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I farmaci di seguito riportati sono ad attività blanda, dunque vengono utilizzati in associazione ad

agonisti dopaminergici o levodopa oppure all’inizio della terapia, quando i sintomi risultano essere
meno debilitanti.
AMANTADINA
• Farmaco ad attività mista
• Meccanismo d’azione:
1. Aumenta il rilascio ed inibisce la ricaptazione della dopamina
2. Inibizione della trasmissione colinergica (azione antimuscarinica): ricordiamo che a livello dello
striato sono presenti interneuroni colinergici, normalmente inibiti dai neuroni dopaminergici,
dunque l’ipotono dopaminergico del Parkinson sarà responsabile di un’iperattività di questi neuroni,
che si associa ad un peggioramento dei sintomi motori. L’utilizzo di antimuscarinici contrasta
dunque l’iperattività dei neuroni colinergici
3. Antagonista non competitivo dei recettori NMDA del glutammato: il recettore NMDA sembra
essere coinvolto nelle discinesie
4. Antagonista dei recettori A2 dell’adenosina, i quali inibiscono il rilascio di dopamina
• Indicazioni:
- Utilizzato in monoterapia negli stadi iniziali della malattia (per ritardare l’entrata in terapia della
Levodopa) o associato a basse dosi di L-DOPA:
ha una blanda azione sintomatica (l’effetto si esaurisce dopo qualche settimana) e un probabile
effetto neuroprotettivo
- Negli stadi avanzati della malattia, in associazione alla L-DOPA:
contrasta l’attività di cinetica della L-DOPA, sfruttando le proprietà antagonistiche del glutammato
• Farmacocinetica:
- Presenta un buon assorbimento per via orale
- Raggiunge concentrazioni plasmatiche massime in 1-4 ore
- Escrezione renale (farmaco immodificato), dunque è richiesta una diminuzione del dosaggio in
presenza di insufficienza renale
• Reazioni avverse:
- Sistema nervoso centrale: letargia, ad elevate dosi si verifica irrequietezza, depressione,
allucinazioni, psicosi (dovute all’aumento della dopamina a livello della via mesolimbica) e
convulsioni
- Apparato gastrointestinale: anoressia, nausea, stipsi, xerostomia (queste ultime due sono dovute
all’azione antimuscarinica)
- Altre: edema periferico, cefalea, ipotensione, insufficienza cardiaca

-Tra le reazioni avverse associate


all’amantadina vi è anche un’affezione
dermatologica, il livedo reticularis
caratterizzato da colorazione purpurea e
cianotica della pelle ad andamento
reticolare, che regredisce dopo un mese dalla
sospensione del trattamento

• Sconsigliata nei pazienti con insufficienza renale

INIBITORI SELETTIVI DELLE MAO-B


Le MAO sono degli enzimi che degradano le monoamine: noradrenalina, adrenalina, dopamina e
serotonina. Esistono due isoforme delle monoaminossiasi, MAO-A: hanno una selettività maggiore
per serotonina e noradrenalina
MAO-B: hanno una maggiore selettività per la dopamina e sono ampiamente espresse nello striato
dove degradano la dopamina.
Il blocco delle MAO-B determinerà dunque un blocco della degradazione della dopamina.
Inibitori selettivi irreversibili delle MAO-B utilizzate nel trattamento del Parkinson sono Selegilina e
Rasagilina. Essi sono detti anche “inibitori suicidi”, in quanto si legano irreversibilmente all’enzima
bloccandone l’attività.
La selettività è dose-dipendente: basse dosi assicurano una selettività maggiore, ad alte dosi questi
farmaci perdono selettività e si legano anche alle MAO-A.
L’inibizione mediata da questi farmaci determinerà un aumento dei livelli di dopamina a livello
cerebrale, con minori effetti sulle catecolamine periferiche
Selegelina
• A basse dosi risulta selettivo per le MAO B, ad elevate dosi perde selettività
• Inibitore suicida
• Meccanismo d’azione: riduce la deaminazione della dopamina nigrostriatale, senza alcun effetto
sulle catecolamine periferiche
• Provoca un aumento dell’efficacia terapeutica della L-DOPA
• Riduce fenomeni di Wearing-off (riduzione dell’effetto da fine dose) e on-off (fluttuazione motoria
caratterizzata dall’alternanza di “fase on” in cui si verifica una risposta clinica e “fase off”, in cui il

]
picco della concentrazione plasmatica decade osserviamo una mancata azione terapeutica
associata a mancata risposta motoria)
• Riduce la formazione dei metaboliti della dopamina (radicali liberi e perossidi,
dopachinone), responsabili di stress ossidativo Effetto neuroprotettivo
• Blocca la trasformazione dell’MPTP in MPP+
• Non altera il metabolismo della dopamina periferica

