"Why is geometry often described as 'cold' and 'dry'? One reason lies in its inability to describe
the shape of a cloud, a mountain, a coastiline, or a tree. Clouds are not spheres, mountains
are not cones, coastlines are not circles, and bark is not smooth, nor does lightning travel in a
straight line"
- Benoit B. Mandelbrot -
Così Mandelbrot nel suo libro The Fractal Geometry of Nature descrive l'inadeguatezza della
geometria euclidea nella descrizione nella natura.
Mandelbrot è il padre fondatore della teoria dei frattali e inventore del famoso insieme che
porta il suo nome.
Cos'è un frattale?
di Tommaso Terragni
La definizione più semplice e intuitiva lo descrive come una figura geometrica in cui un
motivo identico si ripete su scala continuamente ridotta. Questo significa che
ingrandendo la figura si otterranno forme ricorrenti e ad ogni ingrandimento essa rivelerà
nuovi dettagli. Contrariamente a qualsiasi altra figura geometrica un frattale invece di perdere
dettaglio quando è ingrandito, si arricchisce di nuovi particolari.
Triangolo di Sierpinski, 4 iterazioni Triangolo di Sierpinski, 5 iterazioni
Il termine frattale fu coniato da Mandelbrot e ha origine nel termine latino fractus, poichè la
dimensione di un frattale non è intera, come spiegato nella sezione <Matematica>.
Introduzione
di Tommaso Terragni
Dalla fine del XIX secolo la scienza si è orientata verso lo studio di sistemi complessi: basti
pensare allo sviluppo eccezionale che ha avuto la teoria quantomeccanica o quella della
relatività. Queste due teorie sono indice di come la ricerca, anche grazie a metodi matematici
potentissimi e a livelli di astrazione mai raggiunti fino al XX secolo, non sia più legata
all'immediata comprensibilità da parte dell'Uomo; la quantomeccanica è rappresentata da
un'equazione complessa che ha significato fisico solo se moltiplicata per il suo coniugato.
L'ultima frontiera della fisica, per quanto riguarda l'unificazione delle forze, sta cercando di
provare che materia, energia, spazio e tempo siano generati da vibrazioni delle supercorde,
cioè oggetti indivisibili a 10 dimensioni.
Questo scenario può sembrare inquietante ed in effetti ci troviamo in una situazione simile a
quella che sconvolse i filosofi e li costrinse a rinnegare Newton quando egli tentò di
abbandonare la metafisica, rinunciando a definire la forza gravitazionale, ma esprimendo solo i
suoi effetti: egli disse "Hypotesis non fingo", cioè, traducendo un po' liberamente, "non sono in
grado di dirvi che cos'è la forza di gravità", ma posso dirvi come funziona, quali sono i suoi
effetti, e posso darvi degli strumenti per prevederli. L'atteggiamento del fisico moderno è
sempre lo stesso, egli infatti non è interessato all'intima essenza delle supercorde ma vuole da
esse derivare una conoscenza unitaria della fisica. Grazie alla teoria relativistica abbiamo molte
più informazioni sull'Universo di quante potessimo ricavare dalla fisica classica.
Nonostante i grandiosi progressi fatti, oggi, scoprire le leggi fondamentali e comprendere "in
principio" la struttura del mondo, non è più sufficiente. Sempre più importante diventa
investigare le molteplici forme attraverso le quali si manifestano tali principi. Bisogna stare
attenti a non confondere la causa con l'effetto: non è la natura che si deve adeguare alle leggi
create dall'uomo per prevedere i probabili eventi; sono invece le leggi che devono diventare
sempre più accurate nella descrizione di ogni tipo di fenomeno. Newton ha creato un
Universo parallelo a quello reale, un universo nel quale un corpo con una certa velocità
iniziale, sul quale non agiscano forze, la mantiene fino alla fine del tempo (anche esso infinito).
Nulla di tutto ciò corrisponde alla realtà. Ogni corpo cambierà velocità e il tempo stesso ha
avuto un inizio (e forse avrà anche una fine, se la materia dell'Universo dovesse superare un
limite critico). In questo universo reale sono presenti infiniti elementi "perturbatori", il che lo
rende fondamentalmente diverso dall'universo newtoniano. Basti pensare al problema della
determinazione del moto di tre corpi fra i quali vi siano forze di tipo gravitazionale, di
formulazione semplicissima, eppure irrisolvibile: le equazioni che lo caratterizzano,
tecnicamente, non sono integrabili (possono solo essere risolte con il metodo delle successive
approssimazioni di Newton, che genera esso stesso un frattale), e quindi un minimo errore
nella determinazione delle condizioni iniziali, può, alla lunga, determinare un errore non
trascurabile: è quindi necessario aggiungere dati sperimentali dopo un intervallo di tempo, per
limitare le imprecisioni.
