Sei sulla pagina 1di 12

BENZODIAZEPINE

L’uso delle benzodiazepine è limitato dalla sedazione e dallo sviluppo della tolleranza, complicata
dall’insorgenza di astinenza alla brusca interruzione del farmaco (che si manifesta attraverso la
riesacerbazione della patologia, ad es. se utilizzate come ansiolitici, l’interruzione brusca ha effetti
ansiogeni; se usate come ipnotici, l’interruzione determina insonnia; se usate come antiepilettici, la
sospensione brusca determina l’insorgenza della crisi)
Vengono utilizzate generalmente in caso di riesacerbazione della malattia, quelle utilizzate per uso
cronico sono:
- Clonazepam: utilizzato per crisi miocloniche e nelle assenze
- Clorazepato: per le crisi parziali complesse
- Clobam: antiepilettico ad ampio spettro (utilizzato ad esempio nella sindrome di Lennox-Gastaut,
in cui il paziente presenta diversi tipi di crisi)
- Midazolam (a breve emivita, uso intermittente [si somministra ogni volta che si presenta una
crisi])
- Diazepam (Per via rettale nelle convulsioni febbrili)
- Diazepam-Lorazepam (utilizzato per via endovenosa, specificatamente nello stato di male [crisi ad
intervalli così brevi che il paziente non si risveglia, oppure di una durata maggiore di mezz’ora])
•Meccanismo d’azione: Si legano al sito allosterico del recettore
GABAa (eteropentamero costituito da 5 subunità: 2α , 2 β, 1 γ) Il
sito per le BDZ si trova tra la subunità alfa e gamma) potenziando
la trasmissione GABAergica, aumentando la conduttanza al cloro ed
iperpolarizzando le membrane neuronali. Il meccanismo mediato
dalle benzodiazepine, a differenza di quello dei barbiturici, è GABA-
dipendente: ciò aumenta il profilo di sicurezza in quanto
l’iperpolarizzazione delle membrane neuronali determinerà una
riduzione del rilascio di GABA e dunque il processo sarà
autolimitato.
•Farmacocinetica:
Le benzodiazepine sono ben assorbite
Presentano un elevato legame con le proteine plasmatiche (fino al
99% per il Diazepam)
i parametri farmacocinetici variano a seconda del farmaco
(soprattutto l’emivita)

Notiamo inoltre che l’emivita del farmaco


dipenderà anche dalla formazione di
metaboliti attivi e a lunga emivita (es. Il
metabolita attivo del diazepam,
Nordazepam ha un’emivita molto lunga,
40-150 ore)
L’emivita determinerà inoltre anche il tipo
di indicazione per la quale sarà utilizzata
la benzodiazepine:
Quelle a breve emivita si utilizzano per
anestesia ed insonnia
Quelle a emivita intermedia si utilizzano
per le insonnie da risvegli precoci e come
ansiolitici
Quelle lunga emivita per uso cronico
come antiepilettici, in quanto devono permettere una copertura giornaliera