• Indicazioni:
- Modestamente efficace da sola negli stadi iniziali in monoterapia
- Prolunga e potenzia gli effetti della levoDOPA
- Consente di abbassare la dose di levoDOPA (e dunque riduce le reazioni avverse ad essa
associate) All’esordio può rallentare la progressione della malattia
• Farmacocinetica:
- Comparsa dell’effetto dopo un’ora dalla somministrazione
- L’effetto permare per 1-3 giorni
- Subisce un metabolismo epatico, con formazione di L-amfetamina e L-metanfetamina, composti
psicostimolanti, i quali, aumentando i livelli di noradrenalina, determineranno ansia, insonnia)
- Per l’elevato metabolismo di primo passaggio epatico deve essere somministrata in forma di
compresse orosolubili (via sublinguale) o cerotto transdermico
• Interazioni:
- L’associazione con inibitori del reuptake di serotonina e antidepressivi triciclici può determinare
sindrome serotoninergica (caratterizzata da diaforesi [elevata sudorazione], vampate, atassia,
ipertermia, tachicardia, iper/ipotensione, confusione, agitazione)
Sindrome serotoninergica:
•Condizione causata dall’insieme di più sintomi, molto rara
•Ad elevate dosi, gli inibitori delle MAO-B perdono selettività e bloccano anche le MAO-A, responsabili della
degradazione della serotonina e dunque l’associazione di più farmaci che aumentano la disponibilità di serotonina,
come antidepressivi triciclici o SSRI può determinare sindrome serotoninergica.
•Sintomi: Confusione, disorientamento, alterazioni dello stato di coscienza, agitazione, irrequietezza, ipomania,
accelerazione ideica, tremori, mioclono, disartria, atassia, iper ri essiva, nistagmo, diarrea, tachicardia, ipertermia,
brividi, cefalea

fl

•Terapia intensiva/rianimatoria: mantenimento dei parametri vitali, sospensione del farmaco, idratazione,
benzodiazepine per la rigidità muscolare
- L’associazione con simpaticomimetici (decongestionanti nasali, orali, efedrina, pseudo efedrina
può potenziare l’azione simpatico-mimetica in quanto il blocco della degradazione della
dopamina, ne aumenterà i livelli. La dopamina è anche un precursore della noradrenalina (la
dopamina è convertita in L-DOPA dalla tirosina idrossilasi, L-DOPA è convertita in noradrenalina
dalla dopamina beta-idrossilasi)
• Reazioni avverse: insonnia, allucinazione, ansia
Rasagilina
• Indicazioni:
- Negli stadi iniziali della malattia, in monoterapia per una blanda azione sintomatica (sufficiente
quando i sintomi sono lievi
- Negli stadi più avanzati della malattia per aumentare gli effetti di levodopa+carbidopa
• Farmacocinetica:
- Emivita di 2 ore, deve essere somministrata più volte al giorno
- Metabolismo epatico mediante il CYP1A2
• Reazioni avverse:
- A livello periferico: nausea, vomito, artralgia, ipotensione ortostatica
- A livello centrale: depressione
INIBITORI DELLE COMT
La dopamina, insieme alle altre catecolamine noradrenalina e adrenalina, è degradata anche dalle
catecolamine-O-metiltrasferasi, le quali trasferiscono un gruppo metilico all’ossidrile dell’anello
catecolico.
Gli inibitori delle COMT sono Tolcapone (non più utilizzato, per l’elevata epatotossicità),
Entacapone, Opicapone. Essi bloccano le COMT, le quali sono principalmente espresse nella
circolazione periferica.
La Levodopa, se somministrata senza inibitori della DDC, viene decarbossilata dalla
dopadecarbossilasi e convertita in dopamina, sia a livello centrale che periferico. Ciò è responsabile
di una riduzione della disponibilità del farmaco a livello cerebrale e di un aumento delle reazioni
avverse date dall’aumento di dopamina a livello periferico. L’assunzione di inibitori della DDC
permette di ridurre la trasformazione della Levodopa in dopamina a livello periferico. La Levodopa,
tuttavia, potrebbe comunque essere degradata dalle COMT in 3-O-metildopa (inattiva). L’assunzione
di inibitori delle COMT, dunque aumenta ulteriormente l’emivita la quantità di levoDOPA in grado
di raggiungere il cervello. L’assunzione di Levodopa in associazione, oltre che agli inibitori della
DDC, agli inibitori delle COMT, permette di ridurre la dose di Levodopa da somministrare di un
ulteriore 25%.
Tolcapone
• Indicazioni: utilizzato sempre in associazione a levodopa+ carbidopa
• Farmacocinetica:
- Rapidamente assorbito a livello gastrointestinale
- Presenta un elevato legame con le proteine plasmatiche (99%)
- Coniugato con acido glucuronico del fegato
- Eliminato tramite le urine (60%)
- Richiede tre somministrazioni giornaliere
• Reazioni avverse: tossicità epatica, che ne ha limitato l’utilizzo al solo caso in cui non si rileva una
risposta con il trattamento agli altri due inibitori delle COMT
Entacapone
• Indicazioni: utilizzato sempre in associazione a levodopa+carbidopa in pazienti con fluttuazioni
motorie
• Farmacocinetica:
- Bassa biodisponibilità (35%)
- Metabolizzato a livello epatico

- Escreto con la bile


- Emivita: 2 ore
Opicapone
• Nuovo inibitore delle COMT di elevata potenza e durata dell’azione
• Indicazioni: Utilizzato sempre in associazione con levoDOPA+ CarbiDOPA in pazienti con
fluttuazioni motorie (il blocco delle COMT aumenta la biodisponibilità della Levodopa a livello
cerebrale)

