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BIOSEGNALAZIONE

La capacità delle cellule di ricevere e di rispondere a segnali che arrivano dall'esterno della membrana
plasmatica è fondamentale per la vita. Negli organismi multicellulari le cellule con funzioni diverse si scambiano
un gran numero di informazioni e segnali. I segnali possono essere autocrini che agiscono sulle stesse cellule che
li producono, paracrini se agiscono su cellule vicine oppure endocrini cioè trasportati dal flusso sanguigno dalle
cellule che li producono alle cellule che li utilizzano. In tutti i tre casi il segnale viene identificato da uno specifico
recettore e convertito in una risposta cellulare. Il meccanismo che traduce un segnale extracellulare in uno
intracellulare inizia sulla superficie della cellula con l'interazione tra la molecola del segnale ed un componente
della membrana detto recettore. Questo è una proteina transmembrana che presenta all'esterno un sito che
lega la molecola del segnale attraverso interazioni deboli. Il legame tra questi due è specifico in quanto solo
alcune molecole sono complementari al sito di legame sul recettore. In alcuni casi si ha un amplificazione del
segnale dovuta ad un fenomeno detto cascata enzimatica. Questa cascata inizia dall'attivazione di un singolo
enzima associato al recettore del segnale che a sua volta catalizza l'attivazione di molte molecole di un secondo
enzima ognuna delle quali determina l’ attivazione di un terzo enzima e così via. La sensibilità dei recettori può
essere modificata, infatti quando un segnale dura per lungo tempo si ha una desensibilizzazione del recettore
che impedisce la propagazione prolungata della trasmissione del segnale. Un'altra proprietà importante del
meccanismo di trasduzione del segnale e l'integrazione ovvero la capacità del sistema di ricevere segnali multipli
e produrre una sola risposta appropriata alle necessità della cellula o dell'organismo.
I trasduttori di segnali più semplici sono i canali ionici della membrana plasmatica che si aprono e si chiudono in
risposta al legame di ligandi chimici oppure a modificazioni del potenziale di membrana. Il secondo tipo di
trasduttori di segnali è rappresentato dai recettori enzimatici, quando uno di questi viene attivato da un ligando
extracellulare catalizza la produzione di un secondo messaggero intracellulare. Il terzo tipo è rappresentato da
recettori detti a serpentina che quando legano un ligando attivano una proteina che lega il GTP intracellulare,
questa proteina a sua volta attiva un enzima che produce un secondo messaggero. Infine il nucleo contiene una
classe di recettori che quando si associano al loro ligando ovvero un ormone steroideo modificano la velocità
con cui uno specifico gene viene trascritto e tradotto in proteina.

Uno dei canali controllati da ligandi meglio conosciuto è il recettore nicotinico dell'acetilcolina. Questo recettore
è una proteina con due siti di legame localizzati su due subunità alfa. Il canale si apre in risposta al
neurotrasmettitore acetilcolina. Quando questa viene rilasciata dal neurone si diffonde e attraversa la fessura
sinaptica o la giunzione neuromuscolare giungendo così sul neurone postsinaptico oppure sul miocita dove
interagisce con il recettore. Il legame determina una modificazione della conformazione della proteina aprendo
così il canale e permettendo il passaggio di ioni sodio o calcio, il loro flusso depolarizza la membrana plasmatica
determinando eventi successivi che variano da tessuto a tessuto. Quando i livelli di acetilcolina restano elevati
per più di qualche millisecondo si ha la desensibilizzazione del recettore, esso assume una terza conformazione
in cui il canale è chiuso anche se l'acetilcolina è legata. Infine quando questa si distacca dai siti di legame, il
recettore torna allo stato di riposo ovvero chiuso ma nuovamente sensibile alla concentrazione di acetilcolina.

Lungo l assone troviamo tre tipi di canali ionici controllati dal voltaggio. I canali
per il sodio sono normalmente chiusi quando la membrana ha un potenziale
elettrico vicino a quello di riposo, quando invece la membrana viene
depolarizzata localmente in risposta all'arrivo di acetilcolina o di un altro
neurotrasmettitore i canali si aprono. L'entrata degli ioni sodio determina a
sua volta l'apertura dei canali per il potassio. Mentre gli ioni sodio entrano
nell’ assone gli ioni potassio escono ripolarizzando localmente la membrana
plasmatica. Un breve impulso di depolarizzazione così si muove lungo l'assone
man mano che una depolarizzazione locale innesca l apertura di canali sodio
vicini e poi di quelli per il potassio. A livello delle terminazioni distali
dell'assone ci sono canali per il calcio che normalmente restano chiusi ,
quando però l'onda di depolarizzazione raggiunge la terminazione i canali si
aprono e il calcio entra nella cellula dallo spazio extracellulare. Questo ione
metallico si comporta come un secondo messaggero innescando il rilascio
dell’acetilcolina nella fessura sinaptica mediante esocitosi. Il
neurotrasmettitore raggiunge la cellula successiva determinando la
depolarizzazione e si ripete così il processo precedente in questo modo il
messaggio viene trasferito da una cellula all'altra.

Recettori enzimatici
I recettori enzimatici sono delle proteine con due diversi domini, uno che si trova sulla superficie extracellulare
della membrana plasmatica e lega un ligando l'altro invece si trova sulla faccia citosolica e presenta un sito
attivo enzimatico. I due domini sono uniti da un segmento transmembrana. Di norma l'attività enzimatica
associata al recettore porta alla fosforilazione di un residuo di tirosina in specifiche proteine bersaglio.

Un esempio di recettore enzimatico è quello che lega l'insulina. Il recettore dell'insulina presenta 2 catene
polipeptidiche alfa che sporgono sulla superficie esterna della membrana plasmatica legate a due subunità Beta
transmembrana che presentano il dominio carbossi- terminale che si estende nel citosol della cellula. Le catene
alfa contengono il sito di legame dell'insulina mentre i domini intracellulari delle catene Beta contengono il sito
attivo dell'enzima chinasi che trasferisce un gruppo fosforico dall’ATP all’ ossidrile della catena laterale di un
residuo di tirosina di una proteina bersaglio. Il legame dell'insulina alle catene alfa attiva inizialmente la tirosina
chinasi presente nelle catene Beta, che permette ad ogni catena beta di fosforilare alcuni residui di tirosina
presenti nell’ altra catena Beta. L’ autofosforilazione determina l'apertura del sito attivo dell'enzima proteina
chinasi che adesso può fosforilare residui di tirosina di proteine bersaglio.
Una proteina bersaglio del recettore dell'insulina è l’ IRS-1. A questa proteina si lega l'enzima PI- 3 chinasi che
viene attivato e converte il lipide di membrana fosfatidilinositolo 4,5- bisfosfato (PIP 2) in fosfatidilinositolo
3, 4, 5- Trisfosfato (PIP3) il quale attiva la proteina chinasi B detta PKB. Quando alla PIP3 si lega la proteina
chinasi B, quest'ultima viene fosforilata è attivata. La proteina chinasi B è coinvolta nel movimento dei
trasportatori del glucosio GluT4 dalle vescicole interne alla membrana plasmatica favorendo l'assunzione di
glucosio dal sangue, inoltre è coinvolta nei processi di conservazione del glucosio sotto forma di glicogeno.
Recettori accoppiati alle proteine G
Questi recettori rappresentano il terzo tipo di meccanismo di trasduzione del segnale. Essi non operano da soli
infatti il meccanismo è rappresentato da tre diversi componenti che sono il recettore sulla membrana plasmatica
dotato di 7 segmenti transmembrana, detto recettore a serpentina, poi un enzima presente nella membrana
plasmatica che ha il compito di generare un secondo messaggero intracellulare e infine una proteina che lega il
GTP( guanosina 5- trisfosfato) che si dissocia dal recettore per unirsi all'enzima attivandolo.

Un esempio di questi recettori a serpentina è il recettore beta adrenergico.


A questo recettore si lega l'adrenalina, determinando una modificazione conformazionale nel dominio
intracellulare del recettore. Questa modificazione altera l interazione del recettore con un'altra proteina
chiamata proteina G stimolatrice (Gs) che è capace di legare il GTP ed è localizzata sulla faccia citosolica della
membrana plasmatica. Le proteine G che interagiscono con i recettori a serpentina presentano sempre tre
subunità diverse Alfa beta e gamma. Nella forma inattiva la proteina G è legata al GDP , quando l'adrenalina si
lega al recettore avviene la sostituzione del GDP con il GTP. Il sito che lega il nucleotide si trova sulla subunità
Alfa, e quando viene occupato si ha l'attivazione della proteina G. Essa a sua volta attiva l’ adenilil ciclasi ovvero
una proteina integrale della membrana plasmatica che presenta il sito attivo rivolto verso il citosol della cellula e
ha il compito di catalizzare la sintesi di AMP ciclico a partire da ATP. L’ AMP ciclico attiva un secondo enzima
detto proteina chinasi cAMP dipendente( PKA), questo enzima determina la fosforilazione di proteine bersaglio
che causano la risposta cellulare dell'adrenalina.
L’AMP ciclico ovvero il secondo messaggero di questo sistema ha una vita molto breve infatti viene rapidamente
degradato dalla nucleotide ciclico fosfodiesterasi a 5-AMP.
La desensibilizzazione del recettore che avviene quando questo è ancora legato all'adrenalina, si verifica
mediante la fosforilazione a livello della regione che interagisce con la proteina G. Questa modificazione
impedisce l'associazione del recettore alla proteina G e quindi la trasmissione di ulteriori segnali.

Una seconda classe di recettori a serpentina sono accoppiati attraverso una proteina G alla fosfolipasi C. Quando
l ormone si lega al recettore , la proteina G viene attivata mediante il legame con il GTP. La proteina G attivata,
attiva a sua volta una fosfolipasi C che catalizza la produzione di due secondi messaggeri per mezzo dell idrolisi
del fosfatidilinositolo 4,5- bisfosfato presente nella membrana plasmatica. Questi due messaggeri sono il
diacilglicerolo e l’inositolo 1,4,5 trisfosfato o IP3.
l’ IP3 raggiunge il reticolo endoplasmatico dove si lega a specifici recettori causando l'apertura di canali per gli
ioni calcio. Questi ioni sono rilasciati nel citosol e l’aumento di concentrazione del calcio causa l'attivazione della
proteina chinasi C (PKC). Questo enzima catalizza la fosforilazione di residui di Serina o di treonina di specifiche
proteine bersaglio modificando la loro attività catalitica.
Nelle vie di trasduzione, le variazioni intracellulari della concentrazione di ioni calcio vengono segnalate da
specifiche proteine che legano il calcio e che regolano a loro volta una serie di enzimi calcio dipendenti. Il
legame del calcio alla calmodulina ad esempio porta la proteina ad associarsi con altri enzimi modulandone
l'attività.

Regolazione della trascrizione da parte degli ormoni steroidei


Gli ormoni steroidei attraversano facilmente la membrana plasmatica e si legano a recettori proteici presenti nel
nucleo. Questo legame determina una modificazione conformazionale del recettore proteico che acquista la
capacità di interagire con una specifica sequenza di DNA chiamata elemento di risposta ormonale, provocando
di conseguenza una variazione nell'espressione genica.
PRINCIPI DI BIOENERGETICA
In qualsiasi modificazione chimica o fisica la quantità totale di energia nell'universo resta costante, l'energia
infatti può cambiare forma, può essere trasferita da una zona all'altra ma non può essere né creata ne distrutta.
Questo è il principio di conservazione dell'energia. Le cellule e gli organismi viventi sono sistemi aperti ovvero
scambiano energia e materia con il loro ambiente esterno. Durante le reazioni chimiche intervengono tre entità
termodinamiche che ci descrivono le variazioni di energia che si verificano. Abbiamo l'energia libera di Gibbs (G)
che esprime la quantità di energia in grado di produrre un lavoro durante una reazione a temperatura e
pressione costante. Quando la reazione procede con il rilascio di energia libera cioè quando il sistema si
modifica passando verso uno stato che possiede meno energia libera, la variazione di questa presenta un segno
negativo e la reazione è detta esoergonica. Al contrario se durante una reazione il sistema guadagna energia la
variazione sarà di segno positivo e la reazione è detta endoergonica. La seconda entità termodinamica è
rappresentata dall' entalpia (H), questa ci indica il contenuto termico di un sistema che sta reagendo e riflette il
numero e il tipo di legami chimici dei reagenti e dei prodotti. Quando una reazione chimica rilascia calore viene
detta esotermica, quindi il contenuto termico dei prodotti e minore di quello dei reagenti e la variazione di
entalpia ha un valore negativo. La terza funzione termodinamica è l'entropia (S) questa ci indica la casualità e il
disordine di un sistema. Quando i prodotti di una reazione sono meno complessi e più disordinati dei reagenti la
reazione presenta un guadagno entropico. La variazione di energia libera e la variazione di entalpia sono
espressi in joule/ mole o in calorie mentre l'entropia viene espressa in joule/mole x kelvin.
Le tre grandezze termodinamiche sono tra di loro correlate mediante un equazione : ΔG=ΔH - TΔS
dove T indica la temperatura assoluta. Un processo spontaneo si verifica quando la variazione di entropia ha un
segno positivo e quando la variazione di entalpia ha un segno negativo questo porta ad un valore negativo della
variazione di energia libera.
La composizione di un sistema che sta reagendo tende a cambiare continuamente fino a che non viene
raggiunto l'equilibrio. A questo punto, la concentrazione sia dei reagenti che dei prodotti si mantiene costante
quindi le velocità della reazione in un senso e nell'altro sono uguali. Le concentrazioni dei reagenti e dei prodotti
all'equilibrio definiscono la costante di equilibrio.

le lettere minuscole indicano il numero di molecole dei composti, le lettere maiuscole le


concentrazioni molari.

La variazione di energia libera è presente in due forme quella reale e quella standard. La standard ci dice in
quale direzione avviene una data reazione per raggiunge l'equilibrio, quando la concentrazione iniziale di ogni
composto è 1M, il ph è 7 ,la temperatura è 25°C e la pressione è di 1 atm. La variazione di energia libera reale
è una funzione delle concentrazioni reali dei componenti e della temperatura, questa variazione è sempre
negativa in una reazione che procede spontaneamente verso l'equilibrio. Diventa meno negativa man mano che
la reazione si avvicina all'equilibrio ed è zero quando viene raggiunto il punto di equilibrio, in quanto la reazione
non compie più un lavoro netto.
Esiste una relazione tra la costante di equilibrio e la variazione di energia libera standard. ΔG°= - RT ln Keq
Se la costante di equilibrio è uguale ad 1 la variazione di energia libera è uguale a zero. Inoltre i due fattori sono
inversamente proporzionali, ciò significa ad esempio che per un valore di ΔG° sotto lo zero corrisponde un
valore alto della costante di equilibrio e quindi sono favoriti i prodotti.

Nel caso di 2 reazioni sequenziali, ogni reazione ha una sua costante di equilibrio e una sua caratteristica
variazione di energia libera standard. Tuttavia le 2 variazioni di energia si possono sommare, questo principio
della bioenergetica ci spiega come una reazione termodinamicamente sfavorita ( endoergonica) può essere
guidata mediante il suo accoppiamento con una reazione altamente esoergonica se è presente un intermedio
comune. Ad esempio la sintesi del glucosio 6 fosfato che troviamo in molte vie metaboliche come la glicolisi è
una reazione endoergonica quindi con una variazione di energia libera standard positiva, ciò ci indica che la
reazione non procede spontaneamente verso i prodotti, tuttavia questa reazione è accoppiata all idrolisi di ATP
per formare ADP e fosfato che invece è altamente esoergonica. Le 2 reazioni presentano come intermedi il
fosfato inorganico e l'acqua e possono essere due reazioni sequenziali in questo modo la variazione di energia
libera standard complessiva diventa negativa.
Il trasferimento di gruppi fosforici e l’ ATP
L’ ATP ( adenosina trifosfato) è il punto di collegamento tra il catabolismo e l'anabolismo. La donazione di
energia da parte dell'ATP avviene attraverso la sua conversione in ADP e fosfato oppure in AMP e pirofosfato
(2Pi). La scissione idrolitica del legame anidridico che impegna il gruppo fosforico terminale dell’ ATP, determina
l'allontanamento del gruppo e rimuove dalla molecola alcune delle repulsioni elettrostatiche. Il gruppo fosforico
( HPO42-) rilasciato dalla reazione di idrolisi viene stabilizzato dalla formazione di alcune forme di risonanza che
non sono possibili se il gruppo è inserito nella molecola dell'ATP. L’ ADP ovvero l'altro prodotto dell'idrolisi si
ionizza immediatamente rilasciando uno ione H+. Anche se la reazione di idrolisi è fortemente esoergonica,
l’ATP è cineticamente stabile quando la sua demolizione avviene in assenza di un enzima in quanto l'energia di
attivazione per l'idrolisi è relativamente alta. Solo in presenza di un enzima si ha una rapida idrolisi. Sia all’ ATP
che all ‘ADP si legano ioni magnesio, infatti nella maggior parte delle reazioni in cui l’ ATP è coinvolto come
donatore di gruppi fosforici il vero substrato è il complesso MgATP.

In moltissime reazioni metaboliche l’ATP fornisce energia, questa


però non viene data dalla semplice scissione idrolitica dell’ ATP ma
mediante il trasferimento di gruppi fosforici. Le reazioni che
coinvolgono l’ ATP rappresentano quasi sempre un processo a due
tappe. Nella prima tappa il gruppo fosforico oppure l'adenilato viene
trasferito ad una molecola di substrato con cui forma un legame
covalente che porta all'aumento del contenuto di energia libera del
substrato. Nella seconda fase l'unità contenente il gruppo fosforico
viene rilasciata generando fosfato inorganico, pirofosfato o AMP.
Quindi l'ATP partecipa covalentemente alla reazione a cui deve
fornire energia.

Oltre all’ idrolisi dell'ATP anche quella di altri composti fosforilati e tioesteri è accompagnata da una grande
variazione di energia libera standard di segno negativo. Il fosfoenolpiruvato ad esempio che troviamo alla fine
della glicolisi subisce idrolisi generando la forma enolica del piruvato che tautomerizza nella forma chetonica più
stabile. Dato che il piruvato esiste in due forme mentre il reagente in una sola forma, il prodotto risulta più
stabile del reagente e quindi si ha una variazione di energia libera standard negativa. Un altro esempio è quello
dell'acetil-coa, quando questo subisce idrolisi si genera l’ acido acetico che si può ionizzare e che può assumere
due forme di risonanza, per questo la variazione di energia libera standard ha un valore molto negativo.
Riassumendo si può dire che l'idrolisi di composti che porta a prodotti più stabili è accompagnata da una
variazione di energia libera di idrolisi molto negativa.

Trasportatori di elettroni
La maggior parte delle cellule possiede enzimi che catalizzano l'ossidazione di molti composti diversi. Questi
enzimi trasferiscono gli elettroni dai loro substrati a trasportatori universali di elettroni. La riduzione di questi
trasportatori consente di conservare l'energia libera rilasciata dall’ ossidazione dei substrati. Abbiamo il NAD+,
NADP+, FMN e FAD, questi trasportatori sono solubili in acqua e possono andare incontro sia ad ossidazioni che
riduzioni. NAD+ e NADP+ si spostano rapidamente da un enzima all'altro mentre i nucleotidi flavinici FMN e FAD
sono legati saldamente agli enzimi chiamati flavoproteine.

Il nicotinammide adenin dinucleotide (NAD) e il suo analogo fosforilato (NADP) sono composti da due nucleotidi
uniti insieme mediante un legame fosfoanidridico tra i loro gruppi fosforici. Poiché l'anello nicotinamidico
ricorda la piridina, questi composti sono a volte chiamati nucleotidi piridinici. La vitamina niacina (B3) fornisce la
parte nicotinamidica. Entrambi i coenzimi possono subire riduzione reversibile dell'anello nicotinamidico
accettando uno ione idruro ovvero due elettroni ed un protone il secondo protone rimosso dal substrato viene
rilasciato nel solvente acquoso. Il segno + che troviamo accanto al NAD e al NADP non indica la presenza di
cariche nette positive, ma la carica positiva sull'azoto dell'anello nicotinamidico che si trova nella forma
ossidata. Il NAD+ lo troviamo in genere nelle ossidazioni cataboliche mentre il NADPH è presente nelle
riduzioni anaboliche.

FMN e FAD derivano dalla vitamina riboflavina (B2). Essi possono essere ridotti reversibilmente accettando due
atomi di idrogeno che si uniscono all anello isoallosazinico. Nella maggior parte delle flavoproteine , i due
nucleotidi flavinici sono legati saldamente e in alcuni enzimi come la succinato deidrogenasi sono legati
covalentemente e sono detti gruppi prostetici.
CARBOIDRATI
I carboidrati sono le biomolecole più abbondanti sulla terra. Alcuni carboidrati sono tra i principali alimenti
dell'uomo e l'ossidazione di essi è la via di produzione energetica più importante nelle cellule. I carboidrati sono
aldeidi o chetoni poliossidrilici oppure sostanze che liberano questi composti in seguito a idrolisi. Molti
carboidrati hanno la formula (CH2O) n , alcuni contengono anche atomi di azoto, di fosforo oppure di zolfo. Ci
sono tre grandi classi di carboidrati: i monosaccaridi, gli oligosaccaridi e i polisaccaridi. I primi chiamati
semplicemente zuccheri sono costituiti da una singola unità poliossidrilica aldeidica o chetonica. Il
monosaccaride più abbondante presenta 6 atomi di carbonio ed è il D-glucosio. Gli oligosaccaridi sono costituiti
da corte catene di unità monosaccaridiche unite da legami glicosidici, i più abbondanti sono i disaccaridi come il
saccarosio che contengono due unità monosaccaridiche. Infine abbiamo i polisaccaridi formati da un grande
numero di unità monosaccaridiche, alcuni come il glicogeno hanno catene ramificate mentre altri come la
cellulosa sono lineari.

I monosaccaridi sono solidi cristallini e incolori solubili in acqua ma insolubili nei solventi non polari, la maggior
parte inoltre ha un sapore dolce. Lo scheletro carbonioso dei monosaccaridi quando questi si trovano nella
forma a catena aperta, è costituito da legami singoli tra i vari atomi di carbonio. Un atomo di carbonio si trova
legato con un doppio legame ad un atomo di ossigeno, formando così un gruppo carbonilico mentre gli altri
carboni sono legati ad un gruppo ossidrilico. Se il gruppo carbonilico si trova ad una estremità della catena allora
il monosaccaride è un aldeide ed è detto aldosio, mentre se si trova in un'altra posizione il monosaccaride sarà
un chetone detto chetosio. I monosaccaridi più semplici sono due zuccheri a 3 atomi di carbonio ovvero la
gliceraldeide che un aldotriosio e il diidrossiacetone che è un chetotriosio.
Tutti i monosaccaridi eccetto il diidrossiacetone contengono uno o più atomi di carbonio chiralici ovvero legati a
4 sostituenti diversi e quindi sono presenti in forme isomeriche. La gliceraldeide contiene un centro chiralico e
quindi ha due diversi isomeri chiamati enantiomeri. Un isomero è indicato con la lettera D l'altro con la lettera L.
Per rappresentare la struttura tridimensionale di uno zucchero su un piano usiamo le formule di proiezione di
Fischer, in queste rappresentazioni possiamo vedere che la D gliceraldeide presenta il gruppo ossidrilico a
destra del carbonio chiralico a cui è legato, mentre nella L gliceraldeide il gruppo ossidrilico e a sinistra. Gli
stereoisomeri degli altri monosaccaridi appartengono alla serie D o L e per dividerli si osserva la configurazione a
livello del centro chiralico più lontano dal gruppo aldeidico o chetonico basandosi su quella della gliceraldeide.
Per trovare il numero di stereoisomeri di una molecola con più centri chiralici bisogna fare 2 n dove n indica il
numero di centri chiralici. Quando due zuccheri differiscono soltanto nella configurazione intorno ad un atomo
di carbonio vengono detti epimeri come il D glucosio e il D mannosio che differiscono a livello del carbonio 2.

