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PEEP - caratteri generali (Capitolo 3.4.

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Con il termine PEEP si intende la pressione di fine espirazione che viene applicata al paziente quando viene
ventilato mediante un supporto meccanico invasivo o non invasivo. Generalmente la pressione di fine espirazione
in un polmone sano é pari a 0 cmH2O, ma quando viene applicata una PEEP, tale pressione viene aumentata; la
PEEP generalmente viene usata quando si hanno alcuni problemi specifici al polmone (vedi oltre), che
comportano un collasso degli alveoli e delle vie aeree periferiche.

L’applicazione di una PEEP su un ventilatore fa si che la valvola espiratoria del ventilatore si chiuda quando la
pressione espiratoria cade al di sotto del livello prefissato; la chiusura di tale valvola, mantiene un volume (quindi
una pressione) nelle vie aeree che permette di mantenere aperte le vie aeree stesse. Esistono due tipologie di
meccanismi: a flusso o a soglia. La PEEP a flusso viene generata tramite un resistore a flusso che genera tale
pressione creando una resistenza al flusso odi gas tramite un orifizio; come il diametro dell’orifizio aumenta in
dimensioni, il livello di pressione applicato si riduce e viceversa. Anche cambi nel flusso di gas espirato posso
modificare la PEEP, in quanto maggiore é il flusso d’aria espirato, maggiore sarà la pressione espiratoria generata.
Le maschere con PEEP si basano su questo meccanismo. La PEEP a soglia utilizza un resistore a soglia che
somministra una pressione costante durante tutta l’espirazione indipendentemente dal flusso di gas espirato
(é flusso-indipendente). Quando si utilizza questo meccanismo, l’aria esalata procede senza problemi fino a
quando la pressione cade al di sotto dei valori di PEEP pre-stabiliti. In questo caso, il gas espiratorio blocca il
flusso ed il sistema mantiene la pressione desiderata. La PEEP di molti ventilatori presenta un resistore di questo
tipo.

La PEEP viene facilmente applicata con tutti i devices di ventilazione invasiva e non invasiva; i pazienti che sono
ventilati con maschera sono generalmente svegli, attenti ed orientati, in grado di proteggere le proprie vie aeree e
che mantengono dei normali valori di pCO2 grazie alla normale attività ventilatoria. L’uso della PEEP é
soprattutto per aumentare il reclutamento alveolare, migliorare il rapporto pO 2/FiO2 e migliorare l’attività del
sistema cardiovascolare. I pazienti che sono ventilati con un CPAP nasale (soprattutto i neonati che respirano
obbligatoriamente con il naso) beneficiano dello stesso meccanismo. In entrambi in casi (naso o bocca), i
problemi dell’uso indiscriminato della PEEP (soprattutto ad alti valori) é la distensione gastrica, lo sviluppo di
necrosi da pressione, edema della mucosa nasale ed abrasione del faringe posteriore. Anche in caso di tubi
endotracheali (o tracheotomie) viene spesso erogata una PEEP, di cui generalmente 3-5 cmH 2O sono necessari per
vincere le resistenze dei devices invasivi.

EFFETTI RESPIRATORI:
La PEEP é l’applicazione di una pressione costante al circuito del ventilatore e del paziente ad esso collegato; la
PEEP deve essere intesa come una manovra terapeutica, e come tale ha delle indicazioni e delle controindicazioni,
quest’ultime da tenere bene a mente in quanto possono provocare dei danni anche fatali per ogni paziente, in
particolare il paziente con forte instabilità emodinamica e/o danni respiratori severi.

INDICAZIONI ALLA PEEP:


Gli scopi della somministrazione della PEEP sono quelli di favorire l’ossigenazione nei tessuti periferici,
mantenere una pO2 superiore a 8 kPa ed una SpO 2 superiore al 90%, reclutare gli alveoli e mantenerci areati e
ristabilire un’adeguata capacità funzionale residua. Favorire l’uso di adeguati livelli di PEEP, inoltre, permette di
ridurre le concentrazioni di FiO 2, evitando i danni tossici generati dai radicali liberi dell’ossigeno (che
generalmente si hanno per concentrazioni superiori al 60%). Le indicazioni in senso stretto per l’uso della PEEP
sono:
 infiltrati bilaterali alla radiografia del torace
 atelettasie ricorrenti con bassa capacità funzionale residua
 riduzione della compliance polmonare
 pO2 inferiore a 8 kPa o FiO2 superiore al 60%
 ARDS con rapporto pO2/FiO2 inferiore a 18 
 ipossia refrattaria

Nonostante queste siano le indicazioni ufficiali, giova però di più ricordarsi degli effetti respiratori ed
emodinamici che sono collegati alla PEEP. Dato che uno degli elementi chiave é quello di trasformare la clinica
nei suoi elementi fisiopatologici, per poter instaurare una terapia basata sulla fisiopatologia, appare più utile
identificare gli effetti fisiologici della PEEP per poter facilmente determinare se sia necessario o meno
implementarla nella terapia.
Per quello che concerne le tipologie di PEEP, si parla di PEEP minima (o bassa PEEP) quando si somministrano
bassi valori di PEEP (generalmente attorno a 3-5 cmH 2O) per aiutare il paziente a mantenere una normale capacità
funzionale residua, condizione che si riduce eccessivamente quando il paziente é intubato ed allettato (soprattutto
per la riduzione della compliance toracica e la compressione addominale). Applicando tali livelli di pressione, si
garantisce in condizioni standard una normale capacità funzionale residua. Si parla invece di PEEP
terapeutica quando i valori superano i 5 cmH 2O e viene utilizzata per la terapia degli elementi che abbiamo
segnalato poc’anzi. Vedremo fra poco come il concetto di migliore PEEP sia un concetto dinamico, che si deve
adeguare alle condizioni respiratorie ed emodinamiche del paziente per quello specifico momento. In particolare,
quando si hanno pazienti complessi, con valori di PEEP superiori a 10 cmH 2O, può essere utile fare uno studio per
ottimizzare la PEEP, tenendo conto di diversi parametri quali:
 un’ossigenazione con pO2 superiore a 8 kPa e FiO2 inferiore al 40% (SpO2 90-97%)
 un’ottimo trasporto di ossigeno (circa 1000 ml/min di ossigeno)
 la minima compromissione emodinamica (in termini di pressione arteriosa e gittata cardiaca)
 la migliore compliance polmonare
 un rapporto pO2/FiO2 superiore a 27
 la minima differenza fra la pCO2 e l’etCO2
 i migliori valori di SvO2
In particolare la pressione arteriosa e la gittata cardiaca, se eccessivamente ridotti, possono significare dei valori
eccessivi di PEEP in rapporto all’attività cardiovascolare (tenendo conto che, come vedremo, ci sono in gioco
diversi fattori), ma anche il gradiente pCO2 - etCO2. Se é vero che con l’aumentare del reclutamento alveolare,
si ha una riduzione del gradiente, quando si ha un’eccessiva distensione alveolare, si ottiene una riduzione della
gittata cardiaca, pertanto il gradiente pCO2-etCO2 inizia ad aumentare, pur mantenendo l’onda espiratoria con un
angolo alfa attorno ai 90°.

CONTROINDICAZIONI ALLA PEEP:


L’applicazione della PEEP può essere pericolosa per i suoi effetti emodinamici (vedi oltre), soprattutto in caso di
instabilità emodinamica o disfunzione ventricolare destra (vedi oltre), così come in caso di ipovolemia non
controllata (emorragia attiva, disidratazione severa, ipovolemia relativa su capillary-leak, ecc…). Una
controindicazione assoluta per l’applicazione della PEEP é la presenza di uno pneumotorace significativo (o
addirittura sotto pressione), così come in caso di qualsiasi situazione di baro/volotrauma o di fistola esofago-
bronchiale. Nei pazienti con incremento della ICPl’applicazione delle PEEP può incrementare ulteriormente le
pressioni intra-craniche per un aumento della PVC e quindi riduzione del ritorno venoso cerebrale; diversi studi
hanno dimostrato la non utilità di ventilare questi pazienti preventivamente con un incremento della PEEP, ma di
applicare una PEEP qualora si sviluppi ipossiemia (una delle cause principali di morte in questa popolazione di
pazienti), misurando attentamente le ICP.

Gli effetti benefici del reclutamento alveolare si ha quando all’applicazione della PEEP si assiste ad un aumento
della capacità funzionale residua (FRC), mentre tali effetti benefici non si hanno per pazienti che presentano
una iperinflazione (come in caso di enfisema): aree già iper-distese possono ulteriormente distendersi,
aumentando la compressione dei capillari alveolari ed incrementando ulteriormente i valori di pressione arteriosa
polmonare (PAPs).
Infine la PEEP può avere degli effetti imprevedibili e negativi nei pazienti che presentano delle alterazioni nella
distribuzione del sangue e nella ventilazione, come in caso di polmonite monolaterale, embolia polmonare (anche
per ragioni emodinamiche), atelettasia polmonare unilaterale, ecc… In caso quindi di patologia monolaterale,
appare generalmente meglio utilizzare un tubo doppio-lume per una ventilazione selettiva unilaterale.

EFFETTI POLMONARI:
La gran parte degli studi sulla PEEP sono ad oggi applicati alle situazioni di ARDS, condizione che ha permesso
di comprendere meglio gli effetti respiratori polmonari dell’applicazione della PEEP ad un polmone. Con
l’applicazione della PEEP a livelli incrementali, si ha un reclutamento progressivo degli alveoli polmonari (si
veda oltre la curva PV per maggiori dettagli) altrimenti collassati, soprattutto a livello basale. A livello ventrale,
dove gli alveoli sono già aperti, si assiste ad un effetto nullo, con un semplice aumento dell’espansione alveolare
già pre-esistente. 

Con un ulteriore incremento della PEEP si assiste ad un over-stretching delle unità alveolari, con riduzione della
compliance alveolare locale e conseguente riduzione del Volume Corrente in questa unità alveolare (si ha una
“ventilazione” quando l’alveolo modifica nel tempo i propri volumi, mentre a volumi quasi costanti per pressioni
elevate, si vene a perdere l’effetto ventilatorio). Generalmente con l’incremento dei valori di PEEP verso valori
definiti come “alti” (generalmente 30 cmH 2O, ma tali valori possono essere misurati e determinati per ogni
paziente tramite l’uso di una sonda esofagea, si veda oltre) si assiste appunto a tali effetti polmonari negativi. Lo
stesso overstretching si può avere nelle zone polmonari intermedie, in maniera progressiva con l’incremento
progressivo dei valori di PEEP. Appare pertanto importantissimo comprendere che con l’aumento dei valori di
PEEP si assiste a due meccanismi esattamente opposti: da un lato, con l’incremento dei valori di PEEP le unità
alveolari chiuse (generalmente a livello basale) vengono reclutate, ma allo stesso tempo le unità alveolari già
aperte e con pressioni interne aumentate (come può avvenire a livello apicale o ancora più in caso di ostruzioni
dinamiche all’efflusso) possono subire un overstretching e ridurre la loro ventilazione. In altre parole, la  curva
statica PV (si veda oltre per la descrizione) é differente per alcune unità alveolari e - soprattutto - le differenti
unità alveolari localizzate in aree anatomiche differenti (basali, medie, apicali) si trovano su punti differenti della
curva statica PV. 