Effetti collaterali tipici degli inibitori delle COMT:


- Periferici: Diarrea, dolori addominali, nausea, ipotensione, vomito, urine arancioni, epatotossicità
(solo per il tolcapone)
- Centrali: discinesie (dovute più che al farmaco in sè, quanto piuttosto all’aumento di disponibilità
di Levodopa), insonnia, agitazione, allucinazioni
Interazioni degli inibitori delle COMT:
- I farmaci metabolizzati dalle COMT, in associazione agli inibitori delle COMT, aumentano la loro
azione e possono pertanto determinare tossicità:è il caso di apomorfina.
- Determina fenomeni di spiazzamento farmaco-proteico con warfarin (farmaco a basso indice
terapeutico) e tolbutamide(ipoglicemizzante orale)

ANTICOLINERGICI
Unici farmaci utilizzati nel trattamento del Parkinson che non interferiscono con il sistema
dopaminergico
Lo striato presenta:
1. neuroni di proiezione GABAergici: i quali cioè presentano i corpi cellulari a livello dello striato
e assoni che raggiungono invece altre aree cerebrali
2. Interneuroni intrinseci colinergici: neuroni ad assoni brevi,i quali sono normalmente inibiti dalla
dopamina. La riduzione della dopamina nel Parkinson determina una mancata inibizione dei
suddetti neuroni e dunque un’ iperattività dei neuroni colinergici intrinseci, che determinerà il
tremore a riposo.
• Meccanismo d’azione: bloccano i recettori mus carini i dell’Ach, determinando una riduzione
dell’iperattività degli interneuroni colinergici striatali
• Indicazioni:
- Negli stadi iniziali, quando il tremore è il sintomo predominante
- Nei casi lievi: somministrati da soli o in associazione alla levoDOPA
- Nel Parkinson indotto dagli antipsicotici (parkinsonismi)
• Effetti farmacologici: Riduzione dei tremori e della rigidità muscolare, ma sono meno efficaci
sulla bradicinesia (lentezza del movimento)
• Reazioni avverse:
- Sistema nervoso centrale: confusione, depressione, delirio, allucinazioni
- Altre: ritenzione urinaria, stipsi, alterazioni della visione, crisi di glaucoma acuto (in quanto
aumentano la pressione intraoculare), tachicardia
• Gli anticolinergici più utilizzati nel trattamento del Parkinson sono Triesifenidile e la Benzatropina
mesilato

• Questi anticolinergici agiscono in maniera non selettiva su tutti i recettori muscarinici (M1-5)
• Negli ultimi anni il loro ruolo terapeutico è stato ridimensionato per le notevoli controindicazioni.
È infatti controindicato in caso di glaucoma ad angolo acuto, ipertrofia prostratica. Bloccando
l’acetilcolina, composto fondamentale per i processi cognitivi, gli anticolinergici presentano inoltre
un effetto negativo sui processi cognitivi e neuropsichiatrici.
• Si è discusso sulla possibilità che questi farmaci aumentino la possibilità di contrarre il morbo di
Alzheimer (malattia neurodegenerativa che colpisce i neuroni colinergici). In particolare si stima
che i pazienti in terapia anticolinergica da più di due anni possono presentare una densità di
placche amiloidi e di ammassi neurofibrillari tipici della malattia di Alzheimer, circa doppia e
statisticamente significativa rispetto i pazienti non trattati con anticolinergici o con trattamento
inferiore ai due anni.

SAFINAMIDE
• Farmaco sviluppato nel 2015
• Meccanismo d’azione duplice:
1. Incrementa la funzione dopaminergica, mediante l’inibizione selettiva e reversibile delle MAO-B
e del reuptake della dopamina
2. Riduce l’attività glutammatergica, mediante l’inibizione del rilascio di glutammato (bloccando il
il canale del sodio e del calcio) responsabile dell’eccitotossicità, con effetto neuroprotettivo e
sulle discinesie
• Indicazioni:
- Utilizzato in pazienti con fluttuazioni motorie in associazione a
Levodopa+Carbidopa+Entacapone

Nella diapositiva a sinistra


osserviamo le linee guida utilizzate
per il trattamento farmacologico
del Parkinson

LEVODOPA IN SOMMINISTRAZIONE CONTINUA

Quando la malattia progredisce, in presenza di fluttuazioni motorie invalidanti, è possibile


somministrare un gel chiamato DUODOPA (o levodopa duodenale), che contiene elevate
concentrazioni di Levodopa e Carbidopa. La L-Dopa, avendo una bassa solubilità, per poter essere
somministrata per via parenterale, richiederebbe elevati volumi di infusione. Dunque il gel risulta
essere la formulazione più adatta.
• Levodopa 20 mg/ml + Carbidopa 5 mg/ml

Il principio attivo sotto forma di gel viene erogato in modo


continuo, direttamente a livello intestinale attraverso una
gastrostomia percutanea: un tubicino collegato ad una
micropompa. Il farmaco contenuto in una cartuccia da 100 CC
viene somministrato mediante una pompetta.

