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Francesco Lamendola

Che cos la geometria?


Che cos la geometria? Tutti crediamo di saperlo; qualunque studente, interrogato in proposito, si affretta a sciorinare la definizione appresa sul libro, che suona pressa poco cos: la geometria quella scienza che studia le figure disposte sul piano e nello spazio, e le loro reciproche relazioni. In verit, questo un buon esempio del nostro credere di sapere tipico soprattutto della nostra cultura, cio della cultura occidentale moderna -, che si riduce a un falso sapere, allorch si trova a dover riflettere sui propri fondamenti e scopre di non averli, o di non averli chiariti a sufficienza; un sapere che, tutto preso dalla smania del fare, dellagire, del manipolare, non si preoccupa pi di tanto di fondare coerentemente, lucidamente e rigorosamente le proprie basi teoretiche, convinto, nella sua immensa presunzione, che quello che conta, in ultima analisi, il risultato, ovvero, per usare unespressione pi consona allodierna temperie culturale, il successo, ossia la capacit di modificare effettivamente la realt esterna, secondo la propria volont. lo stesso deficit di chiarificazione profonda che si nota in tutte le altre scienze e in tutti gli altri ambiti del pensiero: dalla filosofia alla teologia, dalla storia alle scienze naturali, dalla fisica alla chimica, dalla psicologia allantropologia, dalleconomia al diritto. E con quali nefaste conseguenze, cosa che sta ormai sotto gli occhi di tutti o, almeno, di tutti coloro i quali sono disposti, in buona fede e con retta coscienza, a vederli e a riconoscerli, senza prestarsi al gioco dello struzzo. Lasciamo perdere, dunque, le formulette imparate a memoria quando eravamo sui banchi di scuola forse davanti a dei professori che si accontentavano di sentirsele ripetere docilmente, ma non di sviluppare in noi un autentico senso critico delle cose - e proviamo a domandarci, di nuovo, ma con mente sgombra da ogni residuo di falso sapere: che cos la geometria? Innanzitutto, perch ci sia una geometria, necessario che ci sia uno spazio nel quale porre (cio immaginare di porre; porre idealmente ) le figure; e, naturalmente, una mente capace di riflettere su di essi. Lo spazio, lo immaginiamo gi dato, e anche le figure (come e perch, non cosa che riguardi direttamente la geometria: riguarda la filosofia - non male, tuttavia, che anche lo studente di geometria provi a porsi linterrogativo, tanto per abituarsi a non lavorare del tutto alla cieca, come un tecnico col suo bravo paraocchi). Tuttavia, se anche lo spazio e le figure sono gi dati, resta da capire e da definire quale sia loggetto dello studio di codeste figure nello spazio (qualunque cosa tale spazio sia), perch non tutto, di loro, ci interessa. Non ci interessa il colore, ad esempio, n il numero: non ci interessa che un triangolo sia rosso, o verde, o giallo; n ci interessa che vi siano dieci, cento o mille triangoli che presentano determinate caratteristiche, per esempio di essere dei triangoli equilateri, o isosceli, o scaleni. Infatti, quando avremo dimostrato certe propriet di un triangolo equilatero, daremo per scontato che esse valgano per qualunque triangolo equilatero, indipendentemente dalle sue dimensioni o da qualunque altra caratteristica che non interessi la geometria. E allora, quali sono le propriet delle figure che ci interessano, in quanto oggetto di quella scienza chiamata geometria? Sono quelle riguardanti le trasformazioni delle figure stesse, che non modificano le loro propriet: tale , in sintesi, la definizione proposta da un grande matematico tedesco del XIX secolo, Felix Klein. Un buon esempio di questo concetto offerto dal cosiddetto principio di Cavalieri (un matematico italiano vissuto nel XVII secolo): DUE SOLIDI CHE SI POSSONO COLLOCARE IN MODO CHE SIANO
EQUIVALENTI LE LORO SEZIONI CON UN QUALSIASI PIANO PARALLELO A UN PIANO FISSO, SONO EQUIVALENTI.

