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FISIOLOGIA CELLULARE

LA MEMBRANA CELLULARE

Ha una funzione non solo di confine fra l’ambiente esterno e quello interno alla cellula. La
membrana cellulare ha una funzione innanzitutto di separazione fra ambiente intracellulare (citosol)
e il liquido extracellulare. Questi due liquidi a base acquosa contengono due tipi di soluti differenti e
la membrana cellulare serve a mantenerli separati fra loro. La membrana cellulare è composta dai
LIPIDI (molecole isolanti per eccellenza); in particolare la membrana è costituita da un doppio strato
lipidico. Gli altri due componenti della membrana sono le PROTEINE e i GLUCIDI. In particolare le
proteine si dividono in:

1) INTEGRALI/INTRINSECHE

2) PERIFERICHE/ESTRINSECHE

La struttura della membrana non è fissa ma è dotata di fluidità, ossia le molecole proteiche e il
doppio strato lipidico non sono fissi ma si possono muovere con una certa mobilità. Se i lipidi sono i
costituenti importanti per SEPARARE ed ISOLARE l’esterno e l’interno della cellula, le proteine hanno
la funzione di permettere la COMUNICAZIONE fra ambiente esterno ed interno alla cellula.

FOSFOLIPIDI

Sono i lipidi che costituiscono la membrana. Essi sono costituiti da una parte IDROFILICA (la testa),
carica, che permette di interagire con delle soluzioni acquose (liquidi intra ed extracellulari).

Lo scheletro dei fosfolipidi deriva dal glicerolo, una molecola a 3 atomi di carbonio. Ognuno di questi
atomi di carbonio si può legare ad un acido grasso (una lunga catena di atomi di carbonio). Il
trigliceride (deposito di lipidi accumulato nel tessuto adiposo) è un ESTERE del glicerolo. Ogni atomo
di carbonio è legato ai lipidi, lunghe catene di atomi di carbonio.

Il fosfolipide è simile al trigliceride. Due atomi di carbonio sono esterificati con un acido grasso
mentre il terzo si lega ad un gruppo FOSFATO legato alla COLINA. Questo gruppo si chiama
FOSFATIDILCOLINA, una molecola con cariche elettriche, non idrofobica come le catene di carbonio e
quindi neutra elettricamente, ma è una molecola CARICA. Di conseguenza, i fosfolipidi sono detti
MOLECOLE ANFIPATICHE, ossia hanno due regioni: una IDROFOBICA (che repelle l’acqua) ed è la
parte isolante e una testa IDROFILICA; in grado di combinarsi poiché carica con le molecole d’acqua.
La testa si può legare con le molecole d’acqua perché l’acqua è una soluzione di per sé CARICA. La
molecola d’acqua è un dipolo; ha le cariche negative verso l’ossigeno e le cariche positive verso
l’idrogeno. La soluzione acquosa è una soluzione in cui si muovono cariche e quindi in cui la molecola
della testa idrofilica del fosfolipide trova modo di legarsi.

I fosfolipidi si dispongono a doppio strato coda idrofobica contro coda idrofobica. Essi mettono in
posizioni opposte le teste. Si forma uno strato impermeabile e ai lati, invece, lo strato di lipidi può
entrare in equilibrio con soluzioni acquose sia all’esterno che all’interno della cellula grazie alle teste
idrofiliche che sono cariche.

PROTEINE

Le proteine sono il veicolo della comunicazione fra citoplasma e liquido extracellulare. E’ importante

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che vi possa essere comunicazione fra i due liquidi.

TRASPORTATORI

Sono molecole che permettono il passaggio di sostanze dall’esterno all’interno della membrana.
Anche l’acqua non riesce a passare attraverso la membrana perché non si scioglie bene nei lipidi. I
lipidi bloccano infatti il suo passaggio. Sulla membrana esistono pori (che sono proteine) che sono
cariche e creano fori attraverso i quali l’acqua può passare la membrana.

Esistono vari tipi di trasportatori e vari modi per trasportare le molecole da un lato all’altro della
membrana.

LIGANDI STRTTURALI

Sono proteine fondamentali che servono come ancoraggio per il citoscheletro. Il citoscheletro è un
insieme di proteine filamentose presente nel citoplasma della cellula che garantisce la forma e la
struttura alla cellula. Queste proteine filamentose sono connesse alle proteine di membrana che
garantiscono la forma alla cellula.

RECETTORI

Assolvono la funzione di comunicazione fra esterno ed interno della cellula. Assolvono la funzione in
modo diverso rispetto ai trasportatori. I trasportatori fanno passare una molecola, mentre i recettori
assicurano una comunicazione indiretta: una molecola arriva dall’esterno, si lega al recettore ma né
la molecola né il recettore entrano all’interno della cellula. Questo legame fra molecola segnale e
recettore provoca un CAMBIAMENTO CONFORMAZIONALE della proteina di membrana (recettore) e
questo cambiamento di conformazione causa una serie di reazioni a livello intracellulare. Il legame di
una molecola all’esterno della cellula grazie al recettore viene comunicato dalla stessa molecola
recettore che cambia conformazione e che causa una serie di effetti nella regione citosolica del
recettore stesso. Il recettore è una proteina trans-membrana con un dominio extracellulare che
prende il messaggio e un dominio intracellulare che quando arriva il messaggio dall’esterno lo
trasmette e opera una TRASDUZIONE.

FUNZIONE DELLA MEMBRANA PLASMATICA

La funzione della membrana plasmatica è quella di essere una barriera di permeabilità, ossia di avere
una componente lipidica che garantisce la separazione delle sostanze nel liquido extracellulare e nel
citosol, di avere una componente proteica che permette la COMUNICAZIONE, cioè il passaggio di
sostanze NON casuale ma REGOLATO. A livello della membrana, a seconda delle molecole che
possono o meno entrare all’interno della cellula si svolgono moltissime funzioni. Il passaggio di
molecole attraverso la membrana a velocità controllata ha un ruolo fondamentale nella vita della
cellula. La membrana è in grado di controllare ciò che entra e ciò che esce e quindi è in grado di
permettere alla cellula di espletare alcune funzioni o di farne altre completamente diverse.

La maggior parte delle molecole non è in grado di attraversare la membrana perché i lipidi sono
isolanti. Le poche molecole che la attraversano sono:

-ORMONI STEROIDEI, che sono lipidi e derivano dal colesterolo, il quale forma, assieme ai fosfolipidi,
le membrane cellulari. Le molecole lipidiche si sciolgono nei lipidi e passano attraverso la membrana
con facilità.

-GAS (Ossigeno, CO2). E’ importante che passino con facilità poiché l’ossigeno forma solo una parte
dell’aria respirata (21%). L’O2 passa facilmente dagli alveoli ai capillari polmonari e quindi l’ossigeno

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attraversa sia membrane della parete dell’alveolo sia dell’endotelio capillare, entrando nel flusso
sanguigno e legandosi all’Hb dei globuli rossi per essere trasportato. Essi non utilizzano trasportatori
ma si sciolgono nei lipidi. La membrana non rappresenta un ostacolo per i gas.

-ACQUA, non attraversano liberamente il doppio strato lipidico.

-GLUCOSIO, ha bisogno di trasportatori per passare la membrana.

-IONI, piccole molecole cariche molto importanti per i segnali elettrici dei neuroni. Passano la
membrana solo attraverso canali ionici.

TRASPORTO DEI SOLUTI ATTRAVERSO LA MEMBRANA

Può avvenire attraverso la membrana, cioè quando una molecola passa attraverso la membrana,
oppure tramite meccanismi di trasporto, attraverso la formazione di vescicole, ossia le molecole
passano da un lato all’altro della membrana all’interno di vescicole.

-ENDOCITOSI, una molecola contenuta in una vescicola può essere secreta all’interno di una cellula.
La molecola non attraversa la membrana, perché la vescicola stessa contenente la molecola è
composta da un doppio strato lipidico che si fonde con quello della membrana tramite un processo
di ESOCITOSI. Gli ormoni proteici seguono questo meccanismo: essi vengono accumulati in vescicole
e quando arriva un segnale le vescicole si fondono e fanno fuoriuscire l’ormone contenuto nella
vescicola. Il contenuto delle vescicole non attraversa la membrana ma è la fusione della vescicola a
permettere il rilascio del contenuto.

Esistono vari tipi di ENDOCITOSI:

1) FAGOCITOSI, operata dai macrofagi, cellule del sistema immunitario, che formano delle
invaginazioni all’interno delle quali entrano particelle. La particella non attraversa la membrana ma
viene inglobata in una vescicola che va a fondersi coi LISOSOMI che distruggono le parti non utili
della cellula. Non si tratta di una situazione del tutto fisiologica perché i macrofagi avvengono
quando vi è un’infezione in atto.

2) PINOCITOSI, processo fisiologico

3) ENDOCITOSI MEDIATA DA RECETTORI, processo fisiologico

PASSAGGIO ATTRAVERSO LA MEMBRANA:

MOLECOLE LIPOSOLUBILI

TRASPORTO PASSIVO, un tipo di trasporto che non richiede consumo energetico.

A) diffusione semplice, meccanismo base. Se si hanno due soluzioni separate da una membrana e da
un lato della membrana abbiamo una molecola non rappresentata dall’altro lato della membrana,
succede che se la membrana è permeabile a questo soluto, esso passa dall’altro lato e dopo un po’ di
tempo la concentrazione del soluto ai due lati della membrana sarà uguale. Le sostanze nelle
soluzioni non sono fisse ma sono soggetti ai MOTI BROWNIANI, dovuti soprattutto al calore, secondo
cui le molecole si spostano verso le regioni meno concentrate.

Ciò che spinge una molecola a spostarsi da un lato all’altro della membrana è la differenza di
concentrazione. Se la soluzione è molto concentrata all’esterno della cellula essa si sposterà verso
l’interno della cellula, dove è meno concentrata, spinta da un gradiente chimico.

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Questo meccanismo avviene con le molecole solubili nei lipidi mentre per le molecole non solubili
nei lipidi questo passaggio dipende dalla presenza o meno di trasportatori e dalla permeabilità della
membrana per quella sostanza.

LEGGE DI FICK-> La velocità di diffusione di una molecola da un lato all’altro della membrana
dipende da:

-AREA DI SUPERFICIE DISPONIBILE

-GRADIENTE DI CONCENTRAZIONE

La velocità di diffusione della molecola è ostacolata da:

-RESISTENZA DI MEMBRANA e SPESSORE DELLA MEMBRANA.

La resistenza della membrana dipende dalla molecola, ossia dalla SOLUBILITA’ NEI LIPIDI DELLA
MOLECOLA IN ESAME e DALLE DIMENSIONI DELLA MOLECOLA. Una molecola di piccole dimensioni
avrà minore resistenza. Hanno poca resistenza di membrana le molecole di piccole dimensioni e
quelle solubili nei lipidi.

B) diffusione facilitata

C) diffusione attraverso canali ionici

MOLECOLE NON LIPOSOLUBILI (ioni, glucosio)

-TRASPORTATORI, si legano da un lato della membrana alla molecola, cambiano conformazione e la


spostano verso l’esterno della cellula. In questo caso non vi è contatto fra esterno ed interno ma è la
molecola trasportatore che si lega e spinge la molecola verso l’altro lato della membrana.

Essi possono essere:

PASSIVI, avviene secondo gradiente di concentrazione e non richiede dispendio energetico

ATTIVI, utile nei neuroni, avviene CONTRO gradiente di concentrazione

-CANALE IONICO, il canale è un foro nella membrana. Il poro del canale mette in
contatto/comunicazione l’ambiente esterno con l’ambiente interno.

Essi posso essere:

PASSIVI, secondo gradiente di concentrazione

ATTIVI, attivati da alcuni stimoli, il passaggio di ioni avviene secondo gradiente ma la loro apertura o
la loro chiusura avviene in seguito ad uno stimolo.

TRASPORTO PASSIVO TRAMITE TRASPORTATORE :

Tipico di molecole, come il GLUCOSIO, non solubili nel doppio strato lipidico e hanno bisogno di una
proteina carrier, di un trasportatore che fa passare la molecola. Il glucosio, in arrivo dal sangue, trova
sulle cellule il trasportatore che lo lega in modo specifico. E’ una proteina specifica per il glucosio. Il
glucosio si lega alla molecola, essa cambia conformazione, NON vi è contatto fra interno ed esterno
della cellula, il passaggio avviene secondo gradiente di concentrazione. SI tratta di diffusione
FACILITATA, vi è un passaggio di molecole grazie alla presenza di proteine trasportatrici che
permettono il passaggio di una molecola che altrimenti non potrebbe passare perché insolubile nei

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lipidi. Il numero di trasportatori per cellula è limitato, questo causa una SATURAZIONE qualora vi sia
un eccesso di glucosio nel sangue. Il trasporto si satura e la cellula non è in grado di trasportare in
modo rapido perché questo tipo di trasporto ha un limite nel numero di trasportatori.

TRASPORTO ATTIVO TRAMITE TRASPORTATORE:

Avviene contro gradiente di concentrazione. SI distingue in:

-PRIMARIO, cosi detto perché utilizza direttamente l’energia cellulare (ATP). I trasportatori attivi
primari utilizzano proprio l’energia dell’ATP per trasportare le molecole contro gradiente di
concentrazione. Un trasportatore contro gradiente di concentrazione fondamentale è LA POMPA
SODIO-POTASSIO ATPasi, ossia una proteina transmembrana che trasporta gli ioni contro gradiente.
L a membrana separa il liquido extracellulare dal citosol, lo ione SODIO è molto concentrato nel
liquido extracellulare mentre è poco rappresentato nel CITOSOL. Il POTASSIO è uno ione fortemente
rappresentato nel citosol e poco all’esterno della cellula.

Queste efferenze nelle concentrazioni di ioni sono fondamentali per i segnali elettrici neuronali
quindi è fondamentale che esse vengano mantenute. Quando avvengono le correnti ioniche
(passaggi di ioni) abbiamo il sodio che entra nella cellula, che, però, deve essere rispedito dentro la
cellula il prima possibile, così come il potassio che è uscito dalla cellula deve essere riportato
all’interno della cellula. I nostri neuroni, continuamente, pompano ioni contro gradiente di
concentrazioni consumando molta energia. La molecola lega 3 ioni sodio (atomi che hanno perso 1
elettrone, con carica +) e consumando (idrolizzando) ATP, cambia conformazione e spinge il sodio
fuori dalla cellula contro gradiente di concentrazione (è abbondante nell’ambiente extracellualare).
Una volta spinto fuori il sodio, esso lega 2 ioni di potassio e con dispendio energetico, lo spinge
all’interno della cellula, contro gradiente di concentrazione, dove è molto concentrato. Le proteine
trasportatrici sono altamente specifiche per una molecola.

-SECONDARIO, è contro gradiente di concentrazione ed è detto secondario perché:

-si basa sul trasporto attivo primario (pompa sodio potassio). Avviene in cellule in cui funziona bene
la pompa sodio-potassio.

-è detto secondario perché si trasportano due molecole ed uno è secondario all’altro.

Però, poiché una delle due sostanze è il sodio, questo tipo di trasporto è secondario al buon
funzionamento della pompa sodio-potassio.

La pompa sodio potassio tiene il sodio ben concentrato all’esterno. Un tipo di trasporto del glucosio,
come quello nei tubuli renali, sfrutta il passaggio del sodio per entrare nella cellula contro gradiente.

In questo tipo di traporto, quindi, vengono trasportate due molecole:

-IL SODIO, secondo gradiente di concentrazione, che entra nella cellula dove è poco concentrato. In
questo passaggio, il sodio libera energia cinetica che viene usata dal trasportatore per trasportare la
molecola, il GLUCOSIO, CONTRO gradiente di concentrazione.

Affinché sia efficace questo trasporto è importante che funzioni bene la pompa sodio-potassio e che
vi sia il gradiente del sodio. Il sodio viene espulso contro gradiente e viene immesso nella cellula
secondo gradiente, in questo passaggio libera energia cinetica che viene presa dal trasportatore per
trasportare la seconda molecola contro gradiente.

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CANALI IONICI, sono proteine trans-membrana che creano una continuità quando sono aperti fra
l’esterno e l’interno della cellula. Essi permettono il passaggio degli ioni. Esistono vari tipi di canali
ionici e la maggior parte sono specifici per uno ione in particolare.

I canali ionici possono essere:

PASSIVI, sono sempre aperti, ossia si tratta di un “buco” nella membrana attraverso cui gli ioni
passano in continuazione

ATTIVI, costituiscono la maggior parte dei canali ionici, sono anche detti GATED (a cancello), si tratta
di canali che normalmente sono chiusi ma che si aprono se arriva uno stimolo, un segnale.

Sia i canali attivi che quelli passivi, quando sono aperti, fanno passare lo ione sempre lungo
gradiente di concentrazione (a differenza dei trasportatori, che, se sono attivi, trasportano molecole
contro gradiente con dispendio energetico e se passivi le trasportano lungo gradiente di
concentrazione, senza dispendio energetico)

I canali ionici creano una continuità, nel momento in cui il canale è aperto, fra ambiente
intracellulare ed extracellulare, e lasciano passare lo ione. I canali ionici attivi si aprono in risposta a
dei SEGNALI, che possono essere di diverso tipo. Ogni tipo di canale che risponde ad un certo tipo di
segnale (ossia si apre quando arriva un certo tipo di segnale) ha un ruolo fondamentale e diverso nei
vari segnali neuronali. Un canale fondamentale per le correnti elettriche alla base della
comunicazione neuronale è il canale ionico “VOLTAGGIO-DIPENDENTE”.

CANALE IONICO LIGANDO-DIPENDENTE

Un canale normalmente chiuso sulla membrana del neurone e che si apre solo quando arriva una
MOLECOLA LIGANDO. Questa molecola si lega al canale e lo apre. E’ uno SWITCH per l’apertura del
canale. La maggior parte dei ligandi sono extracellulari, cioè arrivano dall’esterno della cellula.
Esistono anche esempi di canali attivati da LIGANDI INTRACELLULARI. Sulla membrana del neurone
sono quindi presenti:

-CANALI IONICI PASSIVI SEMPRE APERTI

-CANALI IONICI ATTIVI, chiusi e che si possono aprire solo se arrivano delle molecole segnale che si
legano al canale provocandone l’apertura. Questi sono i canali LIGANDO-DIPENDENTI, o canali
chimici o canali dipendenti da un NEUROTRASMETTITORE. In ogni caso dipendono dall’arrivo di una
molecola che ne determina l’apertura e quindi il passaggio dello ione.

Se il canale LIGANDO-DIPENDENTE è un canale per il sodio, quando è chiuso, non vi è il ligando e il


sodio rimane molto concentrato all’esterno della cellula e poco concentrato all’esterno della cellula.
Quando arriva il ligando si apre il canale e il sodio può entrare all’interno della cellula.

CANALI IONICI VOLTAGGIO-DIPENDENTI

Nel neurone succede che se si misura la carica elettrica che c’è all’interno della cellula (nel citosol) e
all’esterno della cellula (liquido extracellulare) troviamo una differenza. All'interno della cellula vi
sono dei capillari che bucano la cellula e vanno a misurare il POTENZIALE ELETTRICO (la quantità di

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carica) presente nel citosol (all’interno della cellula). All’interno della cellula ci sono più cariche
negative rispetto all’esterno. Per cui si dice che la membrana cellulare è polarizzata: l’interno è
negativo e l’esterno è positivo. Questa è una situazione che ha un certo equilibrio.

Nei neuroni, all’interno, il potenziale elettrico è -70 mmV, più negativo dell’esterno. L’interno del
neurone ha una quantità di cariche negative maggiore rispetto all’esterno. Ossia, è più negativo di 70
mmV rispetto all’esterno. In questo caso la membrana è polarizzata.

Questi canali si aprono, quindi, per una variazione del potenziale di membrana (differenza di carica
fra esterno ed interno). Se questa differenza di carica varia, ossia, diventa inferiore [la carica
negativa interna diventa minore, ossia vi sono più cariche positive] il canale sente questa differenza
di potenziale e si apre. Quando diminuisce la polarizzazione della membrana (la differenza fra
esterno ed interno), i canali dipendenti da questo tipo di stimolo si aprono.

TRASPORTO DELL’ACQUA:

Avviene tramite canali specifici per l’acqua chiamati ACQUAPORINE. Il trasporto dell’acqua avviene
passivamente, come nel caso della disidratazione. Se l’ambiente extracellulare è molto concentrato a
causa della disidratazione, esso diventa molto più concentrato e richiama acqua dall’ambiente
intracellulare. La maggior parte delle cellule ha i pori per l’acqua, perciò si dice che le cellule sono in
equilibrio osmotico con l’ambiente extracellulare. Se si è in condizione di disidratazione si è a rischio
perché l’acqua all’interno della cellula viene richiamata all’esterno, la cellula si concentra e anche
l’ambiente intracellulare si concentra e si raggrinzisce. Questo può portare a gravi conseguenze in
caso di disidratazione severa.

Lo stesso avviene quando si ha una condizione di eccessiva diluizione dell’ambiente extracellulare e


allora l’interno della cellula (più concentrato) richiama acqua dall’esterno e quindi la cellula si gonfia
e si può avere un grave danno cellulare.

E’ importante perciò che l’osmolarità dei liquidi extracellulari venga controllata.

IL POTENZIALE DI MEMBRANA:

Il neurone ha delle caratteristiche tali per cui si stabilisce attorno alla membrana cellulare una
differenza di potenziale fra l’esterno e l’interno della membrana. All’interno, a livello della
membrana, che funge da separatore di cariche, si ha un accumulo di cariche negative mentre
all’esterno un'eccedenza di cariche positive, questo perché gli ioni si dispongono in modo
asimmetrico. La differenza di potenziale (di alcuni mmV) esiste soprattutto ai lati della membrana,
questo perché le due cariche opposte si attraggono ma non possono unirsi grazie alla presenza della
membrana (doppio strato lipidico).

La maggior parte degli ioni è più concentrata all’esterno rispetto all’interno. Sodio, Calcio e Cloro
sono più rappresentati all’esterno rispetto all’interno della cellula.

L’unico ione che è più rappresentato all’interno rispetto all’esterno è il POTASSIO.

Un’altra categoria di molecole molto concentrata all’interno della cellula è quella delle PROTEINE
CELLULARI. Le proteine sono molecole che fanno parte della materia organica e all’interno della
cellula sono presenti molte proteine perché all’interno della cellula vengono svolte molte funzioni e
sono proprio le proteine le molecole estremamente intelligenti che svolgono queste funzioni; come
quella di trasportatori o la pompa sodio potassio, specifica per lo ione sodio e lo ione potassio. La

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pompa sodio potassio è in grado di legare 3 ioni sodio e 2 ioni potassio. Le proteine sono quindi
estremamente sofisticate e hanno ciascuna una particolare funzione. Poiché i vari processi devono
avvenire all’interno della cellula, qui sono molto concentrate. La struttura chimica delle proteine fa si
che esse siano cariche negativamente, abbiamo quindi uno sbilanciamento dovuto ad un grande
numero di proteine presenti all’interno della cellula.

In seguito a queste differenze di concentrazione (ioni e proteine) si stabilisce una DIFFERENZA DI


POTENZIALE. Però la differenza di potenziale si stabilisce per motivi ben precisi.

Si dice, per convenzione, che il potenziale di membrana (Vm) è uguale al potenziale [quantità di
cariche elettriche] che si misura all’interno della cellula (Vi) meno quello che si misura all’esterno
(Ve). Ovvero, Vm=Vi-Ve

Nei neuroni da un lato all’altro della membrana c’è una differenza di carica elettrica e questo
potenziale di membrana è dato dal valore di potenziale misurato nel citoplasma meno quello
misurato all’esterno.

Il valore di carica esterno (per convenzione) è posto a 0. (Ve=0)

Il potenziale di membrana è dato a questo punto dal valore del potenziale interno al neurone, quindi
Vi= potenziale di membrana. All’interno della membrana (dentro la cellula), il valore di potenziale,
nei neuroni, è intorno a –60/-70 mV più negativo. Ciò significa che nella cellula neuronale abbiamo
più cariche negative rispetto all’esterno, di un valore intorno a -60/70 mV.

Nelle cellule muscolari (sia nel cuore che nei miociti del muscolo scheletrico) la differenza è pari a –
90 mV (ancor più negativa che nei neuroni).

DEPOLARIZZAZIONE:

Quando un neurone è a riposo ha l'interno della membrana più negativo rispetto all'esterno. Ha un
potenziale di membrana negativo. Si possono aprire per vari stimoli che arrivano dei canali e può
succedere che se si apre un canale per il sodio, che è uno ione positivo, esso entra all'interno
secondo gradiente e porta cariche positive all'interno della cellula. Dopo l'entrata del sodio il
potenziale è più positivo (passa da -70 mV a -60/50 mV). La polarizzazione della membrana a causa
dell'entrata delle cariche positive risulta diminuita. Questo significa che vi è stata una
depolarizzazione a livello della membrana. In una situazione in cui il sodio continua ad entrare nella
cellula, si può avere anche un interno che arriva ad essere più positivo dell'esterno.

Se invece fuoriescono dalla cellula cariche positive o entrano in essa cariche negative si ha un
fenomeno di IPERPOLARIZZAZIONE, ossia l'interno diventa ancora più negativo.

POTENZIALE DI MEMBRANA DI RIPOSO:

Il potenziale di membrana di riposo (negativo all'interno) è determinato principalmente dai canali


ionici passivi. I canali ionici passivi sono quelli sempre aperti. Le molecole si spostano spinte dalla
forza chimica. Quando si parla di ioni, però, occorre tenere presente anche la carica elettrica. Se la
cellula fosse neutra non si terrebbe conto di ciò. La cellula, in questo caso, però, è negativa
all'interno. La forza elettrica, quindi, entra in gioco e determina l'entrata e l'uscita degli ioni dalla

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cellula.

Il movimento degli ioni attraverso i canali è la base molecolare dei segnali elettrici nei neuroni.
Parlando del movimento degli ioni, quindi, occorre tenere conto del fatto che oltre alla forza chimica
si ha la carica dello ione ed il fatto che all'interno della cellula si ha un potenziale negativo.

Quando si parla di movimento degli ioni occorre tener conto della FORZA ELETTROMOTRICE che è la
somma della forza motrice chimica, dovuta al GRADIENTE DI CONCENTRAZIONE DELLO IONE, e della
forza elettrica.

Quando si parla di flusso di uno ione occorre tenere a mente quali sono le forze che lo fanno
muovere (chimica ed elettrica) ma anche la sua permeabilità, ossia il fatto che all'interno della
membrana vi siano dei canali per lo ione.

Se vi è uno ione con una grande forza elettromotrice ma non vi sono canali, in pratica, non si ha la
possibilità di valutare il flusso dello ione attraverso la membrana. Se al contrario abbiamo uno ione
con una grande forza elettromotrice e vi è presenza di canali per quello ione, sicuramente, questi
canali sono utili per il suo passaggio.

I canali passivi (sempre aperti) sono molto più numerosi per lo ione POTASSIO (K+) rispetto a quelli
per il SODIO (Na+). Il potassio può muoversi di più rispetto al sodio all'interno di un neurone.

L'interno della cellula è negativo (Vm=-70mV), lo ione potassio tenderà ad uscire, spinto dalla forza
chimica, dall'interno verso l'esterno della cellula, questo perché è molto concentrato all'interno della
cellula. Lo ione, però, tenderà ad rimanere all'interno dellla cellula spinto dalla forza elettrica. Perciò
il potassio subisce due forze opposte, una forza chimica che lo fa uscire ed una forza chimica che lo
trattiene o lo fa entrare nella cellula.

Quando abbiamo dei valori di potenziale di -70mV, la somma delle due forze favorisce l'uscita del
potassio.

CELLULA TOTALMENTE PERMEABILE AL POTASSIO

Per capire come si stabilisce il potenziale di riposo si può fare un esempio non del tutto fisiologico:
Prendiamo una cellula con il potassio all'interno, senza negatività interna. Succede che grazie al fatto
che vi sono canali passivi sulla membrana, il potassio tenderà ad uscire spinto dalla forza chimica.
Inizialmente è presente solo la forza chimica e non vi è forza elettrica perché non vi è differenza di
potenziale. Una volta che il potassio inizia ad uscire spinto dalla forza chimica, essendo carico
positivamente, l'interno inizia a caricarsi negativamente (per la fuoriuscita di cariche positive) e
quindi si sviluppa una forza elettrica che tende a richiamare il potassio all'interno. La forza chimica è
sempre maggiore in una prima parte della situazione ma dopo un po' la forza elettrica e la forza
chimica si vanno a compensare, per cui il potassio va in una situazione di equilibrio. Ciò che entra e
ciò che esce sono uguali. Il potassio che esce è spinto dalla forza chimica mentre quello che entra è
richiamato dalla forza elettrica ma le due forze si equilibrano quindi non vi è più un movimento che
sia maggiore in uscita piuttosto che in entrata. Se si misura il potenziale di equilibrio in questo
momento all'interno della cellula il valore è pari a -94mV, quindi estremamente negativo, più
negativo di quello neuronale. A quel punto succede che questo valore di -94mV è il potenziale di
equilibrio del potassio, ossia è un valore di potenziale di membrana in cui il potassio è all'equilibrio,
ossia tutto il potassio che esce è equilibrato a tutto quello che entra.

CELLULA TOTALMENTE PERMEABILE AL SODIO

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Per quanto riguarda il sodio, prendiamo per esempio una cellula in cui non c'è nessuna differenza di
potenziale e che non presenta del sodio al suo interno, ma solo al suo esterno. Succede che, grazie
alla presenza dei canali passivi per il sodio, esso entra dentro alla cellula spinto dalla forza chimica.
Però, si tratta di uno ione positivo, perciò l'interno della cellula diventa positivo. Si formerà una forza
elettrica che ostacolerà l'entrata di nuovi ioni sodio all'interno della cellula. La forza elettria tenderà,
quindi, a respingere ulteriori cariche negative che arrivano. Si arriverà ad un certo punto in cui lo
ione sodio che entra spinto dalla forza chimica si equilibra con quello che ritorna all'esterno spinto
dalla forza elettrica del positivo che lo spinge fuori, verso il negativo esterno. E' l'opposto rispetto al
potassio. Si osserva che l'interno della cellula è diventato +60mV, addirittura positivo.

Il potassio e il sodio, quindi, trovano due equilibri totalmente differenti. Quando forza elettrica e
forza chimica del potassio si equilibrano abbiamo un valore di potenziale di -94mV quando la forza
elettrica e quella chimica del sodio si equilibrano, abbiamo un valore di potenziale di +60mV.

CELLULA PERMEABILE AL SODIO E AL POTASSIO: RAGGIUNGIMENTO DEL POTENZIALE DI RIPOSO

Un neurone a riposo ha dei canali sulla membrana che sono chiusi , mentre vi sono canali passivi
sempre aperti. Questi canali sono molto numerosi per il potassio e molto meno numerosi per il
Sodio. Normalmente in un neurone succede che mentre il potassio può circolare bene perché esce
dalla cellula spinto dalla forza chimica e rientra spinto dalla forza elettrica, con una buona possibilità
di movimento per la presenza di canali, il sodio ha pochissima possibilità di movimento. Vi sono
pochissimi canali passivi, attraverso cui il sodio entra, ma incide molto poco sull'equilibrio della
cellula. Infatti, la conseguenza di ciò è che il neurone, essendo molto più permeabile al potassio
rispetto al sodio, va a stabilizzarsi su un potenziale di riposo che assomiglia molto a quello del
potassio. Il potenziale di riposo neuronale è -70mV mentre quello del potassio è -94mV. Poiché la
cellula è molto permeabile al potassio, il potenziale di riposo sia avvicina a quello di equilibrio del
potassio. Vi sono una serie di interferenze che lo fanno differire di poco, ma queste interferenze
sono poco rilevanti nello stabilirsi del potenziale di equilibrio. Il potassio ha quindi un ruolo
preponderante nello stabilirsi del potenziale di equilibrio, con l'interferenza dello ione sodio che lo fa
differire di poco dal potenziale di equilibrio del potassio (-94mV).

Lo ione potassio trova dei canali passivi e tende ad uscire dalla cellula, facendo ciò si lascia alle spalle
una carica negativa, che si oppone alla forza di concentrazione e il potassio tende ad andare in
equilibrio.

Il potenziale di membrana di -70mV non è così negativo come il potenziale di equilibrio del potassio
perché comunque la cellula neuronale ha anche alcuni canali passivi per il sodio che contrastano
l'azione del potassio. Se vi fossero molti canali per il sodio, probabilmente, la situazione della cellula
sarebbe molto diversa. Questo perché l'interno potrebbe addirittura diventare positivo. Ma poiché il
sodio è confinato all'esterno e può circolare molto poco, l'effetto del sodio si ha solo in minima
parte. Il potenziale di -94mV che la cellula potrebbe avere se fosse permeabile al solo potassio viene
minimamente contrastato dalla presenza di canali passivi per il sodio che facendo entrare della
carica positiva rialzano un po' il potenziale. La corrente in uscita del potassio negativizza l'interno e
provoca una situazione di potenziale di membrana negativo nei neuroni.

Il potenziale di equilibrio degli ioni si può calcolare grazie all'equazione di NERNST che afferma che il
potenziale di equilibrio di uno ione (in cui la forza chimica ed elettrica sono in equilibrio) è uguale ad

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una costante chimica (RTxzF), ma ciò che è importante è la concentrazione dello ione all'esterno ed
all'interno della cellula. Per stabilire il potenziale di equilibrio di uno ione (quel valore di potenziale di
membrana in cui lo ione è in equilibrio, cioè forza elettrica e chimica sono in equilibrio) devono
essere note le concentrazioni dello ione all'interno ed esterno della cellula, oltre alla sua carica
(VALENZA).

Potenziale di equilibrio di uno ione= (RTxzF)xln([X(concentrazione)INx[X OUT])

L'interno del neurone è negativo perché:

-Si ha una maggiore permeabilità della membrana allo ione K+ (potassio), questo grazie alla
maggiore presenza di canali ionici passivi per il potassio rispetto a quelli per il sodio. Esso tenderà,
quindi, a raggiungere il suo equilibrio, quasi riuscendoci se non fosse per l'interferenza dello ione
Na+ (sodio). Tende a raggiungere il suo equilibrio avendo la possibilità di spostarsi dall'interno
all'esterno della membrana. L'interferenza del sodio fa si che il potenziale di riposo sia meno
negativo rispetto a quello di equilibrio del potassio (-94mV) per cui il potenziale di membrana di un
neurone a riposo è -70mV.

-vi sono molecole cariche negativamente come le proteine che negativizzano l'interno della cellula,
esse sono più concentrate all'interno della cellula rispetto all'esterno, per cui l'interno è
ulteriormente negativizzato dalla presenza di queste molecole che per loro caratteristiche chimiche
sono cariche negativamente.

-Per azione della pompa sodio-potassio ATPasi che tenderà a riportare il potassio fuoriuscito
all'interno della cellula però portando all'interno 3 ioni sodio e 2 ioni potassio lasciando una carica
negativa all'interno.

CELLULE NEURONALI

Esse presentano un corpo (soma) che ha vari prolungamenti, i dendriti che si dipartono proprio dal
soma. Vi è poi un lungo prolungamento, l'assone, che prende contatto coi dendriti e con il soma di
un altro neurone. Sulla membrana dei neuroni si muovono segnali elettrici che consentono la
comunicazione a livello della sinapsi, il punto di contatto fra un neurone e l'altro. Se non vi fosse una
carica negativa all'interno e quindi se il neurone non avesse una membrana polarizzata, questi
segnali elettrici non si potrebbero generare.

Equazione di Goldman-Hodgkin-Katz permette di arrivare a stabilire il valore di -70mV per quanto


riguarda il potenziale di riposo della membrana del neurone. Essa tiene conto sia delle
concentrazioni degli ioni (in particolare sodio, potassio e cloro) sia all'esterno che all'interno della
cellula e anche della loro permeabilità, ossia del numero di canali presenti per ciascuna specie ionica
[un numero elevato per il sodio, mentre un numero ridotto per sodio e cloro]. Il potassio è quindi lo
ione che influisce maggiormente sul potenziale di riposo del neurone proprio perché ha maggiore
possibilità di movimento.

Lezione 2 prof Corradi

Le cellule muscolari e i neuroni vengono definiti cellule eccitabili perché sono in grado di generare
segnali elettrici sulle loro membrane che vengono utilizzati come segnali di comunicazione, a

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formare reti di comunicazione che nel caso del sistema nervoso sono reti neuronali che vanno a
controllare il funzionamento del sistema nervoso e dell'intero organismo. All'interno della cellula ed
all'esterno di essa esiste una diversa distribuzione degli ioni, in particolare il sodio ed il potassio, che
hanno una distribuzione opposta, in particolare: il potassio è maggiormente concentrato all'interno
rispetto all'esterno, viceversa il sodio è più concentrato nell'ambiente extracellulare rispetto al
citosol. Se la membrana fosse completamente impermeabile, non vi sarebbero grandi differenze.
Poiché la membrana possiede dei canali (proteine integrali di membrana che creano pori che
permettono il passaggio degli ioni) che sono in numero diverso per il sodio ed il potassio. Quando un
neurone è a riposo, il numero di canali passivi (sempre aperti) per il potassio è circa 20-30 volte
maggiore rispetto a quelli per il sodio. Questo fa si che si crei un continuo flusso di ioni potassio, con
carica positiva, verso l'esterno che non è controbilanciato dall'ingresso di ione sodio. Quindi si crea
una differenza di potenziale elettrico fra interno ed esterno della membrana, questo perché la
cellula perde costantemente carica positiva per la fuoriuscita del potassio e si accumula una carica
negativa nella faccia interna della membrana e una carica positiva all'esterno. Questo fa si che si crei
questa differenza di potenziale elettrico con l'interno più negativo rispetto all'esterno. Questa
differenza di potenziale è di -70 mV.

CELLULA NEURONALE

Può avere varie forme. Ad esempio, le cellule di Purkinje del cervelletto hanno un albero dendritico
molto ampio. Altri neuroni hanno pochi dendriti, le forme dei neuroni possono essere svariate. In
generale si tratta di una cellula con forma molto asimmetrica, a causa dei vari prolungamenti, i
dendriti, ma anche dell'assone, il prolungamento più lungo, il quale si può suddividere in varie
branche a prendere contatto con i dendriti o il soma (corpo) di un altro neurone), il quale a sua volta
possiede un soma e dei dendriti ai quali arrivano i terminali assonici di un neurone. A sua volta
l'assone del secondo neurone tramite i terminali assonali andrà a prendere contato con gli altri
neuroni. Il punto di contatto fra neuroni in realtà non è un vero e proprio punto di contatto ma un
punto di comunicazione fra i due neuroni, questo perché il terminale assonale si avvicina
estremamente alla regione del soma/dendriti del neurone successivo ma non va a toccarlo. Questa
regione prende il nome di sinapsi (regione di comunicazione) ma non si ha un contatto fisico fra i
neuroni, rimane un piccolissimo spazio fra i neuroni.

Sulla membrana dei neuroni scorrono continuamente segnali elettrici che servono ai neuroni per
comunicare fra loro. Il fatto che vi siano diversi tipi di prolugamenti:

-Dendriti, numerosi, corti e ramificati

-Assone, singolo, molto lungo e ramificato solo nelle terminazioni

da un idea del fatto che essi abbiano funzioni diverse all'interno del neurone.

Essi generano segnali elettrici differenti:

-Sui dendriti e sul soma si generano segnali elettrici che prendono il nome di POTENZIALI GRADUATI

-Sull'assone si genera un potenziale elettrico molto forte, deciso ed importante che si chiama
POTENZIALE D'AZIONE.

Le due regioni (soma/dendriti e assone) hanno due tipi di segnali elettrici differenti, i potenziali
graduati sono più deboli mentre il potenziale d'azione è più forte.

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La base di questi segnali elettrici sono i flussi di ioni attraverso la membrana che avvengono tramite
proteine canale (proteine transmembrana che creano pori attraverso cui gli ioni specificamente
possono muoversi, ogni canale è specifico per un solo ione).

Il fatto che si generano segnali diversi nei dendriti e nell'assone è dovuto al fatto che sui dendriti e
sull'assone sono presenti canali ionici differenti: in particolare, sono presenti canali ionici attivi, che
sono chiusi quando il neurone è a riposo e si possono aprire con l'arrivo di opportuni stimoli/segnali.

I canali presenti sui dendriti e sul soma sono canali LIGANDO-DIPENDENTI, che si aprono all'arrivo di
una molecola particolare che da lo stimolo per l'apertura del canale.

I canali presenti sull'assone, invece, sono canali VOLTAGGIO-DIPENDENTI, che si attivano se cambia il
valore del potenziale di membrana a riposo (-70mV). Questi canali voltaggio dipendenti sono
responsabili della genesi e della trasmissione del potenziale d'azione e sono presenti solo nell'assone
e non nel resto del neurone. Questo fatto fa si che il segnale si generi all'inizio dell'assone, in una
zona detta MONTICOLO ASSONALE, si trasmetta molto rapidamente lungo l'assone e raggiunga i
terminali assonici/pre-sinaptici.

Le sinapsi sono composte da 2 neuroni: il neurone pre-sinaptico, quello dove è presente il terminale
assonale, quello che invia il segnale e da un neurone post-sinaptico che è quello che riceve sui
dendriti e sul soma il segnale stesso. Un neurone pre-sinaptico invia il segnale elettrico e un neurone
lo riceve, quello post-sinaptico.

Lo scopo del segnale elettrico è quello di attivare la sinapsi, cioè la comunicazione. La comunicazione
viene attivata liberando una molecola chimica, il neurotrasmettitore che andrà a segnalare sulle
membrane dei dendriti e del soma l'apertura di altri canali per la genesi di un diverso tipo di segnale
elettrico.

Gli assoni dei neuroni possono essere di lunghezze differenti. Ad esempio, gli assoni dei
motoneuroni, che hanno sede nel midollo spinale, presentano assoni estremamente lunghi perché
non prendono contatto con altri neuroni tramite sinapsi ma vanno ad innervare muscoli per dare
luogo alla contrazione muscolare. Questi assoni possono trovarsi nelle parti basse del midollo spinale
ma andare a determinare la contrazione delle dita dei piedi, per cui gli assoni devono decorrere
lungo tutto l'arto inferiore per prendere contatto coi muscoli del piede.

POTENZIALE D'AZIONE

Il potenziale d'azione è:

-un fenomeno con SOGLIA, cioè questo tipo di segnale elettrico è un segnale che si sviluppa all'inizio
dell'assone e si trasmette lungo l'assone. Nella regione del monticolo assonale viene deciso se
attivare o meno il potenziale d'azione. In questa regione si vede se esistono le condizioni per cui
questo potenziale può avvenire.

-è un fenomeno TUTTO O NULLA perché se si raggiungono queste condizioni per cui il potenziale
d'azione possa cominciare si avrà la partenza del potenziale d'azione che si propagherà lungo
l'assone, rigenerandosi senza estinguersi in maniera identica, una volta partito dal monticolo rimane
identico e si propaga lungo tutto l'assone sino ad arrivare in fondo. Se però non sussistono le
condizioni per farlo partire, il segnale non si genera. Quando si genera, parte, altrimenti non si
genera e non parte dal monticolo.

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Lungo l'assone sono concentrati molti canali VOLTAGGIO-DIPENDENTI sia per il sodio che per il
potassio. Questi canali dipendono dalla polarizzazione della membrana. Quando la membrana è
normalmente polarizzata, cioè il neurone è a riposo, il potenziale ha un valore di -70mV. In questa
situazione, i canali attivi VOLTAGGIO-DIPENDENTI per il sodio e per il potassio sono chiusi e quindi
non vi è alcun passaggio di carica. Il sodio è molto concentrato all'esterno mentre il potassio è molto
concentrato all'interno, vi è un piccolo flusso di potassio attraverso i canali passivi. Se nella regione
iniziale dell'assone arriva della carica positiva (portata da correnti ioniche), il potenziale di
membrana viene spostato verso potenziali più depolarizzati. Ossia, invece di avere -70mV, se
sopraggiungono cariche positive, il potenziale si può positivizzare fino a -60 o -50mV. Questi canali
voltaggio-dipendenti per il sodio ed il potassio hanno una soglia per l'apertura, ciò significa che
quando la membrana è polarizzata a -70mV sono chiusi ma se la membrana si depolarizza (se
l'interno della cellula diventa per varie ragioni più positivo) basta raggiungere un valore soglia di -
55mV per far aprire i canali voltaggio-dipendenti, che risentono della depolarizzazione.

Il potenziale d'azione dipende proprio dall'apertura dei canali VOLTAGGIO-DIPENDENTI.

Nel caso in cui la depolarizzazione non permetta di raggiungere il valore soglia di -55mV il potenziale
d'azione non si genera. Gli stimoli sotto-soglia sono quelli stimoli che non permettono di raggiungere
il valore soglia e quindi non permettono la genesi del segnale potenziale d'azione. Per questo motivo
è un evento tutto o nulla, perché se non si raggiunge la soglia di -55mV non succede nulla. Quando
l'arrivo di cariche positive permette di arrivare al valore soglia di -55mV, la depolarizzazione
raggiunge il valore soglia e soprattutto nella parte iniziale dell'assone dove vi sono molti canali
voltaggio-dipendenti per il sodio, questi canali si aprono.

I canali del sodio, a differenza di quelli per il potassio, sono più rapidi e più sensibili all'apertura. Il
primo canale che si apre quando viene raggiunto il valore soglia è il canale per lo ione sodio.
L'apertura dei canali per il potassio avviene 1-2 millisecondi dopo rispetto a quelli del sodio. Una
volta raggiunta la soglia di -55mV si ha una massiccia apertura (grazie allo stimolo sopra soglia) di un
elevatissimo numero di canali per il sodio ed in questo punto si crea una grande corrente al sodio
entrante. Il sodio è uno ione positivo e molto concentrato all'esterno della membrana, esso tende ad
entrare spinto dalla sua forza elettromotrice, ossia sia dalla sua forza di concentrazione (molto più
concentrato fuori che dentro la cellula) sia dalla sua forza elettrica (perché l'interno della cellula è
negativo mentre il sodio è uno ione positivo). Il sodio è spinto ad entrare sia dalla sua forza elettriche
che dalla sua forza chimica. A riposo il sodio ha pochissima libertà di movimento perché i canali
passivi per il sodio sono molto pochi. Quando si ha un'apertura massiccia nella regione iniziale
dell'assone il sodio si precipita all'interno della cellula e una quantità di carica positiva sottoforma di
ioni sodio entra nell'inizio dell'assone e addirittura il potenziale all'interno della cellula si inverte, il
valore del potenziale all'interno della cellula da -55mV arriva sino a +30 mV. Il potenziale di equilibrio
dello ione sodio è pari a +55/60 mV. Il flusso del sodio rimane aperto solo 1 millisecondo, evitando
che lo ione sodio arrivi all'equilibrio arrivando al valore di potenziale di equilibrio di +55/60mV.
Quindi la corrente entra molto rapidamente ma altrettanto rapidamente si chiudono i canali
voltaggio-dipendenti per lo ione.

La fase di passaggio della membrana da -70 a -55mV è detta PREPOTENZIALE o raggiungimento della
soglia. Al valore di -55mV abbiamo l'apertura dei canali e l'ingresso del sodio nell'assone del
neurone. Arrivati a +30mV si chiudono i canali per il sodio, tuttavia nella stessa regione dell'assone
sono presenti anche i canali per il potassio che sono più lenti ad aprirsi ma si aprono dopo 1-2
millisecondi. Di fatto, quindi, la membrana viene attraversata prima da una corrente di ioni sodio e
poi solo successivamente da una corrente di ioni potassio. La corrente di ioni potassio provoca una
ripolarizzazione della membrana. La membrana si era depolarizzata con l'entrata del sodio,

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addirittura arrivando al valore di 0mV la membrana non era più polarizzata. Il sodio depolarizza
talmente tanto la membrana da rendere l'interno positivo rispetto all'esterno (+30mV). A questo
punto si aprono i canali per il potassio voltaggio-dipendenti.

Il potassio è molto concentrato all'interno rispetto all'esterno e a riposo c'è una corrente di potassio
perché vi è un numero discreto di canali passivi che fanno in modo che un po' di potassio fuoriesca.
Lo ione potassio rimane comunque più concentrato all'interno, per cui, a riposo, la sua forza
elettromotrice lo spinge sempre ad uscire.

Al valore di +30mV, all'interno, la membrana ha addirittura cambiato la sua polarità. Vi è un


potenziale più positivo all'interno che all'esterno quindi il negativo questa volta si trova all'esterno.
In questo momento lo ione potassio, positivo, più concentrato all'interno, è spinto in uscita non solo
dalla forza chimica che segue il gradiente di concentrazione ma anche dalla forza elettrica perché
l'interno è diventato positivo grazie all'entrata del sodio. Quando si aprono i canali per il potassio si
crea una rapida (meno rapida di quella del sodio) ripolarizzazione che dura 2 millisecondi (contro 1
millisecondo della depolarizzazione).

I canali del potassio si aprono 1 millisecondo dopo rispetto a quelli del sodio, questo fa si che essi si
aprano quando l'interno della cellula è positivo. La forza elettromotrice del potassio lo spinge ad
uscire (sia la componente chimica che la componente elettrica). Si crea quindi una corrente positiva
in uscita, così come per il sodio si era creata una corrente positiva in entrata. Le cariche positive,
uscendo, fanno riabbassare il potenziale di membrana all'interno della cellula, da +30mV il valore del
potenziale scende addirittura sotto -70mV dando vita ad una iperpolarizzazione della membrana.
Questo perché il canale del potassio è più lento anche in fase di chiusura rispetto a quello del sodio,
riuscendo quasi a raggiungere il valore di potenziale di equilibrio (-94mV). Una volta chiuso il canale
del potassio l'azione delle pompe va a ristabilizzare le correnti ioniche e a ristabilizzare gli ioni, così
facendo si raggiunge nuovamente il potenziale di riposo di -70mV. Il lavoro delle pompe è molto
importante perché permette la generazione di un successivo potenziale d'azione, infatti, dal punto di
vista del potenziale di membrana i due segnali (di depolarizzazione dovuto al sodio e di
ripolarizzazione dovuto al potassio) creano una fluttuazione del potenziale di membrana che viene
prontamente riportato al valore di potenziale di riposo. Al termine del potenziale d'azione, dopo la
corrente ionica di potassio, si raggiunge nuovamente l'equilibrio di carica ma non si ha un equilibrio
ionico. Questo perché al termine del potenziale, il valore è sempre di -70mV ma il sodio che era
all'esterno adesso è all'interno mentre il potassio all'interno ora si trova all'esterno, a causa delle
due correnti. A quel punto la pompa sodio-potassio molto rappresentata in questa regione del
neurone perché deve lavorare molto, lavora costantemente per riportare il sodio all'esterno ed il
potassio dall'esterno all'interno in maniera che pochissimo tempo dopo il termine del potenziale
d'azione siano stati ristabiliti i gradienti ionici con il sodio all'esterno ed il potassio all'interno.