• Efficace per ridurre la fase off


• Non incrementa le discinesie
• Determina una riduzione dell’UPDRS (scala dei sintomi motori) Provoca un miglioramento della
qualità di vita
• Effetti collaterali come formulazione standard
• Richiede impianto e personale specializzato i pazienti devono essere accuratamente istruiti

TERAPIA CHIRURGICA
Negli stadi più avanzati, quando la terapia farmacologica non risulta più efficace nel controllo dei
deficit motori invalidanti, si considera una tecnica invasiva detta “Deep Brain Stimulation” (DBS)
basata sulla possibilità di impiantare un pacemaker cerebrale che invia impulsi elettrici, mediante
un elettrostimolatore, nei gangli della base (nucleo sottotalamico o globo pallido)
Si esegue in assenza di importanti problemi psichiatrici, in soggetti che presentano fasi di blocco
motorio (OFF) invalidanti e/o movimenti involontari intensi e debilitanti
La stimolazione cerebrale profonda (DBS) rappresenta dunque un intervento di chirurgia funzionale
che permette, in pazienti selezionati, un miglioramento dei sintomi della malattia.
L’ipoattività dopaminergica a livello dei gangli della base, è sopperita quindi dall’elettrostimolazione.
Esistono diversi possibili target (nucleo sottotalamico, globo pallido, talamo, nucleo
peduncolopontino) e la scelta del target dipende dalle caratteristiche cliniche.

Nonostante la possibilità di adoperare numerosi trattamenti, ancora oggi la malattia non è ancora
ben controllata, dunque la ricerca è ancora attiva per la scoperta di un nuovo farmaco che possa
sostituire o essere utilizzata in associazione alla Levodopa per ridurre le reazioni avverse ad essa
associate e la mancanza di efficacia che si osserva con il progredire della malattia.
FARMACI CON TARGET NON DOPAMINERGICO:
Si stanno ultimamente valutando dei farmaci che interagiscono con i recettori metabotropici del
glutammato
MGluR4: recettore metabotropici del III gruppo ampiamente espresso nei gangli della base, in
particolare a livello dello striato, dove riduce l’attività del recettore NMDA e il rischio di
eccitotossicità
Il modulatore allosterico positivo (=migliora l’attività del glutammato a livello del recettore)
Foliglurax agisce su questo recettore presinaptico delle fibre striatopallidali, riducendo l’inibizione
del globo pallido esterno e si trova in fase II di sperimentazione in cui si sta valutando la sicurezza,
la tollerabilità e la capacità di ridurre le complicazioni motorie associate alla terapia con Levodopa
Per quanto riguarda gli MgluR5, recettori di tipo stimolatorio, si sta valutando l’efficacia anti-
discinetica di modulatori allosterici negativi (ricordiamo che il glutammato è responsabile delle
discinesie). I recettori MGluR5 sono recettori metabotropici del I gruppo, i quali potenziano l’azione
del recettore NMDA dunque inibendo l’azione degli MGluR5, risulta inibita anche l’azione degli
NMDA.
Un modulatore allosterico negativo di questo recettore è il Dipraglurant, il cui studio è in fase II di
sperimentazione per valutare l’efficacia su pazienti con discinesie.
NB: Non è possibile utilizzare degli antagonisti glutammatergici in quanto il blocco di questa
neurotrasmissione risulta associata a numerose reazioni avverse, dunque si utilizzano modulatori
allosterici
ANTAGONISTI DEI RECETTORI ADENOSINICI A2A

I recettori adenosinici A2A riducono il rilascio di dopamina, dunque il blocco di questi recettori
aumenta i livelli di dopamina.
Preladenant: studi arrestati per scarsa efficacia
Tozadenant: ha dato risultati positivi in fase 2, tuttavia lo studio è stato interrotto a causa dello
sviluppo di gravi reazioni avverse quali agranulocitosi e sepsi.
Istradefillina: lo sviluppo è stato bloccato in quanto secondo l’FDA i benefici descritti sono
insufficienti per giustificare l’approvazione del farmaco
Caffeina: composto abbastanza sicuro, tuttavia lo studio randomizzato non ha prodotto un
miglioramento dell’UPDRS (scala utilizzata per i sintomi del Parkinson), dunque non è stato
continuato

FARMACI NEUROPROTETTIVI

La progressione della malattia potrebbe essere arrestata migliorando la salute dei neuroni
dopaminergici, prevenendo la produzione di radicali liberi e l’eccitotossicità. I farmaci
neuroprotettivi attualmente testati sono:
Farmaci chelanti: Deferiprone
Si riscontra un aumento di ferro nei pazienti affetti da Parkinson e si pensa che la presenza di
questo metallo faciliti la progressione della malattia, dunque l’utilizzo del Deferiprone, un chelante
del ferro, poteva risultare efficace nel rallentare la progressione del Parkinson. Esso tuttavia, non ha
dato un miglioramento dei sintomi motori
Immunizzazione attiva-passiva
Basata sulla produzione di vaccini o anticorpi monoclonali attivi contro l’alfa-sinucleina, la cui
aggregazione proteica è responsabile della formazione dei corpi di Lewy, tipici della
neurodegenerazione dei neuroni dopaminergici nel Parkinson. È somministrato come vaccino
(immunizzazione attiva) un peptide che mima l’estremità C-terminale dell’alfa-sinucleina o

