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FISIOLOGIA CELLULARE

• Funzioni della membrana plasmatica


1. Separazione dei liquidi intracellulari da quelli extracellulari.
2. Regolazione degli scambi con l’ambiente: la membrana cellulare controlla l’entrata di ioni e
nutrienti, l’eliminazione dei cataboliti e il rilascio dei prodotti di secrezione.
3. Comunicazione tra cellula e ambiente: la membrana cellulare è in contatto diretto con il citosol
(LIC) e con il liquido extracellulare (LEC). Presenta dei recettori che permettono alla cellula di
riconoscere e rispondere a molecole o a variazioni nel suo ambiente esterno. Qualsiasi variazione
della membrana influenza le attività cellulari.
4. Ruolo strutturale: alcune delle proteine della membrana plasmatica sono ancorate a proteine del
citoscheletro che mantengono la forma della cellula, creando giunzioni specializzate tra cellule
adiacenti o tra cellule e matrice extracellulare. Queste stutture stabilizzano la stuttura dei tessuti
(giunzioni serrate e comunicanti).
Nel 1972 Singer e Nicolson introdussero il modello a mosaico fluido, secondo il quale la membrana
cellulare è formata da un doppio strato fosfolipidico interrotto da proteine di membrana che conferiscono
alla membrana le sembianze di un mosaico. I principali fattori che determinano la fluidità della membrana
cellulare sono, oltre alla temperatura:
− lunghezza degli acidi grassi
− grado di insaturazione degli acidi grassi delle code dei fosfolipidi
− caratteristiche della testa polare
− concentrazione del colesterolo nella membrana

• Giunzioni intercellulari
Le cellule si uniscono tra loro tramite molecole di adesione dette CAM, che sono proteine integrali di
membrana. Vi sono 3 categorie di giunzioni forti:
1. Giunzioni comunicanti: permettono la comunicazione tra cellule tramite dei ponti citoplasmatici, a
formare questi ponti ci sono delle proteine dette connessine. Questo passaggio può aprirsi e
chiudersi permettendo o inibendo il passaggio di piccole molecole e ioni.
2. Giunzioni occludenti: limitano i passaggi di materiali tramite delle proteine chiamate claudine o
occludine. Le giunzioni serrate possono modificare il grado di permeabilità della membrana
stessa. Esse sono importanti nella formazione della barriera emto – encefalica che impedisce a
sostanze nocive presenti nel sangue di raggiungere il liquido extracellulare del cervello.
3. Giunzioni ancoranti: possono unire cellula-cellula tramite proteine dette caderine, o cellula-
matrice tramite proteine dette integrine. Possono legarsi a segnali chimici per trasmettere
informazioni e contribuiscono anche alla resistenza meccanica del tessuto.
I canali ionici di sodio e potassio possono essere sia attivi che passivi. I canali passivi sono sempre aperti,
ma la loro permeabilità può variare in funzione della forma delle proteine; questi canali sono importanti
per mantenere il potenziale di riposo. Vi sono poi canali attivi detti anche canali a cancello. Essi possono
essere: chiusi, ma capaci di aprirsi; aperti, cioè attivati; chiusi, cioè incapaci di aprirsi, inattivi. Vi sono tre
tipi di canali a cancello: quelli regolati chimicamente, quelli regolati dal voltaggio e quelli regolati
meccanicamente. I canali regolati meccanicamente si aprono e si chiudono solo quando hanno legato
specifiche molecole. I canali voltaggio dipendenti sono caratteristici delle membrane eccitabili, cioè di
quelle membrane che possono generare un potenziale di azione; si aprono e si chiudono in risposta a
variazioni del potenziale di membrana. I canali regolati meccanicamente cambiano la permeabilità in base
a distorsioni vere e proprie della membrana cellulare.

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• Proteine di membrana
Svolgono un ruolo importante nel mantenimento della stuttura e dell’attività della cellula e si stima
che sono circa 1/3 delle proteine codificate dal DNA.
− Proteine estrinseche: interagiscono debolmente con il doppio strato lipidico e possono essere
rimosse senza distruggere il doppio stato lipidico.
− Proteine intrinseche o integrali: interagiscono fortemente con il doppio stato lipidico e
possono essere eliminate solo distruggendo la membrana con detergenti chimici pesanti.

• Trasporti di membrana
Esistono due tipi di proteine trasportatrici: le proteine canale, che collegano direttamente i compartimenti
intracellulari ed extracellulari, e le proteine carrier, che non permettono mai questa connessione diretta.
Il passaggio attraverso la membrana è o passivo o attivo. I processi passivi non spendono energia, quelli
attivi spendono energia. I tre processi di trasporto sono: diffusione, trasporto mediato da vettori, trasporto
mediato da vescicole. Ioni e molecole collidono tra di loro con un movimento casuale e si distribuiscono
in modo equilibrato. Questa distribuzione è detta diffusione, ovvero le molecole si spostano per eliminare
le diverse concentrazioni tra l’interno e l’esterno di una cellula (eliminano il gradiente di concentrazione).
Le molecole o gli ioni possono passare o attraverso canali di membrana o attraverso la porzione lipidica.
Visto che la maggior parte dei composti non sono liposolubili, hanno bisogno di canali per muoversi.

LEGGE DI FICK O DELLA DIFFUSIONE


Fd = Kd (C1-C2)
Fd = flusso diffusionale netto
Kd = coefficiente di diffusione (esprime la maggiore o minore facilità con cui le
particelle di soluto si muovono tra quelle di solvente)
C1-C2 = differenza di concentrazione
Il flusso attraverso le membrane cellulari dipende anche dalla permeabilità della
membrana nei riguardi della sostanza stessa (x)
Fd = Px (C1-C2)
Px = coefficiente di permeabilità membranale
La diffusione di acqua è detta osmosi. L’acqua possiede dei materiali disciolti in essa. Le molecole
d’acqua tendono a spostarsi da un punto a concentrazione di soluto più bassa a una a concentrazione di
soluto più alta. Il movimento dell’acqua continuerà finché le concentrazioni di soluto non saranno le
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stesse su ciascun lato della membrana. L’osmolarità si riferisce alla concentrazione di soluto nella
soluzione, mentre la tonicità è la descrizione di come la soluzione influenza la cellula. Parliamo di
soluzione isotonica quando non vi è flusso di acqua dentro e fuori la cellula. Una soluzione si dice
ipotonica se l’acqua entra nella cellula, provocando eventualmente una lisi (eccessivo rigonfiamento).
Una soluzione si dice ipertonica se perde acqua per osmosi provocando un eventuale raggrinzimento.
L’aumento di volume del compartimento I causa un netto innalzamento del livello di liquido e quindi crea
una pressione idrostatica che si oppone alla diffusione osmotica dell’acqua. La pressione idrostatiche che
serve per annullare la diffusione osmotica dell’acqua è la pressione osmotica. La pressione osmotica è
misurata in atmosfere (atm) o in millimetri di mercurio (mmHg).
π=nRT/V (legge di van’t Hoff)

Nel trasporto mediato da vettori le proteine legano gli ioni o substrati e li trasportano attraverso la
membrana. Pochi meccanismi vettori trasportano più di un substrato alla volta. Nel cotrasporto o
simporto, il vettore trasporta due sostanze nella stessa direzione; nel controtrasporto o antiporto, una
sostanza si sposta nella cellula e un’altra fuori.
Ci sono due tipi di trasporto mediato da vettori: diffusione facilitata e trasporto attivo. Alcuni nutrienti
che non possono passare né attraverso i lipidi né attraverso i canali, passano passivamente attraverso la
diffusione facilitata. La molecola che deve essere trasportata, si lega a un recettore presente sulla proteina,
la quale cambia forma e permette il passaggio della molecola dall’altra parte della membrana senza
bisogno di ATP, poiché la molecola si sposta secondo gradiente. Nel trasporto attivo c’è bisogno di
energia per trasportare ioni o molecole. Esso non dipende dal gradiente di concentrazione, pertanto la
cellula può importare o esportare specifici substrati. Tutte le cellule contengono proteine chiamate pompe
ioniche. Se una proteina trasporta più di un tipo di ione, essa si chiamerà pompa di scambio. Nel trasporto
attivo secondario non c’è bisogno di energia in un primo momento, ma essa viene spesa in un secondo
momento, dopo il trasporto attivo primario, per mantenere l’omeostasi. Il trasporto attivo secondario lo
troviamo nell’assorbimento di glucosio nell’epitelio del tubulo renale o intestinale.

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Gli ioni Na+ e K+ sono i principali cationi nei liquidi corporei. La concentrazione di ioni sodio è alta nel
liquido extracellulare ma bassa in quello intracellulare. La distribuzione del potassio è esattamente
l’opposto. Avviene quindi uno scambio tra ioni sodio dentro la cellula e potassio all’esterno, tramite la
pompa sodio-potassio. La proteina vettrice coinvolta nel processo si chiama sodio-potassio ATPasi.
La forza spingente di natura chimica presente a cavallo della membrana si può mantenere solo se si
ripristina continuamente la differenza di concentrazione tra interno ed esterno. La concentrazione
intracellulare elevata di K+ e la concentrazione intracellulare bassa di Na+ si mantiene per azione di una
specifica proteina di membrana chiamata pompa sodio-potassio. La pompa Na+-K+-ATPasi è costituita da
due subunità, alfa e beta. La subunità alfa (113 kD), è la parte attiva, che lega i cationi e l'ATP e contiene
il sito di fosforilazione necessario per i cambiamenti conformazionali. E' una proteina integrale di
membrana e possiede 10 domini TM. La subunità beta è associata alla subunità alfa ed è piu' piccola (~45
kDa,) ed è necessaria per l'attività del complesso. Sembra essere indispensabile per facilitare la
localizzazione nella
membrana e l'attivazione della subunità alfa. Sono state identificate molte isoforme di entrambe le
subunità ma, a parte la caratterizzazione cinetica e la distribuzione tissutale, si sa poco sulla loro
differente importanza fisiologica. Il trasporto dei cationi avviene seguendo un ciclo di cambiamenti
conformazionali innescati dalla fosforilazione della pompa. La sequenza degli eventi che si ritiene
avvenga, può essere così schematizzata:
1. La pompa, che è associata
all'ATP, lega 3 Na+ dal lato
intracellulare (conformazione
fosforilata).
2. L'ATP è idrolizzato, con
conseguente fosforilazione di un
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loop citoplasmatico e rilascio di
ADP.
3. Segue un cambiamento
conformazionale della pompa che
espone gli ioni Na+ al lato
esterno, permettendone i l
rilascio.
4. La pompa lega 2 ioni K+ dal
l ato ext racel l u l a re, e c i ò
determina defosforilazione del
loop intracellulare e liberazione di
Pi.
5. Ciò determina un cambiamento
conformazionale che provoca il
rilascio di K+ dal lato intracellulare e il
legame dell’ATP
6. La pompa è pronta per riprendere
un altro ciclo.

− Caratteristiche della pompa sodio- potassio


La velocità di scambio è funzione della concentrazione di Na+ intracellulare e del K+ extracellulare.
Un aumento o una diminuzione di questi due parametri causa un’accelerazione o una diminuzione
della velocità di scambio. La pompa scambia un numero diverso di ioni e genera una corrente ionica
di membrana in uscita, quindi è elettrogenica. Il trasporto è altamente selettivo per il Na+ e il K+. La
sostituzione di Na+ con il Li+ blocca reversibilmente la pompa. Il Mg2+ è un cofattore che catalizza
la fosforilazione della pompa. L’attivazione della pompa è bloccata da glucosidi cardiaci (digitossina,
digossina) che si legano sul lato extracellulare della pompa. Veleni metabolici bloccano la sintesi di
ATP a livello della glicolisi e bloccano la pompa.
− Insufficienza cardiaca
Un paziente con insufficienza cardiaca possiede un cuore ipodinamico con bassa gittata cardiaca
insufficiente a sostenere le richieste metaboliche del corpo. Il metodo utile ad aumentare la gittata
cardiaca è quello di aumentare la forza di contrattilità del cuore che aumenta con una maggiore presenza
di Ca2+. La digitossina è un bloccante della pompa Na+-K+ per la cura dell’insufficienza cardiaca.

PROPRIETÀ ELETTRICHE DELLA MEMBRANA

• Distribuzione ionica ai lati della membrana


Molti soluti nell’organismo sono ioni e perciò portano una carica elettrica netta. Il potassio è il catione
principale all’interno delle cellule, mentre il sodio prevale nel liquido extracellulare. Il compartimento
intracellulare non è elettricamente neutro: ci sono alcuni anioni proteici dentro le cellule che non hanno
cationi corrispondenti, conferendo alla cellula una carica netta negativa. Nello stesso tempo il
compartimento extracellulare possiede carica netta positiva. Una conseguenza di questa distribuzione non
uniforme di ioni è che i compartimenti intracellulare ed extracellulare non sono in equilibrio elettrico.
Nell’organismo la separazione delle cariche elettriche ha luogo a cavallo delle membrane cellulari.
Consideriamo una cellula artificiale riempita con molecole che si dissociano in ioni positivi e negativi,
indicati dai segni + e -. Dal momento che le molecole erano elettricamente neutre inizialmente, all’interno
della cellula c’è uno stesso numero di ioni carichi positivamente e negativamente. La cellula è posta in
una soluzione acquosa, anch’essa elettricamente neutra, che contiene gli stessi tipi di cationi ed anioni. Il
doppio strato fosfolipidico della cellula artificiale, come quello di una cellula reale, non è permeabile agli
ioni. L’acqua può attraversare liberamente la membrana, rendendo uguali le concentrazioni ioniche
extracellulari e intracellulari e il sistema è all’equilibrio osmotico, chimico ed elettrico. Se inseriamo una
proteina di trasporto attivo nella membrana, questo carrier usa energia per spostare gli ioni positivi fuori
dalla cellula contro gradiente di concentrazione. Gli ioni negativi nella cellula cercano di seguire gli ioni

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positivi a causa dell’attrazione tra cariche positive e negative. Ma, poiché la membrana è impermeabile
agli ioni negativi, essi restano intrappolati nella cellula. Ioni positivi esterni alla cellula potrebbero tentare
di spostarsi all’interno della cellula, attratti dalla carica negativa netta del liquido intracellulare, ma la
membrana non permette a questi cationi di attraversarla. Non appena il primo ione positivo lascia la
cellula, l’equilibrio elettrico tra liquido intracellulare ed extracellulare è alterato: l’interno della cellula ha
una carica netta di -1, mentre l’esterno della cellula +1.

L’energia fornita per trasportare gli ioni attraverso la membrana ha creato un gradiente elettrico. Il
trasporto attivo di ioni positivi fuori dalla cellula genera un gradiente di concentrazione e la combinazione
di gradiente di concentrazione ed elettrico è detta gradiente elettrochimico. Un gradiente elettrico tra il
liquido extracellulare e intracellulare è noto come differenza di potenziale di membrana a riposo o
potenziale di membrana. Nella vita reale non possiamo misurare la carica elettrica come numero di
elettroni guadagnati o persi; quindi usiamo un apparecchio che misura la differenza di caria elettrica tra
due punti. Il dispositivo presenta due elettrodi con punte molto sottili riempite di un liquido che conduce
elettricità. Queste vengono connesse a un voltmetro che misura la differenza di elettricità in volt. Un
elettrodo di registrazione viene inserito attraverso la membrana cellulare nel citoplasma della cellula. Un
elettrodo di riferimento è situato nel bagno esterno, che rappresenta il liquido extracellulare. Nei sistemi
biologici al liquido extracellulare viene dato carica 0mV. Quando l’elettrodo di registrazione è posto
all’interno di una cellula vivente, il voltmetro misura il potenziale di membrana e un poligrafo collegato
al voltmetro fornisce una registrazione del potenziale di membrana nel tempo.

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Le cellule reali non sono completamente impermeabili a tutti gli ioni. Esse possiedono canali aperti e
trasportatori proteici che permettono agli ioni di spostarsi tra il citoplasma e il liquido extracellulare. La
cellula artificiale ha una membrana impermeabile agli ionie contiene K+ e grandi proteine cariche
negativamente, Pr-. La cellula viene posta in una soluzione di Na+ e Cl-. Sia la cellula sia la soluzione
sono elettricamente neutre e il sistema è in equilibrio elettrico, ma non in equilibrio chimico: ci sono
gradienti di concentrazione per tutti e quattro i tipi di ioni nel sistema e dovrebbero diffondere lungo i
rispettivi gradienti di concentrazione se potessero attraversare la membrana cellulare. Inserendo nella
membrana un canale per il K+, questo renderà permeabile la membrana solo al K+. Dal momento che
inizialmente non c’è K+ nel liquido extracellulare, una piccola parte di ioni K+ uscirà dalla cellula,
diffondendo secondo gradiente di concentrazione. Quando K+ lascia la cellula, le proteine cariche Pr- non
sono in grado di seguirlo perché la membrana cellulare non è permeabile ad esse. Le proteine generano
gradualmente una carica negativa all’interno della cellula man mano che K+ diffonde all’esterno. La
perdita di ioni positivi genera un gradiente elettrico e, poiché cariche negative e positive si attraggono, le
proteine cariche negativamente cercano di attrarre nuovamente gli ioni K+ all’interno. A un certo punto
in questo processo, la forza elettrica che attrae K+ nella cellula uguaglia in intensità il gradiente di
concentrazione chimico che guida K+ verso l’esterno della cellula. Quindi, il movimento netto di ioni K+
attraverso la membrana si ferma e il ritmo con cui gli ioni K+ si muovono al di fuori della cellula lungo il
gradiente di concentrazione è esattamente uguale al ritmo con cui gli ioni K+ si muovono verso l’interno
della cellula lungo il gradiente elettrico.

In una cellula permeabile solo a uno ione, il potenziale di membrana che si oppone esattamente al
gradiente di concentrazione dello ione è detto potenziale di equilibrio Eione e può essere calcolato usando
l’equazione di Nernst che si applica singolarmente a qualsiasi specie ionica:

Per uno ione monovalente positivo (catione), alla T di 37°C RT/F è =25,2 e dato che il ln =2,303 log10
l'equazione di Nernst è:

Siccome la cellula è permeabile a più di uno ione l’equazione di Nerst non è applicabile, ma si deve usare
l’equazione di Goldmann che tiene in considerazione i gradienti di concentrazione degli ioni permeabili e
la permeabilità relativa della cellula a ogni ione.

Il contributo sul valore finale del potenziale di membrana è tanto maggiore quanto maggiore è la
conduttanza o permeabilità della membrana nei confronti dello ione stesso. La maggiore permeabilità
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della membrana al K+ fa si che il potenziale sia più spostato verso quello del K+ , ciò è dovuto alla
presenza di diversi tipi di canali del K+ che restano aperti in condizioni di riposo (canali K+ leakage di
tipo K, canali rettificanti in ingresso Kir).
L’alterazione della concentrazione plasmatica di potassio può portare:
− Un aumento della concentrazione extracellulare di K+ sposta il potenziale di riposo verso valori
più positivi e causa depolarizzazione della cellula, mentre una diminuzione del K+ extracellulare
sposta il valore del potenziale verso valori più negativi e causa iperpolarizzazione.
− Una depolarizzazione o iperpolarizzazione può creare aritmie del battito cardiaco alcune delle
quali possono essere letali.
− Una iperpolarizzazione riduce l’eccitabilità dei neuroni e dei muscoli causando debolezza
muscolare e paralisi flaccida.
− L’ipokalemia è caratterizzata da [K+] < 3,5 mM si verifica in pazienti che assumono diuretici per
terapia ipertensiva e in soggetti con vomito prolungato, diarrea cronica. Si cura con integratori a
base di sali di potassio da somministrare per via orale.
− L’iperkalemia è caratterizzata da [K+] > 5mM si verifica in pazienti affetti da insufficienza
renale acuta nei quali si ha una ridotta escrezione di K+. (diuretici e ACE-inibitori).
Riguardo il potenziale di riposo, Ogni cellula che si trovi in uno stato di non eccitazione o di “ riposo” ,
presenta una differenza di potenziale attraverso la sua membrana che oscilla tra -40 e -90 mV e si
definisce potenziale di riposo. Questo è dato dalla distribuzione diseguale degli ioni. In una cellula a
riposo esiste una differenza di potenziale stabile tra interno ed esterno. Se prendiamo come rifermento il
potenziale extracellulare uguale a 0 (Ve= 0mV) il potenziale elettrico (Vm) di una cella a riposo è
negativo. Il potenziale di membrana a riposo rappresenta una fonte di energia potenziale necessaria per
generare segnali elettrici. I valori di -40 o -90mV sono capaci di creare campi elettrici molto elevati se
applicati a strutture molto sottili come la membrana cellulare.
E= Vm/d
Possiamo distinguere proprietà passive della membrana e proprietà attive della membrana. Le proprietà
passive della membrana sono associate alla:
− Resistenza, è la misura della impermeabilità della membrana agli ioni
− Capacità
Queste proprietà condizionano gli andamenti temporali delle risposte elettriche delle cellule e permettono
di ottenere variazioni positive o negative dei potenziali di membrana ogni volta che fluisce corrente
ionica attraverso la membrana.
Le proprietà attive permettono alle cellule neuronali di generare risposte attive comunemente chiamate
potenziali d’azione, questi segnali si propagano senza attenuazione. Tali proprietà elettriche attive
dipendono dalla presenza di proteine specializzate note come canali ionici voltaggio dipendenti.
Il potenziale di membrana a riposo può variare quando giunge uno stimolo. La membrana quindi può
rispondere allo stimolo con la depolarizzazione se lo stimolo è depolarizzante o con l’iperpolarizzazione
se lo stimolo è iperpolarizzante. Se lo stimolo è depolarizzante significa che c’è l’ingresso di cariche
positive, quindi di Na+, all’interno della cellula e quindi da un valore più negativo del potenziale di
membrana ci si sposta verso valori più positivi. Questi valori più positivi ci permettono di raggiungere il
valore soglia. Il valore soglia è dovuto al movimento di Na+ e K+ ed è un punto di equilibrio tra Na+ che
entra e K+ che esce. Questo equilibrio è molto instabile perché basta poco per variarlo, variando la
concentrazione di Na+ e K+. Se nella cellula entra meno Na+ rispetto al K+ che esce ci troviamo in una
condizione di sottosoglia, invece se entra più Na+ rispetto al K+ che esce ci troviamo in una condizione
di soprasoglia.
La variazione dei potenziali elettrici possono provocare due tipi fondamentali di segnali elettrici: i
potenziali graduati, generati dalla condizione di sottosoglia, e i potenziali d’azione, generati dalla
condizione di soprasoglia. Nei neuroni i potenziali graduati sono depolarizzazioni o iperpolarizzazioni
che hanno luogo nei dendriti e nel corpo cellulare o, più di rado, vicino ai terminali assonici. Questi
cambiamenti del potenziale di membrana vengono definiti graduati perché l loro dimensione o ampiezza è
direttamente proporzionale alla forza dell’evento scatenante: uno stimolo intenso causa un potenziale
graduato ampio, uno stimolo lieve na causa uno di ampiezza minore. I potenziali graduati possono
verificarsi anche quando un canale aperto si chiude, diminuendo il movimento di ioni attraverso la

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membrana cellulare. L’intensità della depolarizzazione iniziale è determinata da quanta carica penetra
nella cellula. La combinazione di dispersione di corrente, dovuta alla membrana del corpo cellulare che
non è un buon isolante ed ha canali sempre aperti e la resistenza citoplasmatica fa si che l’intensità del
segnale elettrico all’interno della cellula diminuisca man mano che il segnale si allontana dal punto di
origine.