Questa tendenza alla complessità, può essere bene esemplificata appunto dai frattali, figure
geometriche complesse e caotiche determinate per approssimazione di una funzione
ricorsiva: noi non potremo mai sapere come sia la figura finale che ha le proprietà di una
frattale, ma dovremo sempre limitarci ad un'approssimazione, che può essere indicativa ma
non è il frattale. È la stesso problema che si verifica nei sistemi cosiddetti "non lineari": non è
possibile determinare la situazione finale date solo le condizioni di partenza, ma bisogna
continuamente aggiungere dati "sperimentali". Queste problematiche hanno dato l'avvio allo
studio del "caos deterministico", cioè di situazioni di disordine ottenute però da processi
matematico-fisici deterministici. Gli studi a proposito sono ancora in grande sviluppo e i frattali
si inseriscono prepotentemente in questa nuova branca della matematica. Noi non possiamo
sapere come sarà la configurazione finale del sistema a infinite iterazioni, ma sapremmo
benissimo come calcolarla; è una situazione simile a quella del fisico classico che conosce
perfettamente come si muove un corpo, anche considerando attriti, campi elettromagnetici
dell'ambiente e del corpo stesso e tutti gli altri possibili elementi perturbatori, ma non sa il
vero valore di p. Probabilmente i suoi calcoli saranno accurati a sufficienza per ogni tipo di
applicazione pratica possibile e immaginabile, ma non potrebbe prevedere deterministicamente
la situazione del sistema dopo un tempo infinito.
Tuttavia con lo sviluppo continuo ed esponenziale della capacità di calcolo, si possono creare
figure che hanno la stessa valenza matematica per la rappresentazione del frattale vero e
proprio (quello che ha, cioè, significato matematico e che gode di alcune proprietà) della
valenza di un segno su un foglio per la rappresentazione della retta. Il computer si sostituisce
quindi alla matita, non alla mente del matematico, che è l'unico mezzo in grado di fare della
matematica. Infatti i frattali erano già stati studiati per le loro proprietà topologiche da Julia
negli anni '20, ma non erano mai stati visualizzati graficamente, né si sapeva come potesse
essere la forma dei "bacini di attrazione" di una funzione che veniva continuamente iterata con
se stessa. Tutto quello che è mancato a Julia è stata la capacità di calcolo che ha invece avuto
B. B. Mandelbrot negli anni '80 al centro "T. J. Watson" dell'IBM. E certamente questo, cioè
riuscire a visualizzare questi strani oggetti matematici e associarli a forme presenti in Natura,
ha determinato il successo di Mandelbrot; questa associazione sembra quasi svelare un
progetto segreto che un'entità superiore abbia realizzato per via matematica creando la
Natura. Per questo negli anni '80 ("The fractal geometry of Nature" è del 1982) si è cercato di
trovare in tutto un frattale. Si è sviluppata quindi una branca della geometria frattale che
studia i cosiddetti frattali biomorfi, cioè simili ad oggetti presenti in natura. I risultati a volte
sono stati stupefacenti, infatti uno dei frattali biomorfi più riusciti è la foglia di felce i cui
dettagli, detti autosimili, riproducono sempre la stessa figura. Tuttavia, per esempio, in un
albero, la foglia è strutturalmente diversa dal tronco e dai rami quindi i frattali possono essere
usati come analogie. Ci si potrebbe chiedere se tutto ciò sia scientificamente valido, e,
considerando gli sviluppi nella direzione della complessità, io direi di sì, perché ormai le ultime
frontiere della scienza non sono più comprensibili, ma vanno espresse attraverso "metafore" e
"analogie"; la Scienza ha ormai bisogno di un nuovo linguaggio, adatto a esprimere
l'incomprensibile per la mente umana. Non viviamo più nell' universo liscio di Newton, ma
nell'Universo delle iperconnessioni, della pluridimensionalità e della relatività, che lo rendono
piegato e rugoso come un straccio. Forse non è facile accettare una situazione come questa
dopo tre secoli nei quali l'universo ci è parso liscio e sicuro, illuminato dalla rassicurante
presenza di Isaac Newton.