CANALE PER IL SODIO (FUNZIONAMENTO)

Il canale per il sodio è una proteina transmembrana costituita da più subunità che funziona con due
cancelli di attivazione e normalmente ha una porta di attivazione voltaggio dipendente che è chiusa
e una porta di inattivazione aperta. Quindi a riposo si ha un cancello voltaggio-dipendente chiuso
perché il voltaggio non è cambiato (-70mV all'interno) e il cancello di inattivazione è aperto. Quando
si ha una depolarizzazione e arrivano delle cariche positive, l'interno raggiunge la soglia di -55mV, gli
amminoacidi che costituiscono il poro, che sono carichi, risentono di questo cambaimento di carica
del citosol, cambiano la loro conformazione aprendo il poro e quindi il sodio che è specifico per

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questo poro (canale) può entrare, ha la strada aperta. Le due porte sono aperte ed è questo il
momento che si ha un massiccio ingresso di sodio che porta alla positivizzazione del citosol (parte
interna della membrana). L'apertura del canale dura 1 millisecondo, dopodiché entra in funzione la
porta di inattivazione che chiude il canale. Nonostante la porta di attivazione sia aperta, la porta di
inattivazione ha chiuso il canale e quindi il sodio è di nuovo bloccato e non può entrare perché si è
chiusa la porta di inattivazione. Anche se la depolarizzazione permanesse, il canale non si potrebbe
aprire. Deve tornare il valore di potenziale negativo all'interno perché si possa riaprire il cancello di
inattivazione e richiudere il cancello di attivazione e quindi il canale possa tornare alla sua forma
iniziale che è quella in cui può funzionare. Questo ci dice che il canale al sodio richiede un certo
tempo per rigenerarsi, esso non può essere aperto e chiuso in maniera costante ma esiste un tempo
(molto breve), il PERIODO REFRATTARIO, durante il quale il canale non si può usare perché necessità
di una sorta di rigenerazione.

Il canale pronto per essere aperto ha il cancello di attivazione voltaggio-dipendente chiuso e la porta
di inattivazione aperta. Questo è il canale nella sua struttura prima del potenziale d'azione, a riposo.
Quando avviene la depolarizzazione, la porta di attivazione risentendo del voltaggio si apre e si ha la
corrente ionica al sodio. Immediatamente dopo, però, (dopo 1 millisecondo) la porta di inattivazione
si chiude e il canale è nuovamente chiuso e non può essere utilizzato in questo momento perché la
porta di inattivazione è chiusa mentre quella di attivazione è aperta. Per essere nuovamente
utilizzato deve rigenerarsi durante il periodo refrattario (molto rapido) che si divide in due momenti:

-periodo refrattario assoluto (durante il quale il canale è assolutamente inutilizzabile) che dura per
2/3 della ripolarizzazione (fase di apertura del canale del potassio)

-periodo refrattario relativo (in cui il canale potrebbe essere utilizzato o comincia a poter funzionare)
al termine della ripolarizzazione. Alcuni canali più veloci si sono già rigenerati e possono essere in
grado di riaprirsi ma tendenzialmente la riapertura efficace avviene al termine del periodo
refrattario relativo.

All'inizio dell'assone, nel monticolo, se avviene una depolarizzazione nell'ordine di almeno 15 mV,
che fa passare il potenziale da -70 a -55mV (valore soglia), quando sussiste questa situazione,
all'inizio dell'assone si genera un segnale elettrico molto forte (causato da una corrente al sodio
entrante seguita da una corrente al potassio uscente) questo segnale provoca una variazione del
potenziale di membrana molto importante perché l'interno della cellula diventa addirittura positivo,
quindi si ha una inversione del potenziale di membrana, con positivo all'interno e negativo
all'esterno. Questo segnale è quindi consistente che origina all'inizio dell'assone.

Lo scopo di questo segnale è di percorrere tutto l'assone, trasmettersi lungo l'assone e di rigenerarsi
senza perdere efficacia, ha continuamente la stessa potenza che si trasmette in tutti i tratti
dell'assone sino a raggiungere il terminale assonale. Lo scopo di questo segnale è quello di portare
un messaggio dall'inizio al termine dell'assone ed attivare la sinapsi. Quando il potenziale d'azione
parte, il suo scopo è provocare al terminale assonico il rilascio di una molecola.

I terminali dell'assone presentano dei rigonfiamenti perché in questa regione sono contenute
vescicole contenenti i mediatori chimici chiamati NEUROTRASMETTITORI. In realta, i neuroni si
distinguono anche in base al TIPO DI NEUROTRASMETTITORE che contengono nei loro terminali
assonali. I neurotrasmettitori sono di vario tipo: adrenalina, acetilcolina, glutammato, ecc... Ognuna
di queste molecole è un mediatore chimico che può essere rilasciato da questi terminali assonali
grazie all'arrivo del potenziale d'azione. La sua azione si esplica sul neurone post-sinaptico o su un

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muscolo, attraverso cui i terminali assonali che contengono il neurotrasmettitore che se rilasciato va
ad agire sui dendriti di un neurone post-sinaptico, quindi va ad esplicare un'azione sui dendriti, il
soma o la membrana dei muscoli di altri neuroni o delle fibre muscolari.

Lo scopo del potenziale d'azione nella vita del neurone è quello di attivare l'esocitosi del
neurotrasmettitore contenuto nei terminali dell'assone. Per espletare questa funzione il potenziale
d'azione deve arrivare in fondo all'assone ed invadere i terminali assonali (terminali pre-sinaptici).

Il potenziale d'azione può propagarsi solo sull'assone perché altrove non sono presenti i canali
voltaggio-dipendenti per il sodio ed il potassio.

TRASMISSIONE DEL POTENZIALE D'AZIONE SULL'ASSONE:

Questo tipo di conduzione avviene in due modi differenti:

1) Conduzione punto a punto, diffusa in alcuni neuroni di circuito (interneuroni), neuroni che fanno
parte di circuiti locali, che non devono fare molta strada, quando il neurone a cui va trasmesso
l'impulso si trova a pochi mm o cm dal neurone che trasmette l'impulso non è necessario che vi sia
un assone mielinizzato perché l'assone è corto e non vi è necessità di mielinizzazione. I neuroni che
trasmettono gli impulsi dolorifici sono fibre non mielinizzate. Lo stimolo meccanico, tipo quello
tattile, invece, è trasmesso su fibre mielinizzate. Per questo motivo al nostro cervello arriva prima lo
stimolo meccanico rispetto a quello dolorifico, percepiamo prima il "tocco" e poi il dolore. Il neurone
ha generato il potenziale d'azione nella regione del monticolo, si sono aperti i canali del sodio e
l'interno della cellula è diventato positivo, ci troviamo nello spike del potenziale d'azione. In questo
momento la carica positiva è entrata; essa viene però attratta dal negativo che la circonda, ossia solo
una piccolissima regione è diventata positiva. Questo piccolo tratto di assone inverte la sua polarità
perché si sono aperti i canali per il sodio. Il sodio entra e resta in parte all'interno ma in un questo
breve istante viene attratto sia dal negativo che sta a "monte" del tratto di assone interessato dalla
depolarizzazione sia dal negativo che sta "dopo", nel sito successivo che non ha risentito della
depolarizzazione iniziale ed è rimasto al potenziale di riposo di -70mV. L'entrata del sodio al sito A (in
questo momento positivo) fa si che un po' di carica positiva si sposti verso il sito B attratta dalle
cariche negative. Questa piccola carica positiva che si sposta al sito B fa si che il potenziale di
membrana da -70mV diventi -55mV. L'entrata del sodio nel sito A causa una piccola depolarizzazione
del sito B che è sufficiente ad aprire i canali del sodio voltaggio-dipendenti anche nel sito B. Il poco
sodio che si sposta dal sito A al sito B fa aprire i canali per il sodio nel sito B e quindi si scatena il
potenziale d'azione anche nel sito B. Il sodio entra, nel frattempo il sito A si sta ripolarizzando perché
è terminato il potenziale d'azione e il potenziale d'azione adesso si trova nel sito B. Il sodio, nella
prima fase, entra, verrà attratto dal negativo circostante che è un negativo deciso -70mV nel sito C,
quindi il sodio che si sposta provocherà il potenziale d'azione nel sito C ma poiché la carica che entra
nel sito B si potrebbe spostare sia nel sito C che tornare indietro nel sito A che nel frattempo si è
ripolarizzato ed è tornato negativo, vi è una grande differenza sulle conseguenze: nel sito C questa
piccola differenza è sufficiente per aprire i canali voltaggio-dipendenti per il sodio, in quanto viene
raggiunta la soglia di -55mV. Nel sito A, invece, questo non è sufficiente a riaprire i canali perché
questa regione in questo momento si trova nel PERIODO REFRATTARIO. La carica positiva di sodio
che retrofluisce all'indietro non è efficace per attivare un potenziale d'azione perché il sito
immediatamente precedente è ancora in periodo refrattario e quindi non può generare un
potenziale d'azione. Per questo si dice che il potenziale d'azione procede in maniera
UNIDIREZIONALE. Va verso la punta dell'assone, si allontana dal monticolo assonale e non può

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ritornare indietro. Le regioni precedenti sono sempre in periodo refrattario. Quando il potenziale
d'azione è ormai nel sito C, il sodio che entra andrà a depolarizzare il sito D, quello successivo e non
può andare a depolarizzare il sito B perché in periodo refrattario, il sito A avrà a questo punto
terminato il periodo refrattario ma oramai la carica del potenziale d'azione passato non lo può più
influenzare. Dovrà arrivare dell'altra carica positiva nel monticolo assonale per iniziare un nuovo
potenziale d'azione. Per cui il potenziale d'azione non può assolutamente tornare indietro.

2) Mielinizzazione, più diffusa della conduzione punto a punto perché più rapida, che fa si che
questo potenziale d'azione non venga trasmesso lungo tutta la membrana dell'assone ma salti da un
tratto all'altro. Vi sono due tipi di cellule che costituiscono la guaina mielinica degli assoni
mielinizzati: OLIGODENDROCITI (nel SNC) e CELLULE DI SCHWANN (nel SNP). Si tratta di cellule con lo
scopo di mielinizzare gli assoni. Sono cellule gliali e operano la mielinizzazione, ossia, sviluppano
moltissimo la loro membrana e producono degli avvolgimenti della membrana attorno all'assone. La
mielina è una guaina di colore bianco, con una grande presenza di lipidi e proteine. Essa a dfferenza
della membrana cellulare è molto meno permeabile perché ha lo scopo di isolare l'assone. Lo scopo
della guaina mielinica è di rendere l'assone insensibile alle fluttuazioni di cariche elettriche che
stanno nell'ambiente extracellulare. La cellula di Schwann avvolge con questa membrana un tratto
dell'assone della lunghezza di 1mm circa. Questo tratto prende il nome di INTERNODO. Ogni cellula
di Schwann si occupa di rivestire un internodo. Quindi mm per mm l'assone è circondato dalla guaina
mielinica prodotta dalle cellule di Schwann. Ogni mm però la guaina mielinica, poiché cambia la
cellula di Schwann, si interrompe e questa interruzione viene chiamata NODO DI RANVIER. I canali
del sodio e del potassio voltaggio-dipendenti responsabili del potenziale d'azione si trovano
esclusivamente a livello dei nodi di Ranvier, dove non c'è la guaina mielinica e quindi gli ioni possono
liberamente spostarsi fra gli assoni ed il liquido extracellulare. In tutte le altre regioni dell'assone, a
causa della presenza della guaina mielinica, questo non può accadere. Nel SNC sono presenti gli
oligodendrociti che a differenza delle cellule di Schwann, le quali hanno una relazione di 1:1 con un
internodo, ossia una cellula di Schwann mielinizza un solo internodo, ogni oligodendrocita attraverso
i suoi prolungamenti è in grado di mielinizzare diversi internodi, anche di neuroni diversi. Il processo
di mielinizzazione è diverso per queste due tipologie cellulari. Il potenziale d'azione in un assone
mielinizzato può avvenire solo nel monticolo assonale e a livello dei nodi di Ranvier. Il potenziale
d'azione non può avvenire negli internodi perché al loro livello la membrana non presenta i canali
per il sodio ed il potassio. Quando il potenziale d'azione origina dal monticolo assonale, la carica
positiva viene attratta dal negativo circostante ma può muoversi molto più velocemente perché
l'assone è isolato e quindi la carica positiva non risente delle cariche esterne ma può viaggiare per un
tratto più lungo perché l'assone a livello degli internodi è isolato. La carica positiva non risente di ciò
che avviene nell'ambiente extracellulare e può quindi percorrere un tratto più lungo, di circa 1mm e
raggiungere il nodo di Ranvier successivo, dove sono presenti i canali del sodio voltaggio-dipendenti
e dove l'arrivo di questa carica positiva genera la depolarizzazione, che causa il raggiungimento del
valore soglia di -55mV e quindi l'entrata del potenziale d'azione in questo nodo di Ranvier, entrerà il
sodio, che raggiungerà il nodo di Ranvier successivo e qui provocherà il potenziale d'azione in questo
nodo di Ranvier. Vale il fatto che il nodo di Ranvier precedente è ancora in periodo refrattario e
anche s ele sue cariche negative attirano quelle positive il potenziale d'azione è unidirezionale e non
viaggia all'indietro ma solo in direzione MONTICOLO-TERMINALE. L'attivazione del canale-voltaggio
dipendente avviene comunque sempre per una variazione di potenziale all'interno della cellula
(citosol), è qui che deve avvenire la depolarizzazione.

Lezione 3 prof Corradi

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METODI DI TRASMISSIONE DELL'INFORMAZIONE

AUTOCRINA, fra cellule, in cui una cellula produce delle sostanze (fattori di crescita) che vanno a
stimolare la cellula stessa, ossia, la cellula si autostimola.

PARACRINA, tipo di comunicazione fra cellule vicine. Una cellula libera una sostanza che funge da
segnale che va ad agire sulle cellule circostanti, trasmettendo informazioni sulle cellule vicine ad
essa.

ENDOCRINA, tipica del sistema endrocrino, sistema di ghiandole endocrine che producono molecole
che vengono riversate nel torrente ematico e vanno a dare messaggi anche in luoghi molto lontani
dalla ghiandola endocrina.

METODI DI TRASMISSIONE DELL'INFORMAZIONE NEL SISTEMA NERVOSO

SINAPSI ELETTRICHE, è presente nei cardiomiociti. Cellule muscolari che hanno la caratteristica di
contrarsi in maniera sincrona, ossia tutte le cellule del cuore si contraggono contemporaneamente.
La contrazione del muscolo è dipendente da un potenziale d'azione, ossia, affinché un muscolo si
contragga (sia esso cardiaco o scheletrico) deve essere presente un segnale elettrico come un
potenziale d'azione sulla membrana di queste cellule. I cardiomiciti devono andare in potenziale
d'azione in semicontemporaneità per poi contrarsi efficacemente. La ragione per la quale i cardiociti
sono in grado di fare ciò è che sono ACCOPPIATE ELETTRICAMENTE, ossia, vi sono molte sinapsi
elettriche che le mettono in comunicazione fra loro.

SINAPSI CHIMICHE, estremamente diffusa nel SNC.

DIFFERENZE FRA SINAPSI ELETTRICHE E CHIMICHE

Nelle sinapsi elettriche c'è un collegamento fra una cellula e l'altra, ossia, c'è un canale che collega le
due cellule. Per quanto riguarda le sinapsi chimiche, invece, vi è una separazione fisica. Il terminale
pre-sinaptico (bottone che si trova in fondo all'assone di un neurone) contiene vescicole che
contengono il neurotrasmettitore ed è separato dalla regione post-sinaptica. Nonostante siano
molto vicine la parte sinaptica e quella post-sinaptica sono separate. La regione post-sinaptica nelle
sinapsi chimiche è posta sul soma o su i dendriti del neurone post-sinaptico. Ogni neurone riceve
moltissimi terminali pre-sinaptici da molti tipi di neuroni.

La sinapsi elettrica sono regioni di giunzione fra una cellula e l'altra formate da proteine che formano
dei canali. Queste proteine sono le CONNESSINE. Sei connessine formano un connessone
(emicanale), due connessoni, uno in una cellula ed uno in un'altra prendono contatto a formare un
CANALE. La sinapsi elettrica è una regione dove vi sono tanti connessoni. Le sinapsi elettriche sono
delle connessioni che mettono in contatto il citoplasma di una cellula con il citoplasma della cellula
adiacente. Si tratta di un poro, non molto specifico, che lascia passare vari tipi di ioni. E' simile ad un
canale per gli ioni ma essa non mette in contatto il citoplasma di una cellula con l'ambiente
extracellulare bensì con il citoplasma della cellula adiacente. Quando una cellula si depolarizza, parte
della carica entra nella cellula adiacente che provocherà una depolarizzazione e genererà un
potenziale d'azione. Il meccanismo della sinapsi elettrica è di tipo BIOFISICO, perché il
funzionamento è simile a quello di un canale ionico.

La sinapsi chimica, invece, ha un meccanismo di funzionamento di tipo biochimico perché


intervengono i neurotrasmettitori, molecole che vengono rilasciate nella fessura sinaptica e i
neurotrasmettitori vanno a legarsi a delle proteine di membrana, i RECETTORI, attraverso un

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meccanismo di tipo biochimico. Le molecole interagiscono con altre molecole chimicamente.

La sinapsi elettrica ha una velocità di trasmissione molto più elevata rispetto alle sinapsi chimiche. La
sinapsi elettrica è un canale e quindi appena vi è una carica positiva in una cellula, essa verrà
immediatamente richiamata dal negativo della cellula adiacente e passerà subito all'altra cellula.

Le sinapsi elettriche, invece, sfruttano il meccanismo di esocitosi per far rilasciare le vescicole dal
neurone post-sinaptico in corrispondenza del terminale dell'assone, dopodiché il neurotrasmettitore
si va a legare ai recettori. Tutti questi eventi rallentano la trasmissione dell'informazione nelle
sinapsi chimiche, la quale rimane, tuttavia, molto veloce.

La sinapsi elettrica ha un basso consumo di energia perché il passaggio di cariche avviene senza
dispendio energetico, le cariche positive vengono richiamate da quelle negative e passano alla
cellula successiva senza consumo energetico.

La sinapsi chimica consuma molta più energia perché anzitutto il neurotrasmettitore è una molecola,
che deve essere sintetizzata dalla cellula ed immagazzinata nelle vescicole attraverso processi che
richiedono dispendio energetico. Anche il fatto che vi siano dei recettori nella regione post-sinaptica
significa che sono coinvolte altre molecole che devono essere sintetizzate dalla cellula con ulteriore
dispendio energetico.

La sinapsi elettrica è bidirezionale, ossia, la carica positiva può fluire in due direzioni, dipendendo da
quale cellula è quella che viene stimolata dal segnle e nella quale vi sono più cariche positive. Non
esiste direzionalità nella sinapsi elettrica.

La sinapsi chimica è assolutamente unidirezionale. Il terminale pre-sinaptico contiene le vescicole


con il neurotrasmettitore mentre la regione post-sinaptica contiene i recettori per il
neurotrasmettitore. La sinapsi chimica va in direzione neurone pre-sinaptico -> neurone post-
sinaptico e mai viceversa.

La sinapsi elettrica è in grado di dare un solo messaggio, ossia un messaggio ECCITATORIO, di


attivazione.

La sinapsi chimica, invece, può trasmettere diversi tipi di messaggio:

-neurotrasmettitori che attivano la cellula post-sinaptica (messaggio eccitatorio)

-neurotrasmettitori che inibiscono la cellula post-sinaptica (messaggio inibitorio)

Nella sinapsi elettrica, inoltre, il messaggio è di tipo STEREOTIPATO. Nella sinapsi chimica, invece è di
tipo PLASTICO, ossia, la sinapsi chimica è altamente regolata. Si può attivare una sinapsi in maniera
estrema, ossia fare in modo che una sinapsi venga iperstimolata con l'invio di moltissimi potenziali
d'azione in modo che il rilascio del neurotrasmettitore avvenga in maniera continuativa. Oppure, ci
possono essere anche altri neuroni che avvengono sul rilascio del neurotrasmettitore: il neurone
post-sinaptico può anche eliminare i recettori e non rispondere ai messaggi inviati dal neurone pre-
sinaptico.

Infine, le sinapsi elettriche sono meno sensibili ai farmaci rispetto a quelle chimiche.

SINAPSI CHIMICHE

Le sinapsi possono essere:

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-Asso-somatiche, ossia quando un terminale assonico prende contatto con il soma del neurone post-
sinaptico

-Asso-dendritiche, ossia quando un terminale assonico prende contatto con i dendriti del neurone
post-sinaptico. Ne esistono di due tipi:

-la sinapsi può trovarsi sul tronco dendritico

-la sinapsi può trovarsi su una spina dendritica (sporgenze)

-Asso-assoniche, situazione particolare, di tipo regolatorio

REGIONE DI RICEZIONE DEGLI STIMOLI

Molti neuroni pre-sinaptici possono inviare messaggi ad un neurone post-sinaptico, il quale riceve
molti messaggi sia sui dendriti che sul soma. Ogni assone alla fine si dirama dando vita a più di un
terminale assonale (rigonfiamento contenente le vescicole). Tutti i terminali assonali contengono lo
stesso neurotrasmettitore e funzionano in modo sincrono. Esistono molti tipi di neurotrasmettitori
diversi. In generale, i neuroni vengono anche classificati in base al tipo di neurotrasmettitore
contenuto nelle loro vescicole sinaptiche. I neuroni che contengono ACETILCOLINA come
neurotrasmettitore vengono definiti NEURONI COLINERGICI. I neuroni che contengono
NORADRENALINA vengono definiti NORADRENERGICI. Ancora, quelli che contengono la DOPAMINA
vengono chiamati DOPAMINERGICI. Il neurotrasmettitore nelle vescicole definisce la funzione del
neurone, a seconda del neurotrasmettitore nelle vescicole, nella membrana post-sinaptica vi sarà un
tipo di recettore diverso, specifico per quel neurotrasmettitore e quindi la risposta post-sinaptica
sarà differente. Un messaggio che da un neurone dipende dal tipo di neurotrasmettitore che è
contenuto nelle vescicole.

MECCANISMO DI FUNZIONAMENTO DELLA SINAPSI

1) Il potenziale d'azione si trasmette lungo l'assone ed invade il terminale sinaptico dell'assone. Solo
nella regione del terminale assonico esiste un terzo canale voltaggio-dipendente, quello per il
CALCIO.

2) Quando arriva il potenziale d'azione vi è una forte depolarizzazione causata dall'ingresso del sodio
e quindi anche il canale per il calcio si aprirà. Il calcio funziona come il sodio: ossia, è maggiormente
concentrato all'esterno rispetto all'interno, il Calcio è uno ione positivo quindi quando si apre il
canale del calcio esso entra nel terminale assonale per gradiente di concentrazione.

3) L'entrata del calcio nella regione del terminale assonale è il segnale per l'ESOCITOSI DELLE
VESCICOLE. Esiste un complesso di proteine che stanno sulla membrana delle vescicole sinaptiche
che legano il calcio e quando il calcio aumenta, le vescicole si fondono con la membrana e liberano il
neurotrasmettitore nello spazio sinaptico. In alcune regioni del terminale assonale, chiamate ZONE
ATTIVE, si ancorano delle vescicole chiamate PULL DI RILASCIO, un piccolo gruppo di vescicole (non
numeroso), circa 10-20 vescicole che sono già ancorate alla membrana; pronte per la fusione
quando arriva il segnale del calcio. Nella regione adiacente alla zona attiva vi sono però
numerosissime vescicole, il PULL DI RISERVA DI VESCICOLE, ancorate al citoscheletro, che serve
continuamente a rimpinguare il pull di rilascio se il neurone deve continuare a segnalare. E' possibile
che un neurone debba continuamente rilasciare un neurotrasmettitore o debba aumentare il ritmo

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del rilascio proprio perché deve segnalare più efficacemente. Per questo motivo è importante che il
terminale assonale pre-sinaptico sia ben fornito di vescicole, in modo tale da non smettere di
segnalare. Se questo succedesse, all'arrivo dei potenziali d'azione che richiedono una trasmissione
del segnale, il terminale (esaurendo il pull di riserva) non sarebbe più in grado di trasmettere segnali.
Poiché capita spesso che il terminale assonale debba rilasciare un gran numero di vescicole o debba
aumentare il rilascio, esso è organizzato in maniera tale che riesca a riciclare il componenti delle
vescicole.

Le vescicole sono composte da membrana plasmatica e da molecole di neurotrasmettitore


contenute all'interno. Se non esistesse un sistema di riciclo della membrana i terminali assonali
potrebbero diventare enormi. Perché le vescicole si fonderebbero con la membrana del terminale
per rilasciare il neurotrasmettitore e quindi la membrana del terminale acquisendo la vescicola si
ingrandirebbe. Poiché il rilascio vescicolare è spesso molto ampio è chiaro che se non ci fosse un
sistema di riciclo della membrana il terminale crescerebbe a dismisura. Perciò nel terminale assonale
esistono anche fenomeni di endocitosi attraverso cui la membrana forma vescicole vuote che si
vanno a fondere in corpi più grandi, gli ENDOSOMI e poi da essi si vanno a riformare nuove vescicole
che verranno rimepite dal neurotrasmettitore e verranno aggiunte al pull di riserva per mantenerlo
sempre pieno.

4) Il rilascio del neurotrasmettitore dal terminale pre-sinaptico è dovuto al potenziale d'azione, è


proprio il potenziale d'azione a provocare il rilascio. I canali voltaggio-dipendenti rispondono al
potenziale d'azione facendo entrare lo ione Ca2+ ed è il calcio che legandosi alle membrane delle
vescicole già pronte (PULL DI RILASCIO) ne provoca il rilascio. In altre parole, l'entrata del calcio
provoca l'esocitosi del PULL DI RILASCIO . Con l'arrivo del potenziale d'azione quindi vengono
esocitate le 10-20 vescicole presenti nella zona attiva. Se il neurone deve continuare a funzionare è
necessario che arrivi un altro potenziale d'azione e il PULL DI RILASCIO deve essere immediatamente
sostituito da altre vescicole che sono presenti nel terminale ma non ancora ancorate.

5) Nei motoneuroni è presente il neurotrasmettitore ACETILCOLINA (ACh). I motoneuroni sono i


neuroni che attivano i muscoli striati, ossia, quelli che compongono la giunzione neuromuscolare che
è la sinapsi fra neurone e muscolo per attivare la contrazione. Acetilcolina è presente anche in altri
neuroni del SNC, non è esclusiva dei motoneuroni. Il neurotrasmettitore composto da
ACETILCOENZIMA A e COLINA, viene spinto all'interno delle vescicole sinaptiche. Questo processo
costa energia perché la molecola viene inserita nella vescicola CONTRO gradiente di concentrazione.

All'arrivo del potenziale d'azione, la vescicola contenente acetilcolina viene esocitata nella fessura
sinaptica.

6) Una volta liberato il neurotrasmettitore, esso va a prendere contatto con la membrana post-
sinaptica dove vi sono molecole specifiche per i neurotrasmettitori. Queste molecole sulla
membrana post-sinaptica sono chiamate RECETTORI DEI NEUROTRASMETTITORI, molecole che
legano il neurotrasmettitore. In realtà, però, questi recettori dei neurotrasmettitori sono, in molti
casi, CANALI IONICI LIGANDO-DIPENDENTI. Questi canali sono canali chiusi sulla membrana che si
aprono quando arriva un certo tipo di ligando, che in questo caso è il neurotrasmettitore. Sulla
membrana post-sinaptica vi sono quindi dei canali NEUROTRASMETTITORE(LIGANDO)-DIPENDENTI
anche detti CANALI CHIMICI, perché si aprono in seguito al legame con la molecola
neurotrasmettitore.

7) La trasmissione quindi era elettrica col potenziale d'azione nel terminale assonale pre-sinaptico, si
è poi trasformata in un tipo di trasmissione chimica perché viene rilasciato il neurotrasmettitore che

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si va a legare con un canale ligando-dipendente nella membrana post-sinaptica e quindi il tipo di
segnale diventa di nuovo elettrico perché la molecola che lega acetilcolina è un canale e quindi farà
entrare del sodio, in questo caso.

8)Dopo che acetilcolina si lega al recettore-canale e ne provoca l'apertura temporanea, viene tolta
dal recettore (a meno che non si voglia mantenere una risposta a lungo termine), spazzata via.
Dopodiché viene INATTIVATO dall'enzima ACETILCOLINESTERASI (AChE) presente nella fessura
sinaptica, che va a rompere la molecola neurotrasmettitore. Questa rottura è utile sia per
l'inattivazione sia per il suo riciclo. Questo meccanismo prevede un riciclo della membrana ma anche
un riciclo chimico delle stesse parti di neurotrasmettitore. L'acetil-CoA è una molecola molto diffusa
nel terminale; la COLINA, però, è una molecola che non è di facile sintesi e quindi è molto
importante questo meccanismo di riciclo. La colina viene ripresa dal terminale pre-sinaptico e
attraverso un enzima che catalizza la sintesi di acetilcolina unendo l'acetil-CoA con la COLINA si ha la
formazione di nuova acetilcolina che viene rinserita nelle vescicole sinaptiche. Il terminale assonale
ha meccanismi di riciclo della membrana e di parti del neurotrasmettitore che permettono di
recuperare e non disperdere le molecole importanti. E' importante che l'acetilcolinesterasi inattivi
l'acetilcolina per riutilizzare SOLO la colina per formare nuova Acetilcolina (l'Acetil-CoA è molto
presente nel terminale assonale quindi non c'è bisogno di riciclarlo).

9) A livello post-sinaptico, i recettori del neurotrasmettitore (sono specifici per il neurotrasmettitore


contenuto nelle vescicole) sono canali ligando-dipendenti. Nel caso di acetilcolina, i recettori sono
detti RECETTORI NICOTINICI. Si tratta di canali per il sodio (Na+). Il neurotrasmettitore viene
rilasciato, si attacca al recettore, lo apre e il canale lascia entrare il sodio.

10) A livello post-sinaptico, a differenza di quanto avviene nell'assone a livello pre-sinaptico, i segnali
elettrici presenti sul soma e sui dendriti e che dipendono dal rilascio del neurotrasmettitore e
dall'attivazione dei canali ligando-dipendenti sono segnali elettrici completamente diversi dal
potenziale d'azione. Con l'entrata dello ione sodio NON si forma un altro potenziale d'azione sui
dendriti e sul soma. Non si forma un altro potenziale d'azione perché i canali che si attivano non
sono numerosi come i canali del sodio voltaggio-dipendenti e in queste regioni NON ci sono i canali
VOLTAGGIO-DIPENDENTI per il sodio. Nei dendriti e nel soma vi sono solo i canali ligando-dipendenti
e nemmeno troppo numerosi. Di conseguenza, le correnti che vi sono sui dendriti e sul soma sono
diversi dal potenziale d'azione, pur essendo segnali elettrici. Questi potenziali si chiamano
POTENZIALI GRADUATI. Il potenziale d'azione è un segnale che non degrada ma si trasmette sempre
uguale lungo l'assone. Nel caso dei potenziali graduati, invece, essi si perdono e sono molto piccoli.

11) I segnali post-sinaptici sono piccole depolarizzazioni (variazioni del potenziale di membrana
estremamente ridotte), di 5-10 mV. Nella regione post-sinaptica vi sono canali ligando-dipendenti
che sono specifici per il neurotrasmettitore presente nelle vescicole.

TIPI DI NEUROTRASMETTITORE (classificazione dal punto di vista molecolare)

ACETILCOLINA, unico neurotrasmettitore non derivante da modificazioni di amminoacidi.

Neurotrasmettitori diffusi nel SNC, derivati di amminoacidi

GLUTAMMATO

ASPARTATO

GABA (Acido Gamma-amminobutirrico)

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GLICINA

Catecolamine, derivati di amminoacidi, sono molto simili fra loro

DOPAMINA

NORADRENALINA

ADRENALINA, prodotta dalle cellule cromaffini del SURRENE.

INDOLAMINA (Serotonina)

IMIDAZOLAMINA (Istamina)

Classificazione dal punto di vista funzionale; a seconda del canale presente nella regione post
sinaptica essi si dividono in:

-NEUROTRASMETTITORI A FUNZIONE ECCITATORIA, quei neurotrasmettitori che provocano


depolarizzazioni nella membrana post-sinaptica. Ad esempio, fanno entrare lo ione positivo SODIO e
quindi la membrana si depolarizza. Vi è meno negatività all'interno. Essi contribuiscono
all'eccitazione (attivazione del neurone):

GLUTAMMATO, che si lega al suo canale, fa entrare il sodio e crea una depolarizzazione

-NEUROTRASMETTITORI A FUNZIONE INIBITORIA

GABA, ha un canale per il CLORO, ione negativo molto concentrato all'esterno e poco all'interno e
quindi entra attraverso i canali. Porta una negatività nella cellula. I neurotrasmettitori di tipo
inibitorio causano un aumento della carica negativa all'interno della cellula post-sinaptica, causa
quindi un'IPERPOLARIZZAZIONE.

Alcuni neurotrasmettitori, però, hanno diversi tipi di recettori, alcuni a risposta eccitatoria altri a
risposta inibitoria.

TIPI DI RECETTORI

Non tutti i recettori sono canali ionici. Genericamente è più corretto chiamare questi recettori
RECETTORI PER I NEUROTRASMETTITORI anziché CANALI LIGANDO-DIPENDENTI.

I recettori possono essere di due tipi:

-RECETTORI IONOTROPICI, che sono canali ionici ligando-dipendenti che in generale lasciano
passare una sola specie ionica. Questo passaggio provoca una piccola depolarizzazione dell'interno
della membrana del neurone post-sinaptico.

-RECETTORI METABOTROPICI, Acetilcolina ad esempio ha un recettore sia ionotropico sia


metabotropico. Essi non sono mai nella stessa sinapsi perché i due tipi di recettori hanno funzioni
differenti. In questo caso il neurotrasmettitore si lega al recettore metabotropico che però non è un
canale ionico. SI tratta di una molecola transmembrana che si modifica in seguito al legame con il
neurotrasmettitore. Modifica la sua parte citosolica.

Molti di questi recettori si sono accoppiati a delle proteine G che sono costituite da più subunità e il
legame del neurotrasmettitore al suo recettore metabotropico provoca l'attivazione della proteina G

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con la separazione della subunità alpha che va ad attivare un altro enzima.

Il legame del neurotrasmettitore al recettore metabotropico provoca una CATENA DI


TRASDUZIONE DEL SEGNALE, una serie di reazioni intracellulari nel neurone post-sinaptico che ha
come scopo finale l'attivazione di un canale.

Nel caso dei recettori ionotropici, il neurotrasmettitore attiva il canale direttamente. Nel caso del
recettore metabotropico, l'effetto finale è sempre l'attivazione di un canale ma avviene con un
meccanismo più complesso che prevede varie reazioni intracellulari. Lo scopo finale è comunque
sempre quello di attivare il canale. Il canale in questo caso può anche non essere localizzato nella
parte di membrana vicina al recettore metabotropico, non è necessario che i canali che rispondono a
questa catena di segnale siano localizzati nella sinapsi. Nel caso del recettore ionotropico, invece, la
regione post-sinaptica del neurone deve avere il recettore ionotropico per quel neurotrasmettitore.

I canali ionici che rispondono ai recettori metabotropici sono canali che rispondono a cambiamenti
interni alla cellula. Essi rispondono ai neurotrasmettitori che si legano ai recettori metabotropici che
avviano una serie di reazioni che vanno a modificare dall'interno della cellula i canali per provocarne
l'apertura.

POTENZIALI POST-SINAPTICI ECCITATORI E INIBITORI

I neurotrasmettitori sia attraverso i recettori ionotropici (più direttamente) sia attraverso i recettori
metabotropici provocano dei segnali elettrici sulla membrana del neurone post-sinaptico. Questi
segnali elettrici prendono il nome di potenziali post-sinaptici. Ogni singolo potenziale post-sinaptico,
dovuto al singolo rilascio di neurotrasmettitore causato dal singolo potenziale d'azione è un piccolo
potenziale, di pochi mV (circa 10mV).

I potenziali post-sinaptici possono essere:

-EPSP (potenziale post-sinaptico eccitatorio), causato da un neurotrasmettitore di tipo eccitatorio. Il


neurotrasmettitore ha recettori che provocano correnti di tipo eccitatorio, come le entrate di sodio
che sono depolarizzazioni.

-IPSP (potenziale post-sinaptico inibitorio), causato da un neurotrasmettitore di tipo inibitorio, come


il GABA. Il neurotrasmettitore ha recettori (come i canali per il CLORO o per il potassio) che
provocano un aumento della negatività all'interno e quindi il potenziale di membrana diventa più
negativo di -70mV.

La zona sinaptica è molto piccola. Se attraverso questa zona entra della carica positiva, questa carica
positiva si spargerà un po' intorno (dispersione di carica), perché le zone adiacenti hanno cariche
negative che attraggono la carica positiva. La carica entrata va a disperdersi nelle zone adiacenti e
nel giro di pochi mm si esaurisce. L'effetto della singola sinapsi è minimo. I potenziali post-sinaptici
singoli sono di poca entità e se fossero soli non ci sarebbero conseguenze sul neurone. Si chiamano
graduati proprio perché si disperdono: sono più forti nella regione sinaptica poi vanno a disperdersi
ai lati di essa.

Soma e dendriti sono bombardati da sinapsi, quindi, in realtà ciò che succede è che i vari potenziali
post-sinaptici si sommano fra loro in due modi.

Ogni contatto sinaptico provoca un piccolo potenziale post-sinaptico che può essere eccitatorio o
inibitorio a seconda del tipo di neurotrasmettitore. Il neurone è bombardato sia da segnali di tipo

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eccitatorio sia da segnali di tipo inibitorio. Un neurone deve sommare tutti i segnali in arrivo e trarre
una risposta. Se prevarrà l'eccitazione, il neurone si attiverà. Se prevarrà l'inibizione, il neurone si
inibirà.

I potenziali post-sinaptici si sommano in due modi:

-SOMMAZIONE TEMPORALE è la sommazione dei segnali a livello di una singola sinapsi, in una stessa
regione. Una sinapsi può essere attivata una singola volta e quindi provocare nella membrana post-
sinaptica un singolo potenziale post-sinaptico oppure da questo terminale post-sinaptico può
arrivare un gran numero di potenziali d'azione e quindi una continua serie di potenziali post-sinaptici
uno dopo l'altro. Questi potenziali post-sinaptici fanno si si crei una depolarizzazione che può essere
elevata. Da questa regione, però, la carica deve spostarsi ed arrivare in un'altra regione di
membrana.

-SOMMAZIONE SPAZIALE è la somma di tutti i segnali post-sinaptici che arrivano al neurone. Il


neurone in diverse regioni della sua membrana nel soma e nei dendriti riceve dei neurotrasmettitori
che attivano correnti post-sinaptiche di per sé molto piccole ma che si vanno a sommare a quelle
degli altri. I vari segnali eccitatori si sommano provocando correnti positive nella membrana del
soma che tenderà a decorrere verso la regione del monticolo assonale. La regione del monticolo
assonale è quella che segna il confine nel neurone fra la regione di ricezione degli stimoli (soma e
dendriti) e la regione di invio del segnale (assone) dove si invia il potenziale d'azione. Nel monticolo
assonale si decide il destino del neurone: a seconda delle correnti post-sinaptiche che arrivano. Se la
sommazione di tutti gli stimoli (cariche positive e negative) provoca in questa regione un
superamento della soglia di -55mV. Se queste cariche in arrivo dal soma e dai dendriti sono più
positive che negative significa che potrebbero spostare il potenziale di membrana negativo da -
70mV a valori lievemente superiori (-55mV). Se questo potenziale è raggiunto ecco che scatta il
potenziale d'azione, quindi il neurone si attiva, attiva i bottoni sinaptici e i neurotrasmettitori per
continuare un circuito di cui questo neurone fa parte. Esso ha ricevuto segnali eccitatori che
superano quelli inibitori e quindi si attiva. Se invece i segnali di tipo inibitorio prevalgono, ossia
vengono introdotte molte cariche negative le quali bloccheranno l'insorgenza del potenziale d'azione
nella regione del monticolo assonale.

Il neurone riceve sul suo soma e sui suoi dendriti tanti piccoli segnali di tipo eccitatorio o inibitorio,
da origine a delle correnti che degradano ma che possono essere potenziate da altri contatti
sinaptici. Queste correnti si sommano sino ad arrivare al monticolo e a seconda della carica che
prevale:

-se prevale quella positiva e riesce a spostare il potenziale di membrana da -70 a -55mV si attiverà un
segnale elettrico chiamato potenziale d'azione.

-se invece vi saranno più cariche negative, il neurone non si attiverà e non attiverà il suo segnale.

FISIOLOGIA (SISTEMA CARDIOVASCOLARE)


CENNI DI ANATOMIA

Nel sistema cardiovascolare troviamo:

-PICCOLA CIRCOLAZIONE, che parte dal ventricolo destro, che proietta il sangue verso i polmoni.
All’interno dei polmoni avvengono gli scambi gassosi, entra ossigeno che si lega all’emoglobina nei
globuli rossi ed esce CO2. Poi il sangue refluo dai polmoni torna verso l’atrio sinistro dal quale passa
al ventricolo di sinistra per poi andare nella grande circolazione, ossia in AORTA che porta il sangue

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in tutto l’organismo, dopodiche` il sangue rientra al cuore (atrio destro). Due atri e due ventricoli
sono separati.

Nel nostro sistema cardiocircolatorio sono contenuti circa 4.5/5 litri di sangue, pari al 7% del peso
corporeo di un individuo normopeso.

Esistono dei distretti ad alta e bassa pressione:

-ALTA PRESSIONE, la troviamo nel circolo sistemico, nelle arterie di grande calibro.

-BASSA PRESSIONE

Esistono vari tipi di vasi sanguigni:

-VASI DI DISTRIBUZIONE, che veicolano il sangue verso i vari comparti corporei ma non scambiano
(non cedono metaboliti e non rendono cataboliti), ad esempio l’aorta

-VASI DI SCAMBIO, ad esempio i capillari, dove avviene lo scambio fra metaboliti e cataboliti.

Le arterie sono i vasi efferenti, che portano il sangue dal cuore alla periferia mentre le vene sono i
vasi efferenti, cioe` che portano il sangue dalla periferia al cuore.

Il circolo polmonare/sistemico riceve tutta la gittata cardiaca, che e` la quantita` di sangue che il
cuore (ventricolo) pompa in un certo tempo (minuto). GC=5 litri (a riposo).

Gli scambi gassosi (circolo polmonare) avvengono per un meccanismo di diffusione (O2 entra e CO2
esce) nella grande circolazione si incontrano fenomeni di resistenza. La resistenza e` la difficolta` del
sangue nel procedere avanti (la fatica che il sangue fa).

Nella piccola circolazione abbiamo una pressione media di circa 15 mmHg, nella grande circolazione
abbiamo una resistenza superiore, di circa 93 mmHg. L’insieme delle resistenze (resistenza in un
vaso+resistenza in un altro vaso) da quella che si chiama RPT, resistenza periferica totale, ossia la
somma di tutte le resistenze che il sangue incontra nel procedere nel sistema cardiovascolare.

Esistono vari tipi di circolazioni distrettuali all’interno della circolazione sistemica:

-Circolazione cerebrale

-Circolazione cutanea

-Circolazione muscolare

-Circolazione coronarica

-Circolazione Splancnica

-Circolazione renale

RIPARTIZIONE DEL SANGUE NEL SISTEMA CARDIO-CIRCOLATORIO

Il sangue, in massima parte, (valori di riferimento a riposo) è concentrato per il 64% all’interno delle
vene, dette anche vasi di capacita`, per il 9% nella piccola circolazione, per il 5% nei capillari ecc…

I vasi di resistenza offrono maggiore resistenza, essi sono le ARTERIOLE o PICCOLE ARTERIE (circa il
47% delle resistenze è concentrato nelle piccole arterie). Le piccole arterie hanno una parete non

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elastica ma di natura muscolare, cioè composta da muscolo liscio. Un’altra abbondante quota di
resistenze è concentrata nei capillari (25-30%).

Arteriole e capillari esercitano la gran parte delle resistenze, seguono le arterie, quasi il 20% poi le
vene, che accolgono la maggior parte del sangue.

PERFUSIONE DEGLI ORGANI (RIPARTIZIONE DEL SANGUE AGLI ORGANI)

Il muscolo scheletrico che ha un peso di 30 kg, riceve la stessa quantità di sangue dei reni che invece
pesano 300g l’uno. Questo da un’idea del grande afflusso di sangue ai reni. La perfusione può essere
indicata o come litri/minuto oppure in percentuale.

CONSUMO DI OSSIGENO

Forma di misura per capire l’attività metabolica di un organo:

-osservando il Delta (a-v, ossia sangue in entrata arterioso e sangue in uscita venoso) dell’ossigeno ci
rendiamo conto di quanto ossigeno consuma un organo, ossia, si guarda la quantità di ossigeno
contenuta nel sangue che entra in un organo e la quantità di ossigeno contenuta nel sangue in
uscita: se c’è stata una grande attività metabolica, l’organo avrà sottratto parecchio ossigeno e
quindi la differenza in entrata ed in uscita sarà significativa, se l’attività metabolica è stata scarsa, la
differenza sarà meno marcata.

GITTATA CARDIACA (GC)

È la quantità di sangue eiettata dal ventricolo in un minuto. A riposo è circa 5 litri. Due fattori
influenzano la gittata cardiaca:

-FREQUENZA CARDIACA, il numero di battiti del cuore in un minuto. Si misura con il polso radiale,
circa 70 battiti/minuto.

-GITTATA SISTOLICA, quantità di sangue eiettata (mandata fuori dal ventricolo) in un singolo battito.
Quando il ventricolo va in contrazione e manda fuori il sangue (sistole ventricolare), ad esempio il
ventricolo sinistro manda il sangue in aorta, ne manda fuori una certa quantità, questa quantità si
chiama gittata sistolica.

Se moltiplico la gittata cardiaca [70 battiti/minuto] X gittata sistolica (a riposo 70ml, ogni volta il
ventricolo manda fuori 70ml di sangue)= 4900ml quindi 5000ml quindi 5l.

Ciò significa che se un individuo ha 5l di sangue al suo interno e il cuore ne pompa 5l al minuto, è
come dire che il cuore pompa tutto il sangue (in condizioni di riposo) tutto il sangue che un soggetto
ha nel proprio corpo in un minuto.

La gittata cardiaca (GC) può variare perché può variare sia la gittata sistolica sia la frequenza
cardiaca.

Qualora si faccia attività fisica, la frequenza cardiaca aumenta, addirittura può più che raddoppiare.
Se a riposo è 70bpm, essa può tranquillamente superare i 140 bpm.

La gittata sistolica (70ml) può al massimo andare in contro ad un raddoppio. Questo ci dice che in
condizioni di attività fisica la gittata cardiaca potrà variare in maniera estremamente elevata, infatti
la GC se si esegue una camminata, può passare da 5 a 7-7.5l/min.

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Se si compie un’attività protratta ed intensa la gittata cardiaca può raggiungere anche i 20-25 litri
(dai 5litri di base).

La gittata cardiaca è intermittente perché il cuore pompa il sangue ad intermittenza: il sangue esce,
poi si ferma, poi il cuore lo rimanda fuori. Il sangue ha un flusso intermittente in uscita dal cuore,
mentre diventa continuo in fase di ritorno al cuore. Se non diventa continuo, si avrà una
compromissione degli scambi a livello capillare. Il flusso diventa continuo grazie a due fattori:

-ELASTICITÀ DELLE ARTERIE DI NATURA ELASTICA (arterie più prossime al cuore) come l’aorta che
hanno nella loro parete una grande componente elastica, tale per cui quando il sangue viene
mandato nel vaso esso si dilata transitoriamente e quando il cuore va in diastole e non invia piò il
sangue il vaso torna al calibro di origine (funziona come un elastico).

-RESISTENZA PERIFERICA (resistenza offerta dalle arteriole)

Nelle vene si osserva una unidirezionalità del flusso data dalle valvole in esse presenti.

PERFUSIONE DEGLI ORGANI (a riposo e sotto sforzo)

Distretto circolatorio A RIPOSO ESERCIZIO FISICO Ragione


GC=5.5 GC=27.5
Polmoni 100% 100% Tutto il sangue deve
passare dai polmoni
sia a riposo che
durante esercizio
fisico (per scambi
gassosi)
Cervello 12-15% 3-4% Diminuisce la
perfusione a riposo e
durante l’esercizio
fisico. Non vi sono
grandi modificazioni in
senso assoluto
Cuore 4-5% 4-5% Perfusione invariata
fra organismo a riposo
e organismo sotto
sforzo. Il cuore ha un
aumento in senso
assoluto della
perfusione dovuto al
fatto che il 5% di 27.5
(gittata cardiaca
durante esercizio
fisico) supera di molto
il 5% di 5 (gittata
cardiaca a riposo)
Sistema Gastro-intestinale 20% 3-5% Calo della perfusione
Rene 20-24% 2-4% Calo della perfusione
Muscolo scheletrico 18-22% 80-85% A riposo molto simile
a quella del rene (circa
1 L). La percentuale
quadruplica durante
l’esercizio fisico. Si

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tratta di una gittata
cardiaca
quadruplicata che
però è di 5 volte
superiore rispetto al
basale (in confronto al
rene). Ossia il muscolo
scheletrico riceve
l’80% di 27.5litri.
Cute 3-7% 80-85% Si tratta dello stesso
sangue che passa per
il muscolo scheletrico,
ossia, quando si
compie un’attività
fisica, il sangue va più
verso il muscolo
scheletrico (aumenta
maggiormente la
perfusione degli arti
inferiori ad esempio),
Quando il sangue
passa per il muscolo
scheletrico che sta
svolgendo un’attività
intensa, sviluppa
calore. Allora il sangue
oltre a portare
nutrienti si carica di
calore e lo va a
disperdere verso la
cute (arrossamento
della cute e
sudorazione, per
disperdere calore).
L’arrossamento è
dovuto al fatto che il
sangue si porta più
verso la superficie
cutanea.
CENNI DI ANATOMIA MACROSCOPICA DEL CUORE

Il cuore ha la grandezza di un pugno, è un organo cavo che misura dalla base all’apice (estremità
inferiore sx) circa 12 cm e circa 9cm trasversalmente, 6 cm antero-posteriormente. La parte esterna
del cuore è coperto da un sottile strato di cellule (epicardio) che è lo strato interno del sacco
pericardico. Lo strato esterno di questo sacco è il pericardio. Il pericardio esterno è detto pericardio
parietale, quello interno è detto pericardio viscerale.

Il cuore è composto da 2 atrii posti superiormente ai 2 ventricoli. Di entrambi ne esiste uno dx e uno
sx.

Atrio e ventricolo sx sono in comunicazione così come atrio e ventricolo dx, mentre nell’adulto non vi
è comunicazione fra atrio di sx e di dx, lo stesso vale per i ventricoli.

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Gli atri hanno una parete molto sottile, la loro parete muscolare non è particolarmente importante. I
ventricoli, invece, hanno una parete muscolare molto sviluppata (spessa), in particolare il ventricolo
sinistro. Il ventricolo sinistro deve pompare il sangue all’interno della grande circolazione, all’interno
della quale vi sono una grande resistenza e una grande pressione e perciò occorre una maggiore
performance (per la contrazione).

Gli atri ed i ventricoli sono separati da uno scheletro fibroso sul quale sono ancorate le valvole atrio-
ventricolari:

-MITRALE (BICUSPIDE), a sinistra, data da due lembi valvolari

-TRICUSPIDE, a destra, data da 3 lembi valvolari.

