Sei sulla pagina 1di 16

Ritratto di Agnolo Doni e Maddalena Strozzi, committenti del Tondo Doni di

Michelangelo.
Entrambe le figure sono rappresentate a mezzo busto in 3\4, con lo sguardo rivolto verso
lo spettatore e con sfondo dolci colline e cielo luminoso.

Agnolo si trova su una terrazza e risulta appoggiato con ii braccio sinistro su una
balaustra.
Il viso ha lineamenti marcati e decisi, la fronte è leggermente crucciata e la bocca serrata.
All’incisività delle linee del volto, si contrappone la morbidezza e leggerezza delle curve
date dal tessuto dell’abito, con la posizione dalle spalle e braccia che si chiudono con le
mani in un cerchio.
Il dipinto raffigura l’animo arido dei commercianti fiorentini: con lo sguardo concentrato e
risoluto, che sembra scrutare lo spettatore con diffidenza.

In Maddalena viene rappresentata in modo realistico la pienezza delle forme (ricchezza),


e dallo sguardo traspare la sicurezza della nobildonna fiorentina.
In particolare Raffaello si è concentrato sulle stoffe: il raso rosso del corsetto; i ricami del
tessuto blu delle maniche; la trasparenza del velo; i preziosi gioielli.

La posa della donna quasi una riproduzione della Gioconda di Leonardo, differenza però
è la forte luce chiara e la sottile descrizione delle vesti e dei gioielli.
Altra importante differenza è la postura: i soggetti si pongono dinanzi allo spettatore con
una monumentalità statuaria, andando ad occupare gran parte dello spazio, lasciando
intravedere ben poco del paesaggio.
Infatti non è presente quella precedente fusione tra uomo e natura, bensì prevale
l’antropocentrismo.
- costruì una grande finta architettura con volte

- nelle lunette, nei pennacchi e nelle vele, sono rappresentate le storie dell’Antico
Testamento;

- finti bronzi dipinti;

- Le sibille (5) erano rappresentate nelle vele, intervallate dalle figure dei profeti (7) s
figure dicotomiche, che sancivano il contrasto tra pagano e cristiano;

- Al centro della navata era rappresentata la Storia della Genesi. L’inizio era
invertito, partendo dalla fine (l’ebrezza di Noe), corrispondente all’entrata del Papa;

- i colori sono cangianti e metallici, non naturali;

- i corpi sono muscolosi = forza interiore dell’anima, che vuole liberarsi dalle
catene del corpo.

- presente nelle sue opere una mascolinizzazione femminile, che andava ad


eguagliare uomo e donna.
La scena del sacrificio per ringraziare Dio viene invertita, e posta prima del Diluvio
Universale.
La scena del sacrificio occupa uno spazio inferiore, rispetto alla scena del diluvio.

L’arca di Noè ha sembianze di una chiesa, presa d’assalto dalla folla in quanto volevano
salvarsi dall’atrocità del diluvio.
È rappresentato Noè che chiama a sè la colomba (Dio), la quale stava tornando dalla terra
ferma.

La folla è disperata, i soggetti sono caratterizzati da una forte drammaticità.


La gente è rappresentata in procinto di portare con sé oggetti materiali:
“chi è rimasto legato alla materia, è destinato a perire”
Scena divisa in 2: vediamo a sinistra la scena del peccato originale e a destra la cacciata
di Adamo ed Eva dall’Eden.
Notiamo il ramo secco affianco ad Eva che indica la non fertilità, quindi inutilità.
A dare il frutto ad Eva, è un serpente antropomorfo, con sembianze femminili.
L’albero non è di mele, bensì di fico, visto anch’esso come frutto del peccato, poiché le
sue foglie vennero utilizzate da Adamo ed Eva per coprire le loro nudità.
Inoltre viene visto immediatamente San Michele che li caccia dal Paradiso Terrestre con
la sua spada: grande la drammaticità e nelle espressioni trapela il forte pathos.

Presente nelle posizioni a spirale la “figura serpentinata”, caratterizzata dalla forte


torsione di testa, busto e arti.
Quasi al centro della volta, la Creazione di Adamo.

Dio è raffigurato come un vecchio dalla fluente barba bianca, vestito di una tunica rossa,
il quale scende dal cielo su manto viola, gonfiato dal vento, sorretto da numerosi
angeli.
Egli tende il braccio destro per dare vita al primo uomo.
Le mani si allungano l’una verso l’altra, si sfiorano, ma non si toccano.
Con il braccio sinistro abbraccia la Madonna, e con il dito tocca Gesù.