"If I have seen further than others, it is by standing upon the shoulders of giants"
- Sir Isaac Newton -
I frattali sono figure geometriche caratterizzate dal ripetersi sino all’infinito di uno stesso
motivo su scala sempre più ridotta. Questa è la “definizione” più intuitiva che si possa dare di
figure che in natura si presentano con una frequenza impressionante, ma che non hanno
ancora una definizione matematica precisa: l'atteggiamento corrente è quello di considerare
frattale un insieme F che abbia proprietà simili alle quattro elencate qui di seguito:
3) Irregolarità: F non si può descrivere come luogo di punti che soddisfano semplici
condizioni geometriche o analitiche. (la funzione e ricorsiva: F={Z | Z = f(f(f(...)))}
La caratteristica di queste figure, caratteristica dalla quale deriva il loro nome, è che, sebbene
esse possano essere rappresentate (se non si pretende di rappresentare infinite iterazioni, cioè
trasformazioni per le quali si conserva il particolare motivo geometrico) in uno spazio
convenzionale a due o tre dimensioni, la loro dimensione non è intera. In effetti la lunghezza di
un frattale “piano” non può essere misurata definitamene, ma dipende strettamente dal
numero di iterazioni al quale si sottopone la figura iniziale.
Fino agli inizi di questo secolo la geometria ha considerato oggetti per la cui trattazione è
sufficiente la definizione classica e intuitiva di dimensione (Dt=dimensione topologica), già
presente almeno implicitamente in Euclide. In questa definizione, data compiutamente da
Poincaré, si assegna ad un punto o a un insieme totalmente sconnesso di punti Dt=0; per le
rette, induttivamente, la Dt=1 in quanto possono essere divise da elementi di Dt=0 (o meglio,
un insieme F ha dimensione 1 se ogni punto ha un intorno in F arbitrariamente piccolo con
frontiera di dimensione zero); e in generale un oggetto si dice di dimensione Dt=Dt’ quando
ogni punto dell'insieme ha un intorno in F con frontiera di dimensione Dt=(Dt’-1). La
dimensione topologica è un numero intero.
Il concetto di dimensione ha però diverse connotazioni matematiche, in accordo con le
seguenti proprietà:
1. A = Âkdim(A) = k
2. A B dim(A) dim(B)
3. A Âk (A è aperto) dim(A)=k
4. A numerabile dim(A) = 0
5. dim(A) non varia se A è sottoposto a rotazioni, traslazioni, cambiamenti di scala (autosimilarità)
6. dim(AB) = max{ dim(A), dim(B) }
Per l'insieme di Cantor, si ha Dt(C)=0. Tale definizione non distingue tra C e l'insieme dei
razionali nell'intervallo [0,1]. Per questo B. B. Mandelbrot, autorevole matematico che ha
dato l’impulso allo studio dei frattali, evidenziò come la dimensione topologica non sia
opportuna per le figure frattali, e per questo nello studiare queste figure si fa riferimento alla
definizione di dimensione data da Kolmogorov-Hausdorff.
Si misuri un insieme di punti A con un’unità di misura h ogni volta più piccola e si chiami N(h)
il minimo numero di segmenti (se il frattale è costituito da punti appartenenti ad una stessa
retta) - o in generale di figure a k dimensioni se il frattale è costituito da punti tutti
appartenenti ad uno spazio Âk - necessari per coprire per intero la figura, si definisce capacità
di A:
Analizziamo ora la dimensione del frattale più classico e studiato: l’insieme C di Cantor.
Questo insieme è costituito dai punti che “rimangono” sul segmento [0;1] dopo che da questa
è stato asportato (prima iterazione, p=1) il terzo centrale (1/3; 2/3), e da ognuno dei due
segmenti risultanti [0;1/3] e [2/3;1] è stato asportato il terzo centrale, esclusi gli estremi, e
così via per infinite iterazioni.
Evidentemente per p® ¥ l’insieme C è costituito dagli estremi dei segmenti che si formano ad
ogni iterazione, quindi è costituito da infiniti punti. La lunghezza dei segmenti asportati, dopo
la p-esima iterazione, è data dall’espressione
Si dimostra così che la lunghezza complessiva dell’insieme di Cantor è zero, e altresì che è
costituito da infiniti punti. Quindi la definizione classica di dimensione è assolutamente
inefficace. Nel 1941, cioè prima che fosse data la definizione di Kolmogorov (1958), Courant e
Robbins, forse non abituati né pronti all’idea di dimensione non intera, scrissero che la
dimensione di C era zero; evidentemente essi calcolarono solo la Dt, senza rendersi conto che
questa è un dato sterile, che non permette di operare con questi insoliti oggetti matematici.
