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LEZIONE INFERMIERISTICA IN AREA CRITICA 10/05/21

ACCESSI VENOSI

Oggi trattiamo un argomento molto interessante per quanto ci riguarda , anche perché è uno degli aspetti
che in questi anni si è evoluto molto e che ha interessato molto la professione infermieristica specie nella
gestione dei pazienti critici che sono ricoverati ( ovunque siano ricoverati ), che hanno necessità di infusioni
e quindi questo aspetto diventa molto importante per quanto riguarda l’approccio infermieristico. In questi
ultimi anni l’infermiere ha acquisito una formazione che ha consentito di essere uno dei protagonisti in
questa metodica e in questo processo. Infatti parlando di queste competenze infermieristiche si sono
evolute tanto che l’infermiere è in grado di posizionare tramite la tecnica eco-guidata alcuni cateteri venosi
( midline e picc ). Sono aspetti in cui l’infermiere può agire in maniera autonoma, vengono inseriti per via
transcutanea e questi cateteri portano ad una riduzione delle infezioni ( la terapia ev è la procedura
invasiva più comune e dunque c’è la possibilità che si possano innescare processi infiammatori per i quali
bisogna cercare di trovare una soluzione ). Le infezioni sono gli aspetti che dobbiamo maggiormente tenere
sotto controllo. Partiamo dal presupposto che le infezioni sono in genere di due tipi ( quelle correlate
all’infezione del catetere stesso e quelle correlate alle linee di infusione ). Gli accessi venosi possono essere
di due tipi ( accesso venoso : un tubicino plastico biocompatibile che permette il collegamento tra la
superficie cutanea ed un distretto venoso ) in base al tipo di vaso che va ad occupare : accesso venoso
periferico e centrale. Possono essere a breve termine o a lunga permanenza e il sito di impianto può essere
la succlavia, la femorale, la giugulare interna a seconda del tipo di catetere usato. La differenziazione di
questi cateteri è data dunque dal sito in cui andiamo a prendere l’accesso venoso e dal tempo che deve
essere tenuto; al di la di questo aspetto possiamo suddividerli in periferico ( come i picc che sono cateteri
introdotti a livello periferico ma riescono ad arrivare fino al sito centrale). Il tragitto della cute al vaso può
essere o tunnellizzato oppure non tunnellizzato / poi possono essere cuffiati o no e con valvola o no ).
Dunque gli AVP si distinguono in AVP CORTI ( agocannula ) e AVP MEDIO-LUNGHI ( mid-line ); gli VC si
distinguono in VC A BREVE TERMINE ( CVC non tunnelizzati in poliuretano ), VC A MEDIO TERMINE ( cateteri
centrali non tunnellizati a inserzione periferica- picc ), CVC NON TUNNELIZZATI in silicone ( tipo Hohn ), VC
A LUNGO TERMINE ( sistemi totalmente impiantabili o port ), CVC TUNNELIZZATI tipo Groshong, Hickman,
Brovic ). Gli AV si distinguono ancora in a punta aperta o a punta chiusa ( con valvola anti reflusso ). Gli
accessi venosi consentono di infondere tutte le soluzioni ipertoniche; la necessità di inserire un catetere
venoso centrale punta al tempo di necessità oltre alla possibilità di consentire procedure speciali quali
rilevazione della pressione venosa centrale, o la dialisi. Le misure sono espresse in french per indicare il
diametro esterno e in gauge per il diametro interno, mentre la lunghezza è indicata in cm. A differenza di
quello centrale, l’accesso venoso periferico ( quello che si usa abitualmente ) è un dispositivo che permette
di collegare la superficie cutanea con una vena del circolo periferico ( viene usato maggiormente per un
prelievo di sangue o per la somministrazione di farmaci o derivati del sangue). Anche quelli periferici
possono essere in teflon (non termoplastico, rigido con scarso ritorno dal piegamento, biocompatibile,
maggiore colonizzazione microbica, maggiore trombogenicità )
, in poliuretano ( termoplastico, ritorno dal piegamento, maggiore biocompatibilità, minore colonizzazione,
minore trombogenicità ) o in silicone e le dimensioni hanno le stesse unità di misura in gauge per il
diametro interno. L’altra classificazione che dobbiamo conoscere è in base al tempo : quelli a breve termine
sono cateteri esterni non tunnellizzati ( significa che vediamo che c’è una buona parte del catetere che sta
all’esterno della cute ), in genere usati in vena giugulare interna o succlavia e questi vengono usati per
pazienti che devono essere sottoposti a terapia per 20-30 giorni e devono essere pazienti ospedalizzati. Per
quanto riguarda i cvc a medio termine, questi sono cateteri non tunnellizzati in silicone, vengono
posizionati in una vena centrale e fra questi rientrano anche i PICC ( quelli che l’infermiere può
tranquillamente posizionare in una vena periferica dell’arto superiore ); in genere una volta posizionati
questi possono rimanere anche per 2-3 mesi, anche per un uso discontinuo; è indicato sia nei pazienti non
ospedalizzati ( a domicilio ) che nei pazienti ospedalizzati. Poi ci sono i PICC ( attenzione sulla loro
lunghezza: dobbiamo ricordare che hanno una lunghezza di 40-60 cm, sono molto flessibili, in genere
vengono posizionati a livello della piega del gomito, oppure attraverso la tecnica eco-guidata possiamo
prendere una vena profonda come la basilica o la cefalica ). Poi c’è il cvc a lungo termine che è tunnellizato
( viene considerata sottocute la maggior parte del catetere ) e arriva fino alla parte centrale, sono
posizionati in una vena centrale e hanno una permanenza superiore ai 3 mesi e comunque illimitata. È
indicata per soggetti non ospedalizzati. Ancora meglio il port che è totalmente impiantabile, sono cvc
costituiti da un serbatoio o reservoir in titanio collegato a un catetere in silicone o in poliuretano che viene
collegato a livello della vena centrale; c’è una parte in silicone dove si va a pungere con un ago di huber (
24-29 gauge ) che può essere perforata fino a 3000 volte ( si tratta di una puntura transcutanea ).

