Il metodo della quaestio scholastica e la lingua latina Paolo Vidali 30 novembre 2005 - Liceo “Quadri” La svolta linguistica Per Johann Gottfried Herder (1744-1803) Le parole non sono solo segni, ma diventano “gli involucri entro cui vediamo i concetti” e il linguaggio è “un grande ambito di pensieri divenuti visibili” (Frammenti sulla letteratura tedesca più recente, 1768, in Herder–Monboddo, Linguaggio e società, Laterza, Roma-Bari 1973, p.74) La svolta linguistica Per Karl Wilhelm von Humboldt (1767-1835) la lingua porta con sé una strutturazione dell’esperienza, della realtà, del vissuto che si traduce in una Weltanschauung, cioè in una visione del mondo. Ogni lingua rappresenta un punto di vista nella visione del mondo, contiene la trama di concetti e di forme di rappresentazione della realtà. Parlare una lingua, usarla come veicolo di comunicazione, abitarla come lingua madre significa pensare in quella lingua. “Ogni lingua traccia attorno al popolo a cui appartiene un cerchio dal quale è possibile uscire solo passando nel cerchio di un’altra lingua” (Einleitung zum Kawi Werk, § 14, Werke III, p. 434) La svolta linguistica Benjamin Lee Whorf (1897-1941), studioso di lingue antiche americane, secondo cui “ciascuna lingua non è soltanto uno strumento di riproduzione per esprimere idee, ma […] dà forma alle idee, è il programma e la guida dell'attività mentale dell'individuo, dell'analisi delle sue impressioni, della sintesi degli oggetti mentali di cui si occupa” (Linguaggio, pensiero e realtà (1956), Boringhieri, Torino 1970, p. 169). Si inverte qui il rapporto di causa-effetto tra esperienza e linguaggio: “Le categorie e i tipi che isoliamo dal mondo dei fenomeni non vengono scoperti perché colpiscono ogni osservatore; ma, al contrario, il mondo si presenta come un flusso caleidoscopico di impressioni che deve essere organizzato dalle nostre menti, il che vuol dire che deve essere organizzato in larga misura dal sistema linguistico delle nostre menti” (ibidem). La svolta linguistica Per Hans Georg Gadamer (1900-2001) “La lingua è soprattutto nessuno strumento, nessun utensile, poiché è essenziale per lo strumento che noi ne padroneggiamo l'uso e cioè che possiamo prenderlo in mano e lasciarlo quando non serve più […].. Noi piuttosto siamo presi dalla lingua, che è propriamente nostra, in tutto il nostro sapere, in tutto il sapere del mondo. Noi cresciamo, impariamo a conoscere il mondo, impariamo a conoscere gli uomini e infine noi stessi, mentre impariamo a parlare. Imparare a parlare non significa: essere introdotti alla raffigurazione del mondo a noi familiare e conosciuto nell'uso di uno strumento a portata di mano, ma significa acquistare conoscenza e familiarità col mondo stesso, così come esso ci incontra” (Ermeneutica e metodica universale, Marietti, Torino 1973, pp. 110-111). Flessione della lingua e metafisica puell-a puell-ae Secondo Johannes puell-ae puell-arum Lohmann puell-ae puell-is le lingue con flessione puell-am puell-as rappresentano la possibilità di una puell-a puell-ae metafisica puell-a puell-is Flessione della lingua e metafisica puell-a puell-ae La teoria della puell-ae puell-arum potenza e dell'atto, puell-ae puell-is di aristotelica memoria, opera una puell-am puell-as specificazione puell-a puell-ae metafisica di questa puell-a puell-is struttura linguistica. Flessione della lingua e metafisica L'apprendimento stesso, per Aristotele, appare come un ordine "disvelato": I secondi Analitici e la metafora dell'esercito Flessione della lingua e metafisica Le lingue flesse sono quindi lo sfondo di una ontologia organica (e organicistica) che ha il suo fondamento nell'ordine nell'origine nell'eidos immutabile nella perfezione intesa come compimento substantia stabile eppure mutevole nella sua concreta applicazione. Il latino medievale terreno linguistico di costruzione e di scambio del sapere una koiné persistente al di là dell'esistenza di