Vi sono due ulteriori valvole:

-AORTICA (ventricolo di sinistra), possiede 3 lembi.

-POLMONARE (ventricolo di destra), possiede 3 lembi.

Le valvole regolano il flusso. Le valvole non sono dotate di movimento proprio (non esiste un
muscolo che apre o chiude le valvole). Le valvole subiscono l’apertura e la chiusura in funzione delle
pressioni che vi sono da un lato e/o dall’altro della valvola, un po’ come una porta di un ambiente
senza maniglia, vince la pressione (spinta) più forte. Se la pressione nel ventricolo sinistro è maggiore
a quella che è in aorta, la valvola aortica si apre, viceversa si chiude.

Nelle valvole atrio-ventricolare si trovano delle CORDE TENDINEE, queste ancorano la valvola a dei
muscoli che si trovano nella camera ventricolare, i MUSCOLI PAPILLARI, questo sistema fa si che
quando la valvola va in chiusura poi non si rovesci all’interno dell’atrio, ma rimane in tensione
facendo sì che la valvola possa reggere e venga tenuta, garantendo un certo contenimento valvolare.

CIRCOLAZIONE CORONARICA

Il cuore è irrorato dalle coronarie (rami dell’aorta ascendente).

I vasi in entrata ed in uscita si trovano nella parte superiore del cuore. Quando il ventricolo va in
contrazione dovrà ridurre tutti i suoi diametri. Il ventricolo non si contrae riducendo solo i diametri
trasversali, il sistema funziona in modo che la contrazione permetta un avvicinamento dell’apice
verso la base e il sangue viene indirizzato verso i vasi in uscita (nel caso del ventricolo sx l’aorta).

Le valvole atrioventricolari funzionano in modo che se la pressione del ventricolo è sotto quella
dell’atrio (leggi anche: se la pressione dell’atrio è maggiore di quella del ventricolo) si aprono
permettendo al sangue di passare dall’atrio (posto superiormente) al ventricolo (posto
inferiormente).

Lo scheletro fibroso su cui sono ancorate le valvole isola dal punto di vista elettrico la zona atriale
dalla zona ventricolare (posto in orizzontale fra atrio e ventricolo). Su questo scheletro però è
presente un passaggio attraverso il quale passa l’impulso elettrico detto FASCIO DI HIS.

La contrazione del cuore è detta sistole mentre il rilassamento è detto diastole.

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Il cuore di destra alimenta il circolo polmonare, sicché il sangue spinto dal ventricolo destro trova
sbocco nell’arteria polmonare (flusso regolato dalla valvola polmonare). Il ventricolo sinistro, invece,
spinge il sangue nella circolazione sistemica sicché il sangue dal ventricolo sinistro attraverso la
valvola aortica viene eiettato nell’arteria AORTA.

Esistono quindi, di fatto, due pompe in serie:

-CUORE DESTRO che alimenta il circolo polmonare (per ossigenare il sangue tramite gli scambi
gassosi a livello degli ALVEOLI nei polmoni)

-CUORE SINISTRO che alimenta il circolo sistemico (scambio a livello dei distretti periferici fra O2 e
CO2).

DISPOSIZIONE ANATOMICA DELLE FIBRE MUSCOLARI

Poiché i vasi si trovano nella parte superiore del cuore, le fibre cardiache hanno una disposizione
spiralata, ossia formano attorno al ventricolo una sorta di spirale. Questo comporta che quando
queste fibre andranno in contro ad un fenomeno di contrazione è come se esse fossero un'unica
cellula che si contrae all’unisono riducendo tutti i diametri (SINCIZIO FUNZIONALE). La disposizione
spiralata delle fibre muscolari cardiache consente un’efficiente eiezione di sangue dai ventricoli
verso l’arteria polmonare e l’aorta.

La disposizione spiralata delle fibre muscolari consente all’impulso nervoso di passare in maniera
corretta attraverso le sinapsi di natura elettrica. Di conseguenza, si riducono tutti i diametri durante
la sistole ed aumenta la pressione all’interno del ventricolo; il sangue viene mandato all’interno del
vaso sanguigno (aorta e arteria polmonare).

Il cuore è dunque un SINCIZIO FUNZIONALE.: le cellule cardiache sono mononucleate e le fibre


muscolari sono striate.

L’impulso nervoso seguirà un andamento rettilineo piuttosto che con anse e curvature. L’impulso
nervoso non segue un andamento a curvature grazie alla presenza dei dischi intercalari nei quali si
trovano le sinapsi di natura elettrica. In queste strutture vi sono le sinapsi di natura elettrica nelle
quali la resistenza di membrana è pari a 1/400 rispetto alle altre zone. E’ chiaro che ciò facilita il
passaggio dell’impulso elettrico, seguendo la disposizione delle sinapsi di natura elettrica e quindi ciò
permette all’impulso di passare molto più rapidamente e di seguire un andamento perlopiù
rettilineo. Nei miociti comuni si ha il passaggio di natura elettrica a livello dei dischi intercalari.

CARATTERISTICHE DEI MIOCITI

Le cellule del cuore possiedono 4 caratteristiche che non ritroviamo in altri distretti corporei:

1. ECCITABILITA’ o BATMOTROPISMO, cioè la capacità di generale potenziali d’azione, ossia,


dare origine ad un fenomeno elettrico propagato. Nel cuore esistono delle cellule chiamate
CELLULE NODALI, dette anche PACEMAKER. Inoltre, nel cuore è presente un PACEMAKER
PRINCIPALE, il NODO DEL SENO ATRIALE ed un pacemaker secondario, NODO
ATRIOVENTRICOLARE. Nei pacemaker si origina spontaneamente il potenziale d’azione. A
livello delle cellule nodali si origina spontaneamente il potenziale d’azione.
2. AUTOMATISMO o CRONOTROPISMO, ossia la capacità di dare origine ad un’eccitazione
ritmica indipendentemente dall’innervazione estrinseca, ossia, i pacemaker si eccitano in

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maniera ritmica (se non vi è ritmo, è presente un’aritmia, o extrasistole). L’innervazione
estrinseca ad opera del Sistema Nervoso Ortosimpatico e Parasimpatico condiziona, però,
l’attività cardiaca. L’innervazione cardiaca, grazie ad una particolare terapia farmacologica è
in grado di modulare significativamente l’attività del cuore.
3. CONDUCIBILITA’ o DROMOTROPISMO, ossia la capacità di propagare il fenomeno elettrico
che parte dal pacemaker all’intera massa muscolare del miocardio.
4. CONTRATTILITA’ o INOTROPISMO, la capacità di accoppiare il fenomeno elettrico al
fenomeno meccanico. Cioè quando nella cellula arriva l’evento elettrico essa risponde con
una contrazione, eccitata dall’evento elettrico si contrae.

Dalla zona dove sono sorti spontaneamente i potenziali d’azione essi migrano in maniera opportuna
nella massa cardiaca (VENGONO CONDOTTI), poi le cellule che compiono il lavoro andranno in
contro a contrattilità od inotropismo.

LE DUE POPOLAZIONI CELLULARI DEL CUORE

Nel cuore possiamo trovare due popolazioni di cellule:

-MIOCARDIO SPECIFICO, all’interno di esso, a sua volta si trovano altri due gruppi di cellule:

a) CELLULE NODALI, le cellule in grado di generare l’eccitazione: NODO DEL SENO ATRIALE (principale
pacemaker del cuore che in condizioni fisiologiche detta il ritmo, ossia, la frequenza cardiaca) e
NODO ATRIOVENTRICOLARE (PACEMAKER SECONDARIO), dove si genera il potenziale d’azione. Esse
non si contraggono.

b) cellule in grado di propagare rapidamente il potenziale d’azione. Le cellule del miocardio specifico
deputate alla conduzione dell’impulso sono:

-le cellule che costituiscono il fascio di HIS

L’impulso nasce a livello del Nodo del Seno Atriale (LOCALIZZATO NELL’ATRIO DESTRO) e viene
veicolato da 3 fasci verso il nodo atrioventricolare. Il fascio di Bachmann che PORTA L’IMPULSO
VERSO L’ATRIO DI SINISTRA.

L’impulso dal nodo del seno atriale attraverso i fasci internodali (fra i due nodi) arriva al nodo
atrioventricolare da dove origina il fascio di HIS che passa attraverso l’apertura posta sullo scheletro
fibroso collocato fra atri e ventricoli.

Da qui il fascio di His si biforca e da origine a due strutture: BRANCA SINISTRA E DESTRA DEL FASCIO
DI HIS, le quali decorrono rispettivamente a sinistra e a destra del setto INTERVENTRICOLARE. Le due
branche portano l’impulso verso l’apice e si ha la risalita lungo le pareti ventricolari grazie alle fibre
di Purkinje. Tutte queste strutture fanno parte del sistema di propagazione ad alta velocità presente
nel cuore. Nodo del seno atriale e nodo atrio ventricolare, invece, generano il potenziale.

-MIOCARDIO DI LAVORO, le cellule di lavoro sono le cellule che accoppiano l’eccitazione


all’inotropismo (contrattilità), ossia, sono quelle che si contraggono dopo aver ricevuto lo stimolo, ed
allo stimolo accoppiano l’evento meccanico. All’eccitazione elettrica segue dunque l’evento
meccanico della contrazione. Il fatto che esse compiano un “LAVORO” è dato dal fatto che il 30% di
esse è occupato dai mitocondri. Una cellula con un’importante presenza di mitocondri è una cellula
che svolge un importante lavoro. Le cellule atriali e ventricolari possiedono i DISCHI INTERCALARI,

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ossia, quelle parti che permettono un’agevole propagazione dell’impulso grazie ad una bassa
resistenza di membrana.

POTENZIALE D’AZIONE DEI MIOCITI

I potenziali d’azione non sono tutti uguali; in funzione della caratteristica del potenziale d’azione si
possono distinguere i miociti in due popolazioni:

1) POTENZIALI D’AZIONE A RISPOSTA RAPIDA.


IL NODO DEL SENO ATRIALE E IL NODO ATRIOVENTRICOLARE NON PRESENTANO UN
PLATEAU.
2) IL RESTO DEI MIOCITI PRESENTA UN PLATEAU.

Differenze fra i due tipi di potenziali d’azione:

● Il potenziale di riposo è notevolmente diverso: nella risposta rapida (tutte le cellule a parte i
nodi) il potenziale di riposo è più negativo, attorno ai -85, -90mV, ossia, il potenziale di
equilibrio elettrochimico che Nerst ha stimato per il potassio. In queste cellule abbiamo un
potenziale di riposo vicino al potenziale di equilibrio elettrochimico per il potassio. Questo ci
indica che vi è una grande permeabilità passiva (attraverso i canali passivi) per il potassio,
cosa che non avviene nella risposta lenta.
● La fase di depolarizzazione è estremamente rapida (risposta rapida) mentre è più lenta nella
risposta lenta
● Il Delta in millivolt. Nella risposta rapida si parte da -90mV e si arriva a +20, ossia la
differenza è di 110mV. Il salto è di 110mV. Nella risposta lenta il salto in mV è decisamente
inferiore.
● Nella risposta rapida si ha una fase di PLATEAU, ciò non si ha nella risposta lenta.
● La durata del PERIODO REFRATTARIO, divisibile in:
-PRA (periodo refrattario assoluto)
-PRR (periodo refrattario relativo)

Il periodo refrattario relativo nella risposta lenta è più lungo della risposta rapida.

BASI IONICHE DELLA RISPOSTA RAPIDA

0) Abbiamo un potenziale di riposo di -90mV.


1) Ad un certo punto si aprono i CANALI DEL SODIO VOLTAGGIO-DIPENDENTI, attraverso questi
canali passa lo ione sodio, che si era accumulato al di fuori della cellula grazie all’attività
della pompa sodio-potassio ATPasi e si introduce nella cellula. L’apporto di cariche positive
nell’ambiente intracellulare negativo fa sì che l’ambiente diventi positivo (da -90mV a
+20mV).
2) Ad un certo punto si chiudono i canali per il sodio e si riduce/termina la permeabilità del
sodio.
3) Si ha una fase di rapida ripolarizzazione conseguente alla fuoriuscita di ioni potassio (K+) per
l’apertura dei canali del potassio RAPIDI.
4) Di seguito si ha una lunga fase di plateau, che non significa che non vi sia flusso ionico ma
significa che non vi è una variazione in mV. Nella fase di plateau si ha flusso ionico ma lo si
può immaginare come una fase in cui le cariche in entrata e le cariche in uscita siano

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identiche. Entra ione calcio ed esce ione potassio. In questa fase di plateau si ha
l’internalizzazione di ione calcio all’interno del miocita. Lo ione calcio ha varie funzioni: in
particolare, il calcio LIBERO è importante per la contrazione muscolare. In questa fase
l’entrata dello ione calcio è controbilanciata dalla perdita di ione potassio.
5) Al termine della fase di plateau si ha una riduzione della permeabilità al calcio, ossia, il calcio
smette di entrare, aumenta la permeabilità al potassio che va all’esterno della cellula.
Nell’ambiente vengono sottratte cariche positive (il potassio è uno ione positivo) e si ha la
fase di RIPOLARIZZAZIONE, il potenziale scende e torna alle origini.
6) Il potenziale in questa fase è pari a quello della fase iniziale (-90mV).

7)

BASI IONICHE DELLA RISPOSTA RAPIDA (PERIODI REFRATTARI)

Si ha una depolarizzazione grazie all’entrata del sodio e il potenziale passa da -90mV a +20 mV. Si
chiudono i canali del sodio e la permeabilità al sodio viene meno, si ha una ripolarizzazione rapida,
con cambio di potenziale (da +20 cala verso lo 0), dovuta alla fuoriuscita di ioni potassio. Si ha una
fase di plateau in cui si ha un’entrata di Calcio ed una fuoriuscita di Potassio, aumenta il calcio libero
nella cellula. Termina la permeabilità al calcio, aumenta la permeabilità al potassio che va fuori e si
torna alle origini. Rispetto alla durata del potenziale d’azione neuronale la durata del potenziale
d’azione della risposta rapida è 80-100 volte in più, la durata del potenziale d’azione è fra i 2-5 ms
mentre questo potenziale è molto più lungo, circa 300 ms. Si ha un periodo refrattario assoluto
parecchio lungo ed un periodo refrattario relativo più corto rispetto alla risposta lenta (non al
neurone).

DIFFERENZE FRA MUSCOLO SCHELETRICO E MUSCOLO CARDIACO

SINGOLO STIMOLO NELLA FIBRA MUSCOLARE SCHELETRICA: L’evento meccanico si trova al di fuori
del periodo di refrattarietà ed avviene successivamente all’evento elettrico senza che vi sia
sovrapposizione fra i due eventi (come avviene nella fibra muscolare cardiaca). Ossia l’evento
meccanico segue l’evento elettrico.

SINGOLO STIMOLO NELLA FIBRA MUSCOLARE CARDIACA: in virtù del fatto che nella cellula
muscolare cardiaca si ha l’entrata dello ione calcio che è coinvolto nei processi di contrazione
muscolare. Si ha uno stimolo, il potenziale d’azione e l’evento meccanico. L’evento meccanico NON è
perfettamente sovrapponibile all’evento elettrico però l’evento meccanico cade integralmente
all’interno del periodo di refrattarietà mentre nel muscolo scheletrico avveniva fuori dal periodo di
refrattarietà.

CONSEGUENZE, EFFETTI FUNZIONALI:

DIVERSI STIMOLI NELLA FIBRA MUSCOLARE SCHELETRICA: si hanno vari stimoli efficienti (ossia
stimoli a cui la cellula ha dato una risposta dando luogo ad un potenziale d’azione. Se do uno stimolo
al tempo 0 e do uno stimolo ravvicinato (dopo 75 ms), osservo che quando do il secondo stimolo il
muscolo scheletrico non si è decontratto completamente ma se do uno stimolo dopo 75ms trovo la
fibra muscolare scheletrica ancora pre-contratta. Ciò significa che la fibra è ancora parzialmente
contratta come conseguenza allo stimolo che è arrivato prima (al tempo 0). Lo stimolo al tempo 0
determina la contrazione, qualora io dia degli stimoli diradati nel tempo allora avrò delle contrazioni
INDIPENDENTI (una nasce e finisce, dopodiché un’altra nasce e finisce). Viceversa, se do degli stimoli
ad elevata frequenza avrò una SOMMAZIONE: avrò un effetto detto CONTRAZIONE SU

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CONTRAZIONE, ossia la contrazione si somma alle contrazioni precedenti (agli effetti delle
contrazioni precedenti) sino a raggiungere una contrazione massima detta anche CONTRAZIONE
TETANICA. Questo è funzionale perché dando un treno di stimoli ad elevata frequenza potrò
generare nel muscolo scheletrico una maggiore tensione e ciò mi servirà eventualmente per ad
esempio sollevare un determinato carico. La somma di stimoli ad elevata frequenza fa si che io abbia
delle sommatorie di contrazione e quindi aumenta la tensione.

DIVERSI STIMOLI NELLA FIBRA MUSCOLARE CARDIACA: il muscolo cardiaco è come se fosse una
pompa a 2 tempi. Do uno stimolo al tempo 0, stimolo efficiente a cui segue il potenziale d’azione e la
contrazione. Se, però, do degli stimoli ad elevata frequenza, questi stimoli li do ma non generano un
potenziale d’azione od una contrazione perché questi stimoli si trovano all’interno del periodo di
refrattarietà per cui, si può stimolare la fibra muscolare cardiaca ma il muscolo cardiaco non
reagisce, perché avviene nel periodo refrattario e non dà origine al potenziale d’azione. Avrò un
potenziale d’azione solo quando è terminato il periodo di refrattarietà. Quando terminerà il periodo
di refrattarietà, però, la cellula si è già decontratta. Questo permette di avere degli eventi meccanici
separati nel tempo e mai avere nel muscolo cardiaco una sommatoria di eventi meccanici perché se
avessi una sommatoria di eventi meccanici equivarrebbe a dire che dopo la sistole ventricolare, il
ventricolo si ostinasse a rimanere contratto. Se lo facesse, il sangue non andrebbe in aorta dal
ventricolo di sx. Sarebbe una fatica inutile. Il fatto che vi sia il PLATEAU, con l’entrata del calcio
durante questa fase e che esso sia utile alla contrazione e che l’evento meccanico avvenga
all’interno del periodo di refrattarietà permette al cuore di funzionare come una pompa che si può
caricare e poi eiettare il sangue, e così via… senza avere un fenomeno di sommazione di contrazione.

La lunga durata del periodo refrattario nel muscolo cardiaco previene la CONTRAZIONE TETANICA
(CONTRAZIONE MASSIMA DEL MUSCOLO).

BASI IONICHE DELLA RISPOSTA LENTA: AUTORITMICITA’

Fasi ioniche del potenziale delle cellule nodali

Abbiamo un potenziale meno negativo (-60mV rispetto ai -90mV della risposta rapida). Abbiamo un
potenziale instabile, ossia, l’instabilità è data dall’ingresso netto di ioni sodio. Gli ioni sodio passano
perché vi sono i CANALI Funny (F) che danno luogo alla corrente FUNNY, ossia, abbiamo un’entrata
di ioni sodio. L’entrata di cariche positive fa sì che il potenziale di membrana da valori negativi si
porti a valori sempre negativi ma meno negativi, ossia, sino a -40mV, il LIVELLO SOGLIA.

A questo punto, si chiudono i canali funny per il sodio e si aprono i canali per il calcio, entra il calcio e
si ha il potenziale d’azione. In questo potenziale d’azione si ha l’apertura di molti canali per il calcio
voltaggio-dipendenti. La fase di depolarizzazione in questo caso NON è dovuta al sodio, come
avviene solitamente, ma è dovuta all’entrata di ione calcio.

Entrano ioni calcio, viene superato il valore di 0mV, dopodiché si ha la fase di ripolarizzazione dovuta
all’uscita di ioni potassio, si raggiungono valori di riposo, anche se si tratta di valori in stabile. Questa
fase determina l’apertura dei canali funny, perciò si ha un susseguirsi di apertura di canali funny,
canali calcio aperti, ripolarizzazione, canali funny aperti ecc… In questo modo ho un potenziale
instabile e si creano potenziali d’azione con una certa ritmicità. Se un soggetto ha la frequenza di 60
battiti al minuto, significa che questi canali si apriranno sostanzialmente circa una volta al secondo
(approssimazione). In realtà la frequenza cardiaca è modulata anche e principalmente dal sistema
nervoso orto e parasimpatico.

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MIOCARDIO SPECIFICO

Si hanno il nodo del seno atriale e il nodo atrioventricolare e le fibre di Purkinje, i quali vanno
incontro alla fase di prepotenziale, tuttavia il pacemaker principale è il NODO DEL SENO ATRIALE.

Si ha una fase di prepotenziale più breve nel nodo SA, più lunga in quello AV ed estremamente lunga
nelle fibre di Purkinje, questo fa si che dove è più breve la fase di prepotenziale si raggiunge più
velocemente la soglia e quindi si raggiunge più volte in una certa unità di tempo.

In questo modo, il nodo SA che è il pacemaker principale da una frequenza di 70-90 mentre PA/min,
mentre il nodo AV che sono il pacemaker secondario di 40/60 PA/min e le fibre di Purkinje, con un
potenziale estremamente ridotto, con 15-40 PA/min, le quali vengono dette anche pacemaker
terziario.

CONTROLLO NERVOSO DELL’ATTIVITA’ CARDIACA

Il controllo dell’attività cardiaca avviene grazie all’influenza del sistema nervoso autonomo (SNA),
diviso in para ed ortosimpatico, i quali vanno a regolare:

-FREQUENZA CARDIACA (effetto cronotropo)

-VELOCITA’ DI PROPAGAZIONE DELL’ECCITAMENTO (effetto dromotropo)

-FORZA DELLA CONTRAZIONE CARDIACA (effetto inotropo)

INNERVAZIONE DEL CUORE:

Il cuore è innervato dal sistema nervoso autonomo, parasimpatico ed ortosimpatico.

● Il sistema nervoso parasimpatico (NERVO VAGO) da un’innervazione nodale, ossia, va ad


innervare unicamente i nodi. Il nervo vago di destra INNERVA IL NODO DEL SENO ATRIALE
mente il nervo vago di sinistra innerva il NODO ATRIOVENTRICOLARE. L’innervazione del
vago a carico delle pareti cardiache è estremamente ridotta. Quindi il sistema nervoso
parasimpatico innerva principalmente i pacemaker e solo in minima parte le pareti
cardiache. Il parasimpatico libera ACETILCOLINA (ACh)
● Il sistema nervoso ortosimpatico, invece, innerva tutto il cuore. Il sistema ortosimpatico
libera CATECOLAMMINE, ossia, NORADRENALINA, ecc..

La frequenza cardiaca di un soggetto è 70 bpm. Al soggetto somministro ATROPINA, che è un


BLOCANTE DEI RECETTORI MUSCARINICI, ossia BLOCCANO L’EFFETTO DI ACETILCOLINA, che equivale
a dire bloccare farmacologicamente il sistema nervoso parasimpatico. Al soggetto viene
somministrato anche PRACTOLOLO, un bloccante dei recettori BETA1, ossia, in sostanza, si blocca
l’effetto delle catecolammine e quindi blocco l’effetto dell’ortosimpatico, quindi entrambi sono
inibiti farmacologicamente. Quello che vedo è la frequenza dettata dai pacemaker interni. Vedo che
con questo trattamento farmacologico la frequenza cardiaca va da 70 a 110 bpm. Significa che se ho
il cuore che non subisce la frequenza del SNA, ho la frequenza che è più alta rispetto a quella di
quando subisce l’effetto del SNA. Il pacemaker (nodo del SA) si scarica ad una frequenza di oltre 100,
ma nel soggetto osservo una frequenza di 70 bpm. Se allo stesso soggetto somministro ATROPINA

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ma non somministro PRACTOLOLO significa che viene inibito il sistema nervoso parasimpatico e
rimane il cuore influenzato dal sistema nervoso ortosimpatico. In questo caso la frequenza va da 70 a
160 bpm. Un cuore con la sua frequenza interna, eccitato dall’ortosimpatico ha una frequenza
cardiaca oltre il doppio di quella che rilevo nello stesso cuore in condizioni fisiologiche stimolato da
orto e parasimpatico. Rileviamo quindi una frequenza cardiaca pesantemente modulata dal sistema
nervoso autonomo ma è il PARASIMPATICO a modularla in particolar modo. Il parasimpatico è quel
sistema che fa si che la frequenza del pacemaker scenda da valori oltre i 100 a valori attorno ai 70. Il
pacemaker porterebbe ad una frequenza oltre i 100 ma l’effetto del parasimpatico porta la
frequenza sotto i 100 (altrimenti saremo tachicardici) di 70 bpm.

REGOLAZIONE FREQUENZA CARDIACA

In condizioni basali si hanno 3 potenziali d’azione. Se stimolo con l’ortosimpatico (catecolammine)


ho 5 potenziali d’azione. Questo ci dice che la stimolazione dell’ortosimpatico aumenta la frequenza
cardiaca. Ciò non avviene quando entra in gioco il parasimpatico. In condizioni basali abbiamo 3
potenziali d’azione, mentre con la stimolazione parasimpatica abbiamo 2 potenziali d’azione. Questo
ci dice che il parasimpatico inibisce la frequenza cardiaca (rallenta). In condizioni basali da -60mV si
ha il potenziale d’azione e si arriva al valore soglia di -40mV. Dopodiché si torna a -60mV e così via…
Nel caso della stimolazione con il sistema nervoso ortosimpatico, il potenziale non torna a livelli
basali ma si blocca prima, ossia, non raggiunge i -60mV bensì i -50mV, supera i -40mV ma non arriva
a -60mV. Se devo raggiungere il valore soglia di -40mV, significa che dovrò superare un “gradino” di
10mV partendo da -50mV grazie alla stimolazione ortosimpatica anziché da -60mV come in
condizioni basali. La fase di depolarizzazione, inoltre, avviene molto più rapidamente rispetto alle
condizioni basali. Pur andando alla stessa velocità, impiego la metà del tempo a coprire la distanza
fra il potenziale di -50mV a -40mV rispetto alle condizioni di base. Però, i potenziali d’azione non
viaggiano alla stessa velocità, infatti, nel caso della stimolazione del sistema nervoso ortosimpatico;
ho un aumento della pendenza della curva e ho una forma di depolarizzazione (non arrivo sino al
valore di -60mV ma mi fermo a -50mv) questi due fattori uniti permettono di avere una maggiore
frequenza.

Nel caso del sistema nervoso parasimpatico, in presenza di acetilcolina, il potenziale d’azione non si
ferma a -60mV ma va fino a -70mV, quindi avrò 30mV di scarto rispetto alla stimolazione
ortosimpatica. Così come avviene per la stimolazione ortosimpatica, anche nel caso di quella
parasimpatica, il potenziale d’azione viaggia ad una velocità diversa rispetto alle condizioni basali. La
pendenza della curva è ridotta.

Nel caso di acetilcolina, si abbassa la pendenza della curva e si ha un’iperpolarizzazione, l’effetto è


che i potenziali vengono diradati nel tempo.

ACETILCOLINA agisce su recettori muscarinici.

Le CATECOLAMMINE agiscono su recettori BETA1.

IL CIRCOLO

Nel circolo sistemico abbiamo:

-AORTA

-Man mano che ci spostiamo verso la periferia verso i capillari, troviamo progressivamente dei vasi
più piccoli rispetto al vaso a monte ma in numero superiore, abbiamo quindi un’ARBORIZZAZIONE,

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prima abbiamo un grande vaso e a seguire sempre più vasi sempre più piccoli. Questo fenomeno fa
si che si abbia una variazione notevole dell’aria della sezione trasversa per singolo distretto: se si
misura l’area dell’aorta e si vanno a misurare le aree nei successivi distretti sino ad arrivare ai
capillari, vedrò che l’area è prima bassa dove ho un vaso singolo, per aumentare in prossimità dei
capillari. Questo significa che nei capillari ho un’area enorme: essi sono vasi deputati allo scambio
mentre l’aorta è un vaso deputato alla conduzione, quindi un vaso di distribuzione.

Nella distribuzione è importante l’alta velocità del sangue mentre nello scambio è importante la
bassa velocità del sangue. Nei vasi in cui ho un’area della sezione trasversa molto bassa (AORTA), la
velocità è ampia, man mano che l’area della sezione trasversa aumenta la velocità diminuisce.

Successivamente, la velocità torna ad aumentare senza tornare come alle origini (arterie ed aorta)
ma nelle zone post-capillari la velocità ritorna ad aumentare. Questo fenomeno avviene perché
riducendo l’area della sezione trasversa, il sangue riprende velocità.

Quando l’area della sezione trasversa, quindi, è bassa il sangue va veloce, man mano che aumenta
l’area, il sangue rallenta la sua velocità e rallenta al massimo nei capillari (zona di scambio) per poi
riprendere nelle zone post capillari. Il flusso da intermittente (o PULSATILE) che si trova vicino al
cuore, diventa un flusso continuo nelle arteriole. Questo succede grazie a:

-DISTENSIONE DELLE GROSSE ARTERIE

-RESISTENZA DELLE ARTERIE DI NATURA ELASTICA

Nella piccola circolazione i valori pressori sono molto più bassi rispetto alla grande circolazione. Nei
vasi più vicini al cuore non vi è una sola pressione, la pressione arteriosa è SISTOLICA e DIASTOLICA,
con valori fisiologici rispettivamente di 120mmHg per la sistolica e 80mmHg per la diastolica.
Spostandoci verso i capillari, si ha una pressione intorno ai 30mmHg.

IL MIOCARDIO SPECIFICO NODO SENO ATRIALE (TRASFERIMENTO DELL’IMPULSO NERVOSO NELLA


MASSA CARDIACA)

Il nodo del seno atriale è posizionato a livello dell’atrio destro, invia gli impulsi al nodo atrio
ventricolare lungo i fasci internodali, in questo modo l’evento elettrico va verso l’atrio sinistro, grazie
alla presenza del fascio di Bachmann.

Dal nodo atrioventricolare ha origine il fascio di His che passa per lo scheletro fibroso e l’impulso
nervoso viene veicolato dalla zona degli atri a quella dei ventricoli. Il fascio di His si biforca in branca
destra e sinistra che poi decorrono verso l’apice e poi dall’apice si dipartono le fibre del Purkinje.

Il nodo atrioventricolare è sito posteriormente sul lato destro del setto inter-atriale vicino all’orifizio
del seno coronarico. Una funzione di questo nodo è il fatto di essere il pacemaker secondario,
essendo il pacemaker primario il nodo del seno atriale.

La sua funzione principale però è quella di sfasare la fase di sistole e diastole fra atri e ventricoli. Se
l’impulso origine a livello dell’atrio destro ma non c’è il nodo atrioventricolare a rallentarlo succede
che si ha contemporaneamente l’eccitazione degli atri e dei ventricoli. L’impulso viaggia così
velocemente nella massa cardiaca che se non viene rallentato atri e ventricoli finiscono per eccitarsi
nello stesso momento, ma questo non deve avvenire.

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IL NODO ATRIOVENTRICOLARE RALLENTA LA VELOCITA’ DI CONDUZIONE DELLO STIMOLO. Questo fa
sì che lo stimolo origina dagli atri e si avrà l’eccitazione degli atri, dopodiché lo stimolo prova ad
andare avanti ma viene rallentato e questo fa sì che prima si abbia l’eccitazione atriale e poi quella
ventricolare.

Nel nodo atrioventricolare sono presenti più parti:

-A-N zona di transizione fra atrio e nodo

-N zona del nodo

-N-H zona del nodo e del fascio di His

Le cellule della zona nodale sono quelle che maggiormente rallentano per singola cellula la velocità
di conduzione dello stimolo. La zona complessivamente che rallenta di più l’impulso è la zona N
perché molto lunga.

Il nodo atrioventricolare ha anche la funzione di impedire un aumento della frequenza di scarica a


livello atriale. Supponendo che a livello atriale si possa avere una frequenza di 200 bpm, succede che
il nodo atrioventricolare fa sì che si riduca la frequenza fino a 100. In pratica dimezza gli stimoli.

DIFFUSIONE DELL’ECCITAZIONE DEL CUORE

L’evento elettrico origina dal nodo del seno atriale nell’atrio destro, dopodiché si sposta verso l’atrio
di sinistra. Una volta che tutta la zona atriale è sottoposta ad eccitazione, il nodo atrioventricolare
impedisce che venga stimolata contemporaneamente anche la zona ventricolare rallentando la
velocità dello stimolo. Una volta che termina l’eccitazione degli atri l’impulso passa nella zona
ventricolare. L’impulso passa lungo il setto interventricolare, si dirige verso l’apice e risale verso la
base tramite le fibre di Purkinje.

ELETTROCARDIOGRAMMA

L’elettrocardiogramma analizza la conduzione dell’impulso nervoso nel cuore. Esso fornisce anche
altre importanti informazioni come: l’orientamento anatomico del cuore, l’ampiezza relativa delle
sue camere, indica la frequenza e dà un’idea della presenza o meno di disturbi del ritmo e della
conduzione (presenza di aritmie, disturbi nella propagazione e conduzione dell’impulso nervoso. Dà
un’idea dell’estensione, localizzazione ed evoluzione di un danno ischemico. Effetti derivanti da
variazioni nelle concentrazioni di ELETTROLITI (potenziali d’azione dipendono da flussi di ioni sodio e
potassio). Infine, serve anche a valutare gli effetti sul cuore di alcuni farmaci (come DIGITALE).

L’onda P corrisponde alla depolarizzazione atriale, alla quale segue la contrazione atriale (evento
meccanico). Il complesso Q-R-S indica la depolarizzazione ventricolare.

L’onda T corrisponde alla ripolarizzazione ventricolare. La ripolarizzazione atriale non viene graficata
dall’elettrocardiogramma perché gli eventi elettrici dipendono dalla massa muscolare (i ventricoli
hanno una grande massa). Poiché la depolarizzazione ventricolare è un grande evento elettrico e la
ripolarizzazione atriale avviene contemporaneamente ad esso, la ripolarizzazione atriale viene
mascherata dal complesso QRS.

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Le alterazioni ischemiche sono rilevabili nelle sopraelevazioni ST (ossia si ha un’interruzione nel
complesso QRS e si ha una curvatura verso il basso) ed è osservabile entro 2—3 ore dall’evento.

Se si ha un’inversione della T, ossia una curvatura che dal basso curva verso l’alto. E’ osservabile
entro 24h dall’evento ischemico. Si osserva un’ischemia ventricolare perché l’onda T è il fenomeno
della ripolarizzazione ventricolare. Di per sé non ci indica quale ventricolo è stato interessato
dall’evento. Grazie alle derivazioni unipolari di Wilson siamo in grado di stabilire quale ventricolo (o
se entrambi) è stato colpito dall’evento ischemico.

EVENTI MECCANICI DEL CUORE: IL CICLO CARDIACO

Vi sono due fasi principali, ciascuna delle quali è divisa in diverse sottofasi. Qualora non si specifichi i
termini “sistole” e “diastole” si riferiscono al ventricolo, mentre per parlare delle fasi atriali si
specifica “sistole/diastole ATRIALE”.

-SISTOLE (contrazione): nella fase di sistole si ha l’espulsione del sangue

-DIASTOLE (rilasciamento): durante la fase diastolica ho il caricamento di sangue dei ventricoli

Le fasi del ciclo cardiaco sono 7, di cui le principali sono SISTOLE (della durata di 0.27s) e la DIASTOLE
(della durata di 0.53s). Se sommiamo i tempi di sistole e diastole otteniamo che vi è un ciclo cardiaco
ogni 0.8s, quindi la frequenza è di più di 60 bpm. A riposo, la sistole dura meno della diastole. La
sistole dura circa la metà della diastole. In un intero ciclo la sistole dura 1/3 e la diastole 2/3.

1. SISTOLE divisa in:


-sistole isometrica (o isovolumetrica), il ventricolo si contrae ma non cambia di volume,
ossia, comprime il suo contenuto ma non cambia di volume. Non cambia di volume perché al
momento si tratta di una camera STAGNA, ossia, sia la valvola atrioventricolare che quella
semilunare sono CHIUSE.
-sistole isotonica, quando ho l’apertura della valvola semilunare (AORTICA). Una volta che si
apre la valvola aortica, il sangue viene eiettato al di fuori del ventricolo. In un primo
momento l’eiezione è RAPIDA, poi diventa un’eiezione LENTA. Dapprima il flusso e rapido e
poi la velocità di eiezione tende a ridursi. Al termine della sistole ho la DIASTOLE.
2. DIASTOLE divisa in:
-diastole isometrica (isovolumetrica), una fase di rilasciamento senza variazione di volume.
Entrambe le valvole (atrioventricolare e semilunare) sono chiuse.
-diastole isotonica che prevede varie sottofasi:
● RIEMPIMENTO RAPIDO, che avviene quando si apre la valvola MITRALE e il sangue
passa dall’atrio al ventricolo.
● RIEMPIMENTO LENTO
● SISTOLE ATRIALE, il ventricolo non si riempie grazie alla sistole ventricolare ma
moltissimo sangue entra nel ventricolo in modo passivo, ossia prima rapidamente e
poi lentamente e solo successivamente si ha la sistole atriale. Questo avviene “in
coda” ad un riempimento già avvenuto in maniera passiva. La sistole atriale è
importante a riposo ma acquista maggiore importanza durante lo svolgimento di
attività fisica. Il ventricolo quando l’atrio va in sistole è già stato riempito per buona
parte in modo passivo.

La pressione è nettamente maggiore nella parte sinistra del cuore (grande circolazione) rispetto alla
parte destra, dove si ha una pressione nettamente inferiore.

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CICLO CARDIACO

L’onda P del tracciato elettrocardiografico corrisponde all’eccitazione atriale. Quando si verifica


l’eccitazione atriale, si ha la SISTOLE ATRIALE (definita anche PRESISTOLE). Durante la sistole atriale si
ha un aumento della pressione a livello dell’atrio perché esso si comprime, un po’ di sangue viene
mandato all’interno della camera ventricolare, poi ho il complesso QRS, eccitazione dei ventricoli,
sistole ventricolare (isovolumetrica) perché si è chiusa la valvola mitrale e si genera il primo tono
cardiaco. Il ventricolo va in sistole ISOVOLUMETRICA, perché il ventricolo è una camera stagna. La
pressione all’interno del ventricolo (che viene compresso quando è una camera stagna) aumenta di
molto sino ad un valore pari alla pressione minima che è in aorta (circa 70-80 mmHg). Quando la
pressione nel ventricolo di sinistra raggiunge la pressione minima in aorta, si apre la valvola aortica,
a questo punto la sistole diventa una SISTOLE ISOTONICA, il sangue viene mandato dal ventricolo in
AORTA, dapprima lo farà velocemente e poi più lentamente (la velocità di flusso rallenta
progressivamente). La pressione in aorta da una pressione minima aumenta fino ad una pressione
massima (SISTOLICA) di 110-120 mmHg. Questo perché in aorta arriva del sangue e questo fa alzare
la pressione nel circuito.

Nel ventricolo la pressione aumenta nonostante esso si svuoti perché il ventricolo in questo caso non
mantiene un volume costante ma esso si sta comprimendo (sta riducendo il suo volume), è vero che
sta perdendo sangue ma esso si sta riducendo di volume e quindi anche la pressione nel ventricolo
aumenta. La sistole non è più isovolumetrica ma isotonica perché il volume cambia. Le due pressioni
aumentano, la pressione del ventricolo è leggermente più alta che quella dell’aorta in modo che la
valvola aortica rimanga aperta. Ad un certo punto, però, la pressione nel ventricolo scende sotto
quella dell’aorta, vi è ancora un piccolo flusso di sangue. Quando la pressione del ventricolo scende
sotto quella dell’aorta, possiamo dire che la valvola aortica si chiude e questo genera il secondo tono
cardiaco. Il ventricolo a questo punto torna ad essere chiuso (le due valvole sono ora chiuse) ed
entra in fase di riposo (onda T). Durante la fase di rilasciamento, DIASTOLE ISOVOLUMETRICA, la
pressione scende. A camera chiusa il ventricolo subisce un calo della pressione. Quando la pressione
nel ventricolo diventa inferiore a quella dell’atrio si apre la valvola mitrale. In questa fase ho il
passaggio di sangue dall’atrio al ventricolo ed un RIEMPIMENTO PASSIVO DEL VENTRICOLO. Il
riempimento è dapprima rapido e poi diventa più lento. A termine di questo riempimento passivo ho
un’onda P, eccitazione ATRIALE. Gli atri vanno in sistole, la sistole atriale genera un piccolo aumento
pressorio e manda il sangue nella camera ventricolare.

La quantità di sangue che si trova nel ventricolo quando è pieno si chiama VOLUME TELEDIASTOLICO
ed è circa 120-140 ml. Questo volume cala dapprima rapidamente e poi lentamente quando il
sangue passa dal ventricolo all’aorta. Il ventricolo non si svuota totalmente, perché in realtà nel
ventricolo rimane sempre una certa quota di sangue (50-70 ml) ed è detta VOLUME TELESISTOLICO.
Il restante sangue viene eiettato in aorta per andare in circolo. Il ventricolo in condizioni di riposo si
riempie per l’80% circa. Non è la sistole atriale che gioca un ruolo fondamentale a riposo ma lo è
quando si è sotto sforzo.

CICLO CARDIACO (SEMPLIFICATO)

Al punto A vi sono circa 65ml di sangue nel ventricolo sinistro. Il sangue passa dall’atrio al ventricolo
di sinistra. Esso passa prima passivamente. Alla fine di questo riempimento nel ventricolo sinistro si
hanno circa 135 ml di sangue nel ventricolo sinistro, esso è il VOLUME TELEDIASTOLICO. A questo

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punto si chiude la valvola atrioventricolare (MITRALE), il ventricolo va in sistole a CAMERA CHIUSA, si
ha una sistole isovolumetrica con un importante aumento della pressione che passa da valori molto
bassi a valori di circa 70-80 mmHg, pari alla pressione minima o diastolica. A questo punto si apre la
valvola semilunare (AORTICA) e il ventricolo manda il sangue in aorta e quindi il volume di sangue nel
ventricolo si riduce. Vi è un aumento della pressione per il concetto che il ventricolo perde sangue
ma riducendosi di volume aumenta la pressione. La quota di sangue che va in aorta si chiama
GITTATA SISTOLICA, che per la frequenza da la gittata cardiaca, che in condizioni di riposo è pari al
volume di sangue contenuto nell’organismo. Una quota di sangue rimane all’interno del ventricolo, il
volume TELEDIASTOLICO.

TONI E SOFFI CARDIACI

● 1° TONO, è dovuto alla chiusura delle valvole atrioventricolari


● 2° TONO, dovuto alla chiusura delle valvole semilunari (AORTICA e POLMONARE).

Entrambi sono udibili. I toni sono dovuti alla chiusura delle valvole (come una porta che sbatte).

● 3° TONO, prodotto dal flusso rapido e turbolento di sangue che va nella camera ventricolare.
Non è molto facile da udire. Si ode meglio con la pressione atriale elevata.
● 4° TONO, abbinato alla sistole atriale, udibile quando il ventricolo è IPERTROFICO.

SOFFI CARDIACI: non si dovrebbero udire normalmente, essi sono dovuti da un flusso di sangue con
moto turbolento attraverso una valvola che non si è chiusa in modo corretto. Se una valvola non si
chiude correttamente, avremo un sangue che passa attraverso una valvola in chiusura e che quindi
fa rumore.

COSTITUENTI DEL MUSCOLO

Abbiamo diversi costituenti. Abbiamo dei costituenti che determinano la tensione attiva
(componente contrattile), cioè il SARCOMERO, costituito da filamenti spessi (miosina) e filamenti
sottili (actina).

Si hanno poi degli elementi elastici:

-IN SERIE

-IN PARALLELO (determinano tensione passiva).

Possiamo verificare una tensione attiva data dalla componente contrattile ed una tensione passiva
data dagli elementi elastici in parallelo. La somma della tensione passiva e della tensione attiva dà la
tensione totale.

PRECARICO E POSTCARICO

Siamo in situazione di riposo. Il ventre muscolare è attaccato ad una barretta di metallo e sotto vi è
un certo carico (pesetto). Posso stimolare il muscolo ma esso dapprima da luogo alla contrazione
isometrica, nel caso del ventricolo, sistole isometrica od isovolumetrica. Durante questa fase il

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muscolo si contrae ma il peso non si stacca. E’ come dire che questo muscolo nonostante sia in
contrazione, esso non si contrae e il peso non si solleva. Ad un certo punto, però, se sviluppo una
tensione adeguata, la contrazione passa da isometrica ad isotonica. Il muscolo si accorcia e riesco a
sollevare il peso, la contrazione è isotonica (con cambiamento di volume). Si parla di sistole isotonica
quando il volume del ventricolo cambia (si comprime).

Nel cuore si hanno:

-PRECARICO, è il grado di stiramento del ventricolo sinistro dovuto al sangue [volume telediastolico].
Il precarico corrisponde alla quantità di sangue immessa nella camera ventricolare.

-POSTCARICO, corrisponde alla pressione [minima] presente in AORTA. Essa è la difficoltà che
incontra il ventricolo a mandare il sangue in un certo punto, come se fosse il carico attaccato al
muscolo. Il ventricolo deve superare la pressione minima in aorta. Il ventricolo sinistro, quindi, deve
vincere la pressione minima presente in aorta per far uscire il sangue dal suo interno. Quando si ha
pressione alta, il ventricolo fa più fatica perché deve spingere con più forza. Se fa più fatica, l’asse
elettrico cardiaco potrebbe girarsi leggermente.

MECCANISMI DI CONTROLLO DELLA GITTATA CARDIACA

I meccanismi di controllo della gittata cardiaca possono essere:

● INTRINSECI (PROPRI DEL CUORE):


♦ REGOLAZIONE ETEROMETRICA (che segue la legge di Frank-Starling)
♦ REGOLAZIONE OMEOMETRICA
● ESTRINSECI (NON PROPRI DEL CUORE)
♦ Dipendono dagli effetti del Sistema Nervoso Autonomo: REGOLAZIONE
NERVOSA
♦ REGOLAZIONE ENDOCRINA

Ci può essere una regolazione della gittata cardiaca data da meccanismi intrinseci ed estrinseci.

LEGGE DI FRANK-STARLING (LEGGE DEL CUORE)

E’ la legge che afferma che tot sangue arriva al cuore, tot sangue deve pompare il cuore. Se al cuore
arrivano 100ml, il sangue deve pompare 100 ml. Quando il cuore è a riposo, non vi è un’interazione
al 100% fra actina e miosina. Abbiamo un sarcomero leggermente più corto perché non vi è una
quantità di sangue molto elevata nel ventricolo e l’interazione acto-miosinica non è ideale. A riposo
si ha un volume telediastolico di 140ml, una lunghezza iniziale del sarcomero di 2.08 micrometri e
una gittata sistolica di 70ml. Quindi a riposo il cuore pompa circa 70ml di sangue. La gittata sistolica
è di 70ml, la frequenza cardiaca è di 70 bpm, qualora si faccia attività fisica la gittata cardiaca che è
di 5l aumenta e può più che raddoppiare. La frequenza cardiaca può anche raddoppiare, così come la
gittata sistolica.

Se aumenta il sangue che torna verso il cuore e questo sangue passa nel ventricolo, si arriva ad uno
scenario di MASSIMA RESA, avendo immesso più sangue nel ventricolo, esso si è dilatato (è
diventato più largo) perché i sarcomeri si sono allungati (2.2 micrometri), in seguito a questo

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allungamento ho un’interazione del 100% fra actina e miosina. Se l’interazione è al 100% sviluppo
una forza molto grande. A questo livello, il volume telediastolico aumenta molto (da 140ml sino a
250-260ml). Aumenta anche la gittata sistolica da 70 a 135ml.

Quando svolgo un’attività fisica, quindi, il ventricolo si riempie molto di più e questo riempimento fa
sì che per ogni singolo atto possa pompare il doppio del sangue.

Se raddoppia la frequenza e raddoppia il sangue in ogni singolo atto, la gittata cardiaca diventa
almeno 4 volte. Se la frequenza è più del doppio, la gittata cardiaca passa da 5 a 25l.

Il nostro cuore, a riposo, non deve essere al massimo delle nostre performance. Se il nostro cuore
funzionasse al massimo in ogni momento esso causerebbe uno stress non indifferente e
significherebbe che non vi è la possibilità di aumentare le nostre performance.

La sistole atriale in condizioni di riposo non manda all’interno del ventricolo molto sangue. Però, è
assolutamente utile per quando compiano un’attività fisica, due fattori sono importanti, in
particolare:

- Devo immettere nel ventricolo più sangue (da 140 a 255ml circa), la quota in esubero viene
spinta dalla sistole atriale
- Se la frequenza è aumentata da 70 bpm a 140 bpm, ho meno tempo per riempire il
ventricolo

Ho meno tempo per riempire il ventricolo e devo riempirlo con un volume di sangue maggiore. Non
posso contare unicamente su un riempimento passivo, ma devo contare anche su un riempimento
attivo. Il riempimento attivo è garantito dalla SISTOLE ATRIALE. Persone con problematiche atriali
non possono svolgere attività sportiva.

Quando si è in una situazione di ECCESSIVO RIEMPIMENTO, si ha una resa ridotta. Ossia, il volume
telediastolico è di oltre 300ml, ho immesso un volume di sangue eccessivo nel ventricolo. Questo
causa un calo nella gittata sistolica, si passa a 130ml di sangue, a causa di un volume esagerato della
gittata sistolica. Il ventricolo oltre a funzionare da pompa inizia a funzionare da serbatoio perché non
riesce a pompare in maniera adeguata perché è troppo pieno e troppo dilatato. Infatti, l’interazione
fra actina e miosina è calata notevolmente.

Al contrario, se ho immesso poco sangue (80ml), il ventricolo non è molto stirato, il sarcomero è
poco stirato e la gittata sistolica diminuisce.

CONTROLLO OMEOMETRICO DELLA GITTATA CARDIACA

Se vi è stimolazione da parte del sistema nervoso ortosimpatico, il quale libera NORADRENALINA


(CATECOLAMMINE), vi è un arricchimento di Calcio durante la fase di plateau. Il calcio è uno ione
fondamentale per la contrazione, più calcio è presente, maggiore è la contrazione. Se ho un cuore in
cui ho una stimolazione dell’ortosimpatico (che innerva tutta la camera cardiaca) esso libera
noradrenalina, che si lega ai recettori di tipo Beta-1. Quando è presente noradrenalina, essa induce
l’apertura di canali per il calcio del sarcolemma. Quando vi è noradrenalina, vi è più calcio libero
nella cellula che si deve contrarre. L’ingresso del calcio ha un effetto “feedback positivo”, ossia,
causa la liberazione di calcio dai depositi intracellulari. Ossia, all’interno della cellula, il calcio entrato
dall’esterno fa uscire dal deposito una quantità di calcio. Avrò molto calcio libero nella cellula e
quindi un aumento del fenomeno della contrazione a parità di volume telediastolico. Il volume
rimane uguale ma aumenta la gittata sistolica con la stimolazione ortosimpatica.

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Con la stimolazione para-simpatica si ha un meccanismo inverso, che funziona in modo meno
diretto.

