Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
MODALITA’
In un atto respiratorio (insp-esp-pausa esp) si riconoscono TRIGGER, LIMITE, CICLAGGIO.
Il LAVORO (= Pressione x Volume) distingue i tipi di ventilazione:
1. Il ventilatore fa il 100% del wob CONTROLLATA (IPPV, PCV, VGRP;IRV): in questo tipo di v. il trigger è il
tempo, il limite è volume/pressione e il ciclaggio è a tempo (I:E)
2. Il ventilatore fa parte del lavoro ASSISTITA (imposti 10 atti e il paziente chiama l’11°) / DI SUPPORTO
3. Il ventilatore fa 0 RESPIRO SPONTANEO
VENTILAZIONE CONTROLLATA:
*se il flusso non torna a 0 : intrappolamento per broncocostrizione (↑ tempo per espirare); iperinflazione dinamica.
Quindi il volume controllato sulla curva di pressione puoi avere indicazioni sul VILI:
VENTILAZIONE DI SUPPORTO
1. TRIGGER
a. A PRESSIONE: il paziente sviluppa Pneg ed azione il ventilatore ma 1/3 degli sforzi sono inefficaci (fatica)
b. A FLUSSO: meno sforzo da parte del pz ma rischio di autotrigger.
c. NEURALE (NAVA)
2. CICLAGGIO: si innesca la fase esp a una certa percentuale di flusso insp (solitamente al 25% di picco di flusso).
1. ACV (assist control ventilation):è la ventilazione controllata con il trigger. La finalità di questa modalità di
ventilazione è di erogare inspirazioni di dimensione e durata prefissate, lasciando al paziente la scelta della
frequenza respiratoria. La ventilazione può essere volumetrica (assisted control ventilation, ACV), pressometrica
(assited pressure controlled ventilation, APCV) o pressometrica a target di volume. E fino a qui tutto semplice.
La frequenza respiratoria che impostiamo definisce la frequenza respiratoria minima del paziente, che
diventa operativa in assenza di triggeraggio. Inoltre, assieme al rapporto inspirazione/espirazione (I:E),
identifica la durata del tempo inspiratorio. E’ scorretto ragionare in termini di I:E nella ventilazione assistita
controllata. Impostiamo una frequenza respiratoria di 12/min ed un I:E di 1:1: la durata di un ciclo
respiratorio sarà di 5 secondi (60/frequenza respiratoria) ed il tempo inspiratorio sarà uguale al tempo
espiratorio, cioè entrambi avranno la durata di 2.5 secondi. Ma questo sarebbe vero se facessimo una
ventilazione controllata, cioè con la frequenza respiratoria decisa dal ventilatore e non dal paziente. Quando
invece il paziente inizia a triggerare, perdiamo il controllo della durata della espirazione, che terminerà
quando il paziente deciderà di iniziare l’inspirazione successiva. La nostra impostazione però ci mantiene il
controllo della durata dell’inspirazione, che nell’esempio che abbiamo fatto rimarrà di 2.5 secondi. Vediamo
allora cosa succederebbe se quindi il nostro paziente assumesse il controllo della frequenza respiratoria con
20 atti al minuto. In questo caso la durata media di un ciclo respiratorio diventerà di 3 secondi (60/20):
essendo l’inspirazione di 2.5 secondi, all’espirazione resterà solo mezzo secondo (I:E reale di 5:1 invece
dell’impostato 1:1). Un ottimo modo per mettersi nei guai!
La raccomandazione è quindi di utilizzare il rapporto I:E solo per ottenere un tempo inspiratorio appropriato
(solo quest’ultimo resterà sempre costante), non prestando attenzione al valore impostato di I:E, poichè il I:E
reale si modifica al variare della frequenza respiratoria del paziente.
2. APRV (Airway Pressure Release Ventilation): La APRV è un caso particolare di BIPAP in cui la pressione alta (Palta)
viene mantenuta per un tempo superiore alla pressione bassa (Pbassa) (il tempo di Pbassa deve comunque essere
inferiore a 1.5 secondi). Quindi la APRV è una CPAP su due livelli, ed il livello di pressione nettamente prevalente è
quello alto.
