce — Collected Papers, voli.
1-8, Cambridge 1931-1935, (trad. it. parziale, Semiotica. Ifondamenti della semiotica
cognitiva, Torino 1980) —, alla classe degli 'indici' o più precisamente a quella degli
'indici' rappresentati, cioè delle 'icone d'indice'. Ma 'l'oggetto a cui si riferiscono'
questi 'segni' non è un paio di zampe di uccello, ma il volatile intero. Si potrebbe
allora dire che il 'segno (iconico?)' «uccello» contiene, in questo caso, come due del
le sue parti costitutive, un paio di 'segni indice (o icone d'indice)', e che entrambi,
il 'segno' globale e due delle sue parti, rinviano allo stesso 'oggetto'.
17. Un sondaggio condotto su una cinquantina di studenti ci hanno permesso di
rendere oggettive le nostre denominazioni. Nel caso in cui non c'è stato accordo ge-
nerale, i lessemi che appaiono nella lista degli oggetti sono segnati con un punto in
terrogativo. Ringraziamo M. Gian-Willi Vonesch che ci ha autorizzato a fare que
sto controllo nelle sue classi.
Si noterà che la nostra rete categoriale possiede esattamente la stessa funzione del
codice nel senso di Lévi-Strauss — cfr. l'esposizione che ne fa A.J. Greimas in Du
sens, Paris 1970 (trad. it., Del senso, Milano 1974, p. 195 e sgg.). Il nostro schema
tenta di esplicitare il «sistema degli esseri» proprio della nostra cultura.
18. Cfr. anche il famoso quadro «ad marginem» (1935-1936), del Museo di Basilea.
19. I differenti codici non sono tutti indipendenti gli uni dagli altri. Si può in effetti
constatare che i codici (1) e (2) si applicano entrambi alla stessa opposizione seman
tica. La legge della transitività ci permette in questo caso di formulare, almeno per
certi tipi di elementi e in certe zone, dei rapporti di solidarietà tra le opposizioni
plastiche, quali: (1) + (2) (elementi di superficie, periferici)
curvo : diritto :: alto : basso
Questo significa che nelle condizioni precisate, un elemento di natura relativamente
curvilinea si trova nello stesso tempo in una posizione relativamente elevata.
20. Cfr. Greimas & Courtés, op. cit., la voce «semiotica» B.5.d., nonché la voce
«semi-symbolique» in Sémiotique. Dictionnaire raisonné de la théorie du langage II, Paris
1985, degli stessi autori.
21. Cfr. Greimas, op. cit., p. 294.
22. Tale funzione è stata descritta da R. Barthes in «Rhétorique de l'image», Com-
munications, 4, 1964, pp. 40-51 (trad. it., «La retorica dell'immagine», in L'ovvio e
l'ottuso, Torino 1985).
23. Cfr. M. Foucault, «Ceci n'est pas una pipe», Les Cahier du chemin, 2, 1968, (trad.
it., Questa non è una pipa, Milano 1980).
24. Volendo attribuire un valore dimostrativo all'esistenza di riscontri al di fuori
del nostro esempio di analisi, si potrebbero prendere in considerazione due opere
di Klee che confermano la nostra ipotesi. Innanzitutto la seconda versione dell'inci
sione Weib und Tier («Donna e animale») 1904/13, dove si vede una donna, che tiene
in mano un fiore, avvicinata da un animale di sesso maschile. Ci si potrebbe ugualmen
te riferire a un disegno intitolato Der Pfeil («La freccia») del 1920, dove questa figura
ha un valore nettamente erotico, (le due opere sono riprodotte in C. Geelhaar, Paul
Klee et le Bauhaus, Neuchàtel 1972, p. 55 e sgg.).
25. Siamo rimasti sorpresi di imbatterci su un quadro di Magritte, Le souvenir déter-
minant (1942), che sembra riprendere in maniera esplicita l'ambiguità figura/fondo
rilevata dalla maggior parte degli osservatori di fronte alla grande superficie rossa di
20. quando risultano di colore più scuro» (A. Lhote, Traté du paysage, Paris 1946,
p. 81 Blumen-Mythos. Il dipinto di Magritte simula il punto di vista di uno spettatore
posto all'interno di una grotta che dirige il suo sguardo verso l'apertura dell'antro,
dove, nel mezzo del bordo inferiore, spunta un albero. Anche in questo caso, la
silhouette del cielo così ritagliata riprende i contorni di un torso di donna. L'opera
di Magritte è riprodotta in P. Waldberg, Rene Magritte, Bruxelles s.d., n. 177.
26. Ci si può domandare se questo risultato dell'analisi non debba essere, in qual
che modo, modulato sul registro dell'ironia. Con la rappresentazione del maschio
come un piccolo essere fragile e trasparente, si ritrova in Blumen-Mythos la stessa spro
porzione tra le figure femminile e maschile, che era già caratteristica dell'incisione
Weib und Tier del 1904 (cfr. nota 24). Ne risulta, ci sembra, un effetto di distacco
ironico in rapporto al discorso enunciato.
27. La sola descrizione dettagliata di Blumen-Mythos esistente, a nostra conoscenza,
è dovuta a Carola Giedion-Welcker (1957). Un buon esempio di questo tipo di di
scorso sulla pittura. Il «fiore» viene caratterizzato, in accordo con la nostra analisi,
come «un astro fra gli astri» (Gestim unter Gestirneri).

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