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Abbiamo introdotto il discorso del metodo che è finalizzato a valutare le condizioni del
paziente, se sono critiche o meno. Senza perdere di vista il concetto che il nostro obiettivo è
sì quello di assistere il paziente, sano o malato che sia, ma nel caso che il paziente sia
malato, in qualsiasi reparto operativo ci si trovi, capire che il paziente sta in condizioni
critiche o sta andando in condizioni critiche e quindi intercettarle rapidamente in modo da
attivare lo specialista e nel frattempo iniziare a fare qualche cosa. Nella nostra attività
possiamo lavorare tranquillamente in terapia intensiva, in un pronto soccorso, in un servizio
territoriale di emergenza del 118 oppure in aree che non vengono definite di area critica ma
che lo stesso ci possono portare ad approntare situazioni di criticità del paziente.
Il metodo proposto è il metodo validato che ci garantisce che in meno di un minuto, un
minuto e mezzo la valutazione completa del soggetto, che ci darà indicazioni di gravità o
meno. Siamo entrati in merito della valutazione in A, cioè vie aeree, e abbiamo visto come
individuare un soggetto che ha le vie aeree pervie, ma soprattutto, nel momento in cui non
dovesse avere vie aeree non completamente libere, le manovre che possiamo mettere in
atto. Abbiamo visto anche i presidi che ci garantiscono la pervietà delle vie aeree: cannula
guidofaringea??, cannula di Guedel e alcuni dispositivi sovraglottici quali tubo laringeo e
maschera laringea.
L’obiettivo del punto B (=breathing) è capire se il nostro soggetto respira.
Se il soggetto parla o emette dei rumori va da sé che il soggetto respira quindi posso
tranquillamente dire che il soggetto non è in arresto cardiocircolatorio. In A ho valutato se il
paziente è cosciente o meno. Se il paziente è cosciente sicuramente non è in arresto
cardiaco per cui andrò a valutare in maniera approfondita il tipo di respiro. Se invece il
soggetto è incosciente valuto la pervietà delle vie aeree e verifico se il soggetto respira
attraverso la manovra GAS (questa manovra mi darà indicazioni se il soggetto respira o non
respira). Se il soggetto non è in arresto cardiocircolatorio passiamo all’acronimo OPACS:
Osservo, Palpo, Ascolto, Conto e Saturimetria. Nella slide c’è emogasanalisi con il punto
interrogativo perchè dipende se ci troviamo nelle condizioni di ottenere l’emogasanalisi che
ci potrà dare qualche indicazione. La manovra GAS consiste nell’avvicinare l’orecchio alla
bocca del paziente e osservare il torace. GAS non è altro che l’acronimo di Guardo (se il
torace si abbassa e si alza), Ascolto (il battito del cuore) e Sento (il calore che esce dalla
bocca del soggetto). Questa manovra si fa per 10 secondi. Se in 10 secondi vediamo
sollevare il torace almeno 2 volte vuol dire che il soggetto respira. In questo momento storico
di pandemia questa manovra è assolutamente da vietare, perchè avvicinarsi così tanto alla
bocca del malcapitato è una cosa da evitare per evitare il passaggio di virus. Nelle nuove
linee guida la manovra GAS non la facciamo assolutamente, ma osserviamo a debita
distanza (ponendoci all’altezza del bacino) il torace per notare eventuali movimenti, respiro
oppure colpi di tosse. Anche perchè se siamo completamente bardati con le tute
difficilmente possiamo sentire il respiro del soggetto. In questo modo mi privo dell’ascolto del
respiro e del calore che esce a contatto con la guancia. Potrò notare solo i movimenti del
torace o la tosse.
Se il paziente non respira entriamo nell’algoritmo del BLS (con paziente in arresto cardiaco)
che vedremo più in là.
Nella situazione migliore, invece, in cui il paziente respira si fa
VALUTAZIONE DELLA VENTILAZIONE:
Osservo il tipo di respiro: se eupnoico o dispnoico
Palpo per vedere se c’è presenza di asimmetrie o enfisema sottocutaneo
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Ascolto con un fonendoscopio la presenza di MURMURE VESCICOLARE
Conto: presenza di tachipnea o bradipnea ( ci allarmiamo se la frequenza respiratoria è >28
o <10 atti respiratori)
Saturimetro (se segna <90% è segno di allarme)
Una volta che abbiamo ben chiari questi parametri, quindi questa valutazione, e abbiamo
appurato che il paziente respira male dobbiamo fare qualche cosa: AZIONI.