Appare pertanto fondamentale saper registrare le curve PV per ogni paziente ventilato, soprattuto in situazioni
estreme o delicate, e registrare i parametri respiratori ed emodinamici a determinati valori di PEEP (0, 5, 10, 15,
ecc… per fare un esempio), valutando a quali valori di PEEP si ottengono i migliori risultati ventilatori per il
paziente.
CURVA PRESSIONE-VOLUME:
La curva statica pressione-volume (Static Pressure-Volume, SPV) é una curva che può essere utilizzata in clinica
per determinare il migliore livello di PEEP per il paziente, in particolari in situazioni di ventilazione difficile,
come in caso di ARDS. I fattori che determinano la forma della curva (che generalmente é di tipo sigmoide)
sono le singole curve PV di ogni unità alveolare, il cambiamento di dimensioni dei dotti alveolari e delle
dimensioni delle vie aeree e le forze elastiche del parenchima polmonare e della parete toracica quando il polmone
ha un determinato volume d’aria al suo interno.

In clinica la curva statica PV permette di identificare il Lower Inflection Point (LIP), alle volte chiamato PFLEX,
l’Upper Inflection Point (UIP) e la pendenza fra questi due punti, che rappresenta la compliance del sistema,
inteso come capacità delle unità alveolari di essere reclutate durante la manovra inspiratoria. Il LIP é il primo
punto dove la pendenza della curva cambia in maniera significativa (non sempre può essere identificato nei
pazienti); inizialmente si pensava rappresentasse il punto in cui si aprivano la gran parte degli alveoli, mentre più
recentemente si é compreso che gli alveoli continuano ad essere reclutati in maniera progressiva ed il LIP
rappresenta dove le condizioni statiche del polmone (elencate poc’anzi) influenzano il comportamento polmonare
nella distendibilità alveolare. Il LIP rappresenta il punto dove il numero di alveoli reclutati per un determinato
aumento di PEEP, aumenta in maniera significativa. Generalmete in caso di ARDS (si veda l’apposito  capitolo,
Capitolo 3.4.3), la PEEP viene impostata a 2-4 cmH2O oltre il LIP. Alti valori di PEEP sono inutili (perché
arrivati all’UIP, all’aumentare della PEEP non si assiste ad un maggiore reclutamento degli alveoli) per non dire
dannosi, date le importanti interazioni emodinamiche che intercorrono tra la PEEP ed il sistema cardiovascolare
(si veda oltre).
Le teorie correnti suggeriscono che sia estremamente importante impostare la PEEP fra i due punti di flessione
della curva stessa; valori di PEEP inferiori al LIP risultano inutili e non benefici per il sistema respiratorio ed
anche emodinamico (atelettasie polmonari importanti si associano a compressioni vascolari con incremento delle
resistenze vascolari polmonari e conseguente aumento delle pressioni in arteria polmonare); valori di
PEEP superiori all’UIP sono estremamente pericolosi per la forte instabilità emodinamica che generano (si veda
oltre) e per l’alto rischio di baro/volotrauma polmonare. Appare pertanto strategico utilizzare protocolli prestabiliti
per poter determinare la curva statica PV ed adeguatamente impostare la PEEP. Esistono numerose tecniche (ed
altrettante varianti per ogni tecnica), ma qui ne citiamo principalmente 3:
 Tecnica  della siringa: é un metodo che viene eseguito su un paziente ventilato invasivamente, con un pallone
endotracheale adeguatamente inflato (per evitare perdite d’aria) ed una siringa calibrata di 3 litri d’aria che viene
attaccata al sistema respiratorio del paziente; alla siringa é attaccato un manometro di precisione. Il paziente,
curarizzato, viene messo in respirazione spontanea. Si insufflano progressivamente 50-100 ml d’aria e - dopo aver
raggiunto l’equilibrio pressorio (la PPLAT) si misurano i valori di pressione registrati. Si continua così fino al
raggiungimento di un target (generalmente 40-45 cmH 2O) e si plottano i risultati su un grafico, che rappresenta la
curva statica PV del paziente in quel determinato momento clinico. Lo svantaggio é che per tutto il tempo
dell’esame il paziente non respira e può mostrare aggregazioni nella propria ipossiemia, ipercapnia e - ad alte
pressioni intratoraciche - divenire instabile emodinamicamente.
 Tecnica dell’occlusione respiratoria: questa tecnica, chiamata anche metodo dell’occlusione multipla viene
eseguita mentre il paziente é connesso al ventilatore. La procedura viene eseguita interrompendo regolarmente i
respiri del paziente con periodi di respiri a differenti volumi polmonari (viene anche misurata l’autoPEEP dopo
ogni cambiamento, in modo da essere sicuri che ogni cambio in volume a fine espirazione siano stabili). Durante i
respiri-test, si valutano i punti su una curva PV usando la manovra di occlusione di fine inspirazione (per 3
secondi); a seguire si riprende la respirazione “standard” per 4 respiri, prima di impostare un nuovo respiro-test.
La sequenza dei respiri-test può essere fatto con volumi differenti, ma in maniera randomizzata.
 Tecnica basso flusso (quasi-statica): questa tecnica, chiamata anche tecnica “a flusso costante” cerca di
determinare la curva PV statica utilizzando un singolo respiro somministrando aria/ossigeno a 2 l/min fino a
quando la pressione non raggiunge 45 cmH 2O. Si parla anche di “curva PV quasi-statica” dato che il flusso é
lento, ma non viene interrotto per la misura, per cui non si hanno periodi di no-flow. Anche in questo caso il
paziente deve essere sedato e paralizzato. I risultati sono generalmente simili a quelli ottenuti con il metodo della
siringa, ma generalmente viene preferito quando si hanno pazienti ventilati con una lunga fase inspiratoria ed un
ventilatore che possa mostrare in diretta la curva PV. Generalmente non é facile registrare la curva di deflazione;
inoltre, se si utilizza un metodo “intermedio” a 9 l/min, si ha un leggero shift della curva verso destra. Ad oggi,
alcuni software presenti nei nuovi ventilatori permettono di eseguire una curva PV quasi-statica (come l’Hamilton
Galileo), con conseguente misurazioni del LIP e dell’UIP.
 Curva PV dinamica: la curva PV dinamica si ottiene durante la fase respiratoria con flusso di gas; generalmente
é possibile visualizzarla sul monitor mentre al paziente viene somministrato il Volume Corrente abituale. Alcuni
clinici utilizzano tale curva per determinare il LIP e l’UIP, ma tale curva presenta numerose limitazioni,
l’identificazione dei punti non é sempre facile rispetto alle curve statiche ed inoltre la presenza di secrezioni,
PEEP basali ed i cambiamenti dinamici di pressioni e volumi possono modificare notevolmente la curva PV da
respiro a respiro. Infine, sono necessarie pressioni maggiori per superare le forze viscoelastiche per aprire gli
alveoli durante le misurazioni dinamiche rispetto a quelle statiche. Per tali motivi, la curva PV dinamica non é
consigliata per determinare il LIP e l’UIP per settore adeguatamente la PEEP in caso di ventilazioni in situazioni
delicate (come in caso di ARDS).

EFFETTI EMODINAMICI:
Un discorso a parte - ed estremamente importante - é rappresentato dagli effetti emodinamici della PEEP,
talmente importante che l’uso della PEEP (e l’adattamento dei suoi valori) rappresenta uno dei parametri
fondamentali da prendere in considerazione quanto si esegue una valutazione emodinamica del paziente in ICU.
La maggior parte di tali effetti sono già stati discussi precedentemente (si vedano i capitoli relativi, Capitolo 2.7.2,
Capitolo 2.7.4, Capitolo 3.2.2), per cui qua andremo ad analizzarli brevemente, rimandando ulteriori dettagli ai
capitoli relativi.

PEEP E CAMERE DESTRE:


Per quello che concerne il precarico ventricolare destro, il ritorno venoso è guidato e determinato da alcune
variabili: in condizioni di riposo e steady-state l'atrio destro ha una pressione di circa 0 mmHg (chiamata RAP,
Right Atrial Pressure); se impostiamo il discorso dal punto di vista dell'atrio, lo scopo della contrazione cardiaca è
quella di eliminare la quantità di fluido che si accumula dentro l'atrio destro, che è associato ad un incremento di
pressione locale, per riportarlo alle condizioni basali iniziali con RAP pari a 0 mmHg. La  circolazione
sistemica ha una pressione intrinseca che è chiamata Pressione di Riempimento Sistemico (PSF, Systemic Filling
Pressure) che spinge il sangue dalla circolazione venosa verso il cuore destro per semplice gradiente pressorio. La
PSF è in funzione del volume di sangue circolante (maggiore volume significa maggiore PSF) e delle resistenze
vascolari che generalmente si oppongono al passaggio di sangue (maggiori resistenze vogliono dire minore
apporto di sangue all'atrio destro). La PSF appare essere indipendente dalla gittata cardiaca.
La differenza di pressione che si instaura fra il PSF e l'atrio destro determina la driving force che spinge il sangue
dal sistema venoso all'atrio destro (chiaramente a parità di resistenze vascolari venose). Il corpo mantiene i valori
di PSF alti a sufficienza per poter avere un flusso di sangue fra il sistema venoso e l'atrio destro stesso;
un'equivalenza di pressioni porterebbe ad un gradiente PSF-RAP pari a 0 mmHg, con arresto del ritorno venoso.
Si può pertanto dire che la misura chiamata gradiente PSF-RAP sia una misura che parla del gradiente pressorio
che esiste fra il sistema venoso e l'atrio destro.

Il concetto che abbiamo visto poc'anzi può essere rappresentato nel grafico seguente; sull'asse delle ascisse è
segnala la RAP (in mmHg), mentre sull'asse delle ordinate il ritorno venoso (l/min); alcuni studi degli anni '60
hanno dimostrato come la PSF nella popolazione in media si attesti attorno ad un valore di 7 mmHg; pertanto si
può vedere come la curva di base trovi un flusso di ritorno venoso pari a 0 l/min quando la RAP è pari alla
PSF (perché il gradiente PSF-RAP va a 0). Questa curva, che si mantiene costante con la riduzione della RAP (e
quindi con l'aumentare del gradiente), va a plateau quando la RAP arriva al valore di 0 mmHg, in quanto si assiste
ad un collasso delle strutture venose, con limitazione al flusso. L’applicazione della PEEP, pertanto, comporta
un aumento delle pressioni intratoraciche, con conseguente aumento della RAP e conseguente riduzione del
ritorno venoso al ventricolo destro. 