CATETERI VENOSI PERIFERICI


Per quanto riguarda i cvp troviamo il butterfly che viene utilizzato giusto per una infusione immediata, ma
in genere questo non si usa più se non per i prelievi di sangue. È un ago metallico fornito di due alette in
plastica, non è per somministrazione di terapie che provochino necrosi tissutale. L’agocannula è un sottile
tubicino di materiale plastico biocompatibile ( teflon, poliuretano o silicone ) a breve termine e la sua
permanenza è massimo di 96 ore. Deve garantire una buona stabilità dell’av stesso, possibilità di un uso
discontinuo, protezione dalle complicanze infettive e trombotiche e massima biocompatibilità. Le misure
sono sempre in gauge o french. In genere un agocannula periferico è sempre a breve termine ( massimo 96
ore ), salvo se c’è presenza id un qualsiasi sintomo di infezione, infiammazione o flebite per cui è necessario
rimuoverlo prima. Per quanto riguarda invece gli accessi venosi periferici a medio termine sono i mid-line:
si tratta di un cvp a lume singolo in silicone, valvolato o non valvolato, flessibile, morbido, biocompatibile,
lungo 15-25 cm, di diametro variabile tra 2 e 6 french, durata media di permanenza 30 giorni. Si posiziona
in una vena della piega del gomito, una vena profonda del braccio ( basilica, brachiale, cefalica ) tramite
l’utilizzo di un ecografo con una sonda ad alta frequenza ( 7,5-9 mhz ). La punta di questo catetere non
termina nel terzo inferiore della vena cava superiore e quindi a livello centrale, ma rimane a livello
ascellare. Questi dispositivi possono essere inseriti dall’infermiere e vengono inseriti con la tecnica eco-
guidata.

Vantaggi di questi presidi ( mid-line ) : impianto infermieristico, anche a domicilio, minor costo, minor
rischio di sepsi sistemiche, durata maggiore rispetto all’agocannula rende agevoli i movimenti degli arti
superiori. Svantaggi : vene periferiche agibili o reperibili ecograficamente, conoscenza ed esperienza
dell’operatore, rischio di tromboflebiti locali, non sostituibile su guida. Complicanze : mancata reperibilità
vena, mancato incannulamento vena, non progressione del catetere, emorragia locale, tromboflebite
meccanica, infezioni locali ( stafilococco ), sepsi catetere.