Queste azioni passano sempre da azioni di minima ad azioni di massima. Il concetto è
quello di ripristinare una normale respirazione altrimenti il paziente potrebbe andare in
arresto cardiaco. Le nostre azioni sono:
mettere maschera di O2 con reservoir (mettendo alti flussi)
in soggetto incosciente o con respiro inefficace lo assisteremo con ventilazione
con pallone-autoespandibile e maschera facciale
passiamo all’intubazione se ne abbiamo le capacità
per situazioni di maggiore urgenza passeremo alla tracheostomia (ambito che
non riguarda l'aspetto infermieristico)
drenaggio pleurico in presenza di pnx (il pnx iperteso è un evento che potrebbe
condurre rapidamente a morte del paziente che possiamo individuare con la
sola clinica, cioè applicando il metodo dell’ABCDE in quanto in situazioni di
emergenze non è possibile avere diagnosi certe con la TAC o ecografia.
correlando i segni e sintomi del soggetto possiamo avere sospetto di pnx
iperteso ed effettuare un drenaggio pleurico di emergenza)
Broncoaspirazione (Se in A e B valuto rumori umidi, difficoltà del linguaggio,
respiro gorgogliante e con l’auscultazione sento presenza di liquidi posso
sospettare che il problema sia dovuto a una presenza eccessiva di secrezioni
dense vado a liberare le vie aeree con la broncoaspirazione. Inizialmente
l’aspirazione non sarà dai bronchi ma dal cavo orale, se c’è necessità si
arriverà anche in trachea. E’ una manovra che si fa spesso con i pazienti
intubati)
Decubito appropriato (un paziente che ha difficoltà nel respirare eviteremo di
tenerlo in posizione supina, cercheremo di metterlo in posizione agevole per
respirare)
PRESIDI
maschera facciale con sistema Venturi (ha dei presidi di vari colori a seconda
della percentuale di O2 che garantiscono)
maschera facciale
maschera con tubo corrugato
maschera con reservoir (reservoir come nel caso del pallone autoespandibile
che viene posizionato in modo da aumentare le percentuali di ossigeno che
eroghiamo al paziente)
SISTEMA VENTURI
se io dò O2 in maschera con questo presidio Venturi a 2 lt/min significa che sto dando
il 24%. Più aumentiamo il calibro più viene aumentata la percentuale di O2 che
eroghiamo. C’è questo limite di 15 perché i sistemi degli erogatori che possiamo
trovare in ospedale possono arrivare massimo a 15 lt/min che corrisponde al 60%.
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terzo posto nella classifica delle richieste di aiuto nelle emergenze extraospedaliere
(vedi slide 8). In questo momento di pandemia, invece, le richieste di aiuto per
difficoltà respiratorie sono al primo posto.
Nel momento in cui ci troviamo di fronte a questa insufficienza respiratoria dobbiamo
necessariamente fare qualche cosa. Per capire cosa fare e quale cosa è giusta
dobbiamo capire di che cosa stiamo parlando.
L’insufficienza respiratoria è la condizione caratterizzata da un’alterata pressione
parziale dei gas (O2 e CO2) nel sangue arterioso, ad insorgenza improvvisa e rapida
evoluzione. [PaO2<60 mmHg e PCO2>50 mmHg] Per arrivare a questo concetto è
necessario avere un ulteriore dato che ci fornirà l’emogasanalisi. Se noi stiamo
trattando un paziente in ambiente extraospedaliero (ad es. per strada) è difficile che
possiamo avere questo dato, ci baseremo su altri indicatori.
Dobbiamo distinguere l’insufficienza respiratoria di primo e secondo tipo a seconda
che la compromissione è soltanto dell’O2, quindi abbiamo ipossiemia, avremo una
compromissione dello scambio gassoso, oppure a questa si associa anche una
ipercapnia, quindi entriamo nell’ambito del secondo tipo (compromissione della
ventilazione). C’è questa differenza perchè avremo situazioni in cui c’è solo una
difficoltà di scambio gassoso, quindi c’è difficoltà nel prendere O2 ma l’anidride
carbonica si può scambiare, mentre ci sono casi in cui (soprattutto nella BPCO) in cui
c’è un aumento della CO2. Dipende dal tipo di danno presente. Dal punto di vista
immediato, però, a me interessa sapere che questo soggetto sta respirando male. Per
capire se l’insufficienza respiratoria è di I tipo o II tipo abbiamo bisogno dell’emogas.
