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TERAPIA DEL MORBO DI PARKINSON

Il morbo di Parkinson
Il morbo Parkinson deve il suo nome a James Parkinson, che caratterizzò per la prima volta la
patologia nel 1817 e la definì “Paralisi Agitante”, sottolineando la sua caratteristica incapacità di
coordinare il movimento e i tremori.
Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dalla perdita di neuroni dopaminergici
della substantia nigra (pars compacta) che proiettano allo striato. La via nigro-striatale partecipa al
controllo del movimento volontario, dunque la sua degenerazione provoca una paralisi agitante
Sintomi motori
Bradicinesia: difficoltà di movimento
Rigidità muscolare
Tremore
Perdità di equilibrio: con andatura festinante (il paziente si trascina, con continua ricerca del
baricentro)
Epidemiologia
• Il Parkinson è il più diffuso disturbo del movimento, la seconda malattia neurodegenerativa dopo
l’Alzheimer
• È la quarta malattia neurologica per diffusione
• Incidenza: due casi su 1000
• Prevalenza: 2/100 per pazienti sopra i 65 anni, destinata ad aumentare con l’invecchiamento
della popolazione
Differenza tra Parkinson e Parkinsonismi
Parkinsonismo: sindrome di cui si conosce una causa specifica, caratterizzata da bradicinesia,
rigidità, tremore e perdita dell’equilibrio
Il morbo di Parkinson è, invece, la forma idiopatica (=di cui non si conosce la causa) del
parkinsonismo.
Possibili cause della patologia
Fattori genetici: familiarità (3%), mutazioni a livello dell’ alfa-sinucleina (proteina il cui misfolding
forma dei precipitati detti “corpi di Lewy”), parkina, PINK-1, DJ-1, LRRK e la glucoocerebrosidasi
Fattori ambientali : Esposizione a sostanze tossiche (defolianti, diserbanti: agente arancio,
paraquat) o idrocarburi-solventi (trielina) e metalli pesanti (ferro, zinco, rame), ictus (determina
ipossia e dunque possibile morte dei neuroni dopaminergici) , farmaci quali antipsicotici
(determinano un’ipoattività della via nigro-striatale) e antiemetici, neurotossine quali la MPTP
(tossica per il neurone dopaminergico, utilizzata in ambito sperimentale per indurre il Parkinson
negli animali da laboratorio e valutare l’efficacia dei farmaci anti-parkinsoniani)
L’esposizione al fumo di sigaretta riduce probabilmente la comparsa della malattia di Parkinson

MTPT (metil-fenil-tetraidro-piridina)
La neurotossina MTPT fu scoperta accidentalmente dallo studente di medicina
Barry Kidston nel 1976, il quale dopo aver cercato di sintetizzare in un laboratorio illegale la
meperidina, iniettando il prodotto ottenuto, fu colpito da Parkinson all’età di 23 anni. L’MPTP è
infatti un contaminante prodotto dalla sintesi illegale di meperidina (o petidina), peptide oppioide
utilizzato come farmaco d’abuso. L’MTPT oltrepassa la barriera ematoencefalica ed entra nei neuroni
(mediante un carrier della DA) e viene ossidato in MPP+ dalle MAOB. L’MPP+ è in grado di
bloccare la fosforilazione ossidativa, causando danno cellulare e morte del neurone dopaminergico,
con possibili parkinsonismi.
Oggi la tossina viene utilizzata per indurre il Parkinson in modelli sperimentali.