In soluzione acquosa gli aldosi con 5 o piu atomi di carbonio assumono una forma ciclica in cui il gruppo
carbonilico forma un legame covalente con l atomo di ossigeno di un gruppo ossidrilico posto lungo la catena.
La formazione di queste strutture ad anello è il risultato di una reazione tra aldeidi o chetoni e alcoli, che
formano composti detti emiacetali o emichetali. I monosaccaridi esistono quindi in forma di emiacetali. Le
molecole che si formano in seguito al legame contengono un altro atomo di carbonio asimmetrico detto
carbonio anomerico che determina due forme stereoisomeriche dette anomeri.
Per esempio il D- glucosio esiste in soluzione sotto forma di emiacetale in quanto il gruppo ossidrilico sul
carbonio 5 reagisce con il carbonio 1 aldeidico formando un legame emiacetalico. Si formano così due diverse
forme ad anello del D-glucosio una indicata con alfa l'altra con beta. Le due forme sono interconvertibili e in
soluzione sono presenti in equilibrio tra loro. Gli anelli a sei membri sono chiamati piranosi in quanto ricordano
il composto Pirano. Si possono formare strutture cicliche anche a 5 membri queste vengono dette furanosi
perché sono simili al composto furano. Anche i chetosi con 5 o più atomi di carbonio possono formare furanosi
e piranosi. Ad esempio il D fruttosio forma facilmente l'anello furanosico. Per indicare le forme ad anello dei
monosaccaridi usiamo le formule in prospettiva di Haworth.
I disaccaridi come il maltosio, il lattosio e il saccarosio sono costituiti da due monosaccaridi uniti da un legame
O-glicosidico che si forma quando un gruppo ossidrilico di uno zucchero reagisce con l'atomo di carbonio
anomerico dell'altro zucchero. Questa reazione equivale alla formazione di un acetale partendo da un
emiacetale e un alcol. I due atomi di carbonio uniti da legame glicosidico sono indicati tra parentesi con una
freccia interposta tra i due numeri per esempio: (1--> 4), questo ci indica che il carbonio 1 del primo composto
è legato al carbonio 4 del secondo.

La maggior parte dei carboidrati è presente in natura nella forma di polisaccaridi detti anche glicani. Questi
differiscono tra loro per il tipo di unità saccaridica, per la lunghezza della catena, per il tipo di legame glicosidico
che unisce le unità e per il grado di ramificazione. Abbiamo gli omopolisaccaridi che contengono soltanto un tipo
di unità monomerica e gli eteropolisaccaridi che invece sono formati da due o più tipi di unità monomeriche.
Alcuni omopolisaccaridi servono come riserva di unità monomeriche che a loro volta sono sostanze nutrienti,
l'amido e il glicogeno ne sono un esempio. Altri omopolisaccaridi come la cellulosa e la chitina fungono da
elementi strutturali nelle pareti cellulari delle piante e nell’ esoscheletro degli animali. Gli eteropolisaccaridi
invece forniscono un supporto extracellulare negli organismi di qualsiasi tipo.
La maggior parte delle cellule delle piante ha la capacità di formare amido. Questo contiene 2 tipi di polimeri di
glucosio: l’ amilosio e l'amilopectina. Il primo è costituito da lunghe catene non ramificate di unità di D- glucosio
unite da legami Alfa 1-->4. Nell' amilopectina i legami che uniscono le unità di glucosio in successione sono del
tipo Alfa 1-->4. Mentre le ramificazioni iniziano con legami del tipo Alfa 1-->6. Il glicogeno è il principale
polisaccaride di riserva delle cellule degli animali ed ha una struttura simile a quella dell'amilopectina tranne per
il fatto che esso è molto più ramificato. Il glicogeno è abbondante nel fegato ed è presente anche nel muscolo
scheletrico.

Nei tessuti degli animali lo spazio extracellulare è riempito da un materiale gelatinoso detto matrice
extracellulare questa tiene unite le cellule e presenta numerosi pori attraverso cui passano le sostanze nutrienti
e l'ossigeno per diffondersi verso le singole cellule. La matrice è composta da un intreccio di eteropolisaccaridi e
di proteine fibrose come il collageno e l'elastina. Gli eteropolisaccaridi chiamati glicosamminoglicani sono una
famiglia di polimeri lineari costituiti da una ripetizione di unità disaccaridiche, in cui i due monosaccaridi sono
zuccheri modificati. Il glicosamminoglicano acido ialuronico contiene un'alternanza delle unità monomeriche:
acido D-glucuronico ed N-acetilglucosammina. L' acido ialuronico è uno dei componenti principali della matrice
cellulare della cartilagine e dei tendini e contribuisce a renderli più resistenti alla tensione e più elastici.

Oltre ai loro ruoli come riserve di sostanze nutrienti o come materiali strutturali i polisaccaridi possono anche
trasportare informazioni, possono fungere infatti da segnali per la destinazione finale di proteine oppure come
mediatori nelle interazioni tra varie cellule o tra le cellule e la matrice. Nella maggior parte dei casi i carboidrati
informazionali sono legati covalentemente ad una proteina oppure ad un lipide sotto forma di glicoconiugato
che rappresenta la molecola biologicamente attiva. I proteoglicani sono macromolecole della superficie cellulare
o della matrice extracellulare in cui uno o più glicosamminoglicani sono uniti ad una proteina di membrana. I
proteoglicani sono i principali costituenti del tessuto connettivo come la cartilagine in cui le varie interazioni non
covalenti con altri proteoglicani determinano la resistenza della struttura. Le glicoproteine contengono uno o più
oligosaccaridi uniti covalentemente alla proteina questi composti sono presenti sulla superficie esterna della
membrana plasmatica, nella matrice cellulare e nel sangue. I glicolipidi sono lipidi di membrana in cui le teste
idrofiliche sono costituite da oligosaccaridi.
GLICOLISI E CATABOLISMO DEGLI ESOSI
Il glucosio occupa una posizione centrale nel metabolismo poiché è ricco di energia potenziale ed è un ottimo
combustibile. Oltre a ciò il glucosio è capace di fornire una grande varietà di intermedi metabolici per le
biosintesi. Il glucosio ha 3 possibili destini : può essere conservato sotto forma di polisaccaride, ossidato a
piruvato (un composto a 3 atomi di carbonio) attraverso la glicolisi oppure ossidato a pentosio attraverso la via
del pentosio fosfato.
La glicolisi è un processo catabolico, che avviene nel citoplasma a carico del glucosio (6 atomi di carbonio) e che
porta alla produzione di 2 molecole di piruvato (3 atomi di carbonio), 2 molecole di ATP e 2 molecole di NADH.
In alcuni tessuti e in alcuni tipi di cellule di mammifero come cervello, eritrociti, e spermatozoi, la demolizione
del glucosio attraverso la glicolisi è l unica o la principale fonte di energia.

La glicolisi prevede 10 diverse tappe che si dividono in due fasi:


La fase preparatoria o anche fase ossidativa è costituita da 5 diverse reazioni , in queste non sono coinvolti i
coenzimi, vi è consumo di 2 molecole di ATP ed il glucosio viene scisso in due molecole di gliceraldeide 3-fosfato.
La fase di recupero energetico in cui le due molecole di gliceraldeide 3-fosfato sono convertite in due di piruvato
con produzione di 4 molecole di ATP e 2 di NADH. La resa netta è di 2 molecole di ATP per molecola di glucosio
entrata nella via metabolica della glicolisi. L’ ATP è utilizzato per ricavare energia libera mentre il piruvato e il
NADH prendono destini diversi in base alla condizione aerobica o anaerobica.

1° reazione
In questa prima reazione il glucosio viene fosforilato,
ovvero viene aggiunto un gruppo fosforico a spese dell ATP
al carbonio 6 del glucosio, formando il glucosio-6-fosfato.
L’ enzima che catalizza questa reazione è detto esochinasi,
si tratta di una reazione irreversibile dal punto di vista
termodinamico poiche esoergonica. La reazione avviene come
l’attacco nucleofilo del gruppo ossidrile del glucosio al fosfato
gamma ( quello piu esterno) dell’ ATP. Per la reazione sono
necessari ioni magnesio per stabilizzare le cariche negative dei fosfati in posizione alfa e beta presenti sull ATP.
L’ esochinasi catalizza anche la fosforilazione di altri esosi come il D-fruttosio e il D-mannosio.

2° reazione
Il glucosio-6-fosfato viene isomerizzato in modo reversibile a
fruttosio 6-fosfato passando quindi da un aldosio ad un chetosio.
L enzima che catalizza la reazione è detto fosfoglucosio isomerasi.
La reazione procede con diversi intermedi in quanto l anello
viene prima aperto, l aldeide viene isomerizzato a chetone e
infine viene richiuso l anello.

3° reazione
Il fruttosio 6-fosfato viene fosforilato per l aggiunta di un gruppo
fosfato al carbonio 1 a spese dell’ ATP. Si forma cosi il
fruttosio 1,6-bisfosfato. La reazione avviene con un meccanismo
simile alla prima ed è irreversibile nelle condizioni cellulari. L enzima
che la catalizza è detto fosfofruttochinasi 1 ed è uno degli enzimi
regolatori che troviamo nella glicolisi. Esiste anche la
fosfofruttochinasi-2 che catalizza l attacco del secondo gruppo fosfato
al carbonio 2 formando il fruttosio 2,6- bisfosfato.
4° reazione
Il fruttosio 1,6- bisfosfato viene scisso in due composti
ciascuno a 3 atomi di carbonio: la gliceraldeide 3-fosfato
(aldosio) e il diidrossiacetone fosfato (chetosio).
Questa condensazione aldolica è reversibile ed è
catalizzata dall enzima aldolasi detto anche
Fruttosio 1,6-bisfosfato aldolasi.

5° reazione
Solo la gliceraldeide 3 fosfato può continuare il suo processo
di degradazione nelle tappe successive della glicolisi,
per questo il diidrossiacetone fosfato viene convertito
rapidamente e reversibilmente in gliceraldeide 3 fosfato.
L enzima che catalizza la reazione è detto triosio fosfato isomerasi.
Cosi alla fine della quinta tappa abbiamo 2 molecole a 3 atomi
di carbonio che seguono contemporaneamente le stesse reazioni.

6° reazione
Questa è la prima tappa della fase di recupero della
glicolisi. Si ha la fosforilazione e la contemporanea
ossidazione della gliceraldeide 3 fosfato, formando
l’ 1,3-bisfosfoglicerato. La reazione è catalizzata
dalla gliceraldeide 3 fosfato deidrogenasi. Il gruppo
fosfato questa volta non deriva dall ATP ma si trova sotto forma di fosfato inorganico. La reazione è accoppiata
alla riduzione di una molecola di NAD+ a NADH. Il prodotto della reazione ha un energia libera di idrolisi molto
elevata quindi la sua reazione di idrolisi è accompagnata da un rilascio di energia

7° reazione
In questa reazione si ha la produzione della prima
molecola di ATP. L enzima fosfoglicerato chinasi
trasferisce il gruppo fosforico dal gruppo carbossilico
dell’1,3-bisfosfoglicerato all ADP, formando ATP e
3 fosfoglicerato. La reazione è simile a quella dell
esochinasi (reazione1). La settima reazione e
quella precedente ( endoergonica ) formano
insieme un processo di accoppiamento energetico
in cui l’ 1,3- bisfosfoglicerato è l intermedio comune.
Sommando le due reazione possiamo notare che la reazione complessiva è esoergonica. La formazione
di ATP mediante il trasferimento di gruppi fosforici da un substrato all ADP è detta fosforilazione a livello del
substrato per distinguerla dalla fosforilazione ossidativa dipendente dalla respirazione cellulare.

8° reazione
In questa reazione catalizzata dall enzima
fosfoglicerato mutasi si ha l isomerizzazione
del 3 fosfoglicerato in 2 fosfoglicerato.
Si verifica il trasferimento del gruppo fosfato
dal carbonio 3 al carbonio 2.
9° reazione
In questa reazione il 2 fosfoglicerato viene
convertito in fosfoenolpiruvato con la perdita
di una molecola d acqua. La reazione è
catalizzata dall enzima enolasi. In questo modo
aumenta l energia libera standard di idrolisi del
gruppo fosfato.

10° reazione
Durante quest’ ultima reazione avviene
la formazione di un'altra molecola di ATP.
L’enzima piruvato chinasi catalizza il trasferimento
del gruppo fosfato dal fosfoenolpiruvato all ADP,
si forma cosi ATP e piruvato. Il piruvato però
compare prima in forma enolica che tramite
tautomerizzazione viene convertito in forma
chetonica. La reazione 10 è irreversibile poiche esoergonica ed è un sito di controllo della glicolisi.

Le due molecole di NADH che si formano nel citosol durante la glicolisi sono riossidate in condizioni aerobiche
mediante il trasferimento dei loro elettroni alla catena respiratoria che è localizzata nei mitocondri. L’accettore
finale è l ossigeno. Questo trasferimento genera energia necessaria alla sintesi di ATP attraverso la fosforilazione
ossidativa.

Destini del piruvato


Il piruvato, prodotto finale della glicolisi può andare incontro a 3 diverse vie metaboliche in base alla presenza o
meno di ossigeno.
fermentazione lattica: si verifica in condizioni di insufficiente apporto di ossigeno come nel muscolo scheletrico.
Il piruvato viene ridotto a lattato grazie all’ enzima lattato deidrogenasi e il NADH viene ossidato a NAD+. Le due
molecole di NAD+ rigenerate bilanciano la riduzione del NAD+ in NADH durante la sesta fase della glicolisi.
In alcuni tipi di tessuti e cellule come negli eritrociti viene prodotto lattato dal glucosio anche in condizioni
aerobiche. L'equilibrio della reazione di fermentazione lattica favorisce fortemente la formazione dell' acido
lattico dato il valore molto negativo della sua variazione di energia libera standard.
Quando il lattato viene prodotto in grandi quantità durante un intenso lavoro muscolare, l'acidificazione del
muscolo e del sangue dovuta alla ionizzazione dell'acido lattico provoca dolore.

Il lattato che si forma nel muscolo che si contrae può essere riciclato. Esso viene trasportato fino al fegato, dove
viene ossidato di nuovo a piruvato ad opera della lattato deidrogenasi e convertito dopo in glucosio, si ottiene cosi
il ciclo di cori.

Nei mammiferi lo stesso enzima, la lattato deidrogenasi (LDH), catalizza sia la riduzione del piruvato ad acido
lattico che l ossidazione dell'acido lattico a piruvato.
La modulazione delle due reazioni viene ottenuta grazie alla presenza di due differenti tipi di subunità della LDH,
la subunità M e la H, che insieme formano cinque isozimi tetramerici: M4, M3H, M2H2, MH3 e H4. Sebbene
queste forme ibride siano presenti nella maggior parte dei tessuti, le subunità H predominano nei tessuti
aerobici come il muscolo cardiaco, mentre le subunità M nei tessuti che sono soggetti a condizioni anaerobiche
quali il muscolo scheletrico e il fegato. La LDH H4 ha un basso valore di Km per il piruvato ed è inibita
allostericamente da alti livelli di questo metabolita, mentre l'isozima M4 ha un alto valore di K m per il piruvato e
non viene da esso inibita. Gli altri isoenzimi hanno proprietà intermedie che variano con il rapporto dei due tipi
di subunità. È stato quindi proposto, che la LDH di tipo H è meglio adatta a catalizzare l'ossidazione del lattato a
piruvato, mentre la LDH di tipo M è meglio adatta a catalizzare la reazione inversa.

Fermentazione alcolica: si verifica nel lievito e in alcuni microrganismi. Il piruvato prodotto dalla glicolisi viene
convertito in etanolo e CO2 in un processo a 2 tappe. Anche qui viene rigenerato NAD+ a partire dal NADH
formato nella glicolisi. Nella prima fase il piruvato viene decarbossilato in una reazione irreversibile catalizzata
dalla piruvato decarbossilasi (non presente negli animali) formando l’ acetaldeide. La piruvato decarbossilasi
richiede Mg2+ e ha come coenzima la tiamina pirofosfato (TPP), questo coenzima deriva dalla vitamina B1
(tiamina). L’ assenza di questa vitamina nella dieta dell'uomo porta alla malattia nota con il nome di beriberi
caratterizzata dall'accumulo di fluidi corporei dolore, paralisi e che può portare anche alla morte.
Nella seconda tappa l acetaldeide viene ridotta ad etanolo ad opera dell’ alcol deidrogenasi con conseguente
rigenerazione del NAD+.
Così come nella fermentazione lattica, il numero di molecole di piruvato utilizzate è uguale al numero di
molecole di NADH riossidate.

La tiamina è formata da un anello pirimidinico


(2,5-dimetil-6- ammino pirimidina) e da un anello
tiazolico (4-metil-5-idrossietil tiazolico) legati tra
loro da un ponte metilenico

In condizioni aerobiche quindi in tessuti e cellule ricche di ossigeno il piruvato viene ossidato con perdita del suo
gruppo carbossilico sotto forma di CO2 e i due atomi di carbonio che restano formano l’Acetil-CoA attraverso il
complesso della piruvato deidrogenasi. In seguito il gruppo acetilico viene completamente ossidato a 2 molecole
di CO2 nel ciclo di KREBS e l’ energia liberata viene conservata nei coenzimi ridotti 3 molecole di NADH, una di
FADH2, e una di GTP.

Nella maggior parte degli organismi gli esosi diversi dal glucosio possono entrare nella glicolisi in diversi punti.
Ad esempio il D fruttosio può essere fosforilato dall esochinasi per formare il fruttosio 6 fosfato. Nel muscolo e
nel rene dei vertebrati questa è la principale via di utilizzo del fruttosio. Nel fegato il fruttosio entra nella glicolisi
attraverso una via diversa, esso infatti viene fosforilato dall'enzima fruttochinasi, il gruppo fosforico però viene
aggiunto all atomo di carbonio 1 formando il fruttosio 1 fosfato. Questo composto viene poi scisso in
gliceraldeide e diidrossiacetone fosfato dall'enzima fruttosio 1 fosfato aldolasi. Il diidrossiacetone fosfato viene
convertito in gliceraldeide 3 fosfato dalla triosio fosfato isomerasi, mentre la gliceraldeide viene fosforilata da
parte della triosio chinasi formando così la gliceraldeide 3 fosfato . Entrambi i prodotti del fruttosio 1 fosfato
entrano quindi nella glicolisi sotto forma di gliceraldeide 3 fosfato.
Il D Galattosio viene prima fosforilato a livello dell'atomo di carbonio 1 a spese dell’ ATP dall'enzima
galattochinasi, Il galattosio 1 fosfato prodotto viene trasformato il glucosio 1 fosfato il suo epimero. Il D-
mannosio viene prima fosforilato a livello del carbonio 6 dall’ esochinasi formando il mannosio 6 fosfato che
viene poi isomerizzato dalla fosfomannosio isomerasi in fruttosio 6 fosfato.

Regolazione della glicolisi


Il flusso del glucosio attraverso la via glicolitica deve essere regolato al fine di mantenere costanti i livelli di ATP,
ma anche per fornire alla cellula intermedi della glicolisi da utilizzare per la biosintesi. In una generale via
biochimica il flusso di materiali attraverso di essa dipende dall’ attività degli enzimi che catalizzano le reazioni. In
ogni via metabolica esiste almeno una reazione catalizzata da un enzima regolatore, dove la velocità non
dipende dalla presenza di substrato ma soltanto dall’ attività dell’ enzima e la reazione è detta tappa che limita o
controlla la velocità della via metabolica. L’ enzima risponde ad una varietà di modulatori allosterici che
segnalano la mancanza di prodotti di ciascuna via. In genere le reazioni catalizzate da questi enzimi sono molto
esoergoniche e quindi irreversibili.
Il controllo della glicolisi avviene tramite la regolazione degli enzimi delle tre reazioni irreversibili che sono
esoergoniche, ovvero esochinasi nella reazione 1, fosfofruttochinasi nella reazione 3 e piruvato chinasi nella
reazione 10.

L'attività dell'esochinasi viene inibita allostericamente dal prodotto stesso della reazione ovvero il glucosio 6
fosfato. La disponibilità di glucosio in forma defosforilata è molto importante per mantenere la glicemia poiché il
glucosio può facilmente uscire dalla cellula e immettersi nel sistema circolatorio. I mammiferi hanno diverse
forme di esochinasi tutte capaci di catalizzare la conversione del glucosio in glucosio 6- fosfato. Gli enzimi diversi
in grado di catalizzare la stessa reazione sono detti isozimi o isoenzimi. Nel fegato troviamo la glucochinasi detta
anche esochinasi D. Quando la concentrazione di glucosio nel fegato ( che corrisponde a quella nel sangue) è
alta, la glucochinasi lo converte in glucosio 6 fosfato.

L'enzima fosfofruttochinasi è il più importante punto di controllo della glicolisi e viene inibito dall ‘ATP e dal
citrato che segnalano un'abbondanza di energia ed intermedi metabolici. Quando l ATP è abbondante esso si
lega al sito allosterico dell enzima e abbassa la sua affinità per il substrato ovvero il fruttosio 6 fosfato. L enzima
invece viene attivato da ADP, AMP e dal fruttosio 2-6 bisfosfato che indicano una richiesta di energia.
L'inibizione dell'enzima fosfofruttochinasi rispetto all esochinasi permette di mantenere attive altre vie
metaboliche del glucosio che utilizzano il glucosio 6 fosfato che invece non verrebbe prodotto in caso di
inibizione dell'esochinasi.

L'enzima piruvato chinasi infine viene inibito allostericamente dell'ATP e dall acetil-CoA e anche dagli acidi grassi
a catena lunga ovvero tutte quelle molecole che segnalano una abbondante disponibilità energetica. Inoltre tutti
e tre i punti di controllo rispondono alle variazioni degli ormoni coinvolti nella regolazione della glicemia che
sono l'insulina che promuove la glicolisi e il glucagone che invece la inibisce.
Via del pentosio fosfato
Questa via metabolica detta anche via del fosfogluconato, avviene nel citosol e viene utilizzata per la
degradazione del glucosio 6-fosfato (alternativa alla glicolisi) producendo NADPH con potere riducente. La
biosintesi di NADPH è importante nei tessuti in cui sono attive le biosintesi di acidi grassi e degli steroli
(es.colesterolo) come nel fegato , nella ghiandola mammaria o nel tessuto adiposo dove il NADPH riduce i doppi
legami e i gruppi carbonilici degli intermedi. In altri tessuti meno attivi nella sintesi degli acidi grassi come il
muscolo scheletrico la via del pentosio fosfato è assente. Oltre a NADPH la via del pentosio fosfato genera
zuccheri a 5 atomi di carbonio come il ribosio presente in molte biomolecole come gli acidi nucleici. È un
processo costituito da 4 reazioni.

1° reazione
Consiste in una reazione di deidrogenazione del glucosio 6 fosfato catalizzata dal glucosio 6-fosfatodeidrogenasi
(G6PD) producendo il 6-fosfoglucono-lattone (estere ciclico). La reazione porta all ossidazione dell’ ossidrile sul
primo carbonio a gruppo chetonico. L’accettore di elettroni è il NADP+ che porta alla formazione di NADPH. L’
enzima è specifico per il NADP+ e viene fortemente inibito dall’ NADPH.

2° reazione
il 6 fosfoglucono-lattone viene idrolizzato dall’ enzima 6-fosfogluconolattonasi con produzione del 6-
fosfogluconato.

3° reazione
Il 6 fosfogluconato va incontro ad una deidrogenazione e una decarbossilazione da parte della 6 fosfogluconato
deidrogenasi producendo il D-ribulosio 5 fosfato e una seconda molecola di NADPH

4° reazione
La fosfopentosio isomerasi converte il ribulosio 5 fosfato nel suo isomero il D-ribosio 5-fosfato, essenziale
precursore nella biosintesi dei nucleotidi. Questa è una reazione predominante nelle cellule in fase di
duplicazione. In assenza di duplicazione è favorita un’ altra reazione catalizzata dalla ribulosio 5-fosfato
epimerasi che trasforma il ribulosio 5-fosfato in xilulosio 5-fosfato.