L’inotropismo cardiaco (ossia la forza di contrazione) è modulata da diversi fattori:

-FATTORI CHE AUMENTANO L’INOTROPISMO, catecolammine, il farmaco digitale, la regolazione


omeometrica e la stimolazione ortosimpatica

-FATTORI CHE DIMINUISCONO L’INOTROPISMO, insufficienza cardiaca, barbiturici, anossia (poco O2)
e ipercapnia (molta CO2) e la stimolazione parasimpatica.

Vi può essere una regolazione della contrazione regolata da variazioni della frequenza cardiaca. Un
aumento della frequenza cardiaca determina in breve tempo un aumento della tensione sviluppata.
Perché se aumenta la frequenza cardiaca, riduco il tempo con il quale il calcio entrato nella cellula
viene messo al di fuori della cellula. Se entrano nella cellula 100 ioni calcio, ne posso rimettere fuori
solo 80 perché il tempo a disposizione si è ridotto a causa dell’aumento della frequenza cardiaca.
All’interno della cellula ho 20 ioni calcio all’interno. Al secondo ciclo cardiaco rientreranno 100 ioni
calcio ma a questo punto avrò 100 ioni calcio di nuova entrata più 20 ioni calcio rimasti dal ciclo
precedente e non rimossi in tempo dall’interno della cellula. La forza che si verrà ad avere è
maggiore. Un aumento della frequenza cardiaca può portare ad un aumento della tensione
sviluppata perché si crea un aumento del calcio libero all’interno della cellula.

CONTROLLO ESTRINSECO :

Abbiamo il parasimpatico che riduce la frequenza (effetto cronotropo negativo) e riduce la velocità
dell’impulso (effetto dromotropo negativo).

L’ortosimpatico aumenta le performance del cuore, compresa la forza di contrazione (effetto


inotropo positivo). Ha anche un effetto cronotropo, batmotropo e dromotropo positivo.

L’adrenalina (ormone) che è una catecolammina secreta dalla midollare del surrene agisce
similmente all’ortosimpatico, con un effetto leggermente minore perché viene più diluita. Essa
aumenta la forza di contrazione.

Anche gli ormoni tiroidei, prodotti e secreti dalla tiroide aumentano la forza di contrazione del
miocardio per azione sulla concentrazione di calcio nella cellula muscolare.

L’insulina ed il glucagone, prodotti dalle isole di Langerhans (pancreas endocrino) hanno effetto di
aumentare l’inotropismo cardiaco.

MICROCIRCOLAZIONE
Per microcircolazione si intende la circolazione delle parti più periferiche del corpo. Ossia i vasi
deputati agli scambi fra il flusso ematico ed i tessuti. Gli scambi riguardano sia i nutrienti che
l’ossigeno che vengono ceduti ai tessuti mentre vengono ricaptati cataboliti dal tessuto che ha
lavorato verso il sangue.

In un’unità di microcircolazione tipo ritroviamo arterie ed arteriole con pareti di natura muscolare da
cui si dipartono capillari nei quali può avvenire scambio col tessuto circostante. Il sangue presente
nei capillari viene drenato dalle venule. Si possono rilevare due tipologie di flusso nell’unità di
microcircolazione:

● FLUSSO NUTRIZIONALE, il flusso di sangue che passa nei capillari. Il fatto che il sangue entri o
meno nei capillari dipende dal fatto che gli sfinteri pre-capillari siano contratti o meno. Gli

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sfinteri precapillari sono anelli di muscolatura liscia. Essi se sono aperti, non contratti, il
sangue passa. Se questi si contraggono, il sangue non entra nel capillare a valle dello
sfintere.
● FLUSSO NON NUTRIZIONALE (SHUNT), una sorta di by-pass arterovenoso, all’interno del
quale non avvengono scambi che esiste perché se questa unità è in un’unità che non sta
svolgendo un’intensa attività metabolica, il sangue passa dal lato arterioso a quello venoso
senza cedere i nutrienti perché essi essendo in quantità limitata verranno utilizzati in un
altro tessuto che in quel momento sta svolgendo un’attività metabolica più intensa.

ELEMENTI DELL’UNITA’ DI MICROCIRCOLAZIONE (UMC)

Possiamo trovare diversi elementi in questa unità:

VASI DI RESISTENZA: arteriole, meta-arteriole e sfinteri precapillari (parte del vaso, struttura a forte
resistenza)

SHUNT VESSELS: anastòmosi artero-venose (by-pass artero-venoso)

VASI DI SCAMBIO: capillari e le venule (senza tonaca muscolare)

VASI DI CAPACITA’: venule (con tonaca muscolare, non avvengono scambi)

Si può avere un’unità di microcircolazione COMPLETAMENTE APERTA: il sangue che arriva


nell’arteriola riesce a perfondere tutti i capillari e quindi si avranno tutti gli scambi. Il sangue poi dai
capillari passa alle venule e da queste viene drenato.

Si può avere un’unità di microcircolazione con gli sfinteri capillari contratti. Abbiamo la maggior
parte dei capillari chiusi perché si tratta di un’unità di microcircolazione sita all’interno di un tessuto
che lavora poco per cui: il sangue passa dalla zona arteriosa alla zona venosa grazie alla presenza del
by-pass artero-venoso e non avvengono scambi di nutrienti verso il tessuto che sta lavorando poco.

STRUTTURA DEI VASI DI SCAMBIO:

Esistono tre tipi di capillari con tre strutture differenti:

● CAPILLARI A PARETE CONTINUA, molto diffusi, hanno piccoli pori, sono tipici del muscolo
scheletrico, del polmone e del tessuto adiposo. Vi sono giunzioni fra le cellule, c’è poco
spazio e quindi i pori (di circa 4 nanometri) sono molto piccoli.
● CAPILLARI FENESTRATI (con parete fenestrata), tipici del GLOMERULO RENALE, dove vi è un
fenomeno detto di ULTRAFILTRAZIONE, nel quale il volume di filtrato in un giorno è molto
importante (circa 180 litri di filtrato giornaliero), di cui il 99% viene recuperato, con una
diuresi che ammonta a circa 1.5-2l. Le fenestrazioni raggiungono un diametro di circa 100
nanometri. Questi capillari sono diffusi anche a livello delle ghiandole ESOCRINE e della
muscosa intestinale.
● CAPILLARI A PARETE DISCONTINUA, diffusi a livello del midollo osseo, della milza e del
fegato. La parete presenta discontinuità attraverso cui possono passare anche eritrociti. Le
discontinuità hanno dimensione di circa 1 micron.

E’ importante che nei capillari il flusso sia continuo. Il flusso diventa continuo perché vi è l’elasticità
dei vasi di natura elastica (più vicini al cuore) ed è anche dovuto alle resistenze periferiche totali.
Questi due fattori determinano il fatto che il flusso dei capillari sia continuo e lento. Il flusso è
definito fluttuante, ma rimane un flusso continuo. L’area totale di scambio a riposo è circa il 30% del

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totale (300-400m^2). E’ un’area molto grande. Vi sono tessuti più o meno irrorati, ma la zona di
scambio è molto ampia.

SCAMBI CAPILLARI

Gli scambi a livello capillari possono avvenire grazie a 3 metodiche, due dei quali (i primi due)
prevalenti:

1. SECONDO GRADIENTE DI CONCENTRAZIONE, PER DIFFUSIONE DEI SOLUTI. In questo caso, il


processo di diffusione dipende da tre fattori cardine:
● GRADIENTE DI CONCENTRAZIONE, se ho un ambiente con molta sostanza e un
ambiente dove ce n’è meno e la membrana si lascia attraversare da questa
sostanza, avrò un FLUSSO NETTO, ossia il passaggio della sostanza da dove essa
è più concentrata a dove essa è meno concentrata. Quindi è fondamentale che
vi sia una differenza di concentrazione
● DALL’AREA, se l’area è grande avrò un buon processo di diffusione mentre se
l’area è piccola avrò una diffusione più difficoltosa e lenta.
● DISTANZA FRA I DUE AMBIENTI, se gli ambienti sono vicini, la diffusione è più
semplice mentre se gli ambienti sono distanti la diffusione è più difficoltosa. Un
esempio è quello degli alveoli polmonari che hanno una parete molto sottile
rivestita da capillari. L’estrema sottigliezza facilita i processi di diffusione. E’
importante che la diffusione sia facilitata perché i gas come O2 e CO2 sono
liposolubili e quindi passano su tutta la parete delle cellule che è ricoperta di
lipidi. I gas passano sfruttando tutta la superficie endoteliale e passano
facilmente. Occorre che vi sia una differenza di concentrazione, definita
pressione parziale d’ossigeno per cui l’ossigeno passa da una zona dov’è più
concentrato (alveolo) ad una zona in cui è meno concentrato 8sangue, dove si
va a legare all’Hb dei globuli rossi). La CO2 va in senso contrario dal sangue
dov’è maggiormente concentrata verso gli alveoli dov’è meno concentrata.

Per diffusione passano sia le sostanze liposolubili (O2, CO2, ormoni steroidei) e le sostanze
lipoinsolubili, come gli ioni e il glucosio.

Le sostanze non solubili nei lipidi ma che sono solubili in acqua, non riescono a sfruttare tutta la
superficie endoteliale per passare, perché la superficie di scambio nelle cellule (capillari) è data da
una membrana costituita da lipidi. Quindi per passare la membrana devono sfruttare la presenza di
pori dove vi è dell’acqua, la cui la superficie è molto più ridotta rispetto a quella dell’intera
membrana.

2. SISTEMA DI PASSAGGIO DATO DA FILTRAZIONE E RIASSORBIMENTO: entrano in gioco due


pressioni:
● PRESSIONE IDROSTATICA
● PRESSIONE OSMOTICA (COLLOIDO-OSMOTICA o ONCOTICA)

Entrambi i meccanismi sono meccanismi che non comportano dispendio energetico. Essi sono anche
definiti processi/meccanismi PASSIVI, ossia non bruciano ATP.

3. PROCESSO MEDIANTE VACUOLI, attraverso PINOCITOSI e FAGOCITOSI, sono processi ATTIVI.


Vengono utilizzati qualora una sostanza sia particolarmente grande e non vi siano possibilità
di modificarla ma non sono particolarmente efficienti e consumano ATP.

LA DIFFUSIONE

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Le sostanze come O2, CO2, acidi grassi, ormoni steroidei passano dal plasma al liquido interstiziale
tramite un processo di diffusione attraverso le cellule poiché si tratta di sostanza liposolubili (che si
sciolgono nei lipidi). Le sostanze liposolubili hanno il problema di viaggiare in acqua ma attraversano
molto bene le membrane delle nostre cellule, di natura lipidica. L’ossigeno ha bisogno nel sangue di
un trasportato (Hb) perché è liposolubile. Essendo liposolubile, così come gli ormoni steroidei nel
sangue deve essere legato ad un trasportatore, che nel caso dell’ossigeno è la proteina Hb, mentre
nel caso degli ormoni steroidei si tratta di altre proteine più o meno specifiche.

Per quanto riguarda gli ioni come il sodio ed il potassio oppure il glucosio, queste sostanze passano
attraverso delle strutture in cui non sono presenti i lipidi ma è presente l’acqua. In queste strutture
(canali) è presente l’acqua in modo che queste strutture siano in grado di passare attraverso la
membrana.

Le proteine, invece, ad esempio, passano la membrana tramite processi di fagocitosi e pinocitosi,


meccanismi meno frequenti.

La diffusione, come già detto, è influenzata dal GRADIENTE DI CONCENTRAZIONE, DALL’AREA DI


SCAMBIO E DALLA DISTANZA FRA GLI AMBIENTI.

FILTRAZIONE E RIASSORBIMENTO:

La filtrazione si ha qualora vi sia un FILTRO. Nel processo di filtrazione si ha un liquido che passa dalla
zona A alla zona B per filtrazione (come acqua in uno scolapasta). Occorre che vi sia una membrana
di filtrazione, che funge da filtro, la quale possiede una costante di filtrazione detta Kf. La filtrazione
comporta il passaggio dal capillare verso l’interstizio. Il riassorbimento funziona in senso contrario,
dall’interstizio al capillare.

Il filtro, ossia la membrana e la sua costante di filtrazione non è uguale in tutti i tessuti.

La costante di filtrazione Kf nel cervello è di 1. Nel glomerulo renale, la Kf è molto elevata (10^5). Nel
cervello la capacità di filtrazione è molto ridotta a causa della presenza della BARRIERA
EMATOENCEFALICA. Questa struttura lascia passare pochissime sostanze, impedendo il passaggio sia
di patogeni sia di farmaci.

Il glomerulo renale, invece, che fa parte del rene che è un grosso filtro, è importante che faccia
parecchie sostanze.

Esiste poi una pressione di filtrazione (Pf) che è data da due fattori:

-pressione idrostatica, che è sostanzialmente data dall’attività cardiaca. Ossia, la pressione del
sangue all’interno del circuito è data ovviamente dall’attività cardiaca.

-pressione colloidosmotica, data dalle proteine plasmatiche. Questa pressione si genera perché le
proteine plasmatiche non passano dal capillare all’esterno ma rimangono all’interno del capillare. La
pressione oncotica non è da confondere con la pressione osmotica (valore 6000 mmHg).

FILTRAZIONE: Passaggio dal sangue di solvente e soluti (NO PROTEINE E CELLULE) dal capillare
all’interstizio. Non vi sono fuoriuscite di cellule del sangue o di proteine.

RIASSORBIMENTO: Passaggio di solvente e soluti dall’interstizio al capillare.

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FILTRAZIONE E RIASSORBIMENTO NEI VASI LINFATICI

Abbiamo che la pressione idrostatica all’interno dei capillari è circa 32 mmHg. Questa è una
pressione idrostatica, una pressione che spinge verso la filtrazione. La pressione idrostatica è quindi
una forza che promuove la filtrazione. Ho una pressione ONCOTICA, data dalle proteine, che, non
passando, rimangono dentro al capillare e quindi tendono a trattenere acqua. La pressione oncotica
facilita il processo di riassorbimento grazie al fatto che le proteine rimangono all’interno del
capillare. La pressione colloido-osmotica è di circa 25 mmHg. Nel capillare abbiamo una FILTRAZIONE
NETTA, ossia, significa che una sostanza esce in filtrato. La maggioranza di essa viene ripresa dallo
stesso capillare. Se filtro 100, 85 vengono ripresi dal vaso ematico ma un 15% viene ripreso dai vasi
linfatici che poi ri-immettono il filtrato nel circolo sistemico a livello delle succlavie.

Il vaso linfatico non solo recupera acqua ma anche le proteine che accidentalmente sono uscite.
Qualche proteina all’interno dell’enorme superficie capillare sfugge all’esterno. Le proteine escono
ma è remota la possibilità che riescano a rientrare perché le cellule dell’endotelio capillare sono
strettamente adese fra loro. Nei capillari linfatici non vi sono le tight-junctions e quindi le proteine
possono passare attraverso il vaso linfatico. Per cui il vaso linfatico recupera il 15% di filtrato ematico
e recupera le proteine fuoriuscite accidentalmente. Il vaso linfatico passa attraverso i linfonodi,
questo è utile non solo per il recupero di liquido (che altrimenti rimarrebbe in quella sede dando
luogo ad EDEMA) e proteine ma è anche utile per i processi di difesa.

Quando il sistema linfatico non funziona correttamente si può osservare l’EDEMA, ossia un accumulo
di liquido in una sede in cui esso non dovrebbe stare. Grazie alla pompa muscolare, l’edema può
rientrare.

IPOTESI DI STARLING

All’inizio del capillare si ha una pressione di 32 mmHg ed una pressione oncotica data dalle proteine
di 25 mmHg. La pressione idrostatica promuove la filtrazione (manda fuori il liquido), la pressione
oncotica non promuove la filtrazione. La pressione oncotica tende a richiamare il liquido.

32 mmHg di pressione idrostatica che spingono fuori e 25 mmHg di pressione oncotica che
richiamano liquidi. Significa che la forza netta di filtrazione è data dalla differenza fra 32 e 25 mmHg.
Ossia 7 mmHg.

Mentre la pressione oncotica si mantiene costante lungo tutto il capillare, la pressione idrostatica
no. Per effetto delle resistenze che il sangue incontra nello scorrere in avanti la pressione idrostatica
diminuisce. In virtù di questo fatto, ho un calo della forza netta di filtrazione, sino ad arrivare ad un
punto, il PUNTO DI EQUILIBRIO, in cui la pressione idrostatica ha un valore identico alla pressione
oncotica. Se 25 mmHg spingono verso l’esterno e 25 mmHg tirano verso l’interno non ho flusso
netto. Questo perché le forze sono uguali e contrarie quindi non si ha flusso netto. Dal lato arterioso
sino al punto di equilibrio ho la filtrazione, dal punto di equilibrio in poi, nella porzione venosa ho il
riassorbimento. Nella zona oltre il punto di equilibrio, la pressione oncotica rimane a 25 mmHg
mentre la pressione idrostatica va sotto i 25 mmHg 8sino a raggiungere valori di circa 12 mmHg)
quindi la pressione oncotica batte la pressione idrostatica, quindi la forza di riassorbimento è
superiore alla forza di filtrazione ed ecco che il materiale entra nel capillare.

Vi sono due ulteriori forze che si escludono fra loro esse sono le forze presenti fuori dal capillare,
ossia, presenti nell’interstizio. Nell’interstizio vi è presenza di LIQUIDO INTERSTIZIALE, esso possiede
una pressione idrostatica di 32 mmHg. La pressione idrostatica del liquido tende a promuovere
l’entrata del liquido. Fuori ho anche un minimo di pressione oncotica per la presenza di proteine. La

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pressione oncotica nell’interstizio promuove, invece, il passaggio dell’acqua dal capillare a fuori. La
pressione idrostatica del liquido interstiziale promuove il riassorbimento, l’oncotica nell’interstizio
promuove il riassorbimento. Visto che entrambe valgono 1-2 mmHg, si escludono fra loro, perché
esse sono uguali e contrarie.

Quando queste forze si modificano, si può avere EDEMA.

Se diminuisce la pressione oncotica (ad esempio in un soggetto malnutrito) e parte ad esempio da 20


mmHg, succede che la zona di filtrazione diventa più lunga perché si sposta il punto di equilibrio.
Avrò una maggiore zona di filtrazione a discapito di una ridotta zona di riassorbimento. Se si filtra
molto più liquido di quello che si riassorbe si può andare in contro ad un processo edematoso.

PINOCITOSI

Utile per trasportare sostanze non liposolubili di grandi dimensioni da un versante all’altro della
membrana. E’ un processo non particolarmente utilizzato. Questo processo implica la formazione di
una struttura che comporta un dispendio energetico. Il numero di vescicole è disomogeneo lungo il
capillare tende ad aumentare dal lato arterioso a quello venoso del capillare.

CONTROLLO DELLA MICROCIRCOLAZIONE

Vi è un controllo nervoso: perché i vasi sono innervati. Le arteriole hanno un’innervazione a carico
del sistema nervoso autonomo ma soprattutto a carico del sistema nervoso ORTOSIMPATICO (libera
noradrenalina). Per quanto riguarda i vasi, c’è da dire che essi sono innervati quasi esclusivamente
dal sistema nervoso ortosimpatico. E’ proprio il sistema nervoso ortosimpatico che va a regolare la
costrizione e dilatazione di arteriole e metarteriole mentre il sistema nervoso parasimpatico ha un
ruolo marginale nel controllo della microcircolazione.

Vi è un controllo ORMONALE, fra gli ormoni si ha l’ADRENALINA, che è una catecolammina, liberata
dalla midollare del surrene. Essa ha un effetto che ricorda quello della noradrenalina anche se in
generale gli effetti sono più mitigati anche perché esse hanno concentrazioni diverse per via della
distanza che intercorre fra il luogo di secrezione ed il vaso. L’adrenalina risulta quindi più diluita
rispetto alla noradrenalina (liberata sul vaso dal SNA-ortosimpatico).

Vi è anche una regolazione metabolica: un muscolo che lavora produce acido lattico (catabolita da
lavoro). Se produco cataboliti: acido lattico, CO2, idrogenioni, l’organismo capisce che più cataboliti
vi sono maggiore è il lavoro svolto. Questi cataboliti determinano un aumento della perfusione nella
zona dove sono maggiormente concentrati. Più cataboliti vi sono, più il sangue giungerà in quel
distretto. Questo avviene per due ragioni:

-occorre rimuovere i cataboliti

-occorre apportare sostanze nutritizie a quel distretto

Questi cataboliti non sono solo sostanze di scarto ma fungono anche da SEGNALATORI. Si producono
cataboliti, si determina una dilatazione dell’unità di microcircolazione e questo rimuove il catabolita
ma si portano anche nutrienti. Azionando un muscolo si produce calore per via dell’attività
metabolica.

Vi sono anche metaboliti prodotti dall’endotelio che determinano una regolazione della
microcircolazione. Ad esempio EDRF (monossido di azoto) ha un’attività vasodilatatrice. La
prostaciclina ha un’attività vasodilatatrice così come la prostaciclina, la quale previene

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l’aggregazione piastrinica ed ha un’attività vasodilatatrice. L’endotelina, invece, ha un’attività
vasocostrittrice. Vi sono sostanze prodotte e liberate dall’endotelio dei vasi (arteriole) che fanno sì
che si abbia a seconda della sostanza una vasodilatazione (se si ha bisogno di più sangue) o una
vasocostrizione. Esistono quindi dei fattori endoteliali che promuovono vaso dilatazione e
costrizione.

RIFLESSO DI BAYLISS: vi sono vari tipi di canali, i canali a stiramento si aprono a seguito dello
stiramento del tessuto nei quali essi sono presenti. Questi canali a stiramento sono dei canali che
permettono l’entrata di calcio. Il calcio promuove la contrazione. Succede che nelle arteriole di
natura muscolare arriva sangue e ne arriva troppo “di colpo”. L’arteriola in questo caso si dilata; per
ritornare al calibro di origine dopo la dilatazione essa deve costringersi. In questa arteriola vi sono
dei canali del calcio a stiramento. Se l’arteriola viene tesa per un aumento della pressione dovuto
all’aumento del flusso di sangue si aprono i canali del calcio a stiramento. L’ingresso del calcio
determina la contrazione e l’arteriola ritorna al calibro d’origine. Tutto ciò avviene grazie all’entrata
del calcio all’interno delle cellule muscolari lisce della parete delle arteriole che ha come
conseguenza una contrazione che porta ad una riduzione del calibro del vaso.

RITORNO VENOSO AL CUORE

Sono 5 i fattori che regolano il ritorno del sangue al cuore. Nella circolazione sistemica il sangue
torna all’atrio di destra mentre nella piccola circolazione il sangue torna all’atrio di sinistra.

1. Pompa premente cardiaca o PRESSIONE VIS A TERGO, è la forza (SPINTA) che impartisce il
ventricolo di sinistra. Ossia la spinta che da il sangue che fa in modo che il sangue proceda in
avanti nei vasi.
2. Alla pressione vis a tergo si oppone la PRESSIONE VIS A FRONTE che è la pressione nell’atrio
destro. Il sangue deve andare nell’atrio di destra nella grande circolazione. Se l’atrio di
destra è pieno, il sangue fatica ad entrarvi perché esso è pieno di sangue. La pressione
nell’atrio di destra regola negativamente l’afflusso del sangue verso l’atrio di destra.

Per cui la pompa di spinta del ventricolo di sinistra corrisponde alla pressione VIS A TERGO,
mentre la difficoltà del sangue a raggiungere il cuore (atrio destro) è la pressione VIS A FRONTE.

3. La POMPA MUSCOLARE è data dal fatto che le vene passano attraverso dei muscoli
scheletrici (es. arti inferiori, le vene passano attraverso un polpaccio). Le vene sono dotate di
valvole. Quando il muscolo va in contrazione, esso comprime la vena ed una parte di sangue
va verso il cuore. Una parte tornerebbe indietro se non ci fosse una valvola all’interno della
vena. Dato che, però, nelle vene che si trovano sotto al livello del cuore sono presenti le
valvole, il sangue non riesce a passare. Quando il sangue tende ad andare verso la zona del
piede la valvola si chiude impedendo al sangue di procedere “a ritroso”. Queste valvole
fanno sì che il sangue viaggi solo in direzione PERIFERIA->CUORE. Se queste valvole non
dovessero funzionare correttamente o vi fosse un diradamento delle valvole (riduzione del
numero di valvole) si ha una situazione in cui il sangue tende a premere di più (aumenta la
colonna idrica) sul vaso ed il vaso alla lunga tende a dar luogo ad una sorta di allargamento,
detto VARICOSITA’. Per via di questo fenomeno si ha la comparsa di varici o VENE VARICOSE.
La pompa muscolare è molto importante: qualora si stia immobili sulla pianta del piede, si ha
un maggiore rischio di gonfiore dei piedi. Questo avviene perché manca la contrazione dei
polpacci che vanno a comprimere le vene che favorisce il ritorno venoso al cuore.

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I muscoli, tuttavia, comprimono sempre in un certo modo le vene perché a livello del piede
si hanno dei recettori tattili che fanno sì che si abbiano delle contrazioni. La pompa
muscolare è presente anche nelle vene che si trovano al di sopra del livello del cuore.
Tuttavia in questi vasi mancano le valvole.
4. POMPA TORACO-ADDOMINALE, abbiamo l’abbassamento del diaframma che comprime i
visceri. Questo determina una maggiore pressione a livello della cavità addominale (come se
comprimessimo i vasi) ma dall’altra parte abbiamo una riduzione della pressione in cavità
toracica. Quindi abbiamo aumentato la pressione in cavità addominale ma ridotto quella in
cavità toracica per cui il sangue si dirige verso il torace (dove si trova il cuore).
5. POMPA ASPIRANTE, dovuta al movimento che il cuore fa mentre batte. Vi è un
abbassamento dell’anello atrio-ventricolare questo determina uno stiramento dell’atrio di
destra e questo fa sì che si crei una piccola depressione (diminuisce la pressione) e quindi
causa una sorta di piccola suzione.

Abbiamo quindi 4 fattori a favore del ritorno venoso al cuore:

● -VIS A TERGO
● -POMPA MUSCOLARE
● -POMPA TORACO-ADDOMINALE
● -POMPA ASPIRANTE

Il fattore che agisce contro il ritorno venoso è la PRESSIONE VIS A FRONTE (pressione nell’atrio
destro).
VASI SANGUIGNI

TIPO DI VASO Diametro medio Spessore medio della Composizione della parete
parete del vaso
Arterie 4.0 mm 1.0 mm ● ENDOTELIO
● TESSUTO
ELASTICO
● GRANDE
COMPONENTE DI
MUSCOLO LISCIO
● TESSUTO
FIBROSO
Arteriole 30.0 micrometri 6.0 micrometri ● ENDOTELIO
● MUSCOLO LISCIO
Capillari 8.0 micrometri 0.5 micrometri ENDOTELIO
Venule 20.0 micrometri 1.0 micrometri ● ENDOTELIO
● TESSUTO
FIBROSO
Vene 5.0 mm 0.5 mm ● ENDOTELIO
● TESSUTO
ELASTICO
● MUSCOLO LISCIO
● TESSUTO
FIBROSO
Nelle vicinanze del cuore abbiamo dei vasi di maggiori dimensioni, con una parete più spessa. Questi
vasi presentano i 4 elementi caratteristici della parete vasale. Endotelio, presente in tutti i vasi, il
tessuto elastico, il tessuto muscolare e il tessuto fibroso.

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Man mano che si procede verso la periferia si hanno vasi più piccoli ma in numero maggiore, come le
ARTERIOLE DI NATURA MUSCOLARE, esse presentano un endotelio ed una componente muscolare
liscia.

I capillari possiedono solo l’endotelio, ossia, una membrana sottile.

Le venule presentano tessuto fibroso e l’endotelio.

Infine, le vene presentano i 4 tipi di tessuto caratteristici dei vasi.

TENSIONE E PRESSIONE NEI VASI

Il vaso non si trova nel vuoto ma è immerso in un tessuto. All’interno del vaso troviamo una
pressione IDROSTATICA, o PRESSIONE DI PERFUSIONE (Pi). Ossia la pressione del sangue all’interno
del vaso che spinge sulla parete in modo da mantenere il vaso aperto. Se si buca il vaso questa
pressione fa in modo che il sangue fuoriesca dal vaso. La pressione di perfusione interna tende a
tenere aperto il vaso.

Pressione tissutale, esterna, che tende a chiudere il vaso. (Pe). Per cui il vaso rimane aperto o chiuso
a seconda se prevale la pressione interna che lo mantiene aperto o si chiude se prevale la pressione
tissutale su quella interna.

Un esempio di chiusura del vaso è quello che si verifica durante la rilevazione (misurazione) della
pressione arteriosa. Si mette un bracciale attorno al braccio, gonfiando il bracciale si va a
comprimere il vaso e quindi la pressione esterna diventa maggiore rispetto a quella interna.

Si ha poi una pressione TRANSMURALE (Pt) che è data dalla differenza fra la pressione interna e
quella esterna, tale per cui: Pt= Pi-Pe.

Sulla parete del vaso grava una certa tensione (la parete del vaso è simile ad un palloncino in cui
viene immessa aria, ossia immettiamo aria nel palloncino e, sulla parete dello stesso, grava una certa
tensione). La tensione che grava sul vaso dipende dalla pressione per il raggio fratto lo spessore.

LEGGE DI LAPLACE APPLICATA AI VASI

T= Pxr fratto s
La pressione dei capillari è 32 mmHg. La tensione che grava sui vasi è data dalla pressione per il
raggio. La pressione può sembrare molto alta per un vaso di piccole dimensioni come i capillari ma
essendo il raggio di essi molto ridotto, la parete del vaso resiste a tale pressione.

Un problema si può verificare qualora si verifichi la dilatazione di un vaso. Se vi è un processo di


dilatazione di un vaso, immaginando che la parete del vaso non si sia alterata e che quindi non abbia
problemi, avendo questo allargamento il raggio [r] è aumentato e quindi la tensione che grava sul
vaso a questo livello può aumentare e si potrebbe avere una dilatazione che aumenta e in casi
estremi l’aneurisma potrebbe rompersi.

COMPLIANCE DEI VASI SANGUIGNI IN RAPPORTO ALL’ETA’

La compliance corrisponde all’elasticità dei vasi.

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In un vaso normale (arterie), abbiamo il ventricolo di sinistra che pompa il sangue in aorta. In
condizioni di riposo viene pompato 70 ml di sangue. Un po’ di sangue viene pompato in avanti e un
po’ di questo sangue viene incamerato in una stazione transitoria del vaso di natura elastica (ossia,
l’aorta si dilata). E così fanno tutti i vasi successivi di natura elastica. L’aorta, quindi, si dilata e
successivamente, quando è terminata la fuoriuscita di sangue dal ventricolo, nella fase di diastole
(ventricolare) si ha il ritorno elastico del vaso che fa si che il sangue venga pompato in avanti. Quindi
quando il sangue va in aorta l’aorta si dilata incamerando un po’ di sangue e successivamente
quando il cuore va a riposo, il ritorno elastico pompa in avanti il sangue.

Se la compliance è bassa, ossia, se i vasi sono rigidi perché hanno perso la loro elasticità, quando il
ventricolo spinge il sangue in aorta, il sangue va avanti ma visto che non vi è una dilatazione del
vaso, quando il ventricolo è in fase di diastole il sangue rimane fermo perché non viene spinto in
avanti grazie al ritorno elastico (perché manca la dilatazione del vaso). Questa situazione comporta
che si perde l’elasticità dei vasi di natura elastica e il flusso a livello dei capillari viene alterato.
Questo causa una sofferenza dei tessuti, uno dei tessuti che può andare facilmente in sofferenza è il
tessuto cerebrale, con alterazioni delle capacità cognitive del soggetto che ha una sclerosi delle
arterie. Una riduzione della compliance (elasticità dei vasi) può comportare problemi anche a livello
del tessuto nervoso.

La compliance si può misurare tramite: Compliance [C]= ΔV fratto ΔP ossia, la variazione di volume
fratto la variazione di pressione.

E’ fisiologico che durante il corso della vita, un soggetto, con il passare del tempo, abbia una
riduzione della compliance dei vasi sanguigni dovuta all’et avanzata. I soggetti di 20-25 anni hanno
un’elasticità dei vasi ottimale. Col passare del tempo, però, l’elasticità dei vasi si riduce già dopo i 25
anni.

Si ha una perdita fisiologica dell’elastina che dà luogo all’elasticità che è controbilanciata da un


aumento del collagene. Infatti, il collagene si sostituisce all’elastina nella parete dei vasi. Si tratta
però di una sostanza anelastica (a differenza dell’elastina). Questo causa una minore elasticità dei
vasi con l’aumentare dell’età. I vasi tendono in modo fisiologico ad irrigidirsi.

TIPI DI PRESSIONE ARTERIOSA

Si possono misurare due tipi di pressione arteriosa:

-PRESSIONE SISTOLICA (detta MASSIMA), i suoi valori ottimali si aggirano intorno ai 110-120 mmHg

-PRESSIONE DIASTOLICA (detta MINIMA), i suoi valori ottimali si aggirano intorno ai 70-80 mmHg

Esistono altre due tipologie di pressione rilevabili:

Osservando queste due pressioni, valore di 120/80 mmHg, ad esempio, si può calcolare la
PRESSIONE DIFFERENZIALE. La pressione differenziale è la differenza fra la pressione sistolica e la
pressione diastolica:

120-80= 40 mmHg. La pressione differenziale in questo esempio è 40 mmHg.

PRESSIONE ARTERIOSA MEDIA (media ponderata sui tempi di sistole e diastole): la pressione media
tiene in considerazione i tempi di sistole e diastole. In un ciclo cardiaco, la sistole dura 0.27s e la
diastole 0.53s. La sistole dura un terzo e la diastole dura due terzi.

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Se si facesse una media matematica fra pressione sistolica e diastolica questo vorrebbe dire che le
fasi di sistole e diastole durerebbero lo stesso numero di secondi, quando, invece, non è così.
Occorre, per calcolare la pressione arteriosa media, pondera i tempi di sistole e diastole.

Si può applicare la formula: Pam(pressione arteriosa media)= Pd+ (173)*(Ps-Pd)= 93 mmHg, nel caso
d’esempio. La pressione arteriosa media è quindi uguale alla pressione diastolica (80 mmHg) + 1/3
della pressione differenziale (sistolica-diastolica)

La pressione arteriosa media si può vedere come la media pressoria che grava tutta la vita sui vasi
arteriosi di un soggetto. Lungo l’arco di parecchi anni, anche una differenza di pochi mmHg pesa in
modo significativo.

FATTORI CHE CONDIZIONANO LA PRESSIONE ARTERIOSA

La pressione arteriosa dipende da molti fattori:

1. Volemia (la quantità di sangue che il soggetto possiede) fattore fisico, circa 5l.
2. Gittata cardiaca [portata cardiaca] fattore fisiologico. Anche la frequenza e la gittata sistolica
(la gittata cardiaca è data dalla FC per la gittata sistolica) influenzano la pressione arteriosa.
La frequenza può anche raddoppiare nel caso in cui si stia svolgendo attività fisica.
3. Resistenza al flusso. Anche la resistenza al flusso condiziona la pressione arteriosa: se
comprimo un vaso, aumenta la resistenza e aumenta la pressione. Vi sono meccanismi tali
per cui si ha vaso costrizione delle arteriole muscolari e vasocostrizione determina un
aumento della pressione.
4.
5. Compliance (elasticità) dei vasi, fattore fisico
6. Rapporto di distribuzione del sangue vene/arterie. Volume ematico arterioso. Due soggetti
potrebbero avere la stessa quantità di sangue (volemia) circa 5l, ma se un soggetto ha molto
di questo sangue nelle vene rispetto all’altro, a parità di volemia, la pressione del soggetto
cala. Ossia, a parità di sangue contenuto, se un soggetto ha il sangue prevalentemente
concentrato nelle vene rispetto alle arterie, la pressione arteriosa sarà più bassa.
7. Età, con l’età avanzata la pressione arteriosa aumenta.
8. Fattori genetici, vi sono soggetti ipertese per cause genetiche.
9. Clinostatismo e Ortostatismo (la posizione in cui si trova il soggetto)
10. Attività fisica (influenza la frequenza cardiaca)

GENESI E MANTENIMENTO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA (ONDA SFIGMICA O DEL POLSO)

Durante la sistole il sangue va avanti ma viene accolto nella dilatazione di natura elastica. Ho un
aumento pressorio in AORTA, da 70-80 a 120 mmHg. Nella fase della diastole, la pressione tende a
diminuire, con il ritorno elastico del vaso.

La pressione nel ventricolo sinistra è di circa 120 mmHg. La differenza di pressione nel ventricolo di
sinistra è superiore a 100 mmHg. Nel vaso arterioso, invece, le differenze di pressione sono molto
più contenute (la pressione differenziale è intorno ai 40 mmHg). Questo per effetto della
componente elastica che fa si che non si abbiano differenze di pressione marcate come nel
ventricolo di sinistra che invece non è molto elastico, in esso prevale sicuramente la componente
muscolare.

56
In questo caso si genera l’onda sfigmica, o del polso, che è quella che si può sentire (dilatazione di
natura elastica) di un soggetto a livello dell’arteria radiale.

MISURAZIONE DELLA PRESSIONE ARTERIOSA

La pressione arteriosa viene normalmente rilevata con il metodo di Riva Rocci. Ossia misurazione
indiretta. La misurazione diretta viene rilevata direttamente dentro al vaso con una procedura
invasiva.

Si utilizzano il fonendoscopio e lo sfigmomanometro (composto da bracciale in cui vi è una camera


d’aria). Tramite una piccola pompa si gonfia la camera d’aria del bracciale. Si pone il bracciale
attorno al braccio del pz, si gonfia il bracciale. Il bracciale comprime il braccio e ciò che è contenuto
in esso, compresa l’arteria brachiale. Ad un certo valore pressorio scompare il polso radiale perché
l’onda sfigmica si interrompe quando si comprime il vaso e il flusso ematico viene temporaneamente
interrotto. Abbiamo una situazione in cui la pressione extravasale è maggiore rispetto a quella
all’interno del vaso e quindi esso si chiude.

A questo punto si sgonfia il bracciale, inizio a sentire dei rumori nel fonendoscopio (i toni di
Korotkoff). Questi toni di Korotkoff sono dati dal flusso turbolento del sangue che passa attraverso il
vaso che è ancora parzialmente chiuso ma si è aperto un po’. Il flusso turbolento fa si che il sangue
sbatta sulle pareti del vaso perché non prosegue più in modo lineare. Lo sbattere del sangue sulla
parete produce un rumore, il tono di Korotkoff. Il primo tono di Korotkoff corrisponde al primo
rumore che udiamo, il quale corrisponde alla pressione massima o sistolica. L’ultimo rumore (in
realtà primo silenzio) corrisponde al quinto tono di Korotkoff, quando non si odono più rumori, il
flusso torna laminare. L’ultimo rumore o primo silenzio corrisponde alla pressione minima o
diastolica. I toni cardiaci sono dovuti alle chiusure di valvole, mentre i toni di Korotkoff sono dovuti al
flusso turbolento del sangue che passa in un vaso dove vi è una stenosi (calibro ridotto). I due tipi di
toni non sono da confondere fra loro.

REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE ARTERIOSA

La pressione arteriosa media è determinata da:

● VOLEMIA (VOLUME EMATICO) che è determinata dall’assunzione di liquidi e dalla perdita di


liquidi. La perdita di liquidi può essere passiva (tramite espirazione) o regolata dal rene
(all’aumentare dell’idratazione la diuresi aumenta e viceversa). Il rene modula la quantità di
liquidi persi nel giorno.
● EFFICACIA DEL CUORE COME POMPA (ossia la GITTATA CARDIACA) che è determinata dalla
FREQUENZA CARDIACA e dalla GITTATA SISTOLICA.
● RESISTENZA DEL SISTEMA AL FLUSSO SANGUIGNO, determinata dal diametro delle arteriole
(per fenomeni di vasodilatazione e vasocostrizione). D’estate si hanno cali pressori perché
per diminuire la temperatura si ha vasodilatazione che porta la pressione arteriosa a
diminuire.
● DISTRIBUZIONE RELATIVA DEL SANGUE TRA I VASI SANGUIGNI ARTERIORI A VENOSI,
determinata dal diametro delle vene. Ossia, se il sangue è più concentrato nelle vene
piuttosto che nelle arterie la pressione arteriosa diminuisce.

CONTROLLO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA

Per controllare la pressione arteriosa abbiamo diversi sistemi di controllo:

● CONTROLLO SOVRAREGIONALE, in cui si distinguono:

57
● Controllo RAPIDO, che è il controllo nervoso. Esso è un controllo molto rapido ma
non per questo risolutivo.
● Controllo SEMI-RITARDATO, che è il controllo umorale. Esso avviene meno
rapidamente ma non è detto che sia risolutivo.
● Controllo RITARDATO, che è il controllo renale. E’ quello di norma risolutivo.

● CONTROLLO REGIONALE che controlla piccole zone, in cui si distinguono:


● CONTROLLO NERVOSO LOCALE
● CONTROLLO METABOLICO TOTALE

CONTROLLO NERVOSO RAPIDO (RIFLESSO BAROCETTIVO)

Per avere un sistema di regolazione occorre che vi sia un sistema di RILEVAZIONE.

I barocettori, collocati sull’arco aortico e nel seno carotideo fungono da recettori. Essi rilevano la
pressione e mandano informazioni ai centri superiori informandoli qualora vi siano delle variazioni di
pressione. I barocettori mandano l’informazione della variazione della pressione a livello centrale
(bulbo). Dal livello centrale vengono mandate informazioni grazie al SNA, andando ad attivare od
inattivare la componente ORTOSIMPATICA o PARASIMPATICA. La pressione varia, i barocettori
rilevano la variazione di pressione e mandano l’info a livello centrale. A questo punto ho
l’EFFERENZA, ossia, viene inviato lo stimolo (comando) che andrà a coinvolgere il SN orto o
parasimpatico inibendo uno e attivando l’altro.

I barocettori (localizzati in DISTRETTI AD ALTA PRESSIONE) si possono definire anche


TENSIOCETTORI. I barocettori sono delle terminazioni che rilevano la tensione sulla parete del vaso.
Sul vaso vi è una certa tensione: se la pressione aumenta, aumenta la tensione sul vaso. La tensione
rilevata dà un’indicazione sul valore della pressione e sulla sua variazione. I barocettori dell’arco
aortico e del seno carotideo funzionano in modo diverso:

-i barocettori del seno carotideo sono sempre attivi e diventano più attivi se la pressione varia

-i barocettori posti sull’arco aortico non sono sempre attivi. I barocettori dell’arco aortico si attivano
solo qualora la pressione arteriosa aumenti

I barocettori, però, vanno incontro ad ADATTAMENTO, ossia quel fenomeno per il quale SE HO UNO
STIMOLO COSTANTE, ALLA FINE IL RECETTORE SMETTE DI AVVERTIRE QUESTO STIMOLO. Lo stimolo
si ha comunque, il recettore lo trasduce (ossia avverte il cambiamento) ma se lo stimolo rimane
sempre lo stesso, il recettore smette di segnalarlo. L’adattamento si verifica anche a livello dei
recettori olfattivi, in maniera analoga.

I volumocettori si trovano in distretti a bassa pressione, come gli atri, le grandi vene. Se la pressione
arteriosa sale, si ha una variazione nella frequenza dei potenziali d’azione. Se la pressione cala, ho un
calo dei potenziali d’azione. In questo modo tramite i volumocettori che rilevano questi
cambiamenti, si informano i centri superiori

CENTRI E SISTEMI EFFERENTI

Il cuore è innervato dall’ortosimpatico e dal parasimpatico. Il parasimpatico innerva principalmente i


nodi mentre l’ortosimpatico innerva tutto il cuore. Il sistema ortosimpatico oltre ad innervare il
cuore innerva anche le arteriole e le vene mentre il parasimpatico ha un’innervazione minoritaria
(cuore e nodi).

58
Aumenta la pressione arteriosa, vengono stimolati i barocettori, viene inviata l’informazione ai centri
superiori con un aumento della frequenza di scarica. A livello dei centri superiori (bulbari del
controllo cardiovascolare) abbiamo un’AREA PRESSORIA ed un’AREA DEPRESSORIA. I centri bulbari
vengono informati, la risposta in questo caso è per il PARASIMPATICO che DEPRIME l’attività
cardiaca, se si attiva il sistema che riduce l’attività cardiaca, si riduce il flusso. Si attiva il
parasimpatico per ridurre l’attività cardiaca e tramite un interneurone inibitorio vado a disattivare il
sistema nervoso ortosimpatico. L’inibizione del sistema nervoso ortosimpatico determinerà:

-Una minore attività cardiaca (il cuore pompa di meno)

-una riduzione delle resistenze periferiche totali

-il sangue verrà mandato verso le vene

L’evento opposto, invece, porta ad una riduzione dell’attività del parasimpatico ed un aumento
dell’attività dell’ortosimpatico. Quando si passa velocemente da clinostasi ad ortostasi si ha un
giramento di testa. Questo perché alzandoci in piedi abbiamo avuto un aumento della colonna
idrostatica, questo determina un calo pressorio. L’organismo attiva rapidamente l’ortosimpatico ed
esso fa aumentare molto velocemente la frequenza cardiaca.

SISTEMI DI CONTROLLO UMORALE SEMI-RITARDATO

SISTEMA DELLE CHININE, abbassa la pressione arteriosa. E’ definito sistema ipotensivante.

Questo sistema produce una vasodilatazione che porta all’eliminazione di ione sodio ed acqua.

SISTEMA RENINO-ANGIOTENSINA, aumenta la pressione arteriosa. E’ un sistema ipertensivante.

La renina, invece, è liberata dalle cellule muscolari trasformate dell’arteriola afferente al glomerulo
renale. Essa agisce diminuendo la pressione arteriosa. A livello del rene si libera renina, che attacca
l’angiotensinogeno. Si forma ANGIOTENSINA 1 che grazie all’enzima ACE viene convertita in
ANGIOTENSINA 2. L’angiotensina 2 provoca un aumento della secrezione di aldosterone, aumento
della sete e vasocostrizione. Il sistema renino-angiotensina è ipertensivante.

L’enzima ACE presente nelle cellule endoteliali dei vasi polmonari attiva il sistema renina-
angiotensina. L’ACE però spegne il sistema delle chinine. Vi sono dei farmaci dati a soggetti ipertesi,
detti ACE-inibitori. Essi spegono il sistema renino-angiotensina e potenziano il sistema delle chinine.

ATRIOPEPTINA (Peptide Natriuretico atriale)

Aumentano i volumi extracellulari e il aumenta la quantità di sodio. Si hanno dei recettori atriali, i
quali liberano sostanze. Questo per arrivare ad una situazione in cui il Peptide Natriuretico atriale
aumenta la diuresi che porta a vaso dilatazione. Esso ha un effetto ipotensivante.

PRESSURE DIURESIS o DIURESI DA PRESSIONE

Se si ha un aumento del volume ematico, la pressione arteriosa sale. Non è possibile riportarla a
valori fisiologici velocemente agendo sul volume ematico perché esso dipende dalla diuresi e non si
riesce ad espellere urina molto velocemente. Dapprima si ha una risposta rapida:

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-VASODILATAZIONE

-DIMINUZIONE DELLA GITTATA CARDIACA

L’eccesso di liquido viene ripristinato grazie all’attività del rene. La regolazione della diuresi è il
processo finale di ripristino della pressione arteriosa su valori fisiologici. Essa avviene dopo un po’ di
tempo. Se aumenta il volume ematico il rene interviene, ma in modo ritardato.

Se tutti questi sistemi non riescono a riportare la pressione alle origini a causa dell’adattamento, i
barocettori si resettano su valori pressori errati, essi non scatteranno più a valori pressori fisiologici.
Se i barocettori si resettano su valori pressori più alti del normale, questi meccanismi di regolazione
non scattano quando dovrebbero ed il soggetto si troverà quindi in una condizione di ipertensione.

IL SANGUE

Ha diverse funzioni:

1) Trasporto, di sostanze
2) Omeostasi
3) Emostasi
4) Immunità, processi immunitarie

Esso ha un volume di circa 5000ml (5l), corrisponde all’8% del peso corporeo di un individuo.

E’ composto da due fasi:

-FASE LIQUIDA (PLASMA), il 55% del totale

-FASE CORPUSCOLATA, il 45% del totale

COMPOSIZIONE DEL SANGUE

PLASMA ELEMENTI FIGURATI


Composto da H2O, ioni, molecole organiche Eritrociti
Fra le molecole organiche abbiamo proteine, Leucociti
amminoacidi, lipidi, glucidi
Le proteine sono divise in: ALBUMINA, Globuline e Trombociti
FIBRINOGENO.

Nel sangue ritroviamo sia le cellule (eritrociti, ecc…) che il plasma. Nel plasma troviamo sia
cristalloidi che colloidi.

I cristalloidi sono molecole come NaCl ed il glucosio, mentre i colloidi sono le proteine.

LE FUNZIONI DELLE PROTEINE DEL SANGUE (PLASMA):

1) I colloidi danno vita alla pressione oncotica o colloido-osmotica. La pressione oncotica è di circa
25 mmHg.
2) Le proteine hanno varie funzioni, tra le quali alcune anche molto specifiche come quella di
essere ANTICORPI.
3) Il sistema tampone prevalente nel sangue è il sistema CARBONATI-BICARBONATI ma anche le
proteine hanno un sistema tampone
4) Hanno funzione di trasporto, alcune sono specifiche per una sostanza, altre possono fungere da
trasportatore per una categoria di sostanze.

60
SIERO: plasma senza le proteine della coagulazione.

ELEMENTI FIGURATI:

Gli eritrociti sono gli elementi figurati più abbondanti nel sangue (milioni per microlitro), i leucociti
(migliaia per microlitro), trombociti (centinaia di migliaia al microlitro).

ERITROCITI, sono cellule prive di nucleo. La loro funzione principale è quella di trasportare O2 ai
tessuti. Negli eritrociti viene anche trasportata la CO2. Gli eritrociti sono prodotti dal midollo osseo.
Hanno una vita media di 120gg, dopodiché vengono sostituiti. All’interno degli eritrociti vi è
l’emoglobina (Hb). Il legame fra emoglobina ed ossigeno viene modulato da diversi fattori, fra i quali
si ricordano temperatura, pH e 2,3 bisfosfoglicerato. L’emoglobina è solo un trasportatore per
l’ossigeno, non un deposito.

LEUCOCITI

Essi si dividono in GRANULOCITI (65%): neutrofili (95%), eosinofili (4%) e basofili (1%),

LINFOCITI (30%)

Monociti (5%)

Queste cellule sono coinvolte nei processi di difesa dell’organismo.

ORIGINE DEGLI ELEMENTI FIGURATI DEL SANGUE:

All’origine abbiamo una cellula staminale pluripotente che differenzierà nelle diverse linee cellulari.
L’evoluzione in una linea o l’altra dipende da fattori trofici che vengono in contatto con la cellula.
L’Epo è quella sostanza che se incrocia la cellula, fa sì che essa differenzi in eritrocita.