Vie dopaminergiche coinvolte nel morbo di Parkinson


La terapia farmacologica del Parkinson è tutt’oggi una cura sintomatica, mirata cioè a curare i
sintomi della patologia. Tutti i farmaci ad oggi utilizzati per il trattamento del Parkinson agiscono a
livello del sistema dopaminergico, in particolare a livello della via nigro-striatale.
I neuroni dopaminergici originano dalla substantia nigra e, proiettano i loro assoni a livello dello
striato (chiamato così perché appare costituito da striature), costituito dal nucleo caudato e dal
putamen.
Sintesi della dopamina
La dopamina è sintetizzata a partire dalla tirosina: per opera della tirosina idrossilasi, la tirosina si
trasforma in L-diidrossifenilalanina (L-DOPA). L’L-DOPA è convertita in dopamina per opera di una
decarbossilasi di aminoacidi aromatici e racchiusa in una vescicola sinaptica da un trasportatore per
le monoamine che sfrutta un gradiente protonico. Il rilascio di dopamina avviene mediante un
esocitosi Ca-dipendente (la depolarizzazione del neurone provoca l’apertura dei canali del Ca2+,
con aumento di calcio intracellulare ed esocitosi calcio-dipendente della dopamina nello spazio
intersinaptico. La dopamina a questo punto si legherà ai suoi recettori presenti a livello della
membrana post-sinaptica: D1-like (D1, D5) e D2-like (D2,D3,D4).
I recettori D-1 like sono recettori di tipo eccitatorio, i quali attivano la fosfolipasi c o l’adenilato
ciclasi
I recettori D2- like sono di tipo inibitorio, accoppiati ad una Gi, la cui attivazione determina la
riduzione dei livelli di adenilato ciclasi.
La funzione di questi due tipi di recettori risulta fondamentale per comprendere il meccanismo
d’azione dei farmaci anti-parkinsonismi, i quali stimolano il sistema dopaminergico soprattutto a
livello della via nigro-striatale.
La via nigro-striatale è, in realtà, parte di un circuito neurale deputato al controllo dei movimenti,
complessivamente denominato “gangli della base”, così chiamati perché si trovano in strutture
molto profonde del cervello. I gangli della base sono costituiti da: striato (costituito dal nucleo
caudato e dal putamen), globo pallido (costituito dal segmento interno e segmento esterno, GPi e
GPe), substantia nigra (costituita da pars reticulata e pars compacta) ed il nucleo sottotalamico.
Costituiscono un arco neurale che modula le informazioni che dalla corteccia motoria raggiungono i
motoneuroni del midollo spinale e controllano il movimento volontario (tra la corteccia motoria e il
motoneurone spinale, le informazioni vengono controllate dai gangli della base)

Lo striato è un’area fondamentale dei gangli della base in quanto rappresenta la prima area
interessata, che cioè, riceve le informazioni dalla corteccia. All’interno dello striato sono contenuti i
neuroni di proiezione GABAergici (i neuroni GABAergici hanno i corpi cellulari nello striato e gli

assoni proiettano ad altre aree del cervello) e interneuroni intrinseci colinergici (non escono dallo
striato, ma controllano l’attività dei neuroni GABAergici).

Lo striato rappresenta dunque la struttura di ingresso delle informazioni della corteccia motoria.
Tutte le aree della corteccia cerebrale inviano proiezioni eccitatorie glutammatergiche a zone
specifiche dello striato.
Lo striato proietta al segmento interno del pallidus attraverso due vie principali, con effetti finali
opposti:
– la via diretta (che collega direttamente striato e segmento interno del globulo pallido) con effetto
finale eccitatorio
– la via indiretta (che collega striato e segmento interno del pallidus passando per il segmento
esterno del pallidus ed il nucleo subtalamico) con effetto finale inibitorio.
Nello specifico:
- Via diretta: la corteccia eccita lo striato (questo una volta eccitato svolge bene il suo compito,
cioè di inibire le due strutture successive), lo
striato eccitato proietta neuroni GABAergici (e
dunque inibisce) al segmento interno del
globo pallido e la pars reticulata della
substantia nigra che a loro volta, essendo
inibiti, non inibiranno più il talamo che
quindi, non essendo inibito, ecciterà la
corteccia motoria, favorendo il movimento.
-Via indiretta: la corteccia eccita lo striato
(caudato e putamen), il quale invia proiezioni
GABAergiche (e dunque inibitorie) al
segmento esterno del globo pallido. Il
segmento esterno inibito, non può inibire il
nucleo subtalamico, il quale eccita l’area
morfo-funzionale comune, il segmento interno
del globulo pallido e la pars reticulata della
substantia nigra
(Nella via diretta questa era l'ultima stazione
prima del talamo, adesso invece ci troviamo
nella condizione diametralmente opposta: cioè prima nella via diretta si vede che lo striato inibisce
l’unità morfo-funzionale comune, invece nella via indiretta, arriviamo ad una condizione in cui
segmento interno e pars reticulata sono eccitati.)
Segmento interno del globo pallido e pars reticulata essendo eccitati, possono inibire il talamo, che
dunque non invierà più informazioni eccitatorie alla corteccia, inibendo il movimento.