CATETERI VENOSI CENTRALI

PICC : sono cvc ad inserzione periferica, a lume singolo in silicone o pur, valvolato o non valvolato,
flessibile, morbido, biocompatibile, lungo 40-60 cm, durata media di permanenza superiore ai 30 giorni,
vena superficiale della piega del gomito, vena profonda del braccio tramite ecografo. Vantaggi : impianto
infermieristico, a domicilio. Svantaggi : richiede vene periferiche agibili o reperibili ecograficamente,
richiede esperienza, malposizioni primarie, non sostituibile su guida, durata limitata nel tempo.

Per quanto riguarda la tecnica eco-guidata ( esistono dei master e specializzazioni per questo ambito ) : gli
ultrasuoni rappresentano un’utile guida per facilitare le procedure di reperimento degli accessi venosi
centrali, periferici o arteriosi. Non presentano assolutamente delle controindicazioni di utilizzo, in genere il
personale sanitario addetto a questa metodica deve avere già tutte le apparecchiature idonee per questo
tipo di tecnica. Nel momento in cui un infermiere padroneggia questa tecnica, gli consente anche di
utilizzare questa tecnica per altre visualizzazioni tipo quando si deve verificare la presenza di urina in
vescica o verificare se il catetere è in vescica o meno. Partiamo dal presupposto che i tessuti si classificano
grossolanamente in an-ecogeni, ipo-ecogeni e iper-ecogeni a seconda della loro capacità di riflettere gli
ultrasuoni indietro verso la sonda. Le strutture an-ecogene verranno visualizzate nere, le ipo-ecogene in
differenti scale di grigio e quelle iper-ecogene in bianco. Le bianche riflettendo la maggior parte degli
ultrasuoni appaiono bianche in superficie e in genere nell’immagine a livello posteriore possono presentare
delle onde. Quindi possiamo dire che le strutture sono tanto più ipo-ecogene ( tanto più scure ) quanto
maggiore è il loro contenuto acquoso perché i liquidi permettono agli ultrasuoni di attraversarli
tranquillamente( mentre più una parte è dura più sarà bianca ). Dunque i vasi sanguigni appariranno
nell’immagine neri. I muscoli invece li vedremo con tonalità di grigio, le fasce muscolari saranno più chiare e
le ossa avranno un profilo iper-ecogeno ( bianco ). Acquisizione dell’immagine : la sonda emette un fascio
longitudinale di US che elaborato riprodurre un’immagine su di un piano che in base all’orientamento della
sonda rispetto alla struttura, può essere trasversale oppure sagittale. L’immagine che noi troveremo è
un’immagine trasversale del vaso perché la sonda è posizionata in maniera trasversale un’immagine di
sezione trasversale delle strutture interne. In essa i vasi sanguigni appariranno come sezioni circolari ;
possiamo però anche portare la sonda in posizione longitudinale e noi così seguiremo il percorso di tutto il
vaso ( nell’immagine sagittale i vasi appariranno come bande nere longitudinale che attraversano
l’immagine sullo schermo ). Questo ci porta a vedere anche un altro aspetto, sempre nell’ambito della
tecnica eco-guidata teniamo conto dell’asse corto chiamato in genere out-of-plane oppure l’asse lungo
chiamato in-plane; questo fa riferimento ad un ago che va ad intersecare il fascio US e questo verrà
visualizzato come una sezione trasversale rotonda bianca con un piccolo cono d’ombra. La tecnica di
punzione ecoguidata si definisce out of plane ( fuori dal piano degli us ) oppure in plane ( nello stesso piano
degli us ). Per l’out of plane la sonda è posta trasversalmente al braccio e l’ago ad essa perpendicolare, ma
parallelo al decorso della vena; vena e ago saranno visualizzati nella loro sezione trasversale
rotondeggiante, la prima an-ecogena ( nera ), il secondo iperecogeno. Quindi l’approccio iniziale per
l’incannulamento della vena periferica in genere è fuori dal piano mettendo la sonda trasversalmente al
braccio e l’ago perpendicolare, e poi si può spostare l’approccio in senso longitudinale per seguire tutto il
percorso. Possiamo sempre attraverso questa tecnica valutare se ci troviamo di fronte ad una vena o una
arteria; entrambe hanno tipicamente un lume an-ecogeno ( nero ), ma le arterie sono muri spessi
leggermente più iper-ecogeni ( luminosi ) rispetto alle pareti delle vene; le arterie sono meno comprimibili
delle vene, ma entrambe sono comprimibili con una pressione consistente.
Per quanto riguarda l’approccio di come si posiziona un accesso venoso, questo può derivare
dall’esperienza e dal numero di persone che sono interessate a questo tipo di tecnica. Riconosciamo un
approccio statico e un approccio dinamico; l’approccio statico utilizza gli US per determinare la posizione
della vena e la pervietà, valutando le strutture circostanti e contrassegnando il punto per garantire
l’introduzione e il posizionamento ottimale dell’ago. L’approccio dinamico viene eseguito utilizzando in
tempo reale l’osservazione ecografica di entrata dell’ago e il suo posizionamento. L’approccio dinamico
consente la visualizzazione in tempo reale del posizionamento della punta dell’ago e ha dimostrato di
essere superiore all’approccio statico in molte situazioni. Quello dinamico può essere usato sia da solo (
l’operatore deve avere molta esperienza ) o meglio con due operatori; l’approccio dinamico a due operatori
consente alla persona che effettua la procedura, di utilizzare due mani per la procedura stessa e non
richiede la doppia coordinazione mano-occhio per orientare la sonda. L’approccio dinamico a un solo
operatore, consente alla persona che esegue la procedura di tenere l’ago con una mano e dirigere la sonda
ecografica con l’altra; richiede dunque più esperienza.