Sapere questo serve per sapere il tipo di ventilazione che verrà fatta.
La diagnosi di insufficienza respiratoria che possiamo fare al momento, non solo è
clinica ma richiede la misurazione delle pressioni parziali. Saremo sicuramente in
grado di dire se il paziente ha un’insufficienza respiratoria acuta perché ha avuto una
grave insorgenza in un apparato respiratorio che sostanzialmente è intatto, mentre è
un’insufficienza respiratoria cronica se è progressiva e tardiva.
Sul territorio manca l’EGA ma abbiamo il saturimetro, possiamo valutare il paziente
attraverso l’osservazione del torace, possiamo sentire la presenza di polso ,possiamo
ascoltare il torace, possiamo vedere l’aspetto del torace e in più possiamo sentire la
presenza di liquidi nei polmoni attraverso l’auscultazione. Abbiamo una serie di segni
e sintomi. Considerate che nell’insufficienza respiratoria acuta a livello polmonare
possiamo avere sia ipossiemia che ipercapnia, sia una iperventilazione che una ridotta
frequenza ventilatoria. Inoltre, questa difficoltà respiratoria mette in campo altre
situazioni che noi vedremo nelle nostre valutazioni. Se il paziente sta respirando male
è sicuramente irrequieto, ma questo lo vedremo in E, lo possiamo vedere cianotico ma
anche rosso/paonazzo o addirittura pallido. A seconda del tipo di patologia potremmo
vedere diversi aspetti. Anche a livello cardiovascolare inizia ad essere tachicardico
perché la riduzione di O2 innesca la messa in circolo di catecolamine che fanno
aumentare il battito. C’è una sorta di compromissione di tutto l’organismo.
L’approccio terapeutico si basa su alcuni capisaldi:
innanzitutto dobbiamo dare OSSIGENOTERAPIA (mettere la mascherina con
l’O2)
farlo VENTILARE bene
PERFONDERE adeguatamente (nitrati, morfina, diuretici, inotropi: farmaci su
prescrizione medica)
L’insufficienza respiratoria acuta può essere innsecata o da problemi del polmone
oppure da problemi extrapolmonari. Le strategie di gestione sono diverse. In
particolare noi ci baseremo su una somministrazione continua di O2 con delle
metodiche che possono essere tradizionali (e le conosciamo tutti(credo si riferisca alla
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slide 13)) oppure delle ventilazioni meccaniche che possono essere non invasive
oppure quelle artificiali con intubazione endotracheale che sono invece invasive.
I nostri campi di azione sono quelli della somministrazione di ossigenoterapia e delle
tecniche non invasive.
Il tipico paziente che può andare incontro ad una insufficienza respiratoria è il paziente
affetto da BPCO che ha una limitazione del flusso espiratorio a causa di una perdita di
elasticità polmonare e quindi mette in moto i muscoli respiratori oltre che in fase di
inspirazione anche in fase di espirazione (che nell’individuo sano è passiva). La fase
di espirazione diventa una fase attiva. Il soggetto inizierà, quindi, a stancarsi. Il
processo infiammatorio peggiora la situazione rendendo le vie aeree sempre più
piccole che si possono collabire. Il paziente broncopatico cronico a fine espirazione ha
un volume residuo polmonare maggiore rispetto a un soggetto normale, quindi deve
fare uno sforzo maggiore per fare uscire quest’aria. Quindi lavora su due fronti, da un
lato deve cercare di mantenere gli alveoli aperti per evitare un collabimento e dall’altro
lato deve far uscire quest’aria perché l’attività elastica del polmone viene meno. Questi
2 meccanismi ovviamente portano a uno sforzo, ma soprattutto questo porta a un
prolungamento del tempo espiratorio con la riduzione della pausa tra un ciclo
respiratorio e il successivo. Il problema si ha quando il paziente inizia a respirare più
velocemente perché per esempio sta salendo le scale e questi tempi vengono ridotti,
quindi il paziente potrebbe andare in difficoltà. Anche con la febbre, il meccanismo per
far scendere la temperatura è quello di iperventilare, quindi il bronchitico cronico che
già ha questi meccanismi di compenso normalmente, quando succedono le situazioni
particolari inizia a scompensarsi.