VES

Ves=velocità di eritrosedimentazione. Si fonda sul fatto che il peso specifico del plasma è < di quello
delle cellule. La velocità di sedimentazione dipende dalla differenza di peso specifico fra plasma ed
elementi figurati. Le cellule, pesando più del plasma, se il plasma viene lasciato a temperatura
ambiente, si spostano verso il basso. Rimane in alto la parte liquida del sangue, il plasma. La velocità
di eritrosedimentazione è in 1h, 6-8mm nell’uomo e 8-12mm nella donna. La velocità di
eritrosedimentazione aumenta qualora vi sia un processo di infiammazione cronica. Mediante questi
processi gli eritrociti vengono incollati uno all’altro da proteine prodotte in questi processi.

EMOSTASI

Sistema con il quale il sangue tende ad impedire la fuoriuscita di sé stesso dai vasi. Nel caso di
rottura di un vaso si hanno varie fasi di riparazione del vaso:

1) VASOCOSTRIZIONE, nel caso di rottura di un’arteriola periferica di natura muscolare, l’effetto


sarà benefico. Nel caso di rottura di grandi vasi, la vasocostrizione si rivela inefficiente ai fini
dell’emostasi. Si riduce il flusso ematico all’interno del vaso che è andato incontro a rottura.
2) FORMAZIONE DI UN TAPPO DI PIASTRINE, l’endotelio, a causa della rottura, non riveste più il
vaso. In questo modo il collagene sottostante viene scoperto. Questo è un sistema che attrae le
piastrine le quali vanno ad aderire dove l’endotelio si è rotto ed il collagene è rimasto scoperto.
3) Le piastrine si depositano e si comportano come mattoncini e formano un COAGULO (accumulo
di piastrine). Per contenere le piastrine e fare in modo che esse non vengano trasportate lontano

61
dal flusso ematico, sopra a questo accumulo di piastrine, come STABILIZZANTE, viene messa una
maglia di filamenti, fibrinogeno convertito in fibrina. Questa funge da rete, dopodiché essa si
contrae e funge da stabilizzante facendo sì che il coagulo rimanga in sede.
4) Dopo un po’ di tempo se tutto è andato bene si ha la riparazione del vaso e si ha la dissoluzione
di ciò che si è prodotto per riparare il vaso. Il coagulo viene rimosso lentamente per evitare che
si stacchi di colpo andando ad ostruire un vaso di calibro ridotto.

FORMAZIONE DEL TAPPO DI PIASTRINE

Il vaso si è rotto e l’endotelio rompendosi ha esposto il collagene. Il collagene esposto fa da punto di


ancoraggio per le piastrine che si iniziano a depositare su di esso. Esse hanno dei sistemi per i quali si
richiamano a vicenda per andare a riparare il vaso rotto. Le piastrine rilasciano varie sostanze:

-ADP 5-idrossi-triptiammina, che genera vasocostrizione. Il collagene ha una carica negativa e quindi
attira le piastrine favorendone l’aggregazione.

-TXA2, prodotto della fosfolipasi A2 e dell’acido arachidonico. Questa via potenzia l’aggregazione
piastrinica. Questa via se funziona troppo rispetto alle aspettative, si ha un’iperaggregazione
patologica. Qualora si verifichi ciò, si somministrano farmaci come ASPIRINA, che agisce in modo che
non si venga a formare Trombossano di tipo 2 (prodotto della trasformazione dell’acido
arachidonico). Questo riduce l’aggregazione piastrinica. Aspirina non è un’anticoagulante ma
un’antiaggregante.

FORMAZIONE DEL COAGULO

Si ha l’attivazione del FATTORE X, quando esso si attiva, la protrombina viene convertita in trombina.
La trombina va ad aggredire il fibrinogeno che viene convertito in mFibrina. Più monomeri assieme
formano il polimero, pFibrina. Il polimero forma una rete, l’XL-Fibrina.

La rete si posiziona a livello delle piastrine, si contrae e causa la retrazione del coagulo. L’insieme di
piastrine attaccate al collagene viene mantenuto in loco. La coagulazione è molto controllata e
modulata, attraverso vari passaggi. Per la coagulazione sono necessari lo ione calcio e la vitamina K.
La vitamina K è utile per produrre i fattori della coagulazione.

MECCANISMI ANTICOAGULANTI

Endotelio: Prostaciclina e Trombomodulina

Plasma: Antitrombina III, EPARINA, Proteina C e Plasminogeno

Tessuti: Attivatore di Plasminogeno

Una volta avuta la riparazione del vaso, si provvede alla rimozione del coagulo. Questa serie di
processi termina con la formazione di una sostanza detta FIBRINOLISINA. Essa va a rompere la rete di
XL-FIBRINA. A quel punto viene facilitata la disgregazione del coagulo.

Si formano anche dei frammenti che modulano l’attività della TROMBINA. Perché se si continuano a
tagliare le reti ma si aggiunge fibrina non si riesce a togliere il coagulo.

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GRUPPI SANGUIGNI (classificazione AB0)

------------------------- Gruppo A Gruppo B Gruppo AB Gruppo 0


Tipi di eritrociti A B AB 0
Anticorpi presenti Anticorpi ANTI-B Anticorpi ANTI-A Non presenta Presenta gli
anticorpi anticorpi ANTI-A
ed ANTI-B nel
plasma
Antigeni presenti Sul globulo rosso è Sul globulo rosso è Presenta sia Non presenta
presente presente l’ANTIGENE A sia antigeni sui globuli
l’ANTIGENE A l’ANTIGENE B l’ANTIGENE B sui rossi
globuli rossi
Per fare una trasfusione va preso in considerazione anche il fattore Rhesus (Rh). Si tratta di un
fattore per il quale si può essere positivi (lo si possiede) o negativi.

Se si esegue una trasfusione sbagliata, si da del sangue di gruppo AB ad un soggetto 0. Gli anticorpi A
e B vanno ad attaccare i globuli rossi appena trasfusi. Questi globuli rossi vengono rotti e
l’emoglobina va in circolo. Questo causa problemi anche a livello renale.

Il fattore Rhesus va tenuto in considerazione se una donna è incinta. Se una donna ha l’Rh negativo
ed il feto l’Rh positivo, al parto ci può essere l’immunizzazione, il sangue della madre e del bambino
verranno a contatto e la madre svilupperà anticorpi. All’eventuale seconda gravidanza, se il bambino
è Rh positivo, gli anticorpi formatisi nella prima gravidanza possono superare la barriera placentare
attaccando il feto. Si tratta di eritroblastosi fetale. Se non trattata farmacologicamente, una donna
Rh negativo può avere problemi seri durante la gravidanza.

CENNI DI EMODINAMICA

Il flusso (F) è dato dalla differenza di pressione/le resistenze.

Il flusso normalmente in un vaso è di tipo LAMINARE, la lamina centrale è più veloce rispetto a quelle
periferiche. Questo si verifica perché il cuore pompa il sangue tutto con la stessa forza. Però, nel
condotto le lamine più periferiche strisciano sulle pareti del vaso e risentono degli attriti che frenano
le lamine periferiche del sangue che scorre. Si ha che in periferia nel vaso, dove il sangue sbatte
contro le pareti, si ha una minore velocità di flusso che al centro del vaso, questo perché il sangue
viene rallentato dall’attrito esercitato sulle pareti del vaso.

Il flusso turbolento si ha quando ho una repentina variazione di calibro del vaso dovuta ad una
compressione dello stesso.

Il fatto che il flusso ematico sia laminare e che le lamine più vicine alla parete scorrano a fatica fa sì
che i globuli rossi rimbalzino sulle pareti del vaso e che si vadano a posizionare nella zona centrale
del vaso nella quale i valori di ematocrito possono essere leggermente più elevati rispetto che in
periferia.

FISIOLOGIA (APPARATO RESPIRATORIO)

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SCHEMA DELLA RESPIRAZIONE ESTERNA E CELLULARE

Entra aria dalle vie aeree, si ha lo scambio dell’ossigeno al sangue, il quale va verso il cuore, passa
per l’atrio sinistro, esce dal ventricolo sinistro, il sangue raggiunge i tessuti dove avvengono gli
scambi tissutali. Viene prodotto ATP e CO2. La CO2 passa al sangue, il sangue torna al cuore dove
passando per atrio destro e ventricolo di destro viene ri-pompato verso gli alveoli dove viene
nuovamente ossigenato.

Non tutta la CO2 va persa, non tutta la Co2 presente nel sangue va persa ed espirata.

SISTEMA RESPIRATORIO

Abbiamo due tipi di respirazione:

o RESPIRAZIONE ESTERNA, in cui si hanno scambi fra O2 e CO2 fra atmosfera e tessuti
dell’organismo tramite il sangue. Essa è divisa in 4 processi integrati:
1. VENTILAZIONE POLMONARE: che consta di due fasi: INSPIRAZIONE (quando i gas
entrano all’interno del corpo e degli alveoli) ed ESPIRAZIONE (quando i gas
vengono espulsi dall’organismo).
2. Gli scambi avvengono per diffusione, ossia, si hanno scambi di O2 E CO2. Avrò
l’ossigeno che passa dall’alveolo al capillare, la CO2 dal capillare passerà
all’alveolo.
3. Il sangue poi veicolerà l’O2 e la CO2 all’interno dell’organismo
4. A livello cellulare si ha la cessione di O2 e l’incamerarsi di CO2 che si è formata a
livello tissutale.
o RESPIRAZIONE CELLULARE, in cui ho l’O2 che assieme all’ossidazione di varie sostanze
porterà a sviluppare ATP, H2O e CO2. La CO2 verrà veicolata dal sangue sino agli alveoli dove
verrà espulsa dall’organismo.

FUNZIONI DELL’APPARATO RESPIRATORIO

1. VENTILAZIONE POLMONARE, ossia, esso ha la funzione di far avvenire i vari scambi gassosi
utili per l’organismo.
2. PARTECIPAZIONE ALLA REGOLAZIONE DELL’EQUILIBRIO ACIDO-BASE, assieme al rene ed al
sistema tampone del sangue l’apparato respiratorio contribuisce a mantenere l’equilibrio
acido-base del sangue.
3. VOCALIZZAZIONE, per parlare ed emettere suoni
4. PARTECIPAZIONE ALLA PROTEZIONE DA MICROBI E SOSTANZE IRRITANTI, l’apparato
respiratorio per ogni atto respiratorio, inspira circa 500ml di aria. La stessa aria viene poi
espirata. Il contatto con l’ambiente esterno è molto grande e quindi è fondamentale che vi
sia un sistema di protezione da patogeni e sostanze irritanti, grazie anche alla presenza, fra
altre specie cellulari, dei macrofagi. Anche la tosse e gli starnuti sono meccanismi di difesa
da sostanze irritanti.
5. PARTECIPAZIONE ALLA TERMODISPERSIONE, se si sta svolgendo attività fisica, gli scambi
respiratori aumentano. Anche gli scambi respiratori portano alla dispersione di calore.
6. FILTRAZIONE E DISSOLUZIONE DI PICCOLI COAGULI DI SANGUE CHE SI FORMANO NEL
CIRCOLO, qualora si creino coaguli ed essi raggiungano la piccola circolazione, esistono
enzimi in grado di sciogliere questi coaguli, senza andare ad ostruire parzialmente o
totalmente vasi importanti.
7. REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE ARTERIOSA, poiché CONVERTE ANGIOTENSINA I in
ANGIOTENSINA II, grazie alla presenza dell’enzima ACE. Questo enzima è presente nelle

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cellule endoteliali dei vasi della piccola circolazione che converte Angiotensina I in
Angiotensina II.

SISTEMA RESPIRATORIO: TRIADE ANATOMO-FUNZIONALE

Vi è un gruppo anatomo-funzionale nel sistema respiratorio formato da:

1. VIE RESPIRATORIE, suddivise in:


- VIE AEREE SUPERIORI
- VIE AEREE INFERIORI

Le quali conducono aria ai polmoni ma anche in senso contrario. All’interno di esse l’aria viene anche
riscaldata ed umidificata. L’aria percorre le vie in entrambi i sensi (in entrata ed in uscita).

2. MOVIMENTI RESPIRATORI, i movimenti respiratori sono dettati da muscoli ancorati alla


gabbia toracica. Il muscolo importante per la respirazione è il diaframma, che si abbassa
durante l’inspirazione e si eleva durante la fase espiratoria.
3. SUPERFICIE RESPIRATORIA, all’interno della quale si hanno varie strutture che compiono gli
scambi gassosi (a livello dei polmoni, negli alveoli). Perché avvengano gli scambi gassosi
occorre che vi siano i due elementi fondamentali perché essi avvengano:
- ARIA
- SANGUE DEL CIRCOLO POLMONARE

Se uno dei due elementi manca o è carenti si hanno vari problemi.

ANATOMIA DEL SISTEMA RESPIRATORIO

Abbiamo una zona di CONDUZIONE, in cui non avvengono scambi gassosi, serve solo per condurre
l’aria alla zona degli scambi respiratori. Essa è composta da organi come:

o LARINGE
o TRACHEA
o BRONCHI PRIMARI, SECONDARI E TERZIARI
o PICCOLI BRONCHI
o BRONCHIOLI
o BRONCHIOLI TERMINALI

Si ha poi una zona respiratoria, dove avvengono gli scambi gassosi formata da:

o BRONCHIOLI RESPIRATORI
o SACCHI ALVEOLARI

FUNZIONI DELLA ZONA DI CONDUZIONE

Essa ha varie funzioni (NON avvengono al suo interno scambi gassosi):

1. RISCALDARE L’ARIA A TEMPERATURA CORPOREA (CIRCA 37°). Verosimilmente, di solito, si


respira aria a temperatura inferiore a 37° ed essa viene scaldata dalle cavità nasali ed orale.
2. All’aria precedentemente riscaldata viene aggiunto del VAPORE ACQUEO, ossia, essa viene
UMIDIFICATA, questo per evitare che gli alveoli si disidratano. Gli alveoli sono bagnati dal
tensioattivo ma è bene che l’aria venga comunque umidificata.
3. FILTRAZIONE DELL’ARIA, per impedire che materiale estraneo (polvere, peli ecc…) ed agenti
patogeni raggiungano la zona degli alveoli.

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Normalmente l’aria a livello della trachea è già stata correttamente riscaldata ed umidificata.

POLMONI:

Sono contenuti nella cavità toracica (il cui pavimento è il diaframma). Sono due, sono anatomicamente
differenti (il destro è posto più in alto per la presenza del fegato, il polmone sinistro è leggermente più
piccolo del destro). Il polmone di sinistra presenta un’invaginazione nella quale è contenuto l’apice del
cuore (eccentrico a sinistra).

I polmoni sono appesi agli apici e la base è adagiata sul diaframma. La parte superiore è detta apice e
quella inferiore è detta base.

I polmoni sono rivestiti dalle pleure. Le pleure sono composte da un foglietto viscerale che riveste la
parte esterna del polmone ed un foglietto parietale che riveste l’interno della gabbia toracica. Fra i due
foglietti vi è una cavità, la cavità pleurica, all’interno della quale si trova un liquido, IL LIQUIDO PLEURICO.
Il liquido pleurico ammonta a circa 15ml, esso permette di ridurre gli attriti fra i due foglietti. Il liquido
pleurico permette quindi lo scorrimento dei due foglietti uno sull’altro senza causare attriti. Inoltre, esso
permette di avere un’adesione fra la zona del polmone e la parete toracica.

PLEURA:

I polmoni tendono a collassare sul loro asse centrale. Il polmone tende ad andare a sgonfiarsi, mentre la
gabbia toracica tende ad andare verso l’esterno. La pleura viscerale, quindi, viene trascinata verso
l’interno e la pleura parietale viene invece tirata verso l’esterno. Lo spazio fra le pleure è chiuso, per
questo motivo si viene a creare una PRESSIONE NEGATIVA a livello della cavità pleurica. La pressione
ammonta a circa -3/4 mmHg rispetto alla pressione atmosferica. Un’altra pressione di cui tenere conto è
la PRESSIONE TRANSPOLMONARE. Essa è data dalla PRESSIONE PRESENTE NELL’ALVEOLO-PRESSIONE
NELLE PLEURE. La pressione transpolmonare ammonta a 3/4mmHg a fine dell’espirazione, prima del
successivo processo inspiratorio.

GABBIA TORACICA:

La gabbia toracica tende ad andare verso l’esterno. Essa ha proprietà elastiche. Il 3-5% del dispendio
energetico del nostro organismo a riposo viene utilizzato per la respirazione.

ANATOMIA E FUNZIONE DELLA ZONA DI SCAMBIO (ALVEOLI)

Negli alveoli vi è una grande quantità di capillari. L’80-90% della superficie degli alveoli è rivestita da
capillari. La superficie alveolare è enorme, nell’adulto essa ammonta a 75 metri quadrati. (la superficie
cutanea è inferiore ai 2 metri). E’ assolutamente utile che vi sia un’enorme superficie alveolare perché gli
scambi gassosi avvengono per diffusione e poiché la diffusione dipende anche dall’area della superficie di
scambio, ne consegue che se l’area di questa superficie è molto grande, la diffusione è facilitata. Un altro
fattore che facilita la diffusione è la scarsa distanza che intercorre fra gas e sangue. Essa è costituita da
una sottile barriera, la quale permetto lo scambio rapido fra gas e sangue per diffusione. Il processo di
diffusione è penalizzato qualora vi sia una grande distanza fra le sostanze che devono scambiarsi.

Gli alveoli sono dei piccoli sacchetti gonfiabili posti all’estremità dei bronchioli respiratori.

A questo livello abbiamo anche la presenza di cellule di tipo II secernenti, le quali secernono il
SURFACTANTE (tensioattivo), un fattore che serve a ridurre la tensione superficiale che si verifica fra la
zona dove vi è aria e la zona dove vi è acqua. La presenza del setto alveolare è molto importante per
garantire un’ampia superficie di scambio.

POMPA RESPIRATORIA:

66
Ho dei muscoli utili per mantenere aperte le vie aeree oppure per aprirle maggiormente per far fluire una
maggiore quantità d’aria ad esempio durante un’attività fisica. I muscoli delle vie aeree superiori sono
deputati alla regolazione della pervietà delle prime vie aeree e sono innervati da motoneuroni contenuti
nei nervi cranici (come il trigemino, il vago ed il glossofaringeo).

Ho poi dei muscoli della pompa respiratoria, che vanno a regolare i processi di inspirazione ed
espirazione. Fra questi il più importante è il DIAFRAMMA. I motoneuroni che li innervano sono situati nei
segmenti cervicali, toracici e lombari del midollo spinale.

MUSCOLI RESPIRATORI (INSPIRATORI):

Il muscolo inspiratorio più importante è il diaframma.

I muscoli intercostali ESTERNI determinano con il loro movimento l’aumento del diametro della gabbia
toracica (espansione). Abbiamo un movimento a manico di secchio delle coste. Il diaframma durante
l’inspirazione si abbassa, allungando ed allargando la gabbia toracica, il movimento a manico di secchio
della costola che crea un aumento dei diametri trasversali della gabbia toracica. Questo allargamento
della gabbia toracica fa si che la parete toracica trascini il polmone verso l’esterno. Questo perché il
polmone è attaccato alla gabbia toracica per mezzo delle pleure. La gabbia toracica si muove, muove la
pleura parietale, il quale è attaccato al foglietto pleurico viscerale, che si allarga. L’intera struttura si
allarga ed aumenta di volume. Questo causa una diminuzione della pressione.

L’inspirazione può essere normale oppure FORZATA. Durante l’inspirazione forzata sono coinvolti altri
muscoli, come lo sternocleidomastoideo, i pettorali ed i dorsali, detti muscoli inspiratori accessori.

MUSCOLI RESPIRATORI (ESPIRATORI):

Per ciò che concerne l’ESPIRAZIONE, si tratta di un processo che a riposo è PASSIVO. I muscoli si
rilasciano, fra i quali il diaframma, che torna ad assumere la sua forma a cupola. Succede che il polmone
che prima era stato tirato verso l’esterno tende ad andare verso il suo asse centrale. Il movimento di
ritorno del polmone verso il suo asse centrale provoca un aumento della pressione all’interno del
polmone che causa l’espulsione dei gas al suo interno. In tutto ciò, il diaframma torna ad avere la sua
forma a cupola e lo fa elevandosi e tornando alla sua posizione fisiologica.

Durante l’espirazione forzata intervengono i muscoli intercostali interni. Anche la tosse e lo starnuto
provocano il coinvolgimento di muscoli espiratori accessori.

PRESSIONE BAROMETRICA:

La pressione è uguale alla forza diviso l’area sulla quale essa viene applicata. La pressione viene
normalmente misurata in mmHg. E’ bene tenere a mente che 1cm/H2O è pari a 0.74 mmHg. La pressione
di riferimento quando si parla del sistema respiratorio è quella barometrica a livello del mare che
equivale a 760 mmHg.

PRESSIONE A RIPOSO:

A riposo abbiamo una pressione di 760 mmHg, all’esterno. All’interno del polmone/alveolo abbiamo la
stessa pressione che all’esterno, ossia 760 mmHg. La pressione degli alveoli è quindi uguale a quella
atmosferica. La pressione intrapleurica, però, è più bassa: equivale a circa 756 mmHg. Questo è dovuto al
fatto che i foglietti parietale e viscerale vengono tirati in due direzioni diverse (opposte). La pressione
nella cavità pleurica è negativa rispetto a quella dell’alveolo (e quindi a quella atmosferica) di -3/4 mmHg.

PRESSIONI A RIPOSO

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Tipo di pressione Valore
Pressione atmosferica 760mmHg
Pressione intra alveolare 760 mmHg
Pressione intrapleurica (cavità pleurica) 756 mmHg
CICLO RESPIRATORIO :

In condizioni di riposo consta di circa 12-15 atti/minuto. Abbiamo una fase di inspirazione ed una di
espirazione. L’espirazione dura di più dell’inspirazione. Considerando una frequenza di 12 atti respiratori
al minuto, diviso per 60 secondi abbiamo che un atto respiratorio dura 5 secondi. Considerando questi 5
secondi, essi sono ripartiti in: 2 secondi per l’inspirazione e 3 secondi per l’espirazione. Questo è dovuto
al fatto che durante l’espirazione aumentano le resistenze. Durante l’espirazione viene compresso il
polmone e tutto ciò che si trova dentro ad esso, comprese le vie di conduzione, con un aumento delle
resistenze. Le resistenze influenzano il ciclo respiratorio.

Il flusso dipende dalla differenza di pressione (ΔP) fra l’atmosfera e gli alveoli, diviso per le resistenze. La
differenza di pressione da considerare è quella fra la pressione al di fuori dell’organismo (atmosfera) e la
pressione alveolare (dentro al polmone). Se aumento le resistenze (come avviene in patologia: ASMA) per
mantenere un flusso adeguato d’aria, aumenta la differenza di pressione. Il soggetto asmatico tende a
forzare l’atto inspiratorio. Si aumenta la differenza di pressione ma l’aria deve passare per un’area ad
elevata resistenza perché il calibro di essa si è ridotto.

Durante la fase di inspirazione avrò la pressione atmosferica più elevata di quella alveolare o, meglio, si
crea una depressione all’interno del polmone. Nell’espirazione si ha un aumento della pressione
alveolare che supera quella atmosferica e l’aria viene espulsa.

Il flusso di area che entra dipende dalla differenza di pressione che si riesce a creare fra il naso ed il
polmone. Chi si oppone a questo è la presenza delle resistenze.

INSPIRAZIONE (pressione 0, -1, 0)

Durante l’inspirazione, ho una riduzione della pressione a livello dell’alveolo (polmone). Il polmone si
espande, si crea una depressione all’interno del polmone di circa 1 mmHg rispetto a quella esterna. Vale a
dire che se all’esterno ci sono 760 mmHg di pressione, all’interno del polmone essa è di 759 mmHg. In
corrispondenza del calo pressorio abbiamo l’entrata di aria nei polmoni e negli alveoli. Dopo l’entrata di
aria, quando il polmone e gli alveoli sono pieni d’aria la pressione torna al valore di 760 mmHg. Rispetto
alla situazione iniziale, abbiamo i polmoni e gli alveoli che si sono riempiti di aria. E’ proprio l’entrata di
aria che fa sì che la pressione torni ad essere la stessa di quella atmosferica nei polmoni (760 mmHg).
Durante la fase inspiratoria ho l’effetto che la pressione intrapleurica si negativizza ancora di più: se la
gabbia toracica va verso l’esterno, essa tira il foglietto parietale e la pleura viene tirata verso l’esterno. La
pressione diventa negativa di -5/6 mmHg.

1. Abbassamento del diaframma con un aumento longitudinale della gabbia toracica


2. Innalzamento delle coste (movimento a manico di secchio), con un aumento trasversale
della gabbia toracica
3. La pressione intrapleurica diventa più negativa (-6/7 mmHg da -3/4 mmHg). Durante lo
svolgimento di attività fisica la pressione intrapleurica raggiunge anche i valori di -18 mmHg
perché si incamera più aria all’interno dei polmoni.
4. I polmoni si espandono perché seguono i movimenti della gabbia toracica alla quale sono
collegati tramite il foglietto parietale (PLEURA)
5. L’espansione dei polmoni provoca la diminuzione della pressione alveolare (di -1 mmHg),
che diventa inferiore a quella atmosferica

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6. L’aria entra nei polmoni sino a quando la pressione alveolare non torna allo stesso valore di
quella atmosferica (760 mmHg)

ESPIRAZIONE (pressione 0, +1, 0)

Aumenta la pressione all’interno dell’alveolo di 1 mmHg. I polmoni vengono compressi, ossia,


riducono il loro volume, la riduzione di volume di questa struttura che si è riempita di aria nella fase
precedente fa sì che l’aria esca. La pressione alveolare al termine di questa fase torna al livello 0.

1. Ho il ritorno elastico dei polmoni, i quali tendono a collassare sul loro asse centrale.
2. I vari muscoli smettono di contrarsi e vanno in una fase di rilassamento.
3. Il ritorno delle coste alla posizione di riposo diminuisce il diametro trasversale della gabbia
toracica quindi anche il volume polmonare.
4. Il ritorno del diaframma alla posizione di riposo diminuisce il diametro longitudinale della
gabbia toracica quindi si ha una riduzione del volume polmonare.
5. La riduzione di volume causa un aumento della pressione alveolare (+1 mmHg) che diventa
superiore alla pressione atmosferica
6. L’aria esce dai polmoni e si ha il ritorno della pressione alveolare al valore di 760 mmHg, che
corrisponde alla pressione atmosferica.

N.B. L’aria entra ed esce a causa di variazioni di pressione che si verificano all’interno dei polmoni. SI
tratta della pressione alveolare. Prima il polmone si dilata, si ha la depressione e poi l’aria entra. Non
avviene il contrario.

VOLUMI E CAPACITA’ POLMONARI

Il volume e la capacità polmonare si determinano per mezzo della SPIROMETRIA. Si analizzano i flussi
d’aria.

o VOLUME CORRENTE, ossia il volume INSPIRATO ed ESPIRATO in un atto respiratorio


normale. Ha un valore di circa 500 ml d’aria. Vengono interiorizzati in un atto respiratorio
500ml, vengono espirati 500 ml. Sicché il volume che entra è uguale a quello che esce, la
qualità dell’aria è differente.
o VOLUME DI RISERVA INSPIRATORIO, è il volume d’aria che si può inspirare al termine di
un’inspirazione normale (ossia si chiede alla persona di inspirare più aria al termine di una
normale inspirazione). Il volume di riserva inspiratorio permette di inspirare ulteriori 3000ml
(3l) di aria nelle vie aeree e nei polmoni.
o VOLUME DI RISERVA ESPIRATORIO, è il volume d’aria che si può espirare dopo una normale
espirazione. Il volume di riserva espiratorio è pari circa a 1100ml di aria (1.1l)
o VOLUME RESIDUO, è la quantità di aria che non sarò mai in grado di espirare. I polmoni
rimarranno sempre con una quantità di aria al loro interno pari a circa 1000-1200ml di aria
(1l-1.2l)

Le capacità sono delle sommatorie di volume.

o CAPACITA’ FUNZIONALE RESIDUA, data dal volume di riserva espiratorio ed il volume


residuo. E’ il volume di aria nel polmone al termine di una normale espirazione.
o CAPACITA’ INSPIRATORIA è data dal volume corrente (500ml) più il volume di riserva
inspiratorio. E’ il massimo volume d’aria inspirabile a partire dal volume di fine espirazione
o CAPACITA’ POLMONARE TOTALE è il volume nel polmone che si ha alla fine di
un’inspirazione massima. (circa 5.5l, anche 6l)
o CAPACITA’ VITALE è data da tutta quell’aria che un soggetto può scambiare (4500ml)

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SPAZIO MORTO

Esso è dato dallo spazio morto alveolare e dallo spazio morto anatomico. La somma di questi dà lo
SPAZIO MORTO FISIOLOGICO. Esso non costituisce un problema (è fisiologico).

1. SPAZIO MORTO ANATOMICO, è dato da tutta quell’aria che rimane nelle vie aeree di
conduzione, ossia dove non si hanno scambi gassosi. Dei 500ml di aria respirati, non tutti
vengono convogliati all’interno dei polmoni e degli alveoli. Una buona quota rimane
confinata nelle zone di conduzione (laringe, trachea, …). Poiché in questa zona non
avvengono scambi gassosi non si ha il passaggio dell’O2 nel circolo ematico. Questo spazio
equivale a circa 150ml.
2. SPAZIO MORTO ALVEOLARE, è più piccolo, equivale a circa 5-10ml di aria, che si sommano ai
precedenti 150ml. Esso è dato da quelle zone alveolari SCARSAMENTE PERFUSE. Ciò significa
che si ha l’aria all’interno degli alveoli, ma per avere scambi gassosi si ha bisogno delle due
componenti fondamentali, ossia l’ARIA ed il SANGUE. Se all’interno di un alveolo non si ha
perfusione o si ha una perfusione scarsa, l’aria non viene sottoposta a scambi. Quindi lo
spazio morto alveolare è dato da quegli alveoli scarsamente perfusi o nei quali manca la
perfusione. Mancando uno dei due elementi fondamentali perché avvengano gli scambi
gassosi, essi non avvengono.
3. La somma dei due spazi morti dà lo spazio morto FISIOLOGICO (155-160ml). Da 500ml,
occorre sottrarre questi 160ml, quindi si ha un volume di circa 340ml di aria sottoposta a
scambi gassosi.

PROPRIETA’ ELASTICHE POLMONARI (COMPLIANCE)

COMPLIANCE: è la misura della distensibilità polmonare, data dalla pendenza della retta che unisce
due punti qualsiasi della curva lungo la fase di rilasciamento.

ELASTANZA: l’inverso della compliance. Essa misura la resistenza dei polmoni alla distensione.

Se eseguo il rapporto fra DeltaV e DeltaP, osservo che DV > DP. Per variazioni di pressione di un
certo tipo avrò un aumento di volume elevato. Spostandomi verso una maggiore capacità polmonare
totale il rapporto non è più così spiccatamente a favore di DV, ossia più è pieno il polmone, più avrò
difficoltà ad espanderlo.

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Più il polmone è disteso, più pressione dovrò imprimere per espanderlo. La cokpliance può essere
modificata da vari fattori. Se ho una degenerazione del tessuto polmonare (in cado di enfisema),
esso è facilmente distensibile. Il fatto che il polmone si distenda meglio è visto come uno svantaggio,
perché si perde la struttura del polmone.

Se ho una fibrosi, la compliance si riduce ed il polmone sarà meno distensibile. Per avere differenze
di volume contenute occorre avere differenze di pressione molto grandi.

In un individuo in stazione eretta, la compliance nella parte superiore del polmone è inferiore
rispetto alla base: la differenza è dovuta alla forza di gravità. Essa porta ad avere gli alveoli nella
parte dell’apice polmonare più distesi rispetto agli alveoli presenti nella zona della base. Se gli alveoli
dell’apice sono già per via della gravità più distesi rispetto a quelli della base, saranno meno
distensibili. Questa differenza viene definita COMPLIANCE REGIONALE. All’apice, poiché gli alveoli
sono più distesi, vi è una maggiore quantità d’aria rispetto alla base. E’ proprio nell’apice che si
annida il patogeno responsabile della tubercolosi, questo per la maggiore disponibilità di aria.

ISTÉRESI POLMONARE

Osservando la curva pressione volume, le curve in fase di riempimento ed in fase di svuotamento


seguono un andamento differente. Isteresi significa che le curve non sono sovrapponibili.

Quando immetto aria, si viene a sviluppare sulla superficie degli alveoli una TENSIONE SUPERFICIALE.
Vi è un surfactante che regola la tensione superficiale. Durante inspirazione ed espirazione, avrò una
diversa distribuzione del surfactante. Nella fase di inspirazione, l’alveolo sta aumentando il suo
raggio. Poiché sta aumentando il suo raggio, il surfactante si distribuisce su una superficie maggiore.
Ossia la stessa quantità di tensioattivo si distribuisce su una superficie maggiore, quindi è meno
concentrato.

Durante la fase di espirazione, invece, la tensione va diminuendo perché il raggio diminuisce. La


concentrazione di surfactante aumenta perché esso si va a distribuire su una superficie più ristretta.

71
PROPRIETA’ ELASTICHE DEI POLMONI (COMPLIANCE)

La compliance dipende da due componenti:

o COMPONENTE PARENCHIMALE, ossia le componenti elastiche del tessuto polmonare, il


quale è formato da fibre di elastina (che danno elasticità) responsabili del ritorno elastico e
dalle fibre di Collagene, che sono meno estensibili ed evitano l’eccessiva espansione
polmonare.
o COMPONENTE ALVEOLARE, ossia la tensione superficiale che si presenta all’interfaccia aria-
liquido. La tensione superficiale ha due effetti:
● Tende a ridurre al minimo l’area della superficie liquida, quindi tende a
ridurre il volume dell’alveolo
● Essa si oppone alle forze che tendono ad aumentare l’area

La pressione all’interno dell’alveolo è data da 2 volte la tensione superficiale/raggio. Il surfactante,


dato da una lipoproteina (2-3 Dipalmiotil-fosfatidilcolina), riesce a modulare la tensione superficiale.
Il punto è che gli alveoli non sono tutti della stessa dimensione, perciò può succedere che se si ha un
grande alveolo, esso avrà un raggio grande, mentre se si ha un alveolo di piccole dimensioni, esso
avrà un raggio piccolo.

Supponendo di avere una situazione in cui non si ha il surfactante, la pressione che si ha in alveolo
grande e piccolo è molto diversa perché se si ha la stessa tensione superficiale, ossia essa non è
modulata dal surfactante, e ho un raggio diverso, la pressione è data dalla tensione fratto il raggio
che è diverso Succederebbe che nell’alveolo grande si avrebbe una pressione interna che diventa
minore a quella dell’alveolo piccolo. Succede che nell’alveolo grande la pressione risulterebbe la
metà rispetto a quella dell’alveolo piccolo. L’aria che giunge agli alveoli si trova di fronte ad una zona
ad elevata pressione ed una zona a più bassa pressione. Si avrebbe uno svuotamento degli alveoli
piccoli che faranno fluire l’aria verso gli alveoli più grandi, perché negli alveoli grandi la pressione è
minore ed il raggio è più grande.

Gli effetti fisiologici del tensioattivo sono quindi:

o A bassi volumi, RIDUCE LA RETRAZIONE ELASTICA IMPEDENDO IL COLLASSAMENTO DEGLI


ALVEOLI ALLA FINE DELL’ESPIRAZIONE
o Stabilizza gli alveoli che tendono a collassarsi a diversa velocità, quindi, va ad agire sulla
tensione superficiale. Poiché non è possibile ridurre od aumentare il raggio, il tensioattivo va
a MODULARE LA TENSIONE SUPERFICIALE. Ciò significa che il tensioattivo fa in modo che la
tensione superficiale diminuisca nell’alveolo piccolo in maniera proporzionale alle
dimensioni del raggio, in modo che si abbia la stessa pressione a livello dell’alveolo grande e
a livello dell’alveolo piccolo. In questo modo il tensioattivo fa si che l’aria si distribuisca
uniformemente sia negli alveoli grandi che in quelli piccoli. Questo anche perché gli alveoli di
grandi dimensioni sono meno performanti, ossia, a parità di volume, la superficie è minore. I
processi di diffusione sono condizionati anche dall’area, se l’area è più grande la diffusione
avviene con meno difficoltà.

Il tensioattivo regola la pressione superficiale in maniera proporzionale perché Il tensioattivo è più


concentrato nell’alveolo di piccole dimensioni, rispetto a quello di grandi dimensioni.

RESISTENZA DELLE VIE AEREE

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Il flusso nelle vie aeree dipende da due fattori:

1. DIFFERENZA DI PRESSIONE fra le due estremità che spinge l’aria per il condotto
2. L’ostacolo che l’aria trova nello scorrere, ossia la resistenza delle vie aeree.

Le resistenze a loro volta dipendono da diversi fattori come:

-viscosità

-lunghezza del condotto (maggiore è la lunghezza, maggiore è la resistenza)

-raggio (più è piccolo, maggiore è la resistenza)

FLUSSO NELLE VIE AEREE

Si hanno due tipi di flusso:

o FLUSSO TURBOLENTO, rumoroso (a riposo) che si verifica nelle prime vie aeree. Questo
flusso è responsabile di quasi tutta la resistenza totale (70-80%).
o FLUSSO LAMINARE, nelle piccole vie aeree (inferiori). In esse, il flusso si organizza e diventa
silenzioso. Le molecole d’aria decorrono una sull’altra.

N.B. L’aumento dell’area della sezione trasversa comporta una riduzione della velocità di flusso man
mano che si va in direzione degli alveoli. In trachea si ha un condotto molto grande, ma un condotto
solo, quindi si ha un flusso rapido e turbolento. Negli alveoli si ha una minore velocità ma un flusso
laminare, organizzato.

FATTORI CHE INFLUENZANO LA RESISTENZA DELLE VIE AEREE

o Lunghezza del sistema, costante e non modificabile.


o VISCOSITA’, la quale dipende dall’umidità o dall’altitudine
o DIAMETRO DELLE VIE AEREE. Nelle vie aeree superiori si può avere un’ostruzione fisica che
diminuisce il diametro. Nei bronchioli si può avere bronco-costrizione che diminuisce il
diametro dei bronchioli.

Le resistenze possono avere diversi tipi di modulazione:

o SISTEMA NERVOSO ORTOSIMPATICO (catecolamine), che crea broncodilatazione e facilita il


flusso.
o SISTEMA NERVOSO PARASIMPATICO (acetilcolina), che crea broncocostrizione.
o FATTORI PARACRINI, [ISTAMINA], che causa broncocostrizione.

CIRCOLAZIONE POLMONARE

Essa ha diverse funzioni:

1. Portare il sangue venoso in contatto con gli alveoli per fare in modo che avvengano gli
scambi gassosi.
2. Costituire un serbatoio di sangue (in condizioni di riposo).

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3. Filtro per fermare eventuali emboli (coaguli) che entrano nel sangue venoso sistemico
impedendo l’ostruzione di vasi più importanti. Le cellule endoteliali dei vasi della
circolazione polmonare rilasciano sostanze fibrinolitiche. Se un coagulo arriva a questo
livello, esso può essere sciolto.
4. Organo metabolico. L’enzima ACE viene prodotto dalle cellule endoteliali. Esso converte
l’Angiotensina I in Angiotensina II che è un potente vasocostrittore, aumentando la
pressione arteriosa.

RESISTENZE VASCOLARI POLMONARI

Se la gittata cardiaca aumenta (come durante un’attività fisica), le resistenze vascolari polmonari
tendono

a diminuire. Se si inizia a fare attività


fisica, aumenta la quantità di sangue
che va verso ai polmoni. Si ha il
fenomeno di reclutamento, ossia, i
capillari chiusi si aprono. Al
reclutamento capillari segue la
DISTENSIONE CAPILLARE, i capillari si
distendono e si aprono
maggiormente e quindi accolgono più
sangue. Quindi un aumento della
gittata cardiaca causa un CALO DELLE
RESISTENZE vascolari polmonari
perché tutte le unità di
microcircolazione si aprono.

RESISTENZE VASCOLARI POLMONARI

Le resistenze vascolari polmonari sono condizionate dai movimenti che si verificano all’interno
dell’apparato respiratorio. Vi sono due tipi di vasi:

o VASI EXTRALVEOLARI (arterie e vene polmonari), che sono soggetti a variazioni della
pressione intrapleurica
o VASI ALVEOLARI (capillari) che sono soggetti a variazioni della pressione alveolare.

Gli atti di inspirazione e respirazione vanno a modificare le resistenze dei vasi.

Quando nei capillari sistemici si ha un aumento della pressione parziale di CO2, ossia una
diminuzione dei livelli di O2, aumenta il trasporto di nutrienti e di ossigeno a livello dei capillari.

A livello dei polmoni, se ho una riduzione della pressione parziale di O2, aumentano le resistenze
vascolari polmonari.

Si verificano:

o IPOSSIA REGIONALE: se in una zona del polmone ho un’ostruzione bronchiale, che fa sì che il
polmone risulti poco ventilato, tutto il sangue viene dirottato nelle altre zone del polmone
dove vi è aria. Non potendo avvenire gli scambi, il sangue viene veicolato verso altre zone.
Questo avviene perché aumentano le resistenze vascolari e quindi il sistema impedisce che il

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sangue affluisca alla zona dove manca l’aria. Quando si risolve l’ipossia regionale, tutto torna
nella norma.
o IPOSSIA GENERALIZZATA: se si ha poco ossigeno, ho una reazione dell’organismo che causa
vasocostrizione della totalità dei vasi che sono nel polmone. Aumentano le resistenze, si ha
poca perfusione e poco O2, le performance diminuiscono. A lungo andare, però l’organismo
si riesce ad abituare, tramite adattamento, riuscendo a ripristinare la circolazione, riducendo
le resistenze vascolari.

A livello dei vasi sistemici la carenza di ossigeno provoca VASODILATAZIONE, questo perché se un
vaso sistemico scorre in un tessuto che ha poco ossigeno, esso si vasodilata per cedergli l’ossigeno.

PERFUSIONE E VENTILAZIONE

Perfusione e ventilazione risentono della gravità. La perfusione è molto elevata alla base e meno
elevata all’apice con una differenza di perfusione pari a 5 volte superiore alla base rispetto all’apice.

Nel caso della ventilazione, si ha una differenza di 2. La ventilazione alla base è il doppio rispetto a
quella dell’apice.

Alla base, il sangue, quindi, è in quantità maggiore rispetto all’aria. All’apice, invece, si ha più
ventilazione rispetto alla perfusione.

o Nella zona apicale, si ha la pressione alveolare maggiore rispetto a quella arteriora che è
maggiore rispetto a quella venosa.
o Nella zona centrale, si ha la pressione arteriosa che è maggiore della pressione alveolare la
quale è maggiore della pressione venosa.
o Nella zona della base, la pressione arteriosa è maggiore di quella venosa, la quale è maggiore
della pressione alveolare.

MESCOLAMENTO VENOSO

L’aria che respiriamo contiene una pressione di ossigeno pari a 148 mmHg. La Co2 è a 0 mmHg.
L’aria entra, una parte rimane nello spazio morto anatomico (sistema di conduzione). Il resto
dell’aria entra negli alveoli. A questo livello si ha un calo della pressione parziale di ossigeno rispetto
all’inizio ed un aumento della pressione di CO2. La pressione parziale di ossigeno cala da 148 a 102
mmHg. La pressione della CO2 aumenta da 0 a 40 mmHg. Nell’alveolo si ha un’aria che contiene più
CO2 rispetto all’atmosfera. Il sangue venoso proveniente dalla grande circolazione, arriva nella
piccola circolazione e contiene una pressione parziale di ossigeno di 40 mmHg mentre una pressione
di CO2 di 46 mmHg. E’ un ossigeno più ricco di CO2 rispetto all’ossigeno. Una quota di sangue non
viene sottoposta agli scambi mentre una quota di sangue procede agli scambi. Il sangue che arriva
all’alveolo acquisisce le stesse pressioni parziali dell’aria nell’alveolo. Il sangue dopo gli scambi
gassosi perde una quota di CO2, si passa da 46 a 40 mmHg. Il sangue si va poi a mescolare con il
sangue che non è stato sottoposto agli scambi gassosi. Ne consegue che il sangue che va alla grande
circolazione ha una pressione parziale d’ossigeno di 95 mmHg e una pressione di CO2 di 40 mmHg. Il
sangue che va alla circolazione sistemica contiene quantità diverse di gas rispetto all’aria inspirata:
nell’aria espirata la quantità di O2 è inferiore a quella dell’atmosfera, superiore a quella degli alveoli,
superiore a quella che si ha nel sangue che va alla grande circolazione. Essa contiene una quantità di
CO2 che è nettamente più bassa rispetto a quella che si ha negli alveoli, a quella del sangue refluo
dalla periferia e più bassa rispetto al sangue che va verso l’atrio sx.

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SCAMBI GASSOSI

Gli scambi gasso avvengono per diffusione semplice (legge di Fick). I fattori che regolano la
diffusione sono:

o DIFFERENZA DI CONCENTRAZIONE, nel caso dei gas si parla di pressioni parziali. Dove la
pressione parziale è più alta è come se vi fosse maggiore concentrazione.
o DISTANZA FRA GLI AMBIENTI
o AREA

Gli eritrociti sono in grado di legare e trasportare sia O2 che CO2.

PRESSIONI PARZIALI DEI GAS

L’aria è una miscela di gas: in una miscela di gas, la pressione totale (760 mmHg) corrisponde alla
somma delle pressioni parziali dei diversi gas della miscela in proporzione alla loro concentrazione.

La concentrazione di un gas si può esprimere come la sua pressione parziale.

Pressioni parziali dei gas nell’aria: O2 è 21%, N2 è 79% e CO2 è 0%

------------------------- Aria secca Aria umidificata Aria alveolare


(37°). L’aria
respirata viene
umidificata.
Azoto (N2) 600 563 573
O2 160 150 100
CO2 0.3 0.3 40
H2O - 47 47
Totale 760 760 760

L’aria quando viene inspirata viene umidificata all’interno delle vie aeree. All’interno delle cavità
nasale ed orale, essa viene miscelata con vapore acqueo.

Poiché viene aggiunto un componente, si abbassano le pressioni parziali di ossigeno delle altre
componenti per mantenere la stessa pressione di 760 mmHg.

TRASPORTO DEI GAS NEL SANGUE

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L’ossigeno può viaggiare in due modi all’interno del torrente circolatorio:

o OSSIGENO DISCIOLTO (una piccola quantità)


o OSSIGENO LEGATO ALL’EMOGLOBINA (Hb). Poiché l’O2 è una sostanza liposolubile, esso ha
bisogno di legarsi all’emoglobina per transitare all’interno del torrente circolatorio per via
della grande quantità d’acqua che contiene.

L’anidride carbonica viaggia in tre modi all’interno del sangue:

o DISCIOLTA IN SOLUZIONE FISICA all’interno del sangue


o Può dare origine a COMPOSTI CARBAMINICI, ossia si lega all’emoglobina o a proteine
plasmatiche
o SOTTOFORMA DI BICARBONATO

SCAMBIO ALVEOLO-CAPILLARE (PO2 e PCO2)

Nei polmoni si ha una pressione parziale di ossigeno di 100 mmHg e 40 mmHg di CO2. Il sangue
arriva dai distretti periferici con una pressione parziale di 40 mmHg per l’O2 e 46 mmHg per la CO2.

Le pressioni parziali si mettono in equilibrio: le pressioni parziali del sangue sono analoghe a quelle
che ritroviamo negli alveoli.

Il sangue va a perfondere il capillare, ho subito lo scambio di O2, dopodiché non avvengono altri
scambi. Abbiamo già un’ossigenazione massima dopo 0.25s, mentre il tempo di contatto del sangue
con l’alveolo è di 0.75s. Gli scambi avvengono nella prima parte del capillare.

In condizioni fisiologiche la saturazione di O2 raggiunge il 100% nel primo tratto. Qualora vi fossero
problemi nel primo tratto del capillare, si arriverà comunque al 100% di saturazione grazie alla
riserva funzionale che corrisponde alla parte del capillare non normalmente coinvolta negli scambi
gassosi, nella quale avverranno gli scambi gassosi che non sono avvenuti nel primo tratto del
capillare.

Le molecole di ossigeno si legano in maniera differenziata all’emoglobina. Una molecola di Hb è in


grado di trasportare 4 molecole di ossigeno, quindi quando la saturazione è del 100% significa che
l’emoglobina è legata a 4 molecole di ossigeno.

Normalmente, però, l’emoglobina lega 4 molecole ma ne conserva solo 3. Se perde 1 molecola, la


saturazione scende, SI DESATURA.

TRASPORTO DELL’OSSIGENO NEL SANGUE: EMOGLOBINA (Hb)

1.5 % di O2 disciolto nel sangue, esso serve per il controllo respiratorio. Il resto è legato all’Hb.

In un litro di PLASMA vi sono 3ml di ossigeno disciolto. In situazioni di riposo, abiamo bisogno di 200-
250ml al minuto di O2. La gittata cardiaca dovrebbe essere 250:3 ml disciolta nel sangue. Quindi la
portata cardiaca dovrebbe essere di 80l al minuto. La quota disciolta è ampiamente insufficiente
perché se dovessimo contare solo sulla quota disciolta di ossigeno dovremmo avere una gittata
cardiaca di almeno 80l. Ecco perché si ha l’intervento dell’Hb. L’Hb è presente in una quantità pari a
circa 150g/l. Questa quantità di emoglobina permette di trasportare una quantità di ossigeno di 65
volte superiore alla quota disciolta. L’O2 entra nell’eritrocita, si lega all’Hb, essa diventa HbO2, ossia,

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ossiemoglobina o emoglobina ossigenata. Quando essa giunge nei tessuti, lascia un O2, esso entra
nella cellula per essere utilizzato.

L’emoglobina è costituita
da 4 catene polipeptidiche
(2 catene alfa e 2 catene
beta). Possiede 4 gruppi
eme allo stato di
ossidazione 2+, i quali
fissano l’ossigeno. Ogni
molecola di Hb può legare
da 1 a 4 molecole di O2.
Queste molecole si legano
con una diversa affinità,
con una diversa tipologia
di legame. La curva è
SISMOIDE, la percentuale
di saturazione
dell’emoglobina è
idealmente al 100%. Ma
spesso non tutte saturano al massimo. Si ha un fenomeno detto della co-operatività positiva, ossia,
la prima molecola di O2 non si lega molto bene al gruppo eme. Ma le molecole che si legano
successivamente lo fanno in modo migliore. Quando viene ceduta una molecola di ossigeno,
l’emoglobina va da una percentuale di saturazione del 100% ad una percentuale del 75%. SI cede
una sola molecola, per questo la saturazione dell’Hb non scende mai a 0. SI può arrivare a valori del
50% (perdita di 2 molecole di O2). Durante l’attività fisica, l’emoglobina in seguito alla gittata
cardiaca, cede un’ulteriore molecola di O2.

ANALISI DELLA CURVA DI DISSOCIAZIONE Hb-O2

Il PLATEAU indica che quando si è circa a 70 mmHg di pressione parziale di O2 ho già una saturazione
di quasi il 100%. Questo è utile perché ci permette di vivere e di avere una saturazione dell’Hb
perfetta in ambienti in cui l’aria non è particolarmente pura e di buona qualità.