GESTIONE DI QUESTI CATETERI: quando l’infermiere decide se posizionare o meno il midline o altri residi ?
fermo restando che la guida degli us è il gold standard del posizionamento di questi accessi, l’utilizzo
cosciente di cvc a inserzione periferica ( PICC ) ha comunque imposto l’esigenza di reperire vene periferiche
degli arti superiori che devono avere un calibro sufficiente per accedervi ( questo significa che se io devo
prendere un picc cercherò di prenderlo dopo la piega antecubitale del gomito ). Indicazione all’utilizzo di un
mid-line : trattamento endovenoso previsto per più di 10 giorni, terapia ev peri-operatoria in pazienti con
scarso patrimonio venoso periferico ( pazienti obesi, o farmacodipendenti, o affetti da patologie croniche ),
terapia ev in soggetti con vene periferiche esaurite, supporto idroelettrolitico o nutrizionale per più di 10
giorni. La gestione del paziente con impianto mid-line : la medicazione del sito di inserzione, la
preparazione e gestione dell’infusione, il lavaggio, la sostituzione dei sistemi di connessione e delle linee
infusionali, la rimozione, controllare la compatibilità con le linee infusionali. Per quanto riguarda la
medicazione del sito di inserzione bisogna valutare quotidianamente il sito di emergenza del catetere
palpandolo oppure ispezionandolo visivamente se si usa una medicazione trasparente; non è necessario
rimuovere le medicazioni e le garze non trasparenti a meno che il paziente non abbia segni e sintomi di
infezione. Se il paziente presenta dolore e a livello locale quando andiamo a palpare il sito di inserzione o
altri sintomi, la medicazione allora deve essere rimossa per ispezionare visivamente se non trasparente.
Consideriamo che il catetere va rimosso se il paziente presenta calore, eritema, corda venosa palpabile,
malfunzionamento, flebite. È preferibile per la medicazione del sito di inserzione utilizzare le medicazioni
sterili e trasparenti, in genere quelle in poliuretano semipermeabili perché permettono una ispezione
immediata e continua del sito stesso, fissa il dispositivo garantendo una bona aderenza alla cute, consente
al paziente di eseguire le cure igieniche ( tenendo presente che il cv non deve essere immerso in acqua; la
doccia può essere consentita se il catetere e il dispositivo di connessione sono protetti da una protezione
impermeabile durante la doccia ). Se il paziente presenta una eccessiva sudorazione o se il sito di inserzione
è sanguinante o secernente è preferibile usare medicazione con garza e cerotto che dovrebbe essere
sostituita con una trasparente appena possibile. La prima medicazione del sito di inserzione del mid-line
deve essere sempre eseguita a distanza di 24 ore dall’inserimento del dispositivo ( verificare se ci sono
ematomi eccetera ). Non applicare pomate antimicotiche sul sito di inserzione del catetere come
trattamento routinario. Successivamente invece ogni 7 giorni per quelle in poliuretano trasparente, ogni 48
ore se garza e cerotto; ovviamente la medicazione deve essere ripetuta ogni volta si presenti sporca,
bagnata e/o seccata. Il dispositivo di stabilizzazione deve essere sostituito ogni 7 giorni e ogni qualvolta sia
bagnato e/o seccato. I sutureless evitano problemi di decubito riducono il rischio di colonizzazione batterica
( la stabilizzazione è un altro aspetto importante del cv e affinché vengano stabilizzati esistono dei
dispositivi che sono i suturless). Per quanto riguarda il lavaggio, tutti i liquidi che vengono preparati che
vanno attraverso il mid-line devono essere preparati in maniera da evitare contaminazioni batteriche; il
mid-line necessita di un regolare lavaggio con soluzione fisiologica 0,9% per il mantenimento della pervietà,
che deve essere seguito sempre dopo il prelievo ematico, infusione di emoderivati, NTP, liquidi o farmaci e
altre infusioni, e ogni 7 giorni se il catetere non è in uso. Rimozione : i mid-line devono essere sostituiti
quando non più necessari, il paziente è emodinamicamente instabile e se si sospetta CRBSI, il catetere è
occluso, è danneggiato o è mal posizionato o dislocato.

