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Corso di Laurea: LETTERATURA, MUSICA E SPETTACOLO

Insegnamento: LETTERATURA INGLESE


Lezione n°: 83
Titolo: Dryden e la poesia del tardo Seicento. 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Dryden e la poesia del tardo


Seicento. 1

© 2007 Università degli studi e-Campus - Via Isimbardi 10 - 22060 Novedrate (CO) - C.F. 08549051004
Tel: 031/7942500-7942505 Fax: 031/7942501 - info@uniecampus.it
Corso di Laurea: LETTERATURA, MUSICA E SPETTACOLO
Insegnamento: LETTERATURA INGLESE
Lezione n°: 83
Titolo: Dryden e la poesia del tardo Seicento. 1
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere
Dryden e la poesia del tardo Seicento. 1

La poesia dell'età della Restaurazione è dominata da una figura in particolare: John


Dryden (1631-1700). Per illustrare la personalità e la produzione di questo autore di
primo piano nel panorama culturale inglese di fine Seicento, e per dar conto – almeno
a grandi linee – dei principali orientamenti seguiti dalla poesia, in Inghilterra,
nell’ultima parte del XVII secolo, ci affideremo alla ricostruzione chiara e completa di
Laura Bandiera (nel già citato Manuale di Letteratura e cultura inglese, pp. 130-132).
Dryden, che fu autore di composizioni celebrative e satiriche, traduttore e critico oltre
che drammaturgo, racchiude in sé al meglio le tendenze poetiche dominanti di questa
età che non conosce la lirica, sia amorosa che religiosa, e che mira a una sorta di
impersonalità sul piano dello stile. L'equilibrio, il decoro, la disciplina artistica furono gli
ideali che Dryden perseguì, realizzò e tramandò.
Indicato, già dal Johnson delle Lives of the English Poets (1779-81), come il “padre
della critica inglese”, Dryden non fu infatti soltanto un vero poeta: fu il teorico del
nascente neoclassicismo, colui che, nelle tante prefazioni e dediche che accompagnano
i suoi lavori, disciplinò il campo delle lettere.

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Insegnamento: LETTERATURA INGLESE
Lezione n°: 83
Titolo: Dryden e la poesia del tardo Seicento. 1
Attività n°: 1

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Dryden e la poesia del tardo Seicento. 1

Dryden tuttavia non si lasciò condizionare dagli imperativi da lui stesso riaffermati a
livello teorico e di principio. Nella pratica, seppe interpretarli alla luce delle esigenze
espressive del presente, facendo tesoro della ricchezza del passato, di quello
classico come di quello nazionale. Dryden fu un appassionato lettore degli autori
antichi e, in particolare, dei latini, ma non fu fautore di un classicismo nostalgico.
Piuttosto, rivitalizzò la lezione dei classici, prendendoli a modello di quella
correttezza e proprietà di linguaggio che sentiva indispensabili all'arte di un poeta
moderno (e, come tale, verrà infatti classificato in The Battle of the Books, il
contributo che nel 1704 Jonathan Swift dedica alla querelle des anciens et des
modernes ).
Centrale, nella visione così come nella pratica poetica di Dryden, è il concetto di
refinement, la costruzione rifinita e ordinata. Della tradizione letteraria inglese, di
cui fra i primi ebbe un senso vivissimo, Dryden si reputò erede tardo, e quindi più
maturo. E, in sintonia col mutato clima culturale, si adoperò a regolarizzare quanto,
nei pur ammirati predecessori (Chaucer, Spenser, Shakespeare o Jonson), gli parve
genialità indisciplinata. Il decoro poetico riveste infatti molta importanza agli occhi
di Dryden che, di contro all'eterogeneità espressiva propria della poesia metafisica
(e non solo), propone e persegue un ideale di separatezza degli stili.
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Insegnamento: LETTERATURA INGLESE
Lezione n°: 83/S1
Titolo: Dryden e la poesia del tardo Seicento. 2
Attività n°: 1

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Dryden e la poesia del tardo


Seicento. 2

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Lezione n°: 83/S1
Titolo: Dryden e la poesia del tardo Seicento. 2
Attività n°: 1

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Dryden e la poesia del tardo Seicento. 2

Non meno importante fu per Dryden il principio del restraint, il controllo, la misura,
invocato fra l'altro in difesa dell'heroic couplet, il decasillabo a rima baciata che
arrivò a padroneggiare magistralmente racchiudendo nel distico, con scioltezza e
vigore, una frase di senso compiuto.
Circa la scelta di privilegiare questa forma metrica, si fa usualmente notare che per
Dryden contarono molto anche i modelli offerti dalla contemporanea letteratura
francese, la cui produzione in ambito poetico, teatrale e critico trovò in lui un
attento osservatore.
Dryden, tuttavia, non si rappresentò come un innovatore; al contrario, cercò
precursori nel passato anche recente, identificando i "two fathers of our English
poetry", i padri della poesia inglese, in figure attive negli anni '40 (Discourse on
Satire, 1693): l'aggraziato ma superficiale Edmund Waller (1606-1687); e John
Denham (1615-1669), autore di Cooper’s Hill, un poema topografico (in 4 versioni,
di cui la prima uscita nel 1642) che, già nella Preface to The Rival Ladies (1664),
Dryden consacra a modello di esattezza nello scrivere.