Un potenziale graduato parte soprasoglia nel suo punto di inizio, ma diminuisce di intensità man mano
che viaggia attraverso il corpo cellulare. Quando arriva alla zona trigger è sottosoglia e quindi non
scatena un potenziale d’azione. Invece, uno stimolo più intenso somministrato nello stesso punto del
corpo cellulare genera un poyenziale graduato che è soprasoglia nel momento in cui raggiunge la zona
trigger, quindi provoca un potenziale d’azione. La capacità di un neurone di rispondere a uno stimolo e di
innescare un potenziale d’azione è detta eccitabilità della cellula. Le informazioni nervose che devono
percorrere lunghe distanze, come per esempio quelle sensoriali, che dalle regioni periferiche devono
raggiungere il midollo spinale, o gli impulsi motori, che al contrario, dal midollo spinale devono
raggiugere l’estremita degli arti, sono condotte mediante segnali elettrici di ampiezza costante, definiti
potenziali d’azione. Il potenziale d’azione, una volta innescato, segue una sua evoluzione temporale
indipendente dallo stimolo e poi si estingue spontaneamente riportando il potenziale di membrana al
livello di riposo e restituendo quindi al neurone la capacità di rispondere ad un nuovo stimolo: si tratta
quindi di un fenomeno ripetibile anche con frequenza elevata. La forma e la durata dei potenziali d’azione
è però notevolmente diversa nelle diverse cellule eccitabili.

Questi impulsi sono definiti tutto-o-nulla perché o il potenziale non viene generato e si ha la condizione
di nulla o viene generato sempre con la stessa ampiezza e si ha la condizione di tutto. Non vi è
proporzionalità tra ampiezza dello stimolo e ampiezza della risposta. Propagazione veloce e inalterata di
questi impulsi su le grandi distanze. Viene generato nel punto d’emergenza dell’assone dal corpo del
neurone (motincolo o colletto assonico) e si propaga ad elevata velocità fino alla terminazione nervosa,
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conservando la propria ampiezza. Quando un dato stimolo produce una variazione di potenziale
sufficiente a superare il potenziale soglia si innesca una depolarizzazione rapida ed esplosiva che, oltre a
depolarizzare completamente la membrana, provoca una transitoria inversione di polarità, con l’interno
della cellula che diventa positivo rispetto all’esterno, seguita da una rapida ripolarizzazione fino a
raggiungere nuovamente il valore del potenziale di riposo. Talvolta la ripolarizzazione continua tanto da
produrre una temporanea iperpolarizzazione (potenziale postumo iperpolarizzante) dopo di che il
potenziale ritorna al suo normale valore di riposo.

Hodgkin e Huxley riuscirono a dimostrare che la rapida depolarizzazione che si verifica durante un
potenziale d’azione è causata dalla rapida apertura dei canali Na+ voltaggio-dipendenti, mentre la fase di
ripolarizzazione è dovuta all’inattivazione della conduttanza dei canali Na+ contemporaneamente
all’attivazione della conduttanza di K+. (TTX, blocca i canali Na+; TEA, blocca i canali K+). Quando si
innesca un potenziale di azione, sulla membrana del neurone si aprono i canali ionici voltaggio-
dipendenti, alterando la permeabilità di membrana a Na+ e K+.
Fasi della variazione della permeabilità ionica:

Quindi, La possibilità di generare un potenziale d’azione dipende da:


1) l’esistenza di potenziali di equilibrio tra gli ioni molto diversi tra loro
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2) La presenza di canali ionici che si aprono con cinetiche diverse
in funzione del potenziale.
* Canale Na+ voltaggio – dipendente:
− Struttura: 4 subunità α (I,II,III,IV); 2 subunità β (β1, β2) di basso peso molecolare e svolge
un ruolo modulatorio sulla gate di attivazione e sulla voltaggio dipendenza del canale. S4 è
ricco di aminoacidi carichi positivamente (lisina e arginina) è quindi il sensore del canale.
S5-S6 forma il filtro di selettività e controlla la permeabilità ionica del canale.
* Canale voltaggio – dipedente per il K+:
Famiglia molto eterogenea utile a stabilizzare l’eccitabilità:
− portano il potenziale di membrana al potenziale di equilibrio del K+
− Accorciano i potenziali d’azione veloci e abbassano l’efficacia dei segnali eccitatori.
− Esistono 80 geni che codificano per il canale e la subunità α è formata da 2, 4 ,6 STM.
− Il canale è formato da combinazione di omomerica o eteromerica di 4 subunità α.
− Esistono 9 tipi di canali K+ voltaggio dipendenti (Kv1-Kv9) che possono essere
1. lentamente attivati (rettificantiritardati) 2. attivati ed inattivati velocemente (tipo A).
− Inward rectifier (Kir) si chiudono con le depolarizzazioni e si aprono con
l’iperpolarizzazione (cuore).
Il ciclo di Hodgkin ci spiega il movimento di Na+ e K+ in seguito alla depolarizzazione e
ripolarizzazione.

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Il meccanismo a doppio cancello dei canali Na+ svolge un ruolo fondamentale nel fenomeno chiamato
periodo refrattario. La refrattarietà del neurone si riferisce al fatto che una volta che un potenziale
d’azione si è avviato, un secondo potenziale d’azione non può essere innescato per circa 1-2 ms. Questo
ritardo, che rappresenta il lasso di tempo necessario ai cancelli di una buona parte dei canali per l’Na+ per
ritornare alla posizione di riposo, è detto periodo refrattario assoluto. A causa del periodo refrattario
assoluto, un secondo potenziale d’azione non può avere luogo prima che il primo sia terminato. Di
conseguenza, i potenziali d’azione che si muovono dalla zona trigger al terminale assonico non possono
sovrapporsi né viaggiare all’indietro. Al periodo refrattario assoluto segue il periodo refrattario relativo,
durante il quale non tutti i cancelli dei canali per Na+ sono ancora tornati alla posizione di partenza.
Inoltre, durante il periodo refrattario relativo, i canali per il K+ sono ancora aperti. Quei canali per Na+
che non sono tornati del tutto alla posizione di riposo possono essere riaperti da un potenziale graduato
più intenso del normale. Quindi, il valore soglia si è temporaneamente mosso più vicino allo zero, il che
richiede un potenziale graduato depolarizzante più intenso del normale per raggiungerlo. Anche se Na+
può entrare attraverso canali per Na+ appena riaperti, la depolarizzazione dovuta all’ingresso di Na+ sarà
compensata dalla perdita di K+ attraverso i canali per K+ ancora aperti. Ne risulta che qualsiasi
potenziale d’azione innescato durante il periodo refrattario relativo avrà un’ampiezza inferiore al
normale. Il periodo refrattario è una caratteristica essenziale nella distinzione tra potenziali d’azione e
potenziali graduati. Se due stimoli raggiungono i dendriti di un neurone in un breve lasso di tempo, i
potenziali graduati che si susseguono possono aggiungersi l’uno all’altro.

PROPAGAZIONE E TRASMISSIONE DEI SEGNALI NERVOSI

I neuroni trasportano velocemente i segnali elettrici e, in certi casi, su grandi distanze. I neuroni sono
diversi tra loro: 1) per tipo di neurotrasmettitore usato; 2) per la diversa localizzazione nell’encefalo e nel
midollo spinale; 3) per i contatti sinaptici che stabiliscono.
Golgi e Cajal proposero due teorie per spiegare la struttura del sistema nervoso:
− Teoria reticolare di Golgi: Il sistema nervoso è costituito da una massa di cellule connesse tra loro
da ponti protoplasmatici. Essa postulava un’assoluta continuità tra tuttigli elementi del sistema
nervoso
− Teoria neuronale di Cajal: rete formata da singole cellule che comunicano tra loro mediante
contatti specializzati detti sinapsi.
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Oltre ai principi fondamentali della teoria neuronale, Cajal intuì altri due principi fondamentali
dell’organizzazione del sistema nervoso:
1. Principio della polarizzazione dinamica: secondo il quale in ogni neurone i segnali
nervosi viaggiano dalla zona di ricezione (dendriti e corpo cellulare) alla zona di
innesco (segmento iniziale dell’assone). Da qui il potenziale d’azione si propaga poi
unidirezionalmente per tutta la lunghezza dell’assone fino alla terminazione nervosa.
2. Principio della specificità delle connessioni: secondo il quale ciascuna cellula nervosa
stabilisce connessioni specifiche solo con particolari cellule bersaglio postsinaptiche e
non con altre.
* La cellula nervosa:
La struttura del neurone è simile per molti aspetti a quella di altre cellule:
1. sono circondati da una membrana cellulare
2. hanno un nucleo che contiene il DNA e quindi i geni
3. contengono citoplasma, mitocondri ed altri "organelli"
4. esercitano i processi cellulari di base, come sintesi proteica e produzione di energia
I neuroni tuttavia differiscono da altre cellule perché:
1. hanno estensioni cellulari specializzate chiamate dendriti ed assoni
2. comunicano tra loro mediante processi elettrochimici
3. hanno strutture specializzate, come le sinapsi e utilizzano messaggeri chimici, i
neurotrasmettitori.
4. usano segnali elettrici stereotipati per processare tutte le informazioni che ricevono. Il
contenuto dell’informazione che essi trasmettono è determinato dall’origine e dalla
destinazione finale delle fibre nervose. Cioè singoli neuroni possono codificare segnali
complessi in semplici segnali elettrici. Il significato di questi simboli deriva dalle
interconnessioni specifiche dei neuroni.
Possiamo classificare i neuroni in base alla struttura o in base alla funzione. Strutturalmente, la
classificazione dei neuroni si basa sul numero di processi che si dipartono dal corpo cellulare. Abbiamo,
quindi:
1. Neuroni mulipolari, con molti dendriti e assoni ramificati.
2. Neuroni pseudounipolari, hanno il corpo cellulare posto a lato di un lungo processo
chiamato assone.
3. Neuroni bipolari, con un unico assone e un unico dendrite che esce dal corpo
cellulare.
4. Neurone assonico, privi di un assone identificabile ma hanno numerosi dendriti.
In base alla funzione, abbiamo:
1. Neuroni afferenti o sensoriali, che conducono informazioni sulla temperatura sulla
pressione, luce ed altri stimoli dai recettori sensoriali al SNC. I neuroni sensoriali
periferici sono pseudounipolari e quelli presenti nel naso e negli occhi sono bipolari.
2. Interneuroni, di forme diverse ma spesso hanno processi ramificati abbastanza
complessi che gli consentono di comunicare con altri neuroni.
3. Neuroni efferenti, essi hanno regioni dilatate lungo l’assone, chiamate varicosità.
Inoltre, i lunghi assoni dei neuroni periferici afferenti ed efferenti, con il tessuto
connettivo, formano i nervi.

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Riguardo alle caratteristiche delle cellule nervose, un aspetto molto importante è che esse sono eccitabili,
esse sono in grado di cambiare il loro stato elettrico (potenziale di membrana) in risposta a vari tipi di
stimoli. Inoltre, le cellule nervose sono in grado di stabilire mutue comunicazioni con grande precisione e
a notevole distanza, infatti, compito fondamentale del neurone è quello di ricevere, organizzare e
trasmettere informazioni mediante una combinazione di segnali elettrici e chimici. Ogni neurone è
caratterizzato da:
− specifiche connessioni sinaptiche
− la produzione di un determinato neurotrasmettitore
− vari recettori che permettono di rispondere ad informazioni e segnali provenienti da altri neuroni
− una specifica collocazione spaziale e relazioni definite con le cellule circostanti (neuroni e glia)
che contribuiscono alla sua identità
− una morfologia generalmente definita e stereotipata

* Cellule gliali del SNC:


Il termine glia deriva dal greco “collante” e riflette l’opinione, diffusa nel XIX secolo, che queste cellule
servissero per tenere insieme i neuroni. Il termine è stato conservato malgrado l’assenza di qualsiasi dato
che dimostri che tra le numerose funzioni delle cellule gliali ci sia anche quella di legare insieme le
cellule nervose. Le cellule gliali a differenza di quelle nervose in quanto non sono coinvolte direttamente
nelle interazioni sinaptiche e nella comunicazione elettrica, benché contribuiscano grandemente a
preservare i contatti sinaptici e a mantenere la capacità di comunicazione dei neuroni. Riguardo le
caratteristiche delle cellule gliali, esse Non sono in grado di condurre gli impulsi (non hanno potenziale
d'azione), anche se si possono leggermente depolarizzare (da -90 a -60 mV) in risposta a vari
neurotrasmettitori. Sono unite da giunzioni comunicanti (gap junctions) a bassa resistenza elettrica ed
hanno la capacità di dividersi. Hanno un potenziale di membrana a riposo di -90 mV ed hanno una
permeabilità al K+ 100 volte maggiore della permeabilità al Na+. Nel sistema nervoso sono da 5 a 10
volte più numerose dei neuroni. Nel sistema nervoso centrale ci sono tre tipi di cellule gliali:
1. Oligodendrociti: Formano la guaina mielinica nel SNC; hanno un numero limitato di
prolungamenti protoplasmatici. Oltre che a fornire supporto, la mielina funge da
isolante intorno agli assoni e accelera la trasmissione dei segnali.
2. Astrociti: Sono dotati di elaborate ramificazioni che conferiscono loro un aspetto
stellato; la loro principale funzione è quella di mantenere un adeguato ambiente
chimico per la trasmissione nervosa; contribuiscono a formare la barriera
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ematoencefalica; svolgono funzione di sostegno.
3. Microglia: Deriva dal tessuto ematopoietico; le cellule sono simili ai macrofagi del
sangue e si attivano in seguito a lesioni o infezioni del SN migrando verso le aree
colpite e sviluppando un' intensa attività fagocitaria

Nel sistema nervoso periferico non ci sono oligodendrociti e le cellule che producono la guaina mielinica
si chiamano Cellule di Schwann; hanno anch’esse un numero limitato di prolungamenti protoplasmatici.
La differenza tra oligodendrociti e cellule di S è il numero di assoni avvolti da ogni cellula.

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* Conduzione dei segnali nel neurone:
I segnali si spostano da un punto all’altro della membrana di un neurone sotto forma di:
1) potenziali graduali a conduzione elettrotonica (o sottosoglia)
2) potenziali d’azione (soprasoglia)
I potenziali graduali sono graduabili in ampiezza, cioè la loro ampiezza è proporzionale all’intensità dello
stimolo. I potenziali d’azione sono invece impulsi tutto-o-nulla. La porzione di membrana specializzata
alla ricezione degli stimoli sensoriali è priva di canali ionici voltaggio-dipendenti (responsabili del
potenziale d’azione) per cui i segnali elettrici evocati in questa parte del neurone non possono propagarsi
in modo rigenerativo e decadono quindi progressivamente in funzione della distanza dal punto di
generazione. Questo tipo di trasmissione del segnale è detta trasmissione elettrotonica passiva e non è
adatta per trasportare i segnali sulle lunghe distanze. Per la trasmissione a lunga distanza è necessario
trasformare i segnali in potenziali d’azione.
− Conduzione del potenziale d’azione:
Una caratteristica distintiva dei potenziali d’azione è che possono percorrere lunghe distanze e il
potenziale che raggiunge la fine dell’assone è identico a quello partito dalla zona trigger. Esaminiamo la
conduzione dei potenziali d’azione a livello cellulare:
la depolarizzazione di una sezione di assone fa sì che le cariche positive diffondano attraverso il
citoplasma in tutte le direzioni, generando una corrente locale. Contemporaneamente, all’esterno della
membrana dell’assone, la corrente fluisce all’indietro verso la sezione depolarizzata. Il flusso locale di
carica nel citoplasma diminuisce con la distanza, al dissiparsi dell’energia. Il flusso lungo l’assone alla
fine si esaurirebbe se non ci fossero i canali voltaggio – dipendenti. L’assone presenta diversi canali per
Na+ e una volta che la depolarizzazione arriva a questi canali, essi si aprono lasciando entrare Na+ nella
cellula. Fasi:
1. prima un potenziale graduato
soprasoglia entra nella zona
trigger. La depolarizzazione
apre i canali voltaggio –
dipendenti per Na+, che entra
nell’assone e il segmento
iniziale dell’assone si
depolarizza.
2. La carica positiva diffonde
dalla zona trigger
depolarizzata, tramite flussi
locali di corrente, alle sezioni
di membrana adiacenti.
3. Il flusso locale di carica verso
il terminale assonico dà inizio
alla conduzione del potenziale
d’azione. Quando la membrana
distale dalla zona trigger viene
depolarizzata dal flusso locale
di corrente, i canali voltaggio –
dipendenti per Na+ si aprono,
lasciando entrare Na+ nella
cellula.
4. La depolarizzazione apre altri
canali per Na+, che entrando
provoca un’ulteriore
depolarizzazione e apre altri
canali adiacenti. Durante la
fase discendente del potenziale
d’azione, i canali per K+ sono
aperti e lasciano fuoriuscire il K+ dal citoplasma. Infine, i canali del K+ si chiudono e la
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membrana di quel segmento di assone ritorna al potenziale di riposo.
5. Il periodo refrattario impedisce la conduzione in senso retrogrado e la perdita di K+ dal
citoplasma ripolarizza la membrana.
* Guaina mielinica:
Gli strati lipidici che costituiscono il rivestimento mielinico hanno due effetti sulle proprietà elettriche di
neuroni:
1.aumentano la resistenza trasmembrana.
2.riducono la capacità elettrica della membrana
La guaina di mielina è interrotta a livello dei nodi di Ranvier in corrispondenza dei quali, in uno spazio di
circa 10 mm, sono concentrati i canali del sodio voltaggio-dipendenti. Quindi un potenziale d’azione che
ha origine in un nodo depolarizza elettrotonicamente la membrana del nodo successivo dove si innesca un
altro potenziale d’azione. Si parla perciò di conduzione saltatoria perché la depolarizzazione “salta” da
un nodo di Ranvier all’altro. Negli assoni mielinici, ogni nodo presenta un’alta concentrazione di canali
per Na+ voltaggio – dipendenti, che si aprono con la depolarizzazione e lasciano entrare Na+ nell’assone.
Nelle malattie demielinizzanti, la perdita di mielina può avere effetti devastanti sulla trasmissione dei
segnali come nella sclerosi multipla.
− Vantaggi della mielinizzazione:
1. Aumento della velocità di conduzione. Il potenziale d’azione si genera a livello di un nodo di
Ranvier dove sono concentrati i canali ionici voltaggiodipendenti per il sodio (10000
canali/mm2). La diffusione elettrotonica delle correnti in circuito locale avviene poi rapidamente
lungo i segmenti internodali (rivestiti dalla guaina di mielina che funziona da isolante); si genera
un nuovo potenziale d’azione nel nodo di Ranvier successivo.
2. Risparmio energetico. La pompa sodio – potassio è localizzata solo a livello dei nodi di Ranvier.