anticorpi monoclonali (immunizzazione passiva) che bloccano l’alfa-sinucleina. Queste molecole


sono ancora in fase di studio
TERAPIA CON CELLULE STAMINALI
Prevede la sostituzione dei neuroni degenerati con cellule staminali, cellule immature, le quali sono
in grado di replicarsi o differenziarsi in molti tipi di cellule. Le cellule staminali possono essere
prelevate da: cordone ombelicale, il sacco amniotico, sangue, midollo osseo, placenta, tessuti
adiposi, polpa dentale. Purtroppo accanto ai problemi etici (in quanto le cellule staminali più
predisposte alla differenziazione risultano essere quelle embrionali), la terapia risulta difficoltosa, in
quanto:
1. le cellule staminali tendevano ad essere poco vitali e anch’esse affette fa malattia degenerativa.
2. Subito dopo il trapianto, si osservavano discinesie, dovute ad innovazione dopaminergica non
uniforme nello striato e da reazione immunitaria
3. Il trapianto richiedeva il trattamento con immunosoppressori
TERAPIA NON SOLO FARMACOLOGICA....
Esercizio fisico: È stato osservato che l’esercizio fisico previene la progressione della patologia.

ANTIDEPRESSIVI
Gli antidepressivi sono farmaci oggi utilizzati anche
per disturbi cronici dell’ansia, come la GAD (disturbo
d’ansia generalizzato), laddove la crisi di ansia acuta
viene trattata con benzodiazepine.
La depressione è un disordine affettivo che, a
differenza dei disturbi del pensiero e del
comportamento, come la schizofrenia, riguarda
l’umore. Rappresenta oggi un disturbo molto diffuso
nella popolazione generale (15% per gli uomini e
30% per le donne)

Sintomatologia:
Area emotivo-affettiva: tristezza, di modalità attivazione, demotivazione, pessimismo, anedonia,
abbassamento dell’autostima, senso di colpa, ideazione suicidaria
Area vegetativa: disturbi del sonno (ipersonica o insonnia), appetito, perdita di desiderio sessuale
Attività psicomotoria: agitazione, rallentamento, eloquio alterato, senso di vuoto mentale
Sfera cognitiva: alterata memoria e capacità di concentrazione

ATTENZIONE: È importante sottolineare che la tristezza è una condizione fisiologica, intrinseca


nella natura umana. La depressione, oltre che da tristezza, è caratterizzata da ulteriori sintomi. La
diagnosi di depressione risulta confermata quando i suddetti sintomi sono osservati per più di due
settimane quando impediscono al paziente di svolgere le normali funzioni sociali ed occupazionali.

Eziologia della depressione:


La depressione potrebbe essere causata da:
• Fattori genetici: un elevato numero di geni risulta coinvolto nella patogenesi della depressione
(malattia poligenica), nel 40-50% dei casi si presenta familiarità
• Fattori ambientali: stress, traumi emozionali, infezioni virali, lutti, condizioni patologiche, farmaci
(che potrebbero determinare una riduzione delle monoamine)
• Condizioni patologiche: Parkinson, ictus, ipotiroidismo, alcuni tumori

Basi biologiche della depressione:Ipotesi monoaminergica


Nata nel 1965, la teoria monoaminergica, afferma che la depressione sarebbe determinata da un
deficit di monoamine nelle aree limbiche del cervello, le quali controllano l’affettività, l’emotività e
l’umore.
Vi sono delle evidenze a favore di questa teoria:
1. la Reserpina, farmaco di origine naturale, blocca il trasportatore vescicolare delle monoamine
VMAT e dunque l’accumulo delle monoamine all’interno delle vescicole in cui sarebbero protette
dalla degradazione. L’inibizione del VMAT determinerà dunque una maggior suscettibilità delle
monoamine, che saranno maggiormente degradate dalle MAO e dalle COMT. Si è osservato che
la Reserpina, un tempo utilizzato come antipertensivo e antipsicotico, proprio per la riduzione
delle monoamine, induceva depressione.
2. Si è inoltre osservato che tutti i farmaci efficaci nella depressione aumentano il tono
monoaminergico (noradrenalina, serotonina e dopamina)
Vi sono anche delle evidenze contrarie a questa ipotesi:
1. Quando si trattano i pazienti con farmaci antidepressivi, l’effetto terapeutico non risulta
immediato, ma si osserva dopo 2-3-4 settimane di trattamento, laddove, invece, l’aumento delle
monoamine si osserva subito. Questa evidenza è osservata in modelli animali, mediante la
microdialisi, tecnica che prevede l’inserimento di una sonda nel cervello, la quale raccoglie un
perfusato cerebrale. All’interno del campione di questi animali da laboratorio, si osserva fin
dalla prima mezz’ora dall’inizio del trattamento con antidepressivi, un aumento delle
monoamine (noradrenalina, serotonina e in parte dopamina), contrastante con la ritardata
azione antidepressiva nell’uomo
2. Amfetamine (induce il rilascio di dopamina e noradrenalina), cocaina (aumenta i livelli
dopamina, ma anche serotonina e noradrenalina), ectstasi (aumenta i livelli di serotonina)
NON sono antidepressivi