lingue volgari statu nascenti veicolo di un quadro culturale integrato, quello del sapere medievale, che aveva composto in un disegno unitario l'intero piano dello scibile lingua della scienza (fino al Settecento compreso), cioé della produzione e della riproduzione del sapere spazio più del sistema che dell'autore, cioé luogo di definizione di un discorso collettivo più che contributo originale al lessico o allo stile da parte di un autore. Il sistema delle Artes Trivium Quadrivium Grammatica Aritmetica (forme e strutture della (studio del mondo della lingua) "quantità discreta") Geometria Dialettica o Logica (studio del mondo della (forme e strutture del "quantità continua") ragionare) Astronomia (studio dei fenomeni del Retorica mondo celeste) (forme e strutture Musica dell'eloquenza) (studio di ritmi e armonie che esprimono il mondo interiore dell'uomo) Il sistema delle Artes Queste arti con le loro suddivisioni interne costituiscono, per Agostino e per tutta la cultura medievale, la base di ogni vera formazione intellettuale. Tuttavia, qual è il comune elemento educativo in riferimento al quale esse possono costituirsi come discipline? Che cosa insegnano, al di là delle differenze, le arti del trivium e del quadrivium? Le arti liberali insegnano ad usare il linguaggio. Il metodo della scolastica Nel Wörterbuch der philosophischen Begriffe di Rudolf Eisler troviamo queste parole a proposito del metodo scolastico: "Il metodo scolastico è caratterizzato da sottigliezze nell'analisi e nella definizione verbale e concettuale, dall'eccessiva valorizzazione del fattore concettuale-astratto, verbale, dalla rinuncia a partire dall'esperienza, dalla realtà, dai fatti" Il metodo della scolastica Per metodo scolastico intendo un metodo, applicato alla filosofia, (e alla teologia) che si caratterizza per l'impiego, tanto nella ricerca che nell'insegnamento, di un sistema costante di nozioni, distinzioni, definizioni, analisi proposizionali, tecniche di ragionamento e metodi di disputa, anche all'inizio erano improntati alla logica aristotelica e boeziana, e poi, in modo più ampio, alla propria logica terminista (De Rijk M., La philosophie au moyen âge, E.J. Brill, Leiden 1985 (ed. or. Assen 1981), p. 85 Il metodo della scolastica Il metodo è caratterizzato, in ognuna delle discipline (facultates) cui si applica, dal costante riferimento a testi autoritativi (auctoritates) che devono essere "letti", spiegati e compresi analiticamente in modo tale che le singole affermazioni si accordino con l'insieme del contesto. La certezza della retta comprensione e di un accordo genuino con l'insieme si ottiene grazie ad una "messa in questione" (im Frage stellen) di ogni singola affermazione in concorrenza con affermazioni alternative direttamente e formalmente contraddittorie (propositiones dubitabiles) e una soluzione di tali "dilemmi" attraverso una discussione basata sulle regole della dialettica" (De Rijk, p. 98) Il metodo della scolastica "Il carattere scolastico è riconoscibile non solo nel fatto che i problemi trattati "nascono dal testo", quanto piuttosto nel fatto che la loro soluzione si cerca "all'interno del testo", con una discussione condotta in modo da evitare il porsi in insanabile contrasto con i testi autoritativi.... le novità possono essere introdotte, ma come conseguenze possibili, anche se non ancora esplicitate, di premesse accettate" (R. Quinto, Scholastica, p. 386) Il metodo della scolastica Come sostiene Pietro di Capua, all'inizio del XIII sec. "Modus autem tractandi quaestiones theologicas secundum magistrum talis est. Primo iacetur fundamentum auctoritatum, secundo erigentur parietes argumentorum et quaestionum, tertio supponetur tectum solutionum et rationum, ut quod in domo Dei auctoritas quasi certum proponit, argumentatio sive quaestio discutiat, solutio sive ratio elucidet et clarum reddat" (Cod vat. Lat. 4296 folio 1r in Grabmann p. 49) Il metodo della scolastica