Oggi calcoliamo invece Df(C) prendendo inizialmente un segmento unitario, che, essendo della
stessa lunghezza del segmento di partenza, lo copre al meglio; dopo la p=1, i due segmenti
rimanenti sono “misurati” da N(h)=2 segmenti di h=1/3; in generale, dopo p iterazioni,
N(h)=2p e h=3-p . Da questo si ricava che
Il fatto che la dimensione di C sia 0 < Df(C) < 1, fa immediatamente capire come l’insieme C
non contenga segmenti continui, ma sia costituito da infiniti punti, che sono tutti di
accumulazione per C stesso, infatti in ogni intorno U(x C, ) esistono infiniti punti derivanti
dalle iterazioni successive, e quindi C è un insieme perfetto perchè non ci sono punti di
accumulazione di C che non appartengano a C stesso (tutti gli estremi dei segmenti
appartengono a C).
E' interessante osservare che questi infiniti punti hanno la potenza del continuo! Infatti a ogni
numero x [0;1], si può associare la rappresentazione ternaria della misura della distanza
dallo zero, e si può scrivere nella forma: x = 0,a1,a2,a3,a4,...,an , dove an = 0 oppure 1 oppure
2. Tale rappresentazione non è unica: per esempio 1/3 = 0,1(0) ma anche 1/3 = 0,0(2); in
simili casi decidiamo di scegliere la rappresentazione che contiene meno cifre "1"; in tal modo,
ogni numero è rappresentato in modo univoco. Si può dimostrare che x appartiene all'insieme
di Cantor se e solo se la sua rappresentazione (in base 3) non contiene la cifra 1.
Si osservi ora che le rappresentazioni composte con le cifre 0 e 2 sono tante quante quelle
composte con le cifre 0 e 1 e di queste ultime ve ne è una infinità continua (cioè con la
potenza del continuo), poichè ogni numero dell'intervallo [0;1] si può rappresentare con una
tale successione usando il sistema binario. In conclusione i punti di Cantor sono un'infinità
continua.
Inoltre, un aspetto interessante della matematica dei frattali è l’utilizzo di una numerazione in
basi diverse da quella decimale in relazione alle caratteristiche del singolo motivo geometrico.
Questo procedimento è utile soprattutto per l’elaborazione da parte di computer, che non sono
legati a nessuna base (diversa da quella binaria) più che a quella decimale. In questo modo,
per esempio, prendendo un segmento unitario e utilizzando la base 3, l’insieme di Cantor è
semplicemente costituito da tutti quei punti xn per i quali la misura della distanza d(xn)
dall’estremo che noi chiameremo zero (o origine del segmento) è espressa come una
successione infinita di cifre ternarie 0,a1a2a3…an dove il valore delle an sia solamente zero o
due. Infatti riscontriamo che, dopo la prima iterazione, i punti del primo terzo hanno
0 £ d(x primo terzo) £ 0,1 e che i punti del terzo di segmento adiacente al secondo estremo hanno
0,2 £ d(x ultimo terzo) £ 1. Per la proprietà di autosimilarità, questo ragionamento può essere
esteso alla seconda iterazione, considerando la seconda cifra dello sviluppo ternario della
misura della d(x) dei punti che appartengono all’insieme dopo la p=1. Facilmente si capisce
come anche il punto x | d(x)=0,1 appartenga all’insieme, scegliendo opportunamente la
rappresentazione di 0,1=0,0(2).
Altri frattali vengono creati da computer attraverso l’uso di basi numeriche non decimali.
Consideriamo per esempio la curva di Von Koch, nata come esempio di curva priva di tangente
in alcun punto.
p=1
p=2
p=3
E' proprio questo che genera l'indefinitezza che è una delle caratteristiche peculiari di tali
costruzioni matematiche, ovvero la possibilità di iterare virtualmente all'infinito per ciascun
punto prima di passare al succesivo. Quindi, per "disegnare" un frattale attraverso un
elaboratore, è necessario precisare il numero massimo di iterazioni: un tempo finito non
basterebbe per calcolare un punto del frattale a infinite iterazioni. Volendo essere un po' più
precisi, si può dire che un frattale non rappresenta altro che la "forma" del bacino di attrazione
di una successione a valori complessi definita per ricorrenza, rappresentata sul piano di
Argand-Gauss.
Utilizzando la funzione f(z): Z=z2+c si ottengono i due tipi di frattali che noi studieremo
principalmente: i famosi “Julia” e “Mandelbrot” (che sono generati dalla stessa equazione, ma
con valori differenti per il parametro c).
L’equazione è quella che nella rappresentazione abituale genera una parabola (se z Â)
traslata col vertice in (0,c); quello che interessa a noi, tuttavia, non è la solita
rappresentazione sul piano cartesiano (ovvero secondo un incremento della variabile
indipendente), ma come si comporta, dato un punto di partenza, reimpostando nell'equazione i
risultati dell’elaborazione precedente (zp=Zp-1).