Dallo xilulosio 5 fosfato possiamo ottenere nuovamente il glucosio 6 fosfato e anche altri composti. Un enzima
chiamato transchetolasi unito alla tiamina pirofosfato catalizza il trasferimento di un frammento a due atomi di
carbonio dallo xilulosio 5 fosfato al ribosio 5 fosfato formando un prodotto a 7 atomi di carbonio chiamato
sedoeptulosio 7 fosfato mentre i restanti 3 atomi di carbonio dello scheletro dello xilulosio escono sotto forma
di gliceraldeide 3 fosfato. Successivamente la transaldolasi catalizza una reazione simile a quella dell'aldolasi
nella glicolisi. Dal sedoeptulosio 7 fosfato viene rimosso un frammento a 3 atomi di carbonio che si condensa
con la gliceraldeide 3 fosfato formando il fruttosio 6 fosfato mentre i rimanenti 4 atomi di carbonio del
sedoeptulosio 7 fosfato escono sotto forma di eritrosio 4 fosfato. La transchetolasi agisce nuovamente
formando fruttosio 6 fosfato e gliceraldeide 3 fosfato partendo da eritrosio 4 fosfato e xilulosio 5 fosfato
BIOSINTESI DEI CARBOIDRATI
La maggior parte degli organismi possono sintetizzare glucosio a partire da composti più semplici come il
piruvato, il lattato, il glicerolo e alcuni amminoacidi. Il processo di formazione del glucosio prende il nome di
gluconeogenesi e si verifica principalmente nel fegato e in maniera minore nella corteccia surrenale, in
condizioni di digiuno e dopo uno sforzo fisico intenso, la sua funzione è quella quindi di produrre glucosio per
esportarlo poi agli altri tessuti. Le sostanze per entrare nella via gluconeogenetica devono essere trasformate in
ossalacetato uno degli intermedi del ciclo di krebs. Per gran parte, la gluconeogenesi è l'inverso della glicolisi
ma nella glicolisi troviamo tre tappe irreversibili che quindi non possono essere utilizzate nella gluconeogenesi.
Queste tre tappe sono la numero 1 la 3 e la 10 e vengono dette deviazioni
-reazione 1: la conversione del glucosio in glucosio 6-fosfato ad opera dell’ esochinasi
-reazione 3: la fosforilazione del fruttosio 6-fosfato a fruttosio 1,6 bisfosfato da parte della fosfofruttochinasi-1
-reazione 10: la conversione del fosfoenolpiruvato in piruvato da parte della piruvato chinasi.

La gluconeogenesi partendo dal piruvato inizia con la conversione di questo in fosfoenolpiruvato.


Questa reazione è la prima deviazione che incontriamo. Il piruvato viene prima trasportato dal citosol ai
mitocondri oppure può essere anche prodotto direttamente nei mitocondri dall alanina per transaminazione,
successivamente l'enzima piruvato carbossilasi (enzima mitocondriale) che richiede biotina come cofattore
converte il piruvato in ossalacetato. La biotina svolge il ruolo di cofattore di diverse carbossilasi ATP-dipendenti.
Essa è legata al sito attivo dell'enzima tramite un legame peptidico che si forma tra il gruppo carbossilico
dell'acido valerianico ed un gruppo aminico di un residuo di lisina. La reazione di carbossilazione, in cui
interviene la biotina, prevede il trasferimento di una molecola di CO2 da un donatore ad un accettore, passando
per un intermedio in cui la vitamina fissa la CO2 su uno degli atomi di azoto dell'anello imidazolico, formando
così la carbossibiotina. Il passaggio ad ossalacetato richiede una molecola di bicarbonato ed energia proveniente
dalla separazione di un gruppo fosfato dall'ATP con produzione così di ADP e fosfato inorganico.

Per essere ritrasportato nel citosol l’ ossalacetato viene poi ridotto reversibilmente a malato dalla malato
deidrogenasi a spese del NADH. Il malato grazie ad un trasportatore (malato alfa chetoglutarato) presente nella
membrana mitocondriale interna, esce dai mitocondri e una volta giunto nel citosol viene riossidato ad
ossalacetato con la contemporanea produzione di NADH citosolico. Nel citosol l’ossalacetato viene convertito in
fosfoenolpiruvato dalla fosfoenolpiruvato carbossichinasi in cui il donatore del gruppo fosforico è il GTP.

Le altre reazioni proseguono identiche alla glicolisi ma nel senso opposto finché non si incontra la seconda
deviazione (che corrisponde alla reazione 3 della glicolisi). In questa deviazione si ha la trasformazione del
fruttosio 1,6-bisfosfato in fruttosio 6-fosfato catalizzata dalla fruttosio 1,6 bisfosfatasi che promuove l’ idrolisi
del gruppo fosforico sul carbonio 1 ma non il trasferimento del gruppo fosforico all ADP.
Infine la terza deviazione (che corrisponde alla reazione 1 della glicolisi) consiste nella trasformazione del
glucosio 6-fosfato in glucosio libero. Questa reazione che richiede una molecola d acqua è catalizzata dall’
enzima glucosio 6-fosfatasi (presente nel fegato e nelle cellule renali). Anche qui il gruppo fosforico non viene
trasferito all ADP.
Bilancio energetico
La gluconeogenesi è un processo energeticamente dispendioso si consumano 4 molecole di ATP e due molecole
di GTP per convertire due molecole di piruvato in una di glucosio. Sono inoltre necessarie due molecole di NADH
per la conversione di due molecole di 1,3 bisfosfoglicerato in gliceraldeide 3 fosfato.

Questa via biosintetica può essere percorsa non solo a partire dal piruvato
ma anche da intermedi a 4-5-6 atomi di carbonio provenienti dal ciclo di krebs
che vengono trasformati in ossalacetato. Possono essere utilizzati anche
gli scheletri carboniosi degli amminoacidi per la produzione di glucosio e
sono detti per questo glucogenici. L’ alanina e la glutammina sono importanti
perché trasportano i gruppi amminici dai tessuti extraepatici al fegato. Dopo il
distacco del gruppo amminico lo scheletro carbonioso rappresentato da
piruvato e alfa chetoglutarato viene immesso nella gluconeogenesi. Nei
mammiferi gli acidi grassi non possono essere convertiti in glucosio poiché la
degradazione di essi porta alla produzione di acetil Coa e questo non può essere
utilizzato come precursore del glucosio. La reazione della piruvato deidrogenasi
che converte il piruvato in acetil Coa infatti non è reversibile.

Regolazione della gluconeogenesi


La gluconeogenesi e la glicolisi sono regolate in modo coordinato. Glicolisi e gluconeogenesi non avvengono
contemporaneamente in quanto nelle due vie troviamo enzimi che sono regolati da modulatori allosterici
comuni. Gli enzimi regolatori della gluconeogenesi sono il piruvato carbossilasi e il fruttosio 1,6-bisfosfatasi.
Quando le richieste energetiche nella cellula sono soddisfatte, la fosforilazione ossidativa rallenta, il NADH non
viene più consumato e il ciclo dell'acido citrico viene inibito, provocando così un accumulo di acetil-coa. Questo
svolge due azioni opposte, funge da modulatore negativo della piruvato deidrogenasi ovvero l'enzima che
trasforma il piruvato in acetil-coa, al tempo stesso funge da modulatore positivo allosterico della piruvato
carbossilasi enzima che converte il piruvato in ossalacetato che viene successivamente trasformato in glucosio
durante la gluconeogenesi.
L enzima fruttosio 1,6 bisfosfatasi viene inibito dall AMP mentre il corrispondente enzima glicolitico la
fosfofruttochinasi-1 è stimolato dall AMP e dall ADP mentre è inibito dall ATP e dal citrato.
Anche il fruttosio 2,6-bisfosfato modula la glicolisi e la gluconeogenesi. Esso è un attivatore della
fosfofruttochinasi 1 e quindi della glicolisi e al tempo stesso è un inibitore della fruttosio 1,6 bisfosfatasi quindi
provoca un rallentamento della gluconeogenesi.
Le concentrazioni di fruttosio 2,6-bisfosfato sono regolate da due enzimi facenti parte della stessa proteina
bifunzionale. Questi enzimi sono la fosfofruttochinasi-2 e il fruttosio 2,6- bisfosfatasi che catalizzano
rispettivamente la formazione e la demolizione del fruttosio 2,6-bisfosfato. Questi due enzimi sono sotto
controllo ormonale del glucagone e dell’ insulina. Il glucagone viene rilasciato in conseguenza di un basso livello
di glucosio nel sangue, provocando una diminuzione dei livelli di fruttosio 2-6 bisfosfato nel fegato. Cosi il
consumo di glucosio da parte della glicolisi viene rallentato e di conseguenza la produzione di glucosio nella
gluconeogenesi per l'esportazione aumenta.

Il metabolismo del glicogeno


Il glicogeno è un polisaccaride costituito solo da unità di glucosio e con ramificazioni ogni
8-10 residui, funge da riserva di glucosio nelle cellule animali ed è localizzato nel fegato, nel muscolo scheletrico
e in minor misura nel rene. Nelle cellule muscolari il glicogeno è una riserva di energia immediatamente
disponibile e può essere totalmente consumato a seguito di attività fisica intensa. Il glicogeno epatico
rappresenta una riserva di glucosio per gli altri tessuti quando questo non è più disponibile, e il bilancio tra la
sintesi e la degradazione del glicogeno assicura la costanza della glicemia. Le ramificazioni del glicogeno sono
molto importanti perché aumentano la solubilità in acqua del glicogeno e costituiscono i siti di attacco degli
enzimi di degradazione e di sintesi.
La sintesi del glicogeno è detta GLICOGENOSINTESI.
La degradazione del glicogeno è detta GLICOGENOLISI
La sintesi del glicogeno avviene in tutti i tessuti animali ma soprattutto nel fegato e nel tessuto muscolare. Il
punto di partenza è il glucosio 6-fosfato che viene convertito in glucosio 1-fosfato dall’ enzima fosfoglucomutasi.
Successivamente si ha l’idrolisi di una molecola ad alto contenuto energetico ovvero l’ uridina trifosfato (UTP)
che dal glucosio 1-fosfato porta alla formazione dell’ UDP glucosio grazie all’ azione dell’ UDP-glucosio-
pirofosforilasi. L’ unità glicosidica dell’ UDP-glucosio viene poi traferita sull’ OH in posizione 4 di un residuo di
glucosio di una delle estremità non riducenti del glicogeno attraverso l’ azione dell’ enzima glicogeno sintasi che
riesce ad allungare però una catena che ha già 8 residui. La glicogeno sintasi non può formare legami alfa 1 6
presenti nei punti di ramificazione, i quali vengono formati dall enzima ramificante detto amilo transglicosilasi.
Questo enzima catalizza il trasferimento di un frammento di 7 residui glucidici dall’ estremità non riducente sull’
OH in posizione 6 di un residuo della stessa catena o di una catena diversa. Il punto di ramificazione si troverà ad
almeno 4 residui dal precedente e la catena da cui derivano le 7 unità di glucosio deve contenerne almeno 11.
Dato che il glicogeno sintasi ha bisogno di un primer rappresentato da una catena con almeno 8 residui,
interviene una proteina detta glicogenina. Essa permette l’ inizio della formazione della catena del glicogeno.
UDP-glucosio infatti trasferisce l unità glucosidica alla Tyr 194 della glicogenina, si ha l aggiunta poi di altre 7 unità
di glucosio. Una volta raggiunte le 8 unità può intervenire la glicogeno sintasi.

Cosi come per la glicolisi e la gluconeogenesi anche la sintesi e la demolizione del glicogeno non sono
esattamente l’uno l’inverso dell altro.
La glicogenolisi è catalizzata da enzimi che producono glucosio 6-fosfato a partire dal glicogeno. Il primo enzima
che interviene è la glicogeno fosforilasi che catalizza la fosforilasi del legame 1-4 glicosidico tra due residui di
glucosio del glicogeno. Quindi il legame viene attaccato dal fosfato inorganico, con produzione di glucosio 1-
fosfato mentre la catena viene accorciata di un unità. Il piridossal fosfato è un cofattore della glicogeno
fosforilasi e promuove l attacco da parte del fosfato inorganico al legame glicosidico.
La glicogeno fosforilasi catalizza molte reazioni consecutive senza doversi dissociare dal glicogeno dopo ogni
ciclo di catalisi. L’ enzima agisce ripetutamente sulle estremità non riducenti rilasciando glucosio 1-fosfato
finché il residuo di glucosio si trova a 4 residui dal punto di ramificazione e quindi il processo si blocca.
L’ ulteriore degradazione della glicogeno fosforilasi può avvenire solo dopo che il secondo enzima detto enzima
deramificante catalizza due reazione consecutive.

Il terzo enzima che interviene nella glicogenolisi è la


fosfoglucomutasi che catalizza l’ isomerizzazione del glucosio 1-
fosfato a glucosio 6-fosfato. Questo può essere usato per diversi
scopi, può entrare nella glicolisi o nella via del pentosio fosfato
secondo le necessità.
Inoltre nel fegato può essere usato per produrre glucosio quando il
suo livello nel sangue tende a diminuire.
La regolazione del metabolismo del glicogeno
La sintesi e la degradazione del glicogeno sono regolate in modo complementare. Si può avere sia un controllo
ormonale sia uno allosterico. Il controllo ormonale si manifesta mediante modifiche covalenti (fosforilazione)
degli enzimi interessati: la glicogeno fosforilasi e la glicogeno sintasi.
La glicogeno fosforilasi del muscolo scheletrico può avere due forme : la glicogeno fosforilasi A cataliticamente
attiva e la glicogeno fosforilasi B forma meno attiva. Quest’ ultima predomina nel muscolo a riposo, ma durante
un intensa attività fisica l’ ormone adrenalina innesca la fosforilazione di un residuo di serina della fosforilasi B
convertendola in fosforilasi A. La forma attiva della glicogeno fosforilasi demolisce il glicogeno rapidamente
rifornendo la cellula di glucosio 1 fosfato. L’ enzima fosforilasi B chinasi attivato dall’ adrenalina è responsabile
del trasferimento di un gruppo fosforico sul residuo di serina. Quando il muscolo torna a riposo un secondo
enzima la fosforilasi A fosfatasi rimuove il gruppo fosforico dalla fosforilasi A che ritorna in forma B inattiva.
Oltre a questo tipo di regolazione la fosforilasi viene regolata tramite un meccanismo di controllo allosterico.
Quando il muscolo si trova sottoposto ad un'attività intensa viene accumulata una grande quantità di AMP
all'interno delle cellule. In queste condizioni si attiva la fosforilasi mentre quando i livelli di ATP ritornano elevati,
l ATP blocca i siti allosterici di legame per l’AMP e in questo modo l'enzima viene inattivato.

Nel fegato la glicogeno fosforilasi viene regolata dall' ormone glucagone e anche da meccanismi di tipo
allosterico. Quando i livelli di glucosio nel sangue sono bassi il glucagone attiva la fosforilasi B chinasi che
converte la fosforilasi B nella forma attiva A promuovendo così il rilascio di glucosio nel sangue. Quando i livelli
di glucosio in circolo tornano normali il glucosio negli epatociti si lega ad un sito allosterico della fosforilasi A
questo legame produce una modificazione conformazionale della fosforilasi che porta ad esporre i suoi residui di
Serina fosforilati all'azione della fosforilasi A fosfatasi che inattiva l'enzima.

Analogamente alla fosforilasi anche la glicogeno sintasi può essere fosforilata o defosforilata. Al contrario della
glicogeno fosforilasi però nella forma attiva la glicogeno sintasi A non è fosforilata. La fosforilazione dei residui di
serina a carico di una proteina chinasi converte la glicogeno sintasi A in glicogeno sintasi B, che è inattiva. La
reazione inversa ovvero l’idrolisi dei gruppi fosforici dei residui di Serina e quindi la conversione della sintasi
nella forma attiva, è catalizzata da una fosfoproteina fosfatasi.
Quindi ricapitolando la fosforilazione ha effetti opposti sugli enzimi che regolano sintesi e degradazione del
glicogeno. Se gli enzimi sono fosforilati si verifica la demolizione mentre se gli enzimi sono defosforilati la via
operante è la sintesi. Adrenalina e glucagone favoriscono la fosforilazione quindi demolizione del glicogeno,
mentre l insulina favorisce la defosforilazione e quindi la sintesi del glicogeno.

IL CICLO DELL’ ACIDO CITRICO


Per la maggioranza delle cellule eucariote la glicolisi è solo la prima fase della completa ossidazione del glucosio.
Il piruvato prodotto dalla glicolisi in presenza di ossigeno viene ulteriormente ossidato a CO 2 e H2O durante il
ciclo dell acido citrico e la catena respiratoria. L’ insieme di tutti questi processi prende il nome di respirazione
cellulare ed indica quei processi molecolari attraverso cui le cellule consumano O2 per produrre CO2. Durante le
varie reazioni viene rilasciata energia convertita in ATP durante la fosforilazione ossidativa. Non solo il glucosio
ma anche gli altri zuccheri, acidi grassi e la maggior parte degli amminoacidi sono ossidati a CO 2 e H2O attraverso
il ciclo di krebs e la catena respiratoria. Il ciclo di krebs ha luogo nella matrice mitocondriale ed è un processo
che ci consente di legare vie cataboliche a vie anaboliche. Si tratta di un processo ciclico di 8 reazioni che porta
all’ ossidazione dell’Acetil-CoA a due molecole di CO2, l’ energia liberata viene conservata sotto forma di
coenzimi ridotti: 3 molecole di NADH , una di FADH2 e inoltre una molecola di GTP o ATP.

Il piruvato prima di entrare nel ciclo di krebs deve essere convertito in acetil-CoA e CO 2 grazie all azione di un
gruppo di 3 enzimi organizzati nel complesso della piruvato deidrogenasi localizzato nei mitocondri. La reazione
complessiva è detta decarbossilazione ossidativa, è un processo di ossidazione irreversibile in cui il gruppo
carbossilico viene rimosso dal piruvato sotto forma di CO2. I due restanti atomi di carbonio si legano al CoA-SH
per formare l acetil –CoA. Il NADH formato rilascerà gli elettroni nella catena respiratoria.

Il complesso della piruvato deidrogenasi è costituito da molte copie di tre enzimi diversi che sono il piruvato
deidrogenasi (E1) il diidrolipoil transacetilasi (E2) e il diidrolipoil deidrogenasi (E3). Inoltre richiede la presenza
anche di cinque coenzimi : la tiamina pirofosfato(TPP), il FAD, il coenzima A, il NAD e il lipoato. In questo
sistema sono coinvolte 4 vitamine, la tiamina per la TPP, la riboflavina per il FAD, la niacina per il NAD e l acido
pantotenico per il coenzima A. L’ E1 ha legata a se la TPP, l’E2 porta il lipoato mentre l’E3 contiene il FAD. Il
lipoato presenta, nella forma ridotta entrambi gli atomi di zolfo sotto forma di gruppi SH mentre l'ossidazione
produce un ponte disolfuro simile a quello che si genera tra due residui di cisteina in una proteina. Data la
capacità di andare incontro a reazioni di ossidoriduzione il lipoato può servire come trasportatore di elettroni e
anche come trasportatore di acili.
Il coenzima A ha un gruppo reattivo tiolico (-SH) essenziale per trasportare i gruppi acilici. Questi quando si
legano al gruppo tiolico formano tioesteri con un elevata energia libera di idrolisi , cio significa che hanno un alto
potenziale di trasferimento del gruppo acilico.

La decarbossilazione e la deidrogenazione del piruvato con formazione dell’ acetil-CoA avviene in cinque fasi. La
prima tappa è uguale alla reazione catalizzata dalla piruvato decarbossilasi che vediamo nella fermentazione
alcolica, quindi l'atomo di carbonio 1 viene rilasciato sotto forma di anidride carbonica. L'atomo di carbonio 2
viene legato alla TPP unita all enzima E1 formando un gruppo idrossietilico. L'enzima E1 catalizza anche la
tappa 2 nella quale il gruppo idrossietilico viene ossidato ad acido carbossilico e i due elettroni rimossi riducono
l'acido lipoico unito all'enzima E2 formando così due gruppi SH. L’ acetato prodotto viene immediatamente
esterificato a uno dei due gruppi SH dell'acido lipoico. Nella tappa 3 catalizzata dall'enzima E2 si ha una
transesterificazione in cui il gruppo SH del coenzima A sostituisce il gruppo SH dell'acido lipoico, si forma così l’
Acetil-CoA. Le tappe 4 e 5 sono catalizzate dall'enzima E3 e consistono in una serie di trasferimenti di elettroni
necessari a rigenerare la forma ossidata dell'acido lipoico preparando il complesso per un altro ciclo di
ossidazione. Gli elettroni alla fine compaiono nel NADH passando attraverso il FAD.
Una volta formato, l acetil-CoA è pronto per entrare nel ciclo di krebs.

1° reazione
L’ acetil-CoA reagisce con l’ ossalacetato formando un intermedio, succesivamente una molecola d acqua
attacca il gruppo acetile provocando il distacco del CoA. Si forma cosi una molecola di citrato, un composto a 6
atomi di carbonio. La reazione è catalizzata dalla citrato sintasi. È una reazione fortemente esoergonica.

2° reazione
L’ enzima aconitasi catalizza la reazione di isomerizzazione reversibile del citrato in isocitrato, con formazione
dell’ intermedio cis-aconitato. Questa reazione avviene per disidratazione e successiva idratazione dell
intermedio. L ossidrile dal carbonio 3 viene spostato al carbonio 4.

3° reazione
Si ha la decarbossilazione ossidativa dell’ isocitrato ad alfa chetoglutarato con l’ eliminazione della prima
molecola di CO2 e formazione di NADH. La reazione è catalizzata dall’ enzima isocitrato deidrogenasi e avviene in
due fasi: l ossidrile sul carbonio 4 viene ossidato con riduzione del NAD+, si forma un intermedio il quale subisce
decarbossilazione perdendo il gruppo carbossilico legato al carbonio 3 sotto forma di CO 2. Il carbonio della
molecola di CO2 non appartiene all’ acetil-CoA entrato nel ciclo ma all’ ossalacetato.
4° reazione
Si ha una seconda decarbossilazione ossidativa in cui l’ alfa chetoglutarato viene trasformato in succinil-CoA con
perdita della seconda molecola di CO2 e formazione di NADH.
Questa reazione è catalizzata dall’ alfa chetoglutarato deidrogenasi è un complesso mutienzimatico molto simile
alla piruvato deidrogenasi, costituito da 3 enzimi e 5 cofattori.
Anche in questo caso il carbonio della molecola di CO2 appartiene all’ ossalacetato.

5° reazione
Il succinil- CoA sintetasi catalizza questa reazione in cui viene generata una molecola ad alta energia di GTP.
Prima un fosfato inorganico si sostituisce al CoA e successivamente il gruppo fosfato viene ceduto ad una
molecola di GDP con produzione di GTP e succinato

6° reazione
Il succinato viene trasformato in fumarato attraverso una reazione di deidrogenazione catalizzata dalla succinato
deidrogenasi. Gli elettroni sottratti al succinato passano al FAD sintetizzando FADH 2. Il FAD è legato
covalentemente alla succinato deidrogenasi per cui possiamo considerarlo come un gruppo prostetico piuttosto
che come un coenzima. Ogni molecola di FADH2 produce 1,5 molecole di ATP durante la fosforilazione.

7° reazione
Il fumarato va incontro a idratazione reversibile diventando L-malato. La reazione è catalizzata dalla fumarato
idratasi. L’ enzima è stereospecifico e non agisce sull isomero cis del fumarato detto maleato.
8° reazione
La malato deidrogenasi NAD dipendente catalizza l’ ossidazione del L-malato ad ossalacetato con formazione del
NADH. È una reazione altamente endoergonica ma dato che l ossalacetato viene consumato continuamente
nella prima reazione del ciclo, l equilibrio della reazione è spostato verso la formazione dell ossalacetato.