Quindi l’ipossiemia è il parametro che noi individuamo attraverso l’EGA ed è indicativo
per monitorare gli aspetti significativi della ventilazione. L’O2 ci dà il parametro per
capire come avviene l’ossigenazione, mentre la CO2 ci dice se l’efficienza meccanica
della ventilazione è valida o meno. Questi 2 aspetti sono differenti per capire se il
problema è polmonare o della meccanica respiratoria. Quindi se è un problema di
patologia dell’alveolo avremo delle variazioni sull’O2, mentre se è un problema di
meccanica respiratoria avremo variazioni sulla CO2.
Azioni da mettere in atto:
-Ossigenoterapia
-Ventilazione meccanica non invasiva (NIV)
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intubazione (sanguinamento del naso, del cavo orale, traumi dentali, danni a livello
delle corde vocali, perforazione tracheale, ecc)
Anche nella ventilazione non invasiva abbiamo degli effetti collaterali che rientrano in
quelle che possono essere le diagnosi infermieristiche in cui si pone prevenzione e
rischio. Quando andiamo a fare ventilazione non invasiva sappiamo che il paziente
potrebbe andare incontro a delle complicanze tipo distensione gastrica, insonnia,
claustrofobia, secchezza del naso e delle fauci, problemi che dobbiamo cercare di
evitare, visto che già li conosciamo, applicando delle misure. L’obiettivo principale è
quello di evitare e riuscire a prevenire l’intubazione che induce dei rischi che possono
essere anche mortali.
Gli EFFETTI della CPAP non sono da sottovalutare:
EFFETTI POLMONARI:
• Riapertura degli alveoli polmonari collassati
• Ridistribuzione del liquido extravascolare
• Aumento della capacità funzionale residua
• Miglioramento del rapporto ventilazione/perfusione
• Riduzione del lavoro respiratorio
• Miglioramento dell’ossigenazione
EFFETTI EMODINAMICI
• Riduzione del precarico
• Riduzione del postcarico
• Miglioramento della performance cardiaca
La prima INDICAZIONE all’uso della NIV è quando abbiamo un soggetto con degli atti
respiratori sopra i 30 atti al minuto, quando abbiamo una saturazione sotto il 90% ed è
legata fondamentalmente ad un deficit di pompa dei muscoli respiratori che poi si manifesta
in queste patologie polmonari croniche ostruttive oppure neuromuscolari. Altra indicazione
alla NIV è quando abbiamo un’acidosi respiratoria sotto i 7.30, quando facendo l’EGA si
vede che i valori di PaCO2 superano i valori ottimali di 15/20 mmHg, alterazioni del sensorio.
Le indicazioni polmonari sono l’edema polmonare acuto e soprattutto il paziente terminale, il
paziente immunodepresso a cui si deve ritardare l’intubazione, soggetto con trauma toracico
severo, soggetti che devono essere sottoposti a una broncoscopia. [nella slide dice:
INDICAZIONI: ATELETTASIA POLMONARE, POLMONITI, CONTUSIONI POLMONARI, BPCO
RIACUTIZZATE, EPAC]
Ci sono anche qui delle CONTROINDICAZIONI, situazioni in cui non è bene utilizzarla che
sono:
• GCS≤8. uno dei primi requisiti per utilizzare questo tipo di ventilazione il paziente deve essere
collaborante. se non è perfettamente collaborante è necessario che un infermiere lo debba aiutare,
assistere. è piuttosto impegnativa come tipo di ventilazione.
• Apnea o bradipnea. Anche se non invasiva questo tipo di ventilazione ha bisogno di un
supporto da parte del paziente. questo è un gruppo continuo di aria che viene intervallato
dagli atti respiratori del paziente, se il paziente non respira abbiamo solo un flusso di aria
che entra ma non fuoriesce. In alcuni lavori è stato visto che se io massaggio il paziente
soltanto, senza ventilare, potrei applicare al paziente una CPAP o una Boussignac e
massaggiare il paziente, perché è stato visto che il massaggio continuo sul paziente crea
una sorta di ventilazione, quindi con un flusso continuo di O2 aiutiamo nello scambio
gassoso.