1l di sangue trasporta circa 200ml di O2. In condizioni di riposo abbiamo bisogno di 250ml di O2.
L’Hb non rilascia tutto l’O2 ma mediamente il 25%. Quindi per ogni litro di sangue vengono ceduti
50ml di O2. La gittata cardiaca è di 5l, per cui, se ogni litro ne cede 50ml e la gittata cardiaca è di 5l, il
tutto da 250ml di O2 al minuto, la quota che serve ad un organismo a bisogno.

La curva dell’Hb si applica all’Hb umana (di tipo A) ed è influenzata da vari fattori:

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CAMBIAMENTI
DELLA POSIZIONE
DELLA CURVAA DI
SATURAZIONE

-PRESSIONE
PARZIALE DI CO2

-PH

-2-3 BIS-
FOSFOGLICERATO
(BPG)

Quando la curva si sposta a destra, l’emoglobina perde affinità e l’O2 viene rilasciato. Quando la
curva si sposta verso sinistra aumenta l’affinità e l’ossigeno si lega all’Hb.

Se un muscolo sta svolgendo un’attività, aumenta la CO2. L’aumento della pressione parziale di CO2
fa si che si perda affinità. L’emoglobina che arriva in un tessuto dove la CO2 è molto concentrata
rilascia ossigeno.

Quando svolgiamo un’attività fisica, è possibile che nel muscolo si abbia un’acidificazione. La
riduzione del pH ha un effetto simile a quello della CO2. Perché se cala il pH si ha un aumento degli
idrogenioni (ioni H+) quindi l’Hb perde affinità per l’O2 e lo cede.

Se aumenta la temperatura, si perde affinità e l’Hb cede ossigeno.

Il 2-3 BPG è un intermedio della GLICOLISI, aumenta in seguito all’ipossia perché gli eritrociti in
condizione di ipossia aumentano la produzione di questa molecola.

Gli idrogenioni possono aumentare anche nell’effetto Bohr, la CO2 unita all’acqua dà: ACIDO
CARBONICO che si dissocia in H+ e HCO3-.

Le quattro figure in alto comportano delle modificazioni di posizione della curva di saturazione.

I cambiamenti di forma hanno conseguenze più gravi: il monossido di carbonio ha un’elevatissima


affinità per l’emoglobina. Il soggetto tende a soffocare perché al posto dell’O2 si lega il monossido di
carbonio all’Hb.

CONTENUTO ARTERIOSO DI O2, come può essere trasportato l’O2

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La quota di sangue contenuta nel plasma dipende da vari fattori:

o Composizione dell’aria inspirata (ovvero la concentrazione di O2 presente nell’aria)


o VENTILAZIONE ALVEOLARE, che dipende dagli atti respiratori in termini di frequenza,
dipende anche dalla profondità della ventilazione. Essa dipende inoltre dalla resistenza delle
vie aeree e dalla compliance polmonare.
o POSSIBILITA’ DI DIFFUSIONE DELL’OSSIGENO FRA ALVEOLI E SANGUE, ossia il passaggio
dell’O2 dall’alveolo al torrente ematico. Questa dipende dall’area della superficie di scambio,
dalla distanza fra i due compartimenti, che a sua volta dipende dallo spessore della
membrana o dalla presenza o meno di liquido interstiziale (EDEMA).

La quota di sangue legato all’Hb

La percentuale di saturazione dell’Hb dipende da pH, temperatura e dal 2-3 DPG.

Esso dipende anche dal numero totale di siti di legame, ossia, dipende da:

o QUANTITA’ DI EMOGLOBINA CONTENUTA IN UN ERITROCITA


o NUMERO DEGLI ERITROCITI (persone con la stessa % di saturazione dell’Hb possono avere
delle quantità di sangue trasportato diverse).

ESTRAZIONE TISSUTALE DELL’OSSIGENO

Il passaggio di O2 verso il tessuto si ha grazie ad una differenza di pressione parziale di O2 (deve


essere > nel sangue rispetto al tessuto). Ciò è dato dal fatto che se ho 4 molecole e ne cedo una, ho
una sorta di motore 3 contro 1, quindi ho una facilitazione nella diffusione del gas. Durante
l’esercizio fisico viene richiesto più O2 e quindi vengono anche rilasciate 2 molecole di O2 legate
all’Hb.

Problematiche:

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1. IPOSSIA IPOSSICA, inadeguata assunzione di O2 nel circolo polmonare
2. IPOSSIA STAGNANTE, inadeguata irrorazione sanguigna generale o confinata ad un singolo
distretto
3. IPOSSIA ANEMICA, inadeguato trasporto di O2
4. ANOSSIA ISTOTOSSICA, blocco della respirazione mitocondriale per avvelenamento da
cianuro

TRASPORTO DI CO2:

L’anidride carbonica viene trasportata in 3 modi differenti:

-Disciolta

-Legata a proteine plasmatiche e all’Hb (90%)

-sottoforma di ione BICARBONATO

L’HbO2 è satura al 100% di O2, nel tessuto entra CO2. La CO2 incontra dell’acqua, si forma l’acido
carbonico che si dissocia in bicarbonato (che esce dalla cellula) e ione H+. Gli ioni H+ incontrano l’Hb
e scacciano l’ossigeno. Lo ione si sostituisce ad un ossigeno. L’O2 scalzato va ad ossigenare il tessuto.
Per ogni molecola di CO2, una entra ed un O2 viene scalzato.

Queste reazioni avvengono anche al contrario in un ambiente ricco di O2, come gli alveoli. La CO2
viene scalzata e ad essa si sostituisce un O2.

SCAMBIO DI GAS A LIVELLO DEI CAPILLARI SISTEMICI

Durante un’attività fisica, tutti i capillari dell’unità di microcircolazione si aprono. Aumenta, quindi, la
quantità di sangue. Aumenta la quantità di O2. Diminuisce la distanza fra capillari aperti, perché ora i
capillari sono tutti aperti.

Nel miocardio la distanza fra un capillare e l’altro è di circa 25micron. Paragonabile ad una fibra
cardiaca, ossia che capillari e fibre cardiache si alternano e l’ossigenazione è ottimale. A livello
cardiaco l’Hb, inoltre, può cedere 2 molecole di O2.

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CONTROLLO NERVOSO DEL RESPIRO:

La respirazione è un fenomeno che avviene senza il controllo della volontà, normalmente. Allo stesso
modo, però, a differenza dell’attività cardiaca, essa può essere condizionata dalla volontà. Si può
volontariamente condizionare la frequenza respiratoria, si può decidere di scambiare più o meno
aria. Si può anche chiedere a qualcuno di andare in apnea, dopodiché il soggetto tornerà a respirare.

Il controllo nervoso si attiva su più livelli:

● CENTRI BULBARI (bulbo). Abbiamo il gruppo respiratorio dorsale ed il gruppo respiratorio


ventrale. Il gruppo respiratorio dorsale è essenzialmente attivo in fase inspiratoria, che
controlla i muscoli respiratori.
Il gruppo respiratorio ventrale è costituito da neuroni attivi sia nella fase di inspirazione sia
nella fase di espirazione.
I centri bulbari sono i responsabili della respirazione ritmica. Questi centri sono modulati dai
CENTRI PONTINI.
● CENTRI PONTINI (ponte) essi modulano l’attività dei centri bulbari.

I centri respiratori nervosi del tronco encefalico (del bulbo e del ponte) sono a loro volta regolati da:

● CENTRI NERVOSI SUPERIORI, di cui fanno parte il TALAMO, la corteccia ed il sistema limbico
che possono modularne l’attività. Essi consentono il controllo volontario della frequenza e
della profondità degli atti respiratori. Anche gli stati emozionali possono modificare la
respirazione (agitazione, ansia ecc…).
● CENTRI NERVOSI INFERIORI, che consentono il controllo CHIMICO della respirazione.

Nonostante sia possibile modificare temporaneamente secondo la volontà l’attività ventilatoria, non
è possibile bloccare i riflessi mediati dai chemocettori e quindi anche non volendo dopo un po’ si
tornerà a respirare.

CONTROLLO CHIMICO DEL RESPIRO:

La ventilazione è soggetta a modulazione continua da parte di vari fattori chimici:

-Pressione parziale di Co2

-Pressione parziale di O2

-pH

I chemocettori sono in grado di rilevare quando aumentano le pressioni parziali di CO2 e, per
ristabilire l’equilibrio con l’O2 si attivano (ad esempio con l’apnea).

Esistono due tipi di chemocettori:

● CHEMOCETTORI CENTRALI (Bulbari). Essi vengono stimolati dalla CO2, che riesce a passare i
capillari, portandosi nel liquido interstiziale. Saranno gli idrogenioni (ioni H+) che ci
obbligheranno a respirare. Un aumento della pressione parziale di CO2 provoca un aumento
dei fenomeni di respirazione: ossia se aumenta la CO2 nel corpo, occorre agire per espirarla.
Questi chemocettori regolano per circa l’80% della pressione parziale di CO2.
● CHEMOCETTORI PERIFERICI (posizionati sui Glomi aortici e carotidei). Essi risentono
soprattutto delle variazioni delle pressioni parziali di O2 e pH. Questi si attivano quando
scende la pressione parziale di O2. Questi recettori, anche a seguito di un abbassamento del
pH dovuto alla minore pressione parziale di O2. Essi tuttavia sono molto più sensibili alle

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variazioni della PO2. Essi, però, rispondono più velocemente rispetto ai chemocettori
centrali.

I chemocettori centrali hanno un tipo di recettore che lega gli ioni H+ (idrogenioni). Gli ioni H+
presenti nel sangue che perfonde il capillare cerebrale non riescono a passare per la presenza della
barriera ematoencefalica. Quindi lo ione H+ viene rimbalzato dalla barriera. Succede che se aumenta
la PCO2, si ha più CO2 che va al liquido cefalorachidiano. La CO2 si combina con l’acqua, si forma
l’acido carbonico, il quale si dissocia in ione H+ e bicarbonato, lo ione H+ va a stimolare il
chemocettore centrale. Più Co2 c’è nei capillari più ne passa, più i chemocettori vengono stimolati.
Se i chemocettori vengono stimolati essi aumentano la ventilazione che porta ad una diminuzione
della CO2 in circolo.

I chemocettori periferici, invece, avvertono lo stimolo delle variazioni di PO2. Ossia, se la quantità di
O2 è bassa, essa viene percepita ed il segnale viene trasdotto ed inviato (con liberazione di vescicole
contenenti dopamina) al recettore della dopamina sui neuroni sensoriali. I neuroni sensoriali inviano
un segnale ai CENTRI BULBARI per far sì che aumenti la ventilazione.

RIFLESSO CHEMOCETTORIALE

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Aumenta la concentrazione di CO2 nel plasma. Questa si porta nel liquor, vi è la reazione che porta
alla liberazione di ioni H+. Si attivano i chemocettori centrali.

L’aumento di CO2 comporta anche l’attivazione dei chemocettori periferici, anche se sono più
sensibilli alla PO2, vengono stimolati dagli ioni H+. Questi recettori sono particolarmente stimolati in
caso di diminuzione della PO2, sotto i 60 mmHg.

La stimolazione dei chemocettori centrali e periferici va ad indurre un aumento della ventilazione,


che determinano un aumento dell’O2 plasmatico e una diminuzione della CO2 plasmatica (disciolta).

CONTROLLO MECCANICO DELLA RESPIRAZIONE

Vi sono recettori che danno un’idea di come funziona l’apparato respiratorio.

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FISIOLOGIA APPARATO MUSCOLARE
Lezione 5 prof Onofri (lezione 8)

CLASSIFICAZIONE DEI MUSCOLI

CONTROLLO ANATOMIA ISTOLOGIA FUNZIONE


Volontario Scheletrico Striato Movimento Corporeo
Involontario Cardiaco Striato Flusso Sanguigno
Involontario Viscerale Liscio Motilità Organi Interni
MUSCOLO SCHELETRICO E’ normalmente inserito sulle ossa, è responsabile di movimenti ampi e
potenti ma anche fini e regolati. Alcuni muscoli scheletrici sono specializzati nel mantenimento a
lungo termine della tensione (muscoli della schiena) senza affaticarsi. Altri, come i muscoli delle
braccia, sono responsabili di movimenti rapidi e potenti ma si affaticano. I muscoli sono controllati
dall’esterno e la contrazione è modulata dall’arrivo di un segnale proveniente dal sistema nervoso
somatico. I muscoli scheletrici appaiono striati al microscopio ottico ed elettronico. Contiene cellule
polinucleate con i nuclei posizionati alla periferia.

MUSCOLO CARDIACO Composto da cellule mononucleate unite fra loro tramite sinapsi elettriche. E’
un muscolo striato come lo scheletrico, ma il suo controllo è INVOLONTARIO. Il sistema nervoso
partecipa alla regolazione della velocità e della forza di contrazione.

MUSCOLO LISCIO La sua contrazione è involontaria e può avvenire in risposta ad uno stimolo
nervoso od essere mediata da controlli ormonali. Le cellule sono mononucleate. Non vi è
un’organizzazione a SARCOMERO, quindi non vi è la presenza di striature.

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I filamenti spessi sono composti da MIOSINA, i filamenti sottili sono composti da ACTINA.

Il reticolo sarcoplasmatico è una zona di immagazzinamento intracellulare del calcio. Esso è molto
abbondante nel muscolo scheletrico. Il calcio è importante per la contrazione. Non vi è un controllo
ormonale a livello del muscolo scheletrico. Ci deve essere il rilascio del neurotrasmettitore
ACETILCOLINA, il quale va a legarsi al recettore di tipo NICOTINICO.

MUSCOLO SCHELETRICO

Ha diverse funzioni:

1. GENERARE FORZA, quando si contrae genera forza e può generare lavoro.


2. GENERA MOVIMENTO, ossia, quando si ha forza e spostamento si genera LAVORO. (L=FxS).
Si può generare forza anche senza generare lavoro. Infatti esistono due tipi di contrazione:
ISOTONICA ed ISOMETRICA. Se provo a sollevare una struttura troppo pesante perché il
carico è superiore alla tensione che il muscolo riesce a sviluppare genero forza ma non
provoco spostamento.
3. TERMOREGOLAZIONE. Essi sono coinvolti nella termoregolazione perché, quando si compie
un’attività fisica, si sviluppa calore. Si può sviluppare calore qualora si abbia bisogno di
un’aggiunta di calore. Questo si genera con una contrazione involontaria, a carico di grandi
muscoli, ed è il BRIVIDO. Ossia, si scatena questo fenomeno che ha la finalità di sviluppare
calore.

La forza generata dalla contrazione del muscolo è detta TENSIONE MUSCOLARE. La forza che si
oppone alla contrazione, invece, è detta CARICO.

Le cellule del muscolo scheletrico possono essere:

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-STIMOLATE

-In seguito a questa stimolazione sviluppano FORZA, vi è un processo di accorciamento.

-Alla fine di questo processo di accorciamento si ha un RILASCIAMENTO.

Il muscolo scheletrico si va ad inserire sulle ossa, in particolare su due CAPI OSSEI di un’articolazione. In
questo modo il muscolo scheletrico sostiene con la sua attività la postura ed il movimento. Permette anche
al corpo di mantenere una posizione fissa nello spazio, mantenendo l’articolazione ferma in una certa
posizione. Permette inoltre di modificare la posizione stessa tramite accorciamento e contrazione.

Il muscolo è volontario ed esso si contrae se vi è l’attivazione dei MOTONEURONI (il cui corpo è collocato nel
midollo spinale e nei nuclei motori dei nervi CRANICI). I motoneuroni sono controllati dai centri superiori
coinvolti nella programmazione e nell’esecuzione dell’attività motoria.

Si tratta del tessuto corporeo maggiormente rappresentato nel corpo di un soggetto normopeso (40-45%
peso corporeo). I muscoli sono 660.

Il muscolo scheletrico è costituito da fibre (cellule polinucleate) allungate. I fasci di fibre muscolari sono
avvolti da guaina connettivale. All’interno delle fibre muscolari vi è un’abbondanza di mitocondri, vi è il
glicogeno (carburante), oltre ad un centro di immagazzinamento intracellulare del calcio (RETICOLO
SARCOPLASMATICO). Vi è un’organizzazione a sarcomeri.

STRUTTURA DELLA FIBRA MUSCOLARE

Nella fibra muscolare troviamo FILAMENTI SOTTILI e FILAMENTI SPESSI. I filamenti spessi sono dati dalla
miosina, le teste della miosina sono confinate alla periferia del filamento. Abbiamo quindi una porzione
lineare (senza teste), mentre le teste sono confinate alla periferia del sarcomero. I filamenti sottili sono
costituiti da actina.

La membrana cellulare è detta SARCOLEMMA. All’interno della cellula troviamo il RETICOLO


SARCOPLASMATICO, una zona in cui viene concentrato il CALCIO. In condizioni di riposo esistono pompe

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che prendono il calcio e lo mettono nel reticolo sarcoplasmatico contro gradiente di concentrazione
(ATPasi). Alla periferia abbiamo delle parti più dilatate chiamate CISTERNE TERMINALI.

Alla periferia cellulare abbiamo la generazione di quella che è definita TRIADE: abbiamo il sarcolemma,
UN’INVAGINAZIONE DEL SARCOLEMMA DETTA TUBULO T, che serve per la conduzione dei potenziali
d’azione all’interno della fibra muscolare, da una parte e dall’altra dell’invaginazione abbiamo una
CISTERNA TERMINALE. La triade è un tubulo T che ha ai suoi lati 2 cisterne terminali.

SARCOMERO

E’ l’unità di base del muscolo striato. In esso troviamo filamenti sottili e filamenti spessi. Alla periferia del
sarcomero troviamo i DISCHI Z. Infatti, un sarcomero è compreso fra 2 dischi Z. Abbiamo poi una linea
centrale che si chiama linea M. Nella zona H sono presenti solo i filamenti spessi. Abbiamo una zona in cui
si ha la presenza sia di filamenti spessi che di filamenti sottili. Infine si ha una zona in cui i filamenti sottili
si vanno ad ancorare ai dischi Z. La movimentazione è data dal fatto che i filamenti sottili trascinati verso
la linea mediana (M) scorrono sui filamenti spessi, i dischi Z si avvicinano e ho un accorciamento del
sarcomero. A riposo, il sarcomero ha una lunghezza di 2.5micron. Esso però può distendersi o contrarsi.

Un filamento spesso è circondato da 6 filamenti sottili mentre 1 filamento sottile è circondato da 3


filamenti spessi.

MIOFIBRILLE

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Si distinguono varie proteine:

-ACTINA E MIOSINA, proteine contrattili. La miosina compone i filamenti spessi mentre l’actina i
filamenti sottili. L’actina è in forma filamentosa, come se fossero due catene di perle avvolte fra loro.
La miosina invece ha delle teste rivolte verso la periferia.

-TROPOMIOSINA e TROPONINA, proteine di regolazione. Sono all’interno del filamento sottile,


abbinate all’actina.

-TITINA e NEBULINA, sono proteine accessorie giganti. La nebulina contribuisce a mantenere


l’allineamento dei filamenti di actina in modo che risultino paralleli. La titina stabilizza i filamenti di
miosina e dà elasticità alla struttura.

FILAMENTI SPESSI-MIOSINA

Un filamento spesso è dato dall’unione di 250 molecole di miosina. Le molecole si uniscono fra loro a
costituire il filamento spesso. La costituzione della molecola di miosina è data da una parte rettilinea,
la parte mobile e 2 teste GLOBOSE. Nell’ambito delle teste vi sono delle zone che possono interagire
con l’actina ed un sito ATPasi. In una testa troviamo quindi il SITO PER IL LEGAME CON L’ACTINA e
una zona in grado di legare ed idrolizzare l’ATP, questo processo svilupperà energia utile per
muovere la testa di miosina.

FILAMENTI SOTTILI-ACTINA

L’actina si può trovare in due forme:

o FORMA MONOMERICA, detta anche G-actina.


o In questo contesto, però, l’actina diventa filamentosa, anche detta f-ACTINA.

I filamenti sottili sono ancorati ad un disco Z.

PROTEINE DI REGOLAZIONE: TROPONINA E TROPOMIOSINA

La tropomiosina è una PROTEINA ALLUNGATA, una sorta di filamento, che si dispone in modo tale da
essere in mezzo ad un’efficiente interazione acto-miosinica. Ossia, in condizioni di riposo vi è una
blanda interazione fra la testa della miosina e l’actina ma non è un’interazione forte perché in mezzo
alle due si trova la tropomiosina.

La troponina si può trovare in diverse forme:

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-TROPONINA C, così chiamata perché lega il CALCIO.

-TROPONINA T, che si attacca alla tropomiosina

-TROPONINA I, con funzioni inibitorie

La tropomiosina è collocata nel filamento sottile e rende difficoltosa l’interazione fra actina e
miosina (teste).

La troponina ha un sito di legame per il calcio e qualora vi sia il calcio si avrà la contrazione. Il calcio è
normalmente confinato nel reticolo sarcoplasmatico.

PROTEINE ACCESSORIE-TITINA E NEBULINA

La nebulina è una proteina molto grande, non elastica, che permette un corretto allineamento dei
filamenti sottili.

La titina è una proteina molto grande, di natura elastica, che va a stabilizzare i filamenti e permette
al muscolo di tornare alle giuste dimensioni.

CONTRAZIONE MUSCOLARE

I filamenti spessi, dalla linea Mediana vanno verso la periferia del sarcomero, sia a dx sia sx. La
miosina ha una parte lineare (bastoncellare) e ad un certo punto vi sono le teste. Nel muscolo liscio
vi sono, invece, teste su tutta la miosina, senza che vi sia una parte priva di teste. Le teste, quindi, si
trovano alla periferia. Abbiamo una zona di sovrapposizione col filamento sottile e quando si ha la
contrazione, si ha uno scivolamento dei filamenti verso la linea mediana. Quando si ha
l’accorciamento del sarcomero si ha una più ampia zona di sovrapposizione fra filamenti spessi e
sottili. I dischi Z si avvicinano ed il sarcomero si accorcia. Lo scorrimento si verifica perché vi è un
ciclo di ponti trasversi, si creano dei ponti fra filamenti spessi e sottili dati dalle teste. La
movimentazione delle teste porta il filamento sottile verso il centro.

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EVENTI MOLECOLARI DI UN CICLO CONTRATTILE

Nella testa di miosina abbiamo due siti: uno si attacca all’actina mentre un altro sito è vuoto che può
legare l’ATP. La miosina si lega alla prima molecola di actina. Vi è un angolo di 45° fra filamento
spesso e testa. L’ATP si va a legare al suo sito, il sito di legame per i nucleotidi, che è vuoto sulla testa
della miosina. Questo legame provoca la dissociazione della testa dalla prima molecola di actina. La
testa si stacca dalla prima molecola di actina.

La testa non è solo un sito per il legame con l’ATP ma ha anche attività ATPasica, ossia idrolizza l’ATP.
In seguito all’idrolisi dell’ATP si genera ADP (adenosina-difosfato) e viene liberata energia. La
liberazione di energia determina una modificazione conformazionale nell’ambito del filamento
spesso. Ossia, la testa assume un angolo rispetto al filamento spesso diverso dal precedente. Se
prima l’angolo era di 45° adesso l’angolo è di 90°. Questo fa sì che la testa vada ad interagire con la
seconda molecola di actina, posta più in periferia rispetto all’actina 1, l’actina 2. Sono ancora legati
alla testa l’ADP e il fosfato. A questo punto essi si staccano e la testa viene a riassumere l’angolo di
45° che aveva quando ha interagito con l’actina1. Questo movimento della testa però provoca un
trascinamento: l’actina2 si va a disporre dove prima c’era l’actina1. In poche parole questo filamento
viene portato verso la zona centrale del sarcomero e quindi il sarcomero tende a diventare più corto.

Normalmente, in fase di riposo ci troviamo nella fase in cui la testa della miosina è con l’angolo di
90° rispetto al filamento sottile di actina. Quando il muscolo non è contratto, vi è interazione acto-
miosinica ma essa non è efficiente.

In situazioni di riposo l’interazione acto-miosinica è piccola. Quando occorre contrarre, devo avere
un’interazione efficiente fra la testa della miosina e l’actina. In condizioni di riposo ci troviamo in
questa fase di piccola interazione per permettere di mantenere più strutturato il sarcomero perché
se avessimo i filamenti sottili ed i filamenti spessi che non comunicano fra loro sarebbe difficile
mantenerli allineati. Un altro fattore è dato dalla velocità quando deve avvenire la contrazione: il
fatto che vi sia già una piccola interazione aiuta perché quando si deve contrarre occorre solo
rendere più forte l’interazione per poi far avvenire la contrazione. Se, invece, non avessi già
interazione, la miosina dovrebbe cercare l’actina e dopo averla cercata e legata, avviene la
contrazione.

Nella fase post-mortem si ha il RIGOR MORTIS. Questo perché si ha una disregolazione e continuano
ad esserci una serie di contrazioni, sino ad avere un notevole accorciamento muscolare. Ad un certo
punto, però, il sistema si blocca: le teste della miosina rimangono con un angolo di 45° rispetto
all’actina ed essa non cambia più angolazione. Questo avviene perché il fatto che la testa di miosina
si stacchi dall’actina dipende dalla presenza di ATP. Ma se ho una serie di contrazioni in cui si utilizza
ATP, ma l’ATP non viene più prodotto perché il soggetto non è più in vita, ho un consumo di ATP
senza avere un ripristino di ATP. Le teste della miosina si bloccano e si ha il rigor mortis. Questa
situazione si risolverà nel tempo perché la cellula va in degenerazione, vengono liberati degli enzimi
contenuti nei lisosomi e si ha, sostanzialmente, una digestione delle proteine. La struttura degenera
ed il rigor mortis si risolve.

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LA CONTRAZIONE E’ REGOLATA DALLA TROPONINA E DALLA TROPOMIOSINA

La tropomiosina, con struttura lineare, blocca in parte l’interazione fra l’actina e la miosina. La
troponina C è in grado di accogliere il calcio.

In situazione di riposo, arriva uno stimolo che fa liberare il calcio da reticolo sarcoplasmatico. Con
l’uscita del calcio dal reticolo aumenta il CALCIO LIBERO nel citoplasma. Il calcio si lega alla troponina
e provoca un cambiamento conformazionale: la troponina cambia la sua conformazione; la
tropomiosina viene trascinata (spostata) dalla posizione di origine e rende l’interazione fra actina e
miosina ottimale, in modo da avere la contrazione. Questo tipo di regolazione la si può trovare nel
muscolo scheletrico e nel muscolo cardiaco. Non si trova nel muscolo liscio perché manca la
troponina. L’entità della contrazione dipende dalla quantità di calcio libero che ritrovo nella cellula.

GIUNZIONE NEUROMUSCOLARE

E’ una giunzione fra una componente nervosa (alfamotoneurone) che va ad innervare il muscolo. E’
una regione specializzata di interazione fra la componente nervosa e la componente muscolare.

Si genera un potenziale d’azione nel monticolo assonale, che si propaga su un assone mielinico a
livello dei soli nodi di Ranvier, il quale arriva a fine corsa (bottone sinaptico). Esso induce il rilascio di
un neurotrasmettitore, ACETILCOLINA, contenuta nelle vescicole sinaptiche. Dalla fusione di queste
vescicole con la membrana pre sinaptica si ha la fuoriuscita di acetilcolina. Questa si va a legare a dei
recettori presenti sulla cellula muscolare, zona post-sinaptica. Questi recettori sono recettori
COLINERGICI di tipo NICOTINICO.

Con l’arrivo del potenziale d’azione a livello del terminale assonale si ha l’entrata del calcio
all’interno dell’alfa-motoneurone, questo induce il rilascio di acetilcolina. L’acetilcolina si va a legare
ai recettori di tipo nicotinico. Questi recettori di tipo nicotinico si aprono e permettono un processo
di depolarizzazione perché vi è un’abbondante entrata di ioni sodio ed un’uscita di ioni potassio.
Dalla depolarizzazione ha origine il POTENZIALE DI PLACCA, che scatena un potenziale d’azione che si
propaga lungo il sarcolemma della fibra muscolare. Il potenziale d’azione viaggia sul sarcolemma
finché non giunge in corrispondenza di un tubulo T.

ACCOPPIAMENTO ECCITAZIONE-CONTRAZIONE

1. Insorgenza di un potenziale d’azione a livello del monticolo assonico dell’Alfa-Motoneurone.


2. Conduzione l’ungo l’assone mielinizzato
3. Arrivo del potenziale d’azione alla giunzione neuromuscolare
4. Rilascio di acetilcolina che si va a legare a recettori nicotinici
5. Si ha il potenziale di placca che deve essere sempre sovrasoglia
6. Il potenziale d’azione si propaga lungo la fibra muscolare ed all’interno dei tubuli T
7. Si ha la liberazione del calcio dal reticolo sarcoplasmatico.
8. Il calcio si va a legare alla troponina C, la quale si sposta determinando lo spostamento della
tropomiosina

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o A livello del terminale assonico dell’Alfa-Motoneurone si ha il rilascio di ACETILCOLINA a
livello della giunzione neuromuscolare, la quale si va a legare ad un recettore nicotinico.
o Si genera un potenziale d’azione grazie all’ingresso di ioni sodio tramite i canali controllati
dai recettori per l’acetilcolina.
o Il potenziale d’azione viaggia sulla fibra muscolare, fino ad arrivare al tubulo T. Nel tubulo T
incontra il recettore per la DIIDROPIRIDINA (DHP).
o Il recettore per la DHP è connesso ad un altro recettore che fa una sorta di porta, si tratta del
recettore per la RIANODINA, il quale è un recettore dello ione calcio.
o In situazioni di riposo si ha il reticolo sarcoplasmatico con molto calcio al suo interno e la
“porta di uscita” chiusa. Questa porta di uscita è però collegata al recettore per la
diidropiridina.
o Quando il potenziale d’azione invade il tubulo T nel quale è collocato il recettore per la
diidropiridina, essa si muove. Muovendosi, essa fa aprire la porta d’uscita per il calcio.
o Una volta aperta la porta, il calcio esce secondo gradiente di concentrazione dal reticolo
sarcoplasmatico. Il calcio esce e trova la troponina.
o Il calcio si lega alla troponina ed a quel punto si ha il processo della contrazione.

CARATTERISTICHE DELLA SCOSSA MUSCOLARE (singola contrazione)

Da quando il potenziale d’azione giunge all’alfa-motoneurone a quando effettivamente avviene la


contrazione passa un po’ di tempo: questo è definito periodo di latenza.

ENERGETICA DELLA CONTRAZIONE MUSCOLARE

Ho bisogno di avere energia all’interno della fibra muscolare. L’energia può essere fornita dal ciclo di
Krebs e fosforilazione ossidativa che dà luogo a diverse molecole di ATP o per processi anaerobici
che danno comunque luogo ad una sintesi di ATP.

L’ATP serve per la contrazione acto-miosinica. Perché è proprio attraverso l’ATP che si può dissociare
la testa della miosina dall’actina e quindi se finisce l’ATP si rimane in rigor mortis. L’ATP sviluppa

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energia per cambiare l’angolazione della testa della miosina sul filamento sottile di actina da 45° a
90°.

L’ATP serve anche a stipare il calcio all’interno del reticolo sarcoplasmatico perché se il calcio esce e
si andrà a legare alla Troponina C, è utile che esso venga nuovamente riportato all’interno del
reticolo sarcoplasmatico. Grazie ad una pompa ATPasi, il calcio viene spinto contro gradiente
all’interno del reticolo sarcoplasmatico dove è molto concentrato.

Ne consegue che, LA CONTRAZIONE MUSCOLARE RICHIEDE ATP. La quantità di ATP presente nel
muscolo è sufficiente per poche contrazioni (circa 8). Quindi, un’altra struttura immagazzina
l’energia all’interno del muscolo: si tratta della FOSFOCREATINA. Nel soggetto a riposo si ha l’ATP e
la creatina. Esistono più isoforme di un enzima, la CREATINA CINASI, che in presenza di ATP e
creatina va a fosforilare la FOSFOCREATINA, che assicura una riserva energetica nel muscolo.

Nel muscolo in esercizio, invece, ho la fosfocreatina e l’ATP, la creatina cinasi va a defosforilare la


fosfocreatina e si viene a ripristinare ATP, che va a far funzionare tutte le attività. La massima fonte
di energia nel muscolo è il glucosio, il quale produce ATP con la glicolisi aerobica e anaerobica.

Anche gli acidi grassi, mediante Beta-Ossidazione (sforzi più prolungati) forniscono energia al
muscolo.

FATICA MUSCOLARE:

E’ quella condizione in cui il muscolo non è in grado di generare o mantenere la potenza attesa ed è
influenzata da diversi fattori:

o Intensità e durata dell’attività


o Metabolismo utilizzato
o Composizione del muscolo
o Allenamento del soggetto

Le cause della fatica possono essere:

o CAUSE MUSCOLARI, ad esempio perché si sono ridotte le riserve di GLICOGENO.


La fatica in caso di esercizio intenso può essere dovuta ad un accumulo di acido lattico,
oppure un accumulo di potassio, problemi nella gestione del calcio del reticolo
sarcoplasmatico.

o CAUSE NEURONALI, come una riduzione della sintesi di acetilcolina, oppure dei potenziali di
placca che non raggiungono la soglia per generare il potenziale d’azione. Se finisce
acetilcolina, il muscolo non si può contrarre.

o FATICA CENTRALE, è un meccanismo di difesa che permette di non andare incontro agli altri
2 tipi di fatica. E’ una condizione in cui si sente stanchezza, perdita di motivazione e
desiderio di interrompere l’attività. Questo meccanismo precede la fatica fisiologica.

UNITA’ MOTORIA

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E’ data dal singolo neurone e dalle fibre muscolari da esso innervate.

E’ l’unità di base dell’organizzazione motoria. Ciascuna fibra è innervata da un solo motoneurone.


Ma un motoneurone può innervare anche 200 fibre muscolari. Ne consegue che le unità motorie
possono avere dimensioni molto diverse.

Questo è dovuto al fatto che se voglio ottenere movimenti fini, avrò unità motorie piccole, per
ottenere movimenti più grossolani avrò unità motorie più grandi.

Un’ unità motoria formata da un motoneurone e 3-5 fibre (come nei muscoli oculomotori) non è in
grado di generare molta forza (solo 3-5 fibre muscolari si contraggono) ma è in grado di dare
MOVIMENTI MOLTO FINI. Se ho un motoneurone che innerva mille fibre, genererò molta forza ma
movimenti più grossolani.

Le fibre innervate da un motoneurone sono tutte uguali fra loro. Le fibre muscolari sono o veloci o
lente.

Il motoneurone durante il suo sviluppo e la sua maturazione secerne dei fattori trofici (fattori di
crescita) che fanno sì che l’unità motoria si diriga in lenta o rapida e quindi fa sì che le fibre si
sviluppino o in lente o in rapide. L’ereditarietà determina che tipo di unità motorie avrà un individuo
nei diversi tipi di muscolo. Tuttavia, l’allenamento può modificare il tipo di unità motoria veloce o
lenta.

CLASSIFICAZIONE DELLE FIBRE MUSCOLARI

o FIBRE MUSCOLARI OSSIDATIVE (LENTE), hanno un diametro piccolo, sono scure, contengono
mioglobina e sono resistenti alla fatica.
o FIBRE MUSCOLARI GLICOLITICHE (RAPIDE), sono definite pallide perché si tratta di fibre
muscolari di colore più chiaro. Hanno un grande diametro e sono in grado di sviluppare
molta forza ma vanno incontro ad affaticamento facilmente.

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Tensione Bassa Alta Molto Alta
Velocità produzione ATP Bassa Alta Molto Alta

I muscoli che servono per garantire uno sforzo durevole nel tempo (muscoli dorsali) possono avere
una maggioranza di fibre ossidative lente. Nelle fibre ossidative lente, di diametro piccolo, lo
scambio dei gas e quindi il passaggio di ossigeno risulta facilitato dalla minore distanza. Le fibre
ossidative lente contengono un alto numero di mitocondri.

RELAZIONE LUNGHEZZA-TENSIONE

A seconda della lunghezza iniziale del sarcomero, se ho un sarcomero troppo corto non ho lo
scorrimento dei filamenti sottili su quelli spessi perché il sarcomero è già notevolmente accorciato e
quindi la tensione massima che svilupperò è molto bassa.

Man mano che aumenta la lunghezza del sarcomero si ha una più efficiente interazione acto-
miosinica e quindi potrò sviluppare una tensione maggiore.

La lunghezza ideale del sarcomero è di 2.1-2.2 micron (nel nostro corpo la loro lunghezza varia dai
1.6 ai 2.6 micron). Con sarcomeri di lunghezza fra i 2.1 e i 2.2 micron ottengo il massimo della
contrazione. Se allungo troppo il sarcomero si ha un fenomeno di stiramento per cui cala l’efficienza
contrattile.

La F che un muscolo può produrre dipende dall’entità di sovrapposizione fra i filamenti prima della
contrazione.

FORZA TOTALE

La forza totale di un muscolo è data dalla forza attiva più la forza passiva (FT= Fattiva+Fpassiva)

o FORZA ATTIVA, si ha nel muscolo stimolato. E’ in relazione alla sua lunghezza a riposo prima
della contrazione (proporzionale al numero dei ponti trasversi)
o FORZA PASSIVA, si ha nel muscolo NON stimolato, è data dalla titina e da tutte le
componenti elastiche e connettivali del muscolo che offrono resistenza all’iperestensione
(ossia si oppongono all’iperestensione, che può provocare danni)

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o CURVA VELOCITA’-FORZA

La velocità di accorciamento di
un muscolo dipende dal tipo di
fibra (se veloce o lenta) e dal
carico che viene spostato. La
velocità a carico 0 di un muscolo
è massima. Se inizio ad
aggiungere un peso, più peso
viene aggiunto più la velocità di
accorciamento cala, questo si ha
nell’accorciamento isotonico. Si
arriva ad un punto in cui il peso
corrisponde alla tensione
massima che un muscolo può sviluppare, a quel punto il peso non può più essere sollevato. Se
esercito sul muscolo un carico eccessivo, il muscolo può andare in contro ad un fenomeno di
contrazione ma nel quale ho un allungamento. Come se si avesse un processo inverso alla normale
contrazione (in cui le teste della miosina trascinano i filamenti sottili verso la linea mediana). Questo
si può verificare quando la forza che genera l’estensione è superiore a quella di contrazione.

FATTORI CHE INFLUENZANO LA FORZA SVILUPPATA DA UN MUSCOLO

La forza di contrazione muscolare (ossia la tensione) è data dalla forza generata dalle singole fibre,
cioè se una fibra da X tensione, è la forza generata dalla singola fibra. Poiché si hanno più fibre,
quindi corrisponde alla forza generata dalla singola fibra ma dipende dal numero di fibre attivate.

La forza della fibra dipende da un fenomeno detto SOMMAZIONE DELLE CONTRAZIONI, ossia a
seguito di una contrazione si ha una seconda contrazione che supera la prima in tensione perché
durante la prima non si era arrivati al completo rilassamento del muscolo.

La forza dipende anche dal numero di sarcomeri in parallelo, che si può vedere come la grandezza di
un muscolo.

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La forza dipende anche dalla lunghezza dei singoli sarcomeri, correlata alla variazione della
lunghezza iniziale del muscolo.

Il numero di sarcomeri in parallelo a sua volta dipende dal diametro delle fibre, ossia dalla massa.

Per sviluppare un diverso grado di tensione si può andare a regolare la FREQUENZA DI


STIMOLAZIONE ed il RECLUTAMENTO. Si possono avere due fenomeni:

o Aumentando la frequenza di scarica dei potenziali d’azione in una singola unità motrice si
può avere il fenomeno di SOMMAZIONE. Un’unità motoria viene maggiormente stimolata.
Faccio lavorare di più quell’unità motoria.
o Si può anche andare a reclutare più unità motorie (RECLUTAMENTO). Ho un’unità motoria
ma se voglio più forza vado a stimolare anche le altre. Vado a far lavorare unità motorie che
prima erano spente per generare più forza. Il reclutamento segue il principio delle
dimensioni.

REGOLAZIONE DELLA FORZA MUSCOLARE: IL RECLUTAMENTO DELLE UNITA’ MOTORIE

Uno stimolo è dipendente dalla costante di tempo e di spazio perché esso si esaurisce nel tempo e
nello spazio.

La costante di tempo è riferita al tempo: uno stimolo si esaurisce nel tempo. Quando si emette un
suono si ha un momento in cui il suono è massimo, poi il suono sparisce. Un evento si perde nel
tempo (non è eterno). Da un valore massimo, nel tempo, esso si disperde sino a sparire.

La costante di spazio è riferita al tragitto. Si ha uno spazio in cui all’origine lo stimolo è massimo e poi
man mano lo stimolo diminuisce fino ad esaurirsi.

o Alfamotoneurone: l’alfa-motoneurone e tutte le fibre extrafusali che innerva costituiscono


un’unità motoria.
o Alfa-motoneuroni piccoli. Il loro diametro è piccolo. La loro soglia di stimolazione è bassa.
Questo tende ad andare ad innervare FIBRE OSSIDATIVE LENTE adatte a movimenti
posturali. Fibre resistenti alla fatica.
o Alfa-motenuroni grandi, attivano fibre muscolari bianche (tipo quelle per il salto)

Nel sistema nervoso troviamo strutture che si chiamano INTERNEURONI. Essi sono connessi agli alfa-
motoneuroni che sono quelli che vanno ad innervare le fibre muscolari. Gli alfamotoneuroni vanno
ad innervare le fibre extrafusali Gamma. L’interneurone si eccita e manda sia all’alfa-motoneurone
piccolo sia a quello grande uno stimolo eccitatorio. L’eccitazione arriva sia per un alfa-motoneurone
grande che per uno piccolo, nello stesso punto.

Succede che se stimolo un alfa-motoneurone piccolo, ed è vero che uno stimolo si perde nello
spazio, che dipende dal percorso, lo stimolo raggiunge il monticolo assonico, in modo tale da avere
un potenziale d’azione. Nell’alfa-motoneurone piccolo, quindi, essendo lo spazio da percorre più
breve, ho più probabilità di raggiungere la zona di insorgenza del potenziale d’azione. Se si scatena il
potenziale d’azione le fibre si contraggono.

Se lo stesso stimolo viene trasmesso all’alfa-motoneurone grande, questa eccitazione deve


percorrere un lungo tragitto. Quindi arriva al monticolo assonico provocando un’eccitazione sotto
soglia.

Nel caso del piccolo alfamotoneurone lo stimolo si esaurisce meno a causa delle ridotte dimensioni e
del minor tragitto che deve compiere.

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Nel caso del grande alfamotoneurone il tragitto è maggiore quindi lo stimolo arriva al monticolo
assonico con una forza minore rispetto al piccolo alfamotoneurone.

Quando do uno stimolo recluto prima il motoneurone piccolo che recluta le fibre rosse (ossidative)
che sono resistenti alla fatica.

SOMMAZIONE E RECLUTAMENTO

Se a questo punto faccio sì che l’interneurone non stimoli più come prima ma va ad ipereccitare
entrambee le popolazioni di motoneuroni (rosso e bianco) succede che il rosso si iperstimola
(sommazione di stimolazioni) ossia se per la stimolazione precedente ho contrazione e
decontrazione adesso avrò contrazione su contrazione perché ho stimolato molto. Se iperstimolo,
vado a stimolare in modo tale che lo stimolo non si esaurisca, cala ma arriva al livello del monticolo
del motoneurone bianco soprasoglia e quindi si genererà il potenziale d’azione anche nel
motoneurone bianco e anche le fibre muscolari lente glicolitiche verranno stimolate e si avrà
contrazione. Questo fenomeno è detto reclutamento, perché vengono anche reclutate le fibre
muscolari bianche. Nell’ambito di un muscolo vengono più facilmente reclutate le fibre rosse, quelle
ossidative e più resistenti alla fatica e all’occorrenza avremo il reclutamento delle fibre bianche.
Ciascuna una volta attiva aumenterà il suo grado di eccitazione ed avrò il fenomeno di sommazione.
Si attivano prima le fibre rosse perché non è utile attivare prima una fibra che sia affatica se
dobbiamo camminare. Le fibre esplosive, facilmente affaticabili vengono utilizzate in casi particolari.

L’attività elettrica è corta ed è


separata temporalmente dall’evento
meccanico. Poiché l’attività elettrica
si esaurisce prima dello sviluppo
della forza posso produrre una
sommazione di contrazioni.

SOMMAZIONE DI CONTRAZIONI

Una scossa è una breve contrazione


del muscolo indotta dal singolo
potenziale d’azione. Il tetano, invece
è la contrazione massimale protratta
data da più stimolazioni ravvicinate
nel tempo.

La forza generata dalla contrazione di una singola fibra può essere aumentata aumentando la
frequenza del potenziale d’azione. Se gli stimoli sono separati per un tempo sufficientemente lungo
il muscolo si rilascia completamente tra le scosse successive. Se invece gli stimoli sono
sufficientemente ravvicinati la fibra non ha il tempo di rilasciarsi completamente e le contrazioni si
sommano (sommazione di contrazioni), generando una contrazione con un aumento della tensione
sviluppata (tetano incompleto). Se gli stimoli sono molto rapidi il muscolo raggiunge una tensione
massima e protratta (tetano completo). Quando la fibra inizia ad affaticarsi la tensione diminuisce
anche se lo stimolo continua.

La forza che possiamo sviluppare è correlata alla quantità di calcio liberata in ogni potenziale
d’azione. Se ho un potenziale d’azione in cui si libera poco calcio avrò una contrazione di basso

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livello. Se ho una serie di contrazioni ripetute nel tempo tale per cui questo mi causa un aumento del
calcio plasmatico notevole, la forza che svilupperò sarà notevole. All’aumentare della frequenza di
scarica aumenta la quantità di calcio libero e la quantità di tensione che posso sviluppare.

TIPI DI CONTRAZIONE

o CONTRAZIONE ISOTONICA (a forza costante), in cui il muscolo si contrae e genera una


tensione sufficiente a spostare il carico. Essa genera forza e lavoro. Abbiamo una barretta di
metallo a cui vincoliamo un ventre muscolare. All’altro capo abbiamo un peso, il CARICO, da
sollevare. Se stimolo il muscolo, sviluppo una tensione che supera il peso del carico, il
muscolo solleva il carico. Prima ho la contrazione e poi ho una fase di decontrazione. Genero
un lavoro che è dato da forza e spostamento perché ho “tirato su il carico”.

o CONTRAZIONE ISOMETRICA (a lunghezza costante), in cui il muscolo genera una tensione


insufficiente a spostare il carico quindi esso NON si accorcia (non si contrae). La contrazione
genera forza ma non genera lavoro perché il carico non viene spostato. Se il uscolo non è in
grado di sollevare il carico perché la tensione generata non è sufficiente a spostare il carico.
E’ una contrazione che non genera accorciamento perché il carico è più alto della tensione
sviluppata.
ELEMENTI ELASTICI DEL MUSCOLO

All’inizio di ogni contrazione, anche se la contrazione diventa isotonica, ho una contrazione


isometrica. In serie vi sono degli elementi elastici sui sarcomeri. Se iniziamo a sollevare un peso, i
sarcomeri si accorciano ma nel muscolo non si vede un accorciamento perché se i sarcomeri si
accorciano, gli elementi elastici si allungano. La prima fase è quindi di contrazione isometrica. Nella
prima fase quindi si ha sempre una contrazione isotonica: quando gli elementi elastici raggiungono la
“fine corsa” allora si avrà una contrazione isometrica con accorciamento vero e proprio del muscolo.

FISIOLOGIA (SISTEMA NERVOSO)

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È dato da miliardi di cellule nervose organizzate in circuiti neuronali: i neuroni comunicano fra loro
per un rapido controllo dell’organismo.

Esso ha diverse funzioni:

● Funzione sensoriale (recettori che permettono di percepire stimoli)


● Elaborazione delle informazioni, memorizzazione
● Comportamenti motori (movimenti)

Esso si divide in:

● SISTEMA NERVOSO CENTRALE (SNC) costituito da: CERVELLO (ENCEFALO) e MIDOLLO


SPINALE

Contiene al suo interno:

-Telencefalo: lobi della corteccia e gangli della base

-Diencefalo: talamo ed ipotalamo

-Mesencefalo: peduncoli vertebrali

-Metencefalo: ponte e cervelletto

-Miencefalo: bulbo

● SISTEMA NERVOSO PERIFERICO (SNP) composto da:


o COMPONENTE SENSORIALE AFFERENTE: organi di ricezione sensoriale e
neuroni afferenti primari. Afferenza è la trasmissione dello stimolo dalla
periferia al centro di controllo
o COMPONENTE MOTORIA EFFERENTE: fibre motrici somatiche, che
controllano i muscoli (giunzione neuro-muscolare) e fibre motrici
autonome, che controllano i visceri.

SISTEMA NERVOSO PERIFERICO (mette in relazione l’organismo con l’esterno o l’interno)

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E’ composto da una componente SENSORIALE (organi di ricezione, neuroni afferenti primari) e da
una componente MOTORIA (fibre motrici somatiche, fibre motrici autonome/gangli che controllano
gli organi effettori).

Le sensazioni percepite possono provenire sia da organi di senso VISCERALI che da organi di senso
SOMATICI.

A livello del cervello si ha un centro di integrazione delle informazioni, di programmazione e


programmi motori. Il cervello elabora le informazioni ricevute dalle vie afferenti/sensitive. Fornisce
una risposta adeguata che viaggia sulle fibre motorie DISCENDENTI. L’afferenza ha diverse
possibilità:

o Può entrare e rimanere confinata nelle parti inferiori e non viene inviata ai centri superiori.
Ossia rimane a livello spinale e non raggiunge l’encefalo.
o Ma, in genere, l’afferenza viene inviata ai centri superiori.

Lo stimolo inviato attraverso le fibre motorie efferenti può produrre un effetto a livello del muscolo
liscio, cardiaco o delle ghiandole oppure provocare un effetto somatico, agendo sui muscoli
scheletrici.

Un segnale viene inviato ai recettori sensoriali, i recettori inviano l’informazione a livello centrale. I
centri superiori elaborano l’informazione, attraverso le fibre (neuroni) efferenti l’informazione
viaggia ad esempio stimolando i neuroni motori somatici che controllano e stimolano i muscoli
scheletrici.

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MIDOLLO SPINALE

Abbiamo vie di entrata e vie di uscita. Si tratta di un sistema di integrazione gerarchicamente più
basso del nevrasse. Si tratta però del passaggio obbligato per i segnali in ingresso ed uscita del corpo.

E’ suddiviso in 4 regioni:

● Cervicale
● Toracica
● Lombare
● Sacrale

I nervi cervicali innervano le zone più “alte del corpo”.

Possiamo distinguere quattro gruppi: C1-C8, T1-T12, L1-L5


e S1-S5.

Nel midollo spinale abbiamo:

o RADICI DORSALI, via di ingresso, attraverso esse


entra l’informazione. AFFERENZA. Le vie sensoriali entrano
dalle radici dorsali. A questo livello si hanno i GANGLI
DELLE RADICI DORSALI, dove si trovano i corpi DEI
NEURONI SENSORIALI.
o RADICI VENTRALI, via d’uscita. EFFERENZA. I corpi
cellulari (dei neuroni motori) si trovano nelle corna
anteriori per le risposte SOMATICHE e nei nuclei laterali
per quelle VISCERALI.