Bilancio
Nel ciclo è entrato un gruppo acetilico con due atomi di carbonio che si è combinato all’ ossalacetato. I due
atomi di carbonio sono poi usciti dal ciclo sotto forma di due molecole di CO2 dall’ ossidazione prima dell’
isocitrato e poi dell’ alfa chetoglutarato. L’ energia ricavata da queste ossidazioni è stata conservata mediante la
riduzione di 3 molecole di NAD+ e una di FAD e la formazione di una molecola di GTP o ATP e alla fine del ciclo è
stata rigenerata una molecola di ossalacetato. Il ciclo produce di per 1 molecola di ATP, ma le molecole di NADH
e FADH2 trasferiscono poi gli elettroni alla catena respiratoria con produzione di un gran numero di molecole di
ATP durante la fosforilazione ossidativa. Ogni molecola di NADH produce 2,5 molecole di ATP mentre una
molecola di FADH2 produce 1,5 molecole di ATP. Dato che le molecole di piruvato prodotte dal glucosio sono 2
il ciclo si ripete due volte per ogni molecola di glucosio.
Quando le due molecole di piruvato derivate dal glucosio sono ossidate a 6 molecole di CO 2 e gli elettroni sono
trasferiti all ossigeno dalla catena respiratoria, si ha il guadagno totale di 32 molecole di ATP per molecola di
glucosio. Precisamente si ottengono 2 ATP + 5 ATP (dopo l ossidazione del NADH) dalla glicolisi, 5 ATP dall
ossidazione del NADH ricavato dal passaggio da piruvato ad acetil-CoA e infine 2 ATP(o GTP) + 18 ATP dall
ossidazione delle 6NADH e 2FADH2 prodotte durante il ciclo dell acido citrico.

Il ciclo di krebs è una via anfibolica, serve cioè sia ai processi anabolici sia a quelli catabolici. Non soltanto agisce
nel catabolismo di carboidrati, amminoacidi e acidi grassi, ma produce anche i precursori per molte vie
biosintetiche. Ad esempio l’alfa chetoglutarato e l’ ossalacetato vengono sottratti dal ciclo di krebs per la
biosintesi di amminoacidi. Quando al ciclo di krebs vengono sottratti intermedi da utilizzare come precursori in
altre vie, essi possono essere rimpiazzati attraverso reazioni anaplerotiche. In condizioni normali esiste un
bilanciamento tra le reazioni che rimuovono intermedi e quelle che li forniscono quindi la concentrazione di
questi composti resta costante. Tra le più importanti reazioni anaplerotiche troviamo:

La piruvato carbossilasi è inattiva in assenza di acetil-CoA che è il suo modulatore allosterico positivo.
Quando l’ acetil-CoA ovvero il combustibile del ciclo dell'acido citrico è presente in eccesso stimola la reazione
della piruvato carbossilasi a produrre più ossalacetato consentendo quindi al ciclo di krebs di utilizzare più
molecole di acetil.
Regolazione del ciclo dell acido citrico
La regolazione del ciclo di Krebs avviene inizialmente a livello della conversione del piruvato in acetil-CoA grazie
al complesso della piruvato deidrogenasi. Questo complesso è fortemente inibito dell'ATP, dall’ acetil-CoA e dal
NADH. Invece l’ AMP , il coenzima A e il NAD+ le cui concentrazioni aumentano quando il flusso di unità
acetiche all'interno del ciclo è basso, attivano allostericamente il complesso della piruvato deidrogenasi. Quindi
possiamo anche dire che l'enzima viene inattivato quando è disponibile una grande quantità di combustibile e
quando è presente una grande quantità di energia sotto forma di ATP , mentre si attiva quando aumenta la
richiesta energetica. Inoltre la regolazione della piruvato deidrogenasi dei vertebrati è completata da un
secondo livello di regolazione mediante modificazione covalente infatti quando la quantità di ATP è alta essa
attiva una chinasi che aggiunge un gruppo fosfato ad un residuo di serina dell'enzima E2 inattivando il complesso
mentre se la quantità di ATP è bassa si attiva una fosfatasi che rimuove il fosfato.

Nel ciclo inoltre troviamo tre reazioni esoergoniche ovvero quelle catalizzate dalla citrato sintasi, dall isocitrato
deidrogenasi e dall alfa chetoglutarato deidrogenasi. Ciascuna può regolare il ciclo in particolari condizioni.
L’ enzima citrato sintasi è regolato dalla disponibilità di substrati ovvero acetil-coa e ossalacetato. Il NADH ,
prodotto dall' ossidazione dell’ isocitrato e dell'Alfa chetoglutarato quando viene accumulato, inibisce le reazioni
deidrogenasiche. Inoltre un accumulo dei prodotti inibisce le 3 reazioni. Il succinil Coa inibisce l’alfa
chetoglutarato deidrogenasi e anche la citrato sintasi, il citrato blocca la citrato sintasi , l’ATP inibisce sia la
citrato sintasi che l’ isocitrato deidrogenasi. Gli ioni calcio nel muscolo dei vertebrati sono il segnale per la
contrazione muscolare quindi per una richiesta di ATP, di conseguenza causano l'attivazione dell’ isocitrato
deidrogenasi e dell'alfa chetoglutarato deidrogenasi oltre al complesso della piruvato deidrogenasi.

INIBITORI ATTIVATORI

CITRATO MANCANZA DI SUBSTRATI PRESENZA DI SUBSTRATI


SINTASI SUCCINIL-COA , CITRATO, ATP ADP

ATP, NADH, ALFA- ADP, IONI Ca


ISOCITRATO
CHETOGLUTARATO
DEIDROGENASI
SUCCINIL-COA, NADH IONI Ca
CHETOGLUTARATO
DEIDROGENASI

I LIPIDI
Rappresentano le riserve energetiche del nostro organismo. Possono essere di DEPOSITO (che fungono da
riserva di energia per la cellula) e STRUTTURALI (che entrano nella costituzione delle membrane biologiche).
Sono costituite da acidi grassi e sono per la maggior parte insolubili in acqua poiché sono prevalentemente
apolari. Il gruppo funzionale degli acidi grassi è quello carbossilico posto alla fine della molecola, segue una
catena idrocarburica composta da 4 a 36 atomi di carbonio. Il gruppo carbossilico è polare mentre il resto della
catena è apolare, quindi più lunga è la catena più bassa è la solubilità in acqua al contrario gli acidi grassi con
catena corta sono piu solubili in acqua. In alcuni grassi questa catena è detta satura in quanto non contiene
doppi legami e non è ramificata in altri la catena è detta insatura perche contiene doppi legami. Gli acidi grassi
più comuni sono quelli a catena non ramificata e a numero pari di atomi di carbonio dai 12 ai 24. I grassi saturi
presentano una libera rotazione intorno ad ogni legame questo conferisce alla molecola flessibilità e permette
ad essa di compattarsi con altre catene attraverso legami idrofobici, quelli insaturi a causa dei doppi legami che
formano curve nella catena non sono compatti. A temperatura ambiente gli acidi grassi saturi hanno una
consistenza cerosa mentre quelli insaturi con la stessa lunghezza sono liquidi oleosi. I doppi legami sono sempre
in forma cis e la loro posizione non è casuale infatti nella maggior parte degli acidi grassi monoinsaturi il doppio
legame si trova tra gli atomi di carbonio 9 e 10 mentre in quelli polinsaturi gli altri doppi legami sono
solitamente posti dopo il dodicesimo e dopo il quindicesimo atomo di carbonio. Per nomenclare gli acidi grassi
possiamo utilizzare due numeri separati da due punti, il primo numero indica il numero di atomi di carbonio il
secondo invece il numero di doppi legami. La posizione dei doppi legami viene specificata con una sovrascritta
che segue il simbolo Delta.

I lipidi più semplici costruiti a partire dagli acidi grassi sono i gliceridi composti da catene di acidi grassi legate
tramite un legame estere ai gruppi ossidrilici del glicerolo. Dato che questo presenta tre gruppi ossidrilici
quando tutti e tre subiscono un processo di esterificazione si formano i trigliceridi. Il processo comporta la
perdita di una molecola d acqua per ogni legame. Le tre catene possono essere uguali o diverse , quando i
carboni 1 e 3 del glicerolo sono uniti a catene diverse, il carbonio 2 diventa un centro chiralico

Nei vertebrati alcune cellule


specializzate dette adipociti
conservano una grande quantità di
trigliceridi che fungono da riserva
energetica. Queste cellule sono
dotate anche di lipasi ovvero
enzimi che catalizzano l idrolisi dei
trigliceridi rilasciando cosi acidi
grassi che vengono indirizzati ai siti
dove vi è bisogno di energia.

Uno dei motivi per cui vengono utilizzati i trigliceridi come depositi energetici rispetto a polisaccaridi come
glicogeno e amido, sta nel fatto che i trigliceridi sono molecole idrofobiche quindi non idratate e gli organismi
così che conservano energia sotto forma di grassi non devono trasportare un peso extra di acqua. In alcuni
animali i trigliceridi conservati sotto la pelle fungono anche da isolamento contro le basse temperature
La maggior parte nei grassi naturali come quelli presenti in oli vegetali e grasso animale è rappresentata da
miscele di trigliceridi semplici e misti.

Fosfolipidi: sono lipidi contenenti fosfato. Tali molecole presentano una testa polare idrosolubile (cioè solubile
in acqua e non solubile nei solventi apolari) a base di fosfato e una coda apolare non idrosolubile (cioè non
solubile in acqua e solubile nei solventi apolari), per questo sono dette molecole anfipatiche. I fosfolipidi
partecipano alla struttura delle membrane cellulari. Si differenziano in fosfogliceridi e sfingolipidi.
I fosfogliceridi detti anche glicerofosfolipidi hanno tutti come base l enantiomero L del glicerolo 3 fosfato,
questo presenta legato al terzo carbonio un gruppo fosfato che sostituisce il gruppo OH. Ai due primi atomi di
carbonio si legano due catene di acidi grassi attraverso un legame estere mentre al gruppo fosfato si lega un
altro composto come ad esempio (la colina , l amminoacido serina , un'altra molecola di glicerolo)
Sfingolipidi: appartengono ai lipidi di membrana e hanno anche loro una testa polare e due code non polari ma
a differenza dei fosfogliceridi non hanno glicerolo. Questi sono composti da una molecola di sfingosina o da un
suo derivato legata tramite un legame ammidico al gruppo carbossilico di un acido grasso e da una testa polare
legata al carbonio 1. Quando abbiamo la sfingosina legata ad un acido grasso si forma un composto che fa
parte della famiglia delle ceramidi che è l unità comune a tutti gli sfingolipidi. In base poi all aggiunta di una
diversa testa polare possiamo avere:
le sfingomieline che possono essere incluse nei fosfolipidi in quanto la testa è rappresentata da fosfocolina o
fosfoetanolammina. Se la testa invece è rappresentata da uno o piu zuccheri e non contiene fosfato , si formano
i glicosfingolipidi. Infine si hanno i gangliosidi che sono i sfingolipidi piu complessi, che hanno teste formate da
oligosaccaridi complessi che terminano con uno o piu residui di acido sialico.

Gli steroli sono lipidi strutturali presenti nella membrana di molte cellule, la loro caratteristica strutturale è il
nucleo steroideo costituito da 4 anelli fusi,3 a sei atomi di carbonio e 1 a cinque. Questo nucleo è planare e
relativamente rigido, gli anelli fusi infatti non permettono nessuna rotazione intorno ai legami C-C. Il colesterolo
è il principale sterolo dei tessuti animali, è anfipatico con una testa polare ( gruppo oh sull atomo di carbonio 3)
e un corpo non polare rappresentato dal nucleo steroideo e la catena laterale sull atomo di carbonio 17. Gli
steroli servono anche come precursori di vari prodotti come gli ormoni steroidei e gli acidi biliari.

BIOSINTESI DEI LIPIDI


La biosintesi e la degradazione degli acidi grassi sono delle vie differenti , catalizzate da diversi enzimi e
localizzate in diversi compartimenti. Un'altra differenza sta nell intermedio a tre atomi di carbonio il malonil CoA
che partecipa alla biosintesi degli acidi grassi ma non alla via degradativa. La biosintesi è una via anabolica
molto dispendiosa dal punto di vista energetico (consumo di ATP). Avviene nel citosol delle cellule e
prevaletemene nel fegato, nel tessuto adiposo, e nella ghiandola mammaria. Richiede ATP, NADPH, Acetil-CoA e
Malonil-CoA (intermedio). L’ acetil-CoA che dovrà formare il malonil-CoA deriva dall ossidazione degli
amminoacidi e dalla decarbossilazione ossidativa del piruvato entrambi processi che si verificano nel
mitocondrio. La formazione del malonil-CoA a partire dall’ acetil-CoA è un processo irreversibile, catalizzato
dall’Acetil-CoA carbossilasi, il quale presenta tre regioni funzionali: la proteina che trasporta la biotina , la
biotina carbossilasi e la transcarbossilasi. Il processo avviene in due tappe : un gruppo carbossilico che deriva
dal bicarbonato (HCO3) viene legato alla biotina dalla biotina carbossilasi con consumo di una molecola di ATP
formando il complesso carbossibiotinil-enzima, in seguito avviene il trasferimento del gruppo CO2 all’ acetil-CoA
per messo della transcarbossilasi , con produzione del malonil-CoA e rigenerazione del biotinil-enzima.

La biosintesi degli acidi grassi avviene mediante 4 reazioni che si ripetono, catalizzate da un complesso
multienzimatico: l’ acido grasso sintasi (Fas). Questo nei vertebrati è costituito da un'unica catena polipeptidica
con 7 differenti domini catalitici ciascuno con un proprio sito attivo. Durante la sintesi gli intermedi sono legati
covalentemente a due gruppi tiolici: uno è il gruppo –SH di un residuo di cisteina di uno specifico dominio della
sintasi, e l’ altro è il gruppo –SH della proteina trasportatrice di acili. La proteina trasportatrice di acili (ACP) è la
navetta del sistema e contiene il gruppo prostetico 4-fosfopanteteina legato covalentemente al gruppo
ossidrilico di un residuo di Ser dell’ACP. Il gruppo prostetico agisce come braccio flessibile che trattiene le
catene di acido grasso durante la fase di allungamento sulla superficie dell’ acido grasso sintasi e trasferisce gli
intermedi delle varie reazioni da un sito attivo all’ altro.
Prima dell’ inizio del ciclo di 4 reazioni avviene un trasferimento del gruppo acetilico dell’acetil CoA al gruppo SH
del residuo di cisteina della beta-chetoacil-ACP sintasi (KS). Questa reazione è catalizzata dall acetil-CoA-ACP
transacetilasi (AT). Inoltre avviene il trasferimento del malonile dal malonil-CoA al gruppo SH dell’ ACP, questa
reazione è catalizzata dalla malonil-CoA-ACP transferasi (MT).
Il complesso dell acido grasso sintasi viene rappresentato come un disco in cui ogni segmento rappresenta una
delle 6 attività enzimatiche del complesso, al centro del disco invece si trova la proteina che trasporta gli acili
(ACP) con il suo braccio fosfopanteteinico.

ACP la proteina che trasporta gli acili (gruppo –SH)


AT acetil-CoA-ACP transacetilasi.
KS β-chetoacil-ACP sintasi (gruppo –SH di un residuo di Cys).
MT malonil-CoA-ACP transferasi.
KR β-chetoacil-ACP reduttasi.
HD β-idrossiacil-ACP deidratasi.
ER enoil-ACP reduttasi.

1° reazione: condensazione
Questa è una reazione di condensazione tra i gruppi attivati acetilico e malonilico per formare un gruppo
acetoacetilico cioè l’acetoacetil-ACP legato all’ACP attraverso il gruppo SH della fosfopanteteina.
Contemporaneamente viene rilasciata una molecola di CO2. Questa reazione è catalizzata dalla β-chetoacil-ACP
sintasi (KS). La CO2 è la stessa che abbiamo aggiunto nella carbossilazione da acetil-CoA a Malonil-CoA, quindi la
CO2 viene fissata solo transitoriamente e allontanata nella fase di allungamento. La reazione porta cosi
all’ allungamento della catena di 2 atomi di carbonio.

2° reazione: riduzione del gruppo carbonilico


L’ Acetoacetil-ACP subisce la riduzione del suo gruppo carbonilico presente sul C3 trasformandosi in D-beta-
idrossibutirril-ACP , questa reazione è catalizzata dalla beta-Chetoacil-ACP reduttasi e il donatore di elettroni è
NADPH.

3° reazione: deidratazione
Dagli atomi di carbonio c-2 e c-3 del D-beta-idrossibutirril-ACP viene rimossa una molecola d’acqua per formare
un doppio legame nel prodotto trans-Δ2-butenil-ACP. Questa reazione è catalizzata dal Beta-idrossiacil ACP
deidratasi.

4° reazione: riduzione del doppio legame


Il doppio legame del trans-Δ2- Butenil-ACP viene saturato producendo butirril-ACP da parte dell’ enzima enoil-
ACP reduttasi (ER) , anche in questa reazione il donatore di elettroni è NADPH.
Si completa cosi il primo ciclo, a questo punto il gruppo butirrilico viene trasferito dal gruppo SH della
fosfopanteteina a quello del residuo di cisteina della beta–chetoacil-ACP sintasi che inizialmente era occupato
dal gruppo acetilico. Per iniziare un nuovo ciclo di 4 reazioni, un altro malonile viene legato al gruppo SH della
fosfopanteteina sull ACP ora libero. Si ha la condensazione tra il gruppo butirrilico (che si comporta come quello
acetilico) e il malonile, viene rimossa anche qui CO2 e si forma un composto a sei atomi di carbonio. In seguito
alle altre 3 reazioni si forma un composto saturo a 6 atomi di carbonio. Per produrre il palmitato saturo sempre
legato all ACP sono necessari 7 cicli. Una volta formato tale composto, l allungamento della catena termina e
successivamente il palmitato viene staccato dall ACP per azione di un’attività idrolitica presente nel complesso
della sintasi. Il palmitato è il precursore di altri acidi grassi a catena lunga perchè può subire l’ allungamento
(aggiunta di unità acetiliche) e l’ insaturazione (formazione di doppi legami). L aggiunta di altre unità è
catalizzata dal sistema di allungamento degli acidi grassi presente nel reticolo endoplasmatico liscio. Il
meccanisco di allungamento è uguale a quello della formazione del palmitato. Il doppio legame in alcuni acidi
grassi è introdotto da una reazione ossidativa catalizzata dalla acil-CoA-desaturasi. L’ acido linoleico e l’acido
alfa-linoleico non possono essere sintetizzati nel nostro organismo, ma sono necessari come precursori per la
biosintesi di altri prodotti , per questo sono acidi grassi essenziali e vengono ricavati dai vegetali. Gli acidi grassi
sintetizzati possono essere usati nel fegato per il metabolismo ossidativo dei mitocondri e per la sintesi di
trigliceridi e fosfolipidi.

L’acetil CoA per uscire dai mitocondri nei quali è prodotto necessita di un particolare sistema in quanto la
membrana mitocondriale interna è impermeabile a questo composto. All'interno dei mitocondri l'acetil Coa
reagisce con l'ossalacetato formando citrato nella prima reazione del ciclo dell acido citrico, reazione catalizzata
dalla citrato sintasi. Il citrato passa poi nel citosol attraversando la membrana mitocondriale interna grazie al
trasportatore del citrato. Una volta nel citosol, il citrato viene scisso dalla citrato liasi che rigenera così l'acetil
CoA. L’ossalacetato non può rientrare direttamente nei mitocondri in quanto non c'è un trasportatore in grado
di promuovere questo trasferimento. Per questo tale composto viene ridotto a malato dalla malato
deidrogenasi e ritorna nella matrice mitocondriale mediante il trasportatore malato alfa chetoglutarato, una
volta all'interno viene riossidato ad ossalacetato. Il malato prodotto nel citosol può essere utilizzato anche per
generare NADPH citosolico attraverso l'attività dell'enzima malico.

Regolazione della biosintesi


La velocità della biosintesi degli acidi grassi è determinata dalla reazione che converte l'acetil CoA in malonil
CoA. Quando il prodotto della biosintesi ovvero il palmitil-CoA è abbondante questo si comporta da inibitore
dell'enzima acetil CoA carbossilasi, il citrato invece è il suo attivatore allosterico. Quando all'interno dei
mitocondri l’acetil-CoA e ATP aumentano ,viene esportato citrato che diventa il precursore dell'acetil CoA
citosolico ed il segnale allosterico per l'attivazione dell’ acetil CoA carbossilasi. Tale enzima viene inattivato
dalla fosforilazione innescata dagli ormoni glucagone e adrenalina, che producono l’arresto della sintesi degli
acidi grassi. Durante la sintesi degli acidi grassi non avviene la Beta ossidazione in quanto il malonil CoA inibisce
la carnitina aciltransferasi.