• Reazioni avverse: sonnolenza e letargia, disturbi cognitivi (blocca la long term potentiation,
determinano amnesia a breve termine), incoordinazione motoria, atassia, ipotonia muscolare,
disartria e capogiri, tolleranza (col tempo si rende necessario un aggiustamento posologico) e alla
brusca sospensione si verifica una recrudescenza della malattia. Di conseguenza l’uso è limitato in
caso di peggioramento della malattia
ZONISAMIDE
• Farmaco di nuova generazione
• Meccanismo d’azione:
1. blocca i canali del Na+ voltaggio-dipendente
2. Inibisce l’anidrasi carbonica (fondamentale per l’equilibrio acido-base)
3. Inibisce i canali del calcio di tipo T
Indicazioni: Utilizzato in terapia aggiuntiva nelle epilessie parziali e miocloniche (Quando i farmaci
utilizzati in monoterapia si rivelano insufficienti)
• Reazioni avverse: Sonnolenza, atassia, anoressia, nervosismo, affaticamento, calcoli renali
(probabilmente dovuti ad alterazioni dell’equilibrio acido-base data dall’inibizione dell’anidrasi
carbonica)
VIGABATRIN
• Indicazioni: L’uso di questo farmaco è limitato dall’insorgenza delle reazioni avverse. Utilizzato in
pazienti che non rispondono ad altri farmaci, in terapia aggiuntiva, nelle crisi parziali ma non
nelle assenze (le aggrava). Particolarmente indicata nella Sindrome di West (Encefalopatia
epilettica intrattabile, associata ritardo mentale) NB: In molti casi rappresenta un peggioramento
della sindrome di Lennox-Gastaut
• Meccanismo d’azione: Inibitore irreversibile della GABA-t, enzima che normalmente degrada il
GABA, di conseguenza il blocco di questo enzima determina un aumento delle concentrazioni di
GABA.
• Farmacocinetica: È assorbito rapidamente dal tratto gastrointestinale ed è eliminato in forma
immodificata nelle urine (di conseguenza un’insufficienza renale aumenta le concentrazioni
plasmatiche di farmaco)
• Reazioni avverse: L’utilizzo del farmaco è limitato dai disturbi visivi (riduzione del campo visivo
bilaterale irreversibile) in 1/3 dei pazienti sedazione, aumento ponderale, vertigini, atassia,
disturbi comportamentali (reazioni psicotiche), depressione
FELBAMATO
• Indicazioni: Farmaco ad ampio spettro, indicato in tutti i tipi di crisi, ma l’utilizzo è limitato a
causa delle reazioni avverse. È per questo principalmente utilizzato nella sindrome di Lennox-
Gastaut e nelle crisi parziali resistenti ad altre terapie
• Meccanismo d’azione:
1. Antagonista del sito della glicina (coagonista del recettore NMDA) del recettore NMDA
2. Blocco dei canali del sodio e del calcio voltaggio-dipendenti
3. Potenziamento dell’inibizione GABAergica
• Reazioni avverse, limitano l’utilizzo del farmaco: anemia aplastica (1 caso ogni 5000) ed
epatotossicità, proprio per questo rappresenta un farmaco di terza scelta
RUFINAMIDE
• Indicazioni: Farmaco ad ampio spettro, utilizzato in terapia aggiuntiva della sindrome di Lennox-
Gastaut resistente ad altre terapie
• Meccanismo d’azione: allunga lo stato di inattivazione dei canali del Na+
Reazioni avverse, poco segnalate a causa dell’utilizzo limitato: sonnolenza, vomito, febbre e diarrea
ANTIEPILETTICI CON NUOVI MECCANISMI D’AZIONE
LACOSAMIDE
Sviluppata nel 2008, presenta un buon profilo di tollerabilità indicazioni: utilizzato in terapia
aggiuntiva per il trattamento di crisi parziali (in pazienti di età maggiore di 16 anni)
• Meccanismo d’azione:

1. Aumenta l’inattivazione lenta (non quella rapida, a differenza di fenitoina, carbamazepina e


lamotrigina) dei canali del sodio voltaggio-dipendenti. In altre parole, promuove l’entrata di
questi canali nello stato di inattivazione lenta (l’inattivazione rapida è data dalla porzione
globulare del canale che si chiude su se stesso, l’inattivazione lenta è invece data da una
strozzatura nel canale che richiede un tempo più lungo

2. Si lega alla proteina CRMP-2 (Collapsin Response Mediated Protein), espressa prevalentemente
nel SNC e coinvolta nella differenziazione neuronale nella crescita degli assoni
PERAMPANEL
Farmaco ad ampio spettro, non peggiora le assenze
• Meccanismo d’azione: Antagonista non competitivo AMPA ( come il topiramato, ma a differenza
di quest’ultimo, che legava un sito ortosterico, si lega ad un sito allosterico. Inoltre a differenza
del topiramato, che presentava diversi meccanismi d’azione, il perampanel risulta essere selettivo)
• Indicazioni: consigliato come terapia di associazione, per crisi a inizio parziale in soggetti con età
maggiore di 12 anni
• Farmacocinetica:
- Emivita: 70 ore
- Legame con le proteine plasmatiche per il 95%
- Metabolizzato dal CYP3A4
- Eliminato per il 70% per via epatica e 30% per via renale
• Reazioni avverse: Vertigini, sonnolenza, atassia, disturbi psichiatrici (agitazione, paranoia,
aggressività, euforia, ira, comportamenti violenti), potenziale dipendenza
RETIGABINA
• Indicazioni: utilizzata in associazione per il trattamento di crisi parziali, semplici o complesse,
con o senza generalizzazione
• Meccanismo d’azione:
1. Attiva i canali del potassio (KCNQ), iperpolarizzando la membrana e inibendo l’attività elettrica
neuronale.
2. Potenzia la neurotrasmissione GABAergica
Nel Giugno 2017 è stato ritirato dal commercio a causa di problemi di pigmentazione della pelle,
unghie, labbra, tessuti oculari tra cui la retina
Reazioni avverse: vertigini, disturbi psicotici, allucinazionAllucinazioni, euforia, aumento di peso,
alterazione del tratto QT (torsione di punta); serie di alterazioni retiniche con possibile perdita della
vista (esame oftalmologico prima e ogni sei mesi) e colorazione blu della pelle