La via diretta coinvolge recettori D1, di tipo eccitatorio. Dunque il legame con la dopamina
determina il movimento, carenza di dopamina determina una riduzione della via diretta e dunque
un’inibizione del movimento.
La via indiretta coinvolge recettori D2, di tipo inibitorio. A livello di questa via la dopamina inibisce
la via indiretta e dunque stimola il movimento, una riduzione di dopamina causa una mancata
inibizione della via indiretta, che dunque ibisce il movimento.
Alterazioni a livello dei gangli della base sono responsabili del Parkinson, i cui sintomi sono:
Sintomi motori
• Tremore: che riguarda soprattutto gli arti e si manifesta soprattutto a riposo e meno durante il
movimento volontario
• Bradicinesia: Difficoltà ad iniziare i movimenti, movimenti lenti in quanto il flusso di informazioni
che giunge alla corteccia motoria è ridotto
• Perdita di equilibrio

• Rigidità muscolare
Sintomi non motori
• Disturbi cognitivi e neuropsichiatrici: depressione, apatia, ansia, deficit dell’attenzione, demenza,
confusione, delirio, allucinazioni (le ultime due sono causati dagli stessi farmaci anti-
parkinsoniani che, aumentando i livelli di dopamina determinano un iperattività dopaminergica
mesolimbica causa della schizofrenia)
• Disturbi del sonno: agitazione, sogni vividi, insonnia, eccessiva sonnolenza diurna
• Vegetativi: disturbi urinari, ipotensione ortostatica, disfunzioni sessuali
• Gastrointestinali: costipazione, scialorrea (eccessiva produzione di saliva), disfagia
• Sensitivi: dolore (si sviluppa molto spesso, in circa il 40% dei pazienti affetti da Parkinson),
formicolio, sensazioni di caldo/freddo, disturbi olfattivi
Si dispone di numerosi studi e osservazioni che hanno permesso di individuare interventi
strategie utili per controllare questo tipo di disturbi, per i quali si utilizzano farmaci come
antipsicotici (clozapina e quietapina, in quanto sono meno predisponenti a disturbi
extrapiramidali) e ipnotici.
È difficile trattare questi sintomi non motori, anche perché con la progressione della malattia, gli
stessi farmaci antiparkinson utilizzati provocano questi disturbi.

A sinistra sono evidenziati due cervelli,


uno normale, l’altro affetto da Parkinson.
Notiamo che nel cervello sano la
“substantia nigra” in cui sono presenti i
neuroni dopaminergici, ha un
caratteristico colore scuro.
Nel morbo di Parkinson, a causa della
degenerazione dei neuroni dopaminergici
della substantia nigra e dello striato,
quest’area dal colore scuro non si osserva
più.

Tutti i farmaci ad oggi utilizzati per il


trattamento del Parkinson, ad eccezione
degli anticolinergici, agiscono sul sistema
dopaminergico, aumentando i livelli di
dopamina. Ricordiamo la
neurotrasmissione dopaminergica:
La sintesi della dopamina avviene a partire
dalla tirosina, molecola introdotta con la
dieta la quale passa la BEE tramite un
trasportatore per gli aminoacidi aromatici.
La tirosina viene diidrossilata a
diidrossifenilalanina (L-DOPA) ad opera
della tirosina-idrossilasi. La L-DOPA
(utilizzata anche come farmaco esogeno)
viene convertita in dopamina tramite una
dopa-decarbossilasi (o decarbossilasi degli