Con l’aiuto dei calcolatori e utilizzando opportunamente i colori è possibile ottenere immagini
molto suggestive di questi frattali.
Dalla determinazione delle condizioni di partenza, dipendono le differenze fra gli insiemi di Julia
e l'insieme di Mandelbrot. E' necessario un esempio, perchè gran parte della difficoltà iniziale
che si incontra avvicinandosi ai frattali sta in questo.
7. Si azzeri il contatore e si ritorni al passo 2, per calcolare il colore del prossimo punto.
8. Il procedimento avrà termine quando tutti i punti interessati saranno stati processati nel
suddetto modo.
Possiamo adesso entrare un poco più in dettaglio ed affrontare i principi di determinazione dei
frattali della famiglia di Julia, che si presentano molto diversamente a seconda della scelta
del termine noto c.
8. Si azzeri il contatore e si ritorni al passo 3 per calcolare il colore del prossimo punto.
9. Il procedimento avrà termine quando tutti i punti interessati saranno stati processati nel
suddetto modo.
Le spirali sono alla base del mondo vivente. Il nucleo cellulare è costituito da una lunga
catena a spirale, il DNA, riportante l’intero codice genetico. Anche la forma di certi organismi
può essere a spirale come quella dell’ammonite, vissuto 300.000.000 di anni fa.
Archimede ne scrisse un trattato, "Sulle Spirali". anche nella natura inanimata scopriamo
spirali come ad esempio la galassia a spirale.
Le spirali sono anche alla base dei frattali. Ci sono tre tipi comuni di spirali piane, la più
importante delle quali per quanto riguarda i frattali è la spirale logaritmica. La spirale evoluta è
quella che si ottiene srotolando un gomitolo e tenendo il filo sempre teso; la fine del filo
traccerà una spirale.
Il modo migliore per rappresentarla è con le coordinate polari r e che costituiscono una valida
alternativa alle coordinate cartesiane. r corrisponde alla distanza del punto P dall’ origine,
modulo, e all’ angolo tra OP e l’asse delle x. Da notare che r è sempre maggiore o uguale a 0
e l’angolo cresce in senso antiorario da 0 e una rotazione completa aumenta l’angolo di 2
radianti.
Nel 1957 A. E. Bosman con La geometria nel pianeta: un campo miracoloso di ricerca voleva
mostrare le miracolose figure geometriche della natura, prima fra tutte la spirale. Una delle
sue figure più importanti è l’albero di Pitagora la cui costruzione è basata sul sistema
binario.
Un quadrato ha un lato in comune con un triangolo rettangolo isoscele, che a sua volta ha gli
altri due lati in comune con altri due quadrati e così via. La somma delle aree dei due quadrati
più piccoli, per il teorema di Pitagora, è uguale all’area del quadrato iniziale e così anche le
aree dei quadrati che si formano nei passaggi successivi, sommate, daranno l’area del primo
quadrato. Si può avere un albero asimmetrico semplicemente costruendo un triangolo
rettangolo qualsiasi sul lato del primo quadrato.
Si possono creare infinite spirali partendo dai quadrati. L’albero di Pitagora è un buon esempio
di frattale matematico. Vi sono anche frattali a forma di stella, costruiti per esempio con una
linea chiusa e successivi segmenti che si incrociano tutti con lo stesso angolo.
Si può comparare la curva di von Koch con una costa della Bretagna, ma la natura è creata
con casualità. Se si considera la somiglianza statisticamente si creano frattali più realistici. Per
far ciò occorre che ogni parte del frattale abbia le stesse proprietà statistiche. I metodi basati
sul caso sono detti metodi di Monte Carlo, e in modo più formale stocastici dal verbo greco che
sta per indovinare.
Si può vedere come i frattali siano influenzati da una certa casualità controllata. Ci sono
diversi modi di introdurre il caso nella costruzione dei frattali e oggi ci sono programmi per
computer che possono creare lunghe serie arbitrarie di numeri casuali. Per esempio si sceglie
un numero di 4 cifre e si eleva al quadrato, poi si tolgono la prima e l’ultima cifra finché non
rimangono ancora 4 numeri, si procede ancora con il quadrato e con il taglio delle cifre e così
via: il risultato è una serie di numeri casuali tra 0 e 9999 che non fallisce test statistici di
casualità e nello stesso tempo e stata creata con una regola precisa.
Tutto deriva dal primo numero, quindi è una sequenza deterministica, ma da’ l’impressione
che sia caotica.