LINEE GUIDA PER IL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DELL’EPILESSIA


Si comincia con la monoterapia, dunque si utilizza un unico farmaco prima a basse dosi per
valutare la minima concentrazione plasmatica efficace (più è bassa la dose, più sono minimizzate
le reazioni avverse).
La dose viene incrementata fino al raggiungimento del controllo delle crisi (monitoraggio della
concentrazione plasmatiche)
Se gli attacchi persistono (compliance confermata) si cambia farmaco gradualmente. Il farmaco
generalmente dovrà avere un meccanismo d’azione differente. Ricordiamo, infatti, che l’epilessia
è una malattia poligenica, di conseguenza le alterazioni possono riguardare canali del sodio,
canali del calcio, la neurotrasmissione GABAergica, dunque a seconda del tipo di alterazione può
funzionare un differente farmaco per quel tipo di epilessia.
Se la monoterapia risulta ancora inefficace, si passa al trattamento con due farmaci (preferibile
due farmaci con meccanismi d’azione differenti), con particolare attenzione alle interazioni
Se anche la terapia con due farmaci risulta inefficace si passa a tre farmaci o alla terapia
chirurgica
Differenze interindividuali nell’assorbimento, metabolismo ed eliminazione del farmaco,
richiedono il monitoraggio del farmaco
La scelta dell’antiepilettico dipende dal tipo di crisi:
Nelle crisi parziali semplici e complesse si
utilizzano come farmaci di prima scelta
Carbamazepina, Fenitoina e Acido Valproico
Nelle crisi parziali tonico-cliniche con
secondaria generalizzazione si utilizzano, oltre a
Carbamazepina, Fenitoina e Acido Valproico, anche
Primidone e Fenobarbital (in aggiunta o
alternativa, possono essere utilizzati farmaci di
recente introduzione come Gabapentina,
Lacosamide, Lamotrigina, Levetiracetam,
Rufinamide, Tiagabina,Topiramato, Zonisamide
Nelle crisi di assenza si utilizzano Acido
Valproico (ad ampio spettro), Etosuccimide (se si
manifestano solo crisi di assenza), Clonazepam
(farmaco più problematico a causa dello sviluppo
di tolleranza e crisi di astinenza). In alternativa,
come farmaco di seconda scelta può essere
utilizzata la Lamotrigina
Nelle crisi miocloniche si utilizzano Acido
Valproico, Clonazepam. In alternativa o aggiunta
Levetiracetam
Nelle crisi tonico-cloniche si utilizza
Carbamazepina, Fenobarbital, Fenitoina,
Primidone, Acido Valproico. In alternativa anche
Lamotrigina, Levetiracetam e Topiramato risultano essere efficaci.

Notiamo che l’indicazione, molto spesso,


non dipende dall’efficacia del farmaco:
-ad esempio il Felbamato, nonostante sia
efficace in tutti i tipi di crisi, a causa delle
reazioni avverse (epatotossicità ed anemia
aplastica), viene utilizzato nella Sindrome
di Lennox-Gastaut resistente agli altri
farmaci

-Il fenobarbital, nonostante sia n


farmaco efficace nei confronti di
molti tipi di crisi, non è un
farmaco di prima scelta.
-Le benzodiazepine, nonostante
abbiano un ampio spettro,
vengono utilizzate soltanto nello
stato di male epilettico e in crisi
particolarmente ricorrenti)
-Il vigabatrin, nonostante sia
efficace nelle crisi parziali e negli
spasmi infantili, a causa
dell’oculotossicità bilaterale ed
irreversibile, è utilizzato soltanto
in caso di spasmi infantili ed
epilessie parziali resistenti ad altri
farmaci

È da considerare inoltre che ogni antiepilettico è


associato a vantaggi e svantaggi:
Per esempio, Acido Valproico, Felbamato,
Lamotrigina Topiramato, Zonisamide presentano
un ampio spettro d’azione ma presentano diversi
svantaggi, quali la possibilità di rari eventi
avversi pericolosi per la vita: ad esempio per la
Lamotrigina si verifica la sindrome di Stevens-
Johnson o la necrolisi epidermica tossica, per il
felbamato si ha l’anemia aplastica e
l’epatotossicità, per l’acido valproico anemia
aplastica ed epatotossicità, per la Fenitoina si può
avere sindrome fetale o proaritmogenicità,
irsutismo, alterazioni del tratto del volto
Gabapentin, Levetiracetam, Topiramato
presentano scarse o assenti interazioni
Lamotrigina, Topiramato, Zonisamide richiede un
lento aggiustamento ai livelli terapeutici