aminoacidi aromatici), un enzima aspecifico. La dopamina una volta sintetizzata, viene trasportata
in una vescicola da un trasportatore vescicolare delle monoamine, il quale sfrutta un gradiente
protonico creato da una pompa protonica presente a livello vescicolare. L’immagazinamento della
dopamina nelle vescicole evita che esse venga degradata dalle MOA (presenti a livello
mitocondriale) dalle COMT ( associate alla membrana o libere nel citoplasma). Il rilascio di
dopamina avviene mediante un meccanismo di esocitosi calcio-dipendente, che determina lo
svuotamento della vescicola nello spazio intersinaptico. La dopamina si legherà quindi ai suoi
recettori D-1 like (eccitatori, post-sinaptici, associati a una Gq o Gs, determinano la stimolazione
della fosfolipasi c o dell’adenilato ciclasi) e D-2 like (inibitori, pre e post-sinaptici, associati a una
Gi, determinano l’inibizione dell’adenilato ciclasi, l’inibizione presinaptica dei canali del Ca2+ e
l’attivazione post-sinaptica dei canali del K+)
Curiosità: Inizialmente la dopamina era considerata un precursore della noradrenalina, soltanto nel
1960 venne riconosciuto come vero e proprio neurotrasmettitore (ricordiamo infatti che in un
neurone noradrenergico, l’enzima dopamina beta-idrossilasi converte la dopamina in
noradrenalina).
FARMACI ANTIPARKINSONIANI
• Precursori della dopamina: l’aumento della disponibilità dei precursori aumenta la sintesi di
dopamina
• Inibitori della dopa-decarbossilasi periferica: enzima che trasforma la L-DOPA in dopamina. La
dopa-decarbossilasi, oltre ad essere presente nel neurone, è presente anche a livello intestinale.
L’assunzione di L-DOPA senza inibitore della dopa-decarbossilasi periferica, determinerà a livello
intestinale la trasformazione della L-DOPA in dopamina. Ciò causerà reazioni avverse a livello
periferico (ipotensione e nausea) e non attraverserà la BEE. Dunque a livello periferico la
trasformazione della L-DOPA in dopamina non farà altro che ridurre la disponibilità del farmaco a
livello cerebrale.
• Agonisti della dopamina: stimolano i recettori dopaminergici, soprattutto i D2
• Inibitori del reuptake della dopamina: in questo modo la dopamina rimarrà per più tempo nello
spazio intersinaptico
• Inibitori delle MAO-B (MAO-A =più selettive per la noradrenalina e per la serotonina, MAO-B =
più selettive per la dopamina ed espresse soprattutto a livello dello striato): bloccano la
degradazione della dopamina
• Inibitori delle COMT: bloccano la degradazione della dopamina
• Anticolinergici: unica classe di farmaci che non agiscono a livello della neurotrasmissione
dopaminergica. A livello dello striato sono presenti neuroni di proiezioni GABAergiche e
interneuroni intrinseci colinergici (che non escono dallo striato ma inibiscono i neuroni di
proiezione GABAergici). Nel Parkinson si evidenzia un’iperattività di questi neuroni e dunque la
loro inibizione mediata da anticolinergici riduce il blocco dei neuroni GABAergici dello striato,
migliorando l’attività dei gangli della base.
L-DOPA
• Rappresenta il farmaco più importante nel trattamento del Parkinson
• Precursore della dopamina che raggiunge il cervello tramite un trasportatore degli aminoacidi
aromatici e viene rapidamente convertita a dopamina dalle decarbossilasi presenti nelle
terminazioni pre-sinaptiche dei neuroni dopaminergici a livello striatale.
• La somministrazione di L-DOPA esogena determina un aumento dei livelli di dopamina cerebrale
(ridotta nei pazienti affetti da Parkinson). L’aumento della dopamina riduce la rigidità, la
bradicinesia, il tremore e i disturbi posturali. Soprattutto inizialmente si verifica un recupero quasi
totale dei sintomi motori tipici della malattia.
• Limitazioni: con il tempo il farmaco perde di efficacia e acquisisce molte reazioni avverse. Alcuni
studi dimostrano che la L-DOPA aumenti essa stessa la degenerazione dei neuroni dopaminergici,
in quanto il metabolismo della dopamina provoca la formazione dei ROS, che provoca stress
ossidativo e morte neuronale.

• Indicazioni: Vi sono opinioni divergenti sul tempo più idoneo per introdurlo in terapia in quanto:
1. Si può verificare una perdita dell’effetto sul deficit dopaminergico e sul controllo motorio
(dunque in un ulteriore peggioramento della malattia non avremmo un farmaco efficace da
somministrare)
2. Il farmaco potrebbe favorire la progressione della malattia
La terapia andrebbe iniziata con basse dosi in presenza di sintomi debilitanti per poi aumentare
gradualmente in base alla risposta clinica e alla comparsa di reazioni avverse
Si usa in associazione con inibitori della DOPA decarbossilasi periferica (carbidopa, benserazide) per
ridurre gli effetti periferici della dopamina e per aumentare la disponibilità a livello cerebrale:
- Carbidopa/levodopa (1:4 o 1:10)
- Benserazide/Levodopa (1:4)