I neuroni serotoninergici si trovano


principalmente a livello del nucleo del
rafe [in greco, sutura] dorsale, situata
a livello mediale, dove sono presenti le
suture delle ossa craniche. I neuroni
serotoninergici proiettano ad aree
limbiche quali talamo, ipotalamo,
ippocampo, setto, corteccia frontale,
alcune proiezioni raggiungono il
cervelletto. Il nucleo del rafe ventrale
presenta proiezioni al cervelletto e
proiezioni discendenti che controllano
il dolore, le funzioni sessuali,
l’orgasmo, la motilità intestinale, la
vasocostrizione e la vasodilatazione.
I sintomi “serotoninergici” della
depressione sono dunque legati
all’umore, appetito, sonno, desiderio
sessuale, cognitività e ideazione
suicidaria

I neuroni noradrenergici sono invece


concentrati a livello del locus ceruleus,
dove inviano proiezioni alla corteccia
frontale, ad aree limbiche, al cervelletto e
proiezioni discendenti che controllano la
funzionalità cardiovascolare e la vescica.
I “sintomi noradrenergici” della
depressione sono legati dunque ad una
ridotta attenzione, perdita di interessi,
iniziative e attività psicomotorie

NB: La distinzione tra sintomi serotoninergici e noradrenergici risulta fondamentale per distinguere
le forme di depressione in cui vi è la predominanza degli uni o degli altri, in modo da poter agire
più selettivamente su serotonina o noradrenalina

La dopamina risulta avere invece un ruolo


minore nella patogenesi della depressione

La tabella a sinistra mostra la correlazione tra i


vari sintomi della depressione e l’influenza dei
neurotrasmettitori serotonina, noradrenalina e
dopamina.
•La vigilanza, sembra essere influenzata
principalmente da noradrenalina
•L’attenzione e le funzioni cognitive, sembrano
più influenzate dalla noradrenalinae dalla
serotonina
•Per le attività psicomotorie, un ruolo
predominante è affidato alla dopamina
•Dell’ideazione suicidaria sembra responsabile
invece la serotonina
•Nel dolore diffuso, uno dei primi sintomi
avvertiti dal paziente depresso senza cause
oggettive di dolore, sembra essere coinvolta la
serotonina
•Evitamento, impulsività, aggressività, sonno,
funzioni sessuali, appetito sembrano controllati
da serotonina

CURIOSITÀ: Uno dei sintomi preponderanti della depressione risulta essere la perdita del
desiderio sessuale e l’anedonia. È stato effettuato un esperimento nel 2011, con topi maschi
privati geneticamente delle cellule cerebrali adibite alla sintesi di serotonina. È stato osservato
ce questi topi geneticamente modi cati sviluppavano un eguale interesse sessuale nei confronti
di topi maschi e femmine tentando nel 50% dei casi di accoppiarsi prima con i maschi e
successivamente con le femmine. Se sì iniettava in questi topi maschi un precursore della

fi

serotonina, dopo mezz’ora ritornavano ad accoppiarsi con topi di sesso femminile in via
prioritaria.
Dunque la distinzione di accoppiamento dei sessi sembra essere determinata dalla serotonina.

Nel 50% dei pazienti affetti da depressione si


osserva un iperattività dell’asse ipotalamo-
ipofisi-surrene, dunque un iperproduzione di
glucocorticoidi. Studi in ratti sottoposti a
stress cronico (bagnando lettiera, difficoltà di
accesso al cibo, onde acustiche), hanno
infatti dimostrato che una delle cause
principali di depressione risulta essere lo
stress cronico. La depressione è nel ratto
osservata attraverso alcuni test:
1.Si immerge il ratto in una vaschetta di
acqua, in cui, normalmente dovrebbe
nuotare, in caso di depressione, il ratto si
arrende (l’immobilità motoria è uno dei
sintomi principali di depressione)
2.Il tail suspension test: il ratto si fa
sospendere per la coda mediante una coda, e normalmente dovrebbe dimenarsi. Se non si
dimena, l‘arrendevolezza è indice di depressione
3. Si effettua inoltre sui pazienti il desametasone suppression test: nei soggetti normali, in teoria,
la risposta al desametasone a 24 ore è una riduzione dei tassi di cortisolo, che non si osserva
invece nei pazienti depressi.
I farmaci antidepressivi regolarizzano l’attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.

Oltre alle monoamine inoltre, sembrano implicati nella patogenesi della depressione, altri
neurotrasmettitori, quali ad esempio il glutammato. Ciò è stato dedotto dall’osservazione secondo
cui il blocco del recettore NMDA indotto dalla Ketamina, determina un miglioramento immediato
dei sintomi della depressione.