Monitoraggio delle concentrazioni plasmatiche degli antiepilettici


Il monitoraggio delle concentrazioni plasmatiche si effettua in genere per farmaci con basso indice
terapeutico interindividuale, cinetica interindividuale molto variabile, con potenziale di interazioni
farmacologiche elevato e per patologie in cui il fallimento terapeutico risulta pericoloso per la vita
La concentrazione plasmatica è l’indice più realistico della dose somministrata.
È necessario individuare la concentrazione plasmatica individuale per l’effetto ottimale, stabilendo
così “range terapeutico personalizzato”.
È necessario inoltre verificare la compliance del paziente e controllare le interazioni
farmacologiche, giustificando così l’inefficacia della terapia o di effetti indesiderati o tossici

Problemi specifici della terapia antiepilettica:


1. Resistenza: per questo motivo spesso si fa ricorso ad una terapia aggiuntiva, sopperisca a
fenomeni di resistenza.

a.Circa il 65% dei pazienti affetti da


crisi epilettiche risulta efficacemente
trattato con un unico farmaco
(monoterapia)
b.Il restante 35% deve effettuare una
terapia con due farmaci
c.Di questo 35%, circa il 10% risulta
ben controllato, il restante 25%
continua a manifestare
farmacoresistenza e dunque è
necessario l’introduzione di un terzo
farmaco.
d.L’introduzione della politerapia
permette il controllo di circa il 5%
delle crisi, il restante 20% rimane
non trattato. Questi pazienti sono
candidati al trattamento con farmaci
sperimentali (per lo più
insoddisfacenti) o alla terapia
chirurgica

2.Terapia anticonvulsiva in gravidanza:


Molti farmaci antiepilettici risultano tossici per
il feto. Il rischio teratogeno è in particolare, il
doppio per Fenitoina (sindrome fetale che si
manifesta con alterazioni del volto: arco nasale
basso, strabismo, orecchie basse, bocca larga,
anormalità scheletriche, microcefalia,
fontanelle grandi, difetti cardiaci, ritardo
mentale, neuroblastoma, labbro leporino) e
Acido Valproico (spina bifida). Teratogeni sono
anche:
Benzodiazepine: Labiopalatoschisi (nel primo
trimestre,Apnea, ipotonia, ipotermia, sindrome
da astinenza neonatale con segni e sintomi di
eccitabilità neuronale (in prossimità del parto)
Carbamazepina: Aumento del rischio di
anomalie a carico del tubo neurale
Devono quindi essere utilizzate con attenzione,
a dosi basse per più volte al giorno, piuttosto
che a dosi alte in monosomministrazione e
utilizzando antiepilettici con minor rischio di
teratogenicità.

Sospensione Del Trattamento


Criteri per la sospensione di un antiepilettico:
1. Assenza di crisi da almeno 4-5 anni

2. Assenza di alterazioni EEG grafiche dopo 5 anni senza convulsioni


- La sospensione può provocare un aumento della frequenza e della gravità delle convulsioni i
barbiturici e le benzodiazepine sono i più difficili da interrompere, in quanto dopo sospensione
brusca si sviluppa una crisi d’astinenza. Bisogna dunque sospendere in maniera graduale in
settimane o mesi

ALTRI UTILIZZI DEGLI ANTIEPILETTICI


Nel corso degli anni l’uso degli antiepilettici si è esteso anche alla gestione di disturbi dell’ansia,:
Valproato: Ricordiamo che tra i suoi effetti collaterali, dovuti al potenziamento della
neurotrasmissione GABAergica, vi è la sedazione e la compromissione cognitiva, di conseguenza è
utilizzato in soggetti con DSPT (Disturbo Post-traumatico Da Stress, sindrome molto grave associata
ad un evento traumatico i cui pazienti soffrono di incubi notturni, aggressività, reazioni
spropositate)
Gabapentina: possiede una significativa efficacia ansiolitica, dunque è utile in vari disturbi
dell’ansia
Tiagabina: efficace nel trattamento di DAG (Disturbo D’ansia Generalizzato). Ricordiamo che
questo tipo di disturbo, si tratta in genere, con antidepressivi (inibitori selettivi del reuptake della
serotonina o di serotonina e noradrenalina). Il successivo fallimento di questa terapia porta
all’utilizzo di antiepilettici per il trattamento cronico dei disturbi dell’ansia, in quanto l’utilizzo
cronico delle benzodiazepine (normalmente utilizzate come ansiolitici) trascina con sè problemi di
tolleranza.
Lacosamide: efficace nei trattamenti di vari disturbi dell’ansia