Per quello che invece concerne il post-carico ventricolare destro, il sistema vascolare polmonare presenta anche
dei vasi che sono distendibili per cui all’aumentare delle pressioni alveolari (generalmente tramite applicazione
di pressioni di ventilazione positive), si ha un aumento dello stiramento vascolare, con riduzione del diametro dei
piccoli vasi e conseguente aumento delle RVP, secondo quanto indicato in figura. Si veda come tale rapporto é di
tipo U-shaped, dato che anche pressioni alveolari troppo basse possono portare ad un ripiegamento delle strutture
vascolari, con eccessivo kinking e conseguente aumento delle RVP. Se si guarda pertanto al sistema in maniera
integrata, si può pensare come a basse pressioni di ventilazione molti vasi polmonari sono chiusi per il loro tono
intrinseco e la pressione alveolare é maggiore di questi ed i pochi vasi aperti sono comunque schiacciati. Con
l’aumento delle pressioni intratoraciche, i vasi progressivamente chiusi si aprono (reclutamento) ed i vasi
schiacciati si dilatato (distensione), spiegando una caduta importante delle resistenze vascolari, così importante da
avere un comportamento logaritmico come disegnato in figura.

Pertanto un applicazione della PEEP intratoracica porta ad aumento delle distensioni delle pareti alveolari, con
conseguente aumento dello stretching delle pareti dei capillari polmonari (quindi con incremento esponenziale
delle resistenze vascolari polmonari, RVP). L’aumento delle RVP, secondo la legge di Bernoulli, appare legato in
maniera direttamente proporzionale all’aumento delle pressioni arteriose polmonari (PAPs); pertanto
l’applicazione della PEEP comporta un aumento del post-carico ventricolare destro.

Se si plotta su un grafico P-V la compliance delle pareti ventricolari destre, si può facilmente notare come il
ventricolo destro sia in grado di aumentare notevolmente i propri volumi senza aumentare in maniera importante
le pressioni intracavitarie, mostrando pertanto una maggiore compliance (definita classicamente come dV/dP).
Tutto questo è possibile grazie ad un aumento della superficie totale delle pareti ventricolari destre, manifeste
macroscopicamente con una dilatazione del ventricolo destro. Se si analizza l'area della superficie totale di ciascun
ventricolo e le correliamo con i volumi ventricolari, appare evidente come la dilatazione ventricolare destra
corrisponda ad un aumento considerevole del rapporto dV/dA (dove dA è il delta-Area inteso come modifica
della superficie ventricolare a contatto con il torrente ematico), conseguentemente con ridotto stretching sulla
parete ventricolare destra e pochi cambiamenti nello Stroke Volume (SV). Pertanto un  aumento di volume è ben
tollerato dal ventricolo destro, con minimo aumento dello stiramento di parete ventricolare e minimo aumento
dello Stroke Volume. Ventricoli destri perfettamente funzionanti, sono pertanto in grado di compensare riduzioni
anche importanti del ritorno venoso, tramite un effetto-buffer legato all’anatomia ventricolare destra (si veda il
capitolo relativo al ventricolo destro, Capitolo 2.9.0).

PEEP E CAMERE SINISTRE:


Abbiamo appena visto come l’incremento della PEEP si rifletta in una riduzione del precarico destro ed un
incremento del post carico destro. Tali elementi, anche in un ventricolo destro perfettamente funzionante,
comportano una riduzione della gittata destra (riduzione che diviene emodinamicamente significativa per
situazioni di disfunzione ventricolare destra importante o per incrementi eccessivi dei valori di PEEP). Essendo i
due sistemi cardiaci (destro-sinistro) posizionati “in serie” fra loro, appare evidente come questo si rifletta in
una riduzione del precarico sinistro, portando pertanto la PEEP a svolgere un “effetto protettivo” nei confronti
del ventricolo sinistro qualora ci siano segni di disfunzione ventricolare sinistra o di sovraccarico.

Per quello che concerne il post-carico sinistro, espresso come la forza che si oppone allo svuotamento del
ventricolo sinistro, tale post-carico non deve essere semplicisticamente identificabile nella pressione arteriosa (che
rappresenta una delle componenti del post-carico sinistro), ma in differenti fattori quali la pressione arteriosa, la
rigidità vascolare (“vascular stiffness”), il couplage ventricolo-arterioso ed infine la pressione trans-toracica. Tale
pressione viene a ridursi con l’aumento dei valori pressori di PEEP, facilitando pertanto lo svuotamento
ventricolare sinistro. Il concetto può apparire contraddittorio e di difficile comprensione ad un primo momento,
pertanto può essere inteso in un’altra maniera: lo svuotamento del ventricolo sinistro viene controbilanciato dalla
pressione trans-toracica (pressione esterna - pressione interna al torace) che, schiacciando il torace, rende più
difficile lo svuotamento della camera cardiaca sinistra. La presenza di una PEEP comporta un incremento delle
pressioni intra-toraciche, controbilanciando la pressione atmosferica e riducendo pertanto l’opposizione allo
svuotamento ventricolare sinistro (il post-carico sinistro appunto).
MANOVRE DI RECLUTAMENTO:
Una manovra di reclutamento viene definita come un aumento sostenuto della pressione nel polmone con lo scopo
di aprire più unità alveolari collassate possibili. Generalmente viene eseguita (e ci sono numerosi studi scientifici)
nei pazienti con ARDS, ma può essere utilizzata anche nei pazienti post-operatori ed in pazienti che presentano
atelettasie di diversa origine. il reclutamento coinvolge l’intero polmone, aumentando i suoi volumi dal Volume
Residuo fino alla Capacità Polmonare Totale (TLC). Una volta che il polmone viene aperto, le unità alveolari
sono mantenute aperte dai valori di PEEP che vengono impostati (soprattutto se superiori al LIP) o,
preferibilmente, al di sotto dell’UIP, proteggendo il polmone con valori di pressione inspiratoria inferiori all’UIP
stesso. La manovra si compone di tre parti: la prima parteé caratterizzata dall’inflazione per permettere l’apertura
degli alveoli (il massimo possibile), la seconda parte é la manovra di deflazione per determinare il punto al quale
la maggior parte degli alveoli polmonari inizia a collabire (determinando i punti sulla curva e la PEEP cui
impostare la ventilazione); la terza parte é nuovamente l’inflazione per aggiustare il ventilatore ai valori di PEEP
pre-impostati.

Come esempio di una manovra di reclutamento (le tecniche le abbiamo descritte prima parlando della curva PV),
si guardi la figura seguente: si ha di fronte un paziente sedato, intubato e curarizzato. Viene impostata una
pressione di 0 cmH2O ed a questa corrisponde un volume minimo, pari al volume residuo polmonare. Si aumenta
la pressione di 4 cmH2O alla volta (in questo caso con la tecnica della siringa) e si registra sul grafico i livello di
volume che si trovano per una data pressione: si noti come dai 3 cmH 2O si ha un aumento sinigifcativo dei volumi
polmonari, a 9 cmH2O il polmone é quasi totalmente disteso ed a 15 cmH 2O oramai non si abbia più nessun
incremento volumetrico. A questo punto si interrompe la manovra di reclutamento e si passa alla fase di
deflazione, riducendo la pressione sempre di 4 cmH 2O alla volta, registrando i risultati sul grafico. Si noti
l’isteresi (cioé la differenza fra la curva inspiratoria ed espiratoria, generata in gran parte dalla presenza di
surfactante polmonare che riduce la tensione superficiale ed in parte anche dalle resistenze bronchiali) ed il fatto
che in questo caso dagli 6 cmH 2O inizia a perdersi il volume polmonare precedentemente guadagnato.
Clinicamente questo si identifica per una riduzione dei valori di PaO 2 in maniera importante; generalmente questo
é il miglior indicatore clinico ed é meno costoso rispetto ad eseguire un’emogasanalisi ad ogni step. In questo
caso, dopo la terza fase di nuovo reclutamento, il polmone viene nuovamente ri-espanso fino alla capacità
polmonare totale (TLC) per poi impostare una PEEP attorno a 7-8 cmH 2O, così da garantire un’adeguata apertura
alveolare polmonare. 

L’uso della TC-polmonare ha permesso di identificare gli effetti pan-inspiratori della manovra di reclutamento;
la curva sigmoide suggerisce che sono differenti le porzioni polmonari che vengono reclutate di volta in volta ed
in effetti l’apertura degli alveoli inizia dalle zone già reclutate (dove é necessaria l’applicazione di minore
pressione per aprire gli alveoli) per arrivare infine alle aree completamente atelettasiche, che generalmente sono
localizzate a livello basale. L’apertura alveolare avviene nel tempo (non é istantanea) ed ogni unità alveolare ha
bisogno del proprio tempo; utilizzando la TC-polmonare generalmente si é visto come 40 secondi sia il tempo
massimo affinché tutte le unità alveolari reclutabili ad un determinato livello di pressione siano aperte.
La manovra di reclutamento possiede degli effetti collaterali che, come spiegato nelle sezioni precedenti in
merito agli effetti respiratori ed emodinamici sono di due ordini: delle complicanze respiratorie legate all’effetto
del baro/volotrauma con rischio di rottura alveolare e pneumotorace (che può portare a forte instabilità
emodinamica) o al peggioramento stesso di uno pneumotorace pre-esistente, e complicanze emodinamiche per il
forte stress sulle camere cardiache destre legato alla forte riduzione del ritorno venoso ed all’incremento delle
pressioni polmonari.

TIPOLOGIA DI MANOVRE:
Ad oggi esistono differenti tipologie di manovre di reclutamento, pubblicate su diversi articoli ed oggetto di
discussione nella comunità scientifica. Si parla di metodi meccanici con il ventilatore, metodi manuali al pallone-
AMBU, timing differenti, ecc… È da ricordare che, ad oggi, l’esecuzione di manovre di reclutamento si sono
dimostrate efficaci nel ridurre l’entità dell’ipossiemia, ma non si sono dimostrate in grado di ridurre la mortalità
del paziente.
 Inflazione sostenuta: questa tecnica si ottiene applicando una pressione sostenuta ad alto livello; generalmente il
ventilatore é impostato su CPAP-modalità spontanea e la pressione in CPAP é incrementata fino a 30-40 cmH 2O
per circa 40 secondi. Questo approccio non é comunemente accettato da diversi autori.
 Ventilazione ad elevata PEEP: é una tipologia di manovra dove si utilizza la pressione controllata (generalmente
impostata 20 cmH2O oltre la PEEP) e delle frequenze respiratorie attorno a 10-12 atti/min; la PEEP viene
progressivamente incrementata in maniera che la massima pressione inspiratoria (PIP) sia inferiore a 40 cmH 2O.
La massima PEEP che si riesce a raggiungere viene mantenuta per 40-60 secondi e poi ridotta secondo lo schema
tradizionale.
 Ventilazione a PEEP incrementale: é una tipologia di manovra che utilizza la pressione controllata, ma la PEEP
viene incrementata di 5 cmH2O alla volta; ogni incremento viene mantenuto per qualche minuto (2-5 min),
sempre con frequenze respiratorie attorno a 10-12 atti/min, aumentando il tempo inspiratorio (fino a I:E = 1:1).