TRASMISSIONE SINAPTICA

Lo scambio di informazioni tra un neurone ed un altro avviene a livello di giunzioni specializzate che
prendono il nome di sinapsi. Ogni sinapsi è costituita da due parti: il terminale assonico della cellula
presinaptica e la membrana della cellula postsinaptica. Le sinapsi asso-dendritiche possono essere
localizzate lungo il tronco o sulle spine dendritiche. La vicinanza di una sinapsi alla zona d’innesco
dell’elemento postsinaptico è di grande importanza per determinarne il grado di efficacia. Così una
corrente sinaptica che origina da una sinapsi asso-somatica determinerà la comparsa di un segnale più
ampio ed avrà perciò un effetto più ampio sul segnale in uscita dalla zona di innesco rispetto ad una
corrente che origina da un contatto asso-dendritico. Possiamo distinguere due tipi di sinapsi:
1. Sinapsi chimica: la più diffusa nel cervello, in cui i messaggeri chimici rilasciati dalla cellula
presinaptica (neurotrasmettitori) inducono modificazioni elettriche e biochimiche nella cellula
bersaglio (cellula postsinaptica).
2. Sinapsi elettrica: in cui due cellule sono separate da uno spazio o fessura sinaptica molto stretta
che favorisce il passaggio diretto e bidirezionale di corrente da una cellula all’altra. Sono presenti
nei neuroni del SNC, nelle cellule gliali, nel muscolo cardiaco, nelle cellule non eccitabili che
usano segnali elettrici, cellule beta del pancreas.
Nella sinapsi elettrica, le membrane dei due neuroni in comunicazione sono molto vicine l’una all’altra e
sono collegate dalle gap junction (giunzioni comunicanti). Le gap junction contengono canali esattamente
allineati, nella membrana di ogni neurone, in modo che ciascuna coppia di canali forma un poro. Il poro
del canale di una giunzione comunicante è più grande del poro dei canali ionici voltaggio-dipendenti per
cui le varie sostanze possono semplicemente diffondere nel citoplasma dei neuroni pre- e post-sinaptici.
Passano quindi ioni, ma anche ATP e secondi messaggeri (cAMP, cGMP, IP3). Da un neurone “a monte”
detto presinaptico fluisce corrente in un neurone “a valle” detto postsinaptico. La trasmissione attraverso
una sinapsi elettrica può essere bidirezionale ed è molto rapida.

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Trasmissione elettrica:

Nella sinapsi chimica la zona di contatto tra un neurone presinaptico e un neurone postsinaptico è la
fessura sinaptica. La caratteristica delle sinapsi chimiche è la presenza, nella terminazione presinaptica,
delle vescicole sinaptiche. Questi organelli contengono i neurotrasmettitori che costituiscono il segnale
chimico rilasciato dal neurone presinaptico. Nelle sinapsi chimiche non c’è continuità intercellulare
quindi non c’è flusso netto di corrente tra il neurone pre- e quello post-sinaptico. La corrente passa
attraverso la membrana post-sinaptica solo in risposta alla secrezione dei neurotrasmettitori che aprono o
chiudono i canali ionici post-
sinaptici dopo essersi legati alle
molecole recettrici.
Trasmissione sinaptica:
1. Sintesi del neurotrasmettitore e
immagazzinamento
2. Arrivo del potenziale d’ azione
al bottone presinaptico
3 e 4. Apertura dei canali del calcio
voltaggiodipendenti e ingresso di
calcio.
5 e 6. Fusione delle vescicole e
liberazione del neurotrasmettitore.
7 . Interazione neurotrasmettitore -
recettore.
8 e 9. Apertura o chiusura dei
canali postsinaptici e potenziale
postsinaptico.
10. Riciclaggio delle vescicole
sinaptiche.

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Perché una sostanza funzioni efficacemente da neurotrasmettitore è importante che venga rapidamente
eliminata dalla fessura sinaptica dopo la sua interazione con il recettore. Vi sono tre meccanismi che
consentono lo smaltimento dei neurotrasmettitori:
a) Diffusione
b) Degradazione enzimatica
c) Riassunzione (uptake) ad opera di trasportatori specifici ( neurone presinaptico e cellule gliali)
* Neurotrasmettitori:
Il numero di molecole identificate come segnali neurocrini è grande. La composizione chimica delle
molecole neurocrine è varia ed esse possono fungere da neurotrasmettitori, neuromodulatori o da
neuroormoni. Un neurotrasmettitore per essere tale deve soddisfare i seguenti criteri:
1. Deve essere sintetizzato nel neurone presinaptico.
2. Deve essere presente nel terminale presinaptico e rilasciato in seguito a stimolazione in quantità
sufficiente da produrre una risposta sinaptica.
3. Se applicato dall’esterno deve essere in grado di riprodurre l’azione del neurotrasmettitore
endogeno.
4. Deve essere rimosso dalla fessura sinaptica attraverso meccanismi specifici.
5. E’ impacchettato in vescicole e rilasciato per esocitosi.
6. Si legano con selettività a specifici recettori postsinaptici attivandoli.
7. Esercitano sulla cellula stessa un’azione autocrina.
8. La loro azione è bloccata da antagonisti recettoriali specifici.
9. La loro azione termina per degradazione enzimatica e/o ricaptazione nel terminale presinaptico o
nelle cellule gliali tramite trasportatori.
I neurotrasmettitori classici sono:

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− Neuropeptidi:
Un neuropeptide è costituito da:
1. Una catena di 3-36 aminoacidi.
2. E’ sintetizzato nel corpo cellulare sotto forma di proteine
più lunghe definite prepropeptidi, che sono
successivamente processate e immagazzinate in vescicole
sinaptiche.
3. Un peptide può racchiudere in sé anche la sequenza di altri
peptidi. Ad es. la β-endorfina include anche la α-endorfina,
la met- e leu-encefalina.

Sintesi dei neuropeptidi:

Trasporto assonico dei neuropeptidi:


Vescicole di 60nm- 120nm di diametro il cui centro osservato al microscopio elettronico appare denso
(large dense core).

Per quanto riguarda i neuropeptidi, poiché sono proteine, vengono sintetizzate dall’mRNA, che è tradotto
da un ribosoma, viene quindi sintetizzato in forma immatura, cioè presenta alcuni pezzi che verranno
tagliati man mano che verrà processato. Conterrà quindi delle informazioni che servono per essere
selezionato e conterrà il neuropeptide stesso. Quindi, viene sintetizzato il prepropeptide, così chiamato
perché ha una sequenza segnale che lo indirizzerà verso l’apparato del Golgi. La sequenza segnale viene
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tagliata formando il prepeptide che verrà processato all’interno dell’apparato del Golgi. Alla fine del
processamento verranno tagliati quegli elementi del peptide che non danno alcun tipo di segnale. La
sintesi del neuropeptide avviene alla fine dell’apparato del Golgi e quando il neuropeptide è pronto viene
già inserito nelle vescicole e poi trasportato attraverso gli assoni nel bottone presinaptico. Nei
neurotrasmettitori a basso peso molecolare, avviene l’esatto opposto.
Un peptide può racchiudere in sé anche la sequenza di altri peptidi. Ad es. la β-endorfina include anche la
α-endorfina, la met- e leu-encefalina. A livello del SNC, gli oppioidi e la sostanza P sono coinvolti nella
percezione del dolore. Le β-endorfine, ACTH, l’ormone stimolante i melanociti regolano la risposta allo
stress. Sono in grado di produrre euforia, sedazione, depressione respiratoria, modulano l’appetito,
l’equilibrio idrosalino mediante stimolazione di ADH, sistema cardiorespiratorio e termoregolazione.
Quasi tutti attivano recettori accoppiati a proteine G.
La sostanza P è un potente agente ipotensivo. E’ un peptide costituito da 11aa presente in elevate
concentrazioni nell’ippocampo, nella corteccia e nel tratto gastrointestinale (peptide
encefalico/intestinale). E’ rilasciato da fibre afferenti di piccolo diametro dei nervi periferici che
trasportano informazioni relative a stimoli dolorifici e termici. E’ presente anche nelle fibre sensoriali del
midollo spinale, dove il suo rilascio può essere inibito da oppioidi endogeni rilasciati da un’interneurone
con conseguente eliminazione del dolore.

Gli oppiacei si legano a recettori postsinaptici attivati dall’oppio. La morfina, la meperidina e il metadone
sono considerati potenti analgesici, che però possono produrre assuefazione. Sono diffusi in tutto il
cervello e sono spesso localizzati con altri NT come il GABA e 5-HT. Sono implicati anche in disturbi
psichiatrici come la schizofrenia e l’autismo e in comportamenti aggressivi e di sottomissione.
− Sintesi e rilascio di neurotrasmettitori a basso peso molecolare:
Vescicole di 50nm di diametro il cui centro osservato al microscopio elettronico appare chiaro (light core
vesicles).

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Il neurotrasmettitore viene sintetizzato e rilasciato dal bottone presinaptico. La sintesi avviene grazie ad
alcuni enzimi che vengono rilasciati dal corpo cellulare, vengono poi trasportati tramite l’assone al
bottone presinaptico dove determineranno la sintesi del neurotrasmettitore.
* Classi di recettori di membrana
Quando un neurotrasmettitore viene rilasciato, deve legarsi ai recettori. Abbiamo 4 classi di recettori che
possono essere attivati:
1. Recettori collegati a canali ionici: (Meccanismo diretto) quando il neurotrasmettitore si lega attiva
il canale ionico e quindi farà passare corrente elettrica con l’ingresso o l’uscita di alcuni ioni
(Na+, Ca2+, K+).
2. Recettori collegati ad enzimi: (Meccanismo indiretto) da una parte extracellulare c’è il sito di
legame per il neurotrasmettitore, dalla parte intracellulare c’è una porzione di enzima che viene
attivato in dopo che il neurotrasmettitore si lega al recettore, ad esempio l’enzima potrà fosforilare
qualche proteina.
3. Recettori accoppiati a proteine G: (Meccanismo indiretto) quando la molecola si lega al recettore,
ad esso non è collegato un enzima, ma sono collegate altre piccole proteine che vengono attivate
quando il neurotrasmettitore è collegato al recettore. Queste proteine intracellulari andranno ad
effettuare le proprie azioni biologiche.
4. Recettore intracellulare: la molecola può attraversare la membrana plasmatica ed attiverà
all’interno del citoplasma il recettore, il quale cambierà conformazione e svolgerà le proprie
azioni biologiche.
Tipi di recettori:
Ionotropo (diretto)

I recettori ionotropi sono i recettori collegati ai canali ionici e contengono due regioni funzionali:
1. un sito extracellulare che lega i neurotrasmettitori.
2. una regione che attraversa la membrana e forma un canale ionico.
Mediano effetti postsinaptici rapidi e sono presenti nelle cellule eccitabili (neuroni e cellule muscolari).
Sono recettori diretti in quanto appena il neurotrasmettitore si lega esso si attiva.
Metabotropi (indiretti)

I recettori metabotropi legano il neurotrasmettitore, ma non costituiscono un canale ionico. Agiscono


invece indirettamente su canali ionici mediante l’attivazione di molecole intermedie, le proteine G. I
recettori metabotropi sono proteine monomeriche con un sito extracellulare di legame per il
neurotrasmettitore e un sito intracellulare di legame alle proteine G; mediano effetti postsinaptici lenti.
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Le proteine G sono un sottogruppo di una superfamiglia di GTPasi. Nei mammiferi si possono
distinguere due ampie classi di GTPasi:
- le GTPasi monomeriche, quando è una singola proteina collegata al recettore;
- le proteine G eterotrimeriche, costituite cioè da tre subunità proteiche (α, β e γ) e quella α è quella che
scambia GDP con GTP. Le proteine G sono legate al GDP quando il recettore non è attivato.
Queste proteine sono direttamente associate a recettori di membrana, conosciuti come recettori a
serpentina o recettori collegati a proteine G.

I recettori metebotropi eteromerici posso attivare diverse tipi di vie intracellulari. Possono attivare delle
proteine che sono:
1. Gs: sono le G stimolatorie, quando il recettore viene attivato, si attiva l’adenilato ciclasi che
comporta la sintesi di AMP ciclico. Esso a sua volta attiverà la proteina chiasi A che a sua volta
andrà a fosforilare delle proteine.
2. Gq: si attiva come secondo messaggero la fosfolipasi C che libera Ca2+ e attiverà proteine che
sono dipendenti dal Ca provocando la fosforilazione delle proteine.
3. Gi: inibiscono l’adenilato ciclasi provocando una diminuzione della fosforilazione delle proteine.
Schematicamente le proteine G
possono:
1. agire da tramite tra recettori a sette segmenti transmembrana ed effettori enzimatici
2. agire da tramite diretto (senza secondi messaggeri) tra recettori e canali ionici
3. agire da tramite tra recettori ad attività enzimatica e i loro effettori.
Questi processi coinvolgono secondi messaggeri (cAMP, DAG, IP3) ed effettori secondari (PKA, PKC)
che a loro volta possono modificare l’attività di proteine intracellulari (enzimi, componenti del
citoscheletro, proteine di trasporto, canali ionici, recettori, proteine coinvolte nel rilascio del
neurotrasmettitore, fattori di trascrizione).

Alcuni recettori oltre alla localizzazione postsinaptica possono agire anche nella terminazione
presinaptica come autorecettori. La loro funzione è quella di inibire il rilascio del neurotrasmettitore e in
alcuni casi la sua stessa sintesi. La natura eccitatoria o inibitoria di un neurotrasmettitore a livello
postsinaptico dipende dal tipo di canale ionico influenzato e dal tipo di recettore o di subunità del

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recettore che viene attivata. Di conseguenza la risposta postsinaptica dipenderà dal tipo di
neurotrasmettitore che il recettore ha legato.
− Acetilcolina:
L’Ach è il neurotrasmettitore della sinapsi neuromuscolare ed esercita la sua azione in molte sinapsi del
Sistema Nervoso Centrale (SNC) e periferico (SNP) e a livello dei gangli del sistema nervoso autonomo.
Nel SNP è il neurotrasmettitore della sinapsi tra:
1. Motoneuroni spinali e muscolo striato.
2. Fibre pregangliari simpatiche e parasimpatiche.
3. Terminazioni postgangliari parasimpatiche e cellule effettrici ghiandolari, pacemaker cardiache,
muscolari lisce.
4. Fibre simpatiche del nervo splancnico e cellule cromaffini della midollare del surrene.
Nel SNC è prodotta dai neuroni colinergici i quali proiettano
alla corteccia, ippocampo, amigdala e sono impegnati nella
regolazione dei movimenti volontari, nella postura, sonno,
sensazioni, percezione e processi cognitivi. Degenerazione
di neuroni colinergiche si osserva nella malattia di
Alzheimer.
E’ sintetizzata nel citoplasma della terminazione presinaptica
dall’enzima colina-acetiltransferasi(CHAT) nella quale il
gruppo acetilico dell’acetil-CoA è trasferito alla colina. Una
volta sintetizzata è immagazzinata nelle vescicole sinaptiche
e successivamente rilasciata nella fessura sinaptica.
Successivamente viene metabolizzata dall’enzima
acetilcolinesterasi che produce acetato e colina. La colina
viene recuperata dal neurone presinaptico per sintetizzare
nuova acetilcolina mentre l’acetato viene disperso.
L’acetilcolina presenta due tipi di recettori, uno diretto (ionotropo), il recettore nicotinico, e uno
indiretto, il recettore muscarinico (metaboropico). Il recettore nicotinico prende il nome dalla nicotina,
un alcaloide di origine vegetale, agonista del recettore. Antagonisti sono il curaro e l’ α-bungarotossina.

I recettori nicotinici sono canali cationici monovalenti attraverso cui possono passare sia l’Na+ sia K+.
L’entrata di sodio nelle cellule è superiore alla fuoriuscita di K+, perché il gradiente elettrochimico del
Na+ è più forte di quello per il potassio. Di conseguenza l’ingresso netto di Na+ depolarizza la cellula
postisinaptica e rende più probabile l’innesco di un potenziale d’azione causando un effetto eccitatorio.
Esistono due tipi di recettori nicotinici: quelli muscolati e quelli del SNC. La loro differenza è data dalla
costituzione delle singole subunità che andranno a formare il canale. Sono entrambi formati da 5
subunità, però cambia il rapporto tra le singole subunità: 2α (40Kda), 1β (48Kda), 1γ (58Kda), 1δ
(64Kda) (giunzione neuromuscolare); 3 α, 3 β (SNC). Questa differenza determina anche una differente
modulazione del recettore da parte dei farmaci: alla subunità α si lega l’acetilcolina, mentre alle altre
subunità possono legarsi altri farmaci. Le subunità α legano l’Ach nella porzione aminoterminale. Le
subunità sono formate da 4 segmenti transmembrana (M1, M2, M3, M4). I segmenti M2 formano il poro
del canale ionico. Riguardo alle funzioni di questo recettore, quando arriva un potenziale d’azione a
livello della presinapsi, a livello della giunzione neuromuscolare viene rilasciata acelicolina, la quale si
lega al recettore, determina depolarizzazione e quindi contrazione del muscolo.
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Il recettore muscarinico prende il nome dalla muscarina, un alcaloide di origine vegetale, agonista del
recettore (veleno di alcuni funghi). Esistono 5 sottotipi di recettori (M1-M5) codificati da 5 geni
differenti. Le differenze sono soprattutto causate dal terzo loop intracellulare, specifico per il legame con
la proteina G. I sottotipi M1, M3, M5 interagiscono con la proteina Gq che attiva la PLC (fosfolipasi C).
M2 ed M4 provocano una inibizione dell’adenilato ciclasi in quanto solo legati ad una proteina Gi (G
inibitoria) e regolano direttamente i canali del K+. Anche questo recettore può avere una funzione
eccitatori; infatti, quando il neurotrasmettitore si lega al proprio recettore, si attivano le vie trasduzionali
e, bloccando i canali del potassio, può causare un effetto depolarizzante e quindi eccitatorio. Può anche
avere degli effetti inibitori dovuti all’iperpolarizzazione: quando il neurotrasmettitore si lega al recettore
può attivare i canali del potassio che portano fuori il potassio dalla cellula causando una
iperpolarizzazione, causando un effetto inibitorio.
Quindi l’acetilcolina può avere sia un effetto eccitatorio che inibitorio; ciò significa che non è il
neurotrasmettitore a determinare l’effetto, ma il sito a cui esso si lega.
− Giunzione neuromuscolare:
I motoneuroni somatici si ramificano in prossimità dei
loro bersagli. Ogni ramificazione si divide in gruppi di
terminali assonici allargati che si portano sulla
superficie delle cellule muscolari scheletriche. Questa
struttura ramificata permette a un singolo
motoneurone di controllare molte fibre muscolari
contemporaneamente. La sinapsi di un motoneurone
somatico su una fibra muscolare viene chiamata
giunzione neuromuscolare. Come tutte le altre
sinapsi, questa giunzione ha tre componenti: 1. Il
terminale assonico nel neurone presinaptico motorio
riempito di vescicole sinaptiche e mitocondri, 2. La
fessura sinaptica, o vallo sinaptico, 3. La membrana
postinaptica della fibra muscolare scheletrica. Come
tutti i neuroni, i potenziali di azione che arrivano al
terminale assonico aprono i canali voltaggio –
dipendenti per Ca2+ nella membrana. Il calcio
diffonde nel terminale assonico secondo il proprio
gradiente elettrochimico, innescando la fusione delle
vescicole e il rilascio di ACh. L’acetilcolina diffonde
attraverso la fessura sinaptica e si combina con i canali
dei recettori nicotinici (nAChR) sulla membrana del
muscolo scheletrico. I recettori nicotinici del muscolo
scheletrico sono simili, ma non identici, ai recettori
nicotinici per l’Ach che si trovano sui neuroni. Le
proteine dei nAChR, sia muscolari che neuronali, sono
costituite da subunità che circondano un poro centrale; le subunità che circondano un poro centrale; le
subunità presenti nei nAChR del muscolo scheletrico sono costituite da isoforme α, β,δ e ε mentre i
nAChR presenti nei neuroni presentano solo isoforme α e β. Queste isoforme di nAChR si inattivano in
caso di esposizione prolungata all’Ach o altri agonisti. I recettori colinergici nicotinici sono dei canali
isotonici regolati chimicamente, con due siti di legame per l’Ach. Quando l’Ach si lega al recettore, il
canale si apre e permette il passaggio di cationi monovalenti. Nel muscolo scheletrico, l’Na+ entra nella
fibra muscolare depolarizzandola fino alla soglia per il potenziale d’azione, che innesca poi la contrazione
della cellula muscolare. L’acetilcolina che agisce sulla placca motrice è sempre eccitatoria e causa la
contrazione muscolare, il rilassamento si verifica quando i motoneuroni somatici vengono inibiti nel
SNC, impedendo quindi il rilascio di Ach. Riducendo la concentrazione di Ca2+ extracellulare si riduce
l’ampiezza dei potenziali postsinaptici fino ad arrivare ai potenziali postsinaptici in miniatura che si
ottengono in assenza di stimolazione presinaptica.
Teoria del rilascio quantale o vescicolare:
con l’arrivo di un potenziale d’azione si ha l’esocitosi di circa 100-200 vescicole sinaptiche o quanti e che
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ogni quanto contiene circa 5000-7000 molecole di neurotrasmettitore. Nel SNC il numero di vescicole
che rilasciano il neurotrasmettitore è notevolmente inferiore. Il numero medio di quanti è 1-10. Questo è
dovuto ad un ridotto numero di vescicole disponibili all’esocitosi e alle ridotte dimensioni degli elementi
presinaptici.

Neurotrasmettitori amminoacidici:

Il glutammato è il neurotrasmettitore eccitatorio per eccellenza nel SNC ed è importante nella


regolazione di molte funzioni cognitive, quali percezione delle sensazioni, dolore, apprendimento,
memoria e controllo della funzione motoria. Questo neurotrasmettitore è un amminoacido non essenziale
e non è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica. Quindi viene sintetizzato dai neuroni
presinaprtici a partire da un precursore che è la glutammina. Una volta che essa arriva nel bottone
presinaptico, grazie all’enzima glutaminasi, viene trasformato in glutammato. Successivamente viene
incorporato nelle vescicole attraverso un trasportatore specifico, il VGLUT, e, quando nel neurone
presinaptico arriva lo stimolo, il glutammato viene rilasciato. Una volta legatosi ai suoi recettori
postsinaptici, viene poi ricaptato o dalla glia, quindi attraverso un trasportatore specifico, viene quindi
incorporato dalal gli, metabolizzato tramite la glutammina sintetasi, viene riformata la glutammina, che
viene riciclata dal neurone presinaptico; oppure il glutammato può essere ricaptato dal neurone
presinaptico stesso.