Il giovane Adamo è nudo e dal corpo atletico, caratterizzato da una complessa postura
di rotazione del busto, che mette in evidenza la muscolatura.
Il corpo di Abramo risulta come debole, con lo sguardo perso in cerca di una figura
paterna, come un bambino, in completa solitudine.
I santi protettori dei medici Cosma e Damiano.
Le tombe presenti sono quelle di Lorenzo De’ Medici (Duca di Urbino, nipote di L.M) e
Giuliano De’ Medici (Duca di Nemours), fratello di Lorenzo il Magnifico.

I duchi sono raffigurati seduti in delle nicchie sopra i loro sarcofagi, come in procinto di
voler uscire da esse.

Nella tomba di Lorenzo De’ Medici, egli è raffigurato nella nicchia in posizione
contemplativa, indicando il suo carattere mite.
Sul suo sarcofago sono poste due figure: le allegorie del crepuscolo e dell’aurora, i
momenti in cui si accentuava la meditazione.

Le due figure sono in posizione instabile, pian piano scivolano verso il basso, danno un
senso di inafferrabile, infatti è un’opera che celebra l’eterno, dove il corpo è destinato a
morire ma l’anima no.

Invece nella tomba di Giuliano De’ Medici possiamo vedere la sua posizione con il busto
eretto, fiero e vestito da guerriero.
A lui sono associate l’allegoria della notte e del giorno (la vita attiva, dinamicità).

La simbologia legata alla notte è rappresentata da:


- PAPAVERI, dai quali si ricavava l’oppio che si usava per dormire, quindi la notte;
- il BARBAGIANNI, animale notturno;
- la MASCHERA, sta ad indicare che la notte ci spogliamo dalle maschere che
indossiamo di giorno.
Altro significato è quello che rappresentino gli incubi, quindi assenza del controllo
razionale.

La simbologia del giorno è rappresentata da:


- il VOLTO della maschera INCOMPLETO = la azioni frenetiche che compiamo di
giorno.
In quest’opera è presente il caos, il dinamismo, la nudità, una suddivisione non netta.

Egli stravolge le consuete iconografie e realizzando corpi grandi e imponenti, sia nelle
donne, che negli uomini.

COMPOSIZIONE:
- in alto nei 2 semicerchi troviamo gli angeli con gli strumenti della Passione (croce,
corona di spine, colonna della flagellazione);
- al centro troviamo Cristo, in procinto di alzarsi (Resurrezione) con lo sguardo duro
rivolto alla sua sinistra, dove sono i dannati, e con il braccio li condanna.
Stratte a lui la Madonna, con intorno la schiera dei santi;
- San Lorenzo con una graticola in mano con cui fu martirizzato;
- San Pietro con le chiavi in mano;ù
- San Bartolomeo scuoiato vivo con i suoi resti in mano, cuoia che hanno le
sembianze di Michelangelo;
- Sant’ Andrea con la croce in mano.
- in basso al centro troviamo degli angeli APTERI e privi di areola che suonano la
tuba;
- in basso a sinistra troviamo gli angeli che tirano su con una corda i eletti nudi;
- in basso a destra i dannati vengono gettati verso Caronte. Minosse rappresentato
con le orecchie d’asino e il serpente che lo stritola: allegoria di Biagio da
Cesena, cerimoniere del pontificio che criticò Michelangelo, ed egli affermò: “tu
che giudichi tanto, giudicherai dall’inferno”.

Nel 65 su richiesta della Chiesa vennero coperte le nudità.


Inoltre, venne cambiata la posizione di San Biagio, facendolo ereggere e ridirezionando il
suo sguardo. Questo perché la sua posizione era ritenuta oscena, dietro Santa Caterina
d’Alessandria (mezza ruota chiodata con la quale venne martirizzata.
Papa Paolo III affidò a Michelangelo la sistemazione del colle Campidoglio, dopo il
sacco di Roma nel 1527.
L’artista scelse una forma trapezoidale su una base sopraelevata, conferendo
maestosità, e andando a sottolineare l’importanza del Palazzo Senatorio che si trovava
al centro: infatti, la prospettiva lo rendeva visivamente più vicino e più grande, grazie
anche alle 2 scalinate diagonali sulla facciata del palazzo.