In pratica, si tratta di questo: se consideriamo un parallelepipedo rettangolo costruito mediante un certo numero di fogli di carta, rettangolari, tutti uguali fra loro ed esattamente sovrapposti, potremo far scorrere i fogli luno sullaltro, fino a trasformarlo in un parallelepipedo che non sar pi retto, ma un solido con le facce incurvate, sempre restando invariate sia la base che laltezza. I solidi formati in questo modo saranno sempre equivalenti: ci risulta intuitivo, dal momento che sono costituiti dallo stesso numero di fogli. Tutto ci dimostra che una figura geometrica pu essere deformata in maniera tale da assumere una conformazione alquanto diversa da quella iniziale, e tuttavia rimanere equivalente a se stessa, conservando la stessa base e la medesima altezza. Questo quanto intendevamo, dicendo che alla geometria interessano solo certe propriet delle figure, e pi precisamente quelle che non vengono modificate dalle trasformazioni che dette figure possono subire. Scriveva Luciano Scaglianti nel suo libro di testo Geometria per gli Istituti Magistrali (Padova, Cedam, 1981, pp. 225-227): Allinizio dello studio della geometria labbiamo definita come LA SCIENZA CHE SI PROPONE LO STUDIO DI UN CERTO INSIEME, DETTO SPAZIO, COSTITUITO DA INFINITI ELEMENTI, DETTI PUNTI . La geometria, cio, si occupa, come sovente si dice, delle propriet delle figure nel piano e nello spazio. per da notare che la definizione sopra data molto generica, e in geometria non si studiano affatto TUTTE le propriet delle figure. In geometria del tutto indifferente, per esempio, disegnare un triangolo su una carta bianca o sulla lavagna nera; il colore del triangolo non oggetto di studio da parte della geometria. Cos pure nello studio delle figure geometriche si prescinde, in modo del tutto naturale, da certe realizzazioni concrete le quali particola rizzano la figura stessa. Per esempio, quando si studia la circonferenza si ritiene del tutto ovvio che le propriet che interessano la geometria sono quelle che si riferiscono non ad una particolare circonferenza, ma quelle comuni a tutte le circonferenze isometriche alla data, cio a tutte le circonferenze che differiscono tra loro solo per la posizione occupata nel piano. In atre parole, le propriet che interessano sono quelle che rimangono invariate anche se la figura viene sottoposta ad un movimento rigido, cio unisometria. Addirittura, a volte, interessano propriet comuni a circonferenze simili, cio quelle propriet che permangono anche se la figura viene sottoposta ad una similitudine, cio trasformata in unaltra simile. [] In altre parole, in geometria indifferente considerare la circonferenza in una posizione, oppure in unaltra, e per certe propriet, con un dato raggio oppure con un altro. Concludendo possiamo dire che quando una figura viene sottoposta ad una trasformazione, alcune propriet della figura si conservano, cio rimangono invariate: sono proprio queste propriet che si chiamano PROPRIET GEOMETRICHE. Lanalisi metodologica della struttura della geometria, che ha portato a questi punti di vista, stata compiuta dal matematico tedesco F. Klein verso la fine del secolo scorso. Per capire quale sia limportanza e la profondit dellanalisi di Klein occorre ricordare che ai suoi tempi la geometria aveva assunto un nuovo assetto, dovuto allesistenza di varie geometrie; in particolare la geometria proiettiva si era presentata alla ribalta della scienza come una dottrina pi generale della geometria euclidea, intesa in senso classico, ed erano anche apparse diverse ricerche le quali sviluppavano geometrie che apparivano come abbastanza strane e che si presentavano anche in certo modo come episodiche e staccate tra loro. Il merito di Klein fu di presentare unidea unificatrice, la quale permetteva di dare una classificazione, e quindi una visione unitaria di tutti questi capitoli della geometria, che si erano originariamente presentati come abbastanza diversi e indipendenti tra loro. Lo strumento di cui si serve Klein per tale unificazione un concetto che appartiene allalgebra: il concetto di gruppo che Klein presenta sotto la sua realizzazione concreta di gruppi di trasformazioni. Egli, infatti, in un celebre discorso inaugurale tenuto nel 1872, quando divent professore allUniversit di Erlangen, mostr come il concetto algebrico di gruppo potesse essere impiegato quale mezzo conveniente per caratterizzare le varie geometrie che erano apparse nel corso dei secoli. Nel suo discorso, che diventer famoso come Programma di Erlangen, Klein descrive la geometria come lo studio delle propriet delle figure aventi carattere 2