Se la L-DOPA fosse somministrata da sola, essa a livello intestinale, sarebbe convertita in dopamina.
Quest’ultima, tuttavia, non oltrepassa la BEE e non esplica effetti a livello centrale. La carbidopa
permette invece di inibire la dopa decarbossilasi periferica, aumentando la quota di L-DOPA che,
oltrepassando la barriera ematoencefalica, riesce a trasformarsi in dopamina e agire a livello

cerebrale. Inoltre la dopamina a livello periferico sarebbe responsabile di numerose reazioni


avverse: nausea, vomito e ipotensione (per stimolazione da parte della dopamina della zona
chemorecettrice del vomito, situata al di fuori della BEE)
ATTENZIONE: La benserazide/carbidopa NON penetrano a livello cerebrale, ciò rappresenta un
vantaggio, in quanto l’inibizione della dopa-decarbossilasi cerebrale, non permetterebbe la
conversione della levodopa (profarmaco) in dopamina e dunque il farmaco non avrebbe alcun
effetto farmacologico.

L’associazione con gli inibitori della dopa-decarbossilasi permette dunque di ridurre la dose di
levodopa da somministrare del 75%, riduce l’incidenza delle reazioni avverse, riduce le fluttuazioni
nella risposta (l’effetto terapeutico non è continuo)
NB: La coassunzione di piridossina riduce l’effetto farmacologico di levodopa/carbidopa o
levodopa/benserazide, in quanto, stimola l’azione della dopa-decarbossilasi periferica
Emivita: bassa, 3 ore, deve essere somministrata due-tre volte al giorno
• Farmacocinetica dell’L-DOPA:
-Buon assorbimento gastrointestinale, per la presenza di un trasportatore attivo per gli aminoacidi
aromatici (presente sia a livello intestinale che a livello della BEE, dunque permette sia
l’assorbimento del farmaco che il raggiungimento nel sito d’azione.
- Deve essere somministrato lontano dai pasti , in quanto gli aminoacidi presenti nella dieta
possono competere con la levodopa a livello dello stesso trasportatore intestinale
- Concentrazioni ematiche massime: 30 minuti-2 ore
- Emivita: 1-3 ore
- Presenta un elevato metabolismo:in assenza di inibitori della dopa decarbossilasi periferica, solo
l’1% raggiunge il sistema nervoso centrale
- Escrezione renale
• Interazioni:
L’assorbimento può essere ridotto da
- ferro:si riduce del 50%, con formazione di chelati a livello gastrointestinale
- aminoacidi neutri provenienti dalle proteine del pasto: isoleucina, leucina, valina, fenilalanina,
meteonina, triptofano e tirosina. Essi competono con la L-DOPA per i trasportatori specifici (sia
intestinali che nella barriera ematoencefalica), dunque la somministrazione del farmaco deve
essere effettuata lontano dai pasti
- Interazioni con vitamina B6: essendo un cofattore della dopa-decarbossilasi, ne aumenta
l’attività, aumentando il metabolismo della L-DOPA
- L’associazione con MAO-inibitori determina crisi ipertensive: L’L-DOPA, oltre ad essere precursore
della dopamina, è anche un precursore di noradrenalina e adrenalina. Il blocco delle MAO,
enzimi responsabili del metabolismo delle catecolamine, determinerà un aumento dell’attività
simpatica e dunque crisi ipertensive.
• Reazioni avverse:
- Disturbi gastrointestinali (dovuti alla dopamina a livello periferico): anoressia, nausea, vomito
- Ipotensione ortostatica
- Aritmie (tachicardia, extrasistoli atriali e ventricolari, fibrillazione atriale ), in quanto la
dopamina, anche se con minore affinità, agisce anche sul recettore β-1 adrenergico.
- Depressione, ansia, agitazione, psicosi: l’aumento della dopamina se a livello nigrostriatale è
responsabile dell’effetto terapeutico, a livello mesolimbico è causa dei disturbi psicotici. La
depressione può essere anche data dalla morte non solo di neuroni dopaminergici (condizione
che col tempo può essere peggiorata dall’L-DOPA) ma anche serotoninergici o noradrenergici.
- Disturbo del controllo degli impulsi (comportamenti compulsivi, attaccamento al gioco,
ipersessualità): la dopamina è il neurotrasmettitore della gratificazione (atteggiamenti che ci
provocano piacere), l’aumento di dopamina determina un disturbo di gratificazione
• Vantaggi:
- È il più potente farmaco antiparkinsoniano