COMPARTIMETALIZZAZIONE NELLA SOSTANZA BIANCA E GRIGIA DEL MIDOLLO SPINALE

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Abbiamo l’entrata dell’informazione. Nella “farfalla” (sostanza grigia) sono concentrati i nuclei sensoriali
somatici. L’informazione somatica finisce in questo punto. Qui sono confinati i nuclei sensoriali viscerali.
In questa zona arrivano informazioni sensoriali.

Inferiormente a questa zona ho i nuclei efferenti autonomi e sotto ancora ho i nuclei somato-motori.

In questa struttura ad H, che presenta un corno dorsale, un corno laterale e un corno ventrale ho:

-NELLA ZONA DORSALE, una ripartizione fra nuclei sensoriali somatici, nuclei sensoriali viscerali

-INFERIORMENTE ho i nuclei efferenti autonomi (SNA, simpatico) e poi i nuclei efferenti somatici.

I nuclei sono concentrati nella sostanza grigia a forma di H/farfalla.

Per quanto riguarda la sostanza bianca, invece, essa contiene le vie di cognizione. Si possono distinguere:

-VIE ASCENDENTI (verso encefalo) sono collocate nella colonna dorsale e colonna esterna laterale. Da qui
passano vie che mandano l’informazione all’encefalo.

-VIE DISCENDENTI (da encefalo verso il midollo) viaggiano nella colonna ventrale e nella colonna interna
laterale.

La sostanza bianca può essere quindi suddivisa in colonne costituite da tratti di assoni mielinici che
trasportano l’informazione verso l’alto o il basso.

Le informazioni entrano. Se si ha un riflesso, ad esempio, le informazioni possono rimanere confinate nel


midollo spinale, molto spesso vanno verso l’encefalo (centri superiori) diventando INFORMAZIONI
SENSORIALI CONSCE (raggiungono la coscienza e l’individuo ha la percezione di aver ricevuto una certa
tipologia di stimolo).

Abbiamo un recettore periferico, un neurone sensoriale, il ganglio della radice dorsale (soma del
neurone) che ha un prolungamento periferico che funge da recettore. Si ha un interneurone posto fra il
neurone sensoriale ed il neurone motorio e attraverso la radice ventrale esce un’efferenza. Il nervo in
questo caso è misto perché ha una componente sensoriale ed una componente motoria.

L’informazione può rimanere a questo livello od essere inviata ai centri superiori andando a dare
un’informazione superiore.

TRONCO ENCEFALICO

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MESENCEFALO: deputato al controllo del movimento oculare

PONTE: stazione di transito (cervello-cervelletto) dove risiede il CONTROLLO DEL RESPIRO

BULBO (MIDOLLO ALLUNGATO): vi sono molti SISTEMI DI CONTROLLO DELLE FUNZIONI VISCERALI:
respiro, frequenza cardiaca, pressione arteriosa, vomito, deglutizione.

SOSTANZA RETICOLARE: meno omogenea, meno strutturata, che va a dare info generalizzate che
vengono proiettate all’encefalo; utile nel ciclo sonno-veglia, stati di coscienza e dà quello che si chiama
un CONTROLLO DI MASSA DELL’ORGANISMO.

La funzione del tronco dell’encefalo è andare a regolare:

o Stato di vigilanza del soggetto


o Controllo di varie funzioni viscerali (circolazione del sangue, respiro e altre)

Dal tronco encefalico si dipartono la maggior parte dei nervi cranici (che sono 12 paia)

I nervi misti hanno un’informazione sensoriale ed inviano segnali motori.

CERVELLETTO

E’ fondamentale per il mantenimento della postura, dell’equilibrio e per il controllo dei movimenti (in
modo che essi vengano eseguiti nel modo più opportuno possibile). Esso non dà quindi origine al

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movimento ma lo perfeziona. In assenza di una corretta funzionalità del cervelletto si hanno alterazioni
motorie.

Esso riceve informazioni da molte parti del sistema nervoso ed esegue un controllo del movimento
pensato in modo da renderlo il migliore possibile.

In esso ritroviamo:

o FIBRE AFFERENTI ECCITATORIE, come le fibre muscoidi che scaricano tonicamente ad alta
frequenza e le fibre rampicanti che hanno un’influenza più forte e scaricano a bassa
frequenza
o FIBRE EFFERENTI INIBITORIE, cellule del Purkinje (GABAenergiche)

DIENCEFALO

E’ situato fra il tronco dell’encefalo ed il cervello (telencefalo)

E’ costituito da:

o TALAMO
o IPOTALAMO (connesso all’ipofisi, asse ipotalamo-ipofisario)
o EPITALAMO (EPIFISI o ghiandola pineale)

Il talamo è composto da circa 26 nuclei ed è una stazione che smista le informazioni sensoriali. Tutte
le informazioni sensoriali (a parte quella olfattiva) devono raggiungere il talamo per raggiungere la
corteccia.

Esso contiene:

o NUCLEI SPECIFICI, che vanno a dare connessioni con aree specifiche della corteccia.
o NUCLEI ASPECIFICI, che danno una proiezione diffusa, utile nei controlli dello stato di
vigilanza. Sono nuclei che danno un’informazione più generalizzata/globale, importanti per
mantenere un certo background di attivazione.

L’ipotalamo si trova all’interno dell’asse ipotalamo-ipofisario.

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L’ipotalamo rilascia fattori propositivi che stimolano
il rilascio di fattori inibenti che regolano la secrezione di diversi ormoni.

CERVELLO (TELENCEFALO)

Suddiviso in due emisferi, quello sinistro e quello destro connessi fra loro dal CORPO CALLOSO.

La sostanza grigia (esterna) è detta corteccia cerebrale; profondamente ad essa troviamo la sostanza
bianca (interna).

La corteccia cerebrale presenta solchi e circonvoluzioni (non è liscia). Questo andamento serve ad
aumentare la superficie ed il numero di cellule.

Nella corteccia si hanno vari strati, profondamente abbiamo la sostanza bianca ed alla base troviamo i
GANGLI DELLA BASE (NUCLEI PROFONDI).

107
Nella corteccia vi sono vari strati:

o I strato, molecolare
o II strato, granulare esterno.
o III strato, piramidale esterno
o IV strato, granulare interno
o V strato, piramidale interno
o VI strato, multiforme.

Gli stessi strati vengono ripetuti, ma in ogni tipo di corteccia gli strati sono diversi. Gli stessi strati sono
ripartiti in maniera diversa a seconda delle parti della corteccia analizzate.

Al di sotto dei 6 strati di corteccia (sostanza grigia) ritroviamo la sostanza bianca ed i gangli della base
profondamente.

In ciascun emisfero, nella corteccia cerebrale possiamo distinguere diversi lobi:

A seconda dell’attività svolta da una determinata area della corteccia possiamo trovare:

o Aree sensoriali primarie: stazione di arrivo delle vie sensoriali ascendenti. Questo è il luogo
in cui arrivano i segnali sensoriali provenienti dal midollo spinale. Dalla radice dorsale del
midollo spinale il segnale sensoriale giunge all’area sensoriale primaria. Qui giungono le
AFFERENZE.
o Aree sensoriali secondarie: ricevono ancora segnali sensoriali specifici ma soprattutto dalle
rispettive aree primarie (ossia possono ricevere info direttamente da quello esterno ma, più
spesso, anche info che arrivano dall’area primaria)
o Aree motorie primarie: aree di partenza delle vie motorie discendenti. L’informazione è in
questo caso un’efferenza, da qui parte il comando verso gli effettori.
o Aree associative: si trovano tra le aree sensoriali e quelle motorie (si trovano in mezzo
all’area sensoriale e motoria).
AREE FUNZIONALI DELLA CORTECCIA CEREBRALE

Ogni area della corteccia ha la propria funzionalità caratteristica:

o CORTECCIA VISIVA, contenuta nel lobo occipitale


o CORTECCIA UDITIVA, contenuta nell’area di associazione uditiva

La corteccia cerebrale è specializzata in aree sensoriali per la percezione, aree motorie che dirigono il
movimento ed aree di associazione che integrano l’informazione.

N.B. L’emisfero destro controlla la parte sinistra del corpo e viceversa.

108
GANGLI DELLA BASE

Sono un gruppo di nuclei di sostanza grigia immersi nella sostanza bianca sottocorticale. Sono
coinvolti in funzioni di organizzazione e controllo dei movimenti volontari. Un’alterazione della
sostanza nigra (riduzione dei neuroni che producono il NEUROTRASMETTITORE DOPAMINA) è alla
causa del morbo di Parkinson.

AMIGDALA ED IPPOCAMPO (sistema limbico)

Sono correlati a funzioni emotive, istintuali e funzioni cognitive più elevate quali emozioni, memoria
ed apprendimento.

109
SISTEMA NERVOSO AUTONOMO

E’ detto anche sistema viscerale p vegetativo. Esso controlla gli organi e parametri interni (funzioni
vegetative, involontarie: cuore, visceri, vasi sanguigni, ghiandole endocrine/esocrine. Il SNA lavora
con l’obiettivo di mantenere l’omeostasi dell’organismo, coordina le risposte corporee all’attività
fisica, allo stress, al danno e coopera con il sistema endocrino nella regolazione della riproduzione.

Esso si suddivide in:

o SISTEMA NERVOSO ORTOSIMPATICO,


o SISTEMA NERVOSO PARASIMPATICO,
o Sistema Nervoso Enterico.

I due sistemi agiscono in modo differente: nel caso del muscolo cardiaco: l’ortosimpatico aumenta la
frequenza cardiaca mentre il parasimpatico la riduce/deprime.

Molti organi sono doppiamente innervati, solitamente l’ortosimpatico va a stimolare ed il


parasimaptico ad inibire: nel caso delle ghiandole salivari, entrambi producono un alimento della
salivazione, il parasimpatico in maniera più spiccata.

110
Il sistema parasimpatico promuove il fenomeno di: RIPOSO E DIGESTIONE.

Il sistema ortosimpatico promuove il meccanismo di: LOTTA O FUGA.

In linea di massima essi hanno un’attività antagonista nei vari organi da essi innervati. Raramente si ha
un’azione sinergica.

Entrambi, tuttavia, hanno lo stesso tipo di metodologia nell’andare ad innervare l’organo bersaglio.

Abbiamo un NEURONE PREGANGLIARE, all’interno del sistema nervoso centrale, che presenta il
SOMA all’interno del sistema nervoso centrale. Questo neurone non va direttamente al tessuto
bersaglio, ma prende contatto con un secondo neurone, il NEURONE POST GANGLIARE. Il corpo del
secondo neurone si trova all’interno di un ganglio autonomo. Il neurone pregangliare va a stimolare
per mezzo del rilascio di ACETILCOLINA il neurone postgangliare che va ad innervare l’organo
bersaglio.

E’ molto diverso dal sistema nervoso somatico, che è quel sistema che va ad innervare la
muscolatura scheletrica. Ci troviamo di fronte ad un unico neurone che ha il soma all’interno del
sistema nervoso centrale (radici ventrali del midollo spinale), da cui si porta fuori e va a prendere
contatto tramite la giunzione neuromuscolare con un determinato muscolo.

Dal punto di vista anatomico i due sistemi sono collocati in punti differenti e presentano differenze:

ORTOSIMPATICO (sistema ADRENERGICO) PARASIMPATICO (sistema COLINERGICO)


Il neurone pregangliare è collocato a livello della I neuroni pre-gangliari hanno origine da 4 nuclei
sezione TORACO-LOMBARE. Nasce dal midollo dei nervi cranici del tronco encefalico e da nervi
spinale toracico o lombare (corno laterale) che emergono dal midollo spinale sacrale
NERVO VAGO

111
Esso possiede dei gangli paravertebrali e Esso possiede gangli terminali.
prevertebrali
Il primo neurone ha un assone piuttosto CORTO, il -
secondo neurone ha un assone piuttosto lungo
Il primo neurone (pre-gangliare) utilizza Il primo neurone utilizza ACETILCOLINA.
ACETILCOLINA come neurotrasmettitore
Il secondo neurone (post-gangliare) Il secondo neurone utilizza come
utilizza come neurotrasmettitore le neurotrasmettitore ACETILCOLINA.
CATECOLAMMINE, in particolare utilizza la
NORADRENALINA.
I recettori sono ADRENERGICI (ALFA o BETA). Vi è I recettori sono detti COLINERGICI, o MUSCARINICI.
una diversa affinità fra i recettori con i diversi tipi
di catecolammine
I recettori si dividono poi in Alfa1 e Alfa 2, -
Beta 1, Beta 2 e Beta3.
E’ deputato alla lotta o alla fuga: genera risposte E’ un sistema importante per la ricostituzione
corporee in stato di emergenza. (dopo uno stress) delle riserve corporee e per
l’eliminazione delle sostanze di rifiuto.
Il SNA utilizza vari NEUROTRASMETTITORI:

A livello del SNC si ha il primo neurone (pregangliare), in entrambi i casi viene rilasciata
ACETILCOLINA. Il primo neurone ha lo stesso tipo di neurotrasmettitore per entrambi i sistemi.
ACETILCOLINA si lega a recettori di tipo NICOTINICO.

Il secondo neurone nel sistema nervoso ORTOSIMPATICO libera NORADRENALINA che va a legarsi ad
un recettore adrenergico.

Il secondo neurone nel sistema nervoso PARASIMPATICO libera ACETILCOLINA che va a legarsi ad un
recettore di tipo MUSCARINICO.

112
I gangli periferici nel SN ortosimpatico sono lontani dall’organo mentre nel caso del SN
parasimpatico essi si trovano in prossimità dell’organo.

VIE SIMPATICHE E PARASIMPATICHE

Nel SN ortosimpatico, il neurone pregangliare ha un assone relativamente corto ed il secondo ha un


assone molto lungo. Questo perché i gangli nel SN ortosimpatico si trovano a distanza rispetto
all’organo effettore.

Nel SN parasimpatico, il neurone pregangliare ha un assone molto lungo ed il secondo neurone ha


un assone più corto. Questo perché i gangli nel SN parasimpatico si trovano in prossimità
dell’organo.

113
FUNZIONI DEL SN ORTOSIMPATICO E PARASIMPATICO

PUPILLA: ortosimpatico dilata la pupilla, parasimpatico la restringe.

Nei vari organi, si hanno vari tipi di recettori adrenergici (per le catecolammine), rilasciate dal
neurone post-gangliare del SN ortosimpatico: recettori ALFA, BETA 1 e BETA2.

SN PARASIMPATICO

La principale efferenza parasimpatica è il nervo vago (il decimo paio di nervi cranici) che comprende
il 75% delle fibre parasimpatiche. Si tratta di un nervo misto: trasporta sia info sensoriali dagli organi

114
interni all’encefalo sia segnali efferenti dall’encefalo agli organi interni. Esso coordina le attività
viscerali della cavità toracica e della cavità addominale. Solo le porzioni più distali della cavità
addominale sono regolate dalla componente sacrale.

INNERVAZIONI

La terminazione nervosa è composta da una catena di perle, delle varicosità all’interno delle quali è
contenuto il mitocondrio che da energia e delle vescicole che contengono il NEUROTRASMETTITORE,
ACETILCOLINA O NORADRENALINA.

La cellula può eccitarsi sia perché gli arriva il neurotrasmettitore sia perché il neurotrasmettitore
viene rilasciato in una zona diversa, la cellula si eccita e l’impulso nervoso può transitare attraverso
sinapsi di natura elettrica da una cellula all’altra. Parte della muscolatura liscia può essere attivata no
perché riceva direttamente il neurotrasmettitore contenuto nelle vescicole, ma può andare in contro
ad eccitazione e poi contrazione perché una cellula di questa muscolatura ha ricevuto il
neurotrasmettitore, si è eccitata e l’eccitazione è passata da una cellula all’altra.

L’eccitazione del muscolo liscio è subordinata anche ad altri controlli, come i controlli ormonali.

MIDOLLARE DEL SURRENE

Vengono rilasciate catecolammine: prevalentemente ADRENALINA (80%) e NORADRENALINA (20%).


FVi è un primo neurone che libera acetilcolina e vi è una cellula nella midollare del surrene, che
libera adrenalina che non va direttamente sul bersaglio ma va all’interno del sangue. A questo livello
ADRENALINA è percepita più come un ormone che un neurotrasmettitore, perché si riversa nel
torrente circolatorio e va a colpire un organo bersaglio: ossia organi che possiedono recettori per
l’adrenalina.

N.B. La midollare del surrene è un differenziamento funzionale in senso endocrino del SNA e può
essere considerata come un ganglio simpatico (SN ortosimpatico) MODIFICATO, la cui funzione è
rilasciare grandi quantità di adrenalina in circolo (CELLULE CROMAFFINI). L’adrenalina mima negli
effettori le azioni della stimolazione dei nervi simpatici, ma con maggiore efficacia (stress, lotta,
fuga).

TIPI DI RECETTORI PER LE CATECOLAMMINE

La maggior parte delle vie ortosimpatiche rilascia noradrenalina su recettori ADRENERGICI

Tipo di recettore Affinità per adrenalina Via di trasduzione del Zone in cui sono
e noradrenalina segnale prevalenti

115
α-1 Legano meno la Attiva fosfolipasi C Maggiormente diffusi
noradrenalina rispetto
all’adrenalina
α-2 Legano meno la Inibisce cAMP Tratto gastrointestinale
noradrenalina rispetto e pancreas
all’adrenalina
β-1 Legano in egual maniera Attiva cAMP Muscolo cardiaco e rene
noradrenalina ed
adrenalina
β-2 Legano meglio la Attiva cAMP Vasi e muscolo liscio in
noradrenalina rispetto alcuni organi
all’adrenalina
β-3 Legano in egual maniera Attiva cAMP Tessuto adiposo
noradrenalina ed
adrenalina
Le catecolammine possono legarsi a diversi tipi di recettori, ciascuno presente in diverse isoforme, i
quali hanno diverse affinità per adrealina e noradrenalina, hanno diverse vie di trasduzione del
segnale e sono ripartiti in modo diverso a seconda dei vari distretti dell’organismo. Gli effetti
presenti in un determinato distretto dipendono da che tipo di recettore ha l’organo.

Le vie parasimpatiche rilasciano acetilcolina su recettori muscarinici. Esistono almeno 5 sottotipi di


recettori muscarinici (da M1 a M5). L’effetto finale che si avrà dipende dal tipo di recettore
muscarinico presente sull’organo bersaglio (apparato digerente M3).

SN somatico: unico neurone che rilascia acetilcolina.

SNA parasimpatico: primo neurone libera acetilcolina che agisce su recettore nicotinico, secondo
neurone libera acetilcolina che agisce su un recettore muscarinico.

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SNA ortosimpatico: primo neurone libera acetilcolina che agisce su un recettore nicotinico, secondo
neurone libera noradrenalina che agisce su un recettore Alfa o Beta.

Via simpatica surrenale: neurone va nella midollare, l’adrenalina viene rilasciata nel sangue e si lega
ad un recettore su un organo bersaglio

ORGANI BERSAGLIO: VISCERI

Esempio: Ho paura.

Risposta autonoma: aumento frequenza cardiaca.

Risposta endocrina: rilascio di adrenalina dalla midollare del surrene

Risposta comportamentale: lotta o fuga.

L’attività del SNA è regolata dall’attività di centri nervosi superiori: ipotalamo e tronco dell’encefalo
(centri deputati a monitorare FC, PA, temperatura, bilancio idrico e metabolico).

Le informazioni sensoriali dai recettori somatici e viscerali vanno ai centri di controllo nell’ipotalamo
e nel tronco encefalico. Il loro output dà origine a risposte autonome (riflessi viscerali), endocrine e
comportamentali (es. bere, mangiare, vestirsi). L’attivazione del sistema limbico modula la risposta
emozionale (es. arrossire), mentre l’attivazione della corteccia si occupa della sfera
comportamentale che attiva il SNP volontario.

117
Il cortisolo permette di sopportare meglio una situazione stressante. Adrenalina e cortisolo
aumentano l’efficacia della stimolazione ortosimpatica in situazione di stress su un determinato
organo.

CONTROLLO MOTORIO

Il controllo motorio è solo in parte volontario. Esso può essere anche involontario.

Il controllo non volontario è dato da un riflesso; i riflessi sono risposte semplici ad uno stimolo. Si tratta di
una risposta stereotipata, non particolarmente fine. E’ una risposta motoria, automatica ed involontaria
ad uno stimolo.

I riflessi possono essere distinti secondo alcuni criteri:

o A SECONDA DELLA DIVISIONE EFFERENTE CHE CONTROLLA L’EFFETTORE, si distinguono in:


1. Riflessi somatici, quando ho un riflesso che fa muovere un muscolo
scheletrico (neuroni motori somatici che controllano muscoli
scheletrici)
2. Riflessi autonomi o viscerali, quando ho una risposta di un viscere
(neuroni autonomi che stimolano muscolo liscio e cardiaco, ghiandole
e tessuto adiposo)
o A SECONDA DELLA REGIONE DI INTEGRAZIONE ALL’INTERNO DEL SNC (DOVE VIENE
ELABORATA L’INFORMAZIONE
A. Riflessi spinali (non richiedono segnali dai centri superiori)
B. Riflessi cranici (sono integrati a livello dell’encefalo)
o PERIODO IN CUI SI SVILUPPA IL RIFLESSO
a) Riflessi innati (geneticamente determinati)
b) Riflessi appresi/condizionati (acquisiti con l’esperienza)
o NUMERO DI NEURONI DELL’ARCO RIFLESSO (numero di sinapsi coinvolte dal riflesso)

118
1. Riflessi monosinaptici (neurone afferente sensoriale e neurone
efferente motorio)
2. Riflessi polisinaptici (uno o più interneuroni interposti fra
afferenza ed efferenza)

Neurone sensoriale=NEURONE AFFERENTE. E’ un riflesso spinale (centro di integrazione nel midollo


spinale)

Lo stimolo entra e sale verso i centri superiori. L’arco


riflesso è il circuito nervoso che determina il rilesso. Per un
riflesso spinale vi è la possibilità che esso si verifichi in un
soggetto che ha avuto un trauma a livello del midollo
spinale. La motilità volontaria sarà invece compromessa
perché l’informazione dai centri superiori non può arrivare
nei tessuti periferici.

RIFLESSI SPINALI

Essi sono importanti per il mantenimento della postura.


Esistono vari tipi di riflessi spinali:

o RIFLESSO MIOTATICO
o RIFLESSO MIOTATICO INVERSO
o RIFLESSO FLESSORIO DI ALLONTANAMENTO

Questi riflessi si hanno grazie alla presenza di recettori, i


PROPRIOCETTORI. Essi informano il SNC circa la posizione del corpo nello spazio; fornendo un
controllo a feedback del movimento. Essi sono i:

119
-FUSI NEUROMUSCOLARI

-ORGANO MUSCOLO-TENDINEI DI GOLGI

I fusi neuromuscolari e l’organo muscolo-tentineo del Golgi, conseguono ad uno stimolo che viene
recepito dal proprio recettore.

NOCICETTORI (ESTEROCETTORI) nel caso del riflesso flessorio di allontanamento

PROPRIOCEZIONE

Quando eseguiamo un movimento volontario dobbiamo avere sempre chiaro come si stanno muovendo i
muscoli e qual è la tensione sviluppata dal muscolo, ossia, dobbiamo continuamente sapere qual è la
lunghezza delle fibre muscolari e qual è la tensione (forza) sviluppata da queste fibre. E’ importante
sapere se si sta allungando. Dobbiamo avere coscienza di quant’è la lunghezza del muscolo e di quant’è la
tensione che sta sviluppando.

FUSO NEUROMUSCOLARE (propriocettore)

Il fuso neuromuscolare è costituito da 8-10 fibre muscolari

modificate (INTRAFUSALI) che fanno parte del fuso,

nel muscolo tutte le fibre a parte quelle intrafusali si trovano

al di fuori del fuso e sono dette EXTRAFUSALI.

Le fibre intrafusali servono per darci informazioni sulla lunghezza del muscolo e sulla velocità con la
quale il muscolo viene stirato. Abbiamo costantemente informazioni riguardo questi due aspetti. Fra
le fibre intrafusali, si distinguono due tipi di fibre:

o FIBRE A SACCO NUCLEARE (un po’ dilatate) così chiamate perché i nuclei si trovano nella
dilatazione
o FIBRE A CATENA NUCLEARE, i nuclei si trovano uno di seguito all’altro

Le fibre intrafusali mancano dell’apparato contrattile nella loro parte centrale. Queste fibre hanno
una doppia innervazione: sia un’innervazione sensoriale che un’innervazione motoria.

120
L’innervazione sensoriale, costituita da fibre nervose sensitive afferenti comprende fibre di due tipi:

o FIBRE NERVOSE PRIMARIE DI TIPO A, che innervano sia le fibre a sacco nucleare sia le fibre a
catena nucleare
o FIBRE NERVOSE DI TIPO II, innervano solo le fibre a catena nucleare

Questo tipo di innervazione è quella che andrà al midollo spinale entrando dalle radici dorsali.

L’innervazione motoria, costituita da fibre nervose efferenti motorie è data da Gammamotoneuroni;


è un’innervazione che dalle radici ventrali del midollo spinale si porta verso il FUSO
NEUROMUSCOLARE. Vi sono due tipi di fibre nervose motorie:

o FIBRE NERVOSE GAMMA DINAMICHE, che innervano le fibre a sacco nucleare


o FIBRE NERVOSE GAMMA STATICHE, che innervano le fibre a catena nucleare.

Nel fuso neuromuscolare vi sono una decina di fibre, che sono di due tipi: a sacco nucleare ed a
catena nucleare. Il fuso ha un’innervazione sensoriale [afferenza] (di due tipi) in cui si hanno fibre
nervose di tipo A e fibre nervose di tipo II. Il fuso ha un’innervazione motoria [efferenza] data da
fibre Gamma di due tipi, gamma statiche e gamma dinamiche.

Le fibre ci danno informazioni sull’allungamento del muscolo e sulla velocità di stiramento. Il fuso è
collocato all’interno della parte muscolare, ossia nel ventre del muscolo.

ORGANO MUSCOLO-TENDINEO DEL GOLGI (propriocettore)

Per sapere la tensione che grava sul muscolo, ossia la tensione che sta sviluppando il muscolo entra
in gioco l’organo muscolo tendineo del Golgi. Esso si trova nella parte di muscolo in cui ha inizio la
parte tendinea. In questo organo vi è solo un’innervazione di tipo sensitivo (afferente) data da fibre
di tipo B (primarie).

121
Queste fibre percepiscono la
tensione muscolare che il muscolo
sviluppa nel momento d’interesse.
Non è presente un’innervazione
motoria.

L’organo tendineo del Golgi è


costituito da terminazioni nervose
intrecciate fra le fibre collagene del
tendine che ha origine dal muscolo.

TONO MUSCOLARE

122
Un muscolo si stira, la lunghezza muscolare aumenta: questo determina che quando la fibra si
allunga arrivano delle stimolazioni a livello centrale a causa delle quali il muscolo si contrae e torna
alla lunghezza precedente. Il fuso neuromuscolare ha due funzioni:

o RILEVARE IL TONO MUSCOLARE (il muscolo mantiene un certo livello di tensione/tono anche
a riposo)
o IMPEDIRE UN ECCESSIVO STIRAMENTO grazie al RIFLESSO DA STIRAMENTO che evita che il
muscolo si stiri troppo causando danni.

Dopo uno stiramento, vengono inviate informazioni al SNC e si ha una contrazione per riportare il
muscolo alla sua lunghezza iniziale. Le afferenze permettono di mantenere il tono muscolare e
danno il riflesso da stiramento.

Se non vi fosse l’innervazione delle fibre intrafusali (gamma motoneuroni) succederebbe che il
muscolo non sarebbe in tensione. Se ho una co-attivazione, se si accorcia il muscolo in toto si
accorcia anche il fuso in modo che il muscolo rimanga sempre teso e quando viene disteso avverta
immediatamente che è avvenuta una distensione muscolare. Si deve avere un’attivazione
contemporanea di Alfa e Gamma motoneuroni per far sì che i fusi siano attivi e funzionali quando il
muscolo si contrae.

Il fuso neuromuscolare è un propriocettore all’interno del ventre muscolare che ha un’innervazione


sensoriale per mantenere la tonicità muscolare e per evitare uno stiramento muscolare. Questo fuso
ha anche un’innervazione motoria data dai Gamma motoneuroni che si devono attivare assieme agli
Alfa motoneuroni. Questo perché:

o ALFAMOTONEURONI, innervano tutte le fibre muscolari ad eccezione delle Gamma


o Fibre Gamma innervano le fibre intrafusali

Ci deve essere un’attivazione degli alfamotoneuroni e gammamotoneuroni in modo che i fusi


possano funzionare anche quando il muscolo va in accorciamento.

Questo è un sensore che impedisce di tendere troppo il muscolo.

RIFLESSO MIOTATICO O DA STIRAMENTO

123
Se si ha uno stiramento, entra l’afferenza, questa va ad eccitare alfa e gamma motoneuroni in modo
che un muscolo che si è stirato si contragga. Il muscolo antagonista non si deve contrarre (deve
essere inibito).

L’informazione (che viene recepita dal fuso neuromuscolare, propriocettore contenuto nel ventre
muscolare che dà informazioni circa la lunghezza del muscolo e sulla velocità di allungamento) che
entra attiva l’agonista che si è stirato ed inibisce (grazie all’intervento di un interneurone inibitorio) il
muscolo antagonista.

Una parte dell’efferenza dà immediatamente la contrazione e si ha un RIFLESSO MONOSINAPTICO.

Se si contrae l’agonista occorre inibire l’antagonista. L’interneurone inibitorio va ad inibire l’alfa


motoneurone che innerva il muscolo antagonista.

RIFLESSO PATELLARE

Do un colpo di martelletto sul tendine che mima un allungamento del muscolo (quadricipite). Dopo
lo stimolo si attiva il recettore del fuso. La via afferente entra e si ha un riflesso monosinaptico che
stimola il quadricipite femorale che dopo essersi allungato si accorcia (contrae) e la gamba si
estende. In contemporanea ho un interneurone inibitorio che va ad inibire il muscolo antagonista.

RIFLESSO MIOTATICO INVERSO

124
Immaginando di caricare del peso, appena movimentiamo il peso abbiamo un leggero movimento.
Se aggiungiamo del peso, prima il braccio si abbassa e poi torna verso l’alto. Questo perché vi è stato
un riflesso da stiramento sul bicipite che viene stirato.

Potrebbe succedere che continuo ad aggiungere peso e per un po’ posso avere il riflesso miotatico o
da stiramento.

Se aggiungo troppo peso viene rilevato dall’organo muscolo-tendineo del Golgi che sto caricando
troppo peso. Ho un’eccesiva tensione per il muscolo. Questa troppa tensione potrebbe causare
problemi al muscolo. Qualora io metta troppo peso inizia a scaricare l’organo muscolo-tendineo del
Golgi.

Ho l’afferenza che proviene dall’organo muscolo-tendineo del Golgi e questa non va a stimolare il
motoneurone ma prende contatto con l’interneurone inibitorio che va ad inibire il muscolo che si sta
contraendo troppo.

Quando ho lo stiramento entra l’afferenza, ho un riflesso monosinaptico che va ad indurre la


contrazione del bicipite.

Se il peso è troppo, ad un certo punto, il muscolo tendineo del Golgi prende il sopravvento sul fuso
neuromuscolare, entra l’afferenza però viene stimolato l’interneurone inibitorio che inibisce i
motoneuroni alfa, il peso viene lasciato cadere. Il muscolo è stato protetto da una possibile lesione
da eccessivo carico.

125
RIFLESSO FLESSORIO DI ALLONTANAMENTO

E’ un riflesso che parte come conseguenza di uno stimolo dolorifico. Se pestiamo un chiodo, parte
l’informazione sensoriale di tipo nocicettivo che entra nelle radici dorsali. L’informazione non rimane
confinata a livello omolaterale (da un alto solo) ma passa anche dall’altra parte del midollo spinale
[controlaterlamente] e va anche verso le vie ascendenti ai centri superiori.

Le risposte sono:

-dal lato omolaterale (il piede che ha pestato il chiodo) un riflesso flessorio di allontanamento ossia
si attivano i flessori in modo da allontanare il piede dal problema. Si attivano i flessori e si inibiscono
gli estensori dal lato omolaterale.

-dal lato controlaterale invece si attivano gli estensori e si inibiscono i flessori.

Questo succede perché se sollevo una gamba e non irrigidisco l’altra, rischio di perdere l’equilibrio.
Questo riflesso può essere modulato dalla volontà perché il soggetto potrebbe decidere di rimanere
appoggiato o di non flettere molto la gamba.

SISTEMA MOTORIO

126
E’ un sistema complesso che comprende più strutture che comunicano fra loro. La via finale comune
è quella di andare a dare una stimolazione adeguata agli alfa motoneuroni in modo che il controllo
motorio sia il migliore possibile.

ORGANIZZAZIONE DEI SISTEMI MOTORI

La corteccia cerebrale, il talamo ed i nuclei della base sono coinvolti nei movimenti di tipo volontario,
ossia movimenti che avvengono indipendentemente dall’arrivo dello stimolo.

Tronco dell’encefalo, coordina i riflessi posturali ed i movimenti oculari.

I riflessi spinali sono più semplici e si hanno in risposta ad uno stimolo.

Si hanno quindi 3 livelli di controllo:

1. Riflessi spinali, integrati dal midollo spinale


2. I riflessi posturali ed i movimenti oculari che sono integrati dal tronco dell’encefalo
3. I movimenti volontari che sono controllati dalla corteccia cerebrale, i gangli della base e
cervelletto che cooperano per programmare il movimento

MOVIMENTO VOLONTARIO

Ha la finalità di:

RAGGIUNGERE UN DETERMINATO OBIETTIVO, ossia è un’organizzazione del movimento mirata al


raggiungimento di un obiettivo specifico. I movimenti volontari non sono correlati ad un
meccanismo “stimolo-risposta” come i riflessi. Il movimento volontario aumenta con l’esperienza e
l’apprendimento. I movimenti volontari sono GENERATI INTERNAMENTE e non sono semplici
risposte a stimoli ambientali come i riflessi spinali.

MIDOLLO SPINALE E IL CONTROLLO DEL MOVIMENTO

127
I motoneuroni spinali hanno un’organizzazione ben precisa all’interno del midollo spinale:

o MEDIALMENTE abbiamo i motoneuroni che innervano i muscoli assiali ed i segmenti


prossimali degli altri (spalla e braccio)
o LATERALMENTE abbiamo i motoneuroni che innervano i segmenti distali degli arti (mano)

VIE DISCENDENTI AL MIDOLLO SPINALE

Sono vie che dai centri superiori di controllo discendono verso il midollo spinale.

o VIE TRONCO ENCEFALICHE (che dal tronco dell’encefalo discendono verso il midollo spinale)
anche dette vie EXTRAPIRAMIDALI
o VIE CORTICOSPINALI (che dalla corteccia cerebrale discendono verso il midollo spinale)
anche dette vie PIRAMIDALI

Ossia, il midollo spinale, per quanto riguarda il movimento volontario, è regolato da centri superiori
o del tronco dell’encefalo o della corteccia cerebrale.

VIE PIRAMIDALI ED EXTRAPIRAMIDALI

128
La via corticospinale presenta una decussazione ossia, la parte destra passa a sinistra e viceversa la
parte sinistra passa a destra, quasi con una deviazione.

La via corticospinale e la via troncoencefalica vanno entrambe verso il midollo spinale ed escono
dalle radici ventrali.

TRONCO DELL’ENCEFALO

A livello del tronco dell’encefalo troviamo diversi tipi di nuclei e diversi tipi di fasci.

Il tronco dell’encefalo controlla:

o Posizione del corpo nello spazio


o Aggiustamenti posturali per il mantenimento dell’equilibrio
o Locomozione spontanea

I fasci troncoencefalici prendono il nome dal nucleo di origine e da dove vanno a finire:

o FASCIO TETTOSPINALE, regola l’orientamento della testa abbinati con i movimenti oculari.
Riceve informazioni dalla corteccia visiva.
o FASCIO RUBROSPINALE, importante nella produzione del movimento soprattutto della
porzione distale degli arti.
o FASCIO VESTIBOLOSPINALE, importante per regolare gli aggiustamenti posturali necessari
per i cambiamenti di posizione della testa nello spazio e durante l’accelerazione del corpo.
Controlla i muscoli assiali e prossimali degli arti.
o FASCIO RETICOLOSPIANALE, controlla i muscoli assiali e prossimali degli arti per il
mantenimento della postura

Il fascio tettospinale, vestibolospinale e reticolospinale che servono per andare ad innervare le parti
assiali e servono per mantenere la postura, coordinamento dei movimenti e l’equilibrio. Queste parti
vanno a prendere contatto con i motoneuroni delle parti più mediali del midollo spinale.

Il fascio rubrospinale è importante per il controllo dei muscoli distali degli arti, infatti prende
contatto con la parte distale del midollo spinale. Ha la funzione di controllare i movimenti FINI delle
estremità.

129
CORTECCIA MOTORIA

Dalla corteccia motoria sono pianificati i movimenti, si mandano poi le info al midollo spinale.

Si formano due vie discendenti che controllano direttamente i motoneuroni del midollo spinale:

o FASCIO CORTICOSPINALE LATERALE


o FASCIO CORTICOSPINALE MEDIALE

130
TRATTO CORTICOSPINALE LATERALE

Esso decussa (incrocia), si ha la decussazione delle piramidi. Innerva gli alfa-motoneuroni che
sovraintendono ai movimenti delle parti più DISTALI. Esso possiede il 75% delle fibre.

TRATTO CORTICOSPINALE MEDIALE

Esso NON decussa, non è crociato. Va ad innervare gli alfa-motoneuroni che sovraintendono ai
movimenti dei muscoli assiali e prossimali degli arti, che sono fondamentali per il mantenimento
della postura e dell’equilibrio. Possiede il 25% delle fibre. Non dirige i movimenti fini.

CONTROLLO INDIRETTO

Alcune fibre corticali vanno al tronco dell’encefalo. Prendono contatto con il nucleo rosso e la
formazione reticolare e poi discendono verso il midollo spinale. Sono le vie CORTICOBULBARI, esse
vanno ad influenzare il tronco dell’encefalo che manda info al midollo spinale, considerabili vie
indirette.

GANGLI DELLA BASE

Hanno un ruolo importante nei movimenti COMPLESSI, nella loro pianificazione e programmazione.
Essi cooperano con le aree motorie della corteccia per programmare questi movimenti.

CERVELLETTO

Nel cervelletto si trovano tre lobi:

-ANTERIORE

-POSTERIORE

-FLOCCULO NODULARE

E 3 paia di nuclei profondi:

131
-NUCLEO DEL FASTIGIO

-NUCLEO INTERPOSITO

-NUCLEO DENTATO

Il cervelletto riceve afferenze periferiche e centrali, ha segnali di ingresso, li elabora ed ha segnali in


uscita che vanno verso la zona periferica. Il cervelletto non contribuisce alle esperienze coscienti e
non è indispensabile per nessuna funzione sensoriale, motoria o cognitiva. I segnali da esso forniti
permettono un miglioramento delle funzioni dei centri nervosi con cui è connesso. Il cervelletto
riceve tutte le informazioni e migliora le prestazioni. Il cervelletto non pensa di fare un movimento. Il
cervelletto organizza le informazioni per migliorare le prestazioni.

SPINOCEREBELLO è importante nell’esecuzione del movimento

CEREBROCEREBELLO è importante nel pianificare il movimento

VESTIBOLOCEREBELLO è importante nell’equilibrio e nei movimenti oculari

Il cervelletto scambia informazioni con il midollo spinale, con il tronco dell’encefalo. Manda
informazioni al talamo che poi le manda alla corteccia per tornare al cervelletto.

132
Il cervelletto compara i comandi motori discendenti dalla corteccia motoria con i segnali a feedback
che giungono dalla periferia. Capisce cosa vuole fare la corteccia motoria, capisce cos’è successo in
periferia e mette a posto le informazioni.

Il cervelletto serve a correggere il movimento (informa i sistemi centrali) e confronta la disparità fra
intenzione (movimento programmato) ed azione (movimento effettuato).

E’ quindi importante per la coordinazione sensomotoria e per l’apprendimento motorio.

Lesioni al cervelletto danno problemi al movimento.

CONTROLLO NERVOSO DEL MOVIMENTO

SISTEMA SENSORIALE

Ci permette di percepire stimoli che possono provenire dal corpo od essere extracorporei. Questa
informazione sensoriale viene a questo punto TRASFORMATA (trasdotta) in modo tale che in seguito

133
a questa trasduzione si generino i POTENZIALI D’AZIONE. Essi andranno poi a varie aree del SNC in
modo tale che vi sia la COMPRENSIONE dello stimolo ricevuto.

STIMOLO: è un fattore ambientale in grado di indurre una risposta adeguata in un recettore


sensoriale. Ossia, arriva uno stimolo e vi sarà un recettore in grado di trasdurre questo stimolo in
modo che esso sia compreso.

Tipi di stimolo:

o ELETTROMAGNETICO, luce (visivo) e calore.


o MECCANICO, pressione, onde sonore (udito)
o CHIMICO (variazioni di pH)

RECETTORI SENSORIALI: sono trasduttori biologici, perché trasformano l’energia proveniente


dall’ambiente in informazioni che possono essere elaborate dal SNC. (arriva uno stimolo di diversa
tipologia, vi è un recettore che è un trasduttore, in modo tale che in seguito alla trasduzione si
generi un TRENO DI POTENZIALI D’AZIONE e l’info arriva al SNC.

Tipi di recettori sensoriali:

o FOTOCETTORI: servono per la trasduzione degli stimoli visivi


o CHEMOCETTORI: rilevano stimoli chimici (gusto, olfatto, pH, livelli di O2)
o MECCANOCETTORI: tatto ed udito
o TERMOCETTORI: rilevano il calore o la sua assenza (caldo-freddo)
o NOCICETTORI: recettori deputati alla trasduzione degli stimoli dolorosi

In base al luogo in cui si trovano nell’organismo essi si dividono in:

o ESTEROCETTORI, percepiscono i segnali provenienti dall’ambiente esterno all’organismo


o ENTEROCETTORI, percepiscono gli stimoli provenienti dagli organi interni dell’organismo
o PROPRIOCETTORI, fuso neuromuscolare ed organo muscolo-tendineo del Golgi, sono quei
propriocettori coinvolti nei riflessi: danno informazioni della lunghezza dei muscoli, della
tensione che grava sul muscolo

RECETTORI SENSORIALI

Il recettore è in grado di percepire un segnale ambientale (luce, suono) e trasformarlo in un segnale


recepibile dal SNC. Ho uno stimolo, sul recettore possono essere presenti strutture accessorie in
modo da far recepire al recettore lo stimolo. Il recettore darà luogo ad un treno di impulsi nervosi
(potenziali d’azione) che va al livello del SNC attraverso apposite vie, il quale si va a dirigere poi in
varie aree della corteccia cerebrale; (corteccia visiva riceverà impulsi dagli occhi).

STIMOLO ADEGUATO: E’ lo stimolo che più di frequente dà la risposta nel recettore, ossia, è lo
stimolo nei confronti del quale il recettore ha la PIU’ BASSA SOGLIA DI ATTIVAZIONE.

Ad esempio, per gli occhi lo stimolo adeguato è la luce. Però, ci può essere un’eccitazione in seguito
ad una compressione (se stiamo con un occhio chiuso e colpiamo l’occhio si vedono le stelle, stimolo
meccanico). Esso quindi può venire eccitato, ma lo stimolo adeguato per un occhio è la luce, stimolo
al quale risponde più facilmente.

SOGLIA: stimolo di più bassa intensità in grado di produrre una sensazione: dobbiamo avere uno
stimolo che arrivi ad una certa soglia per eccitare il recettore. Questo perché se abbiamo degli
stimoli sotto soglia, il recettore, pur essendo stimoli adeguati, può finire per non trasdurre il segnale.

134
Ad esempio: vi sono stimoli uditivi che l’umano non è in grado di trasdurre.

Do, uno stimolo meccanico. Avremo una zona del recettore dove si viene a creare un potenziale
GENERATORE o potenziale RECETTORIALE. Abbiamo una depolarizzazione. Da -60mV si va verso
valori più positivi. Si ha uno stimolo sovrasoglia e si scatena il potenziale generatore e avremo una
serie di potenziali d’azione.

A seconda dello stimolo dato ho un potenziale generatore a cui segue la serie di potenziali d’azione.

L’intensità dello stimolo determina l’entità del potenziale generatore.

A. Situazione di riposo, ho un potenziale di riposo di -60mV


B. Se inizio a stimolare ma ho uno stimolo poco intenso, si ha un potenziale generatore sotto
soglia. Non arrivando alla soglia non si ha potenziale d’azione
C. Se do uno stimolo di maggiore intensità si stimola un potenziale d’azione
D. Se do uno stimolo della stessa intensità ma più prolungato ho dei potenziali d’azione che
arrivano alla soglia e avrò dei potenziali d’azione ripetuti
E. Se do uno stimolo ancora maggiore avrò una maggiore frequenza di potenziali d’azione.

Il potenziale generatore è graduato, il potenziale d’azione è sempre uguale, esso fornisce


informazioni circa l’intensità dello stimolo a seconda della frequenza di potenziali d’azione.

INTENSITA’ E DURATA DELLO STIMOLO

135
Do uno stimolo, il potenziale generatore arriva alla soglia, ho i potenziali d’azione. In seguito ai
potenziali d’azione ho la liberazione del neurotrasmettitore. Se do uno stimolo più ampio (forte) e
più forte in termini di durata, si crea un maggiore potenziale generatore, ho un treno di Potenziali
d’azione a maggiore frequenza e di maggiore durata che causano un maggiore rilascio di
neurotrasmettitore.

L’intensità dello stimolo, quindi, può essere recepita dal numero di recettori (codice di popolazione)
che attiva e dalla frequenza di potenziali d’azione generati (codice di frequenza).

TRASDUZIONE DEL SEGNALE

La trasduzione del segnale avviene grazie a dei canali ionici.

Ho vari tipi di canali e tutti questi sistemi di trasduzione avvengono grazie alla presenza dei canali
ionici che fanno fluire ioni. Nel caso del potenziale d’azione ho l’entrata del sodio e l’uscita del
potassio attraverso questi canali. Vi è una proporzionalità fra l’intensità dello stimolo ed il numero di
canali ionici attivati.

Lo stimolo deve seguire una via specifica, ossia, ogni stimolo proietta a regioni specifiche della
corteccia. Per ogni tipologia di recettore che veicola un determinato stimolo a questo processo di
trasduzione riscontra il fatto che l’informazione viene mandata in un’area specifica della corteccia
cerebrale.

136
ADATTAMENTO

Do uno stimolo, a livello del recettore si genera il potenziale generatore al quale segue un treno di
potenziali d’azione. Maggiore è lo stimolo, in termini di intensità e durata, maggiore sarà questo
treno di potenziali d’azione ed i recettori reclutati.

A. Lo stimolo è identico dall’inizio alla fine ed è costante. Anche il treno di potenziali d’azione è
identico per tutta la durata del potenziale generatore.

Vi può essere il fenomeno di adattamento, che può essere:

B. LENTO, ho lo stesso stimolo costante che da vita ad un potenziale generatore. Il potenziale


generatore, però, man mano cala. In conseguenza alla diminuzione del potenziale
generatore si rileva dapprima una certa frequenza di potenziali d’azione ma al calo del
potenziale generatore, la frequenza dei potenziali d’azione si riduce.
C. RAPIDO, ho lo stesso stimolo costante che da vita ad un potenziale generatore (indotto dai
recettori). Il potenziale generatore crolla rapidamente, ne consegue che ho un crollo nella
frequenza di potenziali d’azione sino ad arrivare ad una situazione in cui lo stimolo non viene
più avvertito.

ADATTAMENTO: la frequenza dei potenziali d’azione diminuisce anche se lo stimolo viene


mantenuto costante ed il recettore smette di rispondere. In seguito all’adattamento se abbiamo uno
stimolo costante, non avremo più la percezione dello stimolo.

Il fenomeno dell’adattamento è importante al fine di impedire un sovraccarico sensoriale, esso ci


permette di selezionare gli stimoli importanti da quelli meno importanti. Gli stimoli che rimangono
invariati nel tempo vengono parzialmente ignorati, i recettori avvertono stimoli solo quando essi
variano dopo l’adattamento e quindi perdono la loro costanza.

TIPI DI RECETTORI

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I RECETTORI TONICI sono recettori ad adattamento lento e continuano a rispondere per tutta la
durata dello stimolo (come i propriocettori ed i nocicettori)

I RECETTORI FASICI sono recettori che si adattano rapidamente ad uno stimolo costante e dopo un
po’ si inattivano. Quando lo stimolo cessa possono attivarsi brevemente di nuovo.

Una forma di adattamento si riscontra anche nei barocettori che se la pressione arteriosa non viene
riportata a valori fisiologici, il perdurare di una pressione non fisiologica porta i barocettori ad
adattarsi e non mandare più l’informazione a livello centrale per ripristinare valori fisiologici di
pressione arteriosa.

NEURONI SENSORIALI PRIMARI

Conducono gli impulsi nervosi verso il SNC. Il loro soma è collocato nelle radici dorsali del midollo
spinale o nei gangli dei nervi cranici.

1. NEURONI DI TIPO I°, che sono loro stessi dei recettori. Possiamo avere delle terminazioni
nude (ad esempio quelle per gli stimoli nocicettivi). Oppure ci possono essere i corpuscoli di
Pacini che sono strutture che permettono di percepire meglio le sensazioni tattili
2. NEURONI DI TIPO II°, la traduzione è operata da cellule epiteliali specializzate che fungono
da recettore, traducono il segnale. Si ha contatto sinaptico con un neurone sensitivo
primario, con la liberazione del neurotrasmettitore.
3. NEURONI DI TIPO III°, ho un trasduttore, ho un neurone primario ma fra il trasduttore ed il
neurone primario ho un INTERNEURONE.

138
Gli stimoli sensoriali innescano nei neuroni sensoriali primari un numero di potenziali d’azione. Lo stimolo
arriva al midollo spinale tramite le radici dorsali. Il corpo è nei gangli delle radici dorsali. Lo stimolo entra
e prende contatto con un neurone sensoriale di secondo ordine (il soma del neurone è ancora
nell’emilato da dove giunge lo stimolo) ma l’assone del neurone di secondo ordine passa da sinistra a
destra (se lo stimolo è percepito a sinistra) ho una decussazione. Il neurone di secondo ordine procede
verso la corteccia e prima di arrivare alla corteccia si ferma a livello del TALAMO, passando per il tronco
encefalico. Il neurone di III ordine che si trova a livello del talamo trasferisce l’informazione che arriva poi
alla corteccia cerebrale, nelle varie aree apposite.

ORGANIZZAZIONE DELLE VIE SENSORIALI

N.B. si ha la decussazione dei neuroni di secondo ordine a livello spinale.

139
Le vie sensoriali dal talamo vanno poi alla corteccia, fatta eccezione per la via olfattiva che arriva alla
corteccia che dal naso arriva direttamente alla corteccia olfattiva. Il talamo agisce da stazione di
smistamento ed elaborazione dell’informazione sensoriale. Il talamo quindi elabora le informazioni e
le trasmette ai centri corticali. La via dell’equilibrio, invece, proietta al cervelletto, proveniente dal
labirinto dell’orecchio.