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Insegnamento: LETTERATURA INGLESE
Lezione n°: 83/S1
Titolo: Dryden e la poesia del tardo Seicento. 2
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere
Dryden e la poesia del tardo Seicento. 2

Alexandre Pope prima (in The First Epistle of the Second Book of Horace Imitated,
vv. 267-269), e Samuel Johnson poi (Life of Dryden, 1779), recepiranno questo suo
giudizio, senza mancare, comunque, di mettere in luce il ruolo decisivo ricoperto da
Dryden stesso nel promuovere e consolidare la nuova maniera poetica, "the new
versification, as it was so called" (Johnson, il nuovo modo di versificare, come
veniva chiamato).
Gli anni '60 videro Dryden impegnato nella produzione di una poesia d'occasione
densa di figure nobilitanti, tesa a celebrare la restaurazione della monarchia e i
mutamenti storici e culturali favoriti dal ritorno della legalità. Nonostante l'omaggio
che, con Heroique Stanzas (1659), rese al defunto Cromwell, Dryden fu infatti
profondamente devoto alla dinastia degli Stuart e, da poeta, intervenne, oltre che a
solennizzare gli eventi, a interpretare la contemporaneità politica in funzione
monarchica, tessendo abili paralleli fra essa e la storia sia pagana che biblica.
In Astrea Redux (1660), Carlo II è il "great Augustus" il quale, subentrato ora come
allora, ai disordini della guerra civile, è destinato a promuovere la rinascita delle arti
e la crescita del sapere.

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Insegnamento: LETTERATURA INGLESE
Lezione n°: 83/S2
Titolo: Dryden e la poesia del tardo Seicento. 3
Attività n°: 1

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Dryden e la poesia del tardo


Seicento. 3

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Titolo: Dryden e la poesia del tardo Seicento. 3
Attività n°: 1

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Dryden e la poesia del tardo Seicento. 3

In Annus Mirabilis (1667) – lungo poema in quartine sulla seconda guerra contro
l'Olanda (1665-1667) e l'incendio che nel 1666 devastò Londra – il Great Fire è
biblicamente letto come il giusto castigo inflitto da Dio a un popolo macchiatosi di
ribellione contro l'autorità sovrana: una prospettiva che, polemicamente, si richiama
a quella della parte avversa, che vedeva, invece, la punizione divina diretta contro la
corte immorale. Il poema si schiude quindi alla visione gloriosa del sorgere
imminente di “a City of more precious mold”, una città di grana più preziosa,
destinata a divenire il superbo epicentro del commercio mondiale (vv. 1177-1188).
Nominato Poeta Laureato nel 1668 Dryden, nel decennio successivo, si dedicherà
soprattutto al teatro, per tornare alla poesia negli anni '80, periodo che vede la
realizzazione dei suoi capolavori, i componimenti satirici Absalom and Achitophel
(1681), Mac Flecknoe (1682, ma circolante già dal 1678-1679), e la meno riuscita
The Medal (1682). Limato, affinato e depurato d'ogni ridondanza, lo stile aulico dei
panegirici degli anni '60 viene ora impiegato per irridere e punire: in Mac Flecknoe, i
cattivi letterati (nella fattispecie, il poeta e drammaturgo Thomas Shadwell, suo
rivale nelle lettere e avversario politico). Il conte di Shaftesbury, e il partito dei Whigs
da lui capeggiato, in The Medal e Absalom and Achitophel.

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Titolo: Dryden e la poesia del tardo Seicento. 3
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere
Dryden e la poesia del tardo Seicento. 3