La scolastica è integrazione di auctoritas e ratio, di fonte testuale autorevole e di impegno conoscitivo razionale. Auctoritas e ratio non sono piani opposti, come pensa il moderno, ma indirizzi epistemologici di diversa natura: "L'auctoritas rappresenta il presupposto, la base stabile per l'attività della ratio, tesa alla conoscenza approfondita e alla giustificazione razionale della fede" (Grabmann, Storia del metodo scolastico (1909-11) ed. it. 1990, p. 51) Le auctoritates Bibbia Tra i retori Tra i Padri: Institutiones di Prisciano, Clemente Alessandrino Ars minor e Ars maior di Ambrogio Donato, Girolamo De inventione di Cicerone, Tertulliano Rhetorica ad Herennium Agostino (pseudo-ciceroniano), S. Giovanni Damasceno De officiis di Cicerone… S. Gregorio di Nissa… Le auctoritates Tra i filosofi Timeo di Platone, Più tardi: Organon di Aristotele e relativi commenti di Boezio, •Berengario di Tours (inizi sec. XI - 1088), Isagoge di Porfirio, •Pier Damiani (1007- Dionigi Pseudoareopagita, 1072) Giovanni Scoto Eriugena, •Anselmo d'Aosta (1033- De institutione arithmetica, 1109) De geometria di Boezio, •Pietro Abelardo (1079- Elementa di Euclide, 1142) Almagesto di Tolomeo, •… De institutione musica di Boezio… Concordanza tra veritates Questo quadro mobile ma non vago di auctoritates si comprende solo sullo sfondo di un preciso presupposto teologico. L'unicità dell'Autore non permette la contraddizione tra le verità. S. Tommaso, esempio illustre tra tutti, si rifiuta di pensare che Dio Creatore abbia dato all'uomo un'intelligenza che entra in contraddizione con le verità rivelate: "Ea igitur quae ex revelatione divina per fidem tenentur, non possunt naturali cognitioni esse contraria" La quaestio: Abelardo Ad Abelardo (1079-1142) si deve la prima messa a punto di un metodo di indagine che diventerà caratteristico della scolastica: indagare per questioni, ricerca intellettuale che pone questioni e le risolve. Nel Sic et Non (1121 ca) Abelardo mette a confronto, su 158 problemi morali e teologici, le tesi degli auctores, mostran- done le divergenze e le apparenti contraddizioni. "Appare chiaro - egli scrive nel Prologo - che in un materiale così vasto si possano notare alcune affermazioni da parte dei Santi Padri non solo diverse, ma addirittura opposte" (verum etiam adversa). La quaestio: Abelardo L'intento è dotarsi di un più raffinato sistema di analisi del significato dei termini, di un migliore utilizzo dei concetti, di una più chiara contestualizzazione dei problemi. “Dubitando enim ad inquisitione venimus, inquisendo veritatem percipimus” (Logica) “Il ragionare, cioè il dissentire o argomentare, non sono fatti che si compiano nell'intimo della conoscenza, ma fatti che si svolgono nella collettività della disputatio (Super topica glossae, trad. it. in Scritti di logica, Nuova Italia, Firenze 1969, p. 294) Dalla lectio alla quaestio Alla base vi è il commento dei testi, la lectio Ma il commento fa nascere la discussione: lectio si sviluppa in quaestio La quaestio, nel XIII secolo, si distacca da qualunque testo: diventa disputatio La disputa era la “giostra dei chierici." La quaestio 1. Il maestro propone o assume una questione (quaeritur), 2. elenca alcune obiezioni(videtur quod), 3. enuncia la soluzione (sed contra), 4. ne dà una trattazione (respondeo) 5. infine risolve ad una ad una le varie obiezioni prima avanzate (ad primum, ad secundum, …) La quaestio E’ un progetto di ragione in cui il ruolo della riflessione e dell'argomentazione diventano determinanti, in un dialogo fecondo con le soluzioni già date nel passato ai problemi attuali, con una dialettica nel tempo, in cui tutte le fonti autorevoli sono utilizzate come interlocutori per giungere ad un respondeo accettabile. Siamo lontani dallo stereotipo del medioevo come periodo di oscurità della ragione: la conoscenza della verità è un processo razionale, collettivo, dialettico e costantemente ridiscusso, di