Per armonizzare le facce dei 2 palazzi preesistenti e quella del Palazzo Nuovo che
aggiunse (per coprire la Chiesa di Santa Maria di Aracoeli), scelse un rivestimento in
travertino.

Anche la decorazione della piazza va a creare un cannocchiale prospettico: costituita


da una stella a 12 punte che crea un effetto di movimento di espansione verso
l’esterno.
Al centro della piazza fece collocare su un piedistallo la statua equestre in bronzo
dell’imperatore Marco Antonio.
Per la costruzione di San Pietro, l’idea di Michelangelo era che la costruzione dovesse
sorgere quasi improvvisa, isolata rispetto agli edifici medievali che lo circondavano.

La parte più celebre è la cupola, maestosa e gigantesca, che si presenta su una pianta
circolare, e possedeva una doppia calotta (Santa Maria del fiore), con costoloni
sporgenti, continuazione dei contrafforti del tamburo, scanditi da coppie di colonne
corinzie.

La facciata fu forse progettata con un portico a colonne come il Pantheon, ma rimase


incompiuto.
A DESTRA si vede una donna seminuda che allatta un bambino, rivolta verso lo
spettatore: probabilmente rappresenta Eva con il piccolo Caino dopo la cacciata dal
Paradiso terrestre; si può anche notare la figura di Dio nel fulmine che squarcia il cielo.

A SINISTRA invece un giovane in abiti del 500 la osserva, appoggiato ad un lungo


bastone, probabilmente la raffigurazione di Adamo.

Sullo SFONDO un rigoglioso paesaggio:


- rovine antiche, infatti la colonna spezzata poteva indicare o il mutamento o il
riferimento a Mosè e le 12 tavole
- sul tetto di un palazzo notiamo un IBIS, uccello sacro egiziano
- in lontananza le tipiche cupole veneziane

Per la prima volta il vero protagonista è il paesaggio.


In quest’opera di Giorgione attua lo “sfumato a passaggi successivi” , impiegando più o
meno stesure, e utilizzando toni diversi dei colori (marrone, verde e blu).
La Venere Dormiente è il primo vero quadro di nudo della pittura occidentale.
Lasciato incompiuto Giorgione, fu completato da Tiziano.

Possiamo notare subito le differenze con la Venere di Urbino di Tiziano, quest’ultima


infatti è rappresentata in modo impudico, in quanto guarda fisso negli occhi dello
spettatore consapevole della propria bellezza: bellezza fornita con l’allegoria delle rose
che regge in mano, le quali però andando a cadere indicano che questa è destinata a
svanire.

La Venere Dormiente di Giorgione invece risulta placidamente addormentata su un


prato: la giovane donna raffigurata senza veli si mostra all’osservatore come se fosse
inconsapevole della propria bellezza.

La scena è ambientata in un paesaggio che va quasi a riprendere la sinuosità del corpo


della dea.
La Venere di Giorgione è l’allegoria dell’amore casto, infatti è ancora pudica qui.

La figura è inserita in una natura rigogliosa con la quale tende a fondersi, tranne per un
elemento di disturbo: il luminoso drappo di seta chiara le cui pieghe si increspano, con
un marcato chiaroscuro.
La carica erotica della scena appare quasi purificata dall’eleganza della composizione,
andando a richiamare le figure serpentinate di Michelangelo.

La dea possiede forme idealizzate come una statua classica e si avvita su sè stessa:
il suo sguardo è fisso sul volto del figlio Cupido, adolescente armato di arco e frecce.
La complessa torsione del corpo di Venere, anziché esprimere il tormento, risulta
estremamente elegante.

I colori sono freddi ed è presente un delicato chiaroscuro, che va a creare incarnati lisci,
quasi mormorei.

L’amore e l’armonia sono però apparenti, infatti, la scena cela amari significati:
- Cupido nasconde dietro di sé la maestosa figura della disperazione, un orribile
vecchia dalle mani adunche dal viso urlante.
- anche le maschere appoggiate per terra, sono un rimando alla falsità che si
nasconde dietro le passioni terrene.
La figura del giovane è immortalata su uno sfondo scuro parzialmente illuminato:
- il bagliore proveniente da sinistra rivela la mano destra, la spalla e il volto, la cui
smorfia di dolore è resa attraverso il chiaroscuro.

Il vaso in primo piano è caratterizzato da effetti provocati dalla luce attraverso il vetro e
l’acqua. Nel liquido trasparente si vede addirittura riflessa la finestra, la fonte luminosa
dell’opera.