- Più dell’85% dei pazienti rispondono al trattamento


Riduce tutti i sintomi, preservando la capacità di ottemperare i compiti della quotidianità
• Svantaggi:
- Effetti collaterali nella maggior parte dei pazienti
- Discinesia, fluttuazioni motorie, confusione, psicosi
- Non è in grado di migliorare i disturbi della postura, le disfunzioni autonomiche e demenza (non
corregge i sintomi non motori, tra i sintomi motori non sembra migliorare la perdita di equilibrio)
- Gli effetti si osservano solo per 3-4 anni di terapia.
- In teoria potrebbe addirittura accelerare la progressione.
• Problemi terapeutici legati all’uso prolungato di L-DOPA:
Fluttuazioni delle prestazioni motorie: si verifica riduzione di effetto da inizio e/o fine dose
(wearing off)
Fenomeno on-off: si verifica un oscillazione tra controllo e non controllo dei sintomi motori,
dovuto ad un minor disponibilità di levodopa a fine dose (quando il picco scende).
Ipercinesie o discinesie (80% dei pazienti trattati per lunghi periodi):
- Discinesie monofasiche associate al picco
- Discinesie bifasiche da inizio e/o fine dose
Il picco di levodopa causa discinesie o ipercinesie, cioè contrazioni involontarie.
Osserviamo nel grafico a sinistra
che la levodopa subisce una fase di
assorbimento (aumento della
concentrazione plasmatica fino al
picco). Successivamente, essendo il
farmaco a bassa emivita, la
concentrazione plasmatica decresce
velocemente, fino a raggiungere
una bassa Cp (fase off), quando
invece la concentrazione risulta
elevata si verifica la risposta
motoria. Con il trattamento
prolungato osserviamo che questa
fase on si riduce sempre di più, la
fase on invece aumenta, dunque il
controllo del movimento si riduce
nettamente. Inoltre in
corrispondenza del picco, si
osservano le discinesie, movimenti involontari che interessano singoli segmenti (soprattutto gli arti
superiori) o il corpo diffusamente.
Riduzione di efficacia: riduzione della fase on

Negli stadi iniziali della patologia la risposta


motoria risulta essere indipendente dal picco e
dal decadimento della concentrazione
plasmatica, in quanto il neurone è ancora in
grado di immagazzinare dopamina e recuperarla
attraverso il reuptake. Con l’avanzare della
malattia e dunque della degenerazione
neuronale, la risposta motoria oscillerà in
corrispondenza della concentrazione plasmatica
di farmaco e, in corrispondenza dei picchi si
osserveranno le discinesie

Proprio per queste problematiche, si discute del tempo più adatto all’inserimento in terapia del
farmaco e sono state adoperate formulazioni a lento rilascio.
Strategie di ottimizzazione farmacocinetica:

•Formulazioni a lento
rilascio:
-Levodopa+Benserazide
- Levodopa+Carbidopa
•Formulazioni liquide
(che facilitano
l’assorbimento, in
quanto eliminano il
tempo necessario alla
disgregazione della
compressa a livello
gastrico, riducendo
quindi il mancato
controllo motorio da
inizio dose):
-Levodopa+
Benserazide

- Levodopa metilestere+Carbidopa
• Formulazioni in associazione:
- Levodopa+Carbidopa+Entacapone (inibitore delle COMT)
L’associazione con l’aggiunta di un inibitore delle COMT risulta essere vantaggiosa in quanto la
Levodopa, quando le dopa-decarbossilasi sono bloccate, è metabolizzata dalle COMT periferiche e
cerebrali, le quali trasformano la Levodopa in 3-O-metildopa (inerte), riducendo i livelli di
Levodopa che raggiungono il cervello e dunque l’efficacia terapeutica. Vengono in questo modo,
ridotte le fluttuazioni di levodopa nel sangue
NB: L’Entacapone, a differenza della carbidopa e della benserazide, attraversa la BEE, inibendo
anche le COMT cerebrali, che in questo modo non degradano la dopamina a livello centrale.