cui la scolastica fornirà il metodo e l'agenda di problemi. Un esempio di quaestio Questione 84, art. 6 della Summa teologica I. Quaeritur La domanda di partenza è se la conoscenza intellettiva derivi dalle realtà sensibili. II. A questa tesi si oppongono fonti autorevoli (videtur quod…): 1) Agostino insegna a non aspettarsi la verità dai sensi, 2) in un altro passo sempre Agostino invita a non credere che il corpo possa agire sullo spirito, 3) e infine vi è il principio generale secondo cui gli effetti non possono oltrepassare la loro causa (è il principio che sta alla base dell'argomento della priorità della causa). III. Sed contra vi è la tesi del Filosofo, cioè Aristotele, per cui i sensi sono il principio della conoscenza. Un esempio di quaestio IV. La trattazione di Tommaso (respondeo…) ricostruisce la posizione di Democrito, che non distingueva i sensi dall'intelletto, e di Platone, che stabilisce la drastica separazione tra intelletto e sensibilità. Entrambe queste posizioni dimenticano la natura composta tanto dell'oggetto conosciuto quanto dell'uomo che conosce: soggetto e oggetto del conoscere non sono fatti di sola materia né di sola forma, ma sono un composto di entrambe. Agostino si riferisce certamente a Platone ma - ricorda Tommaso - egli non conosceva la posizione intermedia assunta da Aristotele: la sensazione è opera congiuntamente del corpo e dell'anima. Certo nessuna realtà corporea può agire su un essere incorporeo, per cui non basta l'azione dei corpi sensibili a causare l'intellezione, ma sulla base offerta dai sensi agisce l'intelletto rendendo intelligibili in atto i phantasmata avuti dai sensi. Tutto ciò, però, è condizione solo necessaria per la conoscenza, non sufficiente. Infatti non bastano i fantasmi provenienti dalla sensazione a produrre l'intellezione. La conoscenza sensitiva non è la causa totale e perfetta della conoscenza intellettiva, ma ne è solo la causa materiale. Un esempio di quaestio 1) Agostino V. A questo punto è possibile ritornare sulle insegna a non obiezioni iniziali: aspettarsi la verità dai sensi. 1) Ad primum Non fa meraviglia che Agostino abbia richiamato il ruolo essenziale dell'intelletto, 2) In un altro passo sempre Agostino ma esso si riferiva alla sua capacità di astrarre, al invita a non credere suo portare in atto ciò che è solo in potenza; che il corpo possa 2) Ad secundum Non va dimenticato che agire sullo spirito comunque l'intelletto compone e divide ciò che 3) Infine vi è il ottiene dai sensi, generando immagini di cose non principio generale percepite, il che mostra che anche in questa secondo cui gli prospettiva l'intelletto non dipende totalmente dal effetti non possono materiale sensibile; oltrepassare la loro causa (è il principio 3) Ad tertium La conoscenza sensitiva, infine, non che sta alla base è la causa totale della conoscenza intellettiva. Non dell'argomento della fa quindi meraviglia che quest'ultima oltrepassi la priorità della causa). sfera sensitiva. Lingua latina e quaestio
“Responsio saepe datur distinguendo" (E. Springhetti, Latinas
fontium philosophiae scholasticae, Pontificium Institutum Altioris latinitatis, Roma 1967, p. 141): è il segno di quel chiarire nel contesto, di quello sforzo di comprendere la differenza nel quadro dell'identico. Lingua latina e quaestio Problema e soluzione nascono: da una straordinaria valenza attribuita alla fonte autorevole, da una chiara benevolenza nei confronti dell'auctoritas, da una abilità linguistica nella precisazione dei concetti e della loro diversa applicazione linguistica in contesti culturali differenti, da una fiducia nella ricomposizione per via linguistica della differenza semantica individuata. Lingua latina e quaestio Lo stesso vocabolo può significare diversamente in periodi e scrittori diversi, o anche nello stesso autore per la varietà dei suoi pensieri, l'evoluzione del suo percorso intellettuale, per imitazione o mutuazione da altri autori