Problematiche di gestione  le complicanze più frequenti di terapie infusionali attraverso questi presidi, a
prescindere dal tipo di accesso venoso che sia periferico o centrale, sono flebite, tromboflebite,
infiltrazione, stravaso, occlusione e spasmo venoso. Queste complicanze si possono manifestare o
singolarmente o in combinazione; la flebite è la complicanza più comune e più facilmente individuabile, ed
è l’infiammazione dello strato più interno del lume ovvero la tonaca interna; i fattori che contribuiscono
alla sua insorgenza sono posizionamento di un catetere venoso periferico in zone di flessione, calibro del
cvp eccessivo rispetto al lume della vena, catetere venoso periferico instabile e trauma della vena durante
l’inserimento del catetere venoso periferico. Riconosciamo una flebite meccanica, una chimica e una
batterica ( generalmente stafiloccoccus ); per valutare se c’è una flebite occorre valutare e palpare il sito di
inserzione: notiamo che si ha un rallentamento dell’infusione, un eritema localizzato e un cordone
palpabile fino a circa 3 cm e dunque lungo la vena c’è anche un aumento spessorio oltre ai classici segni e
sintomi infiammatori e può esserci anche presenza di essudato. La flebite meccanica è strettamente legata
alla presenza del cvp ( rischio maggiore a livello del polso, della fossa antecubitale della mano ). Quando si
verifica una flebite aumenta anche il rischio di sviluppare infezione del catetere a livello del catetere stesso.
L’infiltrazione ( infusione di una soluzione non vescicante nei tessuti non ematici. Le soluzioni non vescicanti
non provocano nessun danno e necrosi ai tessuti; anche qui l’infiltrazione può essere dovuta a fattori
meccanici, oppure afattori fisiologici o farmacologici )ha come sintomi dolore, edema dell’arto, gonfiore e
pallore del sito di inserimento. Lo stravaso è la fuoriuscita accidentale del farmaci vescicanti e di soluzioni
dal percorso vascolare; la differenza con l’infiltrazione consiste proprio nelle caratteristiche delle soluzioni
infusionali, ma i sintomi sono simili però ovviamente con lo stravaso abbiamo un danno a livello dei tessuti.
Per riconoscere e intervenire precocemente in uno stravaso bisogna valutare il sito di inserzione : se il
paziente lamenta dolore, bruciore nel sito di inserzione, va interrotta l’infusione. L’altra complicanza molto
pericolosa sono le infezioni che possono essere CRBSI ( infezioni ematiche correlate al catetere ) o CLABSI (
infezioni ematiche associate alle linee centrali ). Ci sono tre vie di ingresso per le infezioni : possono essere
dovute alla migrazione di organismi cutanei dai sito di emergenza attraverso il tratto sottocutaneo e lungo
la superficie del catetere con colonizzazione della punta del catetere ( la più comune via di infezione di
cateteri a breve permanenza ); contaminazione diretta del catetere o del connettore del catetere a causa
del contatto con mani, fluidi o dispositivi contaminati; germi provenienti per via ematogena da un’altra
sede d’infezione ( meno frequenti ).