Biosintesi dei trigliceridi


I trigliceridi e i fosfogliceridi vengono sintetizzati a partire da precursori comuni.
Per la formazione dei trigliceridi abbiamo bisogno degli acil CoA ed L- Glicerolo 3 fosfato. Quest'ultimo si può
formare in due diversi modi: può derivare dal diidrossiacetone fosfato (prodotto nella glicolisi) per azione della
glicerolo 3 fosfato deidrogenasi NAD dipendente localizzata nel citosol, oppure si può formare nel rene e nel
fegato dal glicerolo mediante una fosforilazione catalizzata dalla glicerolo chinasi.
Gli acil-CoA si formano dagli acidi grassi ad opera della acil- CoA sintetasi. La prima parte della biosintesi dei
trigliceridi consiste nell acilazione dei due gruppi ossidrilici liberi di L glicerolo 3 fosfato con due molecole di acil-
CoA, si forma così il diacilglicerolo 3 fosfato conosciuto comunemente con il nome di acido fosfatidico.
Questo funge da intermedio durante la biosintesi in quanto esso viene idrolizzato da parte della fosfatidato
fosfatasi per formare 1,2-diacilglicerolo. I diacilgliceroli possono essere convertiti in trigliceridi mediante
transesterificazione con una terza molecola di acil-CoA.
Biosintesi del colesterolo
La presenza del colesterolo non è richiesta nella dieta dei mammiferi, tra cui l uomo , in quanto il colesterolo
viene prodotto nel fegato a partire da precursori semplici. Il colesterolo viene sintetizzato dall’ acetil CoA, e il
processo avviene in quattro tappe. Nella prima tappa tre unità acetiliche si condensano per formare un
intermedio a 6 atomi di carbonio, chiamato mevalonato. Nella tappa 2 si ha la conversione di questo
composto in unità isopreniche attivate, nella tappa 3 avviene la polimerizzazione di 6 unità isopreniche a 5 atomi
di carbonio per formare la struttura lineare a 30 atomi di carbonio dello squalene infine nella quarta tappa si ha
la ciclizzazione dello squalene per produrre i 4 anelli del nucleo steroideo, inoltre un’ ulteriore serie di
modificazioni che consistono in ossidazioni, rimozione o spostamento di gruppi metilici porta alla formazione
del colesterolo. La tappa di comando è la riduzione dell’HMG-CoA (beta-idrossi-beta-metilglutaril-CoA) a
mevalonato, tale reazione è catalizzata dall’ HMG-CoA reduttasi, una proteina integrale della membrana del
reticolo liscio. Questo enzima esiste in forma defosforilata attiva e in forma fosforilata inattiva e viene regolato
da alcuni ormoni. Il glucagone stimola la fosforilazione quindi inattiva l'enzima mentre l'insulina al contrario lo
attiva stimolando di conseguenza la sintesi del colesterolo. Quando i livelli di colesterolo sono alti diminuisce la
trascrizione del gene che codifica il recettore per le LDL, determinando così la riduzione della produzione del
recettore e quindi rallentando la velocità di assunzione del colesterolo da parte del sangue. Quando la somma
di colesterolo sintetizzato e ottenuto dalla dieta supera la quantità necessaria, l'accumulo di questo nei vasi
sanguigni porta alla formazione nell uomo di placche aterosclerotiche che possono ostruire i vasi (aterosclerosi).
Una piccola parte del colesterolo prodotto viene incorporata nelle membrane degli epatociti mentre una gran
parte viene esportata sotto una delle sue forme possibili: acidi biliari oppure esteri del colesterolo. Gli acidi
biliari sono derivati del colesterolo relativamente idrofilici sintetizzati nel fegato per favorire la digestione dei
lipidi mentre gli esteri del colesterolo si formano mediante l azione dell acil CoA colesterolo aciltransferasi.
Questo enzima catalizza il trasferimento di un acido grasso dal CoA al gruppo ossidrilico del colesterolo
convertendolo in una forma ancora più idrofobica. Tutti i tessuti degli animali durante la crescita hanno bisogno
di colesterolo per la sintesi delle membrane e qualche organo come ad esempio le gonadi o la corteccia
surrenale lo utilizza come precursore per la produzione degli ormoni steroidei, il colesterolo é anche il
precursore della vitamina D.
OSSIDAZIONE DEGLI ACIDI GRASSI
Le cellule possono ottenere i grassi per l ossidazione da 3 fonti: i grassi della dieta, i lipidi depositati nelle cellule
e i lipidi sintetizzati da un organo. I vertebrati per esempio ingeriscono grassi con la dieta, mobilizzano i lipidi di
riserva presenti nel tessuto adiposo e convertono i carboidrati in eccesso in grassi nel fegato che poi li esporta
agli altri tessuti. In media il 40% dell’ energia richiesta dall’ uomo giornalmente deriva dai trigliceridi della dieta.
Il colesterolo e gli altri lipidi sono insolubili in acqua e per essere trasportati dai tessuti dove hanno origine a
quelli in cui sono conservati o utilizzati si legano a delle specifiche proteine trasportatrici chiamate
apolipoproteine, formando cosi delle lipoproteine plasmatiche che si muovono attraverso il sangue. Esistono
varie classi di lipoproteine in base al luogo di sintesi alla composizione in lipidi e al contenuto di apolipoproteine.
Prima che i trigliceridi ingeriti possano essere assorbiti attraverso la parete intestinale devono essere convertiti
in particelle più piccole. Per questo entrano in gioco i sali biliari sintetizzati nel fegato a partire dal colesterolo e
che vengono conservati nella colecisti, questi sali vengono rilasciati nell'intestino dopo un pasto ricco di grassi
ed agiscono come detergenti biologici che convertono i grassi della dieta in particelle miste composte da sali
biliari e trigliceridi. Agiscono successivamente le lipasi intestinali che convertono i trigliceridi in monogliceridi,
digliceridi, acidi grassi liberi e glicerolo. I prodotti dell'azione delle lipasi si diffondono nelle cellule epiteliali che
rivestono la superficie dell'intestino dove vengono convertiti nuovamente in trigliceridi si legano così a delle
specifiche proteine ed insieme anche al colesterolo vanno a formare aggregati lipoproteici chiamati
chilomicroni. Queste lipoproteine sono le più grandi e contengono un alta percentuale di trigliceridi , si
muovono attraverso il sangue e sono trasportate al muscolo e al tessuto adiposo dove nei capillari di questi
tessuti l'enzima lipoproteina lipasi si attiva e idrolizza i trigliceridi ad acidi grassi e glicerolo. Questi composti
entrano nelle cellule del tessuto bersaglio: nel muscolo gli acidi grassi sono ossidati per ricavare energia mentre
in quello adiposo vengono riesterificati a trigliceridi per essere conservati. Le rimanenze dei chilomicroni
rappresentate da colesterolo proteine è una piccola parte di trigliceridi passano dal sangue al fegato dove
vengono assunte per endocitosi. Qui sono trasferite a specifiche apolipoproteine formando lipoproteine a
densità molto bassa chiamate VLDL. Attraverso il sangue si spostano dal fegato al muscolo e al tessuto adiposo,
dove l’attivazione della lipoproteina lipasi determina il rilascio degli acidi grassi. La perdita dei trigliceridi
converte le VLDL in un'altra classe di lipoproteine chiamate LDL che sono molto ricche di colesterolo e di esteri
del colesterolo e trasportano questo ai tessuti periferici. Infine abbiamo la HDL ovvero una lipoproteina ad alta
densità che ha origine nel fegato e nell'intestino tenue sotto forma di piccole particelle ricche di proteine e
contenenti quantità limitate di colesterolo. Queste lipoproteine contengono l'enzima lecitina-colesterolo
aciltransferasi che catalizza la formazione di esteri del colesterolo a partire da questo e dalla lecitina. La HDL
recupera l'eccesso di colesterolo nei tessuti extraepatici e lo riporta al fegato per convertirlo in sali biliari.

La mobilizzazione delle riserve di trigliceridi è innescata dagli ormoni. L ‘adrenalina e il glucagone secreti in
risposta ad una bassa concentrazione di glucosio nel sangue, attivano l’ adenilato ciclasi della membrana
plasmatica degli adipociti, che produce un secondo messaggero intracellulare chiamato AMP ciclico. Questa
proteina fosforila e attiva la triacilglicerolo lipasi ormone sensibile che catalizza l'idrolisi dei legami esteri dei
trigliceridi. Gli acidi grassi rilasciati si diffondono fuori dall’ adipocita, nel sangue dove si legano alla proteina
albumina e vengono così trasportati ai tessuti come il muscolo scheletrico, il cuore e la corteccia renale. Il
glicerolo invece rilasciato dall'azione della lipasi viene fosforilato dalla glicerolo chinasi e il glicerolo 3 fosfato
così prodotto viene ossidato a idrossiacetone fosfato, convertito poi in gliceraldeide 3 fosfato che è ossidata
nella via glicolitica.

Trasporto degli acidi grassi nei mitocondri


Gli acidi grassi liberi che entrano nel citosol e che provengono dal sangue non possono passare direttamente
attraverso le membrane mitocondriali ma devono subire prima una serie di tre reazioni enzimatiche. La prima
reazione consiste nell attivazione dell acido grasso è catalizzata da una famiglia di enzimi presenti nella
membrana mitocondriale esterna chiamati acil-CoA sintetasi. Questi enzimi agiscono su catene carboniose di
diversa lunghezza e catalizzano la formazione di un legame tioestere tra il gruppo carbossilico dell'acido grasso e
il gruppo tiolico del CoA, formando cosi un acil-CoA. L energia viene data dall' ATP che
subisce una scissione in AMP e pirofosfato (PPi).
La reazione avviene in due tappe. Nella prima tappa il gruppo
carbossilico dell'acido si lega al fosfato del primo gruppo fosforico
determinando il distacco dei due gruppi fosforici esterni. Si forma così
un intermedio detto acil adenilato e il pirofosfato. Successivamente il
pirofosfato viene idrolizzato formando due gruppi fosfato, viene
rilasciata energia che favorisce la formazione dell acil CoA. Il gruppo
tiolico del CoA si lega all’acil adenilato liberando AMP e formando acil
CoA.
Gli acil CoA formati sulla membrana mitocondriale esterna non
possono attraversare quella interna per questo il gruppo acilico si
separa dal CoA e si lega transitoriamente al gruppo ossidrilico della
carnitina formando l‘acil carnitina, tale reazione viene catalizzata dalla
carnitina aciltransferasi I, presente sulla faccia esterna della membrana
mitocondriale interna. L’ acil carnitina attraversa la membrana interna
e raggiunge così la matrice mediante una diffusione facilitata favorita
dal trasportatore acilcarnitina/ carnitina. Una volta all'interno della
matrice nella terza ed ultima tappa del processo di ingresso, il gruppo
acilico si separa dalla carnitina e si lega nuovamente al coenzima A
mitocondriale, questa reazione viene catalizzata dalla carnitina
aciltransferasi 2 che è presente sulla faccia interna della membrana
mitocondriale interna. La carnitina libera ritorna nello spazio
intermembrana grazie al trasportatore acil carnitina/carnitina.
L aciltransferasi I viene inibita dal malonil- CoA il primo intermedio della sintesi degli acidi grassi, per questo non
si verifica la simultanea sintesi e degradazione dei grassi.

L ossidazione degli acidi grassi avviene essenzialmente in 3 fasi: Durante la beta ossidazione gli acidi grassi
vanno incontro al distacco di unità bicarboniose nella forma di acetil CoA. La formazione di ogni molecola di
acetil CoA necessità della rimozione di 4 atomi di idrogeno. Nella seconda fase dell'ossidazione l'unità acetilica
dell'acetil CoA viene ossidata a CO2 nel ciclo dell'acido citrico anch'esso localizzato nella matrice dei mitocondri.
L'acetil CoA derivato dall'ossidazione degli acidi grassi entra quindi in una via di ossidazione comune percorsa
anche dall acetil CoA derivato dal glucosio ad opera della glicolisi e dell ‘ossidazione del piruvato. Le prime due
fasi dell'ossidazione degli acidi grassi convertono i trasportatori di elettroni NAD e FAD nella loro forma ridotta
NADH e FADH2 , i quali nella terza fase donano gli elettroni alla catena respiratoria dei mitocondri , attraverso
questa gli elettroni arrivano all ossigeno con la contemporanea fosforilazione di ADP ad ATP. Quindi l energia
rilasciata dall ossidazione degli acidi grassi viene conservata sotto forma di ATP.

beta ossidazione
Arrivati alla matrice mitocondiale gli acidi grassi vanno incontro alla beta ossidazione che è un processo
catabolico che consiste in 4 reazione cicliche, in cui ad ogni ciclo la molecola di acido grasso viene ridotta di due
atomi di carbonio, si forma : 1 acetil-CoA, 1 FADH2 , 1 NADH + H+ e un acil-coA ridotto di due atomi di Carbonio.
1° reazione
È una reazione di deidrogenazione che produce un doppio legame tra gli atomi di carbonio alfa e beta (C2 e C3)
formando trans- Δ2 enoil-CoA, la reazione è catalizzata dall’ acil-CoA deidrogenasi. Gli elettroni rimossi dall’ acil-
CoA sono traferiti al FAD formando FADH2.
2° reazione
In questa reazione viene aggiunta una molecola d’acqua al doppio legame del trans Δ 2–enoil-CoA formando il 3-
idrossiacil-CoA. Questa reazione è catalizzata dalla enoil-CoA idratasi.

3° reazione
Il 3-idrossiacil-CoA viene deidrogenato a Beta- Chetoacil-CoA per mezzo dell’ enzima
beta- idroassiacil-CoA- deidrogenasi e il NAD+ è l’accettore di elettroni diventando NADH e H+

4° reazione
L’ ultima reazione è catalizzata dall’ acil-CoA acetiltraferasi (tiolasi) in cui il beta-chetoacil-CoA reagisce con una
molecola di CoA libera, staccando cosi un frammento di due atomi di carbonio sotto forma di acetil-Coenzima A,
mentre l’altro prodotto della reazione è l acil-CoA accorciato di due atomi di carbonio.

Le 4 reazioni si ripetono finché l’ acido grasso non è completamente ossidato. Ad esempio per ossidare
completamente una molecola di palmitato sono necessari sette cicli che portano alla formazione di 8 molecole
di acetil-CoA, 7 FADH2 e 7 NADH + 7H+.
L’ acetil-CoA e i coenzimi prodotti portano alla formazione di ATP durante il ciclo di krebs e la fosforilazione
ossidativa. Grazie alla riossidazione di FADH2 e NADH abbiamo la produzione di 4 molecole di ATP per ogni unita
bicarboniosa che viene staccata. In totale da una molecola di palmitato si ricavano 108 molecole di ATP ma dato
che 2 molecole vengono consumate per attivare l acido grasso convertendolo in forma di acil- palmitato, il
guadagno netto è di 106 molecole di ATP.
Quando i carboidrati non sono disponibili (digiuno), predomina la degradazione degli acidi grassi. In queste
condizioni la concentrazione di ossalacetato diminuisce e l’ Acetil-CoA non può entrare nel ciclo di Krebs.
Ossidazione acidi grassi insaturi o a catena dispari.
La beta ossidazione descritta è tipica degli acidi grassi saturi, ma nella maggior parte dei casi si hanno acidi grassi
insaturi che si trovano nella conformazione cis e sono resistenti all’ azione dell’ enoil-CoA idratasi, esso infatti
riconosce soltanto doppi legami trans.
Un esempio è dato dall' ossidazione dell'acido oleico, un acido monoinsaturo a 18 atomi di carbonio che
presenta un doppio legame tra il carbonio numero 9 e quello 10. L’ oleil-CoA va incontro a tre cicli della beta
ossidazione formando così tre molecole di acetil-CoA e un acido grasso a 12 atomi di carbonio che presenta un
doppio legame tra il carbonio 3 e quello 4. Questo composto prende il nome di cis-Δ 3-dodecenil-CoA. Questo
non può subire un altro ciclo in quanto l'enzima che dovrebbe agire ovvero l’ enoil-CoA- idratasi riconosce come
già detto soltanto doppi legami trans. Interviene perciò un altro enzima detto enoil-CoA-isomerasi che converte
il composto nell’ isomero trans-Δ2-dodecenil-CoA, che può continuare la beta ossidazione. Partendo da una
molecola di oleil-CoA vengono prodotte nove molecole di acetil. Per l'ossidazione degli acidi poliinsaturi è
necessaria la presenza di un altro enzima chiamato 2,4 dienoil- CoA- reduttasi che consente di poter sottoporre
alla beta ossidazione anche acidi grassi con più legami doppi.

Gli acidi grassi con un numero dispari di atomi di carbonio sono ossidati nello stesso modo degli acidi grassi a
catena pari iniziando dall'estremità carbossilica della catena. Tuttavia giunti all'ultimo ciclo della beta
ossidazione avremo un acido grasso che presenta 5 atomi di carbonio. Questo viene scisso in due frammenti.
L’ acetil CoA e il propionil-CoA. L’ acetil-CoA viene poi ossidato nel ciclo dell acido citrico, mentre il propionil-
CoA subisce 3 reazioni enzimatiche. Prima viene carbossilato, formando lo stereoisomero D del metilmalonil-
CoA ad opera della propionil-CoA-carbossilasi che contiene come cofattore la biotina. Poi il D-metilmalonil Coa
viene epimerizzato dalla metilmalonil-CoA-epimerasi formando lo stereoisomero L , infine questo subisce un
riarrangiamento intramolecolare catalizzato dalla metilmalonil-CoA mutasi che porta alla formazione del
succinil-CoA che entra nel ciclo di krebs, l enzima mutasi richiede il coenzima 5 deossiadenosilcobalammina,
detto anche coenzima B12 derivato dalla vitamina B12 (cobalammina).

Corpi chetonici
In tutti gli esseri umani cosi come nella maggior parte dei mammiferi, l acetil-CoA prodotto nel fegato durante
l’ossidazione degli acidi grassi, può entrare nel ciclo di krebs oppure essere trasformato in corpi chetonici, cioè
acetone, acetoacetato e D-beta-idrossibutirrato. Questo processo è detto chetogenesi. L acetone prodotto in
piccole quantità rispetto agli altri due viene eliminato con la respirazione. Mentre gli altri corpi chetonici
attraverso il sangue giungono a tessuti extraepatici come muscolo scheletrico, cuore e corteccia renale dove
vengono ossidati durante il ciclo dell acido citrico per soddisfare le richieste energetiche. Il cervello preferisce di
norma il glucosio ma in condizioni di digiuno, quando il glucosio non è disponibile si adatta ad usare
acetoacetato e D-beta-idrossibutirrato.
la prima tappa della formazione dell'acetoacetato è la condensazione enzimatica di due molecole di acetil- CoA
catalizzata dal tiolasi, questa reazione è esattamente l'inverso di quanto accade invece nell'ultima tappa della
Beta ossidazione. L'acetoacetil-CoA ottenuto condensa poi con un'altra molecola di acetil-CoA formando il beta-
idrossi-beta-metilglutaril-CoA che si scinde in acetoacetato libero e acetil-CoA. Dall'acetoacetato tramite una
reazione reversibile catalizzata dal D-beta-idrossibutirrato deidrogenasi si forma il D-beta-idrossibutirrato.
Mentre l’acetone si forma dall' acetoacetato per la perdita di un gruppo carbossilico. Questa decarbossilazione
si verifica sia spontaneamente si ad opera dell'acetoacetato decarbossilasi.
Nei tessuti extraepatici il D-beta- idrossibutirrato viene ossidato nuovamente ad acetoacetato grazie alla D-
beta- idrossibutirrato- deidrogenasi. L'acetoacetato viene attivato mediante il legame con il CoA , una reazione
catalizzata dalla beta-chetoacil-CoA-transferasi e il donatore del coenzima A è il succinil-CoA un intermedio del
ciclo di krebs. l ‘acetoacetil- CoA viene scisso dalla tiolasi in due molecole di acetil-CoA che entrano nel ciclo dell
acido citrico.

Durante il digiuno prolungato o in caso di diabete non controllato si ha una sovrapproduzione di corpi chetonici
che generano a loro volta alcuni problemi. Durante il digiuno la gluconeogenesi sottrare alcuni intermedi al ciclo
di krebs e indirizza l acetil-CoA verso la produzione di corpi chetonici. Nel diabete, l insulina presente in quantità
insufficienti non permette ai tessuti extraepatici di assumere glucosio dal sangue per usarlo come combustibile.
In queste condizioni il malonil- CoA ovvero il primo intermedio della sintesi degli acidi grassi non viene formato,
aciltransferasi I non viene inibita e all interno del mitocondrio giungono acidi grassi che vengono degradati. Si
formano molecole di acetil che pero non possono subire l ossidazione nel ciclo di krebs poiche alcuni intermedi
sono stati sottratti per la gluconeogenesi. L’ acetil cosi accumulato viene usato per la produzione di corpi
chetonici in quantità pero superiori alla capacità dei tessuti extraepatici di utilizzarli.
L aumento dei corpi chetonici riduce il PH del sangue generando una condizione nota come acidosi, che in casi
estremi porta al coma o alla morte.
OSSIDAZIONE AMMINOACIDI E PRODUZIONE DELL UREA
Gli amminoacidi non sono accumulati nelle cellule ma sono incorporati nelle proteine, da cui possono essere
liberati e poi degradati per ottenere energia metabolica o trasformati in prodotti intermedi del metabolismo. La
fonte principale degli amminoacidi è costituita dalle proteine ingerite dalla dieta o da quelle che non servono
più alla loro funzione (enzimi, immunoglobuline ecc..) La quantità di energia ricavata dagli amminoacidi varia in
base all organismo e alla situazione metabolica in cui si trova. I carnivori dopo un pasto possono soddisfare fino
al 90% della loro richiesta energetica mediante l ossidazione degli amminoacidi, mentre gli erbivori ricavano
poca energia da questo processo. Quando si assimilano molte proteine gli amminoacidi sono in quantità
superiore rispetto alla necessità dell organismo per la sintesi proteica , e quindi subiscono
l ossidazione, cio si verifica perche non si possono formare riserve di amminoacidi. Un'altra situazione in cui si
verifica la degradazione degli amminoacidi è in caso di digiuno o in presenza di diabete, quindi quando i
carboidrati non sono disponibili oppure non sono utilizzati in modo appropriato e le proteine corporee
diventano una fonte di energia. Nell’ uomo le proteine ingerite con la dieta vengono degradate ad amminoacidi
liberi nel tratto gastrointestinale. La presenza di proteine nello stomaco stimola la mucosa gastrica a secernere l
ormone gastrina, che stimola a sua volta la secrezione di acido cloridrico e pepsinogeno dalle ghiandole
gastriche. L’ acidità del succo gastrico uccide batteri e cellule estranee e funge da denaturante aprendo le
proteine globulari. Il pepsinogeno viene convertito in pepsina la quale rompe i legami peptidici in cui il gruppo
NH è fornito dagli amminoacidi aromatici, formando cosi una miscela di piccoli peptidi. Quando il contenuto
dello stomaco passa nell intestino tenue, il pancreas rilascia il succo pancreatico che contiene bicarbonato il
quale neutralizza l acido cloridrico e il pH aumenta. Nel succo pancreatico troviamo 3 enzimi che continuano la
degradazione delle protiene, essi sono: tripsina, chimotripsina e carbossipeptidasi AeB, questi enzimi pero nelle
cellule esocrine del pancreas vengono prodotte in forma inattiva, proteggendo cosi le cellule stesse da un
attacco proteolitico. Tripsina e chimotripsina idrolizzano i peptidi generati nello stomaco in frammenti ancora
piu piccoli. Una volta prodotti gli amminoacidi liberi, vengono trasportati nelle cellule epiteliali che rivestono l
intestino tenue. Entrano nel sangue attraverso i capillari e trasportati al fegato.

Destino metabolico dei gruppi amminici


Gli amminoacidi durante l’ ossidazione perdono il loro gruppo amminico e gli alfa chetoacidi che si generano
vengono ossidati ad anidride carbonica e acqua. Inolte lo scheletro carbonioso degli amminoacidi può produrre
unità a 3 o 4 atomi di carbonio che vengono utilizzati per vari scopi.

Il gruppo amminico non viene utilizzato per scopi energetici.


Viene utilizzato solo in piccola parte nelle via biosintetica delle basi
azotate dei nucleotidi , mentre la maggior parte viene eliminato sotto
forma di: ammoniaca, acido urico o urea (mammiferi).

La rimozione del gruppo alfa amminico è la prima tappa dell ossidazione degli amminoacidi e si verifica grazie ad
enzimi detti amminotransferasi oppure transamminasi. In queste reazioni il gruppo amminico viene trasferito
all’ atomo di carbonio alfa dell’alfa chetoglutarato generando cosi un alfa-chetoacido che corrisponde all
amminoacido precedente. Mentre l’alfa chetoglutarato si è trasformato nell’ L-glutammato. Il risultato delle
reazioni di transamminazione è quello di usare un unico composto ovvero L-glutammato per raccogliere gruppi
amminici anche di diversi tipi di amminoacidi. Esso diventa poi il donatore del gruppo amminico per le reazioni
successive o di biosintesi o di eliminazione dei prodotti azotati di scarto.
Tutte le amminotransferasi hanno lo stesso gruppo prostetico ovvero il piridossal fosfato (PLP), la forma
coenzimatica della vitamina B6, che si trova legato covalentemente ad un gruppo amminico di un residuo di
lisina dell’ enzima. Il piridossal fosfato agisce come un trasportatore di gruppi amminici. Le transamminasi sono
esempi di enzimi che catalizzano reazioni bimolecolari a ping-pong. Il primo substrato ovvero l amminoacido si
lega al sito attivo dell enzima, rilascia il gruppo amminico che si lega al PLP e si allontana sotto forma di alfa-
chetoacido. Il secondo substrato ovvero l alfa-chetoglutarato si lega al sito attivo e accetta il gruppo amminico,
separandosi poi dall enzima sotto forma di amminoacido.
Successivamente i gruppi amminici devono essere rimossi dal glutammato, in modo da poter essere escreti.
Questa reazione avviene nei mitocondri degli epatociti dove il glutammato va incontro ad una deamminazione
ossidativa catalizzata dalla L-glutammato deidrogenasi, che provoca la rimozione di uno ione ammonio e la
contemporanea ossidazione dell’ atomo di carbonio a cui esso era legato. L’enzima richiede NAD+ come
accettatore di elettroni.
L’azione combinata delle amminotransferasi e della glutammato deidrogenasi viene detta transdeamminazione.
L alfa chetoglutarato riottenuto dalla deamminazione puo essere usato nel ciclo dell acido citrico oppure per la
sintesi di glucosio.

L’ ammoniaca è una specie molto tossica e per questo non può essere trasportata liberamente nel circolo
sanguigno ma viene trasformata in altre molecole meno tossiche e più solubili. L’ ammoniaca prodotta nei
tessuti da processi come la degradazione dei nucleotidi viene legata al glutammato con formazione della
glutammina per azione della glutammina sintasi. Tale reazione avviene in due tappe e richiede ATP, nella prima
il glutammato reagisce con l’ ATP formando ADP e l’ intermedio di reazione detto γ glutammil-fosfato. Questo
reagisce poi con l’ ammoniaca formando la glutammina e fosfato.
Ora la glutammina passa per il circolo sanguigno arrivando al fegato dove viene ritrasformata in glutammato ed
ione ammonio dalla glutamminasi. Il glutammato prodotto nel fegato viene trasformato dalla glutammato
deidrogenasi , rilasciando altra ammoniaca e producendo scheletri carboniosi utilizzabili come combustibili.
L’ ammoniaca prodotta dalla degradazione degli amminoacidi nel muscolo viene trasportata sotto forma di
alanina al fegato attraverso il ciclo glucosio-alanina. L’ alanina si forma quando il glutammato trasferisce il suo
gruppo alfa amminico al piruvato prodotto dalla glicolisi per azione della alanina amminotransferasi. L’ alanina
così formata passa nel sangue e giunge al fegato. Nel citosol degli epatociti un’ altra alanina amminotransferasi
trasferisce il gruppo amminico dall’ alanina all’alfa chetoglutarato formando glutammato e piruvato. Il
glutammato all interno dei mitocondri formerà ioni ammonio grazie all’ enzima glutammato deidrogenasi
mentre il piruvato verrà convertito in glucosio nella gluconeogenesi che ritorna ai tessuti attraverso il sangue.