Come nella parola la radice si adatta ma non si altera nella
desinenza … così nella quaestio la tesi si adatta ma non si contraddice nella varietà delle fonti, … così la diversità si ricompone nella distinzione ermeneutica, che mostra insieme la comunanza e la differenza. Dal medioevo al moderno “Un tratto comune che segna la fine del modello culturale "scolastico" e questo consiste nel modo nuovo di considerare l'autorità dei testi. Lo sforzo della "scolastica" si era concentrato soprattutto nel momento interpretativo, nell'uso della dialettica per ricostituire l'unità di una dottrina coerente di cui non si dubita che i testi autoritativi siano portatori. Il contributo più innovativo dell'umanesimo risiede nel porre la stessa base testuale al centro dell'indagine: si inizia ad interrogarsi sulla costituzione e la trasmissione dei testi; piuttosto che manifestazione di una verità soprastorica, essi incominciano ad essere visti come il prodotto di circostanze storiche le quali, attraverso gli accidenti di trasmissione, determinano il significato che essi hanno per noi. Da unitaria e statica, la concezione del testo diventa dinamica: esso, per indicare il carattere più profondo di questa trasformazione, diviene un oggetto "storico". " (R. Quinto, Scholastica p. 391) Dal medioevo al moderno Una comunanza di Prevale il dato, sapere (l'auctoritas) nell'illusione di una corrispondenza tra cosa e Una comunanza di parola lingua (il latino e lo Si passa dalla frase al strumento termine, in un’ilusione dell'interpretazione) analitica che è solo una Una declinazione del diversa precompren-sione sapere (nella parola, Nasce la speranza di un lingue flesse) e nella significato isolato, mentre tesi (metodo della esso non è mai tale quaestio disputata) Perché vive in un sistema di sapere (enciclopedia) e di linguaggio (lingua). Conclusioni Servirebbero dei mutamenti rilevanti per diventare di nuovo una comunità di pensiero (e un liceo insegna ad essere proprio questo) e per restituire oggi quel patrimonio di pensiero- linguaggio che fu il latino nella scolastica:
•Un'idea integrata di sapere, oltre la divergenza e lo specialismo,
•Una capacità di fondere orizzonti e inventare termini e strategie di accordo tra i saperi, •Una consapevolezza linguistica della struttura espressiva e del suo ruolo, •Una sapienza ermeneutica, come lavoro/lavorio sul testo, sulla fonte, sul contesto, •Una cultura del fondamento comune, inteso come condizione di possibilità di un discorso comune sulle differenze.
Questa la lezione che il latino ci offre oggi di fronte al progetto
una nuova scienza integrata. Bibliografia Marmo Costantino Semiotica e linguaggio nella scolastica : Parigi, Bologna, Erfurt, 1270-1330 : la semiotica dei modisti, Roma, nella sede dell'Istituto, 1994. Schonberger Rolf La Scolastica medievale: cenni per una definizione, Milano, Vita e pensiero, 1997. Lawn Brian ,The rise and decline of the scholastic Quaestio disputata : with special emphasis on its use in the teaching of medicine and science, Leiden, Brill, 1993. Springhetti Emilio, Latinitas fontium philosophiae scholasticae, Romae, Pontificium Institutum Altioris Latinitatis, 1967. Lohmann Johannes, Philosophie und Sprachwissenschaft, Berlin, Duncker & Humblot, 1975. Quinto Riccardo, Scholastica. Storia di un concetto, Il Poligrafo, Padova 2001. Grabmann Martin, Storia del metodo scolastico, voll. 2, [1909- 1911] La Nuova Italia, Firenze 1980. Sulle tracce di Babele Il latino tra linguistica e storia della cultura Il metodo della quaestio scholastica e la lingua latina Paolo Vidali 30 novembre 2005 - Liceo “Quadri”
Ermogene e la cerchia erudita. Manoscritti di contenuto retorico in Terra d’Otranto, in La tradizione dei testi greci in Italia meridionale. Filagato da Cerami philosophos e didaskalos. Copisti, lettori, eruditi in Puglia tra XII e XVI secolo, a cura di N. Bianchi, Bari 2011 (Biblioteca Tardoantica, 5), pp. 95-111.