La prevenzione delle complicanze è l’aspetto principale della nostra attività; per ottenere la riduzione di
queste infezioni soprattutto correlate alle linee centrali, riveste un ruolo cruciale la messappunto di
programmi di valutazione della qualità dell’assistenza e tutto il personale deve essere opportunamente
formato e informato. Ci sono studi che hanno dimostrato che il rischio di infezione decresce andando ad
avere dei protocolli standardizzati così come la presenza di un team opportunamente specializzato. La
infusion nurses standards of practice raccomanda l’utilizzo della scala VIP ( visual infusion phlebits score )
per valutare oggettivamente il grado di flebite; nel VIP il punteggio può variare da 0 a 5. VIP : 0 nessun
segno d flebite( osservare la cannula )- 1 possibile primo segno di flebite ( osservare la cannula )- 2 fase
iniziale di flebite ( riposizionare la cannula )- 4 fase avanzata di flebite o inizio di tromboflebite (

riposizionare la cannula ).

Un’altra scala che viene utilizzata per le infiltrazioni è la infiltration scale della INS ( infusion nurses society )
che va dal grado 0 al grado 4; quando un paziente inizia ad avere segni e sintomi di infiltrazione bisogna
interrompere l’infusione. Inoltre grandi volumi possono aumentare il rischio di danni ai tessuti rendendo
necessarie consulenze plastiche. Al grado 0 nessun sintomo, fino ad arrivare al grado 4 in cui notiamo cute
calda, translucida, cute arrossata, cute livida, cute sudata, segno della fovea, difficoltà circolatorie eccetera.

È dunque necessario
applicare queste scale di valutazione per evitare l’evolversi di queste complicanze.

CATETERE VENOSO CENTRALE


Definito come catetere la cui punta è localizzata nel 1/3 distale della vena cava superiore o nel 1/3
prossimale dell’atrio destro o alla giunzione cavo atriale in poliuretano o in silicone, uno o più lumi. Le
stesse cose dette per i cvp valgono anche per questi ( complicanze ). NEEDLE-LESS SYSTEM : sono dei
dispositivi aggiuntivi ai presidi utilizzati per la somministrazione di terapie in vena; sono dei tappini sterili
contenenti una valvola che permette di accedere all’interno del presidio utilizzato e ne garantiscono
soprattutto la chiusura verso l’esterno. Questi tappini riducono il rischio di lesione dovute alla
manipolazione del punto di iniezione, offrono un sistema di somministrazione privo di lattice e compatibile
con le caratteristiche delle infusioni, aboliscono l’uso di aghi riducendo i rischi di punture da parte degli
operatori. Si utilizza senza cappucci, e per quanto riguarda il loro utilizzo bisogna sempre disinfettare la
superficie della valvola prima di utilizzarla, inserire la punta della siringa nella valvola.

Un altro presidio importante è il STATLOCK che è un dispositivo di fissaggio per cannule e cateteri
compatibili ad uso medicale, è disponibile in varie forme e dimensioni, è un cerotto sterile e l’applicazione,
la sostituzione e la rimozione devono avvenire sempre con tecniche asettiche. Fornisce il vantaggio di
fissare bene, di far visualizzare il punto di inserzione e sono semipermeabili, riducono il rischio infettivo.