Anche per il glutammato esistono dei recettori specifici ai quali si legherà il neurotrasmettitore. Abbiamo
recettori ionotropi e metebotropi. I recettori ionotropi si dividono in due macroclassi: recettori NMDA e
recettori non-NMDA. Di questi ultimi esistono i recettori AMPA e i recettori Kainato. I loro nomi
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derivano dal fatto che i rispettivi agonisti esogeni sono proprio AMPA, Kinato ed NMDA. Generalmente
questi recettori sono permeabili al sodio e al potassio ed anche al calcio. Una caratteristica dei recettori
AMPA è che essi non sono permeabili al calcio quando nella struttura del recettore tra le subunità è
presente il GluR2, che determina una selettiva impermeabilità allo ione calcio. Sono costituiti da 4
subunità, formate da 4 segmenti, di cui 3 sono transmembrana e uno no. Tra il terzo ed il quarto segmento
ci sono dei siti che determinano alcune altre piccole esoforme di recettore. Il recettore NMDA è un
recettore molto complesso perché presenta diversi siti dove possono legarsi diversi tipi di agonisti. Questo
recettore ha un meccanismo più complesso: quando il glutammato viene rilasciato si lega sia agli AMPA
che agli NMDA; gli AMPA sono generalmente più permeabili al sodio perché c’è la subunità GluR2 che
non fa entrare calcio, provocando l’entrata del sodio e quindi una depolarizzazione. La depolarizzazione
fa saltare il blocco del magnesio che è sempre presente sul recettore NMDA, provocando l’entrata del
calcio. Di conseguenza si attivano una serie di proteine. Questo meccanismo è molto importante per la
memoria, ma un eccesso di glutammato determina un eccesso di calcio nella cellula ed attiva delle
proteine che provocano dei fenomeni tossici, che per questo motivo vengono detti eccitotossici.

Per quanto riguarda i recettori metabotropi, esistono 3 gruppi di questi recettori (gruppo I, II, III). Il
gruppo I attiva la proteina Gq (quindi la fosfolipasi C e tutte le proteine che legano il calcio), invece il
gruppo II e il gruppo III attivano la Gi, quindi provocando una inibizione di CMP ciclico e quindi una
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inibizione della fosforilazione delle proteine. Il gruppo I è molto importante per i fenomeni di plasticità
del SNC.
Il neurotrasmettitore inibitorio per eccellenza del SNC è il GABA (acido γ-aminobutirrico). Esso viene
sintetizzato a partire dal glutammato e piridossale fosfato che deriva dalla vitamina B6. Esso è un
cofattore fondamentale che introduciamo con la dieta e permette la sintesi di GABA. Il GABA viene
inserito nelle vescicole presinaptiche e, quando giunge lo stimolo al neurone presinaptico, viene rilasciato
all’interno dello spazio intersinaptico dove si legherà ai propri recettori e, una volta che ha eseguito tutte
le proprie funzioni, viene ricaptato o a livello della glia o dal neurone presinaptico stesso attraverso un
recettore, il GAT.

I neuroni per il GABA si trovano nella corteccia e nel cervelletto ed hanno lo scopo di inibire i neuroni
dove sono presenti i recettori GABAergici, quindi la loro funzione è di bloccare il segnale. Se nella dieta
c’è carenza di vitamina B6 ciò può causare una riduzione della sintesi di GABA che può portare
all’insorgenza di attacchi epilettici. Per quanto riguarda i recettori, abbiamo sia gli ionotropi che i
metebotropi. Gli ionotropi sono il GABA-A e il GABA-C, mentre quello metabotropo è il GABA-B. il
recettore GABA-A è un pentamero, formato cioè da 5 subunità nel rapporto 2α, 2β, 1γ. Essendo un
recettore canale, quando si lega al GABA permette l’ingresso di ioni Cl-. Entrando ioni negativi la cellula
si iperpolarizza. Questo recettore è attivo sia per farmaci che lo attivano ma anche per quelli che lo
inibiscono: come le benzodiazebine (valium) tendono ad aumentare l’attività di questo recettore, oppure il
recettore può essere bloccato dal ibupulina. Il recettore metabotropico GABA-B è moltodiffuso
all’interno del SNC ed è di tipo inibitorio ma, alcuni svolgono la loro azione inibitoria mediante canali del
potassio, altri invece tramite il blocco dei canali del calcio. La mancanza di questi recettori provoca un
alterazione a livello emotivo.
Un altro neurotrasmettitore inibitorio è la glicina. Essa è il neurotrasmettitore principale del midollo
spinale e viene sintetizzato a partire dalla serina, una volta formatosi viene inserito nelle vescicole
presinaptiche e quando arriva lo stimolo viene rilasciato all’esterno, dove si legherà ai propri recettori.
Successivamente sarà ricaptato o dalla glia o dalla cellula presinaptica stessa.

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I recettori della glicina sono ligando dipendenti permeabili al Cl- e sono pentameri costituiti da subunità
4α e 1β.
Ammine biogene:
Le ammine biogene sono il risultato della decarbossilazione di diversi amminoacidi e comprendono le
catecolamine (dopamina, adrenalina o epinefrina e noradrenalina o norepinefrina), la serotonina e
l’istamina.
Le catecolammina sono composti organici contenenti un nucleo catecolico e un gruppo amminico e sono
utilizzate come neurotrasmettitori sia nel SNC che nel SNP. Possono agire anche da ormoni. Sono
prodotte a livello cerebrale, nelle terminazioni simpatiche postgangliari e nelle cellule cromaffini della
midollare del surrene. Derivano da un precursore comune, la tirosina e vengono sintetizzate in seguito ad
una successione di reazioni enzimatiche. Il primo step della sintesi consiste nella trasformazione della
tirosina in DOPA tramite l’enzima tirosina idrossilasi. La DOPA è il precursore di tutte le
catecolammine. Tramite la DOPA decarbossilasi viene sintetizzata la dopamina, tramite una idrossilasi si
forma la noradrenalina e in seguito l’adrenalina. Bisogna specificare che però esistono specifici neuroni
che sintetizzano specifiche catecolammine. Quando la dopamina viene rilasciata, andrà a eseguire le
proprie azioni biologiche sui propri recettori e successivamente sarà ricaptata da specifici trasportatori. La
mancanza di questi trasportatori provoca un aumento dell’attività locomotoria, come quando sia assume
la cocaina. La dopamina può essere metabolizzata, oltre che con la ricaptazione, può essere degradata
oppure può essere metilizzata in posizione 3 da un enzima che si chiama com-t. questo meccanism odi
degradazione è comune per tutte le catecolamine. I recettori della dopamina vengono indicati con la
lettera D e vanno da 1 a 5. Modulano molte importanti funzioni fisiologiche, quali controllo del
movimento, meccanismi di gratificazione, apprendimento e memoria, rilascio di prolattina. Si dividono in
due classi: D1-simili e D2-simili. Dei D1 simili fanno parte D1 e D5 che hanno la capacità di attivare Gs
e quindi il cAMP, mentre i D2- simili sono costituiti daiD2, D3 e D4 che attivano una Gi e quindi
provocano una riduzione di cAMP. Le anfetamine stimolano i recettori D1 e D5 aumentando il tono
dopaminergico, stimolando il postsinaptico. I recettori D2 sono anche autorecettori ed hanno la funzione
di inibire la frequenza di scarica dei neuroni DA mesencefalici e la liberazione di neurotrasmettitore. La
dopamina è prodotta in diverse aree del cervello, ma principalmente i neuroni che la sintetizzano sono
quelli localizzati nella substantia nigra. Grandi quantità di dopamina si trovano anche nei gangli della
base e il ruolo che svolge la dopamina ha a che fare con il comportamento, sul movimento volontario
motivazione, punizione e soddisfazione, sonno, umore, attenzione memoria di lavoro e di
apprendimento. Agisce sul SNP causando l’accelerazione del battito cardiaco e l’innalzamento della
pressione sanguigna. La degenerazione dei neuroni dopaminergici (DA) provoca il Parkinson.
La noradrenalina una volta che viene rilasciata, può essere ricaptata dal neurone presinaptico oppure può
essere metabolizzata da monoamminosidasi. Ha degli effetti sulla muscolatura liscia e sul cuore. La
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noradrenalina è un neurotrasmettitore nel sistema nervoso centrale, rilasciato dai neuroni noradrenergici
del locus coeruleus durante la trasmissione sinaptica. Il locus coeruleus proietta diffusamente al
cervelletto, alla corteccia e al midollo spinale, influenzando sonno, lo stato di veglia, l’attenzione e il
comportamento alimentare.
L’adrenalina subisce lo stesso processo della noradrenalina. L’adrenalina è presente nel cervello in
quantità ridotte rispetto alle altre catecolammine. Viene sintetizzata prevalentemente a livello delle cellule
cromaffini della midollare del surrene e rilasciata nel torrente circolatorio in seguito a stimolazione da
parte del nervo splancnico. Anche questi neurotrasmettitori adrenergici presentano classi di recettori. Le
due macroclassi di recettori adrenergici sono: α, β. Degli α troviamo gli α1 ed α2 e dei β abbiamo β1, β2,
β3. Gli α1 attivano la fosfolipasi C, quindi determinano un aumento di calcio all’interno della cellula e
porta depolarizzazione per inibizione dei canali del potassio. Gli α2 che sono presinaptici sono collegati
alla Gi e determinano una riduzione di cAMP ed una iperpolarizzazione dovuta all’inattivazione dei
canali del potassio. Β1 e β2 sono collegati a Gs quindi entrambi attivano la formazione di cAMP.

Le azioni delle catecolammine possono interessare diverse aree. A livello della muscolatura liscia
determinano la contrazione tramite stimolazione dei recettori α1-adrenergici (tutti i tipi di muscolatura
liscia, ad eccezione di quella del tratto gastrointestinale). L’azione più importante si manifesta sulla
muscolatura liscia vasale. La stimolazione dei recettori β determina il rilasciamento di buona parte della
muscolatura liscia, con un meccanismo che coinvolge un aumento della concentrazione intracellulare di
cAMP. L’attivazione dei recettori β2 provoca un potente rilasciamento della muscolatura liscia bronchiale
e gli agonisti selettivi di tipo β2 risultano pertanto molto importanti nel trattamento dell’asma. Questi
recettori possono avere azioni a livello cardiaco: L’azione sui recettori β1 delle catecolamine determina
un potente effetto stimolatorio sul cuore. Sia la frequenza cardiaca (effetto cronotropo) sia la forza di
contrazione (effetto inotropo) risultano aumentate, con conseguente marcato aumento della gittata
cardiaca e del consumo di ossigeno. Hanno anche effetti a livello del metabolismo: Le catecolamine
promuovono la conversione dei depositi energetici (glicogeno e grasso) in combustibili prontamente
disponibili (glucosio e acidi grassi liberi) e causano iperglicemia e iperlipidemia.
La serotonina è sintetizzata nei neuroni serotoninergici nel
SNC. È localizzati nella zona del raphe, nel tronco
dell’encefalo e proiettano ai gangli della base nella corteccia
e all’ippocampo. È coinvolta nella regolazione dell’umore e
nel ciclo sonno veglia. Può anche agire come ormone sulla
muscolatura liscia regolandone l’attività contrattile. E’
immagazzinata anche nelle cellule eterocromaffini
nell’apparato gastrointestinale.

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Se viene riscontrato un problema nel sistema serotoninergico, ci disinibisce dai comportamenti vietati.
Infatti, alcuni pazienti che hanno provato il suicidio e che sono stati studiati avevano poca serotonina. La
sintesi della serotonina avviene a partire dal triptofano. Che, attraverso delle azioni enzimatiche, porta
alla formazione di serotonina. Come gli altri neurotrasmettitori viene incorporata in vescicole e, quando
arriva la stimolazione, può essere rilasciata e, dopo aver effettuato le proprie azioni biologiche, viene
ricaptata dal neurone presinaptico e
quindi viene riciclata attraverso una
specifico trasportatore per la serotonina.
I recettori della serotonina sono molto
importanti poiché sono i principali
bersagli degli ansiolitici e antidepressivi.
Se c’è carenza di serotonina, si cerca,
tramite gli ansiolitici, di bloccare la
ricaptazione di serotonina e lasciarla
nello spazio intersinaptico.
Quindi, la serotonina ha i suoi recettori
ai quali si va a legare e vanno da 5-HT 1
a 7. Sono tutti metabotropi tranne il 3
che è legato a un canale ionico, quindi è
ionotropo. Sono implicati in molte
risposte comportamentali. Anomalie in
questi recettori sono associate a disturbi
dell’umore e a malattie neuropsichiatriche. Farmaci che agiscono su di essi sono capaci di curare la
depressione, disturbi di ansia e schizofrenia.
L’istamina è presente nei neuroni ipotalamici che proiettano
all’encefalo e al midollo spinale e all’ippocampo. Controlla lo stato di
veglia e di attenzione allo stesso modo delle proiezioni colinergiche e
noradrenergiche. Controlla la reattività del sistema vestibolare. Le
reazioni allergiche o il danno tissutale causano il rilascio di istamina
dai mastociti nel circolo sanguigno. Viene sintetizzata a partire dalla
istidina ed anche l’istamina viene inserita nelle vescicole presinaptiche
per poi essere degradata per azione delle MAO e dell’istamina
metiltrasferasi. Sono stati identificati 3 tipi di recettori metabotropi
accoppiati a proteine G. Sono stati sviluppati molti antagonisti dei
recettori dell’istamina che funzionano come agenti antistaminici. Gli
antistaminici che attraversano la barriera ematoencefalica agiscono
come sedativi, interferendo con il ruolo dell’istamina nell’attenzione.
Molti farmaci, tossine o patologie esercitano i loro effetti alterando le diverse fasi della trasmissione
sinaptica. Questi effetti sono esercitati attraverso:
1. alterazione del rilascio di neurotrasmettitore
2. alterazione dell’interazione neurotrasmettitore recettore
3. alterazione della rimozione del neurotrasmettitore dallo spazio intersinaptico
4. sostituzione di un neurotrasmettitore mancante

Alterazione del rilascio del neurotrasmettitore:

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Alterazione dell’interazione neurotrasmettitore-recettore:

Alterata rimozione del neurotrasmettitore dallo spazio intersinaptico:

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Sostituzione di un neurotrasmettitore mancante:

Neurotrasmettitori non convenzionali:


Non sono accumulati in vescicole sinaptiche e non sono rilasciati nella fessura sinaptica per esocitosi,
vengono sintetizzati on demand. Sono spesso associati alla segnalazione retrograda delle cellule
postsinaptiche alle terminazioni presinaptiche. Sono considerati neurotrasmettitori perchè sono coinvolti
nella segnalazione tra neuroni e sono regolati dal Ca2+. Appartengono a questa categoria gli
endocannabonoidi e il monossido di azoto.
Endocannabinoidi: Gli endocannabinoidi famiglia di molecole segnale endogene che interagiscono con il
recettore degli endocannabinoidi. Vengono sintetizzati on demand a partire da precursori fosfolipidici di
membrana.

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La biosintesi avviene a partire da uno stimolo che provoca la depolarizzazione della membrana cellulare.
Appena sintetizzati essi vengono immediatamente rilasciati dalla cellula e si legano ai recettori
cannabinoidi presenti su cellule limitrofe o sulla stessa cellula che li ha prodotti, con azione quindi
autocrina o paracrina. A volte si comportano da messaggeri retrogradi: vengono sintetizzati nella cellula
postsinaptica, andando poi ad attivare i recettori CB1 degli assoni della cellula presinaptica. Quello degli
endocannabinoidi costituisce un sistema di neuromodulazione in grado di regolare l'eccitabilità neuronale,
mediante inibizione della comunicazione attraverso giunzioni serrate o mediante interazioni con le
trasmissioni GABA-ergica, serotonergica, glutamatergica e dopaminergica. Nell’encefalo sono presenti
recettori dei cannabinoidi nella substantia nigra, nel caudato putamen, aree coinvolte nelle droghe
d’abuso. Molti degli effetti della marijuvana sono conformi alla distribuzione e all’azione dei recettori
CB1 nell’encefalo (percezione: corteccia cerebrale; controllo psicomotorio: gangli della base e
cervelletto; memoria: ippocampo; appetito: ipotalamo).
Neurotrasmettitori gassosi: Neurotrasmettitori gassosi sono ossido nitrico, monossido di carbonio.
Diffonde liberamente lungo le membrane ed è prodotto solo quando è necessario, non è immagazzinato
nelle vescicole. La produzione avviene in risposta a stimoli eccitatori che producono un aumento di Ca2+
intracellulare. Modulazione della trasmissione nervosa e della trasmissione neuromuscolare.
Rilassamento della muscolatura liscia non volontaria. Coinvolgimento in malattie neurodegenerative in
cui vi è squilibrio tra ossido nitrico e superossidi.
− Meccanismi postsinaptici:
Un neurotrasmettitore che si combina con i suoi recettori dà l’avvio a una serie di risposte nella cellula
postsinaptica. L’interazione tra neurotrasmettitore e recettore può portare a :
1. Depolarizzazione: potenziale postsinaprico eccitatorio (EPSP); aumenta le probabilità che la
cellula inneschi un potenziale d’azione ed è mediato da recettori canale permeabili a Na+ e K+. Il
glutammato è il principale neurotrasmettitore eccitatorio nel SNC.

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2. Iperpolarizzazione: potenziale postsinaptico inibitorio (IPSP); l’iperpolarizzazione allontana il
potenziale di membrana dal livello soglia e diminuisce le probabilità che la cellula inneschi un
potenziale d’azione. È mediato da recettori canale permeabili a Cl- o da recettori metabotropici
accoppiati a secondi messaggeri che determinano l’apertura di canali selettivi per il K+. GABA e
glicina sono i principali neurotrasmettitori inibitori nel SNC.

Il legame del neurotrasmettitore con il recettore postsinaptico provoca apertura o chiusura di canali ionici,
che determinano la variazione della conduttanza ionica e quindi del potenziale di membrana, definito
potenziale postsinaptico.
1. Il potenziale postsinaptico è un evento graduato: la sua ampiezza infatti dipende dalla quantità di
neurotrasmettitore che è rilasciata a livello della fessura sinaptica o dal numero di recettori
presenti sulla terminazione postsinaptica.
2. E’ un evento locale: la variazione del potenziale è massima nella regione sinaptica e decade a
mano a mano che ci si allontana da essa.
3. Se la variazione è di tipo iperpolarizzante si parla di PPSI (potenziale postsinaptico inibitorio) e la
sinapsi è definita inibitoria.
4. Se la variazione è depolarizzante si parla di PPSE (potenziale postsinaptico eccitatorio) e la
sinapsi è definita eccitatoria.
I due diversi potenziali influiscono sulla probabilità che si produca un potenziale d’azione nella cellula
postsinaptica, questa probabilità aumenta in presenza di PPSE, evocati per esempio dal glutammato,
mentre diminuisce in presenza di PPSI, evocati per esempio dal GABA.
− Integrazione neuronale:
Poichè nel sistema nervoso centrale la maggior parte dei PPSE sono potenziali sottosoglia, è necessario
che i potenziali si sommino per scatenare un potenziale d’azione nel monticolo assonico. Ogni neurone
del SNC che riceve da decina a migliaia di contatti sinaptici è in grado di integrare le informazioni grazie
ad processo di sommazione spaziale e sommazione temporale. A livello di un singolo neurone la funzione
integrativa consiste nel rispondere ai segnali sinaptici che arrivano alla cellula producendo o no un
potenziale d’azione. Ogni neurone integra i vari segnali eccitatori e inibitori che gli arrivano. Il processo
di integrazione dipende dalle proprietà passive del neurone e da fenomeni di sommazione spaziale e
temporale (sottosoglia). Nella comunicazione nervosa spesso un singolo neurone presinaptico si ramifica
e le sue collaterali formano sinapsi su diversi neuroni bersaglio: in questo caso parliamo di divergenza.
Quando un gruppo di neuroni presinaptici prende contatto con un numero inferiore di neuroni
postsinaptici parliamo di convergenza.

Sommazione spaziale: si verifica quando si combinano le correnti di potenziali graduati quasi


contemporanei. Considerando ad esempio 3 neuroni eccitatori che convergono su un neurone
postsinaptico, ciascun PPSE è troppo debole per scatenare da solo un potenziale d’azione, ma se i 3
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neuroni scaricano insieme, la somma dei 3 PPSE diventa soprasoglia e genera un potenziale d’azione.

L’inibizione postsinaptica può verificarsi quando un neurotrasmettitore presinaptico rilascia un


neurotrasmettitore inibitore su una cellula postsinaptica e ne altera la risposta. Se consideriamo 3 neuroni,
due eccitatori e uno inibitorio, che convergono su una cellula postsinaptica. I neuroni scaricano,
scatenando un PPSI e due PPSE, che si sommano con il loro segno quando raggiungono la zona trigger.
L’PPSI neutralizza il PPSE, creando un segnale sottosoglia e di conseguenza non parte alcun potenziale
d’azione.

Sommazione temporale: si verifica quando due potenziali graduati di un unico neurone presinaptico si
sviluppano a breve distanza temporale. Se uno stimolo (X1) dà inizio a un potenziale graduato
sottosoglia, il potenziale graduato raggiunge la zona trigger e la depolarizza (A1), ma non abbastanza per
innescare un potenziale d’azione. Successivamente parte un secondo stimolo (X2) con le caratteristiche
del precedente, ma, raggiungendo la zona trigger dopo, i due potenziali non si sovrappongono, non
superando il valore soglia e non innescando alcun potenziale d’azione. Invece, se i due stimoli sono più
vicini nel tempo, i due potenziali graduati sottosoglia arrivano alla zona trigger quasi
contemporaneamente, facendo depolarizzare la zona trigger fino alla soglia.