Un buon metodo molto pratico per i frattali basato sulla casualità è pensare al fatto che i
frattali sono formati da un numero infinito di punti e che si può rappresentare solo una frazione
di essi, un illusione della loro completezza. Analizzando ad esempio l’albero di Pitagora
scopriamo che sono stati rappresentati solo i primi 12 passaggi. Introducendo una certa
casualità nella costruzione si potrebbe stabilire di lasciare al caso la decisione di creare una
spirale verso sinistra o verso destra a seconda della disposizione dei lati dei triangoli rettangoli.
questa introduzione di piccoli disturbi nella costruzione di frattali rende quest’ultimi più simili a
oggetti naturali come alberi, piante, coralli e spugne.
Si è sviluppata quindi una branca della geometria frattale che studia i cosiddetti frattali
biomorfi, cioè simili ad oggetti presenti in natura. I risultati a volte sono stati stupefacenti.
Uno dei frattali biomorfi infatti più riusciti è la foglia di felce i cui dettagli, detti autosimili,
riproducono sempre la stessa figura.
Attraverso una semplice operazione, la biforcazione di un segmento, si possono ottenere delle
"fronde" molto realistiche.
E' interessante notare, parlando in termini informatici, che se si potesse riuscire ad aumentare
il livello di realismo, la quantità di informazioni (quindi la dimensione di un file) da fornire al
computer per visualizzare una felce su schermo, sarebbe infinitamente minore. Questo uso
della geometria frattale è studiato da diversi anni e viene chiamato IFS (Iterated Function
System).
Robert Brown nel 1828 scoprì che le particelle al microscopio si muovevano in modo
imprevedibile e casuale. Questo è stato chiamato moto browniano. L’idea della curva di un
frattale può aiutare a farsi un’impressione della traiettoria di un moto browniano. Si deduce
che le proprietà statistiche non variano a seconda della scala. I frattali browniani sono molto
naturali. Un paesaggio lunare potrebbe apparire come la superficie di un frattale: il crateri più
grandi rappresentano la scala maggiore, ma anche con qualsiasi scala minore si possono
vedere crateri; la locazione dei quali è del tutto casuale.
Se vediamo la terra dallo spazio, possiamo osservare i continenti con le loro coste, gli oceani e
i mari, i fiumi maggiori.
Nel regno vegetale si trovano esempi comuni di ramificazioni frattali: dalle felci, agli alberi, ai
fiori.
Le loro forme, così diverse, così complesse, nascono allora da semplici codici genetici, come
quelli che possono essere scritti al computer con poche righe di programma.
L'immagine qui sotto mostra come lo sviluppo del feto sembri seguire una dinamica frattale,
ipotesi ormai accreditata presso molti studiosi.
All'attualità, infine, la matematica dei frattali è applicata allo studio dei tumori (immagine qui
sotto).
Si è scoperto, infatti, che nell'organismo colpito da tale patologia tendono a formarsi vasi
sanguigni che nutrono, specificamente, le cellule tumorali. Riuscire a fermare tale fenomeno
può voler dire sconfiggere la malattia.
Ebbene, recenti studi stanno dimostrando che lo sviluppo di tali vasi sanguigni può essere
misurato con l'applicazione della matematica frattale.
Immagini frattali e Arte
di Federico Miorelli
Queste immagini rappresentano alcuni dei punti più suggestivi della rappresentazione grafica
dei frattali.
Come già detto, gli insiemi di Julia possono assumere infinite conformazioni. Qui sotto vediamo
quella ottenuta con il valore c=(0+1i). La struttura, dendritica, assomiglia molto alla forma di
un fulmine
Dettaglio di un Mandelbrot: la varietà di forme presenti in questo frattale è sorprendente, se
si pensa che tutto ciò è generato da un'equazione semplicissima: Z=z^2 + c
Si notino le spirali logaritmiche e il continuo riprodursi della forma "a bulbo", tipica del
Mandelbrot
I frattali non sono solo oggetti matematici, privi di ogni attrattiva per chiunque non sia
interessato alla materia, ma, grazie alla loro varietà e al loro piacevole aspetto grafico,
possono diventare addirittura oggetto di "arte".
Non è difficile realizzare arte frattale, se attrezzati con il software adeguato: Tierazon,
consente infatti di creare immagini "artistiche" partendo dai frattali. L'aspetto interessante di
questo programma sta nel fatto che gli effetti che vengono applicati ai frattali non sono che
funzioni matematiche che si "sovrappongono" alla creazione del frattale e fungono quasi da
filtri grafici.