Molti antiepilettici sono inoltre utilizzati come stabilizzanti dell’umore :


Carbamazepina: utilizzata nel trattamento dei disturbi bipolari, caratterizzati dall’alternanza di
fenomeni maniacali e depressivi
Valproato: particolarmente efficace anche in pazienti litio-resistenti
Lamotrigina: Rispetto al litio, presenta una pari efficacia nella prevenzione degli episodi maniacali;
più efficace nella prevenzione degli episodi depressivi ricorrenti, può migliorare funzioni cognitive
(in netto contrasto con altri antiepilettici)
Alcuni antiepilettici hanno inoltre funzioni analgesiche:
Carbamazepina: particolarmente utile nella nevralgia del trigemino
Gabapentina: utilizzata nel dolore neuropatico da diabete, nella neuro algia post erpetica, nelle
lesioni spinali, nella fibromialgia (pregabalin)
Valproato: utilizzato nel dolore neuropatico richiesti dosaggi inferiori rispetto ad altre indicazioni e
con una minor compromissione cognitiva utili anche nella profilassi dell’emicrania (in particolare
valproato, Gabapentina, topiramato, sono utilizzati nella profilassi dell’emicrania come terapia di
seconda scelta)

ANTIPSICOTICI
Sono anche chiamati:
neurolettici, in quanto bloccando i nervi, determinano un’indifferenza all’ambiente circostante
Antischizofrenici
Tranquillanti maggiori (per distinguerli dai tranquillanti minori, con cui sono ancora chiamate le
benzodiazepine)

Che cos’è la psicosi?


Il termine “psicosi” fu introdotto nel XIX secolo da uno scrittore austriaco, con il significato di
malattia mentale o follia. Essa rappresenta un grave disturbo psichiatrico caratterizzato da

convinzioni errate, allucinazioni (uditive/visive) e pensiero disorganizzato (alterato il giudizio della


realtà)
Esistono diversi tipi di psicosi:
Schizofrenia
Psicosi senili
Disturbo bipolare
Psicosi indotta da stupefacenti
Depressione psicotica (alternanza di fenomeni depressivi e psicotici)
Disturbo psicotico breve
Disturbo delirante (interpretazione errata della realtà)
I disturbi psichici sono così diffusi:
-i più diffusi sono i disturbi affettivi
(disturbi del tono dell’umore): ansia e
depressione.
-Al secondo posto vi è la schizofrenia (un
disturbo del pensiero e del
comportamento), che può presentare
anche fenomeni di comorbilità (si può,
insieme alla schizofrenia, manifestare
anche la depressione
-Dopo le tossicodipendenze, vi sono le
epilessie

Schizofrenia
• Una crisi psicotica, non è necessariamente indice di schizofrenia, la quale per poter essere definita
tale, deve presentare un decorso superiore ai sei mesiIl termine, coniato d il termine, coniato dallo
psichiatra svizzero Eugen Bleuer nel 1908 deriva dal greco “schizo” (dividere) e “phrenos”
(cervello).
• È una patologia cronica o recidivante (non si guarisce dalla schizofrenia) che si manifesta con
un’alterazione del pensiero, del comportamento, della percezione e dell’affettività con una gravità
tale da limitare le normali attività.
• Colpisce l’1% della popolazione, il 25-50% tenta il suicidio e di questi il 10% lo porta a
compimento
I sintomi caratteristici della schizofrenia sono divisi in sintomi negativi e positivi:
- I sintomi positivi si manifestano con più frequenza nel paziente schizofrenico e sono
caratterizzati da:
Allucinazioni: uditive, olfattive, visive, tattili, gustative
Delirio:erronea interpretazione delle percezioni ed esperienze
Disorganizzazione del pensiero
Agitazione, aggressività, ostilità
- I sintomi negativi sono i meno percepiti e i più difficili da trattare. Sono caratterizzati da:
appiattimento emotivo ed affettivo
Ridotte relazioni interpersonali
Anedonia (mancanza della sensazione di piacere)
Apatia (mancanza di interesse)
Abulia (mancanza di volontà)
Alogia (povertà del linguaggio)

Deficit cognitivi (riduzione dell’apprendimento, memoria ed attenzione)