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Il sistema nervoso riceve un’enorme quantità di informazioni dall’ambiente esterno attraverso appropriati
stimoli sensoriali. Una volte elaborate le informazioni è possibile modificare le connessioni anche in
modo permante, questo processo dipende dalla plasticità sinaptica. La plasticità sinaptica è la capacità del
sistema nervoso di modificare l'efficienza di funzionamento delle connessioni sinaptiche, di instaurarne di
nuove e di eliminarne alcune. Questa proprietà permette al sistema nervoso di:
1. Modificare la sua funzionalità
2. Di modificare la sua struttura in modo più o meno duraturo e in modo dipendente dagli eventi che
li influenzano, come, ad esempio, l'esperienza.
Per questa ragione è la proprietà neurobiologica che si ritiene alla base del fenomeno della memoria e
degli eventi di apprendimento.
La plasticità sinaptica può a breve termine:
1. aumentare l’attività a livello della sinapsi (facilitazione o potenziamento).
2. diminuire l’attività sinaptica (inibizione o depressione).
Plasticità sinaptica a lungo termine:
l'aumento o riduzione dell'efficienza di trasmissione di una sinapsi: potenziamento a lungo termine (LTP)
e la depressione a lungo termine, (LTD).
Inibizione presinaptica: se l’attività del neurone inibitorio riduce il rilascio di neurotrasmettitore, la
modulazione viene chiamata inibizione presinaptica.

Inibizione postsinaptica: l’alterazione presinaptica del rilascio di neurotrasmettitore costituisce un mezzo


di controllo più preciso rispetto alla modulazione postsinaptica. Nella modulazione postsinaptica, se un
neurone modulatorio forma sinapsi sui dendriti o sul corpo cellulare di un neurone, viene alterata la
resposività dell’intero neurone postsinaptico. In quel caso, tutte le cellule bersaglio del neurone
postsinaptico sono ugualmente influenzate.

Facilitazione: Nella facilitazione l’input modulatori fa aumentare il rilascio di neurotrasmettitore


presinaptico. La stimolazione breve e ripetuta delle fibre presinaptiche induce modificazioni della
trasmissione sinaptica che possono durare da pochi millisecondi ad alcuni minuti. Un esempio di
plasticità a breve termine è la facilitazione. La facilitazione corrisponde ad un aumento transitorio della
trasmissione sinaptica in seguito all’applicazione di stimoli successivi tali da provocare due PPSE. La
facilitazione è sostenuta dall’ipotesi del calcio residuo secondo la quale l’applicazione di due stimoli
successivi determinerebbe l’accumulo di calcio nel terminale presinaptico e maggiore rilascio di
neurotrasmettitore. Questa ipotesi è confermata dal fatto che aumentando il calcio cresce la trasmissione
sinaptica, bloccandolo si ha una riduzione sinaptica.

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L’attività sinaptica può essere alterata:
1. modificando la responsività delle cellule bersaglio al neurotrasmettitore (l’affinità o il numero di
recettori per il neurotrasmettitore)
2. mediante l’azione dei modulatori i quali possono agire sulla sintesi di enzimi, sul trasporto o sui
recettori presinaptici. Tra i messaggeri retrogradi rilasciati dal neurone postsinaptico i più noti
sono dopamina, dinorfina, glutammato, GABA, fattori neurotrofici etc. i quali hanno la possibilità
di legarsi agli autorecettori presenti sulla terminazione presinaptica e quindi riescono a modulare
il rilascio di neurotrasmettitore.
3. cellule gliali: sono coinvolte nell’allontanamento del neurotrasmettitore dalla fessura sinaptica,
controllano così i livelli di neurotrasmettitore e la risposta postsinaptica. Le cellule gliali sono
capaci di rispondere a messaggeri extracellulari (glutammato, GABA, glicina) rilasciando
sostanze, quali ATP, che agiscono sulla terminazione presinaptica, regolando così il rilascio di
neurotrasmettitore.
Nel 1948 Donald Hebb propose per la prima volta un modello teorico che spiegava la modalità con cui le
sinapsi possono apprendere e modificarsi con l’esperienza. Secondo Hebb l’efficacia sinaptica viene
aumentata se le due cellule sono ripetutamente attivate insieme.

La conferma sperimentale che l’esperienza lascia una traccia nella sinapsi venne dai lavori di Bliss e
Lomo su i neuroni ippocampali di coniglio. L’applicazione di una breve scarica di stimoli ad alta
frequenza (100Hz x 1’) della via collaterali di Schaffer aumenta l’efficacia della trasmissione sinaptica tra
assoni stimolati e cellule postsinaptiche; questo cambiamento dura intere settimane e viene definito
potenziamento a lungo termine (LTP: long term potentiation).

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LTP è un fenomeno che persiste nel tempo, infatti una volta stimolate le sinapsi restano potenziate per un
periodo di tempo relativamente lungo, in vivo anche alcuni mesi:

Caratteristiche della Long Term Potentiation:


1. Cooperatività: stimolazione contemporanea di più gruppi di fibre, poiché in questo caso si vanno a
sommare tutti i contributi depolarizzanti di ogni assone. Dunque: più fibre si stimola, più si ha la
possibilità di indurre LTP.
2. Associatività: solamente le sinapsi che vengono attivate contemporaneamente si potenziano.
Secondo il principio dell’associatività uno stimolo debole diventa capace di scatenare LTP se
accoppiato con uno stimolo forte.
3. Specificità: si verifica solo a livello delle sinapsi attivate dall’applicazione di un treno di stimoli
ad alta frequenza mentre non si verifica nelle sinapsi adiacenti inattive.
Long Term Depression si riscontra nella corteccia occipitale visiva e nell’ippocampo.
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Una stimolazione presinaptica continua, come si ha nella LTD, mantiene sinapticamente un
concentrazione discreta e costante di glutammato. Questa concentrazione costante nel tempo è in grado di
far aprire i recettori AMPA e di conseguenza i recettori NMDA, la cui apertura a queste concentrazione di
neurotrasmettitore garantisce una concentrazione di calcio intracellulare bassa ma costante. Questa
concentrazione è in grado di favorire le fosfatasi calcio dipendenti che hanno un'affinità per il calcio
molto maggiore delle chinasi calcio dipendenti quali la CaMKII, maggiormente attività alle alte
concentrazioni. Le fosfatasi "smontano" l'apparato biochimico/strutturale creato in precedenza nella LTP
e portano progressivamente la sinapsi verso i valori di base. LTP e la LTD possano susseguirsi un numero
infinito di volte, proprietà importantissima per la nostra plasticità mnemonica.
IL SISTEMA NERVOSO

• Anatomia sistema nervoso


− Evoluzione del sistema nervoso: Nei cordati ed in particolare nei vertebrati si osserva un enorme
aumento del numero dei neuroni soprattutto nelle regioni più anteriori del SNC. Nei vertebrati
inferiori il SNC è costituito dai gangli cerebrali (racchiusi dalle ossa craniche) e dal midollo
spinale (circondato dalla colonna vertebrale).
Sviluppo del sistema nervoso nell’embrione: ai primi stadi embrionali le cellule da cui si originerà il SN
si trovano in una regione appiattita chiamata placca neurale, che presenta due pieghe laterali dette creste
neurali. Andando avanti con lo sviluppo le cellule della placca neurale dei margini migrano verso la linea
centrale e, dal 23esimo giorno, i bordi della placca neurale si fondono tra loro, creando un tubo neurale. Il
lume del tubo neurale rimarrà vuoto e diventerà la cavità del SNC. Il tubo neurale è costituito da cellule
che proliferano e formeranno tutto il Sistema Nervoso Centrale (neuroni e glia). La cavità centrale
racchiusa dal tubo neurale è chiamata ventricolo. Questa cavità rimane nel SNC adulto e forma il sistema
ventricolare. Alcune cellule della cresta neurale rimangono vicino al tubo neurale e danno origine ai
neuroni sensoriali primari nei gangli delle radici dorsali (gangli spinali). Le altre cellule della cresta
neurale migrano attraverso il corpo, e danno origine alle altre cellule del sistema nervoso periferico.
Formeranno anche strutture di natura non nervosa: cute, cartilagini, ossa del cranio e della faccia. A 4
settimane dall’inizio dello sviluppo, la parte anteriore del tubo neurale inizia a specializzarsi nelle regioni
da cui originerà l’encefalo. Le 3 divisioni sono: prosencefalo, mesencefalo e robencefalo. La parte del
tubo posteriore al robencefalo darà origine al midollo spinale. Con il procedere dello sviluppo, il cervello

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comincia a crescere di più e dalla sesta settimana il SNC ha le sette divisioni principali che saranno
presenti alla nascita, di cui 6 sono nell’encefalo: telencefalo, diencefalo, mesencefalo, cervelletto, ponte,
bulbo o midollo allungato e la settima è il midollo spinale.
* Sistema nervoso centrale
Il tessuto nervoso è molto delicato, 4 caratteristiche aiutano a proteggerlo:
1. La struttura ossea (la scatola cranica racchiude l’encefalo, la colonna vertebrale il midollo
spinale).
2. Le meningi (interposte tra il rivestimento osseo e il tessuto nervoso). Il liquido celfalorachidiano
(assorbe gli urti).
3. La barriera ematoencefalica altamente selettiva (limita l’accesso delle sostanze trasportate dal
sangue al tessuto encefalico vulnerabile).
ü Meningi:
Tra il tessuto osseo e il SNC ci sono 3 membrane, chiamate meningi, che stabilizzano il tessuto nervoso e
lo proteggono da contusioni contro lo scheletro osseo:
1. Dura madre: è la parte più esterna e più spessa delle meningi. Nello spessore della dura madre
sono scavati alcuni canali in cui circola sangue venoso detti seni della dura madre.
2. Aracnoide : strato costituito da epitelio pavimentoso semplice e una impalcatura di fibre di
collagene ed elastiche altamente vascolarizzato, con aspetto simile alla tela di ragno. Lo spazio tra
l’aracnoide e la Pia Madre si chiama spazio subaracnoideo, pieno di liquor.
3. Pia madre: è il più fragile dei tre strati e aderisce strettamente alle superfici dell’encefalo e del
midollo spinale. Apporta una ricca irrorazione sanguigna.
ü Liquido cerebrospinale:
Il liquido cerebrospinale protegge il cranio da traumi meccanici e funge da scambio di sostanze tra i
neuroni e il liquido interstiziale circostante. Il liquido cerebrospinale, o liquor, è una soluzione di sali che
viene continuamente secreta dai ventricoli a livello dei plessi coroidei (rete di capillari presenti nei
ventricoli), costituendo un ultrafiltrato del plasma sanguigno. Dai ventricoli il liquido cerebrospinale
passa nello spazio subaracnoideo tra pia madre e aracnoide, circondando cervello e midollo spinale.
Infine il liquido cerebrospinale viene riassorbito da speciali aree dell’aracnoide dette villi. Tutte le
formazioni che contengono LCS comunicano tra di loro:

Il liquor scambia soluti e acqua con il liquido interstiziale del SN e fornisce una via per la rimozione delle
sostanze di scarto.
1. Contiene bassa quantità di proteine e di cellule.
2. La concentrazione di glucosio è 60-80% della concentrazione di glucosio plasmatica, dato
l’elevato metabolismo del sistema nervoso.
3. Il sodio è lo ione più abbondante mentre il potassio viene mantenuto a concentrazioni basse
(elemento essenziale per la conduzione degli impulsi nervosi).
Puntura lombare viene effettuata aspirando il liquido dallo spazio subaracnoideo tra le vertebre nella parte
inferiore del midollo. La presenza di sangue o proteine suggerisce la presenza di infiammazione.
ü Barriera ematoencefalica:
Il livello finale di protezione per il SNC è una barriera funzionale è necessaria per isolare l’encefalo da
sostanze potenzialmente dannose e batteri presenti nel sangue.
Funzioni della barriera ematoencefalica:
− Protegge il cervello da sostanze "estranee" potenzialmente dannose presenti nel sangue,
mantenendo l'omeostasi del SNC grazie al passaggio selettivo di determinate sostanze.
− Protegge il cervello da ormoni e neurotrasmettitori provenienti dal resto dell'organismo.
− Mantiene un ambiente costante nel cervello.
Alla costituzione della barriera ematoencefalica contribuiscono 2 importanti proprietà delle cellule
endoteliali dei capillari: 1) presenza di giunzioni serrate, 2) mancanza di sistemi di trasporto mediate da
vescicole. Un’importante dimostrazione di come la barriera ematoencefalica funzioni è il morbo di
Parkinson, un disturbo neurologico in cui i livelli cerebrali del neurotrasmettitore dopamina sono troppo
bassi, essendo i neuroni dopaminergici danneggiati o estinti. Se la dopamina viene somministrata per via
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orale o con un’iniezione non ha effetto, perché non riesce ad attraversare la barriera ematoencefalica. Il
precursore della dopamina, L-dopamina, invece, viene trasportato attraverso la barriera per mezzo di un
trasportatore di amminoacidi. Quando i neuroni hanno L-dopa a disposizione nel liquido interstiziale la
trasformano in dopamina e ne correggono la carenza. Solo poche aree del SNC non hanno la BEE
funzionante e i loro capillari hanno un endotelio fenestrato simile a quello della maggior parte dei
capillari nel resto dell’organismo. In queste aree la funzione dei neuroni dipende in un certo senso dal
diretto contatto con il sangue.
− Suddivisione del SNC (mesencefalo, bulbo, ponte, cervelletto)
− Convergenza su una cellula del Purkinje: Le cellule del Purkinje sono l’unica via di uscita dalla
corteccia cerebellare. Possiedono un albero dendritico molto ramificato sul quale convergono
importanti afferenze eccitatorie: le fibre parallele e rampicanti. La fibra rampicante innerva una
sola cellula del Purkinje, mentre quelle parallele formano contatti sinaptici con più cellule del
Purkinje e al loro volta ogni cellule del Purkinje forma centinaia di contatti sinaptici con le fibre
parallele. Sulle fibre parallele convergono informazioni provenienti dal midollo spinale, tronco
dell’encefalo e corteccia. Sulle cellule del Purkinje convergono anche afferenze inibitorie
provenienti dalle cellule canestro, stellate e del Golgi. Inoltre dalle cellule del Purkinje si
originano gli assoni che giungono a nuclei cerebellari profondi nei quali fanno sinapsi inibitorie
(GABA-mediate).
* Anatomia dell’encefalo (struttura encefalo – vista laterale e
sagittale mediana)
1. Organizzazione degli output corticali
Ogni strato della corteccia differisce dagli altri per il tipo di
neuroni, per il tipo di connessioni e per le sue proprietà funzionali.
Al di sopra dello strato IV ci sono neuroni che mandano assoni ad
altre aree della corteccia cerebrale, sia nello stesso emisfero (strato
II) che nell'altro emisfero (strato III). Al di sotto del IV strato
originano proiezioni verso altre aree del SNC (V strato al tronco
encefalo e VI strato al talamo).

2. Corteccia cerebrale:
Struttura a strati della corteccia cerebrale dei
Mammiferi, osservabile con colorazione di Nissl. Ogni
strato possiede tratti caratteristici dal punto di vista
funzionale ed anatomico.
Strato I Cellule gliali, dendriti e assoni che decorrono
parallelamente
Strato II e III Cellule piramidali che proiettano ad altre
regioni corticali (connessioni corticocorticali)
Strato IV Ricco di cellule stellate, riceve molte
afferenze talamiche
Strato V Cellule piramidali grandi con assoni che
proiettano ai nuclei della base, al tronco encefalico e al
midollo spinale
Strato VI Cellule piramidali che proiettano al talamo

In base a variazioni di spessore, densità cellulare e altre caratteristiche istologiche delle sei lamine
corticali, l'encefalo umano può essere suddiviso in una cinquantina di aree citoarchitettoniche. In questa
figura sono indicate le aree riconosciute da K. Brodmann nella sua pio neristica monografia del 1909.
Solo molti anni dopo si è capito che molte della regioni individuate dagli anatomisti su base istologica
sono diverse anche da un punto di vista fisiologico.

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La corteccia cerebrale è organizzata in 6 strati ben definiti in base alla tipologia cellulare. Questi strati
sono organizzati in colonne verticali funzionali che si estendono perpendicolarmente. Ogni neurone
partecipa a differenti aspetti, ma insieme formano una squadra. Le differenze funzionali tra le varie aree
corticali sono dovute a differenti modalità di stratificazione entro le colonne e a differenti connessioni
input-output che si verificano. Se consideriamo la corteccia da un punto di vista funzionale, essa può
essere suddivisa in tre grandi specializzazioni: 1) aree sensoriali, che ricevono informazioni sensoriali e le
trasformano in percezioni; 2) aree motorie, che regolano il movimento dei muscoli scheletrici, e 3) aree di
associazione, che integrano informazioni de regioni sensoriali e motorie diverse e guidano il
comportamento volontario. I diversi lobi del cervello svolgono diverse funzioni:
Lobo frontale: programmazione delle azioni e controllo della contrazione della muscolatura scheletrica,
formazione delle parole.
Lobo parietale: percezione somatosensoriale (sensibilità tattile, dolorifica, propicettiva, termica) e
gustativa.
Lobo temporale: interpretazione generale, percezione uditiva e olfattiva, apprendimento motorio
dichiarativo (acquisibile dal linguaggio).
Lobo occipitale: percezione visiva.
Lobo limbico: emozioni e motivazione.
La corteccia cerebrale non è simmetrica s i ha una lateralizzazione cerebrale o dominanza cerebrale o
emisferica.
All’emisfero sx sono affidate funzioni quali:
1. linguaggio articolato
2. calcolo matematico
3. scrittura
4. comprensione del linguaggio
5. lettura ed astrazione
All’emisfero dx invece:
1. processazione visuospaziale
2. percezione musicale
3. tatto
Il linguaggio rappresenta una delle funzioni di lateralizzazione del cervello. Esperimenti condotti su
pazienti, nei quali era stato rimosso il corpo calloso per curare gravi forme di epilessia, hanno dimostrato
chiaramente che i due emisferi elaborano le informazioni in modo differente e che l’emisfero sx non è
consapevole dell’attività effettuata dall’emisfero dx e che lesioni nell’emisfero sx sono causa di
afasia…... “Si parla con l’emisfero sx”. Il linguaggio è il comportamento cognitivo più elaborato, che
permette lo scambio di informazioni complesse. La capacità linguistiche richiedono:
1. l’acquisizione di informazioni sensoriali (vista e udito).
2. la coordinazione dell’attività motoria (per la scrittura e vocalizzazione).
Nella maggior parte degli individui i centri del linguaggio sono nell’emisfero sx. La capacità di
comunicare con il linguaggio è divisa in due processi:
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− la combinazione di diversi suoni per formare le parole (fonazione)
− la combinazione di parole in frasi corrette dal punto di vista
grammaticale e logico.
Il linguaggio coinvolge due regioni della corteccia cerebrale: l’area di Wernicke nel lobo temporale e
l’area di Broca nel lobo frontale. In seguito a un danno nell’area di W, i soggetti non sono più capaci di
comprendere alcuna informazione parlata o scritta. Il loro linguaggio è senza senso, in quanto non sono
consapevoli dei loro errori. Le frasi sono spesso costituite da parole corrette, ma messe in file in modo
casuale. Questa condizione è detta afasia recettiva, perché il soggetto non è capace di recepire
l’informazione sensoriale. Se il danno è nell’area di Broca i soggetti comprendono il linguaggio parlato e
scritto ma non sono capaci o quasi di parlare e scrivere. La loro risposta a una domanda può essere
costituita da poche sillabe pronunciate con grande difficoltà e in sequenza più o meno casuale. Un danno
all’area di Broca provoca afasia espressiva.
1. Gangli della base:
I nuclei della base svolgono un ruolo importante nel control lo dei movimenti , volontari e meno, ma
anche di alcune funzioni cognitive, tanto è vero che le delezioni o l'isolamento di queste strutture del
telencefalo creano difficoltà nelle attività intellettive superiori. Sono coinvolti nel controllo della
contrazione dei muscoli scheletrici interagendo con:
1. il nucleo subtalamico (diencefalo) e la substantia nigra (mesencefalo)
Il controllo sulle attività motorie viene svolto grazie a notevoli
connessioni con le vie discendenti.
2. I nuclei (o gangli) della base, rielaborano quindi informazioni provenienti dalla corteccia e le
riproiettano ad essa costituendo delle vere e proprie vie.
3. Sono coinvolti anche in alcune patologie neurodegenerative come il Morbo di Parkinson, corea
Hungtinton.
2. Midollo spinale:
Il midollo spinale è la via principale di comunicazione tra l’encefalo e gli altri tessuti dell’organismo. È
diviso in 4 regioni (cervicale, toracica, lombare e sacrale) dalle quali si dipartono i nervi spinali. Riceve
informazioni da cute, articolazioni e muscoli (vie afferenti) ed invia comandi motori sia per il movimento
volontario che riflesso (vie efferenti). È protetto dalla colonna vertebrale e dai legamenti, dai tendini e dai
muscoli che la circondano. Se il midollo spinale è lesionato si ha perdita di sensibilità della cute e dei
muscoli e paralisi al di sotto della lesione. In sezione trasversale presenta una parte centrale a forma di
farfalla o di H, costituita da sostanza grigia, circondata da una bordo di sostanza bianca. Le fibre
sensoriali, provenienti dalla radice dorsale, fanno sinapsi con interneuroni delle corna dorsali della
sostanza grigia. I corpi cellulari delle corna dorsali sono organizzati in due nuclei diversi, uno per
l’informazione somatica e l’altro per quella viscerale. Le corna ventrali della sostanza grigia contengono i
corpi cellulari dei motoneuroni che trasportano segnali efferenti ai muscoli e alle ghiandole. Le corna
ventrali sono organizzate in nuclei motori somatici e in nuclei autonomici. La sostanza bianca del midollo
spinale può essere suddivisa in colonne costituite da fasci di assoni che trasferiscono l’informazione
verso l’alto o il basso del midollo spinale.