La manovra di deflazione permette di stabilire il LIP al quale si ha il collasso della gran parte degli alveoli
polmonari. Alcuni clinici non utilizzano tale manovra, impostando a priori dei valori di PEEP fra 10-15 cmH 2O in
maniera arbitraria. Il de-recrutamento generalmente viene eseguito in maniera progressiva (2.5 - 5 cmH 2O ogni 5-
10 secondi) per valutare la compliance e la saturazione.

Alcune questioni rimangono ancora senza risposta; in caso di ARDS il polmone che appare recrutabile
generalmente rappresenta meno del 10% della densità polmonare visibile allo scanner: é realmente utile eseguire
una manovra per questo 10%? Il polmone deve necessariamente essere aperto? Alcune unità, anche a valori
elevati di PEEP, non si aprono: é sbagliato lasciare queste aree non ventilate? La prevenzione all’atelettasia é
necessaria? Diversi studi sono ancora necessari per determinare l’impatto sulla morbilità e sulla mortalità di tale
manovra nei diversi contesti clinici, in particolare in caso di ARDS. Nei prossimi capitoli tratteremo anche
dell'utilizzo della PEEP (oltre che di diversi elementi del ventilatore) applicata alle differenti situazioni
fisiopatologiche.
Ventilazione meccanica non invasiva - devices e modalità ventilatorie
(Capitolo 3.3.4)

Dopo che abbiamo accennato ai sistemi per una ventilazione di tipo non meccanico, in questo capitolo
analizzeremo una prima parte dei concetti riguardanti la ventilazione meccanica non invasiva. La ventilazione a
pressione positiva non invasiva (NPPV o VNI) è diventata parte integrante del supporto ventilatore nei pazienti
con insufficienza respiratoria acuta o cronica, dimostrando d'essere in grado di ridurre l’uso della ventilazione
meccanica invasiva, ridurre le complicazioni associate ad essa ed infine facilitare il successo dell'estubazione nei
pazienti con BPCO che mostrano parametri di svezzamento marginali. Alcuni studi inoltre hanno dimostrato che
la NPPV migliora la sopravvivenza rispetto alla ventilazione meccanica invasiva nei pazienti con insufficienza
respiratoria acuta ed in pazienti con forme selezionate di BPCO (ed in alcuni casi in pazienti con forme restrittive
di grado lieve) la NPPV si é dimostrata essere una modalità efficace per la corretta ventilazione del paziente.  

Rispetto alla ventilazione invasiva, la NPPV ha ridotto il rischio di polmonite associata al ventilatore e ottimizzato
il comfort del paziente; a causa però del suo design, il successo dipende in larga misura dalla cooperazione e
dall'accettazione del paziente. Vedremo difatti come alcuni fattori che possono limitare l'uso della NPPV possano
essere problemi legati alla maschera (o all'interfaccia) come le perdite d'aria, l'intolleranza della maschera a causa
della claustrofobia e l'ansia o il cattivo setting maschera. Circa il 10-15% dei pazienti non riesce a tollerare la
NPPV a causa dei problemi associati all'interfaccia della maschera, nonostante le regolazioni nella tensione della
cinghia, il riposizionamento e la prova di diversi tipi di maschere. Altri problemi legati alla maschera
comprendono la presenza di fratture e lacerazioni cutanee del viso, l'aerofagia, l'incapacità di gestire le secrezioni
delle vie aeree superiori e la instabilità del posizionamento della maschera. Le interfacce più comuni in entrambe
le impostazioni acute e a lungo termine sono maschere nasali o naso-orali, dette anche total-face. 

INDICAZIONI:
La NPPV deve essere considerata nei pazienti con disturbi respiratori; i segni clinici generalmente includono la
dispnea, la tachipnea e l'uso di muscoli accessori della respirazione e l’emogasanalisi  arteriosa generalmente
rivela acidosi, ipercapnia e/o ipossemia. Numerosissimi studi randomizzati controllati hanno dimostrato i benefici
della NPPV nei pazienti con insufficienza respiratoria ipercapnica dovuta ad una grave esacerbazione della BPCO
ed ai benefici della NPPV nei pazienti con edema polmonare (cardiogeno o di altra origine). L’uso della NPPV si
é dimostrata in grado di migliorare i pazienti con compromissione immune, febbre e infiltrati polmonari che
presentano insufficienza respiratoria ipossiemica acuta. Come accennato precedentemente, la NPPV si é anche
dimostrata facilitare il passaggio dalla ventilazione invasiva alla respirazione spontanea in pazienti selezionati
(BPCO, intubati per oltre 14 giorni ed anziani). Al momento non ci sono trials clinici sufficienti per raccomandare
l’uso della NPPV nella gestione di gravi esacerbazioni di asma, polmonite, insufficienza respiratoria
postoperatoria ed insufficienza respiratoria nei pazienti con malattia terminale, ma ad oggi la NNPV viene
applicata a questi pazienti, in attesa che studi randomizzati controllati possano arrivare a chiarirne il beneficio
d’uso.

La curva A rappresenta una normale curva PV di un sistema respiratorio sano; P1 é la pressione necessaria per
generare un determinato Tidal Volume (TV). Uno spostamento della curva verso destra, porta ad una riduzione della
capacità funzionale residua, con un incremento del lavoro respiratorio, dato che per generare lo stesso TV é necessaria
una pressione maggiore (P2). L’applicazione di una PEEP a 10 cmH2O porta nuovamente a volumi normali, riducendo il
lavoro respiratorio (P3 diventa uguale a P1).

CONTROINDICAZIONI:
La NPPV richiede la cooperazione del paziente, sia per poter iniziare l'atto respiratorio che per poter
adeguatamente proteggere le vie aeree; le sole controindicazioni assolute alla NPPV sono l’arresto cardiaco e
l’arresto respiratorio, mentre le controindicazioni relative comprendono il disagio della maschera che non possa
essere risolto con gli opportuni adeguamenti (vedi oltre), un elevato rischio di broncoaspirazione a causa dello
stato mentale compromesso (ad eccezione di quando la compromissione è dovuta all'ipercapnia), un grande
volume di secrezioni, la presenza di vomito ricorrente e recente chirurgia gastrointestinale del tratto superiore
(esofago-gastrico).

DEVICES DI VENTILAZIONE NON INVASIVA:


MASCHERA TOTAL-FACE:
Una vasta gamma di maschera total-face sono disponibili per eseguire la NPPV; i devices più comunemente
utilizzati sono le maschere nasali e naso-orali (total-face). Questa maschera copre tutta la superficie anteriore del
viso e fornisce una ventilazione efficace attraverso le vie nasali e orali. Alcuni gruppi hanno confrontato l'efficacia
della NPPV tramite maschera total-face contro maschere nasali nei pazienti con insufficienza respiratoria cronica,
dimostrando che la NPPV tramite total-face in pazienti selezionati con insufficienza respiratoria cronica
può migliorare il comfort, minimizzare le perdite d'aria dall'interfaccia maschera-paziente e migliorare la
ventilazione alveolare. La NPPV é stata anche studiata in forme di insufficienza respiratoria acuta, mostrando
come la somministrazione d’aria tramite total-face in pazienti che non erano stati in grado di tollerare NPPV
tramite le maschere nasali migliorava lo scambio di gas con un miglioramdno del pH, dei livelli di ossigenazione
del gas ed una diminuzione dell'ipercapnia. Nella maggior parte dei pazienti, la NPPV veniva ben tollerata senza
dislocare la maschera o senza significativi bisogni di aggiustamenti. Le complicanze del trattamento erano minime
e generalmente non portarono ad una interruzione della terapia. Questo tipo di maschera è stato anche valutato dai
pazienti come più comodo della maschera a faccia a faccia standard in un rapporto preliminare. Dato che la
maschera total-face copre l'intera faccia, inizialmente si pensava che questo peggiorasse la sensazione di
claustrofobia piuttosto che migliorarla; tuttavia, diversi studi hanno osservato che questa sensazione è stata ridotta
proprio con l'uso di tale maschera in pazienti non in grado di tollerare una maschera standard. Le spiegazioni
potenziali potrebbero essere un migliore campo di visione senza ostacoli per il paziente; la capacità di comunicare
verbalmente in maniera più facile e la sensazione di aria che esercita l'intera faccia durante l'uso della maschera.
Sono state sollevate alcune preoccupazioni circa l’uso di tale maschera: poiché questa forma di maschera ha un
volume di spazio maggiore, la maschera ha anche una quantità significativamente maggiore di spazio morto. Le
altre complicazioni, come l'irritazione oculare e la distensione gastrica sarebbero più comuni durante l’esecuzione
di una NPPV con una maschera total-face, ma all’atto pratico un aumento d’incidenza di questi problemi non è
mai stato riportato in nessuno degli studi. L'efficacia delle maschere nasali e total-face è stata confrontata in uno
studio controllato in pazienti con BPCO e di malattie toraciche restrittive: le maschere total-face si sono
dimostrate più efficaci nell'abbassamento dei valori di pCO2, forse a causa della maggiore perdita d'aria associata
alla maschera nasale. Generalmente queste maschere si sono quindi dimostrate più efficaci in termini clinici, ma la
tolleranza e l’adattabilità dell’interfaccia varia da paziente a paziente; si deve pertanto essere pronti a
provare diverse maschere e tipologia di maschere con lo scopo di migliorare il comfort del paziente e quindi
l’efficacia della ventilazione. In sintesi, pertanto, la NPPV eseguita attraverso una maschera total-face in pazienti
selezionati con insufficienza respiratoria acuta o cronica può migliorare il comfort, ridurre al minimo le perdite
d'aria dall'interfaccia maschera-paziente e migliorare la ventilazione alveolare, in particolare in quei pazienti che
ventilati in NPPV non completamente efficace che posseggono un’interfaccia nasale o orale convenzionale.