• Pnx iperteso. se forniamo aria sotto pressione e c’è la presenza di un pnx iperteso, se è
una piccola falda, questa falda aumenta in maniera vertiginosa con questa pressione che
entra, per cui è assolutamente controindicato. tanto è che nel pnx iperteso anche
l’intubazione tracheale e l’intubazione meccanica può peggiorare la situazione. Conviene
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prima mettere un drenaggio e poi intubare il paziente e ventilarlo in pressione positiva.
• PA sistolica <90 mmHg: paziente emodinamicamente instabile
Quello che a noi interessa è i 2 sistemi. CPAP abbiamo ben chiaro la sigla di cosa è:
pressione positiva continua nelle vie aeree. E’ un tipo di assistenza respiratoria a cui al
respiro spontaneo è aggiunta una pressione positiva di fine espirazione che abbiamo detto
essere chiamata PEEP. Può essere utilizzata con lo scafandro che vedremo dopo,
composto da una parte superiore che ha una funzione di tenda e un collare elastico che ne
delimita la parte inferiore. Una sorta di tenda di ossigeno però a tenuta.
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Il dispositivo presenta 2 accessi, viene applicata una valvola di PEEP e si crea una sorta di
interfaccia ideale per l’utilizzo della cpap in continuo.
Questi presidi possono essere utilizzati o con dei meccanismi Venturi, che non sono altro
che i meccanismi che abbiamo visto prima. La valvola venturi consiste nel fatto che noi
diamo un flusso di O2, però se il paziente ha bisogno di più aria, inspirando, questo flusso di
O2 che passa attraverso questa valvola richiama aria ambiente. In aria ambiente c’è
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ulteriore O2 che sapete essere al 21%.
Il tubo corrugato è un dispositivo di 2 metri che viene collegato all’erogatore di flusso.
Vedremo che ci sono situazioni in cui è bene non usarlo.
Questi sono tutti presidi che dobbiamo utilizzare noi, quindi nel momento in cui si decide di
utilizzare una CPAP noi dobbiamo saper preparare questo materiale, anche se ci sono dei
kit in cui c’è tutto l’occorrente.
Valvole PEEP(v slide): sono dispositivi di peep che si possono regolare a seconda di quanto
peep dobbiamo posizionare.
PERCHE’ la NIV:
perchè riduce le complicanze della ventilazione invasiva (traumi delle vie aeree, polmoniti e
sinusiti, necessità di sedazione), quindi riduzione delle giornate di degenza e della mortalità.
Presentazione di uno studio effettuato il cui obiettivo era: Descrivere CPAP pre-
ospedaliero per Insufficienza Respiratoria Acuta da presunto edema polmonare.
(i paramedici in America sono tecnici dell’emergenza, non è personale sanitario, a cui è
stato fatto un corso di 6 mesi dove gli hanno insegnato solo alcune cose da fare se si
presentano certe situazioni)
Questi paramedici applicarono una CPAP con una peep di 10 cmH2O in pz con IRA e
necessità di IOT (intubazione oro tracheale). I risultati hanno messo in evidenza che la
durata della cpap preospedaliera è stata di 15 minuti, la pulsossimetria pre e post terapia da
83% al 95%. a nessun pz fu eseguita IOT sul campo, 2 pz non tollerarono CPAP e a 5 paz
fu fatta l’ IOT entro 24 h (quando erano in ospedale), 2 morti nessuno attribuibile a CPAP. La
diagnosi di edema polmonare fu confermata in 13 pz dal medico al DEA. I paramedici non
lamentarono difficoltà.
La conclusione di questo lavoro fatto è che in pazienti con insufficienza respiratoria acuta da
sospetto edema polmonare l’uso di CPAP in fase pre-ospedaliera è facile e può evitare IOT.
Per fare questa manovra (usare cpap) dobbiamo essere padroni del presidio, cioè
conoscerlo, conoscere le indicazioni e le controindicazioni e poi metterlo in atto.