Interessante, in particolare, quest'ultimo poema che magistralmente adombra


vicende contemporanee dietro la veste di quelle bibliche che pretende di narrare.
Dryden vuole che venga ricordato il tradimento perpetrato dal figlio illegittimo di
Carlo II, il duca di Monmouth, e dal suo complice, il conte di Shafyesbuty: vale a dire
il tentativo da loro messo in atto di escludere dalla successione il legittimo, ma
cattolico, erede al trono, il duca di York (il futuro James II, Giacomo II). Il poema si
basa sull’episodio biblico della ribellione di Assalonne contro il padre David, ed è a un
tempo un racconto a chiave e una ironica presa in giro dell’abitudine dei protestanti
di citare precedenti biblici a sostegno delle proprie posizioni. Forte in questo poema
è anche l'influenza esercitata dal Paradise Lost. Tramite inconfondibili allusioni,
Achitophel/Shaftesbury viene identificato col Satana miltoniano. Shaftesbury è
rappresentato come il diabolico tentatore che porta alla rovina l’ingenuo
Monmouth/Absalom, inducendolo a un atto di ribellione equiparato alla rivolta degli
angeli celesti. Il poema si chiude con una ponderata dichiarazione d’intenti da parte
di David, una sorta di addolorata denuncia, di accorata difesa delle prerogative
monarchiche e di riaffermazione della necessità di un equilibrio fra i poteri
costituzionali.
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Insegnamento: LETTERATURA INGLESE
Lezione n°: 83/S3
Titolo: Dryden e la poesia del tardo Seicento. 4
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Dryden e la poesia del tardo


Seicento. 4

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Lezione n°: 83/S3
Titolo: Dryden e la poesia del tardo Seicento. 4
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

Dryden e la poesia del tardo Seicento. 4

Dryden dedicherà alla poesia altri contributi di rilievo: l'epistola Religio Laici; or, A
Laymas Faith (1682) e l'assai più complessa, ma forse meno riuscita, favola
allegorica The Hind and the Panther (1687). Entrambe, in uno “stile medio” che
rasenta l'asciuttezza della prosa, sono una difesa pubblica dell’autorità della Chiesa.
Nel primo poema la Chiesa Anglicana difende serenemente la “pace comune” dagli
attacchi di deisti, “dissenters” e cattolici. L’opera si apre con una immagine a effetto,
quella della ragione umana nelle vesti di una luna che con la sua luce fioca rischiara
l’anima ottenebrata.
Raggiungono, viceversa, splendori quasi barocchi le odi pindariche, fra cui To Anne
Killigrew (1686), Song for St. Cecilias Day (1687), Alexander's Feast (1697):
componimenti che contribuirono all’affermarsi della moda della irregolarità nelle
strofe e nei versi, sul modello dell’ode pindarica del poeta metafisico Abraham
Cowley (1618-1667). Nell’ultimo decennio della sua vita, Dryden si dedica alle
traduzioni. Pubblica innanzi tutto le sue versioni dell’intera opera di Virgilio (uscite in
volume nel 1697): un lavoro che mette in luce la densità raggiunta dal linguaggio
poetico di Dryden, maturato anche alla luce della lezione del grande poeta latino, da
lui fra tutti il più amato e seguito. Raccoglie, quindi, in un libro intitolato Fables,
poesie originali, traduzioni di Omero, Ovidio, Boccaccio e Chaucer. Opere in cui
tornano a manifestarsi questioni centrali e ricorrenti in tutta la sua poesia: riflessioni
sul rapporto tra l’intellettuale e i detentori del potere, sulla natura stessa del potere e
sulla sua legittimità.
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Attività n°: 1

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Samuel Butler – John Wilmot. 1

Il clima razionalistico, le non spente passioni e animosità politiche, il neoclassicismo


letterario, la stessa dissolutezza dei costumi della corte e del re Carlo II avrebbero
indirizzato, da un certo momento in poi, la poesia della Restaurazione soprattutto
verso la satira.
Si serve del burlesco Samuel Butler (1612-1680) che, con Hudibras (1663, 1664,
1678), stravolge i codici del romanzo cavalleresco alla maniera del Don Chisciotte di
Cervantes, per attaccare l'etica puritana incarnata dal pedante e ipocrita cavaliere
presbiteriano Hudibras e dal suo scudiero, l'entusiasta Indipendente Ralpho. Le prime
due parti di Hudibras, apparse negli anni '60 (la terza uscirà oramai sfasata rispetto ai
tempi), riscossero un immediato e meritato successo ed esercitarono grande influenza.
Preminentemente satirica, infine, è anche la produzione di John Wilmot, conte di
Rochester (1647-1680), poeta, cortigiano e notissimo libertino. Tipica figura di rake
brillante, colto, dissoluto e dissacratore, Rochester è autore di una quarantina di liriche
amorose per lo più comiche e oscene, apparentate alla poesia dei Cavalier, e di una
ventina di satire alimentate dal senso della totale futilità della vita (Satire against
Mankind; On Nothing). Rochester condivide e accentua il pessimismo di Hobbes,
scorgendo nella ragione ciò che entra in conflitto con la natura istintuale dell'uomo, col
risultato di renderla ancora più perversa. Di qui, l'edonismo nichilista che pervade la
sua poesia, peraltro notevole per l'economia e il vigore dell'espressione. Mai pubblicata
in vita, l'opera di Rochester vide le stampe nell'anno della sua morte.

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