Il ciclo dell’ urea


I gruppi amminici che non vengono utilizzati per la sintesi di nuovi amminoacidi vengono convertiti in urea
mediante il ciclo dell’ urea, essa attraverso il sangue giunge ai reni e poi viene eliminata tramite le urine. Il ciclo
dell urea e costituito da 5 reazione inizia all interno dei mitocondri degli epatociti, ma tre tappe avvengono nel
citosol della cellula.

1°reazione
Questa prima reazione costituita da 3 fasi dipende dall’ATP, ha luogo nella matrice mitocondriale ed è
catalizzata dall’ enzima carbamil fosfato sintetasi I. Con il consumo di una molecola di ATP viene attivato lo ione
bicarbonato HCO3- formando il carbonil-fosfato. Dopo l’ ammoniaca sostituisce il fosfato con formazione di
carbammato e liberazione del gruppo fosfato, infine una seconda molecola di ATP fosforila il carbammato con
formazione del carbammil-fosfato.
2°reazione
Il carbammil fosfato adesso entra nel ciclo vero e proprio dona il suo gruppo carbammilico all’ ornitina,
un’amminoacido non proteico, con formazione della citrullina e rilascio di un gruppo fosfato. La reazione è
catalizzata dall’ ornitina trans-carbamilasi. L’ ornitina svolge un ruolo simile all’ ossalacetato nel ciclo di krebs. La
citrullina esce dai mitocondri e il ciclo continua nel citosol.

3° reazione
È una reazione di condensazione tra il gruppo carbonilico della citrullina e il gruppo amminico di una molecola di
aspartato con formazione di argininosuccinato e consumo di ATP formando AMP + 2Pi. Questa reazione è
catalizzata dall’ argininosuccinato sintetasi e con essa viene acquisito il secondo atomo di azoto dell’ urea, la
reazione inoltre procede attraverso la formazione di un intermedio detto citrullil-AMP.

4°reazione
È una reazione catalizzata dall’argininosuccinato liasi che scinde l’argininosuccinato in arginina e fumarato. Il
fumarato entra nel ciclo dell acido citrico. Esso pero non può essere trasportato così nei mitocondri per questo
viene trasformato prima in malato dalla fumarato idratasi e trasportato nei mitocondri, qui viene trasformato in
ossalacetato dalla malato deidrogenasi. L’ ossalacetato viene transamminato dal glutammato per generare
aspartato.

5° reazione
Nella reazione finale si ha l’ idrolisi dell’ arginina in urea e ornitina catalizzata dall’ enzima arginasi. L’ ornitina
può rientrare nel mitocondrio per iniziare un nuovo ciclo. L’ urea molto solubile in acqua viene rilasciata nel
circolo sanguigno che la trasporta al rene dove viene escreta tramite urina.
Le variazioni nella velocità del ciclo dell urea dipendono dalla regolazione della sintesi sia degli enzimi del ciclo
sia della carbamil-fosfato sintetasi. Durante i periodi di digiuno o di alimentazione ricca di proteine, gli enzimi
vengono sintetizzati con velocità maggiore rispetto ad una dieta ricca di carboidrati e grassi. La carbamil-fosfato
sintetasi è attivata dall’N-acetilglutammato che viene sintetizzato dall acetil-CoA e dal glutammato grazie all
enzima N-acetilglutammato sintasi. Durante il ciclo vengono consumate 3 molecole di ATP, due per produrre il
carbamil-fosfato e una per produrre l’argininosuccinato. Tuttavia durante la reazione catalizzata dalla malato
deidrogenasi che porta alla formazione dell ossalacetato vengono prodotte molecole di NADH quindi molecole
di ATP.

Degradazione dello scheletro carbonioso degli amminoacidi


Gli scheletri carboniosi dei 20 amminoacidi possono essere trasformati in 5 composti in grado di entrare nel ciclo
dell acido citrico per essere ossidati ad anidride carbonica e acqua, con successiva generazione di ATP mediante
la fosforilazione ossidativa. Gli atomi di carbonio possono essere anche utilizzati per la gluconeogenesi o per la
chetogenesi. Gli amminoacidi il cui scheletro carbonioso può dare origine a piruvato, Alfa-chetoglutarato,
succinil-Coa, fumarato e ossalacetato possono essere considerati precursori del glucosio e del glicogeno e sono
detti glucogenici. Mentre alcuni atomi di carbonio di 6 amminoacidi ovvero (triptofano, fenilalanina, tirosina,
isoleucina, leucina e lisina), possono formare nel fegato corpi chetonici attraverso la conversione di acetoacetil-
CoA in acetoacetato e beta-idrossibutirrato. Questi amminoacidi sono detti chetogenici. (Triptofano fenilalanina
tirosina e isoleucina) sono sia glucogenici che chetogenici. Solo gli amminoacidi leucina e lisina sono
esclusivamente chetogenetici.

Gli scheletri carboniosi di 11 amminoacidi possono produrre acetil-CoA, che può entrare nel ciclo di Krebs
oppure viene usato per la sintesi di acidi grassi. Alcuni amminoacidi sono direttamente convertiti in acetil
oppure in acetoacetil-Coa che viene poi scisso in acetil-Coa. Alcuni vengono degradati ad acetil attraverso il
piruvato che può essere utilizzato anche per la sintesi di glucosio. L' alanina produce direttamente piruvato per
effetto della transaminazione con l’alfa chetoglutarato. La catena laterale del triptofano viene scissa
producendo alanina e quindi piruvato. La cisteina viene convertita in piruvato in due tappe, la prima rimuove
l'atomo di zolfo, la seconda è una transamminazione. La serina viene trasformata in piruvato ad opera della
serina deidratasi che usa PLP come cofattore. La serina viene prima convertita in amminoacrilato per la perdita
di una molecola d acqua, successivamente si ha l idratazione del composto e la perdita dello ione ammonio. La
glicina viene convertita in Serina mediante l attacco nucleofilo di una molecola d’ acqua, questa reazione è
catalizzata dall enzima serina idrossimetil- transferasi che utilizza come cofattori PLP e N5,N10-
metilentetraidrofolato il quale trasferisce un unita monocarboniosa alla glicina trasformandosi in
tetraidrofolato. Il tetraidrofolato partecipa a reazioni di trasferimento di unità monocarboniose, come: gruppo
metilico, gruppo metilenico, gruppo formilico, gruppo formiminico. Esso è la forma attiva dell acido folico
(vitamina B9) il quale è presente in molti alimenti come verdure a foglia verde, legumi, e uova. Il gruppo
monocarbonioso si può legare all'azoto N5 della diidropteridina o a quello N10 del PABA, talvolta ad entrambi.
Le reazioni di trasferimento di frammenti monocarboniosi sono frequenti nelle vie biosintetiche. La
carbossilazione dell’acetil CoA svolge un ruolo centrale nella sintesi degli acidi grassi, mentre quella del piruvato
è alla base del rifornimento di ossalacetato nel mitocondrio. In molte reazioni di metilazione la molecola
donatrice del gruppo metile è una forma attivata dell’amminoacido metionina ovvero l’S-adenosilmetionina
detta anche SAM. Queste reazioni sono importanti per la sintesi di molecole di grande importanza biologica
come certi fosfolipidi costituenti integrali delle membrane cellulari (fosfatidilcoline), la creatina o l’ormone
adrenalina.

La SAM si forma per la reazione di una


molecola di ATP con la metionina
(amminoacido essenziale)
Quando cede il gruppo metilico,
l’S-adenosilmetionina si trasforma in
S-adenosilomocisteina e quindi in
omocisteina, per la perdita di adenosina.
L omocisteina può essere nuovamente
convertita in metionina attraverso una
reazione di metilazione, dove il
tetraidrofolato cede un gruppo metile.

Tra gli amminoacidi che possono essere convertiti direttamente in acetil – CoA oppure acetoacetil-CoA abbiamo
il triptofano che può essere convertito nel neurotrasmettitore serotonina. Il triptofano viene prima convertito in
5-idrossitriptofano grazie all'azione della triptofano-idrossilasi. Il 5-idrossitriptofano (5-HTP) così prodotto viene
decarbossilato a serotonina(5-HT), ad opera dell'enzima decarbossilasi, questo enzima usa PLP come cofattore.
Sempre tra gli amminoacidi che producono acetil abbiamo la fenilalanina e la tirosina che sono precursori dell
adrenalina. Questa conversione è costituita da una serie di passaggi in cui è coinvolta la SAM.
Inizialmente la fenilalanina subisce ossidazione ad opera di un enzima chiamato fenilalanina idrossilasi anche
noto come monossigenasi. Questo enzima richiede come coenzima la tetraidrobiopterina che trasporta
elettroni all'ossigeno il quale viene ossidato formando una molecola d'acqua. L'enzima necessità anche di NADH
che serve a ripristinare la forma ridotta del coenzima. Con aggiunta di un atomo di ossigeno alla fenilalanina si
ottiene la tirosina. Questa subisce una reazione uguale alla precedente sempre ad opera di un monossigenasi, si
forma così la 3-4 diidrossifenilalanina (DOPA). Questo composto subisce poi una reazione di decarbossilazione
dove interviene il coenzima PLP, si forma cosi la diidrossifeniletilammina (DOPAMMINA). A questo punto si ha
una terza ossidazione, formando la noradrenalina infine interviene la SAM che cede Il gruppo metilico
formando l'adrenalina.

La degradazione della fenilalanina è interessante in quanto dei difetti


genetici negli enzimi di questa via producono delle gravi malattie
ereditarie. Ad esempio abbiamo la fenilchetonuria che è provocata da
un difetto genetico della fenilalanina idrossilasi che catalizza l’
ossidrilazione della fenilalanina in tirosina. Nei soggetti malati la
fenilalanina non viene trasformata si ha un eccesso di questo
aminoacido nel sangue che compete con gli altri aminoacidi per il
trasporto attraverso la barriera ematoencefalica, causando una
parziale mancanza di altri metaboliti. La malattia provoca uno sviluppo
anormale al cervello che porta ad un ritardo mentale.
Lo scheletro carbonioso di 5 amminoacidi ( prolina, glutammato, glutammina, arginina e istidina) entra nel ciclo
dell'acido citrico attraverso l alfa-chetoglutarato. Prolina glutammato e glutammina hanno scheletri a 5 atomi di
carbonio. La struttura ciclica della prolina viene aperta mediante ossidazione dell'atomo di carbonio più distante
dal gruppo carbossilico fino a produrre glutammato, anche la glutammina viene convertita in glutammato e in
seguito la transaminazione o la deamminazione del glutammato producono l’alfa-chetoglutarato. L'arginina e
l’istidina contengono 5 atomi di carbonio in sequenza mentre il sesto è legato tra due atomi di azoto. La
conversione di questi due aminoacidi a glutammato è complessa. L'arginina viene convertita prima nel ciclo
dell'urea in ornitina e quest'ultima viene poi trasformata in glutammato. La conversione dell’ istidina a
glutammato avviene attraverso una via a molte tappe e il carbonio in più viene tolto in una tappa che utilizza il
tetraidrofolato.

Gli scheletri carboniosi di metionina isoleucina treonina e valina sono trasformati in succinil-CoA. 3 degli atomi
di carbonio della metionina vengono trasformati in propionato, Nella forma di propionil-CoA un precursore del
succinil-Coa. L’ isoleucina va incontro a transamminazione seguita dalla decarbossilazione ossidativa dell’ alfa
chetoacido prodotto che viene ossidato ulteriormente formando acetil-coa e propionil-CoA. La valina dopo
transamminazione e decarbossilazione va incontro ad una serie di reazioni di ossidazione che converte i restanti
4 atomi di carbonio in propionil-CoA. Nei tessuti umani anche la treonina viene convertita in propionil-CoA.

Gli scheletri carboniosi dell'asparagina e dell'aspartato entrano nel ciclo dell'acido citrico come ossalacetato.
L'enzima asparaginasi catalizza l'idrolisi dell’ asparagina formando aspartato che va incontro a una
transamminazione con l'alfa-chetoglutarato generando così glutammato e ossalacetato.

I 3 amminoacidi con catena laterale ramificata ( leucina isoleucina e valina), sono ossidati come fonte di energia
principalmente nel muscolo nel rene e nei tessuti adiposo e nervoso. Questi tessuti contengono un
amminotransferasi che non è presente nel fegato in grado di agire su questi tre amminoacidi e produrre i
corrispondenti alfa chetoacidi. Successivamente il complesso dell alfa chetoacido a catena ramificata
deidrogenasi catalizza la decarbossilazione ossidativa dei chetoacidi rilasciando il loro gruppo carbossilico sotto
forma di anidride carbonica e producendo il corrispondente derivato acil-coa.

Alcuni amminoacidi sono


ripetuti più volte in quanto
possono essere rotti in
frammenti diversi
BIOSINTESI AMMINOACIDI
Tutti gli amminoacidi derivano da intermedi della glicolisi, dal ciclo dell'acido citrico oppure dalla via del pentosio
fosfato. Alcune vie di sintesi degli amminoacidi sono relativamente semplici altre sono più complesse, ad esempio
10 amminoacidi sono sintetizzati mediante vie che comprendono una o poche reazioni enzimatiche mentre la
sintesi degli amminoacidi aromatici è più complicata. Mentre i batteri sono in grado di sintetizzare tutti e 20 gli
amminoacidi i mammiferi possono produrne solo la metà. Nei mammiferi quelli sintetizzati vengono detti
amminoacidi non essenziali mentre gli altri sono detti essenziali e devono essere recuperati dal cibo. Possiamo
raggruppare le vie biosintetiche degli amminoacidi in 6 famiglie a seconda del precursore metabolico. Diverse vie
di sintesi hanno in comune un intermedio detto 5 fosforibosil 1 pirofosfato (PRPP). Quest'ultimo viene sintetizzato
dal Ribosio 5 fosfato (prodotto dalla via del pentosio fosfato) in una reazione catalizzata dalla Ribosio fosfato
pirofosfochinasi.

L'alfa chetoglutarato è il precursore di glutammato, glutammina, prolina e arginina. Le vie biosintetiche che
producono Glutammato e glutammina sono semplici e simili in tutte le forme di vita. Il glutammato nei batteri e
nelle piante viene prodotto dall’ azione dell'enzima glutammato sintasi che catalizza l’ amminazione riduttiva
dell'alfa chetoglutarato un intermedio del ciclo dell'acido citrico utilizzando glutammina come donatore di gruppi
amminici. La glutammato sintasi non è presente negli animali tuttavia il glutammato si forma dalle reazioni di
transamminazione in cui l’alfa-chetoglutarato raccoglie i gruppi amminici durante il catabolismo degli
amminoacidi. Inoltre il glutammato si forma mediante la reazione dell alfa-chetoglutarato con uno ione ammonio
catalizzata dalla glutammato deidrogenasi in presenza di NADPH che viene ossidato. La glutammina viene
sintetizzata in una reazione catalizzata dalla glutammina sintetasi in cui il glutammato e lo ione ammonio
reagiscono tra loro. Questo enzima è presente in tutti gli organismi. L'attività della glutammina sintetasi è regolata
in tutti gli organismi allostericamente mediante modificazioni covalenti. Abbiamo 8 diversi inibitori che insieme
bloccano l'attività dell'enzima, due di questi inibitori sono glicina e alanina. Il gruppo alfa amminico della maggior
parte degli amminoacidi proviene dal gruppo alfa amminico del glutammato per transaminazione. La glutammina
fornisce il suo atomo di azoto della catena laterale nella biosintesi di numerosi composti tra cui il triptofano e l
istidina. La prolina è un derivato ciclico del glutammato. L'arginina è essenziale negli individui giovani mentre nell
adulto viene sintetizzata attraverso il ciclo dell'urea.

Serina glicina e cisteina derivano dal 3 fosfoglicerato. La via di formazione della serina è uguale in tutti gli
organismi. Nella prima tappa il 3 fosfoglicerato viene ossidato a 3-fosfoidrossipiruvato e il NAD+ è l accettatore di
elettroni .Questo composto subisce una transamminazione che utilizza il glutammato come donatore del gruppo
amminico si forma così la 3- fosfoserina che viene defosforilata dalla fosfoserina fosfatasi formando la serina.
Questa è il precursore dell amminoacido a due atomi di carbonio ovvero la glicina. Per ottenere questo
amminoacido dalla serina viene rimosso un atomo di carbonio e una molecola d’ acqua per mezzo di una reazione
reversibile catalizzata dall’ enzima serina idrossimetil-transferasi che usa come cofattori piridossal fosfato e
tetraidrofolato. Nei vertebrati la glicina può essere sintetizzata anche nel fegato a partire da anidride carbonica,
ione ammonio in una reazione reversibile catalizzata dalla glicina sintasi che usa come cofattori NADH che si
ossida e N5,N10- metilentetraidrofolato.

I mammiferi usano la serina per la sintesi di un altro amminoacido ovvero la cisteina, nella reazione però viene
coinvolto anche l amminoacido metionina. La metionina infatti forma la SAM mediante la reazione con l ATP.
Quando cede il gruppo metile la SAM si trasforma in S-adenosilomocisteina che subisce idrolisi liberano l
adenosina. L omocisteina formata è il composto necessario alla sintesi della cisteina in quanto reagisce con la
serina. Dalla reazione viene fuori la cistationina che viene idrolizzata per formare uno ione ammonio, cisteina ed
alfa-chetobutirrato.

3 amminoacidi non essenziali e 6 essenziali sono sintetizzati dall’ ossalacetato e dal piruvato. Alanina e aspartato
sono sintetizzati rispettivamente da piruvato e ossalacetato mediante transamminazione con il glutammato.
L'asparagina che come alanina e aspartato non è essenziale si forma per amidazione dell'aspartato e la
glutammina è il donatore dello ione ammonio. I 6 aminoacidi essenziali sono metionina, treonina, lisina,
isoleucina, leucina e valina. Le vie biosintetiche di questi sono complesse. Dall’ aspartato e quindi dal
ossalacetato hanno origine metionina treonina e lisina. Mentre il piruvato dà origine a valina e isoleucina. Queste
due vie iniziano con la condensazione di due atomi di carbonio del piruvato con un'altra molecola di piruvato
(nella via della Valina) oppure con l’alfa chetobutirrato che deriva dalla treonina (nella via dell' isoleucina).Un
intermedio della via di sintesi della Valina detto alfa-chetoisovalerato è il punto di partenza della via che in 4
tappe porta alla formazione di leucina.

Il triptofano la fenilalanina e la tirosina sono aminoacidi essenziali. Nei batteri e nelle piante questi tre
amminoacidi vengono formati attraverso una serie di reazioni a partire dal fosfoenolpiruvato e l’eritrosio 4
fosfato.

L'ultimo amminoacido essenziale è l’istidina. La sua sintesi nelle piante e nei batteri deriva da vari precursori
ovvero il PRPP che fornisce 5 atomi di carbonio, l'anello purinico dell'ATP che fornisce un atomo di azoto e uno di
carbonio , un secondo atomo di azoto arriva dalla glutammina.

NUCLEOTIDI E ACIDI NUCLEICI


I nucleotidi sono formati da tre componenti: una base azotata (contenente azoto), un pentosio e un gruppo
fosforico. La molecola priva del gruppo fosforico prende il nome di nucleoside. Le basi azotate derivano da due
diversi composti la pirimidina e la purina. Queste sono unite covalentemente all'atomo di carbonio 1 del
pentosio con un legame N-Beta- glicosidico che si forma attraverso la rimozione di una molecola d'acqua (un
gruppo ossidrilico del pentosio e un atomo di idrogeno della base). Il gruppo fosforico invece è legato all'atomo di
carbonio 5 del pentosio. Sia DNA che RNA contengono due basi puriniche dette adenina e guanina, inoltre
presentano due basi pirimidiniche di cui soltanto la citosina è uguale in entrambi. Nel DNA troviamo la timina
come seconda base pirimidinica, nell RNA invece abbiamo l uracile. Negli acidi nucleici sono presenti due tipi di
pentosio: il 2 deossi D Ribosio presente nelle unità deossiribonucleotidiche del DNA, e il D-ribosio contenuto
invece nelle unità ribonucleotidiche dell' RNA. Nei nucleotidi entrambi i tipi di pentosio sono nella loro forma
ciclica furanosica (anello a 5 membri). Le cellule contengono anche nucleotidi con gruppi fosforici in posizioni
diverse dal carbonio 5.
I nucleotidi del DNA e RNA sono uniti tra di loro mediante ponti covalenti tra gruppi fosforici in cui il gruppo
ossidrilico in posizione 5 di un'unità nucleotidica è unito al gruppo ossidrilico in posizione 3 di quella successiva
formando così un legame fosfodiestere. Lo scheletro degli acidi nucleici e quindi costituito da un'alternanza di
gruppi fosforici e residui di pentosio, mentre le basi azotate vengono considerate come gruppi laterali unite allo
scheletro ad intervalli regolari. Le catene di ogni acido nucleico hanno estremità 3 e 5 distinte. L’ estremità 5 è
quella che presenta il gruppo ossidrilico in posizione 5 libero mentre l'estremità 3 è quella che presenta il gruppo
ossidrilico in posizione 3 libero.
Le purine e le pirimidine sono idrofobiche e poco solubili in acqua. Gli anelli delle basi tendono a disporsi in pile in
cui i piani degli anelli di due o più basi si vengono a trovare in posizioni parallele l'uno sopra l'altro. Tale
disposizione è stabilizzata da una combinazione di interazioni deboli e minimizza il contatto delle basi con l'acqua
ed è molto importante per stabilizzare la struttura tridimensionale degli acidi nucleici. I legami idrogeno formati
dai gruppi carbonilici e dai gruppi amminici sono un altro sistema di interazione tra le basi. Questi legami
consentono un'associazione complementare tra due catene di acido nucleico, mediante questi legami l’adenina si
lega specificamente alla timina oppure all’ uracile nel caso dell' RNA mentre la guanina si lega alla citosina.

Struttura acidi nucleici


La composizione in basi del DNA varia in genere da una specie all'altra. Le molecole di DNA isolate da tessuti
diversi della stessa specie hanno la stessa composizione in basi. La composizione in basi del DNA di una specie non
si modifica con l'età dell'organismo, con lo stato nutrizionale o in seguito a variazioni nell'ambiente. Infine in tutte
le molecole di DNA il numero di residui di adenina è uguale a quello di residui di timina e il numero di residui di
guanina è uguale a quello di residui di citosina. Da ciò deriva che la somma dei residui purinici è uguale alla
somma dei residui pirimidinici.
Il DNA è costituito da due catene elicoidali avvolte intorno allo stesso asse per formare una doppia elica destrorsa.
Lo scheletro idrofilico del DNA costituito da un'alternanza di deossiribosio e gruppi fosforici si trova all'esterno
della doppia elica ed è in contatto con l'ambiente circostante mentre le basi puriniche e pirimidiniche si trovano
all'interno della doppia elica. Tra la guanina e la citosina si possono formare 3 legami idrogeno mentre tra la
timina e l'adenina si possono formare soltanto due legami. Le due catene del DNA oltre ad essere complementari
sono antiparallele ciò significa che mentre una catena va dall'estremità 5 all'estremità 3 l'altra andrà
dall’estremità 3 all'estremità 5. Un giro della doppia elica contiene 10,5 coppie di basi, con una periodicità di circa
3,6 nm.
Il DNA è una molecola molto flessibile e per questo può assumere diverse forme tridimensionali. La struttura
proposta da watson e crick è detta forma B del DNA ed è la più stabile. Sono state descritte altre due varianti
strutturali del DNA, dette forme A e Z. La forma A è favorita in molte soluzioni povere di acqua. Il DNA è sempre
organizzato in una doppia elica destrorsa ma questa è un po più larga con 11 coppie di basi per ogni giro dell elica.
Nella forma Z invece possiamo vedere che l elica ha un andamento sinistrorso, vi sono 12 coppie di basi per ogni
giro dell elica e la struttura appare piu sottile e più allungata.