Cause della schizofrenia
Sono state varate diverse teorie alla base dell’origine della schizofrenia:
1. Teorie neuroanatomiche: È stata osservata nei pazienti affetti da schizofrenia un’atrofia in
alcune zone del cervello (amigdala, ippocampo, giro ippocampale). La schizofrenia può inoltre
essere data da un allargamento dei ventricoli (a discapito di alcune aree cerebrali), un’errata
migrazione neuronale fetale causata da virus o denutrizione nel secondo trimestre di
gravidanza, problemi alla nascita, esposizione a droghe nella tarda adolescenza
2. Teorie neurochimiche: modificazioni dei livelli di neurotrasmettitori, in particolare glutammato,
serotonina, GABA, ma soprattutto dopamina.
3. Suscettibilità genetica: la schizofrenia può essere anche associata ad alterazioni geniche, per
esempio a carico del gene che codifica per la Neuroregolina (la quale regola la migrazione dei
neuroni) o per le COMT (responsabili della degradazione delle catecolamine, tra cui la
dopamina)
4. Fattori ambientali: Violenza, uso di droghe, condizioni abitative precarie, disoccupazione,
possono determinare la schizofrenia in soggetti con vulnerabilità genetica.
Ipotesi neurotrasmettitoriali nella schizofrenia
Diverse ipotesi stabiliscono alla base della schizofrenia, l’alterazione di neurotrasmettitori:
Teoria dopaminergica: a livello mesolimbico si verifica un ipertono dopaminergico
Teoria serotoninergica: coinvolta in tutti i disturbi psichiatrici
Teoria glutammatergica: principale neurotrasmettitore eccitatorio e dunque influenza tutti i
neurotrasmettitori (ad es. la ketamina, che blocca i recettori NMDA del glutammato provoca sintomi
psicotici sovrapponibili a quelli della schizofrenia)
Teoria GABAergica: modula in maniera inibitoria il rilascio degli altri neurotrasmettitori
Teoria del BDNF: neurotrofina che ha una funzione protettiva a livello neuronale, bassi livelli
determinano atrofia cerebrale e riduzione della sinaptogenesi
Teoria delle COMT: trasferiscono un gruppo metilico sul gruppo catecolaminico delle catecolamine
(tra cui la dopamina)
Teoria dopaminergica
La teoria dopaminergica nasce dall’osservazione secondo cui i farmaci utilizzati per il trattamento
della schizofrenia sono tanto più efficaci quanto più è elevata la loro affinità con i recettori D2
dopaminergici. Il blocco di questi tipi di recettori sarebbe responsabile dell’effetto antipsicotico.

Esistono quattro vie dopaminergiche a livello cerebrale:


-La via nitro-striatale, attraverso cui i neuroni della
substantia nigra attraverso i loro assoni
raggiungono lo striato): controlla i movimenti
volontari
- La via meso-limbica: neuroni dalla VTA del
mesencefalo (Area Ventrale Tegmentale, dove si
trovano i neuroni) raggiunge aree limbiche come
ippocampo e amigdala (che controllano l’umore, il
comportamento e il pensiero)
- La via messo-corticale: i neuroni dalla VTA
raggiungono la corteccia frontale
- La via ipotalamo-ipofisaria (o tubero
infundibulare): i neuroni ad assoni corti a livello
ipotalamico hanno proiezioni che raggiungono
l’ipofisi, regolando il rilascio di prolattina (la
dopamina è un inibitore del rilascio di prolattina)

Nella schizofrenia si verifica:

1. un’ iperattività della via mesolimbica , responsabile dei sintomi positivi: ricordiamo che la via
mesolimbica.È riscontrabile dei processi è responsabile dei processi emotivi, delle allucinazioni
uditive, deliri e disturbi del pensiero
2. un’ ipoattività della via mesocorticale, responsabile dei sintomi negativi: ricordiamo che il tratto
messo-corticale della cognitivita, della comunicazione e dell’attività sociale
L’utilizzo dei farmaci neurolettici, con il blocco dei recettori D2, determina, oltre l’inibizione della
via mesolimbica (effetto desiderato), anche:
1. Un’ipoattività della via nitro-striatale, che normalmente controlla il movimento volontario (la
cui degenerazione è responsabile del morbo di Parkinson) con conseguenti effetti
extrapiramidali (parkinsonismi)
2. Un ipoattività della via tuberoinfundibulare, responsabile del controllo inibitorio del rilascio di
prolattina, con conseguente iperprolattinemia
3. Un ulteriore blocco della via mesocorticale, con conseguente peggioramento dei sintomi negativi
(con l’utilizzo dei farmaci antipsicotici di nuova generazione, invece controlla anche i sintomi
negativi)
Trasmissione dopaminergica
La dopamina si forma a partire dalla tirosina (assunta con la
dieta) e trasportata a livello cerebrale da un trasportatore degli
aminoacidi aromatici. La tirosina viene convertita in L-DOPA (L-
diidrossifenilalanina) dall’enzima tirosina idrossilasi. La L-DOPA
viene decarbossilata, da una decarbossilasi aspecifica per gli
aminoacidi aromatici, in dopamina. La dopamina viene
immagazzinata, nel neurone dopaminergico, in vescicole, ad
opera di un trasportatore vescicolare che sfrutta come forza
trainante un gradiente protonico prodotto da una pompa
protonica ATPasica presente a livello della vescicola. La
depolarizzazione della membrana neuronale, dovuta
all’apertura dei canali del Na+ voltaggio-dipendenti, determina
l’apertura dei canali del Ca2+, con conseguente aumento del
calcio, determina esocitosi calcio-dipendente della dopamina.
La dopamina a questo punto, a livello della membrana post-
sinaptica interagirà con i recettori D1-like (D1 e D5) e D2-like (D2, D3, D4).
I recettori D1-like sono recettori post-sinaptici, i recettori D2-like sono pre e post-sinaptici. Il blocco
di questi recettori, soprattutto dei recettori D2-like, rappresenta dunque il principale meccanismo
d’azione degli antipsicotici.
I recettori D1-like:
- Si trovano soprattutto a livello dello striato, della neocorteccia (D1) e dell’ippocampo e
del’ipotalamo (D5)
- Sono recettori metabotropici accoppiati a proteine Gq, la cui stimolazione determina l’attivazione
della fosfolipasi C che converte il fosfatidilinositolo difosfato in IP3 e DAG. Il DAG attiva la PKC,
l’IP3 legandosi al proprio recettore presente a livello del reticolo endoplasmatico, determina un
aumento dei livelli intracellulari di Ca2+. L’attivazione di questi recettori stimola anche la
proteina Gs che a sua volta attiva l’adenilato ciclasi, il quale determina un aumento di cAMP, il
quale determina un aumento di calcio.
I recettori D2-like:
- Si trovano sia a livello pre che post-sinaptico, con distribuzione maggiore a livello dello striato,
del putamen, dell’ipofisi (D2), del tubercolo olfattivo, nucleo accumbens e ipotalamo (D3) e a
livello della corteccia frontale,del midollo e del mesencefalo (D4)
- Sono recettori metabotropici accoppiati a una proteina Gi, la cui stimolazione determina
un’inibizione di adenilato ciclasi e conseguente riduzione di cAMP, attivazione dei canali del K+ a
livello post sinaptico e inibizione dei canali del Ca2+ presinaptici.
TERAPIA FARMACOLOGICA DELLA SCHIZOFRENIA

Gli antipsicotici si dividono in:


1. Antipsicotici tipici: antagonisti dei recettori dopaminergici (D2). L’interazione più o meno
selettiva con i recettori M1 (muscarinico), H1 (istaminergico) e α1 adrenergico, è responsabile
invece degli effetti avversi.
2. Antipsicotici atipici: interagiscono con diversi target, sono soprattutto, antagonisti
dopaminergici (D2) e serotoninergici (5-HT2a)
Antipsicotici tipici
Gli antipsicotici tipici si dividono in:
- fenotiazine: cloropromazina, tioridazina, perfenazina, flufenazina e trifluoperazina
- tioxanteni: tiotixene, zuclopentixolo e clopentixolo
- butirrofenoni: aloperidolo e droperidolo
Notiamo che queste tre classi di neurolettici hanno
stessa selettività nei confronti dei recettori D2 ma
diverse selettività per gli altri tipi di recettori
(responsabili delle reazioni avverse):
-Le fenotiazine sono quelle più “sporche”, in
grado di interagire con più tipi diversi di
recettori. Bloccano il recettore α1 adrenergico,
H1, M1, D1 like e parzialmente anche il recettore
serotoninergico 5-HT2
- I tioxanteni sono intermedi tra fenotiazine e
butirrofenoni, in quanto bloccano il recettore D1,
α1 adrenergico, 5-HT2 (il cui blocco è uno dei
meccanismi d’azione anche degli psicotici atipici,
dunque rappresenta un effetto voluto)
-Butirrofenoni sono i più selettivi, i più potenti
ma anche i più tossici a causa degli effetti extrapiramidali. Essi bloccano in elevata misura i
recettori D2, e soltanto parzialmente i recettori D1, α1 adrenergico, H1, M1 e 5-HT2a