Teoria neurotrofica
Teoria che associa la depressione ad una caduta dei livelli del BDNF (Brain-derived neurotrophic
factor, fattore neurotrofico di derivazione cerebrale), una neurotrofina cerebrale. Nella depressione
si osservano elevati livelli di corticosteroidi, i quali attivano i propri recettori GR, determinando
l’inibizione del fattore di trascrizione CREB (cAMP response element binding protein) che
normalmente induce l’espressione del BDNF. Dunque l’inibizione del CREB determina una riduzione
di BDNF a livello dell’ippocampo (area limbica che controlla l’affettività). Il BDNF è una
neurotrofina responsabile anche della neurogenesi, cioè della produzione di spine dendritiche e
contatti fra i neuroni, quindi la riduzione di questa neurotrofina determinerà atrofia e perdita di
spine dendritiche e plasticità sinaptica, associate alla sintomatologia depressiva.
La teoria neurotrofica spiega finalmente i lunghi tempi necessari ai farmaci antidepressivi affinché si
osservi l’effetto farmacologico (2-3 settimane dall’inizio del trattamento) perché l’aumento delle
monoamine deve determinare un aumento di BDNF e il ripristino della neurogenesi.

L’immagine a sinistra raffigura dei bottoni


sinaptici, a livello dei quali avviene il
contatto di due neuroni:
Nel caso di uno stato depresso osserviamo
minori arborizzazioni dendritiche (poche
ramificazioni) associata ad una perdita di
contatti sinaptici (atrofia), ridotti livelli di
CREB, di BDNF.
Col trattamento farmacologico si osserva un
aumento dei livelli di monoamine, le quali
determineranno un aumento dei livelli di
BDNF, il quale determinerà un aumento dei
contatti sinaptici, riducendo l’atrofia e
migliorando l’attività cerebrali (osserviamo
più arborizzazioni dendritiche)

CLASSIFICAZIONE DEI FARMACI ANTIDEPRESSIVI


I farmaci antidepressivi sono divisi in farmaci di I e II scelta.
• Farmaci di I scelta: inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI), inibitori selettivi del
reuptake della serotonina e della noradrenalina (SNRI)
• Farmaci di II scelta: antidepressivi triciclici (TCA), inibitori delle MAO (principalmente selettivi
per le MAO-A), antidepressivi atipici (agiscono mediante meccanismi diversi)
• È importante ricordare che questa classificazione non dipende dall’efficacia, in quanto essi sono tutti
egualmente efficaci, ma dal profilo delle reazioni avverse, in quanto i farmaci di prima scelta
risultano meglio tollerati.
• Applicazioni terapeutiche:
- Depressione
- Disturbo d’ansia generalizzato
- Disturbo ossessivo-compulsivo: malattia neuropsichiatrica legata ad una preoccupazione
ricorrente, e comportamenti che cercano di placare la preoccupazione (ad es. lavarsi spesso le
mani, assumere farmaci)
- Disturbo disforico premestruale
- Disturbo di stress post-traumatico: disturbo legato ad un episodio violento come un incidente, un
episodio bellico,un lutto, un’aggressione fisica. Caratterizzato da sintomi quali incubi notturni,
aggressività, forte depressione, suicidio)
- Neuropatie (antidepressivi triciclici): notiamo che le vie monoaminergiche (in particolare
serotoninergica) inviano proiezioni anche al midollo spinale, controllando in maniera inibitoria la
percezione del dolore.
- Anoressia nervosa, bulimia nervosa
- Disturbo da attacco di panico (cronico) e non nell’attacco acuto di panico, in quanto l’effetto
farmacologico si verifica solo dopo 3-4 settimane dall’inizio del trattamento.
INIBITORI SELETTIVI DEL REUPTAKE DELLA SEROTONINA
• Citalopram, Escitalopram (isomero S del Citalopram), Fluoxetina, Fluvoxamina, Paroxetina,
Sertralina
• Farmaci di prima scelta, introdotti in terapia negli anni ‘90
• Meccanismo d’azione: Il neurone serotoninergico produce serotonina, conservandola nelle
vescicole, che, a seguito di depolarizzazione, si fondono al terminale presinaptico e riversano
serotonina nello spazio intersinaptico, che, a questo punto, potrà stimolare i recettori pre e post-

sinaptici. Lo spegnimento del segnale avviene mediante il trasportatore SERT che recupera dallo
spazio intersinaptico la serotonina (e la noradrenalina). Il blocco di questo SERT, mediato dagli
inibitori del reuptake di serotonina, aumenta i livelli del neurotrasmettitore nello spazio
intersinaptico. La serotonina potrà quindi ancora stimolare i propri recettori.
NB: La continua stimolazione dei recettori, dovuta ad un aumento della disponibilità delle
monoamine, potrebbe determinare una desensibilizzazione dei recettori, quali ad esempio il
recettore 5-HT1a presinaptico, che inibisce il rilascio di serotonina, dunque la desensibilizzazione
del recettore potrebbe aumentare i livelli di serotonina, e rappresentare un effetto voluto.