Questa è la Boussignac
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Qui è indicato il meccanismo di come si crea questa turbolenza di aria che va nelle vie aeree
del paziente, poi c’è la maschera facciale, il manometro che può misurare la peep, un
nebulizzatore dove possiamo mettere anche dei farmaci.
CPAP DI BOUSSIGNAC SUL TERRITORIO:
semplice da utilizzare
scarso ingombro
peep regolabile sulle necessità del paziente
costi contenuti
possibilità di regolare la FiO2
possibilità di nebulizzare i farmaci
Altro lavoro:
CONFRONTO FRA DUE SISTEMI CPAP NEL TRATTAMENTO DELL’IRA SECONDARIA A
EPAC (edema polmonare acuto cardiogeno)
OBIETTIVO: Valutare e confrontare tra loro in termini di efficacia e tollerabilità due diversi
sistemi per CPAP in corso di IRA secondaria a EPAc
METODI: 20 pz con IRA da EPAc sono stati randomizzati nei due gruppi di studio: il primo
gruppo riceveva CPAP tramite generatore di flusso tipo Venturi (10 cmH2O, FiO2 per
ottenere SpO2>90%), il secondo gruppo tramite CPAP di Boussignac (alimentata da O2 con
flussometro da 30 l/min, pressione media misurata 8 cmH2O,FiO2 media misurata 40%): in
entrambi i sistemi il supporto pressorio veniva erogato con maschera facciale
RISULTATI: In entrambi i gruppi si assisteva a un miglioramento significativo (p<0,05) dei
parametri clinici (FR,FC, PA, score neurologico di Kelly) e gasanalitici (PH, pO2,
PaO2/FiO2,pCO2) già a un’ora di trattamento rispetto ai dati di base, e tale miglioramento si
confermava nelle successive rilevazioni (3-6 ore, 6-12 ore). Il gruppo di pz trattati con
sistema di Boussignac mostrava globalmente una tollerabilità migliore al supporto pressorio.
Lo score di comfort trattamento è risultato significativamente superiore nel gruppo
Boussignac (3,5 vs 1,9, p<0,05)
CONCLUSIONI: Entrambi i sistemi si sono rilevati egualmente efficaci nel migliorare i
parametri clinici e gasanalitici. Il sistema di Boussignac ha mostrato una tollerabilità
superiore; pertanto, alla luce della semplicità di utilizzo di questo sistema può esserne
indicato l’uso laddove un generatore di flusso non fosse disponibile o risultasse non tollerato
dal pz
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SCELTA DELLE INTERFACCE:
-MASCHERA FACCIALE
-MASCHERA NASALE
-CASCO
-MASCHERA TOTAL FACE
MASCHERA FACCIALE
Per maschera facciale intendiamo quella che occupa la bocca e il naso.
La prima scelta deve orientare verso una maschera facciale che garantisce una più efficace
erogazione della pressione positiva in un paziente che, nelle fasi di distress acuto, presenta
una respirazione nasale o boccale.
complicanze quali:
CASCO:
Dispositivo che contiene tutta la testa del paziente, non ha punti di contatto con la faccia,
può essere applicato anche in pazienti con deformità facciale o edentulia, migliora il comfort,
e quindi permette di utilizzare la NIV per un periodo più lungo
Prevede erogazione del flusso di O2, sistema Venturi, tubo corrugato, con umidificatore e
poi abbiamo il casco, un ingresso con la valvola,valvola in uscita, valvola antisoffocamento.
Questo casco può essere collegato anche a un ventilatore meccanico.
MASCHERA NASALE
Viene utilizzata prevalentemente nell’ insufficienza respiratoria cronica ed è utilizzata anche
nel trattamento delle apnee notturne;
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Sono le meglio tollerate dal paziente;
Ne esistono di vari tipi ( che coprono tutta la superficie nasale, o parzialmente in materiale
modellabile come pasta di silicone o fibra acrilica).
Il flusso deve essere sempre umidificato, perchè i gas che vengono introdotti dei gas
medicali hanno sempre temperature e umidità diverse dall’aria.
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possibilità è caratterizzata dall’uso di una fettuccia di garza che va ad ancorare il casco da
un lato all’altro del letto e può essere fissato anche grazie a un cerotto in tela. Questo
metodo seppur efficace limita i movimenti del paziente e ne diminuisce la collaborazione.