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* Sistema nervoso periferico
Il Sistema Nervoso Periferico (SNP) è suddiviso:
o Sezione afferente: generazione (recettori sensoriali) e trasmissione di impulsi diretti (gangli e
nervi) al SNC.
o Sezione efferente: trasmissione (gangli e nervi) di segnali nervosi (provenienti dal SNC e SNP) e
diretti agli organi effettori.
Il SNP comprende:
o SNP somatico:
− Sezione afferente: sistemi sensoriali che producono sensazioni, percezione e informazioni
sensoriali somatiche
− Sezione efferente: proiezione efferente delle vie nervose che controllano la contrazione dei
muscoli scheletrici.
o SNP viscerale o autonomo: suddiviso in simpatico (ortosimpatico), parasimpatico ed enterico, la
sezione efferente controlla la contrazione del muscolo cardiaco, di quelli lisci e le ghiandole
esocrine.
− Sistema nervoso viscerale:
Differisce dai sistemi motori somatici:
1. I motoneuroni inferiori sono localizzati al di fuori de SNC. I corpi cellulari sono localizzati nei
gangli autonomi situati o in stretta vicinanza con il midollo spinale (simpatico) o inseriti in un
plesso nervoso nell’organo bersaglio (parasimpatico).
2. I contatti sinaptici tra i motoneuroni viscerali e i visceri sono molto meno differenziati della
giunzione neuromuscolare del sistema somatico.
3. Le azioni del sistema somatico sono controllate dalle aree motorie corticali, mentre il sistema
viscerale è coordinato da stutture sottocorticali e dal tronco dell’encefalo.
4. Le terminazioni motorie viscerali rilasciano una varietà di neurotrasmettitori che legandosi a
diversi recettori postsinaptici creano effetti differenti.
Il sistema nervoso viscerale svolge diverse funzioni, in particolare:
− controlla gli organi interni e le funzioni viscerali o della vita vegetativa.
− innerva la muscolatura liscia degli organi interni e le ghiandole dell'apparato digerente;
− comprende il sistema nervoso simpatico e parasimpatico e il sistema nervoso enterico,
quest'ultimo è costituito da una rete di neuroni che si trovano nella parete del tubo
gastrointestinale.

Il sistema nervoso autonomo controlla le funzioni involontarie mediate dall’attività delle fibre muscolari
lisce, delle fibre muscolari cardiache e delle ghiandole.
1) Il sistema simpatico:
− si attiva maggiormente per reagire a situazioni di emergenza mobilitando le risorse del corpo per
innescare reazioni di lotta o di fuga. Questa divisione è dominante nelle situazioni di stress. In
questa situazione, definita “combatti o fuggi”, il cervello scatena un’attivazione simpatica
massiccia e simultanea in tutto il corpo. Mentre l’organismo si prepara a combattere o a fuggire: Il
cuore accelera e aumenta la propria forza di contrazione, i vasi sanguigni si dilatano, il fegato
comincia a produrre glucosio per la contrazione muscolare.
Questa risposta è mediata dall’ipotalamo.
L’innalzamento di livello dell’attività nervosa simpatica permette al corpo di sfruttare al massimo le sue
risorse aumentando le possibilità di sopravvivenza o di successo in condizioni difficili.

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Effetti dell’attivazione del simpatico
Dilatazione pupille, costrizione dei vasi della pelle e dell’intestino, capelli ritti, dilatazione dei bronchi,
aumento della frequenza cardiaca e della forza di contrazione cardiaca, interruzione delle funzioni
digestive, stimolazione della midollare del surrene a produrre maggiori quantità di adrenalina e
noradrenalina e regolazione della secrezione di insulina e glucagone da parte del pancreas (azioni
cataboliche, di demolizione delle riserve energetiche).
2) Il sistema parasimpatico:
− predomina durante gli stati di riposo per ricostituire la riserve energetiche precedentemente spese.
Il sistema parasimpatico controlla la routine e le attività tranquille del vivere quotidiano
(digestione). Ciò significa che i due sistemi nel loro insieme contribuiscono all’omeostasi cioè a
mantenere costanti i principali parametri alla base delle funzioni corporee. Cannon sottolineò che
la condizione di omeostasi dipende da un bilancio fra l’azione del simpatico e parasimpatico e
dalla funzione di controllo svolta dall’ipotalamo.
Le funzioni del sistema parasimpatico sono in genere opposte a quelle del simpatico e hanno lo scopo di
aumentare o ricostituire le riserve metaboliche durante i periodi di riposo. Quindi l’attivazione del
parasimpatico induce:
− Riduzione del diametro della pupilla,
− riduzione della frequenza cardiaca,
− aumento dell’attività peristaltica dell’intestino.
I neuroni pregangliari del sistema nervoso parasimpatico si trovano nel tronco dell’encefalo e nel tratto
sacrale del midollo spinale. I loro assoni sono piuttosto lunghi perché i gangli parasimpatici, a differenza
dei simpatici, si trovano in prossimità o all’interno degli organi viscerali bersaglio.

Tutte le vie del sistema nervoso autonomo sono costituite da 2 neuroni posti in serie:
− Il primo neurone è detto pregangliare e origina nel SNC e proietta al ganglio del sistema nervoso
autonomo situato all’esterno del SNC.
− Nel ganglio il neurone pregangliare fa sinapsi con quello postgangliare (II neurone) che proietta il
suo assone verso l’organo bersaglio.
La divergenza è una caratteristica importante delle vie autonome, infatti ogni neurone pregangliare può
influenzare diversi neuroni postgangliari. (1 a 8/9 o addirittura 1/32). Ogni neurone postgangliare innerva
differenti bersagli, in questo modo un singolo segnale originato nel SNC può influenzare un gran numero
di cellule bersaglio contemporaneamente.
Le principali differenze tra il simpatico e il parasimpatico sono:
1) Dove originano le vie dal SNC;
2) La localizzazione dei gangli.

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La maggior parte delle vie simpatiche ha origine nella regione toracica e in quella lombare del midollo
spinale. Molte vie parasimpatiche hanno origine nel tronco encefalico e i loro assoni lasciano il cervello
tramite una serie di nervi cranici. Altre vie parasimpatiche hanno origine nella regione sacrale e
controllano organi pelvici.
Dal punto di vista chimico, la branca simpatica e parasimpatica si possono distinguere in base ai loro
neurotrasmettitori e ai loro recettori:
1) I neuroni pregangliari simpatici e parasimpatici rilasciano ACh a livello di recettori colinergici
nicotinici che si trovano sulla cellula postgangliare.
2) La maggior parte dei neuroni postgangliari simpatici secerne noradrenalina diretta a recettori
adrenergici localizzati sulla cellula bersaglio.
3) La maggior parte dei neuroni parasimpatici secerne acetilcolina diretta a recettori colinergici
muscarinici che si trovano sulla cellula bersaglio.

MUSCOLI

I muscoli rappresentano circa il 40% della massa corporea. Insieme ad ossa e tendini costituiscono
l’apparato locomotore che permette il mantenimento della postura e il movimento dei segmenti corporei.
Nel corpo umano ci sono 3 tipi di tessuto muscolare: scheletrico, cardiaco e liscio.

I muscoli scheletrici sono spesso definiti volontari, quelli lisci e cardiaci involontari. Tuttavia, questa
classificazione non è del tutto precisa. Infatti, i muscoli scheletrici possono contrarsi anche senza
controllo cosciente e posiamo avere un certo grado di controllo sul muscolo liscio e cardiaco. I muscoli
scheletrici si contraggono soltanto in risposta a stimoli provenienti dai motoneuroni. Non possono iniziare
autonomamente una contrazione e non rispondono direttamente ad ormoni.
* Muscolo scheletrico
I muscoli funzionano come se fossero singole unità ed il muscolo scheletrico è costituito da fibre
muscolari. Ciascuna fibra muscolare scheletrica è una lunga cellula cilindrica con molte centinaia di
nuclei. La membrana della cellula muscolare è detta sarcolemma e il citoplasma sarcoplasma. Contiene
oltre alle miofibrille anche: glicogeno, che funge da riserva energetica; la mioglobina che facilita la
diffusione di O2 dai capillari; mitocondri e reticolo sarcoplasmatico. Il reticolo sarcoplasmatico avvolge
completamente ogni miofibrilla ed è formato da tubuli longitudinali che si anastomizzano tra loro a
formare ampie strutture tubulari chiamate cisterne terminali. Alle cisterne terminali sono associati i tubuli
trasversi o tubuli T. Il complesso formato da tubulo T e dalle due cisterne terminali che lo affiancano è
detto triade. Molto importante per la contrazione muscolare è il rilascio di Ca2+, che avviene a livello
delle cisterne terminali.
Al microscopio ottico il muscolo scheletrico presenta l’alternanza di bande chiare e scure che si ripetono
lungo tutta la lunghezza della miofibrilla in maniera ordinata. Questa ripetizione di bande costituisce il
sarcomero:
1. Bande A: sono quelle più scure del sarcomero e coprono tutta la lunghezza del filamento spesso.
Alle estremità della banda A i filamenti spessi e sottili si sovrappongono, mentre al centro della
banda si trovano solo filamenti spessi.
2. Banda I: sono quelle più chiare alle estremità del sarcomero, composte solo da filamenti sottili.
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3. Banda H: è la regione centrale della banda A ed è occupata solo da filamenti di miosina.
4. Linea M: è costituita dalle proteine a cui si attaccano i filamenti spessi.
5. Linea Z: il sarcomero si trova tra sue linee Z.

Miofibrille sono strutture deputate alla contrazione muscolare, sono composte da:
1. Proteine contrattili (miosina e actina),
2. proteine regolatrici (troponina e tropomiosina),
3. proteine strutturali citoscheletriche (titina e nebulina)

La miosina è una proteina motrice in grado di utilizzare l’energia derivante dall’idrolisi di ATP per
legarsi all’actina e così generare forza e motilità. Ciascuna molecola di miosina è costituita da catene
proteiche che s’intrecciano a formare una lunga coda e due teste globulari. La coda a forma di bastoncino
è rigida, mentre le teste hanno una regione elastica. Ogni testa della miosina ha due catene proteiche: una
pensante e una leggera, più piccola. La catena pesante è il dominio motore che lega l’ATP e usa l’energia
del legame fosfato ad alta energia dell’ATP per generare movimento. Nel muscolo scheletrico le
molecole di miosina si uniscono per formare il filamento spesso.

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L’actina è la proteina ce costituisce il filamento sottile della
fibra muscolare. È una proteina globulare (G-actina) e molte
molecole di actina globulare polimerizzano per formare lunghe
catene o filamenti, detti F-actina.
Tropomiosina è una proteina filamentosa posta nel solco della
doppia elica dei filamenti di actina.
Troponina è una proteina formata da 3 subunità :
1. TnT (silega alla tropomiosina)
2. TnI (legandosi all’actina ha un ruolo inibitorio per
l’interazione actina-miosina)
3. TnC (possiede un sito di legame per il Ca++).

Il meccanismo della contrazione viene avviato e arrestato dal calcio. Nel muscolo a riposo, la
tropomiosina si avvolge all’actina. Questa è la posizione della off o di blocco. Prima che si possa avere la
contrazione, la tropomiosina deve passare alla sua posizione on, in cui libera il sito di legame della
miosina. Il posizionamento on/off è regolato dalla troponina, in particolare dalla subunità C della
troponina. Il Ca2+ si lega alla subunità TnC della troponina inducendo modificazione conformazionale
della troponina e di conseguenza lo spostamento della tropomiosina dal sito di legame per i ponti
trasversi. Nella fibra muscolare rilasciata non è possibile l’interazione con i ponti trasversali perché i siti
sull’actina sono fisicamente ostruiti dal complesso troponina-tropomiosina. Nella fibra muscolare eccitata
gli ioni Ca2+ liberati nel citosol si legano alla subunità TnC della troponina e provocano lo spostamento
del complesso troponin-tropomiosina per esporre il sito di legame per il ponte trasversale, così avviene
l’interazione tra l’actina e il ponte trasversale.
* Teoria dei ponti trasversali:
Il ciclo di contrazione inizia dallo stato di rigor, in cui le teste di miosina sono legate alle molecole di G-
actina e alla miosina non sono legati né ATP né ADP. Nel muscolo vivente lo stato di rigor è presente
solo per brevissimi periodi. Poi:
1. L’ATP si lega al sito della miosina e il legame ATP-miosina diminuisce l’affinità di legame
dell’actina per la miosina che si stacca.
2. L’idrolisi dell’ATP fornisce l’energia per l’estensione della testa della miosina e il suo riattacco al
sito dell’actina.
3. Il colpo di forza inizia dopo che il calcio si è legato alla troponina per liberare i siti di legame. I
ponti actomiosinici diventano forti con la liberazione del fosfato inorganico dal suo sito di legame
sulla miosina.
4. La miosina rilascia ADP e la miosina è di nuovo fortemente legata all’actina nello stato di rigor.
Lo stato di rigor nel muscolo in vivo è molto breve, perché la fibra muscolare ha scorte sufficienti di ATp
che rapidamente si lega alla miosina, dopo il distacco dell’ADP. Dopo la morte, quando il metabolismo si
arresta e le scorte di ATP si esauriscono, la miosina non è più in grado di legare ATP e i muscoli
rimangono rigidi. In questa condizione di rigor mortis i ponti sono bloccati e il muscolo è come
congelato, totalmente rigido.
* Teoria dello scorrimento dei filamenti:
In questo modello i filamenti di miosina e actina, sovrapposti e di lunghezza fissa, scorrono gli uni sugli
altri in un processo che richiede energia e che produce una contrazione muscolare. In una miofibrilla a
riposo, nel sarcomero, le estremità dei filamenti spessi e sottili si sovrappongono un po’. In fase di
rilasciamento il sarcomero ha una grande banda I e una banda A di lunghezza uguale a quella del
filamento spesso. Quando il muscolo si contrae, i filamenti spessi e sottili scorrono gli uni sugli altri. I
dischi Z del sarcomero si avvicinano tra loro quando il sarcomero si accorcia. La banda I e la zona H,
regioni in cui a riposo non c’è sovrapposizione dei filamenti, quasi scompaiono. Nonostante
l’accorciamento, la lunghezza della banda A rimane costante.

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Proteine accessorie:
Alla formazione dei filamenti spessi e sottili e al solo mantenimento contribuiscono le proteine accessorie
1. Titina: proteina filamentosa posta parallelamente ai filamenti contrattili con funzione:
- stabilizzante (mantiene la miosina al centro del sarcomero durante la contrazione)
- Consente, con la sua elasticità, il ritorno del muscolo alla lunghezza iniziale dopo lo stiramento.
2. Nebulina: proteina gigante, presente solo nel muscolo striato scheletrico, che si estende lungo tutta
la lunghezza dei filamenti sottili, favorisce l’allineamento dei filamentidi actina nel sarcomero.

La contrazione delle fibre muscolari è il risultato di uno stimolo nervoso che percorre un motoneurone
alfa sino a raggiungere la placca motrice. Il corpo cellulare di questo motoneurone è situato nel corno
ventrale della sostanza grigia del midollo spinale. L’unità motoria è l’unità funzionale della contrazione
ed è rappresentata dal motoneurone α e da tutte le fibre che esso innerva. Nei muscoli deputati ad un
movimento fine (muscoli estrinseci dell’occhio) il motoneurone α innerva un numero esiguo di fibre,
mentre i grossi muscoli (es. quadricipide femorale) presentano unità motorie grandi. La massima forza
sviluppata dal muscolo dipende dal reclutamento simultaneo di più unità motorie. La sinapsi di un
motoneurone somatico su una fibra muscolare viene chiamata giunzione neuromuscolare. Come tutte le
altre sinapsi, questa giunzione ha 3 componenti: 1) terminale assonico del neurone presinaptico con le
vescicole, 2) la fessura sinaptica, 3) la membrana postsinaptica della fibra muscolare scheletrica. Sul lato
postsinaptico della giunzione neuromuscolare la zona di membrana della cellula muscolare localizzata di
fronte al terminale assonico viene modificata e va a formare una placca motrice che presenta recettori
nicotinici per ACh. Come tutti i neuroni, i potenziali di azione che arrivano al terminale assonico aprono
i canali voltaggio-dipendenti per il Ca2+ nella membrana. Il calcio determina la fusione delle vescicole e
il rilascio di ACh. Questa, diffonde nella fessura sinaptica e di lega ai recettori sulla membrana del
muscolo scheletrico. Questi recettori dei muscoli sono simili a quelli presenti sui neuroni, l’unica
differenza è che l’ α-bungarotossina, una tossina presente in certi rettili, si lega ai recettori nicotinici del
muscolo scheletrico, ma non a quelli dei gangli del sistema nervoso autonomo. Inoltre, i recettori
nicotinici del muscolo scheletrico presentano 4 subunità (α, β, δ, ε ) mentre quelli presenti nei neuroni
presentano solo isoforme α e β. Quando l’ACh si lega al recettore, il canale si apre e permette il
passaggio di cationi monovalenti. Nel muscolo scheletrico Na+ entra nella fibra muscolare
depolarizzandola fino alla soglia per il potenziale d’azione, che innesca poi la contrazione della cellula
muscolare. L’ACh che agisce sulla placca motrice è sempre eccitatoria e causa la contrazione muscolare,
il rilassamento si verifica quando i motoneuroni somatici vengono inibiti nel SNC, impedendo il rilascio
di ACh.

50
* Accoppiamento eccitazione-contrazione e rilasciamento:
Le fasi principali sono 4:
1. L’ACh è rilasciata dal motoneurone somatico, si lega ai recettori presenti nella placca motrice.
Quando i canali ACh-dipendenti si aprono, lasciano entrare sia Na+ che K+, ma Na+ entra in
quantità maggiore perché il gradiente elettrochimico di Na+ è maggiore di K+.
2. L’aggiunta di cariche positive nella fibra muscolare depolarizza la membrana, dando origine a un
potenziale di placca (PP), che sono sempre sopra soglia e quindi innescano un potenziale d’azione.
Questo si propaga sulla superficie della cellula e nei tubuli T grazie all’apertura dei canali per
Na+.
3. La propagazione del potenziale innesca il rilascio di Ca2+.
4. Quando i livelli del calcio sono alti, esso si lega alla troponina, che smuove la tropomiosina e
libera i siti dell’actina per il legame con la miosina dando inizio alla contrazione.
Il segnale elettrico viene trasformato in segnale chimico grazie a
due proteine di membrana: la membrana dei tubuli-T contiene un
tipo di canali voltaggio dipendenti per il calcio di tipo L, cioè i
recettori per le diidropiridine (DHP), questi sono
meccanicamente connessi ai canali per il rilascio del Ca2+ nel
reticolo sarcoplasmatico, recettori della rianodina. Alla fine della
contrazione, il calcio deve essere rimosso dal citosol: il reticolo
sarcoplasmatico ripompa il calcio nel suo lume per mezzo di una
Ca2+-ATPasi. Quando la concentrazione del calcio diminuisce,
l’equilibrio tra calcio legato e libero si modifica, il calcio si
stacca dalla troponina, la tropomiosina torna alla sua posizione di
blocco del sito di actina, i ponti si staccano e la fibra si rilascia,
con l’ausilio delle fibre elastiche nel sarcomero e nel tessuto
connettivo del muscolo. Un singolo ciclo contrazione-
rilasciamento nel muscolo è detto scossa semplice. C’è un breve
periodo di latenza tra il potenziale d’azione muscolare e lo
sviluppo della tensione muscolare; questo intervallo rappresenta
il tempo necessario per l’accoppiamento eccitazione-contrazione.
Quando inizia la contrazione, la tensione muscolare cresce
rapidamente, via via che l’interazione tra i ponti trasversali
aumenta, fino a un valore massimo, per poi diminuire nella fase di rilasciamento. Nel rilasciamento gli
elementi elastici del muscolo riportano la sua lunghezza a quella di riposo.
La forza generata da una singola fibra può essere aumentata incrementando la frequenza dei potenziali
d’azione che la stimolano. Se i potenziali d’azione ripeturi sono separati da intervalli di tempo lunghi, la
fibra muscolare ha il tempo di rilasciarsi completamente tra uno stimolo e l’altro. Se gli stimoli sono
ravvicinati, la fibra muscolare non si rilascia del tutto e sviluppa una tensione maggiore per effetto della
sommazione. Se i potenziali d’azione che stimolano la fibra muscolare sono molto ravvicinati tra loro,
alta frequenza di stimolazione, l’entità del rilasciamento tra le contrazioni si riduce e la fibra muscolare
arriva a uno stato di contrazione chiamato tetano.