ELMETTO:
L'interfaccia ad elmetto (o “a casco”) è stata concepita per fornire elevate concentrazioni di ossigeno durante la
terapia iperbarica; dagli anni '90 poi è stata sempre più utilizzata, in particolare nei paesi dell'Europa meridionale,
per fornire una ventilazione non invasiva. Il casco è costituito da una morbida cappa in plastica trasparente
costruita su un anello di plastica duro. Un collare morbido di silicone/polivinilcloruro costruito sull'anello fornisce
una guarnizione pneumatica al collo, mentre la cappa contiene l'intera testa del paziente. La presenza di due o più
uscite e prese consente la connessione di tubi di ventilazione standard  e l'inserimento di tubi e canne
nasogastriche. Il collare fornisce una buona tenuta senza una grande compressione nei punti di contatto. La
mancanza di punti di pressione sul volto evita inoltre la necrosi della pelle e il dolore, riducendo i disagi e
migliorando la tolleranza del paziente. La guarnizione attorno al collo consente l'utilizzo del casco anche nei
pazienti con situazioni anatomiche difficili che non consentono comunemente l'uso di una maschera facciale,
come ad esempio nei pazienti edentuli, nei pazienti con una barba piena o nei pazienti con traumi facciali. Inoltre
l’elmetto consente ai pazienti di vedere, leggere, parlare e interagire più facilmente rispetto ad altri dispositivi.

Alcuni gruppi hanno confrontato l'efficacia dell’elmetto contro la maschera facciale nell’eseguire una ventilazione
CPAP ad otto volontari sani; una combinazione di tre livelli PEEP (5, 10 e 15 cmH 2O) e tre prove di gas sono
state testate in ordine casuale. L'aumento nel volume polmonare di fine espirazione, le oscillazioni nella pressione
delle vie aeree durante il ciclo respiratorio ed il lavoro respiratorio erano simili ad ogni livello PEEP tra le due
interfacce, dimostrando così che la CPAP tramite elmetto è almeno efficace come la CPAP eseguita tramite
maschera facciale. Va notato però che, a causa della sua configurazione, i caschi fungono da serbatoio; anche se il
picco inspiratorio del paziente supera la velocità del gas fresco, la pressione al suo interno rimarrà quasi costante.
Ciò non avviene quando si utilizza una maschera facciale, che richiede la presenza di un serbatoio in grado di
scaricare l'oscillazione della pressione o la presenza di un ventilatore meccanico in grado di generare tanto quanto
richiesto dal paziente.

LIMITI DELLA TECNICA:


Una delle principali preoccupazioni quando il capo del paziente è in un sistema chiuso è il potenziale  ricircolo di
CO2, che viene ovviamente evitato fornendo un adeguato tasso di aria fresca. Il problema può essere maggiore
con l’uso dell’elmetto: infatti, rispetto alla ventilazione con maschera facciale, l’uso dell’elmetto é stato associato
ad una concentrazione più alta di CO2 inspirata, in particolare quando il tasso della somministrazione dei gas
veniva ridotto al di sotto di 30 l/min. Si é studiato il potenziale pericolo derivante dalla sospensione del gas
naturale fresco con il rischio di ricircolo di CO 2; uno studio clinico ha testato tre diversi modelli di casco: uno dei
caschi aveva una valvola antisoffocamento ed in questi casi dopo soli 4 minuti dalla disconnessione del gas fresco,
la FiO2 è scesa rapidamente, con un incremento di CO 2 inspiratoria è a livelli estremamente elevati, con un
aumento quadruplicato della ventilazione minuto. Questi effetti sono stati notevolmente diminuiti in presenza di
una valvola antifiamma. Si é pertanto concluso che alcune caratteristiche del design del casco possono
effettivamente limitare e ritardare le conseguenze dell'interruzione del rifornimento di gas fresco e che,
all’impostazione di un elmetto CPAP é necessario includere un sistema di monitoraggio e di allarme con un
controllo clinico.

Un altro problema come possibile fonte di disagio per i pazienti é la questione del rumore derivante dall'ingresso
turbolento del gas nell’elmetto o nella maschera. I livelli di rumore riportati nel casco durante la ventilazione non
invasiva sono pari a 100 dB e il rumore percepito dai soggetti (valutato da una scala analogica visiva) è stato
significativamente maggiore con l’elmetto che con una maschera facciale (anche se l’elmetto era soggettivamente
più tollerato della maschera). Infine, la presenza di un semplice strumento di scambio termico ed un umidificatore
sulla linea di ingresso ha significativamente ridotto la percezione soggettiva del rumore. 

Monitoraggio della pressione e generatori


Un fattore importante che influenza la pressione interna all’elmetto è porre un'attenzione particolare  per fornire
un adeguato flusso di gas ed evitare grandi perdite nel sistema; un modo semplice per valutare se la pressione
all'interno del casco non scende al di sotto del PEEP è accertarsi che il gas attraverso la valvola espiratoria sia
presente per tutto il ciclo respiratorio: se durante l'ispirazione il gas si arresta, ciò indica che la pressione nel casco
è inferiore alla PEEP e che è necessaria una maggiore velocità di gas fresco. Inoltre, si potrebbe raccomandare di
misurare frequentemente la pressione all'interno del casco, specialmente quando si esegue una ventilazione in un
ambiente altamente tecnologico, come ad esempio una ICU.

APPLICAZIONI CLINICHE:
Durante l’applicazione di pressione continua positiva non invasiva (CPAP) il sistema respiratorio del paziente
viene mantenuto per tutto il ciclo respiratorio ad una pressione costante, superiore alla pressione atmosferica,
solitamente chiamata PEEP (Positive End-Expiratory Pressure); la CPAP non invasiva è priva di qualsiasi
supporto attivo per il lavoro respiratorio del paziente e pertanto non può essere considerata una forma di
"ventilazione".

La CPAP non-invasiva viene spesso utilizzata per migliorare lo scambio di gas in pazienti cooperativi con una
funzione neuromuscolare intatta che mostrano insufficienza respiratoria acuta, incluso l'edema polmonare acuto
cardiogeno. Se da un lato l'uso di tecniche con un supporto attivo all'ispirazione (come la ventilazione a supporto
di pressione) potrebbe determinare ulteriori vantaggi ai pazienti con insufficienza respiratoria acuta, dall'altro la
CPAP è facilmente erogata da semplici sistemi continui senza bisogno di un ventilatore meccanico, anche al di
fuori delle unità di terapia intensiva. In passato, la CPAP non-invasiva è stata per lo più associata a maschere
facciali, combinate con un circuito CPAP "tradizionale", dotato di una grande borsa del serbatoio sulla via
inspiratoria (al fine di ridurre al minimo le oscillazioni di pressione) e di una valvola PEEP. Quando si utilizza una
maschera di protezione per evitare perdite, mantenendo così una pressione costante della via aerea, é cruciale una
tenuta molto stretta tra il viso del paziente e il dispositivo (anche se spesso é difficile da ottenere), in particolare in
alcuni pazienti con caratteristiche peculiari, come pazienti edentuli, pazienti con molta barba. Inoltre, l’elevata
pressione esercitata dalla maschera sul viso del paziente può potenzialmente portare a lesioni cutanee, condizione
che si può prevenire  limitando l'applicazione di tali dispositivi con brevi trattamenti ed applicazioni periodiche.
La corretta applicazione della maschera facciale richiede quindi un team esperto ed un paziente collaborativo.

Edema polmonare cardiogeno:


Durante edema polmonare cardiogeno, l'applicazione di una CPAP migliora l'ossigenazione arteriosa e la
meccanica respiratoria, riducendo lo sforzo respiratorio del paziente. Poiché lo sforzo inspiratorio diminuisce la
pressione intratoracica, aumenta il post-carico del veicolo sinistro: ad esempio, se la PAs è di 120 mmHg e la
pressione intratoracica (che quindi circonda il cuore) è di -20 mmHg, il ventricolo deve generare una pressione di
140 mmHg. Per questa ragione, una riduzione dello sforzo di ispirazione implica una riduzione del carico del
ventricolo sinistro (si veda il capitolo dedicato agli effetti emodinamici della PEEP, Capitolo 3.4.2). Inoltre, la
CPAP riduce il ritorno venoso e le dimensioni del ventricolo sinistro, diminuendo la tensione della parete ed il
consumo di ossigeno miocardico. Probabilmente a causa di questi multipli meccanismi la CPAP si dimostra
efficace nel ridurre la necessità di intubazione e la morte di pazienti con edema polmonare acuto. Alcuni studi
hanno dimostrato che l’uso precoce di una CPAP porta ad un’ora ad una riduzione della frequenza respiratoria ed
un miglioramento dello scambio gassoso.

Edema polmonare acuto non cardiogeno:


Nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta di origine non cardiogena, la CPAP, aumentando il volume
polmonare e prevenendo il collasso alveolare, può migliorare lo scambio di gas e la meccanica respiratoria,
riducendo il lavoro respiratorio. L'efficacia della CPAP nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta è stata
dimostrata in molti studi, in particolare in nelle insufficienze respiratorie acute che complicano la malignità
ematologica, data l'importanza in questi pazienti di evitare l'intubazione endotracheale. Uno studio clinico
interessante ha provveduto a fornire una PEEP (tramite elmetto) durante un episodio di ipossia respiratoria dopo
un importante intervento di chirurgia addominale: pazienti con un rapporto PaO 2/FiO2 inferiore a 300 mmHg (27
kPa) durante la respirazione attraverso maschera Venturi con una frazione inspiratoria di 0.3, sono stati assegnati
in modo casuale per essere trattati per 6 ore con ossigeno attraverso una Maschera Venturi ad una FiO 2 di 0.5
(pazienti di controllo) o con ossigeno ad una FiO 2 di 0.5 e una PEEP di 7.5 cmH2O, fornita tramite elmetto. I
pazienti trattati con CPAP hanno mostrato un tasso di intubazione inferiore (1% vs 10%) e una durata più breve di
soggiorno in ICU. Infine, nei pazienti con BPCO, la CPAP si é dimostrata in grado di ridurre sostanzialmente il
lavoro respiratorio per compensare la PEEP intrinseca del paziente.

TECNICHE DI VENTILAZIONE NON INVASIVA:


La ventilazione non invasiva (VNI) si riferisce alla fornitura di ventilazione meccanica attraverso le vie aeree
superiori del paziente mediante una maschera senza l'uso di una via invasiva (tubo endotracheale o
tracheostomia). La VNI è da tempo utilizzata come metodo standard per curare pazienti con insufficienza
respiratoria cronica secondaria a malattie della parete toracica, disturbi neuromuscolari o ipoventilazione centrale;
si é inoltre dimostrata efficace nel trattamento di diverse forme di insufficienza respiratoria acuta. L'insufficienza
respiratoria dipende da due processi principali: il fallimento del polmone che porta principalmente all'ipossemia
ed alla rottura della pompa che porta principalmente all'ipercapnia. Le cause di insufficienza respiratoria
ipossemica possono essere il cedimento delle vie aeree, il recupero alveolare, il basso rapporto di
ventilazione/perfusione (V/Q) e lo shunt (ne abbiamo già parlato precedentemente nelle 5 cause di ipossia,
Capitolo 3.1). Le cause di insufficienza respiratoria ipercapnica possono essere la depressione dell'azionamento
centrale inspiratorio (ipoventilazione alveolare centrale, diminuzione della chemosensitività, ipotiroidismo, uso di
diuretici, alcalosi metabolica, abuso di narcotici), un aumento del carico inspiratorio (per aumento delle resistenze
delle vie respiratorie, modifiche alla conformità polmonare o iperinflazione dinamica) o infine un’insufficienza
muscolare inspiratoria (iperinflazione statica o dinamica, debolezza muscolare, ecc…).