Per capire la APRV, analizziamo per ora solamente la sua parte predominate, cioè i periodi a Palta, e
dimentichiamo temporaneamente la presenza dei brevi periodi a Pbassa: da questa prospettiva ci troviamo di
fronte ad una CPAP con una pressione elevata.
Sappiamo che una alta CPAP aumenta il volume di fine espirazione, lasciando il lavoro respiratorio a carico
del paziente. A questo punto diventano chiare due condizioni che devono essere simultaneamente presenti
per un’indicazione razionale della APRV: 1) la necessità di aumentare il volume polmonare a fine espirazione
e 2) la volontà di far respirare spontaneamente il paziente. La APRV può essere applicata anche a pazienti
passivi, ma in questo caso è inutile chiamarla APRV, il suo nome più corretto diventa pressione controllata a
rapporti invertiti e perde tutti i vantaggi che descriveremo.
La necessità di aumentare il volume polmonare a fine espirazione ci fa venire subito in mente la Acute
Respiratory Distress Syndrome (ARDS), condizione in cui spesso la capacità funzionale residua diventa
inferiore ad 1 litro. Per questo motivo la principale applicazione della APRV è proprio la ARDS, mentre la APRV
può essere vista come un controsenso in chi già soffre un elevato volume di fine espirazione, come i pazienti
con iperinflazione dinamica associata a broncopneumopatia cronica ostruttiva.
Solo la presenza di attività respiratoria spontanea consente di sfruttare appieno i vantaggi della APRV. Per
questo motivo la APRV non offre vantaggi rispetto alla ventilazione protettiva convenzionale (anzi, potrebbe
anche essere peggiore) nelle fasi più gravi di ARDS, quando è necessario sedare e paralizzare i nostri pazienti.
La APRV può diventare però un’arma decisiva quando si vogliano sospendere paralisi e sedazione nei casi di
ARDS grave-moderata: spesso in questi pazienti l’inizio della ventilazione assistita è tempestoso, con
tachipnea associata ad elevati volumi correnti, il tutto in un mare di asincronie. La CPAP della APRV lascia
libero il paziente di respirare senza necessità di sincronia, e le inspirazioni su Palta, prive di supporto
inspiratorio, normalmente si associano a volumi correnti accettabili. Ovviamente non si chiede al paziente di
garantire da solo tutta la ventilazione/minuto, è sufficiente un contributo del paziente pari al 10-30% della
ventilazione minuto (il resto lo faranno i passaggi in Pbassa, come vedremo in seguito). Il ripristino del respiro
spontaneo favorisce l’aumento della portata cardiaca e la perfusione splancnica (per aumento del ritorno
venoso associato a sedazione ridotta o abolita), il miglioramento dell’ossigenazione (si privilegia la
ventilazione delle zone basali del polmone e la ridistribuzione dei gas alveolari) e la prevenzione della
disfunzione dei muscoli respiratori indotta dalla ventilazione.
La APRV deve anche supportare il paziente nell’eliminazione di CO2 e questo risultato è ottenuto con i brevi
periodi di Pbassa: nel passaggio a Pbassa (definito “rilascio di pressione“) i polmoni esalano un volume di gas
che contiene CO2 ed il ritorno a Palta si ottiene con un volume di gas fresco che non contiene CO2. Si capisce
bene a questo punto perchè si chiama “ventilazione a rilascio di pressione nelle vie aeree“: grazie ai rilasci di
pressione si concretizza il supporto della ventilazione (=eliminazione di CO2), che sarà tanto maggiore quanto
più frequenti saranno le fasi di Pbassa e quanto più grande il volume esalato nel passaggio a Pbassa.
In sintesi: il paziente rimane prevalentemente in CPAP (Palta) e non riceve alcun supporto inspiratorio ed i
brevi rilasci di pressione consentono di eliminare “aria sporca” (=con CO2) e sostituirla con “aria pulita”
(=senza CO2).
Al termine del periodo di Pbassa è comunque necessario che rimanga nei polmoni una pressione positiva
(concettualmente simile alla PEEP totale) in linea con i valori di PEEP che riteniamo appropriati per evitare
l’atelectrauma. Grazie alla breve durata della Pbassa, questo risultato sarà ottenuto per merito dell’auto-
PEEP.