Le stesse caratteristiche le ha il cosiddetto TEGADERM ( medicazione in poliuretano trasparente ) che ha il


vantaggio di pellicole trasparenti semipermeabili, non aumentano il rischio infettivo, visibilità del sito di
inserzione, adesività, minor rischio di dislocazione, protezione da secrezioni. Ovviamente ognuno di questi
presidi ha un costo differente. Svantaggi : costi elevati, possibile irritazione se usate su cute patologiche
oppure molto sudata, difficoltà di adesione in condizioni particolari, poco tollerati da persone con
intolleranza alla colla. Poi c’è la classica medicazione con garza e cerotto il cui vantaggio principale è quello
di essere più tollerata dai pazienti con intolleranza alla colla e può favorire un ambiente più asciutto del sito
di inserzione. Svantaggi : più soggetta a sporcarsi e bagnarsi, non consente una ispezione e vi è la necessità
di maggiori ricambi della medicazione stessa. Il BIOPATCH è una medicazione antimicrobica con clorexidina
gluconato, riduce l’incidenza delle infiammazioni sistemiche locali, medicazione composta da una schiuma
idrofila assorbente in poliuretano a forma di dischetto; anche in presenza di essudati questa medicazione
mantiene la sua efficacia per circa 7 giorni. La parte pretagliata deve essere orientata vicino e sotto il
catetere; bisogna assicurarsi che i margini dell’apertura siano perfettamente a contatto, posizionare la
medicazione con il lato blu rivolto verso l’alto, coprire la medicazione con una medicazione secondaria e

applicare la data.

COME UTILIZZARE I LUMI MULTIPLI DEL CVC  lume prossimale per prelievi e farmaci, lume intermedio per
nutrizione parenterale e il lume distale per colloidi o per misurazione della PVC.

PROCEDURA DI PRELIEVO DA CVC può capitare la necessità di dover eseguire un prelievo venoso da cvc:
bisogna valutare attentamente se è il caso o meno di procedere con un prelievo venoso da cvc perché
bisogna valutare i rischi di questa procedura dato che non è assolutamente priva di rischi. I residui di
sangue infatti possono dare formazione ai trombi; gli aggregati di fibrina possono favorire la proliferazione
di microrganismi; in linea generale dunque può essere suggerito di limitare i prelievi venosi dal CVC. Nel
momento in cui si dovesse decidere però di procedere così perché non ci sono altre possibilità, garantire
tecnica asettica, utilizzare sempre il lume del CVC più grande; se la via è in uso con infusioni sospendere le
infusioni, se la via non è in uso, aprire il tappo, aspirare con la siringa da 10 mL almeno 5 o 6 di sangue e
gettare nel contenitore corretto; dopo aspirare la quantità necessaria di sangue per il prelievo e poi
eseguire un lavaggio almeno con 20 cc di soluzione fisiologica con la tecnica pulsante( questa tecnica
pulisce meglio le pareti del catetere venoso centrale ). I CVC possono andare incontro a mal funzionamento
per una parziale o totale occlusione del lume; si può risolvere questa complicanza se si interviene
precocemente. Diagnosi di occlusione : si avverte la difficoltà di infusione o difficoltà durante l’aspirazione
per il prelievo di campione ematico ( cause : formazione di coaguli, aggregati lipidi di nutrizione parenterale
); prima di eseguire la manovra di sostituzione accertarsi che non dipenda da altre cause ( flessioni,
inginocchiamenti lume, dial-a-flo regolato bene, rubinetti aperti e girati nel modo giusto ), e poi
procediamo con della tecniche a seconda che il cvc sia non tunnellizato ( si esegue prima un tentativo di
lavaggio con soluzione eparinata con siringa da 10 cc e se questo non dà risultati si convoca il medico per
valutare sospensione con una guida ) o impiantabili o port ( si inietta soluzione fisiologica e se si ha una
resistenza si fanno dolci movimenti di aspirazione e iniezione ripetuti fino a 20-30 minuti. Se si sblocca non
bisogna infondere, ma aspirare almeno 5mL e buttare questo flusso ematico ). C’è la possibilità di
disostruzione con farmaci come urokinasi o rTPA ( sono farmaci che devono essere prescritti dal medico
quando si notato difficoltà con le normali tecniche di disostruzione ).

Viviana Parisi

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