PRESSURE-SUPPORT VENTILATION (NIV):


La PSV è caratterizzata dalla somministrazione di una pressione costante (PEEP) e la somministrazione di un
aiuto respiratorio (chiamata “Pressione di Supporto”) quando il paziente inizia la respirazione. E`una tecnica
limitata dalla pressione ed innescata dal paziente, e per il suo uso corretto si presuppone che il paziente possa
iniziare uno sforzo inspiratorio. La PSV consente ai pazienti di controllare tempi inspiratori ed espiratori mentre il
ventilatore fornisce una pressione prestabilita; questo meccanismo, in concomitanza con lo sforzo del paziente e la
meccanica respiratoria, determina la forza respiratoria ed il volume corrente. Lo sforzo ispiratorio viene rilevato
da un sensore di pressione o da un sensore con sensibilità di flusso regolabile (ne parleremo in merito al
ventilatore, si veda il capitolo 3.4.1). La PSV è generalmente in ciclo, il che significa che il grilletto espiratorio è
determinato da una diminuzione della forza di ispirazione e quando il livello di soglia è inferiore a un livello di
soglia determinato dal ventilatore, l'esalazione inizia. Alcuni ventilatori hanno la possibilità di impostare un limite
di tempo per l'ispirazione, al momento in cui il dispositivo entrerà in scadenza indipendentemente dalla funzione.
La PSV ha l'obiettivo principale di assistere i muscoli respiratori, migliorando l'efficacia dello sforzo inspiratorio
e riducendo il carico di lavoro (e quindi il consumo di ossigeno).
L’effetto della ventilazione PSV su (dall’alto al basso): il flusso, la pressione delle vie aeree, la pressione esofagea, la
pressione trans-diaframmatica ed il Tidal Volume.

Nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta, la PSV riduce il lavoro respiratorio aumentando la pressione
transpulmonare, l'aumento di Volume Corrente e la riduzione del carico di lavoro muscolare inspiratorio. La PSV
migliora lo scambio di gas principalmente aumentando la ventilazione alveolare e aumenta la capacità residua
funzionale, aprendo gli alveoli collabiti, riducendo lo shunt e migliorando il rapporto ventilo/perfusorio. I pazienti
con BPCO severa devono superare la presenza di una pressione intrinseca positiva espiratoria (PEEP) per attivare
il ventilatore: l'attività di respirazione viene ulteriormente ridotta dall'aggiunta di una PEEP applicata all’apertura
della bocca che equilibra la PEEP intrinseca, riducendo il lavoro diaframmatico; i risultati sono il miglioramento
della dispnea e la riduzione della frequenza respiratoria, della ritenzione di CO 2 e dell'attività muscolare dello
sternocleidomastoideo. Il successo con la ventilazione assistita è fortemente correlato all'adattamento della
ventilazione meccanica alle esigenze del paziente; questo è particolarmente vero per la VNI perché il paziente è
cosciente e la ventilazione è inefficace o scomoda quando il paziente la rifiuta o si adatta in malo modo.

Interazione paziente-ventilatore:
La sincronia del paziente-ventilatore è fondamentale per il successo della ventilazione non invasiva; la presenza di
asincronia aumenta il disagio del paziente (con sensazione soggettiva di dispnea ed aumento dell’ansia), aumenta
inutilmente il lavoro respiratorio e rende meno efficace la ventilazione. L'interazione paziente-ventilatore è stata
descritta in alcuni studi come espressione di due controllori: il ventilatore (controllato dal medico) e la pompa
muscolare respiratoria del paziente. Questi controllori devono essere in armonia per ottenere una ventilazione
appropriata per il paziente. 

Uno studio che ha valutato la prevalenza di cattivo adattamento ventilatore/paziente in pazienti con VNI per
insufficienza respiratoria acuta ha mostrato che nel 13% dei pazienti si ha un autotriggering, un doppio innesco
nel 15%, dei respiri inefficaci nel 13% dei pazienti, un cycling prematuro nel 12% dei pazienti ed un cycling
tardivo nel 23%. L’autotriggeringsi verifica quando un ciclo respiratorio viene falsamente innescato da un
segnale non prodotto dall'impegno del paziente; le cause più frequenti di autotriggering durante PSV sono le
perdite dalla maschera, l’impostazione di un trigger troppo sensibile, il movimento del paziente o il movimento di
acqua nel circuito. L'autotriggering può essere difficile da rilevare sulle curve del ventilatore, generalmente é
suggerito da un improvviso aumento di pressione o da una frequenza respiratoria elevata e persistente. Il doppio
innesco si verifica quando la richiesta o lo sforzo del paziente superano il valore di consegna impostato sul
ventilatore; se il livello di supporto della pressione non è sufficiente, uno sforzo inspiratorio pronunciato riaccende
il ventilatore dopo la fine della pressurizzazione. Ciò avviene se l'impostazione del ventilatore non è stata regolata
per soddisfare la necessità del paziente o se la richiesta del paziente aumenta improvvisamente superando
l'impostazione del ventilatore. In pazienti con BPCO è probabile un triggering inefficace, ed è spesso dovuto al
carico di soglia inspiratoria supplementare associato alla PEEP intrinseca. La presenza di PEEP intrinseca infatti
crea un maggiore degrado di pressione tra la pressione del polmone e la pressione del circuito del ventilatore. Se
lo sforzo del paziente non è sufficiente per superare questo gradiente, non può essere trasmesso al sensore per
attivare il ventilatore. Come spiegato, questa asincronia può essere ridotta applicando una PEEP esterna (si veda il
capitolo 3.4.2 e 3.4.4 per maggiori dettagli). Il triggering inefficace può essere rilevato sulla pressione delle vie
aeree o sulle curve come irregolarità durante la fase di espiratoria, con tentativo della curva di arrivare a zero.
Il cycling prematuro è principalmente correlato a meccanismi polmonari restrittivi: é caratterizzato da un tempo
inspiratorio che dura meno di un tempo inspiratorio durante la respirazione spontanea, per cui gli stimolatori si
spengono prima della fine dell'attività neurale dei muscoli espiratori. Il cycling prolungato si verifica quando c'è
una differenza tra l’attività neuronale del paziente e l'arresto del ventilatore, per cui il ciclo di ventilazione viene
disattivato solo dopo l'attivazione dei muscoli espiratori. Durante la PSV, le perdite dalla maschera si sono state
mostrate essere le cause principali del cycling prolungato.

Esempio grafico di un tracciato con respiro inefficace durante ventilazione PSV; in alto si identifica un paziente che
respira con respiri inefficaci, mentre in basso é rappresentato lo stesso paziente dopo che é stato adeguato il setting
della macchina (si veda il testo per maggiori dettagli).

Compensazione delle perdite d'aria


A causa del tipo di interfaccia utilizzata, le perdite d'aria sono quasi una caratteristica costante della NPPV e
possono interferire con il comfort del paziente, la sincronia paziente-ventilatore ed eventualmente ridurre la
probabilità di successo ventilatorio sia nei pazienti acuti che nei pazienti cronici. Possono verificarsi perdite non
intenzionali attraverso la bocca durante la ventilazione nasale o tra l'interfaccia e la pelle con maschere nasali ed
oronasali. Dall'altro lato, il tentativo di stringere con cautela sulle cinghie del copricapo per ridurre le perdite
d'aria dovrebbe essere evitato, in quanto ciò può ridurre la tolleranza del paziente e predisporre i danni alla cute
facciale. Di conseguenza, è importante avere un ventilatore capace di compensare bene le perdite d'aria durante la
NPPV; la compensazione delle perdite d'aria è maggiore se si utilizza il ventilatore bilevel piuttosto che i
ventilatori domestici a target di volume: quando si hanno delle adeguate compensazioni, la caduta del Volume
Corrente appare inferiore al 10% grazie ad un adeguato aumento dell'inspirazione e del tempo inspiratorio.
Tuttavia, gli effetti delle perdite d'aria durante la NPPV sono più complessi rispetto alla semplice caduta di IPAP e
Volume Corrente, a causa del ruolo svolto da ulteriori variabili, quali il tempo inspiratorio, il cycling espiratorio e
la sensibilità del trigger inspiratorio. 

CONTINUOS POSITIVE AIRWAY PRESSURE (NIV):


La pressione continua delle vie aeree (CPAP) è una tecnica di ventilazione respiratoria applicabile a pazienti
ventilati sia in maniera invasiva che non invasiva, in cui la pressione delle vie aeree è mantenuta al di sopra della
pressione atmosferica a un valore costante durante l'ispirazione e l’espirazione. L'efficacia della CPAP è stata
studiata in condizioni cliniche comuni come l'edema polmonare cardiogenico, la BPCO ed i traumi della parete
toracica. La CPAP può essere generata con generatori continui, ventilatori d’unità di terapia intensiva (ICU) -
definiti come ventilatori ad alta pressione - ventilatori progettati per somministrare ventilazione a pressione
positiva non invasiva (con o senza altre modalità) ed altri dispositivi medici, quali la bubble-CPAP o
la Boussignac-CPAP.

I generatori a pressione positiva continua sono dispositivi indipendenti dall'elettricità che utilizzano un sistema


venturi azionato dall'ossigeno per attirare aria atmosferica, producendo elevate quantità di gas fresco. La miscela
di ossigeno-aria risultante entra in un circuito respiratorio con un solo braccio ed esce attraverso una valvola con
resistenza (la valvola CPAP) nella maschera o nel casco. Le valvole CPAP hanno un design variabile a molla, che
si apre ad una pressione prestabilita e deve mantenere costante la pressione a monte. Il tasso di guadagno del gas e
la frazione inspiratoria di ossigeno generato dal generatore continuo sono regolabili utilizzando quadranti non
calibrati. I costruttori affermano un valore fino a 140 l/min, ma sono descritti anche livelli superiori. Per
compensare la riduzione della pressione durante l'ispirazione, ad un generatore continuo a pressione positiva é
generalmente associato un serbatoio inspiratorio. I vantaggi di questa tipologia di ventilatori sono il semplice
utilizzo, l'elevata portabilità, l'indipendenza dell'elettricità ed i costi minori. Gli svantaggi sono la presenza di
rumore elevato percepito dai pazienti (e dal personale), la mancanza di monitoraggio o di allarmi e soprattutto le
prestazioni ridotte (come la diminuzione della pressione durante l'ispirazione o l’incapacità di raggiungere la
pressione prestabilita). 