AGONISTI DELLA DOPAMINA


1. Derivati della segale cornuta (segale viene infestata dal fungo Claviceps purpurea e forma degli
speroni): Bromocriptina, Pergolide (usati di rado perché cardiotossici)

2. Derivati non ergolinici: Pramipexolo, Ropinirolo, Apomorfina (quest’ultima ha un utilizzo


limitato: somministrato per via parenterale, serve a sbloccare il paziente in fase off)
Derivati ergolinici
Bromocriptina
• È un agonista dei recettori D2 e antagonista dei recettori D1
• Farmacocinetica:
- Assorbita a livello gastrointestinale
- Picco plasmatico in 1-2 ore
- Metabolizzata dal fegato
- Escreta nella urine, nella bile e nelle feci
- Emivita: 6-8 ore
Pergolide
• E un agonista D2 e D1
• Farmacocinetica:
- Rapidamente assorbito a livello gastrointestinale
- Elevato legame con le proteine plasmatiche metabolizzato dal metabolismo di primo passaggio
Epatico escreto per il 50% con le urine al 50% con le feci
- Non più disponibile negli Stati Uniti per rischio di valvulopatie cardiache

Tutti i derivati dell’ergot sono associati a rischio di valvulopatie cardiache sono dovute a fenomeni
di fibrosi, che riducono l’elasticità delle valvole e dunque l’efficienza del cuore.
• Reazioni avverse: Ipotensione ortostatica, nausea, discinesie, psicosi (comuni a tutti gli agonisti)

Derivati non ergolinici


• Farmaci ben tollerati, che non sviluppano un elevato rischio di reazioni avverse
Pramipexolo
• Agonista selettivo D2 e D3
• Migliora la sintomatologia affettiva
• Farmacocinetica:
- Buon assorbimento orale
- Legame alle proteine plasmatiche per il 20%
- Scarsamente metabolizzato
- Escreto immodificato con le urine
- Emivita: 8-14 ore (monosomministrazione giornaliera)
• Attacchi di sonno diurni
Ropinirolo
• Agonista selettivo D2
• Farmacocinetica:
- Ampiamente metabolizzato a livello epatico (CYP1A2)
- Emivita: 6 ore (da somministrare tre volte al giorno)
- È stata sviluppata una formulazione retard che permette la monosomministrazione giornaliera

Indicazioni degli agonisti dopaminergici orali:


1. Negli stadi iniziali della malattia in monoterapia
- Per una stimolazione dei recettori dopaminergici più continua e fisiologica, in modo da ritardare
l’introduzione in terapia della L-DOPA e dunque gli effetti collaterali ad essa associati
(fluttuazioni motorie, discinesia)
2. Negli stadi più in più avanzati della malattia, in associazione alla L-DOPA (in quanto sono meno
efficaci della Levodopa):
- Permette di ridurre la dose globale giornaliera di L-DOPA, riducendo così la fluttuazione della
risposta motoria alla L-DOPA

Nuovo agonista della dopamina:


ROTIGOTINA
• Nuovo agonista dopaminergica non ergolinico
• Agonista dei recettori D1 e D2, strutturalmente simile alla dopamina
• Presenta maggiore liposolubilità rispetto agli altri agonisti
• Può essere somministrata per via transdermica, con completo assorbimento cutaneo: cerotto
transdermico con rilascio costante e graduale per 24 ore.
• Reazioni avverse: possibili reazioni di ipersensibilità nel sito di applicazione
• Risulta efficace anche nella sindrome delle gambe senza riposo (necessità di muovere
ritmicamente le gambe, soprattutto durante le ore notturne)

APOMORFINA
• Somministrato per via parenterale (via sottocutanea)
• Agonista dopaminergico con elevata affinità per i recettori D4 e minore per D2, D3 e D5
• Presenta rapida insorgenza d’azione e breve durata dell’effetto (45-90 min), dunque presenta un
utilizzo limitato
• Indicazioni:
Utilizzato negli stadi avanzati della malattia, in associazione all’L-DOPA, in quanto permette un
rapido sblocco in pazienti con importanti fasi off
Efficace nelle fluttuazioni severe, resistenti alla terapia con levo DOPA e agonisti dopaminergici
orali
• Reazioni avverse: nausea, vomito (emetico, attiva i recettori D2 a livello della zona
chemorecettrice del vomito), ipotensione (stimola i recettori dopaminergici periferici),
allungamento del tratto QT