"Variazioni"
"Morte Nera"
"Aurora"
"Corallo"
"Zorro"
"Birth Of A Rose"
"Sea Life"
Abbiamo sinora visto solo l'aspetto visivo dei frattali. Essendo funzioni matematiche, è
altrettanto possibile associarvi una rappresentazione sonora. L'effetto è meno diretto e
sicuramente non è altrettanto gradevole.
L'altezza e la durata di una nota è scelta con lo stesso criterio con cui viene scelto il colore
nella rappresentazione grafica di un punto. Ascoltando la melodia, ci si accorge di alcune
regolarità e della ricorrenza di alcuni temi: è proprio questo che evidenzia l'autosimilarità che
è così chiara nelle immagini. Esattamente come nella rappresentazione convenzionale,
abbiamo a che fare con un "ordine nel disordine", un caos deterministico.
Un semplice esempio di musica frattale e' il file midi che ascoltate in sottofondo. (Appena
possibile metteremo a disposizione nella sezione <demo Musica frattale> dei brani da noi
prodotti).
Un brano di musica che consiste di note scelte a caso ci risulta fastidioso, così come la
ripetizione senza fine dello stesso motivo diventa implacabilmente noiosa. A tutti noi piacciono
suoni che abbiano una loro struttura e varietà.
Elettroencefalogramma
Le sperimentazioni moderne
Da allora la matematica ha fatto parte di diverse sperimentazioni musicali, sia colte sia pop,
ma per ritrovare la generazione musicale spontanea si deve tornare ai giorni nostri, dapprima
con i tentativi più concettuali di Steve Reich e Terry Riley, e poi con uno dei più famosi guru
dell’elettronica: Brian Eno. Già con uno dei suoi primi lavori seminali, Discreet Music del
1975, il celebre autore inglese si interessò alla produzione spontanea di esperienze musicali. In
uno dei brani di questo album due semplici cicli melodici di diversa durata si ripetono
separatamente, potendo così sovrapporsi in maniera arbitraria. Per esempio, un ciclo di 30
secondi e uno di 50 secondi si sovrappongono perfettamente ogni 1.500 secondi (30
moltiplicato 50). Di qui l’uso di diversi registratori a nastro, ciascuno contenente un ciclo, fatti
suonare tutti insieme, in modo che lo stesso suono perfettamente sincrono sarebbe stato
ripetuto solo dopo anni. Il passo successivo è venuto dall’utilizzo della tecnologia digitale non
solo per raffinare questa tecnica, ma per evolverla, introducendo variabili probabilistiche che
variassero davvero il brano a ogni esecuzione, specificando solo il dominio musicale entro cui
comporre la sua struttura e i parametri su cui svilupparlo. A metà degli anni Novanta Eno fu
contattato dai titolari della SSEYO , una software house che si sta specializzando in
quest’ambito, e cominciò a usare il loro prodotto di punta, il programma Koan, che sfrutta
adeguatamente le comuni schede audio dei Pc. A tutt’oggi la stessa ditta rende disponibili
alcuni plug-in che permettono di scaricare i parametri necessari a generare il brano desiderato
con il proprio hardware, un po’ come un file Midi, ma non definito nota per nota, bensì
autogenerato a partire da alcuni dati. Un vantaggio immediato è che le dimensioni totali del
file sono completamente indipendenti dalla durata della sua esecuzione, e quindi risulteranno
davvero minime, in genere dai 5 ai 20 KB, oltre, come già detto, a non suonare mai sempre
allo stesso modo. Per motivi strategici e di marketing, quindi, la SSEYO sta ora ribattezzando i
suoi prodotti come Koan Audio Vectors, ossia «audio vettoriale».
In Italia
Nel nostro Paese, oltre a un veterano della ricerca come Piero Grossi, che per anni ha
sviluppato queste teorie al dipartimento di Computer Music del Cnuce di Pisa, va anche
segnalata Generative Art una conferenza internazionale a cadenza annuale, organizzata dal
Politecnico di Milano sulle arti generative in senso lato, che riserva alcuni ambiti specifici
dedicati alla parte musicale con workshop, performance dal vivo e seminari.