L’ideale è il sistema a contrappesi che consiste nell’utilizzare le cinghie ascellari per legarle
ai lati del letto e collegate con dei pesi di 2 kg l’uno. in questo modo il paziente è libero da
movimenti.
L’altro aspetto da valutare è che c’è questa valvola di sicurezza perchè se si dovesse
staccare il flusso di O2 si creerebbe all’interno dello scafandro una condizione di aria satura
di CO2 e il paziente potrebbe anche morire asfissiato. Questa valvola si apre nel momento
in cui diminuiscono le pressioni. Inoltre è utile se il paziente dovesse vomitare. Bisogna
tenere sotto controllo il sistema di umidificazione
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Slide 40, 41, 42 non le ha lette e non le ho inserite
Nel caso dovesse fallire l’utilizzo della ventilazione non invasiva c’è l’indicazione
all’intubazione. Dopo circa 3 settimane di intubazione il paziente deve essere
tracheostomizzato. L’intubazione è una tecnica che va fatta da persone esperte che la
sanno fare.
L’infermiere entra in campo sia nella gestione del materiale per la tracheotomia, nella
preparazione del paziente, mentre l’atto della tracheotomia è di competenza medica, mentre
l’infermiere si occupa della gestione dopo il posizionamento della tracheotomia.
Viene utilizzata perché bypassa l’aspetto orale e faringo laringeo, migliora toilette bronchiale,
ma soprattutto impedisce attraverso la cuffia l’inalazione di materiale gastrico e permette la
ripresa di una normale alimentazione per via orale.
Dobbiamo essere in grado di intercettare rapidamente le COMPLICANZE che possono
essere:
-Dislocamento della cannula (se collegato con il respiratore meccanico suoneranno subito gli
allarmi del respiratore meccanico, scenderà anche la saturazione per la mancata
ventilazione)
-Erniazione della cuffia (per cattiva gestione del presidio)
-Emorragia
-Enfisema sottocutaneo
-Pneumotorace
-Sovrappressione della cuffia (può creare necrosi e rottura dei tessuti)
-Infezione dello stoma
-Ostruzione della cannula
Le ultime 3 si possono evitare con una buona e attenta gestione.
GESTIONE DELLA CUFFIA
la cuffia è la principale causa delle ischemie della
mucosa tracheale. Affinchè questa complicanza possa essere limitata bisogna mantenere la
pressione di gonfiaggio tra i 15 e 30 mm di Hg, sgonfiare la cuffia quando essa non è
necessaria. Un danno ischemico può, provocare una stenosi tracheale permanente(una
volta causato il danno questo andrà a cicatrizzarsi e la cicatrice provocherà una stenosi
perchè sarà poco elastica). Una pressione della cuffia troppo elevata causerebbe
l’estensione della cuffia stessa oltre l’estremità della cannula, rischiando di limitare o
bloccare del tutto il flusso di aria.
La pressione della cuffia si valuta attraverso un semplice manometro, quotidianamente e
ogni volta che è necessario.
TIPI DI TRACHEOSTOMIA
Chirurgica – classica (tempi lunghi di esecuzione)
Percutanea (tecniche rapide nella terapia intensiva)
Griggs
Fantoni
Ciaglia
Minitrach (si fa in emergenza quando tutti gli altri tentativi sono andati a
vuoto)
Vantaggi della tracheotomia percutanea:
minime le sicurezza e rapidità di inserimento della cannula
semplicità di esecuzione al letto del paziente
visibilità dei tessuti del collo
riduzione rischio di sanguinamento
riduzione rischi di stenosi tracheali tardive
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esiti cicatriziali della cute
MISURE GENERALI
Informare il paziente (si informano i parenti perchè se il paziente è intubato è in
coma)
verificare e impostare il monitoraggio
verificare accesso venoso
disporre defibrillatore, elettrobisturi,
carrello delle urgenze
preparare materiale sterile
PREPARAZIONE DEL PAZIENTE
verifica della sedazione e curarizzazione
controllo supporto ventilatorio
posizionamento del paziente (la testa)
tricotomia
detersione del cavo orale
preparazione del campo sterile
preparazione materiale (teli,guanti,ecc..)
DIFFICOLTÀ TECNICHE
posizionamento non adeguato del paziente
posizionamento non adeguato del tubo ET
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