• Selettività: la tabella sopra mostra le selettività di SSRI. Il più selettivo in relazione alla
noradrenalina appare essere l’Escitalopram, la meno selettiva è la Fluoxetina. Ciò non si traduce
in una maggiore o minore efficacia, in quanto anche i livelli di noradrenalina giocano un ruolo
fondamentale nella depressione. In relazione alla dopamina, il più selettivo risulta essere il
Citalopram, la meno selettiva la Fluoxetina.
NB: Si parla di mancata selettività quando il rapporto è circa 1, dunque queste molecole sono tutte
altamente selettive
• Farmacocinetica:

- Emivita: lunga, compatibile con la monosomministrazione giornaliera. In particolare per la


Fluoxetina, è prodotto un metabolita demetilato, la norfluoxetina, con emivita di 19 giorni
(infatti la Fluoxetina è somministrata una volta a settimana.
- L’assorbimento non è influenzato dal cibo
- La sertralina presenta un elevato metabolismo di primo passaggio
- Eliminati principalmente per via renale, paroxetina e sertralina anche per via fecale
- Presentano tutti, ad eccezione della Sertralina, un’elevata biodisponibilità, sono fortemente legati
con le proteine plasmatiche, elevato volume di distribuzione
- Sertralina e Fluoxetina formano rispettivamente N-desmetilsertralina e norfluoxetina, due
metaboliti attivi
• Reazioni avverse:

Sono farmaci caratterizzati da un’ampia finestra terapeutica, ciò rappresenta un aspetto


fondamentale in pazienti depressi, i quali possono avere tendenza suicidaria. In questo modo
quindi, si evita di fornire uno strumento per realizzare il suicidio

-Tratto gastrointestinale: nausea, diarrea, vomito, dispepsia (di solito cessano dopo uno-due
settimane)
- Sfera sessuale: calo del desiderio, orgasmo ritardato, anorgasmia, disfunzione rettile.
- Cefalea, insonnia o ipersonnia
- Anoressia, per paroxetina si osserva aumento ponderale (in pazienti con anoressia risulta essere
utile)
- Reazioni di ipersensibilità

•Un aspetto che influenza negativamente la


compliance del paziente, è il ritardo dell’effetto
farmacologico, che si realizza dopo sole 3-4
settimane dall’inizio del trattamento ( il
massimo si verifica dopo 4-6 settimane), e la
rapida insorgenza degli effetti sinaptici e
collaterali, che si verificano dopo ore/giorni.

• Rispetto ad antidepressivi più vecchi, gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina possono
causare dipendenza fisica. Nel 60% dei pazienti infatti si mostra una sindrome da astinenza alla
cessazione improvvisa della terapia (meno probabile per la Fluoxetina per la sua lunga emivita),
che si manifesta con sintomi molto simili (ma più accentuati) alla depressione.

Sintomi tipici della sindrome da


astinenza da SSRI:
-Effetti “FINISH”:
Flulike = sintomi simil-
influenzali (affaticamento,
letargia, mialgia, mal di testa)
Insomnia= insonnia (disturbi
del sonno, sogni vividi)
Nausea= sintomi
gastrointestinali, vomito, diarrea
Imbalance= squilibrio
(stordimento, vertigini, atassia)
Sensory= disturbi sensoriali
(sensazione paritetica di shock
elettrici agli arti)
Hyperarousal= ipereccitazione
(ansia, agitazione)
NB: Questa sindrome d’astinenza

potrebbe essere determinata da una desensibilizzazione recettoriale

• Come altri antidepressivi, gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina potrebbero
aumentare il rischio di ideazione/comportamento suicidario: questo aspetto è però ancora in fase
di studio
• Negli adulti con più di cinquant’anni, gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina
aumentano il rischio di fratture ossee per cadute od osteoporosi

• Interazioni farmacologiche:
- In associazione con inibitori delle MAO o agonisti serotoninergici possono causare la sindrome
serotoninergica, caratterizzata da tachicardia, diaforesi, midriasi, mioclono, tremore, nistagmo
- Essendo inibitori del CYP2D6, possono aumentare le concentrazioni plasmatiche (e dunque la
tossicità) dei farmaci da essi metabolizzati:antiaritmici, antidepressivi, antipsicotici, beta-
bloccanti, oppioidi, barbiturici, calcio antagonisti.
INIBITORI SELETTIVI DELLA RICAPTAZIONE DELLA SEROTONINA E DELLA NORADRENALINA (SNRI)
Venlafaxina, Desvenlafaxina (isomero S della Venlafaxina), Duloxetina, Milnacipran, Levomilnacipram
(ultimi due non disponibili in Italia)
• Meccanismo d’azione: mediante azione specifica sui trasportatori, aumentano la disponibilità
sinaptica di serotonina e noradrenalina, i quali stimoleranno i propri specifici recettori.
• Essi sono ancora considerati dei farmaci selettivi, in quanto interagiscono solo con trasportatori di
5-HT e NA (a differenza degli antidepressivi triciclici, i quali NON sono selettivi, in quanto oltre a
bloccare i trasportatori di serotonina e noradrenalina, interagiscono anche su alcuni recettori)
• A differenza degli antidepressivi triciclici, hanno scarsa affinità per i recettori coinvolti negli effetti
indesiderati (muscarinico M1, istaminico H1, adrenergico alfa1), dunque hanno una tollerabilità
paragonabile agli antidepressivi “selettivi” (SSRI)
• Presentano un’efficacia paragonabile agli antidepressivi triciclici

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