Essendo un emetico, viene usata in associazione con un antiemetico, il Donperidone (antagonista


dei recettori D2 periferici, non oltrepassa la barriera ematoencefalica, dunque non blocca l’effetto
della dopamina a livello centrale)

Effetti collaterali degli agonisti dopaminergici:


Sono ben tollerati, meglio con un incremento ponderato delle dosi
Nausea e vomito (meno durante i pasti), ipotensione ortostatica, aritmie, psicosi (più gravi che con
la L-DOPA), attaccamento al gioco, convulsioni, ipersessualità, fibrosi cardiaca (solo per i derivati
dell’ergot)
Vantaggi degli agonisti dopaminergici:
- Discreta efficacia antiparkinson
- Maggiore durata d’azione rispetto alla L-DOPA
- Ridotta incidenza degli effetti collaterali della Levodopa
- Stimolazione selettiva di sottotipi recettoriali della dopamina (a differenza dell’L-DOPA che,
convertita in dopamina, stimola tutti i recettori dopaminergici)
- Non producono stress ossidativo, con potenziali benefici di tipo neuroprotettivo
- Rallentano l’immissione in terapia della L-DOPA
Svantaggi degli agonisti dopaminergici:
- Efficacia limitata nel tempo. Inoltre, con il progredire della degenerazione dei neuroni
dopaminergici, si riducono anche i recettori ad essi associati, che non potranno più legare gli
agonisti
- Effetti collaterali non motori e simili a quelli della L-DOPA: psicosi, attaccamento al gioco,
incapacità di controllare gli impulsi

- Non sono in grado di migliorare il freezing (immobilità motoria), i disturbi della postura, le
disfunzioni autonomiche e demenza (così come la Levodopa, non agiscono sui sintomi non
motori)

AMANTADINA
• È un farmaco con molteplici meccanismi d’azione, ma con un uso limitato alla fase iniziale o in
associazione, in quanto risulta essere meno efficace della L-DOPA
• Meccanismo d’azione:
1. Aumenta il rilascio ed inibisce la ricaptazione della dopamina
2. Inibisce la trasmissione colinergica (azione antimuscarinica): ricordiamo che gli interneuroni
colinergici nello striato inibiscono i neuroni GABAergici di proiezione.
3. È un antagonista non competitivo dei recettori NMDA del glutammato, responsabile delle
discinesie (in questo modo blocca le discinesie date dalla Levodopa)
4. Antagonizza i recettori A2 dell’adenosina, inibitori del rilascio della dopamina, e dunque
l’inibizione di questi recettori aumenta i livelli di dopamina
• Indicazioni:
1. Negli stadi iniziali della malattia, in monoterapia o associato a basse dosi di L-DOPA:
- Presenta una blanda azione sintomatica (l’effetto si esaurisce dopo qualche settimana)
- Probabile effetto neuroprotettivo, in quanto il blocco dei recettori NMDA riduce l’eccitotossicità e
dunque riduce la morte dei neuroni nella substantia nigra
2. Negli stadi avanzati della malattia, in associazione alla L-DOPA:
- Contrasta l’attività discinetica della L-DOPA, sfruttando le proprietà di antagonista del
glutammato
• Farmacocinetica:
- Buon assorbimento per via orale
- Concentrazione plasmatiche massime in 1-4 ore
- Escrezione renale (farmaco immodificato),dunque si rende necessaria una diminuzione del
dosaggio in presenza di insufficienza renale
• Reazioni avverse:
- Sistema nervoso centrale: letargia, ad elevate dosi si verifica irrequietezza, depressione,
allucinazioni, psicosi (allo stesso modo della Ketamina, il blocco dei recettori NMDA, determina
psicosi)
- Gastrointestinali: anoressia, nausea (dato dall’aumento di dopamina), stipsi, xerostomia (dati dal
blocco colinergico)
- Altre: edema periferico, cefalea, ipotensione, insufficienza cardiaca
- Sconsigliato nei pazienti con insufficienza renale, in quanto si verificherebbe una riduzione della
clereance

- Può inoltre determinare diverse affezioni


dermatologiche su base allergica, tra cui il Livedo
reticularis, caratterizzata da una colorazione purpurea
cianotica della pelle ad andamento reticolare.
Regredisce dopo un mese dalla sospensione del
farmaco

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