I ventilatori della ICU offrono la modalità CPAP, ma sono progettati per essere utilizzati in pazienti intubati,
quindi non è contemplata la perdita d'aria, una condizione generalmente ubiquitaria in caso di NPPV. Tuttavia, i
ventilatori ICU possono fornire un CPAP soddisfacente poiché non sono presenti perdite d'aria maggiori e sono
dotati di alcune regolazioni: trigger di sensibilità regolabile per prevenire l'autocycling, meccanismi per limitare il
tempo di inspirazione e evitare inversioni di rapporto respiratorio-espiratorio, ecc…. A seconda del ventilatore di
cura selezionato, la ventilazione CPAP può essere somministrata usando tecniche “on demand", "continue", ecc...
con un differente lavoro imposto in maniera differente rispetto ai pazienti intubati. Negli anni sono stati
creati ventilatori NPPV progettati per essere utilizzati in presenza di perdite d'aria; sono sistemi
microelaborati, azionati a turbina e con un circuito a singolo arco con valvola di non-respirazione. Sono sistemi
dotati di allarmi e di un sistema di monitoraggio e, in teoria, dovrebbero essere migliori rispetto ad altri dispositivi
per offrire una ventilazione CPAP in maniera non invasiva.

La CPAP di Boussignac è un sistema semplice per la creazione di una ventilazione CPAP e permette l’utilizzo
del sistema su una maschera facciale, basandosi sulla generazione di pressione positiva per via aerea tramite un
getto d’aria a pressione. Tale pressione è generata dall'iniezione di gas che attraversano quattro microcapillari
(situati attorno al dispositivo CPAP), aumentando la velocità dell’aria e generando turbolenze, creando così una
"valvola virtuale". Il livello CPAP risultante varia dai 2.5 ai 10 cmH 2O secondo la velocità del gas. Il dispositivo
ha due porte: una per iniettare gas e un altro per controllare la pressione attraverso un manometro, monitorare
CO2 o aggiungere ossigeno. Grazie alla sua semplicità, al peso ridotto ed alle piccole dimensioni, la CPAP
Boussignac è un dispositivo portatile; uno studio clinico ne ha riportato l'efficacia durante l’esecuzione di
broncoscopie nei pazienti ipossessici e nel trattamento dell'edema polmonare cardiogenico acuto, generalmente
extra-ICU. Nel tempo é stato proposto un miglioramento della CPAP di Boussignac, chiamandola la Super-
Boussignac: l’inserimento di un “pezzo a T” tra la valvola Boussignac e la maschera facciale, ed il collegamento
del pezzo a T ad un palloncino che funge da serbatoio (che riceve l'ossigeno da una fonte indipendente) ha
consentito una diminuzione minore della pressione delle vie aeree durante l'ispirazione.
La CPAP a bolle può essere creata utilizzando apparecchiature esistenti (come un miscelatore di ossigeno) ed
utilizzando il circuito di un ventilatore; l’interfaccia con il paziente è una maschera o gli occhialini. La PEEP
viene generata mettendo il braccio espiratorio del sistema espiratorio sotto l'acqua, dove il numero di centimetri al
di sotto dell'acqua cui si trova il tubo corrisponde al livello di PEEP. Nel circuito è possibile incorporare una
connessione con un dispositivo di monitoraggio a pressione e un analizzatore di ossigeno. Il suo uso è
sostenuto soprattutto nei neonati dato che la colonna d'acqua provoca una lieve oscillazione nella forma d'onda di
pressione che si pensa possa ridurre l'incidenza della danni al sistema broncopolmonare.
PROCEDURA PRATICA:
Quando un paziente è in distress respiratorio, bisogna fornire il supporto ventilatorio iniziale e richiedere l'aiuto di
un intensivista respiratorio addestrato, che possa impostare il ventilatore e risolvere eventuali problemi tecnici.
Bisogna inoltre ottenere una misurazione basale della gasometria. Il ventilatore deve essere preparato,
selezionando la modalità in base alla situazione clinica, immettendo le impostazioni iniziali ed iniziando con
pressioni basse (da regolare in seguito verso l'alto, se necessario) per aumentare la tolleranza e ridurre l’ansia del
paziente. 

A seguire, é necessario mettere la maschera sul paziente, assicurandosi che le cinghie siano sufficientemente
strette per fissare la maschera ma non causare disagio inutile, e spiegando al paziente quello che potrebbe
percepire e la normalità di questo (rumore, flusso d’aria, ecc…). La maschera dovrebbe rimanere comodamente
sopra il naso/bocca senza allargarsi al di là del mento. Se il paziente è a disagio o se si nota una perdita d'aria
notevole, bisogna riposizionare la maschera o utilizzare una maschera di diversa dimensione o tipologia. A seguire
si regolano gli allarmi in base allo scenario clinico e alle impostazioni del ventilatore. 

A 15, 30 e 60 minuti si monitorano attentamente i sintomi ed i segni vitali del paziente, associandovi
un’emogasanalisi in funzione dello stato clinico e dell’evoluzione del paziente, adattando la FiO 2 per ottenere la
saturazione d’ossigeno desiderata. In base ai cambiamenti nell’ossigenazione on nella capnia si agira di
conseguenza in merito alla PEEP o FIO2, alla ventilazione ed ai parametri di supporto. Se il paziente
mostra disturbi respiratori persistenti nonostante le regolazioni del ventilatore o della maschera, o se si sviluppa
una controindicazione alla NPPV (come il vomito) é indicato eseguire rapidamente un’intubazione endotracheale
tramite Rapid Sequence Intubation (RSI). Al contrario, se l’insufficenza respiratoria è revertita con la NPPV, il
livello di supporto ventilatorio può essere mantenuto e successivamente ridotto finché il paziente non sia pronto a
respirare in maniera spontanea.

(continua...)

Ventilazione meccanica non invasiva - interazione macchina/paziente


(Capitolo 3.3.5)
La ventilazione non invasiva (VNI) è diventata una terapia classica nella cura dei pazienti con esacerbazioni acute
della BPCO. Nella BPCO stabile, l'ipercapnia è correlata ad una minotre forza muscolare respiratoria ed un
maggiore carico muscolare, con progressivo scompenso renale; nei pazienti BPCO decompensati può essere
indicata una ventilazione meccanica con VNI oltre alla terapia con ossigeno per prevenire un peggioramento
dell'ipercapnia, ridurre la mortalità, ridurre il rischio di intubazione e migliorare la qualità del sonno e la qualità
della vita. Studi epidemiologici sulla VNI hanno dimostrato che la tolleranza del paziente alla VNI è uno dei
fattori chiave per prevedere il successo o il fallimento terapeutico; l’obiettivo è quello di migliorare gli scambi
gassosi e scaricare il lavoro muscolare respiratorio. Il successo finale della VNI è correlato a molteplici fattori,
uno dei più importanti dei quali è l'interazione paziente-ventilatore, di cui importanti determinanti sono la
pressione intrinseca di fine inspirazione (la PEEPi), la pressione generata dai muscoli inspiratori, il trigger del
ventilatore e la sincronia del paziente-ventilatore.

INTERAZIONE MACCHINA-PAZIENTE:
RISPOSTA DEL PAZIENTE:
Con la VNI, i respiri iniziati dal paziente sono seguiti da un livello prestabilito di pressione assistita; in questo
caso, il sistema respiratorio del paziente può rispondere alla ventilazione assistita in due modi: in primo luogo, il
ventilatore viene utilizzato per aumentare la ventilazione, mentre l'attività muscolare respiratoria si mantiene
invariata; in un secondo caso, il lavoro del ventilatore viene utilizzato per scaricare i muscoli respiratori ad un
livello costante di ventilazione. Diversi studi eseguiti su pazienti con BPCO esacerbata e con BPCO grave stabile
hanno dimostrato che, nella pratica clinica, entrambi gli effetti sono combinati. I gas sanguigni sono migliorati
aumentando la ventilazione, mentre l'attività muscolare respiratoria viene ridotta; la deregolazione dell'attività
respiratoria muscolare si pensa sia attribuibile a meccanismi di retroazione che vengono attivati sia scaricando i
muscoli (feedback non chimico) che riducendo la pCO2(feedback chimico).

Le risposte comportamentali possono anche influenzare l'interazione paziente-ventilatore; in caso di esacerbazione


della BPCO, la dispnea e l'ansia provocano tachipnea con respirazione poco profonda, promuovendo
l’iperinflazione dinamica e lo sviluppo di una PEEPi (PEEP intrinseca), che influenzano la sensibilità dei trigger
ed il comfort del paziente (si veda il capitolo dedicato alla PEEP nel paziente BPCO, Capitolo 3.4.3). Di
conseguenza, il paziente può lottare contro il ventilatore piuttosto che accettarne il supporto; in questi casi una
sedazione adeguata al livello di comfort del paziente può aiutare ad avviare la VNI. 

Infine durante il sonno, l’attività respiratoria è ridotta e la dipendenza del controllore respiratorio sulla pCO 2 è
aumentata; l’effetto potenziale della VNI per aumentare il volume corrente e diminuire la pCO 2 può indurre apnea
ed respirazione periodica con conseguenze sull'interazione paziente-ventilatore. Infatti, in questi casi si assiste ad
un aumento degli sforzi inefficaci; Le impostazioni del ventilatore - generalmente regolate durante la veglia -
porebbero non essere appropriate per la ventilazione meccanica notturna ed andrebbero pertanto adattate.