invariante rispetto a un particolare gruppo di trasformazioni. Qualsiasi classificazione dei gruppi di trasformazione diventava pertanto una codificazione delle varie geometrie. La geometria euclidea, per esempio, lo studio delle propriet delle figure che rimangono invariate rispetto al gruppo delle trasformazioni formato dalle similitudini, che contiene come sottogruppo il gruppo delle isometrie. La geometria affine lo studio delle propriet delle figure che rimangono invarianti rispetto al gruppo delle affinit; la geometria proiettiva lo studio delle propriet invarianti rispetto al gruppo delle proiettivit, ecc. Concludendo possiamo dire che per fondare una geometria occorrono: a) uno SPAZIO, la cui struttura viene descritta da opportuni assiomi. b) Un GRUPPO DI TRASFORMAZIONI, ossia un gruppo di particolari corrispondenze biunivoche tra i punti dello spazio, anchesse definite da opportuni assiomi. Dopo di che si d la seguente definizione: LA GEOMETRIA LA SCIENZA CHE STUDIA QUELLE
PROPRIET DELLE FIGURE CHE NON VENGONO MODIFICATE DA PARTICOLARI TRASFORMAZIONI DELLE FIUGURE STESSE.

da notare, infine, che le propriet delle figure che si conservano dipendono dal tipo di trasformazione che si considera. Per esempio, le isometrie conservano le distanze, mentre le similitudini non conservano le distanze, ma il rapporto tra segmenti corrispondenti. Dunque a seconda del tipo di trasformazione che si considera si ha un tipo di geometria. E per fare della geometria occorre SEMPRE avere uno spazio e un gruppo di trasformazioni. I diversi tipi di geometria che si possono immaginare sono la conseguenza del tipo di trasformazioni a cui si sottopongono le figure nello spazio. Non esiste geometria se non si dispone di uno spazio in cui porre le figure e se non si esercitano delle trasformazioni, o meglio, come chiarisce Klein, dei gruppi di trasformazioni. Una geometria puramente statica sarebbe un non senso, perch si ridurrebbe alla descrizione di figure morte; mentre le figure geometriche sono tali in quanto sono vive, cio in quanto suscettibili di trasformazioni, e pi precisamente di trasformazioni che non ne modifichino le propriet. Ma non solo le figure della geometria sono vive: anche lo spazio in cui si collocano vivo, tanto vero che pu dilatarsi indefinitamente ad accogliere qualunque tipo e quantit di figure; la definizione geometrica di spazio, infatti, che si tratta di un insieme costituito da infiniti elementi, detti punti. Ma anche i suoi sottoinsiemi, le rette e i piani, godono della medesima propriet: per cui ne deriva, paradossalmente, che la parte non minore del tutto, perch anche la parte dello spazio formata dalla retta e dal piano risulta costituita da infiniti punti. Ed eccoci tornati al punto iniziale: alla necessit, cio, di collocare anche la geometria entro un certo quale orizzonte filosofico, del quale non solo lo specialista, ma anche il semplice studente, dovrebbero possedere un minimo di consapevolezza. Non si pu parlare di spazio, di figure, di piani, di rette e di infiniti punti, senza avere elaborato, almeno in forma embrionale, una consapevolezza di quali implicazioni filosofiche abbiano simili concetti. Come si pu parlare anche solo di un semplice punto, se non si possiede una sia pur minima nozione di infinito? Ne abbiamo gi trattato in un altro lavoro, per cui non ci torneremo sopra ulteriormente (cfr. larticolo Il punto per Euclide qualcosa di esteso o di inesteso?, apparso sul sito di Arianna Editrice in data 31/12/2007). Ma il problema reale. Quel che sarebbe auspicabile non che le singole scienze si sciolgano tutte nella filosofia (e questultima, magari, nella teologia), ma che tornino a riconoscere la loro relazione armonica e necessaria con lessere; che non ci si dimentichi mai che le singole scienze si possono considerare tali, al plurale, soprattutto per ragioni di ordine pratico e didattico; ma guai a scordarsi che la scienza una, ed scienza del vero; a differenza dellopinione, che approssimazione al probabile o magari allimprobabile, secondo i gusti. Del resto, Platone aveva gi ammonito che non dovrebbe occuparsi di filosofia chi non conosce la geometria; ma laffermazione potrebbe essere rovesciata: perch tanto necessario saper vedere la relazione fra il particolare e luniversale, quanto fra questo e quello. Ma lo scopo sempre la Verit. 3

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