Frattali e algoritmi genetici sonori
Di musica frattale, ispirata alla teoria del caos, si è cominciato a parlare più o meno
contemporaneamente al boom estetico e scientifico dei frattali visivi (così definiti da
Mandelbrot nel 1975 prendendo spunto dal latino fractus, interrotto), e si è rivelato col
tempo un argomento particolarmente gradito ai matematici con aspirazioni musicali, come
testimoniano i tanti siti della Rete dedicati a quest’argomento. Un primo compendio di pagine a
cui dare un’occhiata, ricco d’informazioni specifiche quasi come un mini-portale, è Fractal Music
Lab che, come un piccolo bignami riporta sinteticamente tutte le teorie principali ed è fornito di
una nutrita sezione di link da consultare per approfondire le diverse branche in cui sfocia la
trattazione. Fra i primi a dedicare studi e risultati sono stati, invece, David Clark Little un
chimico americano diplomato pure in composizione musicale, e il giapponese Yo Kubota che sul
suo sito rende disponibili un paio di programmi gratuiti per comporre Mandelbrot Music.
Non c’è modo migliore per esperire una tecnica curiosa come questa se non provandola
direttamente, e, per fortuna, non mancano i software gratuiti che permettono di sperimentare
col proprio Pc la creazione di brani che si autogenerano. La Algorithmic Arts , per esempio, è
una piccola casa di software che ha come prodotto di punta SoftStep, un sequencer per
Windows che integra tool di composizione di diverso tipo, inclusi quelli che generano melodie
basate su algoritmi frattali, a partire dalla teoria del caos, su basi probabilistiche e numeriche.
Alcune brevi realizzazioni si possono scaricare dal sito, insieme a una versione lite del
programma. Anche The Well-Tempered Fractal v 3.0, sviluppa ambiti frattali e legati alla teoria
del caos, ed è completamente gratuito per Windows 95, completo di Midi d’esempio. Come
pure MusiNum , sempre freeware per Windows che genera musica frattale attraverso
successioni di cifre ottenute con semplici somme, composte secondo la teoria dei numeri e
associate attraverso i principi di similarità autoreferenziale.
Tangent, infine, un altro freeware per Windows 95/98, evoluzione del precedente QuasiFractal
Composer, usa metodi algoritmici, euristici, deterministici, stocastici, generativi e
trasformativi, sintetizzando diversi approcci alla generazione automatica. Il suo autore insiste a
definirne l’approccio come «eclettico neo-generativo», ma in termini più pragmatici basta dire
che la particolarità di questo programma è che si basa sulle strutture più che sulle singole
note. Dai frattali agli algoritmi genetici il passo è breve.
Genetic Jammer è un programma basato proprio su queste tecniche che impara a suonare
assoli jazz d’improvvisazione, comunicando attraverso lo standard Midi con i suoi partner
«umani». Il software è stato codificato da Al Biles, che ha creato così una sorta di band virtuale
chiamandola, appunto, Al Biles Virtual Quintet, con lui che suona tromba e flicorno, e GenJam
che risponde col sax tenore e altri strumenti.
Altri esperimenti
Ma è pur vero che in natura, comunque, si trovano numerose sequenze simmetriche che
possono ispirare inediti accostamenti. Uno di questi è il patrimonio genetico, visto come la
complessa struttura del Dna, e proprio a quest’associazione sono ricorsi i due musicisti Susan
Alexjander e David Deamer che hanno ribattezzato le loro creazioni come DNA Music ,
associando alle basi le note di un sistema a quattro toni. Una sorta di reverse engineering,
invece, è stata compiuta da David Cope, uno studioso californiano che ha sviluppato EMI –
Experiments in Musical Intelligence arts.ucsc.edu/faculty/cope/mi.midi.html. EMI è un software
che analizza i brani e ne isola melodie e ritmi ricorrenti, componendo poi sulla base di queste
strutture. I risultati sono tanto convincenti che hanno ingannato un pubblico attento in una
dimostrazione pubblica in cui furono messi a confronto brani originali di Bach con quelli
generati da EMI. Va aggiunto che, comunque, gli algoritmi utilizzati funzionano egregiamente
con stili molto ripetitivi (come Bach, appunto), mentre fanno cilecca con quelli che variano
molto.
Conclusioni
Lo stesso Eno definisce la musica generativa come «tanto ignorabile, quanto interessante», ma
ipotizza anche in maniera inquietante che i nostri nipoti un giorno ci potrebbero guardare
stupiti e chiedere: «Ma davvero tu ascoltavi esattamente lo stesso brano per tante volte di
seguito?». Trascurando un futuro, non troppo distante, in cui creature sviluppate ad hoc –
come la pop star Kyoko Date di qualche anno fa, a cui si ispirava l’Aidoru dell’omonimo
romanzo di William Gibson – confermino la raffinata concezione di creare non più soltanto
un’opera musicale autonoma, ma un essere (antropomorfo o meno) che, a partire dai nostri
modelli mentali, sarebbe in grado di produrre contenuti sempre diversi e originali,
sorprendendoci proprio come i nostri simili.