A rigor di termine può essere improprio parlare di PEEP ed auto-PEEP (PEEP= positve end-expiratory
pressure) nella APRV, visto che il periodo di Pbassa non è “l’espirazione” ma “una delle espirazioni” del
paziente, una parte delle quali si può verificare anche a Palta.
Come impostare la APRV:
L’utilizzo della APRV si fonda su due fasi che devono essere continuamente ripercorse: 1) l’impostazione dei
parametri e 2) l’adeguamento dell’impostazione in base ai risultati ottenuti.
Impostazione dei parametri.
La APRV richiede l’impostazione di 4 variabili: Palta, Pbassa, la durata di Palta (T-Palta) e la durata di Pbassa
(T-Pbassa). Vediamo quale può essere una loro iniziale impostazione ragionata.
Palta: inizialmente si può impostare una Palta tra i 20 ed i 25 cmH2O.
Pbassa: come impostazione iniziale preferisco scegliere 0 cmH2O associata ad un T-Pbassa molto breve In
questo modo il flusso espiratorio passivo che inizia con il passaggio a Pbassa si interrompe precocemente,
lasciano nel paziente una certa quota di “auto-PEEP“, che noi sfrutteremo per evitare il ciclico collasso
alveolare in espirazione. (esiste anche la corrente di pensiero che preferisce valori di Pbassa sopra lo zero e
un T-Pbassa più lungo. Ritengo che questo approccio condizioni inevitabilmente un T-Palta troppo breve,
tuttavia in alcuni pazienti anche questa scelta potrebbe essere efficace);
T-Pbassa: può essere opportuno iniziare con 0.5″-0.6″.
T-Palta: la somma T-Pbassa + TPalta descrive la durata di un ciclo completo di APRV. Se scegliessimo 0.5″ di T-
Pbassa e 4.5″ di T-Palta, avremmo un ciclo di 5″. Questo significa che ogni 5″ (e quindi 12 volte al minuto) c’è
un rilascio di pressione e quindi un contributo meccanico alla ventilazione. Se il T-Palta fosse ridotto a 2.5″, il
ciclo sarebbe di 3″ e quindi 20 volte al minuto ci sarebbe il rilascio di pressione. Quest’ultima scelta garantisce
un maggior contributo del ventilatore all’eliminazione della CO2. Quindi il T-Palta deve essere accorciato
quando si vuole supportare maggiormente l’eliminazione di CO2, mentre dovrebbe essere allungato quando
il paziente è in grado di mantenere una adeguata PaCO2 con la propria attività respiratoria o quando è più
importante supportare l’ossigenazione.
Adeguamento dell’impostazione in base ai risultati ottenuti.
- PEEP totale: la PEEP totale si può misurare con l’occlusione di fine espirazione anche in APRV e
dovrebbe essere simile alla PEEP che riteniamo appropriata.
Se la PEEP totale fosse eccessiva, possiamo o ridurre i volumi correnti se sono elevati (vedi sotto) e/o
aumentare T-Pbassa. Se la PEEP totale fosse invece insufficiente, possiamo ridurre il T-Pbassa e/o
aumentare Pbassa.
- Volume corrente: le variazioni di passive di volume nel passaggio da Palta a Pbassa devono essere
nei limiti accettabili della ventilazione protettiva, così come le variazioni totali di volume durante una
fase di Palta devono essere ragionevoli.
Se il volume fosse troppo piccolo possiamo aumentare la differenza tra Palta e la PEEP totale,
viceversa quensta va ridotta se il volume corrente fosse eccessivo.
PaCO2: se la PaCO2 fosse troppo elevata, la soluzione è ridurre T-Palta, con l’effetto di aumentare il
numero di rilasci al minuto. Ovviamente possiamo aumentare il volume associato al rilascio di
pressione (vedi sopra) qualora questo fosse inferiore al raccomandato.
PaO2: l’ossigenazione può essere migliorata aumentando la pressione media delle vie aeree, cosa
possibile aumentando Palta e/o T-Palta.