Alcune sequenze di DNA adottano delle strutture insolite. Un tipo di sequenza piuttosto comune è chiamata
palindromo. Questo termine viene applicato a quelle regioni di DNA dove una sequenza di basi presente su una
catena si trova ripetuta e invertita sulla catena opposta, quindi un segmento 3-5 sarà uguale al segmento 5-3
sulla catena opposta se letto sempre a partire dall estremita 3. Ogni sequenza è auto complementare all interno
della singola catena. Per questo motivo le sequenze palindromiche possono formare delle strutture a forcina
quando è coinvolto un solo filamento di DNA il quale si ripiega su se stesso determinando l'instaurarsi di un
legame idrogeno tra basi complementari. Mentre quando sono coinvolti entrambi i filamenti DNA si forma una
struttura detta a croce dove ogni singolo filamento forma una struttura a forcina. Un altro tipo di struttura insolita
è quella dove la sequenza risulta ripetuta in modo speculare sulla stessa catena. In questo caso non si hanno
sequenze complementari all'interno la stessa catena e quindi non si possono formare strutture a forcina o a forma
di croce.

L'informazione genetica per la sintesi delle proteine viene trasferita dal DNA ai ribosomi attraverso molecole di
RNA messaggero. Gli mRNA trascritti dal DNA sono sempre più lunghi rispetto alla sequenza necessaria per
codificare una sequenza polipeptidica. La parte aggiuntiva di mRNA che non codifica per una proteina
comprende sequenze che servono a regolare la sintesi proteica. Oltre all’ RNA messaggero nella cellula troviamo
l’ RNA di trasferimento che ha il compito di trasportare gli amminoacidi ai ribosomi e l ‘RNA ribosomiale che è
una componente strutturale dei ribosomi. l’ RNA è sempre presente sotto forma di catena singola e assume una
conformazione elicoidale destrorsa dovuta alle interazioni create dall’ impilamento delle basi che sono più forti
tra due purine piuttosto che tra una purina e una pirimidina o tra due pirimidine.
Il calore e pH estremi così come determinano la denaturazione delle proteine globulari causano anche la
denaturazione del DNA a doppia elica. Il processo avviene mediante la rottura dei legami idrogeno tra le basi
appaiate e delle interazioni idrofobiche tra le basi impilate, in questo modo la doppia elica si apre liberando le due
catene singole che possono essere completamente separate per tutta la lunghezza o per parte della loro
lunghezza. I legami covalenti del DNA però non vengono rotti. Quando le due catene sono ancora unite da un
segmento a doppia elica di una decina o più residui si verifica la rinaturazione del DNA che avviene molto
rapidamente. Affinché ciò avvenga però la temperatura e il pH devono essere portati ai valori normali. Se le
catene invece sono state completamente separate la rinaturazione è più lenta e si verifica in due tappe in quanto
le due catene devono prima ricongiungersi mediante collisioni casuali e formare così un breve segmento a doppia
elica complementare successivamente avviene l'appaiamento delle altre basi rimaste ancora non appaiate. Ogni
specie di DNA ha una temperatura di denaturazione caratteristica, detta anche punto di fusione. Questo punto è
tanto più alto quanto più alto è il contenuto del DNA in coppie di basi G-C , queste infatti sono unite da tre legami
idrogeno e sono più stabili delle coppie di basi A-T unite solo da due legami.

Altre funzioni dei nucleotidi


I nucleotidi oltre ad essere le subunità degli acidi nucleici hanno numerose funzioni all'interno della cellula.
Fungono da trasportatori di energia, da componenti di cofattori enzimatici e come messaggeri chimici.
I nucleotidi possono avere uno o due gruppi fosforici addizionali legati covalentemente al gruppo fosforico sull'
atomo di carbonio 5 del ribosio. Queste diverse forme di nucleotidi sono dette mono- di- e trifosfato. L’ idrolisi dei
nucleotidi trifosfato costituisce una fonte di energia chimica per un gran numero di reazioni biochimiche. Tra
questi l'ATP è quello maggiormente utilizzato. Alcuni cofattori enzimatici capaci di svolgere funzioni chimiche
diverse contengono nella loro struttura il nucleoside adenosina. Tra questi abbiamo il coenzima A , NAD+ e FAD.
Quando i segnali provenienti dall'ambiente esterno ( primi messaggeri) interagiscono con i recettori presenti sulla
superficie cellulare, si ha la produzione di secondi messaggeri all'interno della cellula. Il secondo messaggero può
essere un nucleotide e il più comune è quello chiamato adenosina 3-5 monofosfato ciclico ( AMP ciclico) prodotto
dall ATP in una reazione catalizzata dall’ adenilato ciclasi un enzima associato alla superficie interna della
membrana plasmatica. L’ AMP ciclico svolge funzioni regolatrici praticamente in tutte le cellule eccetto quelle
vegetali.

BIOSINTESI E DEGRADAZIONE NUCLEOTIDI


Nella cellula esistono due tipi di vie che portano alla formazione dei nucleotidi: le vie di sintesi de novo e le vie di
salvataggio. La sintesi de novo inizia utilizzando precursori semplici come amminoacidi, Ribosio 5 fosfato, anidride
carbonica e ammoniaca mentre le vie di salvataggio riciclano le basi libere.

I 2 nucleotidi purinici presenti negli acidi nucleici sono l'adenosina 5 monofosfato detto anche adenilato ed
indicato con il simbolo AMP, e la guanosina 5 monofosfato detto guanilato ed indicato con il simbolo GMP.
Questi due nucleotidi contengono rispettivamente le basi puriniche adenina e guanina. La via che porta a questi
due nucleotidi è abbastanza lunga e contiene 11 reazioni. Inizialmente al carbonio 1 del PRPP viene aggiunto un
gruppo amminico donato dalla glutammina. Al composto formato vengono aggiunti 3 atomi forniti dall
amminoacido glicina, in questa reazione viene consumata una molecola di ATP per attivare il gruppo carbossilico
della glicina. Il gruppo glicinamminico viene poi formilato da parte del N10- Formiltetraidrofolato. Nella tappa 4
la glutammina fornisce un gruppo amminico al composto che sostituisce l'ossigeno del gruppo carbossilico. Nella
tappa 5 si ha la deidratazione e la chiusura del primo anello del ovvero l'anello imidazolico a 5 membri. Adesso si
ha la costruzione del secondo anello, tre atomi di questo sono già al loro posto. Nella sesta reazione si ha
l'aggiunta di un gruppo carbossilico. Questa carbossilazione però non utilizza la biotina pur servendosi del
bicarbonato. Nella settima reazione si ha un riarrangiamento che trasferisce il carbossilato dal gruppo amminico
alla posizione 4 dell' anello imidazolico. Nell'ottava reazione l'aspartato si lega al composto tramite un legame
amidico con il gruppo carbossilico in posizione 4. Nella nona reazione si ha l'eliminazione dello scheletro
carbonioso dell'aspartato sotto forma di fumarato. Una reazione simile la possiamo osservare nel ciclo dell'urea.
L'ultimo atomo di carbonio necessario alla chiusura del secondo anello viene fornito dall’ N10
Formiltetraidrofolato così come accade nel passaggio 3. Infine nell'ultima reazione si verifica una deidratazione
come accade nel passaggio 5, in questo modo anche il secondo anello si chiude , formando come composto finale
l’inosinato detto IMP.

La conversione dell' inosinato in adenilato richiede l'inserzione nella molecola di un gruppo amminico che viene
fornito dall’ aspartato. Questo procedimento avviene in due tappe simili alle reazioni 8 e 9, tuttavia c'è una
differenza in quanto viene utilizzato il GTP invece dell’ ATP come fonte del gruppo fosforico ad alta energia nella
sintesi dell adenilosuccinato. Da questo viene poi rimosso il fumarato per formare l'adenilato.
Per formare il guanilato si aggiunge prima una molecola d'acqua all’ inosinato, si ha poi l’ossidazione del
composto da parte del NAD+ per formare xantilato, infine a questo composto viene aggiunto un gruppo amminico
donato dalla glutammina e viene scisso ATP in AMP e pirofosfato.
Il primo meccanismo di controllo avviene a livello della prima reazione catalizzata dall'enzima allosterico
glutammina PRPP amidotransferasi che viene inibito dai prodotti finali ovvero IMP, AMP e GMP. Nel secondo
meccanismo di controllo un eccesso di GMP nella cellula inibisce la formazione di xantilato dall’ inosinato senza
però alterare la velocità di formazione dell’AMP al contrario un accumulo di adenilato inibisce la formazione dell’
adenilosuccinato senza modificare la biosintesi del GMP
I 2 nucleotidi pirimidinici: citidina 5 monofosfato (CMP , citidilato) e uridina 5 monofosfato (UMP, uridilato)
contengono rispettivamente le basi pirimidiniche citosina e uracile. La sintesi di questi due nucleotidi procede in
maniera diversa rispetto a quella dei nucleotidi purinici, in questo caso viene prima costruito l'anello pirimidinico
a 6 membri che viene poi legato al Ribosio 5 fosfato.
Tale processo inizia dal carbamil fosfato che partecipa anche alla sintesi dell'urea, tuttavia mentre il carbamil
fosfato necessario alla sintesi dell'urea viene prodotto nei mitocondri quello che entra invece nella sintesi dei
nucleotidi è formato nel citosol dall'enzima carbamil fosfato sintetasi 2.
Nella prima tappa il carbamil fosfato reagisce con l aspartato formando N carbamil aspartato con la rimozione di
un fosfato inorganico. La reazione è catalizzata dall’ aspartato transcarbamilasi. Il composto ottenuto subisce la
perdita di una molecola d'acqua in una reazione catalizzata dalla diidroorotasi, l'anello in questo modo viene
chiuso e si forma un composto detto diidroorotato. Questo viene ossidato per mezzo del NAD formando il
composto orotato. All ‘orotato viene legato il Ribosio 5 fosfato donato dal PRPP generando l’ orotidilato, questo
viene poi decarbossilato a uridilato (UMP). Questo può essere fosforilato a UTP. Il CTP si forma invece dall’ UTP
ad opera della citidilato sintetasi. In questa reazione viene consumato un ATP nella formazione di un intermedio
acil fosfato il donatore dell'atomo di azoto e la glutammina.

La regolazione della velocità di sintesi dei nucleotidi pirimidinici è dovuta all’ enzima che catalizza la prima
reazione ovvero l’ aspartato transcarbamilasi, questo infatti viene inibito dal CTP, mentre in presenza di ATP la
conformazione attiva dell'enzima è quella predominante.

I nucleosidi monofosfato possono essere convertiti i nucleosidi difosfato e trifosfato.


Ad esempio la fosforilazione dell’ AMP in ADP è catalizzata dalla adenilato chinasi
ATP + AMP → 2 ADP
L' ADP così formato viene ulteriormente fosforilato mediante la fosforilazione ossidativa oppure dagli enzimi
glicolitici.
L'ATP viene utilizzato per la formazione degli altri nucleosidi da parte di una classe di enzimi detti nucleoside
difosfato chinasi.
ATP + NDP → ADP + NTP
Dove la N ci indica un generico nucleoside
I deossiribonucleotidi ovvero le subunità del DNA derivano dai corrispondenti ribonucleotidi mediante reazioni in
cui l'atomo di carbonio 2 del D Ribosio viene ridotto a 2 -deossi. La reazione viene catalizzata dalla ribonucleotide
reduttasi in cui i suoi substrati sono i ribonucleosidi difosfato. La riduzione del D-Ribosio a 2 deossi d-ribosio
richiede una coppia di atomi di idrogeno che sono donati dal NADPH tramite una proteina che trasporta atomi di
idrogeno chiamata tioredossina. La forma ossidata (con un ponte disolfuro) della tioredossina viene ridotta dal
NADPH in una reazione catalizzata dalla tioredossina reduttasi. La tioredossina ridotta viene poi usata dalla
ribonucleotide reduttasi.

Il DNA contiene timina invece di uracile. Nella biosintesi de novo del nucleotide timidilato (dTMP) troviamo
soltanto deossiribonucleotidi. La via biosintetica può iniziare sia dal dCDP sia dal dUDP che vengono prodotti dalla
riduzione del CDP e dell’ UDP. I due deossiribonucleotidi mediante fosforilazione vengono convertiti in dCTP e
dUTP. Il dCTP può essere convertito in dUTP mediante deamminazione. Il dUTP invece viene convertito in dUMP
da una dUTPasi. Il dUMP può essere a questo punto convertito in dTMP dall enzima timidilato sintasi. In questa
reazione un’ unità monocarboniosa viene trasferita dall’ N5,N10-metilentetraidrofolato al dUMP, il tetraidrofolato
inoltre viene ossidato a diidrofolato.
Degradazione nucleotidi
I nucleotidi purinici sono degradati da una sequenza di reazioni. L’ AMP viene trasformato in adenosina per la
perdita di un gruppo fosforico grazie all'azione dell’enzima 5-nucleotidasi. L'adenosina viene poi deamminata ad
inosina dall’ enzima adenosina deamminasi. L’inosina viene idrolizzata per formare l’ ipoxantina e il d-ribosio.
L’ ipoxantina libera viene successivamente ossidata a xantina e poi nuovamente ossidata ad acido urico dalla
xantina ossidasi. Anche il GMP viene degradato per formare acido urico. Il GMP subisce prima la perdita di un
gruppo fosforico trasformandosi in guanosina, questa viene idrolizzata formando guanina e D- ribosio. Dalla
guanina viene rilasciato il gruppo amminico generando la xantina che è convertita in acido urico.
Le vie di degradazione delle pirimidine portano alla produzione di ione ammonio e quindi alla formazione di urea

Le basi puriniche libere formate dalla degradazione dei nucleotidi sono in gran parte salvate e riutilizzate per
formare nuovi nucleotidi, attraverso una via molto piu semplice rispetto alla sintesi de novo. Una delle vie di
salvataggio è costituita da una sola reazione catalizzata dall adenosina fosforibosiltransferasi in cui l adenina
libera reagisce con il PRPP per formare il corrispondente nucleotide ovvero l’ adenilato. Anche la guanina viene
recuperata e l enzima usato per formare il guanilato è la guanina fosforibosiltransferasi.
FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA
Essa rappresenta il punto finale del metabolismo energetico degli organismi aerobici. Tutte le tappe degradative
dei carboidrati, amminoacidi e degli acidi grassi terminano in quest’ ultima tappa della respirazione cellulare in
cui l’ energia prodotta dalle ossidazioni viene utilizzata per sintetizzare ATP. Negli eucarioti la fosforilazione
ossidativa avviene nei mitocondri e grazie al NADH e al FADH2 si verifica la riduzione dell’ ossigeno ad acqua
mediante anche ad una serie di trasportatori di elettroni associati alla membrana mitocondriale interna.
Il mitocondrio ha due membrane : la membrana mitocondriale esterna è facilmente permeabile a piccole
molecole e ioni che si muovono liberamente attraverso canali transmembrana formati da una famiglia di
proteine integrali dette porine. La membrana mitocondriale interna invece è impermeabile alle molecole di
piccole dimensioni e a quasi tutti gli ioni compresi gli ioni H+ mentre è permeabile all’acqua all’ ossigeno e
all’ anidride carbonica e ad altri composti che usano trasportatori specifici. In essa sono localizzati i componenti
della catena respiratoria e il complesso dell’ ATP sintasi che sintetizza ATP. La matrice mitocondriale contiene
invece il complesso della piruvato deidrogenasi e gli enzimi del ciclo dell acido citrico, della beta ossidazione e
dell ossidazione degli amminoacidi.

La fosforilazione ossidativa ha inizio con l’ ingresso degli elettroni nella catena dei trasportatori di elettroni,
chiamata catena respiratoria. La maggior parte di questi elettroni derivano dall’ azione delle deidrogenasi che li
hanno raccolti nei processi catabolici e poi incanalati verso gli accettori universali di elettroni come i nucleotidi
piridinici NAD+ o NADP+ o le flavoproteine come FAD o FMN
Le deidrogenasi NAD+ dipendenti rimuovono due atomi di idrogeno dai loro substrati. Uno di questi viene
trasferito sotto forma di ione idruro il quale trasporta quindi due elettroni, mentre l'altro atomo di idrogeno
viene rilasciato nell'ambiente circostante sotto forma di ione H+. Il NAD+ può ricevere gli elettroni dal NADPH il
quale a sua volta ha ricevuto gli elettroni mediante una deidrogenasi NADP dipendente. La reazione di passaggio
degli elettroni dal NADPH al NAD+ è catalizzata dalla piridina nucleotide transidrogenasi.
Le flavoproteine contengono un cofattore flavinico, l’FMN oppure il FAD legato saldamente. Questo coenzima
può accettare un elettrone oppure 2.
La catena respiratoria mitocondriale è formata da una serie di trasportatori di elettroni, la maggior parte dei
quali sono proteine integrali di membrana contenenti gruppi prostetici e in grado di donare o accettare uno o
due elettroni. Oltre al NAD o al FAD nella catena respiratoria agiscono altri 3 gruppi di trasportatori di elettroni:
l’ ubichinone (coenzima Q), i citocromi e le proteine ferro-zolfo.
coenzima Q: detto anche ubichinone è un benzochinone con una catena laterale isoprenoide, rappresenta il
punto di raccolta iniziale degli elettroni provenienti dai coenzimi ridotti FADH2 e NADH. Esso può accettare un
elettrone trasformandosi in un radicale o può accettare due elettroni acquistando la sua forma ridotta
diventando ubichinolo. Poichè è idrofobico il coenzima Q si può diffondere nel doppio strato lipidico della
membrana mitocondriale interna.
i citocromi: sono delle proteine con un gruppo prostetico ferro-protoporfirinico. Nei mitocondri sono presenti 3
classi di citocromi : A-B-C. Il gruppo eme dei citocromi di tipo A e B è saldamente legato alla proteina ma senza
legami covalenti, mentre il gruppo eme C dei citocromi di tipo C è legato covalentemente alla proteina mediante
ponti tioeteri a due residui di cisteina. L’ eme B presente nei citocromi B è lo stesso di quello presente nella
mioglobina e nell’ emoglobina. L ‘ eme A contenuto nei citocromi di tipo A è caratterizzato da una lunga catena
isoprenoide legata ad uno degli anelli a 5 membri (anelli pirrolici), inoltre ha un gruppo metile ossidato a un
gruppo formile (CHO). I citocromi di tipo A e B sono proteine integrali della membrana mitocondriale interna,
mentre il citocromo c dei mitocondri si lega mediante interazioni elettrostatiche alla superficie esterna della
membrana mitocondriale interna
le proteine ferro-zolfo: sono proteine che contengono ferro associato ad atomi di zolfo inorganico o atomi di
zolfo di residui di cisteina della proteina. Questi centri ferro-zolfo possono avere strutture molto semplici come
un singolo atomo di ferro coordinato con 4 atomi di zolfo di catene laterali di residui di cisteina oppure possono
essere più complesse e contenere 2 o 4 atomi di ferro. Queste proteine partecipano a reazioni redox, in cui
viene trasferito un elettrone alla volta, utilizzando modificazioni dello stato di ossidazione del ferro.
Questi trasportatori di elettroni sono organizzati in 4 complessi intermembrana. Ciascuno di essi è in grado di
trasportare elettroni e può essere considerato come una parte della catena respiratoria.
1° complesso
Questo complesso è detto anche NADH ubichinone ossidoreduttasi, è un enzima di grandi dimensioni
contenente più di 42 catene polipeptidiche diverse fra cui una flavoproteina contenente FMN e 6 centri ferro-
zolfo. Tale complesso ha la forma di una L con un braccio immerso nella membrana mitocondriale interna e
l'altro orientato verso la matrice.
Esso catalizza il trasferimento di due elettroni sotto forma di ione idruro dal NADH e di un protone dal solvente
acquoso della matrice al coenzima Q, inoltre catalizza il trasferimento di 4 protoni dalla matrice allo spazio
intermembrana, il complesso 1 funge quindi da pompa protonica guidata dall energia derivante il trasferimento
di elettroni. Una pompa protonica è una proteina integrale di membrana capace di spostare protoni attraverso
la membrana un mitocondrio. Lo ione idruro viene prima trasferito dal NADH alla FMN, da qui i due elettroni si
muovono attraverso una serie di centri Fe-S giungendo all ubichinone che viene ridotto ad ubichinolo (QH2) il
quale si diffonde all’interno della membrana mitocondriale interna dal complesso I al III. Per ogni coppia di
elettroni si ha l’espulsione di 4 protoni dalla matrice. Il flusso protonico produce un potenziale elettrochimico tra
i due lati della membrana interna creando un lato positivo rappresentato dallo spazio intermembrana e un lato
negativo invece rappresentato dalla matrice. La sintesi di ATP sarà possibile proprio grazie a questo potenziale
elettrochimico.
2° complesso
Il complesso 2 è detto anche succinato deidrogenasi ed appartiene al ciclo dell acido citrico, è l unico enzima di
tale ciclo ad essere legato alla membrana mitocondriale interna. Il complesso oltre ad essere costituito dalla
succinato deidrogenasi presenta FAD e centri Fe-S. Tale complesso trasferisce gli elettroni che derivano dall’
ossidazione del succinato al FAD che viene ridotto a FADH2, da qui gli elettroni attraverso centri Fe-S giungono
al coenzima Q. Altri substrati di deidrogenasi mitocondriali passano i loro elettroni alla catena respiratoria a
livello del coenzima Q ma non attraverso il complesso 2. La prima tappa della beta ossidazione è catalizzata
dalla flavoproteina acil-CoA deidrogenasi in cui si ha il trasferimento di due elettroni al FAD, gli elettroni poi
passano alla flavoproteina detta ETF e infine alla ETF ubichinone ossidoreduttasi che cede gli elettroni riducendo
il coenzima Q. il glicerolo 3 fosfato ,prodotto dal glicerolo rilasciato nella degradazione degli acidi grassi, viene
ossidato dalla glicerolo 3 fosfato deidrogenasi. Questa è una flavoproteina localizzata sulla faccia esterna della
membrana mitocondriale interna e trasferisce gli elettroni all ubichinone.
3° complesso
Questo complesso è detto anche ubichinone: citocromo c ossidoreduttasi. Trasferisce gli elettroni dall’
ubichinolo (QH2) al citocromo C con il trasporto di protoni dalla matrice allo spazio intermembrana.
Il trasferimento di elettroni avviene attraverso un ciclo dell’ ubichinone.
Una molecola di ubichinolo si lega ad un sito del complesso III posto vicino allo spazio intermembrana detto sito
Qp. Questa molecola rilascia due elettroni uno viene donato al citocromo c1, un altro tramite il citocromo B
giunge ad una molecola di ubichinone legata al sito Qn posto vicino alla matrice mitocondriale. La molecola di
ubichinone legata al sito Qn in questo modo si trasforma in un radicale semi ridotto. Per ridurre completamente
questa molecola si verifica l'ossidazione di una seconda molecola di ubichinolo che compie le stesse tappe della
precedente. Per la riduzione inoltre servono due protoni prelevati dalla matrice mitocondriale. Per ogni
molecola di ubichinolo ossidata ad ubichinone vengono rilasciati nello spazio intermembrana due protoni quindi
in totale verranno rilasciati 4 protoni. In questo ciclo due molecole di ubichinolo vengono consumate ma ne
viene prodotta una. I 2 elettroni che sono stati ceduti al citocromo C1 passano al citocromo C che non fa parte
del complesso
4° complesso
Nella tappa finale della catena respiratoria il complesso 4 detto anche citocromo ossidasi trasporta gli elettroni
dal citocromo C all’ ossigeno molecolare riducendolo a H2O. Esso catalizza il trasferimento di 4 elettroni
provenienti da 4 molecole di citocromo c diverse all’ ossigeno per formare 2 molecole d acqua, il processo
consuma 4 ioni H+ dalla matrice. Inoltre il complesso utilizza l’energia di questa reazione per pompare un
protone nello spazio intermembrana per ogni elettrone che lo attraversa aumentando ulteriormente il
potenziale elettrochimico prodotto del complesso 1 e il complesso 3.
Il pompaggio di protoni nello spazio intermembrana determina una energia elettrochimica dovuta alla differenza
di cariche e alla differenza di concentrazione di ioni H+, questa energia viene conservata in un gradiente
protonico detto forza motrice protonica.