51
* Biomeccanica:
Nello studio della meccanica di contrazione muscolare si definisce:
- carico: la forza esercitata dal peso di un oggetto, ad esempio un manubrio, su un muscolo;
- tensione muscolare: la forza esercitata sull'oggetto in questione dal muscolo che si contrae.
Tensione muscolare e carico sono quindi forze opposte, che come tali si contrappongono l'una all'altra:
per vincere un carico, la tensione muscolare dev'essere superiore alla forza (peso) che esso esercita.
I muscoli generano forza per ottenere movimento, ma possono anche generare forza senza produrre
movimento. Quindi abbiamo due tipi di contrazione:
1. contrazione isometrica (statiche): è un tipo di contrazione muscolare che crea tensione, senza
accorciamento (lavoro concentrico) o allungamento (lavoro eccentrico) del muscolo, senza
spostamento del carico (sollevamento di un peso eccessivo, quando si spinge un braccio vicino ad
un muro). Questa contrazione è importante nel mantenimento della postura, come mantenere rigidi
gli arti inferiori in posizione eretta.
2. contrazione isotonica (dinamica): E’ un tipo di contrazione dinamica e si verifica quando il
muscolo si accorcia generando una forza costante in grado di sollevare il carico. Sono impiegate
per i movimenti del corpo e per lo spostamento di carichi esterni (avvicinamento di un peso alla
spalla).
Il muscolo necessita sempre di energia e questa deriva dall’ATP. La quantità di ATP presente in una fibra
muscolare non è sufficiente per un esercizio intenso. La prima fonte di energia di riserva nel muscolo è la
fosfocreatina. L’enzima responsabile del passaggio del gruppo fosfato dalla fosfocreatina all’ADP è la
creatina chinasi. L’energia contenuta nei legami fosfato ad alta energia è limitata e quindi i muscoli
devono ricorrere a reazioni metaboliche per trasferire energia dai legami chimici dei nutrienti all’ATP. I
carboidrati (glucosio) dono la fonte energetica più veloce ed efficiente per la produzione di ATP.
Attraverso la glicolisi, il glucosio viene metabolizzato fino a piruvato e in presenza di adeguato apporto di
ossigeno, il piruvato entra nel ciclo dell’acido citrico e dà origine a 30 molecole di ATP per ogni
molecola di glucosio. In deficit di ossigeno, le fibre muscolari passano alla glicolisi anaerobica ed il
glucosio viene metabolizzato ad acido lattico con la produzione di 2 ATP per molecola di glucosio. Le
fibre muscolari producono energia anche dagli acidi grassi in presenza di ossigeno.
Fibre muscolari:
La fibra muscolare è l'unità morfologica del muscolo scheletrico. Al loro interno si trovano migliaia di
filamenti, detti miofibrille, contenenti unità contrattili chiamate sarcomeri. Si dividono in:
1. fibre a contrazione rapida (bianche, di tipo II o FT, dall'inglese "fast twitch”, ATPasi rapida):
intervengono nelle azioni muscolari rapide ed intense. Al loro interno troviamo un'elevata
concentrazione degli enzimi tipici del metabolismo anaerobico alattacido e glicolitico. Sono
innervate dai motoneuroni α, molto grandi e con assoni di grosso calibro, specializzati nella
trasmissione veloce di impulsi nervosi. Hanno pochi mitocondri. Sono di 2 tipi Fta e FTb, le Fta
sembrano avere caratteristiche intermedie tra ST e FTb. Le FT hanno elevata velocità di
contrazione maggiore potenza, ma minore resistenza.
2. fibre muscolari a contrazione lenta (rosse, di tipo I o ST, dall'inglese "slow twitch”, ATPasi lenta):
vengono reclutate in azioni muscolari di scarsa entità ma di lunga durata. Più sottili delle bianche,
le fibre rosse trattengono più glicogeno e concentrano gli enzimi associati al metabolismo
aerobico. I mitocondri sono più numerosi e di dimensioni maggiori, proprio come il numero di
capillari che irrora la singola fibra. La ridotta dimensione di quest'ultima facilita la diffusione
dell'ossigeno dal sangue ai mitocondri, a causa della minor distanza che li separa. E' proprio
l'abbondante contenuto di mioglobina e mitocondri a conferire a queste fibre il colorito rosso, da
cui deriva il loro nome. Le fibre ST si contraggono più lentamente e con minore potenza ma
hanno maggiore resistenza alla fatica. I muscoli posturali sono più dotati di fibre ST.
* Muscolo liscio

Mancano le striature (liscio). La regolazione della contrazione è involontaria ed è mediata da segnali


nervosi, endocrini e paracrini che devono essere integrati per dare la risposta finale. È presente nelle
pareti degli organi interni (tratto gastro intestinale, tratto urogenitale, bronchi e utero), nei vasi sanguigni
e linfatici, nell’occhio (iride e corpo ciliare), nel derma (muscoli erettori dei peli). Ha una duplice
52
funzione:
- mantenere dimensioni e forma degli
organi (tono muscolare)
- sviluppare forza per accorciamento.
Un classficazione distingue i muscoli lisci in:
1. Tonici (mantengono la tensione contro un carico persistente) sono deputati a mantenere
contrazione costante e sono presenti nei vasi sanguigni, nei bronchi e negli sfinteri (chiudono
l’apertura di un organo cavo).
2. Fasici alternano fasi di contrazione a fasi di rilasciamento e sono presenti negli apparati
gastrointestinale e urogenitale.
In base all’organizzazione funzionale il muscolo liscio può essere diviso in unitario e multiunitario. Le
fibre muscolari del muscolo unitario si eccitano e si contraggono come un’unica unità. E’ presente
nell’appararto gastronterico, utero e uretere. Le fibre sono aggregate in bande dense e comunicano tra
loro mediante gap-junction. La depolarizzazione che origina in un punto può così diffondere a tutte le
cellule che si contraggono all’unisono. Tale contrazione simultanea permette di creare una variazione di
volume uniforme dell’organo. Questo permette di aumentare il volume interno dell’organo senza aumento
di pressione (riempimento della vescica). Sono dotati automatismo, cioè generano spontaneamente
potenziali d’azione. Il muscolo multiunitario presenta proprietà intermedie tra quelle del muscolo
scheletrico e liscio unitario. Le fibre sono disposte in modo irregolare e sono tenute insieme dal tessuto
connettivo. Esse sono elettricamente accoppiate e si contraggono in modo più indipendente l’una
dall’altra. I neuroni del SNA possono instaurare uno o più contatti sinaptici e reclutare più fibre per
aumentare la forza contrattile. Non sono dotati di automatismo e non rispondono allo stiramento.
Le cellule muscolari liscie sono affusolate, mononucleate e di dimensioni inferiori rispetto a quelle che
costituiscono il muscolo scheletrico. Il citoplasma contiene mitocondri, che forniscono ATP, reticolo
endoplasmatico, che funge da riserva di calcio e proteine contrattili (miosina e actina) e regolatorie
(tropomiosina, caldesmone e calpoina). I miofilamenti sono interrotti da zone di densità focale, detti corpi
densi, ai quali si ancorano i filamenti di actina e che funzionalmente corrispondono alle linee Z del
muscolo scheletrico. I corpi densi permettono interazioni tra filamenti spessi e sottili e mantenimento
della loro posizione. Ai corpi densi sono legati anche filamenti di desmina e vimentina (citoscheletro).
Nel citoplasma sono presenti invaginazioni vescicolari della membrana dette caveole, che equivalgono ai
tubuli T e insieme al reticolo endoplasmatico rilasciano il calcio. Le fibre contrattili del muscolo liscio
sono disposte in fasci intrecciati invece che in sarcomeri paralleli, perciò la contrazione esercita una
trazione sulla membrana cellulare in molte direzioni. La mancanza di miofibrille organizzate in serie
determina la mancanza di bande o striature. I filamenti sottili sono costituiti solo da actina (mancano la
troponina e la tropomiosina) e si ancorano ai corpi densi, e le loro estremità terminano in placche
proteiche a livello della membrana cellulare. I filamenti spessi, meno abbondanti, si intercalano in fasci
tra i lunghi filamenti sottili, sono costituiti da miosina, e sono interamente ricoperti dalle teste.
− Sorgenti di calcio nel muscolo liscio:
1) Canali del Ca++ voltaggio-dipendenti che si aprono dopo la soglia, durante la fase di salita del
potenziale d'azione
2) I neurotrasmettitori si legano a recettori indiretti che fanno aprire canali del Ca++
3) Secondi messaggeri attivati da ormoni possono stimolare il rilascio di Ca++ dal reticolo
sarcoplasmatico.
Nel muscolo liscio il reticolo sarcoplasmatico è molto poco sviluppato e le sorgenti extracellulari di Ca2+
sono essenziali per il suo funzionamento. Se la concentrazione intracellulare di Ca++ diventa
sufficientemente alta, si può avere contrazione anche senza potenziale d'azione.
− Accoppiamento eccitazione-contrazione e rilasciamento:
La contrazione e il rilasciamento del muscolo liscio sono simili a quelle del muscolo scheletrico, ma
differiscono per molti importanti aspetti: 1) Ca2+ proviene sia da LEC che dal reticolo sarcoplasmatico,
2) per il rilascio di Ca2+ non è richiesto un potenziale d’azione, 3) non è presente troponina, quindi il
Ca2+ avvia la contrazione attraverso una cascata che include la fosforilazione della catena leggera della
miosina:
Contrazione del muscolo liscio: L’incremento del calcio nel citosol è il segnale per la contrazione.
La contrazione può iniziare con segnali elettrici (variazioni del potenziale di membrana) o segnali
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chimici. La contrazione causata dal segnale elettrico è definita accoppiamento elettromeccanico.
La contrazione innescata da segnali chimici, senza un cambiamento significativo nel potenziale di
membrana, sono dette accoppiamento farmacomeccanico. La concentrazione di Ca2+
intracellulare aumenta grazie all’ingresso di Ca2+ dall’esterno e al rilascio da parte del reticolo
sarcoplasmatico. Successivamente il calcio si lega alla calmodulina (CaM) e il complesso Ca2+-
CaM attiva la chinasi della catena leggera della miosina (MLCK). Questa fosforila le catene
leggere della miosina e aumenta l’attività ATPasica della miosina. I ponti actomiosinici attivati
fanno scorrere il filamento di actina e generano tensione.
Rilasciamento del muscolo liscio: la rimozione di Ca2+ dal citosol è il primo passaggio nel
rilasciamento. Il Ca2+ libero nel citoplasma diminuisce quando il CA2+ è pompato fuori dalla
cellula o è ritrasportato nel reticolo sarcoplasmatico. Il Ca2+ si stacca dalla calmodulina (CaM).
L’attività della MLCK si riduce. La miosina fosfatasi rimuove il fosfato dalla catena leggera della
miosina e ne riduce l’attività ATPasica. Una minore attività ATPasica della miosina determina
una riduzione della tensione generata dal muscolo. La fosforilazione della testa della miosina è
essenziale per l’attività ATPasica, e quindi per la contrazione. Tale fosforilazione avviene ad
opera di una miochinasi (MLCK) che viene attivata dal complesso Ca2+-calmodulina. Quando la
concentrazione del Ca2+ diminuisce, avviene la defosforilazione ad opera di una miosina
fosfatasi. Il caldosdemone, invece, ha la funzione simile alla troponina, legato all’actina ha una
funzione inibitoria sull’attività ATPasica della miosina.
La contrazione del muscolo liscio può essere dovuta a:
1) Influenza del sistema nervoso autonomo (noradrenalina e acetilcolina)
2) Attività elettrica spontanea e capacità autoritmica
3) Stiramento fisico del muscolo (riflesso miogeno)
4) Influenza di agenti chimici (P02, PCO2, pH)
A differenza di quanto avviene nel muscolo scheletrico, anche stimoli diversi da quello elettrico
(meccanici, chimici) sono capaci di provocare la contrazione del muscolo liscio. L'attività del muscolo
liscio può essere controllata dall'acetilcolina, dalla noradrenalina e dall’adrenalina (rilasciate dalle fibre
postgangliari del sistema nervoso autonomo e dal surrene), e da una varietà di altri neurotrasmettitori,
ormoni e segnali paracrini che possono stimolare o inibire la contrazione del muscolo liscio (istamina,
peptidi neuroattivi, ossido nitrico etc.). Tutti i recettori del muscolo liscio sono accoppiati a proteine G
(indiretti).
ACETILCOLINA recettori m1 contrazione recettori m3 rilasciamento
NORADRENALINA recettori α2 rilasciamento recettori α4 contrazione
Il muscolo liscio può essere controllato dal SNA, ma non possiede una giunzione neuromuscolare. Le
fibre nervose terminano con varicosità, che contengono vescicole di neurotrasmettitore (noradrenalina per
il sistema simpatico e Ach per il sistema parasimpatico). In seguito ad un appropriato stimolo il
neurotrasmettitore viene rilasciato e diffonde lungo la membrana della fibrocellula, dove si lega ai
recettori specifici.
Molte fibrocellule muscolari lisce hanno potenziali di membrana
instabili tra - 40 e -80 mV (potenziale ad onde lente). I potenziali
ad onde lente sono fluttuazioni graduali iperpolarizzandi e
depolarizzanti del potenziale causate da variazioni cicliche della
velocità cui gli ioni sodio vengono trasportati attivamente
attraverso la membrana.

A volte l’attività contrattile del muscolo liscio è iniziata da una cellula


muscolare “pacemaker”, e soltanto modulata dall’attività nervosa
simpatica o parasimpatica. La cellula pacemaker presenta una
depolarizzazione spontanea regolare che raggiunge sempre la soglia,
questo è dovuto a flussi ionici passivi che accompagnano le variazioni
automatiche della permeabilità dei canali.

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L'ultrastruttura del muscolo liscio e la completa sovrapposizione dei filamenti sottili e spessi permette all’
actina di scivolare sulla miosina per distanze maggiori rispetto al muscolo scheletrico (dove le teste della
miosina sono assenti nella porzione centrale del sarcomero). Di conseguenza il muscolo liscio può
mantenere una sovrapposizione tra filamenti sufficiente a creare una tensione ottimale anche in presenza
di uno stiramento consistente e per lunghi periodi di tempo. La contrazione del muscolo liscio è
caratterizzata da bassa velocità, lunga durata, elevata forza, ampio accorciamento, relativa inaffaticabilità.
Il muscolo liscio è notevolmente diverso da quello striato per il modo in cui sviluppa tensione: la
contrazione e il rilasciamento sono molto più lenti ma possono durare per lunghi periodi di tempo e
richiedono meno energia e una bassa velocità di consumo di ossigeno. Queste proprietà permettono ad
alcuni muscoli lisci di rimanere tonicamente contratti, mantenendo la tensione per la maggior parte del
tempo anche per anni.

FISIOLOGIA SENSORIALE

Il sistema della sensibilità somatica è dato da fibre nervose periferiche che portano informazioni
sensoriali dalla periferia al SNC (fibre afferenti). Le informazioni sensitive sono fornite da recettori
specializzati presenti nella cute (meccanocettori), nei visceri, nei muscoli, nelle articolazioni
(propriocettori) e da terminazioni nervose libere (temperatura e dolore). I recettori del sistema sensoriale
variano moltissimo nel grado di complessità. I recettori più semplici sono costituiti da neuroni con
terminazioni nervose libere, mentre i recettori somatosensoriali più complessi le terminazioni nervose
sono rivestite da capsule di tessuto connettivale. I sensi speciali possiedono recettori più specializzati. I
recettori olfattivi sono neuroni mentre gli altri sensi speciali sono rivestiti da cellule non neuronali che
fanno sinapsi sul neurone sensoriale (cellule ciliate).

* Recettori

I recettori vengono suddivisi in 4 gruppi principali, in base al tipo di stimolo al quale sono più sensibili:

1. Chemocettori: rispondono a sostanze chimiche che si legano al recettore.


2. Meccanocettori: rispondono a diverse forme di energia meccanica, come pressione, vibrazione,
gravità…
3. Termocettori: rispondono alla temperatura.
4. Fotorecettori: rispondono alla luce.

Un’altra modalità di classificare i recettori prende in considerazione l’origine dello stimolo che li eccita
piuttosto che la sua natura. In tal caso è possibile classificarli in:

1. Esterocettori se gli stimoli provengono dall’ambiente esterno all’organismo (visione, olfatto,


udito, gusto)
2. Enterocettori e propriocettori se gli stimoli provengono dall’interno dell’organismo.

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* Trasduzione sensoriale

La trasformazione di uno stimolo chimico o fisico in un evento bioelettrico che porta alla trasduzione del
segnale è operata dal recettore, quando è eccitato da stimoli di natura tattile-pressoria, termica o chimica.
In molti recettori lo stimolo provoca direttamente l’apertura o la chiusura di canali ionici e quindi il
cambiamento del potenziale di membrana. In altri recettori la trasduzione sensoriale comprende uno
stadio intermedio e utilizza secondi messaggeri per provocare la variazione del potenziale di riposo. Ogni
tipo di recettore ha uno stimolo adeguato, cioè una particolare forma di energia alla quale è più sensibile.
Il minimo stimolo richiesto per attivare un recettore viene definito stimolo soglia, mentre viene definito
potenziale di recettore la variazione del potenziale di riposo del recettore sensoriale. Il potenziale
recettoriale è un evento elettrico graduabile:

- la sua ampiezza è funzione diretta dell’intensità dello stimolo.


- un aumento dell’ampiezza del potenziale recettoriale corrisponde un aumento delle frequenze di
scarica di potenziali d’azione.
- Il potenziale recettoriale si propaga con decremento.

La trasformazione del potenziale recettoriale in potenziale d’azione avviene in particolari regioni della
membrana definite encoder dove sono localizzati una grande quantità di canali sodio voltaggio-
dipendenti. L’encoder è un modulatore di frequenza in grado di trasmettere l’ampiezza del potenziale
recettoriale in frequenze di scarica di potenziali d’azione.

* Proprietà e localizzazione dello stimolo

La localizzazione dello stimolo è codificata in base ai campi recettivi che sono attivati. Le aree sensoriali
del cervello sono altamente organizzate in funzione della provenienza dei segnali afferenti e
l’informazione proveniente dai recettori sensoriali vicini è processata da regioni vicine della corteccia.
Questa organizzazione fa sì che nei centri di elaborazione cerebrale si conservi la disposizione
topografica dei recettori della cute, dell’occhio o di altri sistemi sensoriali.

L’inibizione laterale aumenta il contrasto tra i


campi recettivi maggiormente attivati e quelli
vicin ed è una strategia per migliorare la
localizzazione di uno stimolo. L’inibizione
laterale aumenta il contrasto e facilita la
percezione dello stimolo. Le risposte dei
neuroni primari A, B e C sono proporzionali
all’intensità dello stimolo nei rispettivi campi
recettoriali. Il neurone secondario B inibisce i
neuroni secondari A e C creando un maggior
contrasto tra l’informazione proveniente da B e
dagli altri neuroni vicini.

Il principio di popolazione permette a più


recettori possono funzionare insieme per far
arrivare al SNC più informazioni rispetto a
quelle che verrebbero fornite da un solo
recettore. Attraverso il confronto delle
informazioni provenienti dai singoli recettori il
SNC può compiere complessi calcoli sulle caratteristiche spaziali e temporali dello stimolo.

L’intensità di uno stimolo non si può calcolare direttamente da un singolo potenziale d’azione di un
neurone sensoriale, perché il potenziale d’azione è una risposta “tutto o nulla” e quindi viene dcodificata
in 2 modi:

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1. con il numero di recettori attivati
2. con la frequenza dei loro potenziali d’azione

I recettori a soglia più basa, i più sensibili, rispondono a stimoli di più bassa intensità, quando l’intensità
dello stimolo aumenta si attiveranno anche quelli a soglia più alta. Il SNC interpreta il numero di
recettori attivati come una misura dell’intensità dello stimolo. Se uno stimolo è sotto soglia, nel neurone
primario non si genera alcun potenziale d’azione. Se l’intensità dello stimolo supera la soglia, il neurone
inizia a generare potenziali d’azione. All’aumentare dell’intensità dello stimolo, aumenta in proporzione
l’ampiezza del potenziale recettoriale e anche la frequenza dei potenziale d’azione nel neurone sensoriale
primario. I recettori possono essere classificati in due gruppi a seconda di come si adattano a una
stimolazione continua:

1. I recettori a lento adattamento scaricano ad alta frequenza quando vengono attivati e continuano a
scaricare con frequenza leggermente più bassa per tutta la durata dello stimolo (barocettori,
nocicettori, alcuni recettori per il tatto).
2. I recettori a rapido adattamento scaricano ad alta frequenza quando vengono attivati e alla fine
dello stimolo. Se lo stimolo persiste ad intensità costante si adattano alla condizione e smettono di
rispondere. L’adattamento dei recettori fasici ci permette di filtrare le informazioni sensoriali non
essenziali a vantaggio di quelle nuove o più importanti.
* Campi recettivi

Il campo recettivo rappresenta la regione circoscritta entro la quale ogni neurone somato-sensoriale
risponde alle informazioni dello stimolo. Il campo recettivo rappresenta quella regione la cui stimolazione
evoca una risposta elettrica e quindi una variazione di scarica, nei recettori e nei neuroni a essi collegati.
L’ampiezza di un campo recettivo è inversamente proporzionale alla densità dei recettori presenti sulla
regione. La convergenza di molti neuroni sensoriali primari crea un campo recettivo secondario molto
grande. Due stimoli che cadono all’interno dello stesso campo recettivo secondario saranno percepiti
come un singolo stimolo, perché sarà inviato solo un segnale alla corteccia. I recettori convergono su
neuroni di secondo ordine; a loro volta questi neuroni entrano in contatto con neuroni del terzo ordine e
questi poi con neuroni di ordine superiore. Quando pochi neuroni convergono i campi recettivi secondari
sono piccoli. I due stimoli attivano vie di trasmissione differenti e sono percepiti come distinti.

Per quantificare la capacità di discriminazione spaziale si determina la soglia dei due punti, cioè la
distanza minima alla quale due punti vengono percepiti come distinti. Tale distanza è di circa 2 mm sulla
punta delle dita, ma è di 40 mm sul braccio. La differenza nella capacità di discriminazione spaziale tra le
varie parti del corpo dipende dalla densità dei recettori, dalla dimensione dei campi recettivi, dalla
convergenza e dalla inibizione laterale.