Principali azioni dei neurolettici tipici:


1. Antipsicotica: riducono le allucinazioni, il delirio, i disturbi del comportamento
2. Inibizione della motilità e del comportamento spontaneo: con riduzione della via nitro striatale
3. Riduzione dell’aggressività e della paura: con coinvolgimento della serotonina
4. Antiemetica: in quanto il blocco dei recettori dopaminergici determina un inibizione della zona
chemiorecettrice del vomito
5. Sedazione: (dovuta anche al blocco del recettore H1) utile per contrastare l’aggressività
6. Antiallergica: mediata dal blocco dei recettori H1 istaminergici
7. Ipotensione arteriosa: mediata dal blocco del recettore α1 adrenergico
Farmacocinetica:
- I neurolettici sono farmaci liposolubili in quanto devono attraversare la barriera ematoencefalica
- Presentano una biodisponibilità orale variabile da farmaco a farmaco (dal 10% per la
clorpromazina fino al 70% per l’aloperidolo). Esistono inoltre preparazioni depot somministrabili
per via intramuscolare 1 volta ogni 1-2 settimane, utilizzate in genere in caso di bassa
compliance del paziente
- Presentano un elevato legame con le proteine plasmatiche e un amplio volume di distribuzione
- Hanno un’emivita abbastanza lunga, dalle 8 alle 35 ore, compatibile con la
monosomministrazione giornaliera
- Il metabolismo avviene soprattutto a livello epatico, ad opera del CYP450, con formazione di
metaboliti attivi (vedi slide)
In particolare, le fenotiazine subiscono una biotrasformazione epatica che può coinvolgere diverse
vie enzimatiche:
- Mediante il CYP2A6 si trasforma in 7-idrossifenotiazina

-Mediante il CYP3A4 subisce una


sulfossidazione
-Mediante il CYP2C8 si trasforma in
N-demetilfenotiazina (nor1/nor2)

Indicazioni dei neurolettici tipici: Sono


utilizzati nella schizofrenia
(soprattutto quelle in cui gli episodi
acuti si manifestano con sintomi
positivi), Disturbi affettivi bipolari,
psicosi senili, disturbi della personalità
borderline, disturbi psicotici indotti da
sostanze d’abuso, morbo di
Huntington, sindrome di Gilles de La
Tourette, autismo
NB: Ricordiamo che i neurolettici tipici non migliorano i sintomi negativi (la depressione,
l’ideazione suicidaaria, e le funzioni cognitive), ma anzi per i neurolettici con attività
antimusicarinica (tioridazina o mesoridazina), i sintomi peggiorano. Il blocco della cognitività
blocca sia la via mesolimbica che mesocorticale
Disturbo borderline della personalità
È caratterizzato da una modalità pervasiva di instabilità:
1. Nelle relazioni interpersonali
2. Immagine di sé
3. Umore
- In più vi è una marcata impulsività in età adulta e vari contesti. È caratterizzata inoltre da 5 o più
dei seguenti sintomi:
1. Sforzi disperati per evitare un reale o immaginario abbandono
2. Relazioni interpersonali instabili e intense, alternanza di iperidealizzazione e svalutazione
3. Alterazione dell’identità: immagine e percezione di sé marcatamente e persistentemente
instabili
4. Impulsività in almeno due aree potenzialmente dannose: spendere, sesso, abuso di sostanze,
guida spericolata, abbuffate
5. Ricorrenti minacce, gesti, comportamenti suicidare o automutilanti instabilità affettiva dovuta
ad una marcata reattività dell’umore (episodica intensa disforia, irritabilità, ansia, poche ore)
6. Sentimenti cronici di vuoto rabbia immotivata e intensa o difficoltà nel controllarla (frequenti
accessi di ira o scontri fisici)
7. Ideazione paranoide, gravi sintomi dissociative transitori legati allo stress
Sindrome di Gilles de la Tourette
Il nome di questa sindrome deriva dal neurologo francese Gilles de la Tourette, discepolo di
Charcot, il quale, interessato all’isteria e all’ipnotismo, nel 1885 caratterizzò per la prima volta la
patologia, identificandola come la “malattia dei tic”. I pazienti affetti da sindrome di Tourette sono
affetti da tic compulsivi, espressione osceni, ripetizione delle parole altrui (e con la Lia). Charcot
rinominò la malattia “Sindrome di Gilles de la Tourette”.

Potrebbero piacerti anche