La sintesi dell’ ATP


Secondo Peter Mitchell che propose il modello chemiosmotico la forza motrice protonica porta alla sintesi di
ATP quando il flusso protonico inverte la sua direzione e i protoni ritornano nella matrice attraverso un canale
protonico associato all’ ATPsintasi.
L’ ATPsintasi catalizza la sintesi dell’ ATP da ADP + P accoppiata al flusso protonico dallo spazio intermembrana
alla matrice. Questo complesso enzimatico situato nella membrana mitocondriale interna è costituito da due
componenti F1 e F0.
F1:è una proteina estrinseca di membrana rivolta verso la matrice mitocondriale dissociabile dalla F0, ed è
solubile in acqua. Quando la F1 è isolata perde la capacità di sintetizzare ATP e acquista la capacità inversa di
idrolizzare ATP per formare ADP e P.
F0:è un canale protonico transmembrana collegato da uno stelo alla componente F1, ed è insolubile.

Il complesso F1 è costituito da diverse subunità di cui 3α,3β,1γ 1δ e 1ε.


E’ composto da un’ alternanza di subunita alfa e beta disposte come gli spicchi di un arancia. Ciascuna subunità
beta ha un sito catalitico per la sintesi dell’ ATP. La subunità y forma un asse centrale che attraversa tutto il
complesso F1. Anche se le sequenze amminoacidiche delle 3 unità beta sono identiche, queste differiscono per la
loro conformazione in parte a causa dell associazione della subunità gamma con solo una delle 3 beta.
Il complesso F0 che costituisce il canale protonico è composto da 3 subunità a,b,c :
1 subunità a , 2 subunità b e le subunità c variano 10-12 a seconda dell’ organismo. Le due subunità b di F0 si
associano alle subunità alfa e beta di F1 mantenendole fisse rispetto alla membrana. Al complesso F0 è legata la
subunita gamma di F1 mediante la subunita ε.
La catalisi rotazionale
Le subunita beta del complesso F1 presentano ciascuna un sito attivo e catalizzano a turno la sintesi dell’ ATP.
Tali subunita possono assumere 3 diverse conformazioni:
-conformazione beta-vuota con affinità molto bassa per l’ATP.
-conformazione beta-ADP che lega ADP e P
-conformazione beta-ATP che lega saldamente ATP.
Queste modificazioni sono accoppiate al flusso di ioni H+ attraverso F0. Il flusso di ioni H+, provoca la rotazione
di F0 e della subunità gamma. Per ogni rotazione di 120° la subunità gamma entra in contatto con una subunita
beta diversa.
Le 3 subunità Beta interagiscono tra di loro in modo che quando una assume la conformazione Beta vuota, le
altre due devono assumere una la forma Beta ADP l'altra la forma Beta ATP. In questo modo per ogni rotazione
completa di gamma quindi di 360° ogni subunità Beta compie un ciclo attraverso le tre possibili conformazioni.
Per ciascuna rotazione vengono sintetizzate e rilasciate dalla superficie dell’enzima tre molecole di ATP.
In un determinato momento le tre subunità si presentano una in conformazione beta vuota, una in
conformazione beta ATP e una in conformazione beta ADP. Il passaggio di protoni determina la rotazione della
subunità gamma di 120° e questa entra in contatto con la subunità in conformazione beta ATP e la induce a
trasformarsi nella conformazione beta -vuota che rilascia una molecola di ATP. Contemporaneamente la
subunità che aveva una conformazione Beta vuota assume la conformazione Beta ADP e lega ADP e P, mentre la
subunità che aveva una conformazione Beta ADP viene convertita nella conformazione Beta ATP che promuove
la condensazione di ADP e fosfato formando ATP. A questo punto il passaggio di altri protoni determina
nuovamente la rotazione della subunità gamma di altri 120°. La subunità gamma si lega di nuovo alla subunità
con conformazione beta-ATP e ne determina la conversione in conformazione Beta - vuota e avviene il rilascio
di una seconda molecola di ATP. Contemporaneamente le altre due subunità così come è accaduto prima
cambiano conformazione. Infine con il passaggio di altri protoni la subunità gamma ruota ancora di 120°
tornando al punto di partenza e viene rilasciata la terza molecola di ATP. Con quest'ultima fase le 3 subunità
hanno ciascuna assunto le tre diverse conformazioni.

Regolazione della fosforilazione


La velocità della respirazione quindi il consumo di ossigeno nei mitocondri è in genere limitato dalla
disponibilità di ADP come substrato per la fosforilazione. Questa dipendenza dall’ ADP è chiamata controllo dell’
accettore della respirazione. Possiamo anche dire che l’ ATP si forma alla velocità con cui viene consumato per le
attività cellulari che necessitano di energia.
Esiste un'eccezione alla regola generale che dice che la respirazione rallenta quando il rifornimento di ATP nella
cellula è sufficiente. Nella maggior parte degli animali compreso l'uomo, i neonati hanno un tipo di tessuto
adiposo detto grasso bruno in cui l’ossidazione delle sostanze nutrienti non viene utilizzata per produrre ATP ma
per generare calore che serve a mantenere il corpo ad una temperatura costante. I mitocondri del grasso bruno
sono come quelli delle altre cellule tuttavia possiedono una proteina localizzata nella loro membrana interna
chiamata termogenina. Essa rappresenta una via di ritorno alternativa per i protoni, in questo modo essi non
attraversano il complesso F0F1 ma vengono utilizzati per produrre calore.
INTEGRAZIONE E REGOLAZIONE ORMONALE DEL METABOLISMO DEI MAMMIFERI
Ogni tessuto e organo del corpo umano ha una funzione specifica che determina la sua attività metabolica. Ogni
via metabolica e la sua regolazione devono essere considerate nel contesto dell’organismo
Il fegato modifica e distribuisce le sostanze nutrienti. Dopo essere stati assorbiti la maggior parte degli zuccheri,
degli aminoacidi e solo una piccola parte di trigliceridi passano nel sangue e vengono assunti dagli epatociti del
fegato. Le cellule del fegato trasformano le sostanze nutrienti ottenute dall'alimentazione in composti che
possono generare energia e in precursori necessari agli altri tessuti, successivamente li inviano alle destinazioni
finali attraverso il flusso sanguigno. Per quanto riguarda gli zuccheri, il glucosio una volta entrato nel fegato
viene fosforilato dalla glucochinasi a glucosio 6 fosfato, l’ enzima glucochinasi non è inibito dal suo prodotto a
differenza dell esochinasi. Il trasportatore del glucosio presente negli epatociti GluT2 è molto efficiente, di
conseguenza la concentrazione del glucosio all'interno della cellula è quasi uguale a quella presente nel sangue.
Il glucosio 6 fosfato nel fegato può prendere 5 diverse vie metaboliche a seconda delle necessità dell'organismo.
1)Può essere defosforilato dalla glucosio 6 fosfatasi formando così glucosio libero che viene esportato per
rifornire il sangue.
2)Se il glucosio 6 fosfato non viene defosforilato può essere incorporato nel glicogeno.
3)Il glucosio 6 fosfato può essere inoltre ossidato nella glicolisi con la successiva decarbossilazione del piruvato
seguita dal ciclo dell'acido citrico e dalla fosforilazione ossidativa che porta alla formazione di ATP.
Normalmente però gli epatociti preferiscono gli acidi grassi come combustibile per la produzione di energia.
4)Un'altra via metabolica viene utilizzata quando il glucosio 6 fosfato è in eccesso. Questa via coinvolge la
glicolisi tuttavia una volta ottenuto l'acetil-CoA dal piruvato questo non entra nel ciclo dell'acido citrico ma
viene utilizzato come precursore della sintesi dei lipidi cioè di acidi grassi che diventeranno trigliceridi ,
fosfolipidi e colesterolo. La maggior parte dei lipidi sintetizzati nel fegato viene esportata agli altri tessuti.
5)Infine il glucosio 6 fosfato può essere utilizzato come substrato della via del pentosio fosfato che produce
D Ribosio 5 fosfato e NADPH, necessario per la biosintesi degli acidi grassi e del colesterolo.

Gli amminoacidi che entrano nel fegato hanno diversi destini metabolici.
1)Negli epatociti possono essere utilizzati come precursori della sintesi delle proteine.
2) In alternativa escono dal fegato e attraverso il sangue giungono agli altri tessuti dove sono utilizzati anche qui
per la sintesi di proteine.
3) gli amminoacidi possono essere utilizzati anche come precursori nella biosintesi dei nucleotidi ormoni e altri
composti azotati sia nel fegato che in altri tessuti.
4)Quando gli amminoacidi non sono necessari per la biosintesi vengono deamminati e degradati ad acetil-coa e ad
intermedi del ciclo dell'acido citrico. Questi possono essere convertiti in glucosio e glicogeno attraverso la via
gluconeogenetica. L’ acetil-CoA può essere utilizzato dal ciclo dell'acido citrico seguito dalla fosforilazione
ossidativa per produrre energia ,inoltre può essere utilizzato per la produzione di acidi grassi. L'ammoniaca
rilasciata durante la degradazione degli amminoacidi viene convertita negli epatociti in urea attraverso il ciclo
dell'urea.
5)Durante digiuni prolungati alcune proteine muscolari sono degradate e gli amminoacidi liberi donano il loro
gruppo amminico per transamminazione al piruvato. L'alanina prodotta viene trasportata attraverso il sangue al
fegato dove viene deamminata, con la formazione del piruvato. Nel fegato il piruvato viene convertito in glucosio
e rilasciato nuovamente nel sangue mentre l'ammoniaca viene trasformata in urea. Questo processo prende il
nome di ciclo del glucosio-alanina.

Gli acidi grassi che entrano negli epatociti, possono andare incontro a destini diversi.
1)Gli acidi grassi possono essere convertiti in lipidi del fegato.
2)Nella maggior parte dei casi invece gli acidi grassi sono utilizzati dal fegato come combustibile per produrre
energia. Essi infatti sono ossidati ad acetil-Coa e NADH.
3)L’eccesso di acetil-CoA prodotto dalla Beta ossidazione degli acidi grassi e che non è necessario al fegato viene
convertito nei corpi chetonici acetoacetato e beta- idrossibutirrato che vengono rilasciati nel sangue e utilizzati
nei tessuti periferici per produrre energia.
4)Una parte dell’Acetil-CoA viene invece utilizzato per la sintesi del colesterolo necessario per la biosintesi delle
membrane.
5) Gli acidi grassi possono essere convertiti anche in fosfolipidi e trigliceridi e legati alle lipoproteine plasmatiche
che li trasportano al tessuto adiposo dove vengono conservati come trigliceridi.
6)Una parte degli acidi grassi sono legati all'albumina serica che li trasporta attraverso il sangue al cuore e al
muscolo scheletrico che li assorbono e li ossidano per ricavare energia.

Il tessuto adiposo ha il compito di conservare gli acidi grassi. Esso conserva i trigliceridi che arrivano dal fegato
attraverso le lipoproteine VLDL, oppure dall'intestino tenue attraverso i chilomicroni. Quando sono necessarie
sostanze nutrienti per produrre energia, i trigliceridi conservati sono idrolizzati dalle lipasi presenti negli adipociti.
Gli acidi grassi liberati vengono rilasciati nel sangue e trasportati fino ai tessuti come il muscolo scheletrico e il
cuore. Il rilascio di acidi grassi dagli adipociti è accelerato dall'ormone adrenalina che stimola la conversione della
forma inattiva della lipasi nella forma attiva, al contrario l'insulina diminuisce l'attività della lipasi.

Il muscolo scheletrico è specializzato nella produzione di ATP come fonte di energia immediatamente consumata.
I muscoli scheletrici possono utilizzare acidi grassi liberi, corpi chetonici o glucosio a seconda del grado di attività
muscolare. Nel muscolo a riposo le principali sostanze nutrienti sono gli acidi grassi che arrivano dal tessuto
adiposo e i corpi chetonici prodotti dal fegato. I muscoli moderatamente attivi invece oltre agli acidi grassi e ai
corpi chetonici utilizzano il glucosio del sangue. Nei muscoli che stanno svolgendo l'attività massima, la richiesta di
ATP diventa molto elevata e la quantità di ossigeno e di sostanze nutrienti portata dal sangue non è sufficiente a
soddisfare la richiesta energetica del tessuto. In questo caso il muscolo demolisce il glicogeno presente nelle sue
cellule formando glucosio 1 fosfato convertito poi in glucosio 6 fosfato. Questo subisce la glicolisi formando due
molecole di piruvato che vengono trasformate in lattato mediante la fermentazione. Si formano cosi 3 molecole
di ATP per ogni molecola di glucosio degradata. La fermentazione lattica produce quindi una quantità extra di
energia sotto forma di ATP che si va a sommare alla quantità generata dall' ossidazione aerobica di altre sostanze
nutrienti nel ciclo dell'acido citrico. L'uso del glucosio del sangue e del glicogeno del muscolo per l'attività
muscolare in situazioni di emergenza viene incrementato dalla secrezione di adrenalina che stimola la liberazione
nel sangue di glucosio dalle riserve epatiche di glicogeno e la demolizione del glicogeno muscolare. A differenza
del fegato il tessuto muscolare non presenta l'enzima glucosio 6 fosfatasi quindi non può convertire il glucosio 6
fosfato in glucosio libero per rilasciarlo nel sangue, per questo il glicogeno del muscolo viene utilizzato
esclusivamente dal muscolo stesso attraverso la via glicolitica. Il lattato prodotto durante un'attività muscolare
intensa viene trasportato dal muscolo al fegato attraverso il sangue, nel fegato il lattato col consumo di ATP
viene convertito in glucosio il quale attraverso il sangue ritorna nuovamente al muscolo per generare il glicogeno
che era stato consumato precedentemente, questo processo prende il nome di ciclo di Cori.
Il muscolo scheletrico contiene fosfocreatina, questo composto nel caso di un'attività intensa può generare
rapidamente ATP grazie ad una reazione con l’ ADP catalizzata dalla creatina chinasi. Durante il periodo di
recupero dopo uno sforzo prolungato lo stesso enzima viene utilizzato invece per sintetizzare la fosfocreatina
dalla creatina a spese dell’ ATP.
Al contrario del muscolo scheletrico, il cuore ha sempre un metabolismo completamente aerobico, i mitocondri
sono molto più abbondanti nel cuore e occupano circa la metà del volume della cellula. Il cuore utilizza come
sostanze nutrienti una miscela di glucosio, acidi grassi e corpi chetonici che arrivano dal sangue, questi composti
sono ossidati nel ciclo dell'acido citrico per ottenere energia e generare ATP nella fosforilazione ossidativa.

Il cervello dei mammiferi adulti usa normalmente solo glucosio come sostanza nutriente. Dato che il cervello
contiene poco glicogeno, necessita del glucosio che gli arriva dal sangue. Se il glucosio nel sangue dovesse
scendere al di sotto di un certo livello anche per un breve periodo, possono verificarsi variazioni profonde e anche
irreversibili nelle funzioni del cervello. Il cervello può utilizzare il beta idrossibutirrato ovvero uno dei corpi
chetonici per la produzione di acetil Coa. Questa capacità è importante durante un digiuno prolungato in quanto
l'uso del beta idrossibutirrato porta ad un risparmio di proteine muscolari che rappresentano in condizioni di
digiuno l'unica fonte di precursori per la sintesi di glucosio. L'energia dell'ATP fornito dall’ ossidazione del
glucosio è necessaria per creare e mantenere un potenziale attraverso la membrana dei neuroni il quale viene
usato per produrre i potenziali d'azione che rappresentano il trasferimento delle informazioni all'interno del
sistema nervoso.
Adrenalina
Quando un animale si trova in una situazione di stress che richiede un'immediata attività come nel caso di
combattimento o fuga, dei segnali neuronali generati dal cervello innescano il rilascio di adrenalina e di
noradrenalina dalla midollare surrenale. Questi ormoni aumentano la velocità e la forza della contrazione cardiaca
di conseguenza aumenta la pressione sanguigna e il flusso di ossigeno e sostanze nutrienti verso i tessuti, questi
ormoni inoltre dilatano le vie respiratorie facilitando l'assunzione dell'ossigeno. L’adrenalina agisce
principalmente sul muscolo, sul tessuto adiposo e sul fegato. Promuove infatti la demolizione anaerobica del
glicogeno del muscolo scheletrico formando ATP attraverso la glicolisi e lattato mediante la successiva
fermentazione lattica del piruvato. Determina anche la demolizione del glicogeno epatico con il rilascio di glucosio
nel sangue. L'adrenalina innesca anche la mobilizzazione dei grassi dal tessuto adiposo attivando la lipasi che
degrada i trigliceridi formando acidi grassi liberi. Infine l'adrenalina stimola la secrezione di glucagone ed inibisce
invece la secrezione di insulina, rinforzando così il suo effetto sulla mobilizzazione delle sostanze nutrienti.

Glucagone
I due ormoni glucagone e insulina sono prodotti dalle isole pancreatiche di origine endocrina del pancreas. Questi
due ormoni controllano i livelli di glucosio nel sangue. L'abbassamento della concentrazione di glucosio nel
sangue porta alla secrezione di glucagone e al contrario riduce il rilascio di insulina. Il compito del glucagone è
quello di aumentare la quantità di glucosio nel sangue e per fare questo sfrutta diverse vie. Così come l'adrenalina
il glucagone stimola la demolizione di glicogeno epatico attivando la glicogeno fosforilasi e contemporaneamente
inattivando la glicogeno sintasi. Entrambi gli effetti sono dovuti alla fosforilazione degli enzimi innescata dall’ AMP
ciclico. Tuttavia a differenza dell' adrenalina il glucagone inibisce la demolizione del glucosio attraverso la glicolisi
nel fegato e al contrario stimola la gluconeogenesi. Questi effetti sono dovuti ad un abbassamento dei livelli di
fruttosio 2-6 bisfosfato che è un inibitore del fruttosio 1-6 bisfosfatasi un enzima gluconeogenetico , al contrario è
un attivatore dell'enzima fosfofruttochinasi 1 che si trova nella glicolisi. Il glucagone stimola l’ adenilil ciclasi
mediante una proteina G. L’adenilato ciclasi a sua volta sintetizza 3-5 AMP ciclico a partire dall’ ATP che stimola
una proteina chinasi che trasferisce un gruppo fosforico dell'ATP alla proteina bifunzionale addetta alla sintesi e
alla demolizione del fruttosio 2-6 bisfosfato. La fosforilazione inibisce la fosfofruttochinasi 2 e attiva la fruttosio
2-6 bisfosfatasi. Ciò significa che i livelli di fruttosio 2-6 bisfosfato diminuiscono, inibendo di conseguenza la
glicolisi e attivando invece la gluconeogenesi.
Il glucagone inibisce anche l enzima glicolitico piruvato chinasi favorendo la gluconeogenesi.
Anche se il bersaglio principale del glucagone è il fegato, esso cosi come l adrenalina modifica il metabolismo del
tessuto adiposo attivando la triacilglicerolo lipasi. Quindi l'effetto netto del glucagone è quello di stimolare la
sintesi e il rilascio di glucosio dal fegato e di mobilizzare gli acidi grassi dal tessuto adiposo poiché possono essere
utilizzati al posto del glucosio come fonte di energia nei tessuti.

Insulina
L'insulina al contrario del glucagone viene rilasciata quando i livelli di glucosio nel sangue aumentano al tempo
stesso il rilascio di glucagone viene bloccato. L’ insulina ha il compito di stimolare l'assunzione del glucosio da
parte del tessuto muscolare e del fegato dove viene incorporato nel glicogeno. L'insulina stimola anche la
conservazione dell'eccesso di sostanze nutrienti sotto forma di grassi e attiva sia l'ossidazione del glucosio 6
fosfato a piruvato mediante la glicolisi sia l'ossidazione del piruvato ad acetil-CoA il quale viene utilizzato per la
sintesi nel fegato di acidi grassi. In sostanza l'effetto dell'insulina è quello di convertire l'eccesso di glucosio nel
sangue nelle due diverse forme di deposito ovvero glicogeno nel fegato e nel muscolo e trigliceridi nel tessuto
adiposo.

Il diabete mellito è causato da un difetto nella secrezione o nell'azione dell'insulina. La malattia può essere
suddivisa in due classi, diabete di tipo 1 detto diabete insulina dipendente e diabete di tipo 2 detto diabete non
insulina dipendente. Nel primo tipo la malattia comincia in giovane età e si aggrava molto rapidamente, nel
secondo caso invece la malattia si sviluppa più lentamente. I sintomi caratteristici del diabete sono sete e una
frequente orinazione che porta all'assunzione di grandi quantità di acqua. Ciò è dovuto
all’escrezione di grandi quantità di glucosio nelle urine, una condizione nota come glicosuria. Il termine diabete
mellito significa proprio eccessiva escrezione di urina dolce.
La mancanza di azione dell'insulina porta a un'eccessiva ma incompleta ossidazione degli acidi grassi nel fegato
con una sovrapproduzione di corpi chetonici i quali non possono essere utilizzati dai tessuti extraepatici. Oltre ad
acetoacetato e a Beta-idrossibutirrato il sangue dei diabetici contiene acetone che deriva dalla decarbossilazione
spontanea dell'acetoacetato.

Gli ormoni agiscono attraverso specifici recettori cellulari.


Quelli solubili in acqua come insulina e adrenalina agiscono dall'esterno delle loro cellule bersaglio legandosi ai
recettori posti sulla superficie cellulare e che attraversano la membrana plasmatica. Una volta avvenuto il legame
il recettore va incontro ad una modificazione conformazionale attivando un catalizzatore posto all'interno della
cellula che produce molte molecole di un secondo messaggero. Molti ormoni agiscono mediante una cascata di
segnali ovvero una serie di tappe in ognuna delle quali viene attivato un catalizzatore con la conseguente
amplificazione del segnale originale.
Gli ormoni non solubili in acqua ovvero gli ormoni steroidei attraversano facilmente la membrana plasmatica
delle loro cellule bersaglio raggiungendo I recettori che si trovano nel nucleo. In questo caso il complesso ormone
recettore interagisce con il DNA e altera l'espressione di determinati geni modificando i componenti enzimatici
della cellula e quindi il suo metabolismo.

Regolazione a lungo termine della massa corporea


Il controllo della massa corporea è esercitato dalla leptina, una piccola proteina di 167 residui amminoacidici.
Questo fattore è prodotto quasi esclusivamente dal tessuto adiposo e viene riconosciuto attraverso dei recettori
specifici in precise regioni del cervello che controllano l'assunzione del cibo. La leptina riferisce al cervello che le
riserve di grasso sono sufficienti , induce a ridurre l'assunzione di cibo e al contrario ad aumentare l'attività
motoria in modo da consumare più energia. L'interazione della leptina con il suo recettore altera il rilascio di
segnali che hanno a che fare con la regolazione dell'appetito. La leptina aumenta anche la pressione del sangue,il
ritmo cardiaco e la termogenesi ovvero la produzione di calore a spese del metabolismo energetico, mediante il
disaccoppiamento del trasporto degli elettroni dalla sintesi di ATP nei mitocondri del tessuto adiposo

Il segnale della leptina viene trasdotto da un sistema noto come JAK/STAT. Dopo che la leptina si lega al recettore
i due monomeri del recettore dimerico vengono fosforilati a livello di residui di tirosina nel dominio intracellulare
da una Janus chinasi ( JAK). I residui di fosfotirosina diventano il sito di ancoraggio di tre proteine che sono dette
STAT 3, 5 e 6. Queste proteine vengono fosforilate sempre da parte della JAK. Le proteine fosforilate
successivamente si spostano nel nucleo dove si legano a specifiche sequenze di DNA e stimolano l'espressione di
geni bersaglio. Infatti l'aumento del catabolismo e della termogenesi generato dalla leptina è dovuto in parte
all'incremento della sintesi di una proteina mitocondriale negli adipociti.

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