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* Sistema somatosensitivo

Il sistema somato-sensitivo ha due caratteristiche distintive:

a) I recettori per la sensibilità somatica sono diffusi in tutto il corpo (mentre quelli degli altri sistemi
sensoriali sono localizzati in piccoli organi specializzati). Per questo motivo la sensibilità cutanea
viene detto senso cutaneo o somatico.
b) Il sistema somato-sensitivo è sensibile a diversi tipi di stimoli e media sensazioni diverse (mentre
gli altri sistemi sensoriali elaborano sensazioni in una sola modalità).
c) Si distinguono pertanto quattro modalità somatiche:

1. Tatto, evocato dalla stimolazione meccanica della superficie somatica.

2. Sensazioni propriocettive, evocate da stimoli meccanici che agiscono sui muscoli e sulle articolazioni.

3. Dolore, evocato da stimoli nocivi.

4. Sensazioni termiche, evocate da stimoli caldi o freddi.

Ogni modalità sensitiva è mediata da una classe specifica di recettori.

I segnali somato-sensitivi vengono trasmessi alla corteccia attraverso il midollo spinale da due principali
sistemi ascendenti:

− Il sistema colonne dorsali-lemnisco mediale che trasmette informazioni concernenti la sensibilità


tattile (forma e caratteristiche strutturali degli oggetti).
− Il sistema spino–talamico anterolaterale che trasmette informazioni dolorifiche e termiche e, in
minor misura sensazioni tattili (contatto stazionario con gli oggetti).

La corteccia somatosensoriale è la parte del cervello che riconosce da dove provengono le vie sensoriali
ascendenti. Ciascuna via sensitiva ha una regione corrispondente nella corteccia ed ognuna di queste
regioni è costituita da colonne di neuroni dedicate a particolari tipi di recettori. Inoltre, più una regione
del corpo è sensibile agli stimoli, sia tattili sia di altro tipo, più è grande la regione della corteccia
corrispondente, ma l’estensione delle regioni non è immutabile e ciò rappresenta un esempio della
notevole plasticità del cervello.

I recettori per il tatto sono i più diffusi e ci permettono di capire la forma, la dimensione e altre
caratteristiche degli oggetti che tocchiamo. Alcune aree del corpo sono più sensibili di altre perché hanno
una maggiore densità recettoriale. I recettori per il tatto sono tra i recettori più diffusi nel nostro
organismo e si attivano con molte forme di contatto fisico e possiamo trovarli sia nella cute che nei
visceri.

Corpuscoli di Meissner:

- si trovano nelle zone cutanee glabre dell'epidermide

- inviano informazioni relative a vibrazioni a frequenze basse (30-50 Hz) che si manifestano
quando si toccano oggetti ruvidi

- terminazioni incapsulate in tessuto connettivo

- a rapido adattamento.

Recettori di Merkel:

- si trovano nell'epidermide
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- sono particolarmente abbondanti nei polpastrelli

- svolgono un ruolo importante nella pressione cutanea e dolore

- terminazioni nervose dilatate

- a lento adattamento.

Corpuscoli del Pacini:

- situati in profondità nel derma

- rispondono a frequenze elevate (250-350 Hz).

- Sono sensibili alla pressione e alla vibrazione.

- Terminazioni incapsulate in tessuto connettivo.

- a rapido adattamento. Corpuscoli di Ruffini:

- situati in profondità nel derma e nelle articolazioni

- sensibili allo stiramento

- Terminazioni nervose dilatate

- a lento adattamento.

I meccanocettori degli strati superficiali della cute glabra (corpuscolo di Meissner e recettore di Merkel)
hanno campi recettivi piccoli (2-4 mm). Invece i meccanocettori del tessuto sottocutaneo (corpuscolo del
Pacini e corpuscolo di Ruffini) hanno campi recettivi grandi. La dimensione dei campi recettivi di una
popolazione di recettori è il fattore limitante della loro capacità di analizzare le caratteristiche spaziali
degli oggetti. Il corpuscolo di Meissner e quello di Merkel, con campi recettivi piccoli, sono in grado di
rilevare piccole variazioni della superficie degli oggetti, mentre il corpuscolo di Pacini e quello di Ruffini
possono rilevare solo variazioni grandi.

I nocicettori sono terminazioni nervose libere nella cute e nei visceri che rispondono a forti stimoli
meccanici, termici e chimici (istamina, bradichinina). I corpi cellulari dei nocicettori si trovano nei gangli
spinali, e formano le fibre afferenti primarie, che fanno sinapsi nelle corna dorsali del midollo spinale,
usando come trasmettitori glutammato e sostanza P. I nocicettori possono attivare 2 tipi di circuiti
diversi:

1) Risposte riflesse di difesa che sono integrate a livello del midollo spinale (risposte
riflesse).
2) Vie ascendenti che giungono alla corteccia creando sensazione di dolore e prurito.

Le fibre afferenti che possono essere di 3 tipi:

1. Fibre A delta mieliniche: velocità tra 6-30m/s (via del dolore rapido)
2. Fibre C amieliniche: velocità molto più bassa pari a12m/s (via del dolore lento)
3. Fibre A beta: stimoli meccanici

I nocicettori vengono classificati in:

− Nocicettori meccanosensibili: rispondono ad un danno meccanico quale un taglio, schiacciamento,


pizzicotto etc. (fibre Aδ).

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− Nocicettori meccano-termici: rispondono a estremi di temperatura, specialmente alle temperature
elevate (fibre Aδ).
− Nocicettori polimodali: rispondono a tutti gli stimoli nocicettici, anche alle sostanze chimiche
rilasciate dai tessuti lesi (fibre C).

I nocicettori sono a lenta velocità di adattamento e i loro campi recettivi sono in genere ampi,
particolarmente a livello del talamo e della corteccia. L’entità della risposta generata dai termocettori
cresce linearmente all’aumentare della temperatura fino a circa 45°C (soglia del dolore). Per temperature
superiori l’entità della risposta resta costante. Invece per quanto riguarda i nocicettori l’entità della
risposta (numero e frequenza dei potenziali d'azione) continua ad aumentare linearmente da circa 43°C in
poi.

− Trasduzione del dolore:

Il dolore è una percezione soggettiva: è l’interpretazione che il sistema nervoso fornisce delle
informazioni trasmesse dalle vie nocicettive. E’ un’esperienza individuale che varia con lo stato d’animo
del soggetto ed è mediata da una grande varietà di proteine di membrana con sensibilità diversa ai vari
stimoli. Il recettore più caratterizzato è il recettore TRPV1 (recettore canale vanilloide) espresso nelle
fibre C e Aδ e attivato sia dalla temperatura che dalla capsaicina (peperoncino).

Vie ascendenti della sensibilità dolorifica:

Via spino-talamica anterolaterale (A):

1. Midollo spinale dorsale Decussazione

2. a. Formazione reticolare (ponte e bulbo): tratto spino- reticolare

b. Mesencefalo (collicolo superiore): tratto spino- tettale

c. Talamo (zona ventrale posteriore): tratto spino- talamico

3. Corteccia somatosensitiva

B. La parte trigeminale che veicola le informazioni nocicettive provenienti dalla faccia

Sistemi discendenti:

La sensazione del dolore è soggetta alla modulazione da parte dei centri corticali superiori tramite sistemi
discendenti. I sistemi discendenti modulano la trasmissione dei segnali dolorifici ascendenti. Essi
originano da:

− Corteccia somatosensoriale

− Ipotalamo

− Sostanza grigia mesencefalica che circonda l'acquedotto cerebrale (sostanza grigia


periacqueduttale o PAG)

− Nuclei del rafe

− Nuclei del bulbo rostro-ventrali

− Midollo spinale

Le influenze discendenti comportano spesso l'azione di peptidi morfino-simili ed hanno un effetto


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analgesico endogeno (encefaline ed endorfine).

Il dolore può essere ridotto con gli analgesici che vanno dalla comune aspirina ai farmaci oppiacei.
L’aspirina inibisce la sintesi di prostaglandine, riduce l’infiammazione e presumibilmente riduce la
trasmissione delle informazioni dolorifiche delle zone danneggiate. Gli oppiacei agiscono direttamente
sui recettori per gli oppioidi endogeni espressi nel SNC da una parte del sistema analgesico. L’attivazione
dei recettori per gli oppioidi blocca la percezione del dolore sia diminuendo il rilascio del
neurotrasmettitore da parte dei neuroni sensoriali primari, sia attraverso l’inibizione postsinaptica del
neurone sensoriale secondario.

Anche la sensibilità viscerale è conseguenza di un danno cellulare che si è generato negli organi cavi
dell’apparato digerente e che stimola i nocicettori intestinali.

RIFLESSI SPINALI E MOVIMENTO

L’insieme delle strutture nervose specializzate nella programmazione e nell’esecuzione dei movimenti
costituisce il sistema motorio. I comportamenti motori sono raggruppati in 3 principali categorie:

− Movimenti riflessi: risposte motorie involontarie evocate da stimoli sensoriali. L’intervallo di


tempo che intercorre tra stimolo e risposta riflessa è tipicamente molto breve (midollo spinale 50-
100ms).
− Movimenti volontari: sono movimenti intenzionali, cioè diretti ad un determinato obiettivo.
Possono essere generati da un’iniziativa autonoma dell’individuo, sia da stimoli esterni, ma sono
molto più flessibili delle risposte riflesse e migliorano con la pratica e l’esercizio (corteccia e
cervelletto).
− Attività motorie ritmiche: sono generate da circuiti ritmici spinali che producono l’attività
alternata di flessori ed estensori. Tali gesti richiedono centri sovraspinali per essere avviati e per
essere modificati dalla volontà (camminare, masticare, correre, mantenimento postura).

Il riflesso è una risposta involontaria e relativamente stereotipata ad uno specifico stimolo sensoriale. E’
la forma di comportamento più semplice che il sistema nervoso può graduare solo parzialmente. Le
attività riflesse rivestono un ruolo protettivo e di mantenimento. Nel corno anteriore sono localizza. i
motoneuroni soma.ci dai quali si originano fibre nervose che lasciano il midollo a8raverso le radici
ventrali dei nervi spinali. I riflessi spinali, che contribuiscono alla coordinazione motoria, sono evocati
dall’attivazione di recettori muscolari, articolari e cutanei; il circuito nervoso responsabile della risposta
motoria è nel midollo spinale.

− Riflessi autonomici o viscerali:

La defecazione e la minzione appartengono ai riflessi somatici i quali non richiedono l’intervento di


centri superiori. Alcuni riflessi autonomici sono integrati a livello encefalico, principalmente a livello
dell’ipotalamo, del tronco dell’encefalo e del talamo, dove sono presenti i centri di coordinamento di
funzioni corporee necessarie al mantenimento dell’omeostasi (attività cardiaca, la pressione arteriosa, la
respirazione, la fame etc.). A livello del tronco encefalico sono presenti i centri d’integrazione dei riflessi
autonomici per la salivazione, vomito, starnuto, tosse e deglutizione. - Anche la conversione di stimoli
emotivi in risposte viscerali (sentire le farfalle, il vuoto nello stomaco, minzione, piloerezione) è un
riflesso autonomico. Il sistema limbico (cervello emotivo) è responsabile della trasformazione delle
emozioni in sensazioni somatiche e funzioni viscerali.

− Riflessi motori somatici:

I riflessi motori sono costituiti da:

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- Recettori sensoriali (propicettori), localizzati nei muscoli scheletrici, nelle capsule articolari e
nei legamenti che rilevano la posizione delle diverse parti del corpo nello spazio, i movimenti e lo
sforzo esercitato dai muscoli.

- I neuroni sensoriali che trasportano informazioni propicettive al SNC.

- Il SNC integra le informazioni usando interneuroni sia eccitatori che inibitori.

- I motoneuroni somatici (motoneuroni α) trasportano i segnali in uscita.

- Gli effettori sono le fibre contrattili del muscolo scheletrico, fibre extrafusali.

− Propricettori:

Nel muscolo ci sono 3 propicettori:

- I fusi neuromuscolari

- Gli organi tendinei

- Recettori articolari

I recettori articolari sono localizzati nelle capsule e nei legamenti di ogni articolazione. Sono
stimolatidalla distensione meccanica dei tessuti articolari in seguito alla variazione di posizione delle ossa
impegnate nell’articolazione. Le risposte provenienti dai recettori articolari sono integrate nel cervelletto.
Il fuso neuromuscolare è un complesso organo sensoriale localizzato all’interno che segnala variazioni di
lunghezza. Gli organi tendinei del Golgi sono recettori localizzati in corrispondenza della giunzione tra
muscolo e tendine che controllano le variazioni di tensione.

Il fuso neuromuscolare è costituito da una capsula di tessuto connettivo che avvolge 4-8 fibre muscolari
intrafusali. Le fibre intrafusali sono distribuite in parallelo con le fibre extrafusali del muscolo scheletrico
e sono dotate di elementi contrattili solo nelle zone polari (innervate dai motoneuroni γ).

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Quando un muscolo è nella posizione di riposo la regione centrale del fuso è abbastanza stirata da attivare
le teminazioni sensoriali, quindi i neuroni sensoriali sono tonicamente attivi e inviano informazioni
costanti al SNC. In questo modo il muscolo ha un un certo tono muscolare.

I fusi neuromuscolari sono in grado di monitorare in modo continuo la lunghezza del muscolo utilizzando
canali ionici sensibili allo stiramento presenti nelle fibre sensoriali e di correggere eventuali allungamenti
inaspettati attraverso l’azione dell’arco riflesso (riflesso da stiramento o miotatico), nel quale le afferenze
provenienti dal fuso attivano i motoneuroni α del muscolo stesso causandone la contrazione.

Quando un muscolo viene stirato, mediante l’attivazione dal riflesso da stiramento, insorge una
contrazione muscolare. Il riflesso da stiramento agisce come un circuito a feed-back negativo che si
oppone alle variazioni di lunghezza del muscolo. Tale riflesso regola il tono muscolare cioè la forza con
la quale il muscolo resiste allo stiramento. Contribuisce perciò sia al mantenimento della postura che allo
svolgimento del movimento volontario.

− Organo tendineo del Golgi:

La forza sviluppata dalla contrazione del muscolo è controllata da un circuito a feedback inibitorio che
prende il nome di riflesso miotatico inverso. Tale riflesso ha origine dagli organi muscolotendinei del
Golgi. L’organo tendineo del Golgi è una formazione a forma di capsula (lunga circa 1 mm e larga circa
0,1 mm) disposta a livello della giunzione del muscolo con il tendine. E’ in serie rispetto alle fibre
muscolari. Rilevano il grado di tensione sviluppato, innescando un riflesso che porta al rilasciamento
muscolare. Fasci di fibre collagene penetrano all’interno della capsula e si suddividono in fascetti
intrecciati tra di loro. Ogni organo tendineo è innervato da una sola fibra Ib che, dopo aver attraversato la
capsula, perde il rivestimento mielinico ed emette numerosi rami collaterali che si intrecciano con i
fascetti delle fibre collagene. Quando il muscolo si contrae, l’aumento di tensione muscolare determina
stiramento degli organi tendinei e quindi delle fibre collagene in essi contenute. Tale stiramento provoca
la compressione e l’allungamento delle terminazioni nervose che così vengono eccitate. Quindi la
frequenza di scarica degli organi tendinei è molto sensibile alle variazioni di tensione del muscolo. Il
riflesso mediato dal recettore tendineo del Golgi è un meccanismo a feedback negativo per il controllo
della tensione del muscolo. L’aumento di tensione del muscolo aumenta la frequenza di scarica delle fibre
afferenti Ib provenienti dall’organo tendineo del Golgi. Tali fibre afferenti fanno un contatto sinaptico
con un interneurone inibitorio Ib che determina inibizione del motoneurone α che innerva il muscolo
omonimo. Ciò riduce la tensione muscolare. Contemporaneamente le fibre Ib agiscono su un
interneurone eccitatorio che attiva il motoneurone α che innerva il muscolo antagonista determinando così
la contrazione di tale muscolo. Il riflesso viene attivato quando il livello di tensione raggiunto dal
muscolo è troppo intenso o dura troppo a lungo. In questo modo il riflesso mantiene stabile il livello della
forza muscolare.

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− Differenze tra fuso neuromuscolare e organo tendineo del Golgi:
Fuso neuromuscolare: fornisce informazioni sulla lunghezza del muscolo. Le fibre afferenti aumentano la
loro frequenza di scarica quando il muscolo viene stirato.

Organo tendineo del Golgi: fornisce informazioni sulla tensione muscolare. Le fibre afferenti aumentano
la loro frequenza di scarica quando il muscolo si contrae.

− Riflesso flessorio:

Il riflesso flessorio è un riflesso polisinaptico di difesa che determina l’allontanamento da uno stimolo
nocivo per flessione dell’intero arto. E’ un riflesso di estensione crociata che serve a favorire ed
assicurare il sostegno della postura durante l’atto con cui l’arto si ritrae da uno stimolo doloroso.

L’adattabilità dei riflessi spinali è dovuta al fatto che:

a) Ai motoneuroni provengono informazioni di diversa porvenienza e la risposta finale dipende


dall’integrazione delle informazioni.

b) Le vie nervose vengono selezionate in base al compito motorio da eseguire (atteggiamento funzionale).

c) I centri sovraspinali svolgono un ruolo nell’adattare i riflessi spinali alle condizioni del soggetto anche
compiendo movimenti opposti in modo da perseguire una finalità.

* Controllo del movimento

Movimenti volontari:

- sono movimenti intenzionali, cioè diretti ad un determinato obiettivo.

- Sono integrati a livello corticale

- Possono essere generati da un’iniziativa autonoma dell’individuo, sia da stimoli esterni, ma sono molto
più flessibili delle risposte riflesse e migliorano con la pratica e l’esercizio.

Attività motorie ritmiche:

- sono generate da circuiti ritmici spinali che producono l’attività alternata di flessori ed estensori.

- Iniziano e finiscono per mezzo di comandi discendenti dalla corteccia ma una volta attivati la loro
attività spontanea ripetitiva viene mantenuta da reti di interneuroni localizzati nel SNC (generatori
centrali di movimenti stereotipati).

- Tali gesti richiedono centri sovraspinali per essere avviati e per essere modificati dalla volontà
(camminare, masticare, correre).

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− Sistemi motori:

Il sistema motorio è organizzato in maniera gerarchica, in cui i livelli superiori controllano quelli inferiori

Il cervelletto e i nuclei della base (sistema extrapiramidale) intervengono nella regolazione delle funzioni
motorie modulando i sistemi corticospinali e troncoencefalici e intervenendo sull'accuratezza e
coordinazione del movimento.

Il funzionamento dei sistemi motori è intimamente connesso con quello dei sistemi sensoriali, da cui
ricevono continuamente informazioni.

Midollo spinale: rappresenta il livello più basso della


gerarchia riceve ed elabora informazioni somatosensitive
per dare origine ai movimenti riflessi e modificare quelli
ritmici.

- Tronco dell’encefalo: utilizza informazioni sensitive per


modulare i circuiti riflessi spinali e per controllare
l’equilibrio e la postura.

- Aree corticali motorie: l’area premotoria è impegnata


nella programmazione e nell’organizzazione dei
movimenti volontari;

- l’area motoria primaria insieme ad alcune aree


premotoria è responsabile dell’esecuzione del movimento
attraverso le sue proiezioni ai circuiti spinali e troncoencefalici.

- Cervelletto: è coinvolto nella coordinazione dei movimenti, nel mantenimento della postura e
nell’apprendimento motorio.

- Gangli della base: pianificazione dell’attività motoria.

Il movimento volontario è costituito da 3 fasi: - ideazione, cioè decidere il fine, l’obiettivo del movimento
stesso

(aree premotoria).

- programmazione o identificazione delle strategie di movimento, stesura del programma, cioè che
muscolo devo attivare, con che intensità etc...(aree corticali del lobo frontale coadiuvate dai gangli della
base e dal neocerebellum).

- Esecuzione del movimento: il programma viene spedito alla via finale comune cioè ai motoneuroni α.
Tutto ciò è preparato da tutti gli adattamenti posturali necessari al movimento medesimo, es. per
effettuare movimenti fini della mano prima viene stabilizzata la spalla (area motoria primaria; durante
l’esecuzione viene attivato il cervelletto che controlla e corregge i movimenti in tempo reale).

I motoneuroni superiori hanno il corpo cellulare nella corteccia motoria o nel tronco dell’encefalo e i loro
assoni fanno sinapsi con gli interneuroni o con i motoneuroni inferiori. I motoneuroni superiori della
corteccia motoria primaria e di alcune aree della corteccia premotoria. Essi sono responsabili della
pianificazione, dell’avvio e del controllo fine delle complesse sequenze temporali dei movimenti

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volontari. Tutte queste aree corticali ricevono stimoli di regolazione dai gangli della base e dal cervelletto
attraverso il talamo, ma anche stimoli dalle regioni sensoriali del lobo parietale.

L’Homunculus rappresenta la mappa somatotopica della corteccia sensoriale e motoria. La


rappresentazione grafica distorta delle parti del corpo indica la percentuale relativa della corteccia
somatosensoriale dedicata alla ricezione degli input sensoriali da ciascuna area (Homunculus sensoriale) e
la percentuale relativa della corteccia motoria primaria dedicata al controllo dei muscoli scheletrici in
ciascuna area (Homunculus motorio).

Le funzioni motorie sono controllate anche da motoneuroni superiori localizzati nella corteccia
premotoria. Questi motoneuroni influiscono sul comportamento motorio indirettamente mediante
connessioni con la corteccia motoria primaria, ma anche direttamente mediante assoni che, attraverso le
vie corticobulbari e corticospinali, proiettano al tronco dell’encefalo e al midollo spinale. Infatti più del
30% degli assoni del tratto corticospinale derivano da motoneuroni della corteccia premotoria. Sembra
che la corteccia premotoria, che riceve stimoli dal lobo parietale e dal lobo frontale, utilizzi le
informazioni provenienti dagli altri lobi corticali per selezionare gli elementi adatti al contesto
dell’azione.

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