Il significato dell’opera è probabilmente un’allegoria della vanità dei piaceri, infatti il


giovane prova ad afferrare le ciliegie, frutto simboleggiante il sangue di Cristo, l’opposto
del frutto del peccato, dietro le quali è in agguato un ramarro che lo morde,
simboleggiante il dolore.

Altro significato è quello della brevità della giovinezza, destinata a presto a sfiorire, la
quale alluderebbe alla rosa appassita nel vaso, e quella recisa tra i capelli del ragazzo.
La Canestra di Caravaggio si può considerare una allegoria sulla precarietà dell’esistenza
umana e il primo esempio del genere “Natura morta”, vista come puro svago.

Risalta subito in quest’opera la particolare attenzione al rapporto tra luce ed ombra:

- La luce proviene dalla parte sinistra del dipinto, ottenendo una rappresentazione
rigogliosa e luminosa di foglie e frutti. Luce che rappresenta quindi l’origine della
vita;
- la parte in ombra (destra), viene rappresentata attraverso il colore scuro, quasi
nero delle foglie appassite. Ombra= fine della vita.

Tra i simboli positivi ci sono:


- l’UVA = l’eucarestia e la salvezza perché con l’uva si fa il vino, simbolo del sangue
di Cristo salvatore degli uomini;
- la PERA = frutto molto dolce simboleggia la bontà divina, ma anche Venere,
quindi l’amore, per la sua forma che ricorda le forme femminili;
- la PESCA = la Trinità in quanto composta da polpa, nocciolo e seme;

Tra i simboli negativi invece ci sono:


- la MELA = frutto proibito mangiato da Adamo ed Eva.
Il fatto che sia bucata non è casuale ma vuole sottolineare il peccato originale;
- il FICO = peccato originale, secondo la Genesi, Adamo ed Eva si fecero
indumenti intrecciando delle foglie di fico.
Plausibile l’idea che Caravaggio abbia voluto raffigurare un normale ragazzo di strada
vestito da Bacco, per schernire i canoni classici e rinascimentali.
Il soggetto rivolge lo sguardo direttamente allo spettatore e stringe nella mano sinistra un
calice di vino che sembra voler offrire allo spettatore.
Bacco si mostra come un giovane di bell’aspetto, visibilmente brillo date le gote rosse, e
l’espressione stordita ma anche languida e sensuale.

L’opera pare discostarsi dall’iconografia tradizionale del Bacco: infatti il Bacco di


Michelangelo è coperto da un lenzuolo indossato a mo’ di tunica, che gli lascia parte del
torso scoperto, e steso su un materasso a righe ripiegato come un triclino romano.

Opera molto realistica: il vino con le bollicine nella brocca rende l’idea che sia stato
appena versato; l’insicurezza nella mano sinistra, che crea delle increspature nel calice,
dimostra un certo stato di ubriachezza.
Che si tratti di un giovane popolano mascherato da dio romano, lo si evince anche dallo
sporco delle unghie; ma anche dalla frutta: la mela e la pesca sono marce, la mela
cotogna è ammaccata.

Il fiocco nero (mano destra) e la frutta marcia, andavano a simboleggiare la morte.


In particolare la melagrana era l’allegoria della Passione e Resurrezione di Cristo.
La buona ventura è un dipinto che rappresenta una scena di vita quotidiana e di strada.

La buona ventura è forse un invito a non prestarsi alle lusinghe di persone poco
raccomandabili.
Infatti la zingarella è rappresentata come una giovane, apparentemente ben disposta,
che nell’atto della lettura della mano, approfitta dell’ingenuità del giovane per sfilargli
l’anello dal dito.

Il giovane, rivolto verso sinistra, guarda negli occhi la giovane con un’espressione
incerta.
La spavalderia dettata dalla sua condizione è sottolineata, infatti, dalla mano destra
appoggiata al fianco.
Nonostante questo i suoi occhi trapelano timore, forse a causa della sicurezza che si
legge nello sguardo della zingarella.

La giovane, dall’aspetto curato sembra catturare lo sguardo del ragazzo per distoglierlo
dal furto dell’anello.
Ma nonostante l’apparenza, guardano in maniera più minuziosa, possiamo notare che le
unghie della zingara sono sporche, alludendo alla sua provenienza popolare.

Potrebbero piacerti anche