RISPOSTA DEL VENTILATORE:


Il modo in cui il ventilatore risponde agli sforzi inspiratori ed espiratori è determinato dalla meccanica del sistema
respiratorio del paziente e dalle proprietà della macchina (trigger, cycling e pressurizzazione). La meccanica
respiratoria nella BPCO grave è compromessa per la presenza di iperinflazione statica e dinamica, con rischio di
sviluppo di PEEPi. In questi casi per attivare il ventilatore, il paziente deve prima eseguire una certa quantità di
attività muscolare inspiratoria per controbilanciare la PEEPi e quindi indurre una pressione alveolare
subatmosferica. Tale ritardo richiede una pressione di ispirazione ed una ottima sincronia paziente-ventilatore, che
spesso può essere gravemente disturbata. Inoltre, un’attività muscolare respiratoria extra appare necessaria per
attivare il ventilatore. A volte, uno sforzo del paziente potrebbe non essere anche abbastanza forte da abbassare la
pressione all'apertura delle vie aeree sotto la PEEPi ed innescare il ventilatore (in alcuni studi hanno riscontrato
valori di PEEPi fino a 13 cmH2O); in questi casi l’applicazione di una pressione esterna all'apertura della via aerea
(PEEPe o EPAP) può ridurre efficacemente l'attività di respirazione e migliorare l'attivazione della macchina.
EPAP può essere applicato come maschera CPAP (pressione continua positiva per via aerea), ma la tolleranza e lo
scarico muscolare respiratorio sono più efficaci in combinazione con l’IPAP; pertanto la combinazione di IPAP e
EPAP aumenta anche la ventilazione alveolare. Nella pratica clinica, la PEEPi in un paziente non intubato e
curarizzato non può essere misurata, pertanto il livello ottimale di EPAP viene applicato in modo pragmatico. Un
modo appropriato è iniziare con 0-2 cmH2O e aumentare lentamente l'EPAP fino a quando non si identifica la
scomparsa degli sforzi inefficaci. Inoltre, la terapia broncodilatatrice efficace può ottimizzare l'interazione
paziente-ventilatore riducendo la limitazione del rischio di iperinflazione dinamica e PEEPi.
Le perdite aeree che si hanno attraverso la bocca o intorno alla guarnizione della maschera possono interferire
con l'attivazione del ventilatore; in uno studio sull'interazione paziente-ventilatore, sono state osservati gravi
asincronie nei pazienti ventilati con VNI fino al 43% dei pazienti; le perdite d'aria sono state identificate come un
fattore determinante per lo sviluppo di respiri inefficaci ed un cycling tardivo. Un cycling ritardato o
prematuro sono un'altra fonte di asincronia paziente-ventilatore: idealmente, il supporto pressorio dovrebbe
essere strettamente accoppiato all’attività inspiratoria del paziente; il ventilatore rileva la transizione
dall'ispirazione alla espirazione con una diminuzione predeterminata dell'inspirazione. Nella BPCO, il ciclo
ritardato è un problema comune: l’ostruzione della via aerea è accompagnata da un appiattiamento della curva.
L'effetto finale per il ciclo respiratorio comporta un ritardo, che a sua volta abbrevia il tempo di espiratorio,
diminuisce lo svuotamento del polmone e contribuisce ad un’iperinflazione dinamica ed allo sviluppo di una
PEEPi. Un importante vantaggio della VNI rispetto alla ventilazione invasiva, è che il paziente é cosciente, per cui
gli si può chiedere quanto sia confortevole il suo respiro ed il suo rapporto con il ventilatore. La valutazione visiva
dello sforzo respiratorio e del ritmo respiratorio del paziente è un altro mezzo importante per ottimizzare la
sincronia ventilatore-paziente.

ASINCRONIA:
L'adattamento e la sincronia paziente-ventilatore è sempre stato uno dei primi obiettivi dell’intensivista con un
paziente ventilato meccanicamente; la dissincronia (o asincontronia) viene pertanto definita come la mancata
corrispondenza tra l’attività ventilatori del paziente, il tempo inspiratorio del ventilatore e gli sforzi secondari
sprecati o inefficaci. L’asincronia provoca un forte disagio per il paziente, con una maggiore sensazione di
dispnea e compromissione della qualità del supporto ventilatorio. In questi casi è quindi importante fornire una
precisa identificazione della causa dell’asincronia per valutarne la rilevanza clinica ed i suoi meccanismi
fisiopatologici per poterla correggerla, soprattutto grazie ad adeguamenti delle impostazioni del respiratore ed
un'attenzione particolare ai trigger inspiratori ed espiratori. D'altra parte, l’asincronia rilevata e analizzata durante
il giorno, può significativamente aumentare durante la notte, generando frammentazione del sonno, quindi fatica e
sonnolenza diurna. 

Nei pazienti affetti da fibrosi cistica, nei pazienti con BPCO con inflazione polmonare ed altre pneumopatie si
possono verificare scade interazioni paziente/ventilatore durante la VNI, con sforzi inspiratori ineffettivi. Tali
sforzi sono più frequenti durante il sonno e con l’aumento del livello di assistenza ventilatoria, portando a
peggioramento degli scambi gassosi (soprattutto durante il sonno con frammentazione del sonno stesso).
Un metodo semplice e non invasivo per rilevare tali sforzi inspiratori ineffettivi durante VNI è spesso ricercato;
il monitoraggio della pressione esofagea (Pes) è comunemente usato come standard clinico per rilevare l'inizio
degli sforzi inspiratori, anche se alcuni autori hanno utilizzato l'elettromiografia diaframmatica, tecnica che però é
gravata dalla necessità di elettrodi esofagei o superficiali e non può essere eseguita su base routinaria durante il
sonno. Di conseguenza, la maggior parte degli studi sugli sforzi inspiratori ineffettivi si sono basati valutato le
variazioni di Pes o della pressione transdiaframmatica (P di) per identificare la relazione tra i singoli sforzi
inspiratori e l'attivazione del respiratore. Tuttavia, le registrazioni esofagee non sono pratiche come misura
routinaria nella maggior parte dei centri e sono insufficienti per valutazioni prolungate o a lungo termine nei
pazienti trattati con ventilazione domestica, che richiedono una reale indagine della frequenza e della durata di tali
eventi e che non possono essere correttamente identificati, segnati ed adeguatamente trattati. Per questo motivo,
un nuovo asse di ricerca è in fase di esplorazione attraverso lo sviluppo di algoritmi che integrano la pressione
delle vie aeree e le variazioni necessarie per rilevare automaticamente tali sforzi inspiratori ineffettivi in tempo
reale. Questa metodologia di rilevazione, basata su semplici dati fisiologici, al momento appare molto sensibile e
specifica rispetto al metodo standard (cioè le misurazioni delle variazioni di Pes). 

I criteri standard utilizzati comunemente per definire gli sforzi inspiratori ineffettivi si basano su una riduzione
della Pes di oltre 1 cmH 2O con un calo simultaneo della pressione o cambiamento del flusso. Questo approccio è
accurato nei pazienti intubati ed una sottostima accettabile di tali eventi si può tollerare in caso di asincronie
severi ventilatore/paziente. Tali algoritmi potrebbero quindi essere di interesse clinico per identificare gli sforzi
inspiratori ineffettivi durante il sonno o durante la ventilazione domiciliare, evitando le difficoltà intrinseche e il
disagio associato alle valutazioni della pressione esofagea.

RICIRCOLO DI ANIDRIDE CARBONICA:


La re-inalazione parziale di anidride carbonica (CO 2) precedentemente esalata può compromettere l'efficacia della
ventilazione meccanica VNI nel miglioramento della rimozione e dello scarico dei muscoli ventilatori. Con una
continua ventilazione alveolare, qualsiasi concentrazione di CO 2 superiore allo zero nei gas inalatorii provoca un
aumento della pCO2 arteriosa di una pari quantità. Di conseguenza, una significativa reintegrazione di
CO2 aumenta i requisiti di una buona ventilazione alveolare per mantenere la pCO 2 ai livelli desiderati, limitando
gli effetti favorevoli dell'assistenza inspiratoria fornita dalla VNI. 

Durante la VNI, i flussi inspiratori ed espiratori condividono la parte distale del circuito respiratorio ed il volume
interno dell'interfaccia di collegamento paziente-ventilatore, sia esso maschera o casco. La CO 2 eliminata satura
questo spazio "comune" e viene nuovamente spinta dal ventilatore nelle vie aeree del paziente durante la
successiva fase di inspirazione. Comunque, questo spazio non è realmente equivalente allo spazio morto che
abbiamo durante la ventilazione meccanica invasiva. 

Durante la ventilazione con maschera, la CO 2 contenuta nello spazio morto é direttamente correlata con
l’etCO2 del paziente; allo stesso tempo però le concentrazioni di CO 2 possono essere abbassate al di sotto di tali
valori per un “effetto” washing generato dal flusso di gas freschi amministrati dal ventilatore. Alti valori di PEEP,
perdite d’aria fra la maschera e la faccia del paziente ,circuiti ad un solo braccio, aumento dei flussi di gas fresco
sono alcuni dei sistemi per garantire una riduzione delle concentrazioni di CO2 nello spazio morto della maschera.

RICIRCOLO CON ELMETTO:


Abbiamo già visto come l’uso di un elmetto sia meglio per il comfort e la tollerabilità del paziente nei confronti
della VNI, ma come questo possa essere associato ad un aumento dell’ipercapnia, per l’importante spazio morto,
dato che ad ogni respiro non tutta la CO 2 lascia completamente il casco, ma si diluisce con il gas che viene
somministrato dal ventilatore, aumentando il rischio di re-inalazione.

In questi casi, si può dimostrare che la quantità di CO 2 che viene re-inalata dal paziente dipende principalmente da
due fattori: la produzione di CO 2 ed il flusso di gas totale che passa attraverso l’elmetto. Difatti ,quando si
raggiunge un equilibrio e la CO2 é stabile nell’elmetto, la quantità di CO 2 che entra nell’elmetto ogni minuto é
uguale alla quantità di CO2 che lascia il device allo stesso tempo (o meglio la somma dei flussi in uscita, F TOT).
L’equazione delle concentrazioni di CO2 nell’elmetto (hCO2) é pertanto la seguente:

V'CO2 = hCO2 × Ftot oppure, una volta riarrangiata, hCO2 = V'CO2 / Ftot 

Il flusso totale del gas che passa attraverso il casco è equivalente al volume erogato dal ventilatore ogni minuto.
Questo flusso può essere suddiviso in tre componenti: uno che raggiunge il sistema respiratorio del paziente; uno
che distende l’elmetto in maniera intermittente; infine l’ultimo che corrisponde allo spazio che c’é all’interfaccia
fra il collare morbido e la cute del paziente. L'equazione derivata teoricamente del contenuto di CO 2 è stata
completamente confermata da dati sperimentali ottenuti differenti tipologie di ventilazione non invasiva. 
Registrazione continua delle concentrazioni di CO2 all’apertura delle vie aeree (linea nera), nella Y del circuito del
ventilatore (linea tratteggiata) e nell’elmetto (linea grigia), con un flusso di 16.5 l/min e 350 ml/min di produzione di CO2.

Durante la VNI con casco è necessario monitorare il ricircolo di CO 2: nei pazienti ventilati meccanicamente, il
rebreathing è di solito valutato con la misura dell’etCO 2; purtroppo, la CO2 inalata all'interno del casco può essere
grossolanamente sottovalutata da questo valore a causa della lentezza della concentrazione di CO 2 durante la fase
di inspirazione della ventilazione del casco. Il valore di CO2 misurato in un punto "silenzioso" all'interno del casco
(non influenzato da urti e direttamente dai flussi, da e verso il paziente) è invece stabile e corrisponde esattamente
alla CO2 inalatoria. Quando non è possibile ottenere un valore stabile all'interno del casco, il valore di CO 2 finale
misurato in corrispondenza del pezzo Y o della porta espiratoria rappresenta una stima corretta del rebreathing di
CO2.

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