Vari neuroni sensoriali primari convergono su un neurone sensoriale secondario. Da notare che vi è
una sovrapposizione e l’afferenza proveniente da queste zone di sovrapposizione viene portata
anche da due neuroni primari contemporaneamente. Il neurone secondario non comprende quale
neurone primario lo ha eccitato e da dove proviene lo stimolo. Se ho una grande convergenza od
una piccola convergenza si hanno effetti diversi: se ho pochi neuroni convergenti, ho regioni più
sensibili, se ho una piccola area che scarica su un neurone secondario gli interneuroni capiscono da
quale area proviene lo stimolo. Se ho moltissimi neuroni primari che convergono invece il neurone
secondario non riesce a discriminare da dove proviene lo stimolo.

Se ho pochi neuroni convergenti, ho dei campi recettivi piccoli e quindi regioni più sensibili.

Se ho molti neuroni convergenti, ho dei campi recettivi grandi e quindi regioni meno sensibili.

La dimensione del campo recettivo del neurone secondario determina la sensibilità rispetto ad uno
stimolo.

140
STIMOLO TATTILE E SENSIBILITA’ TATTILE NEL TRONCO E NELLE MANI

Nel caso del tronco, è come se fosse uno stimolo solo, non sono in grado di percepire i due punti di
compressione come distinti ma li percepisco come un’unica compressione. Vi è un’enorme
convergenza su un singolo neurone secondario e quindi viene trasmesso un unico segnale.

Nel caso dei polpastrelli, dove abbiamo maggiore sensibilità ed una bassa convergenza, il corpo
percepisce le due compressioni come due stimoli separati.

INFORMAZIONI ELABORATE NELLA DIVISIONE SENSORIALE DEL SISTEMA NERVOSO

CONSCIE INCONSCIE
Abbiamo coscienza di queste sensazioni Non ci rendiamo conto di questi stimoli
Sensi Somatici: Stimoli somatici:
-Tatto e pressione Lunghezza e tensione muscolare (propriocezione)
-Temperatura
-Dolore
Sensi speciali: Stimoli viscerali:
-Vista Pressione Arteriosa
-Udito Contenuto ematico di O2 e CO2
-Equilibrio pH del liquido cefalorachidiano
-Gusto Ventilazione polmonare
-Olfatto Osmolarità dei liquidi corporei
Temperatura degli organi profondi
Glicemia (concentrazione di glu nel sangue)
Distensione del tratto gastrointestinale
SISTEMA SOMATOSENSORIALE

Il sistema somato-sensoriale è implicato nella percezione di stimoli tattili (pressione e vibrazione),


variazioni di temperatura, sensazioni dolorifiche e variazioni della postura. Porta informazioni dalle
parti profonde (organi interni) o superficiali (cute) del corpo.

Le sensazioni somatiche relative alla superficie del corpo sono percepite da:

-meccanocettori (stimoli pressori e vibrazioni)

141
-termocettori (variazioni di temperatura)

-nocicettori (stimoli dolorifici)

La propriocezione relativa alla posizione del corpo avviene per mezzo di:

-recettori nei muscoli (fusi neuromuscolari)

-recettori nei tendini (recettori muscolo tendinei del Golgi), nei legamenti e nelle articolazioni

SENSIBILITA’ SOMATICA

Abbiamo:

-MECCANOCETTORI che rispondono a stimoli meccanici

-TERMOCETTORI che sono sensibili al caldo ed al freddo

-NOCICETTORI che percepiscono sensazioni di dolore

I nocicettori sono in quantità maggiore rispetto ai meccanocettori, i meccanocettori sono numericamente


superiori ai termocettori. Infine i termocettori, numericamente inferiori ai nocicettori ed ai
meccanocettori, i meccanocettori che percepiscono il freddo sono più di quelli che percepiscono il caldo.

Le vie che portano l’informazione a livello del SNC sono date da fibre che sono di 3 tipi:

Le fibre ABeta hanno velocità di conduzione molto elevata e conducono stimoli meccanici

Le fibre ADelta hanno minore velocità di conduzione rispetto alle prime e conducono principalmente
stimoli riguardanti la temperatura ed il dolore rapido.

Le fibre C, non essendo mielinizzate, conducono a bassa velocità e conducono stimoli riguardanti
principalmente il dolore lento, la temperatura ed alcuni stimoli meccanici.

MECCANOCETTORI

Possono essere terminazioni nervose libere. Queste terminazioni si vanno ad avvolgere attorno ad un
bulbo pilifero, se il pelo si muove abbiamo una sensazione.

Corpuscoli di Meissner e di Pacini avvertono le vibrazioni. Quelle di Meissner sono poste in superfici,
quelle di Pacini più profonde.

Vi sono poi strutture che avvertono pressioni a livello della cute:

-Corpuscoli di Ruffini (a livello profondo)

-Recettori di Merkel (a livello superficiale)

TERMOCETTORI

142
Vi sono recettori per il freddo e per il caldo, avvertono le variazioni di temperatura sulla cute. Le
sensazioni vengono condotte tramite:

-fibre di tipo C amieliniche (per il dolore lento e la temperatura) [recettori per il CALDO]

-fibre di tipo ADelta mieliniche [recettori per il FREDDO]

I recettori per il freddo hanno la loro massima frequenza di scarica intorno ai 30°. I recettori per il caldo
scaricano alla loro frequenza massima intorno ai 43°. Qualora le temperature salgano o scendano troppo
si viene ad avere l’attivazione dei nocicettori. SI ha la sensazione di DOLORE, ossia vengono attivati i
nocicettori ed inibite le scariche dei termocettori. Questi recettori per la temperatura sono distribuiti in
modo vario nelle varie aree del corpo, per cui si hanno parti a più alta densità di termocettori e aree a
minore densità di termocettori.

NOCICETTORI

Sono terminazioni nervose che riescono a sentire varie sostanze nell’ambiente. Alcune vengono prodotte
dalla rottura delle cellule. Queste terminazioni nervose percepiscono queste sostanze (Bradichina ad
esempio) e le veicolano a livello centrale. Queste strutture liberano anche sostanze che producono il
rilascio della SOSTANZA P che produce anche il rilascio di istamina (processo infiammatorio) che favorisce
la vasodilatazione locale.

DERMATOMERO

E’ la regione del corpo innervata da tutti i neuroni sensoriali che entrano nel midollo spinale a livello della
stessa radice dorsale.

I dermatomeri tendono ad essere sovrapposti. Data la loro sovrapposizione, se c’è un danno alla radice
dorsale non si ha la perdita completa della sensibilità della zona cutanea corrispondente. SI mantiene una
parziale sensibilità.

DECUSSAZIONE DELLE VIE SOMATOSENSORIALI

143
Tutti i neuroni sensoriali sensoriali incrociano la linea mediana ma la decussazione si può avere a vari
livelli.

DOLORE, TEMPERATURA e TATTO GROSSOLANO-> il neurone primario entra a livello della radice
dorsale nel midollo spinale, incontra il neurone secondario ed il neurone secondario passa alla zona
controlaterale (decussazione) e poi esso va verso i centri più alti a livello del talamo e della corteccia
passando per il bulbo.

TATTO FINE, PROPRIOCEZIONE e VIBRAZIONE-> IL neurone primario entra a livello della radice
dorsale del midollo spinale ma non trova nessun neurone secondario. Questi prendono la via
ascendente e trovano a livello bulbare il neurone secondario. Quindi a livello del midollo spinale il
neurone non decussa ma rimane dallo stesso lato dal quale è entrato a livello delle radici dorsali.

Ad un certo livello del midollo spinale mi trovo in una situazione in cui:

-A sinistra ho le sensazioni tattili fini dello stesso lato ma le sensazioni dolorifiche del lato opposto.

-A destra vi sono le sensazioni dolorifiche del lato sinistro e le sensazioni del tatto fine del lato
destro.

A livello del bulbo, si ha la decussazione per cui tutte le sensazioni di un lato si trovano tutte nel latto
opposto. Esse vanno poi al talamo che organizza le informazioni e le invia alle aree corticali
specifiche deputate alle varie e diverse informazioni sensoriali.

144
Il neurone afferente da un recettore dolorifico entra a livello spinale, incontra il secondo neurone e
la sensazione dolorifica sale verso l’encefalo dalla colonna anterolaterale del midollo spinale, alcune
info vanno alla sostanza reticolare ed altre al talamo.

Il neurone afferente della percezione tattile fine non trova a livello spinale il neurone secondario ma
sale dalle colonne dorsali in modo omolaterale. Nelle colonne dorsali vengono trasportate le
informazioni tattili fini della zona omolaterale.

PERDITA DISSOCIATA DELLA SENSIBILITA’

145
In caso di emisezione sinistra (lesione delle fibre
nervose che corrono lungo il lato sinistro del
midollo spinale), l’individuo avvertirà riduzione
della sensibilità termica e dolorifica
CONTROLATERALE (lato opposto) e una riduzione
della sensibilità tattile e propriocettiva
IPSILATERALE (stesso lato).

Questo perché:

-Le vie della sensibilità dolorifica e termica


incrociano la linea sagittale mediana nel midollo
spinale.

-Le vie della sensibilità tattile, pressoria, vibratoria


e propriocettiva ascendono in senso ipsilaterale
(dallo stesso lato) e si incrociano nel bulbo.

Le sensazioni vengono poi mandate al talamo ed alla sostanza reticolare. Vi sono il complesso
ventroposteriore laterale e mediale. Stazione talamica della sensibilità somatica.

PROIEZIONI TALAMO-CORTICALI

Dal complesso ventroposteriore le proiezioni somatosensoriali vengono inviate a dure regioni della
corteccia cerebrale:

● AREA SOMATOSENSORIALE PRIMARIA (suddivisa in 4 regioni, 1, 2, 3a e 3b)


● AREA SOMATOSENSORIALE SECONDARIA

DOLORE

Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata ad un danno tissutale reale o


potenziale.

146
DOLORE NOCICETTIVO, evocato dalla stimolazione dei
nocicettori ed attivazione delle fibre sensoriali afferenti.
Esso viene trasmesso su fibre amieliniche.

DOLORE NEUROPATICO, PRODOTTO DAL DANNO A


DIVERSI LIVELLI DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE O
PERIFERICO. SI tratta di un problema lungo le vie che
conducono l’informazione dolorifica. Il danno può essere
anche sulla struttura nervosa.

Il dolore può essere:

● SUPERFICIALE, proviene dalla stimolazione della


superficie corporea (cute)
● PROFONDO, proviene da muscoli, articolazioni, ossa
e tessuto connettivo
● VISCERALE, insorge dagli organi interni (come una
colica renale)

I dolori si distinguono poi in:

● DOLORE INIZIALE, viaggia su fibre di tipo ADelta, mieliniche. Dolore immediato, altamente
localizzato ed acuto.
● DOLORE RITARDATO, viaggia su fibre di tipo C, amieliniche. Dolore che insorge dopo circa un
secondo, più diffuso e più duraturo.

Essi viaggiano su fibre a velocità differente.

IPERALGESIA

Quando aumenta la sensazione dolorifica. Ossia quando si ha un quadro di aumentata percezione


del dolore causato dal rilascio locale di sostanze come la SOSTANZA P e la BRADICHININA che
inducono uno stato di maggiore eccitabilità delle terminazioni nocicettive (ossia, un abbassamento
della soglia di attivazione dei potenziali d’azione propagati lungo le vie dolorifiche). In presenza di
uno stimolo nocicettivo la stimolazione delle terminazioni nocicettive causa liberazione di sostanza
P, rilascio istamina, vasodilatazione, arrossamento, aumento temperatura.

ORGANIZZAZIONE DELLE VIE TERMICHE E DOLORIFICHE

SI ha un’informazione nocicettiva, si arriva a livello del talamo e poi si ha una deviazione:

147
-una parte di informazione va all’area sensoriale della corteccia SI

-una parte di informazione va all’area affettiva-emotiva, ossia il sistema LIMBICO.


L’immagazzinamento di esperienze dolorose nella memoria contribuisce ad evitare eventi nocivi in
futuro.

DOLORE DIFERITO

Il dolore degli organi interni viene di solito percepito sulla superficie del corpo in regioni specifiche.

Si può vedere come un errore nella veicolazione a livello centrale della sensazione dolorifica.

Si possono percepire dolori al braccio sinistro in seguito al dolore al cuore perché l’afferenza della
cute e del viscere (cuore) convergono sullo stesso neurone secondario. Succede che vi è un errore: a
livello centrale la sensazione dolorifica viene “letta” come un dolore nella zona cutanea anziché
cardiaca perché in passato, la maggior parte delle volte, abbiamo provato molto più spesso dolori
sulla cute rispetto a dolori al cuore.

ANALGESIA PERIFERICA (TEORIA DEL CANCELLO)

Si possono avere degli stimoli dei nocicettori senza avere stimolazione dolorifica. Questo perché non
ho lo stimolo dolorifico. Vi è un interneurone inibitorio che spegne l’informazione di uno stimolo
dolorifico debole. Quando si ha uno stimolo doloroso, lo stimolo passa perché vi è lo stimolo
dolorifico, che passa sul neurone di secondo grado. L’afferenza dolorifica inibisce l’interneurone
inibitorio e la sensazione dolorifica passa perché viene inibito quell’interneurone che senza stimolo
inibiva la percezione della sensazione dolorifica.

A volte capita di massaggiarsi dopo uno stimolo doloroso: questo è utile perché uno stimolo non
nocicettivo può diminuire il segnale doloroso stimolando l’interneurone inibitorio, bloccando
l’azione della fibra C amielinica. Quindi il dolore percepito a livello dell’encefalo risulta ridotto.

TEORIA DEL CANCELLO nella modulazione del dolore

148
La nostra percezione del dolore è soggetta a modulazione a diversi livelli del sistema nervoso.

-la stimolazione dell’interneurone inibitorio può avvenire attraverso la stimolazione delle vie
sensitive tattili (fibre ABeta) attivate da uno stimolo meccanico (massaggio).

-attraverso l’attivazione delle vie discendenti del nucleo del rafe che contattano gli interneuroni del
“gate del dolore”.

DIVERSA PERCEZIONE DEL DOLORE

Le vie discendenti modulano le vie ascendenti del dolore. A livello centrale vi è un sistema che va a
modulare quella che è la percezione del dolore (la reazione al dolore quindi è soggettiva)

Quattro diversi livelli di controllo del dolore riducono la soglia del dolore:

1. CORTECCIA SOMATO-SENSORIALE
2. IPOTALAMO E AMIGDALA
3. SOSTANZA GRIGIA PERIACQUEDUTTALE
4. FORMAZIONE RETICOLARE (nuclei del Rafe)

Questi mandano vie discendenti che modulano negativamente la sensazione dolorifica.

SI ha l’intervento di OPPIACEI ENDOGENI come le ENDORFINE, le ENCEFALINE e le DINORFINE.

Gli oppiacei endogeni rilasciati dagli interneuroni inibitori hanno una doppia azione:

- bloccano il rilascio di sostanza P dalla terminazione nocicettiva (inibizione pre-sinaptica)

- riducono l’eccitabilità del neurone spino-talamico dolorifico (inibizione post-sinaptica)

bloccando in questo modo la trasmissione del segnale dolorifico.

ANALGESIA CENTRALE

149
In seguito a stimolazioni elettriche a livello centrale possiamo avere una riduzione della percezione
dolorifica. La stimolazione elettrica di alcune aree del SNC (corteccia frontale e parietale) e di
determinate regioni del tronco dell’encefalo (sostanza grigia periacqueduttale e bulbo
rostroventrale) provoca inibizione dei neuroni nocicettivi del midollo spinale, produce analgesia. Le
funzioni cognitive di ordine superiore, gli stati emozionali, possono influenzare fortemente la
percezione del dolore (diverse regioni corticali inviano afferenze alla sostanza grigia
periacqueduttale). Abbassando la temperatura, si sente meno dolore.

RUOLO DEGLI OPPIACEI NEL TRATTAMENTO DEL DOLORE

In situazioni normali ho una soglia del dolore, avverto il dolore ma non sono stati somministrati
oppiacei. Somministro morfina e il cancello si chiude, ho un fenomeno di analgesia per la
diminuzione nella produzione di AMPciclico. Il problema è dato dal fatto che da lì a poco la cellula si
abitua ed inizia a sintetizzare dell’altra adenilatociclasi. Continuo a somministrare oppiaceo ma la
cellula si abitua. Se mantengo la stimolazione dolorifica e smetto di somministrare l’oppiaceo, il
dolore viene avvertito con ancora più intensità rispetto al normale per la grande presenza di
AMPciclico.

FISIOLOGIA SISTEMA ENDOCRINO


150
Ha svariate funzioni, fra cui il mantenimento dell’omeostasi corporea e la regolazione dei processi di:

o ACCRESCIMENTO E SVILUPPO, di un organo o dell’intero organismo


o DIGESTIONE, UTILIZZAZIONE ED IMMAGAZZINAMENTO DEI NUTRIENTI (insulina, importante
per il glucosio)
o RIPRODUZIONE ED INVECCHIAMENTO
o METABOLISMO IDRO-ELETTROLITICO

Questi processi fisiologici sono regolati da ORMONI. Essi agiscono mediante 3 meccanismi:

o CONTROLLO DELLA VELOCITA’ DELLE REAZIONI ENZIMATICHE


o REGOLAZIONE DEL TRASPORTO DI MOLECOLE ATTRAVERSO LE MEMBRANE, facendo sì che
una cellula inizi ad internalizzare una determinata sostanza
o MODULANDO L’ESPRESSIONE GENICA E LA SINTESI PROTEICA, alcuni ormoni inducono la
trasduzione di alcuni geni che permettono di sintetizzare proteine, anche EX-NOVO

Le cellule che secernono ormoni possono essere raggruppate e costituire le GHIANDOLE ENDOCRINE
(ipofisi, tiroide, ghiandole paratiroidi, pancreas endocrino, surreni e gonadi) oppure essere isolate
all’interno di tessuti che non hanno funzioni endocrine precise (SISTEMA ENDOCRINO DIFFUSO).

MECCANISMI DI COMUNICAZIONE INTERCELLULARE

o AUTOCRINA, ossia, una cellula rilascia un prodotto che verrà rilasciato nel liquido
interstiziale e produrrà il suo effetto sulla stessa cellula che secerne il prodotto. Questo
meccanismo serve per regolare la secrezione di sostanze da parte delle cellule.
o PARACRINA, una cellula rilascia una molecola segnale che agisce sulle cellule vicine (bersagli)
alla cellula che secerne la molecola
o ENDOCRINA, le molecole segnale vengono secrete nel torrente circolatorio. L’ormone viene
legato alla cellula bersaglio perché possiede il recettore per quella molecola.
o NERVOSA, le molecole segnale sono secrete dalle giunzioni sinaptiche

TIPI DI ORMONI

151
o ORMONI PEPTIDICI (PROTEICI): formati da amminoacidi (in quantità variabile da 3 a 200).
Questi ormoni, essendo composti da proteine possono venire immagazzinati all’interno della
cellula endocrina. Questo perché vengono sintetizzati, immagazzinati in GRANULI e quando
la cellula viene stimolata vengono rilasciati per ESOCITOSI. Costituiscono la maggior parte
degli ormoni del nostro organismo. Non vengono sintetizzati subito come ormoni ma
vengono dapprima sintetizzati come:
-PREORMONI
-PRO-ORMONI
-ORMONI
In pratica viene sintetizzata una struttura più grande dell’ormone definitivo, essi vengono
poi “tagliati” per dare vita all’ormone nella sua forma finale.
Essendo proteine possono viaggiare liberi e disciolti nel plasma, non hanno bisogno di
CARRIER.
Essi producono effetti estremamente rapidi ma di breve durata, hanno un’emivita BREVE.
I recettori per questi ormoni sono collocati generalmente sulla membrana plasmatica delle
cellule bersaglio.

o ORMONI AMMINICI: vengono sintetizzati da modificazioni degli amminoacidi TIROSINA


(catecolammine: adrenalina/epinefrina, noradrenalina/norepinefrina e dopamina) o
TRIPTOFANO (melatonina).
Sono immagazzinati, secreti e trasportati nello stesso modo degli ORMONI PEPTIDICI.

o ORMONI STEROIDEI, derivano dal COLESTEROLO (lipide) essi sono:


-CORTISOLO
-ALDOSTERONE
-ANDROGENI ED ESTROGENI
-PROGESTINICI
-VITAMINA D
Essi sono sintetizzati a partire dal colesterolo nella corticale del surrene, nelle gonadi e dalla
placenta.
Essi NON possono essere immagazzinati ma devono essere sintetizzati solo quando
necessario, questo perché essendo sintetizzati a partire da un lipide, non possono essere
contenuti all’interno di una cellula la cui membrana è composta da lipidi. Essi essendo di
natura lipidica passano molto bene la membrana (per diffusione) ma non circolano bene nel
sangue (di natura acquosa). Per questo motivo per circolare nel torrente circolatorio
necessitano di trasportatori, le PROTEINE: che possono essere specifiche (le GLOBULINE) o
non-specifiche (ALBUMINA e pre-albumina).
Essi hanno un’emivita lunga ed effetti lenti.

o ORMONI TIROIDEI: sono gli ormoni T4 (tiroxina) e T3 (triiodotironina). Vengono sintetizzati a


partire dallo IODIO e dalla TIROSINA, LEGATA AD UNA MOLECOLA PROTEICA, LA
TIREOGLOBULINA. Vengono immagazzinati nei follicoli tiroidei, che contengono colloide.
Questi vengono legati ad una struttura e non riescono ad uscire se non all’occorrenza.
Vengono secreti per diffusione.
Vengono trasportati nel sangue legati a specifiche proteine di trasporto.
Hanno un comportamento analogo agli ormoni STEROIDEI.

MATURAZIONE DEGLI ORMONI PEPTIDICI

152
Il pre-ormone può venire tagliato in modi diversi, dando origine ad ormoni differenti, come nel caso
della PRE-PRO-OPIOMELANOCORTINA o la PRO-OPIOMELANOCORTINA IPOFISARIA.

Nel caso dell’insulina si ha una sequenza segnale, al centro l’INSULINA, il PEPTIDE C (utile perché
grazie alla sua presenza fa in modo che l’insulina assuma la sua forma finale grazie alla presenza dei
PONTI DISOLFURO) ed una coda di INSULINA. In assenza del peptide C l’insulina non assume la sua
conformazione definitiva ed è prodotta in maniera errata, impedendole di svolgere la sua funzione
ENDOCRINA.

PROPRIETA’

Gli ormoni per funzionare devono legarsi al loro specifico recettore collocato sulla cellula bersaglio.
Questi recettori possono essere collocati sulla cellula bersaglio a diversi livelli, ad esempio sulla
membrana plasmatica (ormoni peptidici) o all’interno del nucleo (ormoni steroidei).

L’effetto dell’ormone aumenta sino ad


arrivare ad un plateau, una volta
raggiunta la risposta massima. Una volta
arrivati al plateau, se anche si aumenta
la concentrazione dell’ormone non avrò
un aumento della risposta all’ormone.
Questo perché non si hanno più
recettori a disposizione per l’ormone.

L’effetto ormonale dipende:

-DALLA CONCENTRAZIONE
DELL’ORMONE

-DAL NUMERO DEI RECETTORI

-DALLA DURATA DELL’ESPOSIZIONE


ALL’ORMONE

-INTERVALLO FRA ESPOSIZIONI


SUCCESSIVE (se la cellula riceve
l’ormone diverse volte a poco tempo di
distanza darà una risposta, se viene
esposta all’ormone di rado, l’effetto
sarà inferiore)

-CONTEMPORANEO EFFETTO DI ORMONI ANTAGONISTI O SINERGISTI.

Con ED50 si indica la dose dell’ormone efficace a causare il 50% della risposta massimale (questo
indice è utile per valutare la sensibilità di una cellula bersaglio ad un particolare ormone).

Esistono casi in cui si ha una riduzione della massima reattività, si tratta di casi non fisiologici. Questo
ci indica che anche se si continua ad aumentare la concentrazione dell’ormone nella speranza di
ottenere una risposta pari a quella fisiologica, ciò non avverrà. Questo può accadere perché si hanno
meno recettori.

153
Si può avere una riduzione della sensibilità quando vi è meno affinità nell’interazione fra recettore
ed ormone. Il massimo effetto si ottiene solo se si aumenta notevolmente la concentrazione
dell’ormone.

TRASDUZIONE DEL SEGNALE (ORMONI PEPTIDICI E CATECOLAMMINE)

I recettori per gli ormoni peptidici sono collocati sulla membrana cellulare.

L’ormone arriva sulla membrana. Il recettore (TK) è un


recettore TIROSINCHINASICO, ossia si ha una
fosforilazione di TIROSINA, si scatena una serie di
SECONDI MESSAGGERI (cAMP, GMPc, IP3 CA2+).

La risposta potrebbe essere data dalla variazione nella


fosforilazione di una proteina. Ossia, in assenza
dell’ormone, avrò una proteina non-fosforilata. Qualora
arrivi l’ormone si scatena una risposta specifica per
l’ormone a seguito della quale si aggiunge il FOSFATO
alla proteina. Questo fenomeno è molto rapido perché la
proteina è già formata e basta fosforilare. Ho una
risposta rapida. Basta de-fosforilare per tornare alla
situazione iniziale.

MECCANISMO DI AZIONE DI ORMONI STEROIDEI E TIROIDEI

L’ormone in questo caso è liposolubile


quindi ha bisogno di un carrier per
viaggiare nel torrente circolatorio,
giunto in prossimità della cellula
bersaglio si ha la dissociazione
dell’ormone dalla proteina di
trasporto, l’ormone essendo
liposolubile, può attraversare
facilmente il doppio strato lipidico
della membrana. Una volta all’interno
si lega a dei recettori interni alla
cellula: possono essere recettori
CITOPLASMATICI o dei recettori
collocati a livello del nucleo. A seconda dell’ormone giunto all’interno della cellula, si ha la
trascrizione di GENI, si ha la traduzione e si ha la SINTESI DI UNA NUOVA PROTEINA (a differenza
degli ormoni peptidici che generano la fosforilazione di una proteina già esistente). In questo caso
abbiamo una serie di processi che rendono questi ormoni ORMONI A RISPOSTA LENTA ma una
durata dell’effetto PROLUNGATA NEL TEMPO.

INATTIVAZIONE ED ELIMINAZIONE

154
Una ghiandola o cellula endocrina secerne un ormone nel torrente circolatorio, l’ormone può essere
legato alle proteine ma per agire l’ormone deve essere libero da questo legame con le proteine
CARRIER, l’ormone diventa libero. L’ormone quindi andrà a legarsi al suo recettore producendo degli
EFFETTI BIOLOGICI.

L’ormone ad un certo punto deve essere degradato, quando esso avrà smesso di espletare la sua
funzione si procederà verso la DEGRADAZIONE.

La maggior parte degli ormoni viene degradata a LIVELLO EPATICO, la rimanente quota a livello
RENALE, in alcuni casi gli ormoni proteici e peptidici possono essere esocitati dalla cellula (esocitosi
mediata da recettori) per essere degradati dal tessuto bersaglio.

Molte di queste trasformazioni consistono nel rendere l’ormone SOLUBILE, ossia si cerca di rendere
l’ormone solubile per fare in modo che sia più facilmente allontanabile con i liquidi, in particolar
modo l’URINA ma anche la bile e le feci.

L’EMIVITA (T1/2) DI UN ORMONE indica il tempo richiesto per ridurre del 50% la biodisponibilità
(quantità di ormone). Essa può variare da alcuni (10-30 minuti) a vari giorni.

CONTROLLO DELLA SECREZIONE ORMONALE

Molti dei meccanismi di controllo della secrezione ormonale si basano sul meccanismo di FEEDBACK.
La maggioranza dei feedback sono negativi. Questo significa che:

-la ghiandola secerne l’ormone facendo aumentare la sua concentrazione

-l’ormone va ad interagire con il suo bersaglio

-la conseguenza (prodotto) fa sì che si venga a ridurre o si interrompa la secrezione dell’ormone.

In questo caso la cellula endocrina è in grado di rilevare l’entità dell’effetto prodotto dall’ormone
sulla cellula bersaglio e diminuisce in maniera appropriata la quantità di ormone secreto.

155
Nel meccanismo di FEEDBACK POSITIVO si ha una situazione in cui la ghiandola rilascia un ormone,
dopo essersi legato alla cellula bersaglio, si avrà una stimolazione nell’ulteriore liberazione
dell’ormone.

Vi sono diversi tipi di ormoni:

o ORMONI CLASSICI, sono regolati dal feedback negativo. Essi possiedono vie di controllo
riflesse semplici. Le cellule secernenti endocrine agiscono da recettore e da centro di
integrazione, come nel caso del PARATORMONE.
o ORMONI CLASSICI CON CONTROLLI MULTIPLI, come nel caso dell’insulina. La secrezione è
controllata da diversi stimoli.
o NEUROORMONI, sono ormoni rilasciati in conseguenza ad un segnale del sistema nervoso.
Vengono rilasciati dalla neuroipofisi (ipofisi posteriore).
o ORMONI CONTROLLATI DA ORMONI TROFICI, in questo caso il rilascio dell’ormone è
regolato da altri ormoni (come nel caso dell’asse ipotalamo-ipofisario).

CERVELLO ENDOCRINO (ASSE IPOTALAMO-IPOFISARIO)

A livello dell’ipofisi abbiamo:

-ADENOIPOFISI (o IPOFISI ANTERIORE)

-NEUROIPOFISI (o IPOFISI POSTERIORE)

A livello IPOTALAMICO a livello del nervo


paraventricolare e sopraottico la
produzione di:

-ADH (VASOPRESSINA o ORMONE


ANTIDIURETICO)

-Ossitocina

Essi vengono poi liberati a livello della


NEUROIPOFISI (ipofisi POSTERIORE).

A livello ipotalamico abbiamo anche fattori


che vanno a regolare il rilascio di ormoni a
livello ADENOIPOFISARIO:

-FATTORI DI INIBIZIONE

-FATTORI DI LIBERAZIONE

Grazie all’eminenza mediana, ossia alla circolazione portale ipotalamo-ipofisaria i fattori liberati
dall’ipotalamo andranno poi a livello dell’adenoipofisi in cui sono contenute diverse cellule
endocrine che producono vari ormoni come:

ACTH (corticotropina)

TSH (ormone tireostimolante)

LH (ormone luteinizzante)

156
FSH (ormone follicolo-stimolante)

GH (ormone della crescita o somatotropina)

PRL (prolattina)

A seconda del prevalere dei fattori di liberazione su quelli di inibizione si avrà la liberazione e
viceversa.

RH: fattori di liberazione, IH: fattori di inibizione

I vari ormoni ipotalamici stimolano od inibiscono il rilascio degli ormoni ADENOIPOFISARI.

TSH, ACTH, FSH e LH sono ormoni a funzione trofica, ossia agiscono sull’attività e morfologia di altre
ghiandole endocrine.

Prolattina e GH sono ormoni agenti su tessuti somatici.

RELAZIONE ASSE IPOTALAMO-IPOFISARIO

157
Abbiamo le tre parti, Ipotalamo, Ipofisi e Ghiandole
periferiche.

A livello dell’ipotalamo vengono rilasciati fattori


liberanti e fattori inibenti. Questi fattori si
proiettano sull’ipofisi dove vi sono diversi tipi di
cellule endocrine.

Da subito si ha un FEEDBACK A CIRCUITO


ULTRABREVE, ossia, il fattore che va a stimolare a
livello di alcune cellule dell’ipofisi di per sé va ad
inibire il proprio rilascio. Ossia, l’ormone stesso
inibisce se stesso.

A livello dell’adenoipofisi vince la stimolazione, il


prodotto rilasciato a livello dell’ipofisi può andare ad
inibire a livello ipotalamico. Si parla di FEEDBACK A
CIRCUITO BREVE.

L’ormone rilasciato dall’ipofisi va sulla ghiandola bersaglio. Questi ormoni vanno ad inibire sia a
livello dell’ipofisi sia a livello dell’ipotalamo. Questo è il FEEDBACK A CIRCUITO LUNGO.

Con questi meccanismi viene controllato in maniera efficiente il rilascio degli ormoni che fanno parte
dell’asse ipotalamo-ipofisario.

NEUROIPOFISI (IPOFISI POSTERIORE)

Vengono prodotte due tipologie di ormoni a questo


livello:

-ADH (vasopressina o ormone anti-diuretico)

-Ossitocina

Essi sono ormoni petidici composti da 9 amminoacidi


rilasciati a livello della neuroipofisi.

Durante il loro percorso questi neuroni ipotalamici


oltre a produrre ormoni producono NEUROFISINE
(proteine) che servono per far viaggiare meglio il
neurormone per avere la neurosecrezione.

L’Ossitocina si lega alla neurofisina1 e l’ADH si lega alla neurofisina2.

REGOLAZIONE DEL RILASCIO DI ADH (Vasopressina o Ormone antidiuretico)

La concentrazione di ADH a livello plasmatico dipende da:

-OSMOLARITA’ PLASMATICA: i neuroni osmocettivi (OSMOCETTORI) sono a livello dell’ipotalamo e


vanno a rilevare l’osmolarità del plasma, essi rispondono anche a variazioni minime dell’osmolarità
plasmatica. Quando ho un aumento dell’osmolarità significa che vi è stato un calo dell’acqua. L’ADH
ha un ruolo nel recupero dell’acqua, funziona a livello renale. Quando aumenta l’osmolarità del
plasma aumenta il rilascio di ADH, aumenta la sua concentrazione ematica e il corpo tende a
conservare acqua.

158
-VOLUME EMATICO (VOLEMIA): vi sono recettori che captano l’aumento o la diminuzione del
volume del sangue. Se aumenta il volume ed aumenta la pressione i livelli di ADH tendono a
diminuire (se ho IPERVOLEMIA si ha meno secrezione di ADH, è necessario disperdere acqua).

Se ho ipovolemia, ridotto volume ematico, avrò anche IPOTENSIONE e quindi aumenta la produzione
di ADH. All’aumentare della volemia e della pressione si ha un calo nel rilascio di ADH.

Vari stimoli regolano positivamente o negativamente il rilascio di ADH:

Questi fattori stimolano POSITIVAMENTE il rilascio di ADH

o NAUSEA
o NICOTINA
o ANGIOTENSINA II
o STRESS/DOLORE

Questi fattori inibiscono l’ETANOLO, che è in grado di inibire il rilascio di ADH. Se bevo alcol, che
contiene l’inibitore di ADH, provoca un aumento della diuresi.

Questi fattori stimolano NEGATIVAMENTE il rilascio di ADH:

o ETANOLO
o PEPTIDE NATRIURETICO ATRIALE

AZIONI DELL’ADH (vasopressina)

o AUMENTO DELLA PERMEABILITA’ ALL’ACQUA DEL DOTTO COLLETTORE: per assorbire acqua
l’ADH va ad inserire le ACQUAPORINE di tipo II (canali per l’acqua) sulla membrana cellulare
apicale delle cellule del dotto collettore, in modo tale che l’acqua a livello del dotto
collettore non venga mandata all’espulsione dall’organismo ma venga conservata all’interno
dell’organismo.
o AUMENTA IL TRASPORTO DI IONE SODIO nell’interstizio midollare a livello della branca
ascendente spessa dell’ansa di Henle, ossia, se metto del sodio esso mi crea un motore
osmotico onde per cui l’acqua tende a passare da una zona dove è meno concentrata ad una
zona dove è più concentrata. Ossia da dove vi è meno pressione osmotica a dove ve ne è di
più.
o AUMENTA LA PERMEABILITA’ ALL’UREA della porzione midollare interna del dotto collettore

Queste azioni permettono di conservare l’acqua corporea, di regolare la tonicità dei liquidi ed il
volume vascolare.

Ha anche una funzione minoritaria:

o [IN ALTE CONCENTRAZIONI]: AUMENTA IL TONO VASO-MOTORIO ed induce


VASOCOSTRIZIONE in caso di emorragia. Questo perché diminuisce la volemia e la pressione
arteriosa.

OSSITOCINA (OSS)

Il rilascio di ossitocina è indotto dalla suzione del capezzolo. Ha varie funzioni:

-ALLATAMENTO: stimola la contrazione delle cellule mioepiteliali dei dotti delle ghiandole
mammarie causando l’uscita del latte.

159
-STIMOLA LA CONTRAZIONE DELLA MUSCOLATURA UTERINA Se non vi è la suzione del capezzolo
l’ossitocina non viene rilasciata.

ADENOIPOFISI (ipofisi ANTERIORE)

Vi sono fattori ipotalamici che favoriscono


positivamente o negativamente la secrezione di ormoni, essi vengono rilasciati a livello
dell’eminenza mediana e vanno poi sulle cellule dell’adenoipofisi.

Nell’adenoipofisi sono presenti 5 tipi di cellule endocrine, ciascuna produce uno specifico ormone
(piccolo ormone peptidico).

Tre tipi di cellule producono ormoni trofici:

TSH, che stimola l’attività della tiroide

ACTH, il cui bersaglio sono i surreni (corticale), che a sua volta produce ormoni

LH e FSH, che hanno come organo bersaglio le GONADI

Le altre cellule producono:

PROLATTINA, che serve per la lattazione

GH, ormone della crescita, ormone anabolizzante

RIPARTIZIONE A LIVELLO NUMERICO DELLE CELLULE SECERNENTI ORMONI NELL’ADENOIPOFISI

160
Troviamo cellule:

SOMATOTROPE, producono GH che stimola la crescita dell’organismo nel periodo post-natale ed ha


effetti sul metabolismo.

MAMMOTROPE, producono PROLATTINA, che serve per la produzione di LATTE.

CORTICOTROPE, che producono ACTH, che ha come bersaglio la corticale del surrene.

GONADOTROPE, che producono FSH (ormone follicolo-stimolante), che serve per lo sviluppo dei
follicoli ovarici e controlla la spermatogenesi nei testicoli.

TIREOTROPE, che producono l’ormone TSH (tireostimolante), che stimola la tiroide per la produzione
degli ormoni T3 e T4.

CRESCITA (Regolazione ormonale)

E’ un processo complesso regolato da diversi ormoni:

-GH, ormone della crescita: stimola la crescita dell’organismo e delle sue diverse parti. Esso è
costituito da una catena di 191 amminoacidi. Una volta rilasciato dall’adenoipofisi si porta in
periferia.

-ORMONI TIROIDEI, i problemi tiroidei ostacolano la crescita

-ORMONI CHE CONTROLLANO L’OMEOSTASI DELLO IONE CALCIO (e Fosfato), calcio e fosfato sono
fondamentali per lo sviluppo scheletrico

-ORMONI SESSUALI,

-INSULINA, regola vari metabolismi

-FATTORI DI CRESCITA INSULINO-SIMILI (somatomedina).

161
REGOLAZIONE DELLA SECREZIONE DELL’ORMONE DELLA CRESCITA (GH)

A livello dell’ipotalamo vengono prodotte due


sostanze:

-SOMATOSTATINA, che ha un’azione INIBITORIA a


livello dell’adenoipofisi

-GHRH, fattore di induzione del rilascio di GH

-AMMINOACIDI, che stimolano il rilascio di GH

A livello dell’ipofisi si ha il rilascio del GH che si porta


in periferia, in particolare verso il FEGATO. Da qui
vengono rilasciati i fattori INSULINO-SIMILI
(somatomedine) che sembrano essere i fattori che
MEDIANO l’effetto del GH in periferia, che danno
luogo all’accrescimento.

I fattori che stimolano il rilascio di GH sono:

● SONNO PROFONDO
● STIMOLAZIONE ALFA-ADRENERGICA
● DIGIUNO
● ACETILCOLINA
● STEROIDI SESSUALI (fase della pubertà)
● STRESS, stress a carico dell’individuo come febbre alta
● AMINOACIDI
● IPOGLICEMIA (importante il ruolo dell’insulina)
● GRELINA, ormone prodotto a livello dello stomaco

I fattori che inibiscono il rilascio di GH sono:


● SOMATOSTATINA
● OBESITA’
● STIMOLAZIONE BETA-ADRENERGICA
● ACIDI GRASSI LIBERI
● IPERGLICEMIA
● IPOTIROIDISMO
● IGF1
● SOMATOMEDINE (fattori di crescita insulino-simili

Il GHRH inibisce se stesso. Il GH inibisce a livello ipotalamico. Le somatomedine inibiscono sia a


livello ipotalamico che a livello ipofisario.

SEDI DI AZIONE DEL GH

162
E’ un ormone a funzione ANABOLIZZANTE. Aumenta la
sintesi proteica a livello muscolare.

Il recettore per il GH è un recettore TIROSIN-


CHINASICO, è un recettore che induce la fosforilazione
delle proteine.

PROLATTINA (PRL)

Ormone peptidico composto da 198 amminoacidi e 3


ponti di-solfuro. Stimola lo sviluppo delle mammelle e
la produzione di latte. Esercita anche un’influenza sulla
funzione riproduttiva e la
NEUROIMMUNOMODULAZIONE (differenziamento e
maturazione dei linfociti T nel TIMO).

Durante la gravidanza l’aumento degli estrogeni


stimola l’aumento di volume del seno e la lattazione. SI
ha l’aumento delle cellule mammotrope e
l’innalzamento della sensibilità delle cellule agli agenti che stimolano il rilascio di prolattina.

A livello ipotalamico, il fattore inibente della prolattina è la DOPAMINA. Molto del controllo è dato dal
controllo negativo della dopamina. Il TRH stimola, il peptide VIP stimola la secrezione.

La prolattina va ad agire a livello della ghiandola mammaria favorendo la produzione di latte. Lo stimolo
che induce la produzione di latte è la suzione del capezzolo. Le afferenze nervose presenti nel capezzolo
inviano segnali a livello ipotalamico inducendo la secrezione di fattori che favoriscono il rilascio della
prolattina a livello dell’adenoipofisi.

La prolattina invia un feedback negativo a livello ipotalamico. La suzione da un feedback positivo.


Stress e sonno danno un feedback positivo.

TIROIDE

Produce i due ormoni tiroidei:

163
T4, TIROXINA

T3, triiodotironina

3 e 4 indicano il numero di molecole di IODIO contenuti negli ormoni.

Questi ormoni sono LIPOSOLUBILI, quindi, non potrebbero essere immagazzinati.

L’ormone T4 funge da pro-ormone. Esso è meno attivo dal punto di vista ormonale. L’ormone più
attivo è T3. Questi ormoni sono importanti perché aumentano il metabolismo ossidativo dei vari
tessuti. Questi ormoni sono secreti dalla 12° settimana di gestazione ed hanno una funzionalità
importante nello sviluppo del feto. Hanno funzione importante nello sviluppo a livello di crescita
lineare sia per lo sviluppo DEL SISTEMA NERVOSO. Infatti, la loro carenza nelle prime fasi di vita
provoca CRETINISMO, ossia, succede che in assenza di questi ormoni il soggetto è affetto da una
patologia che causa alterazioni del sistema nervoso, con una riduzione delle attività cognitive
associata ad uno sviluppo lineare ridotto. Queste patologie sono causate da carenza di IODIO, che
provoca una minore sintesi degli ormoni tiroidei.

Questi ormoni possono essere immagazzinati, nonostante siano LIPOSOLUBILI, grazie ad una
struttura a FOLLICOLI (tiroidei) dentro la quale vi è una sostanza gelatinosa (COLLOIDE). Gli ormoni
vengono legati ai follicoli in modo che non siano liberi di fuoriuscire attraverso la membrana
cellulare.

La tiroide è una ghiandola a forma di farfalla che si trova INFERIORMENTE alla LARINGE. E’ formata
da cellule epiteliali che producono gli ormoni T3 e T4 che sono disposte nella struttura a follicoli
tiroidei. Le cellule parafollicolari, invece, producono l’ormone CALCITONINA.

FOLLICOLI TIROIDEI

Gli ormoni vengono immagazzinati nei follicoli, incollati dalla sostanza gelatinosa, il COLLOIDE.

SINTESI DEGLI ORMONI TIROIDEI

164
Viene prodotta la TIREOGLOBULINA, che contiene uno ione IODIO e viene portata a livello del lume
follicolare. A questo punto si ha una IODINAZIONE di una tirosina, e si può avere la produzione di
MONOIODOTIROSINA (Se contiene una sola molecola di iodio) o la DI-IODIOTIROSINA.

Abbiamo la tireoglobulina a cui è attaccata la monoiodotirosina o la di-iodotirosina. A questo punto,


la MIT e DIT stanno in singolo. Ma vi può essere un’unione fra MIT e DIT,

-DIT+MIT formano l’ormone T3

-DIT+DT formano l’ormone T4

Arriva poi lo stimolo e si ha una fagocitosi, T3 e T4 si portano nel torrente circolatorio, MIT e DIT
vengono deiodinate e gli iodi vengono rispediti nel lume follicolare per poi essere riciclati.

SECREZIONE DEGLI ORMONI TIROIDEI

TRH favorisce la produzione di TSH a livello


dell’adenoipofisi.

La dopamina e la somatostatina hanno un’azione inibente.

Nell’ipofisi anteriore viene prodotto TSH che va a


stimolare il rilascio a livello della tiroide degli ormoni T3 e
T4.

T3 e T4 agiscono alla periferia dando un effetto


dell’aumento del metabolismo ossidativo e vanno ad agire
anche dando luogo ai feedback.

Gli ormoni periferici vanno ad inibire il loro stesso rilascio.


Se il feedback non funziona succede che viene
continuamente rilasciato TSH che va a sulla tiroide. Il TSH
promuove il rilascio di T3 e T4 ma ha anche funzione
trofica. Se questa è costantemente sollecitata finirà per crescere di dimensione rispetto al normale.
Si forma il GOZZO (iperplasia).

ORMONI T3 E T4

165
Gli ormoni T3 e T4 sono legate a proteine plasmatiche per transitare nel torrente circolatorio:

il 70% è legato alla GLOBULINA che lega la TIROXINA

il 30% è legato all’ALBUMINA o alla pre-albumina che legano la TIROXINA.


Meno dell’1% di T3 e T4 si trova in forma libera.

La quota legata alle proteine plasmatiche rappresenta un’ampia riserva circolante di ormone pre-
formato (che ha una lunga emivita).

L’ormone T4 rappresenta il 90% del totale degli ormoni tiroidei ma l’ormone T3 (10% del totale) è la
FORMA ATTIVA DELL’ORMONE. T4 può essere convertito in T3.

EFFETTI DEGLI ORMONI TIROIDEI

Essi sono trasportati sulle cellule bersaglio e a questo livello AUMENTANO IL METABOLISMO
OSSIDATIVO. Influenzano i fenomeni di metabolismo ossidativo. Alti livelli di ormoni tiroidei causano
insonnia, aumento attività cardiaca, ventilazione, calo ponderale (con particolare riferimento agli
occhi che risultano sporgenti).

Bassi livelli di questi ormoni causano LETARGIA.

L’effetto finale è l’aumento del consumo di ossigeno da parte dei tessuti.

REGOLAZIONE ENDOCRINA DEL METABOLISMO DEL CALCIO E DEL FOSFATO

Si tratta di due sostanze con un ruolo importante all’interno del loro organismo. Il loro metabolismo
è regolato da:

-VITAMINA D, che è una vitamina ma ha funzioni ORMONALI

-PARATORMONE

-CALCITONINA

CALCIO

Ha diverse funzioni:

166
o Ruolo nelle REAZIONI ENZIMATICHE
o Fondamentale per la TRASMISSIONE SINAPTICA e la CONTRAZIONE MUSCOLARE
o Fondamentale per la DIVISIONE CELLULARE e la COAGULAZIONE DEL SANGUE

Se diminuisce la concentrazione di ione Calcio (Ca2+) si possono avere:

-Problemi neuromuscolari

-Spasmi e crisi convulsive

Se aumentano le concentrazioni di ione Calcio si possono avere:

-alterazioni di conoscenza

-astenia muscolare

-Diminuzione della motilità intestinale

In un individuo adulto ci deve essere un bilancio fra la quota che viene assorbita e quella espulsa.
Nell’anziano la quota espulsa è maggiore.

Si ha una quota di ASSORBIMENTO A LIVELLO INTESTINALE che varia dai 200 ai 2000mg, in media è
di 1000mg: dei quali 800mg vengono espulsi tramite le feci e 200mg tramite le urine.

Abbiamo un bilanciamento, varia l’assorbimento intestinale.

Possiamo avere del calcio presente all’esterno delle cellule ma a livello INTRACELLULARE vi è un
grande magazzino di calcio: LO SCHELETRO. Lo scheletro contiene circa 1.000.000 mg di Calcio.
Poiché lo scheletro è una struttura in continuo rimodellamento, 500mg di calcio al giorno vengono
portati allo scheletro ma la stessa quantità viene rimossa dallo scheletro. Questo perché in alcune
parti dello scheletro vi sarà bisogno di una maggiore quantità di calcio ed in altre una minore
quantità di calcio, che può quindi essere rimossa.

FOSFATO

La quantità assorbita con la dieta è COSTANTE mentre varia l’escrezione RENALE. La maggior parte
dei 1000mg di fosfato introdotti viene escreta tramite le urine(650mg), il resto tramite le feci. Anche
in questo caso nell’adulto vi è un bilancio omeostatico fra il fosfato introdotto e quello escreto.

Vi è anche in questo caso una mobilizzazione del fosfato dallo scheletro, che è un importante
magazzino per questa sostanza. Quando si ha il rimodellamento osseo, gli osteoclasti rimuovono
calcio e fosfato. Il fosfato rimosso è circa la metà della quantità di calcio rimosso.

OSTEOGENESI ED OSTEOLISI

167
A seconda della fase della vita nella quale si trova il soggetto, il rimodellamento osseo varia:

-nella fase di crescita la FORMAZIONE dell’osseo è maggiore rispetto all’assorbimento

-fra i 20 ed i 50 la FORMAZIONE e l’ASSORBIMENTO sono in equilibrio

-Oltre i 50 l’assorbimento PREVALE sulla formazione ossea

La formazione dell’osso è attutata dagli OSTEOBLASTI, sintetizzano e depositano la MATRICE


ORGANICA su cui si depositano vari MINERALI (calcio, fosfato e carbonati). Si formano dei cristalli di
idrossiapatite. Gli osteoblasti rimangono all’interno della struttura ossea, in tal caso prendono il
nome di OSTEOCITI INTERNI, che però non sono isolati: ossia, essi presentano dei CANALICOLI grazie
ai quali riescono a comunicare con la superficie e fra loro.

Gli OSTEOCLASTI sono responsabili del RIASSORBIMENTO OSSEO, essi demoliscono l’osso. Si hanno
apposizione e rimozione costante di parti dell’osso che danno vita al processo di rimodellamento
OSSEO.

VITAMINA D

Viene assorbita con la dieta a livello intestinale oppure grazie all’irradiazione solare (tramite la cute
si ha l’assorbimento dei raggi ultravioletti).

Il ruolo della vitamina D è quello di AUMENTARE I LIVELLI PLASMATICI DI CALCIO E FOSFATO.

La vitamina D può essere immagazzinata a livello epatico. E’ una vitamina che fa parte del gruppo
ADEK, è una vitamina LIPOSOLUBILE. Essa può essere immagazzinata nel fegato e proprio a livello
epatico viene IDROSILATA in posizione 25, prima idrosilazione. In seguito al passaggio nel rene, essa
può essere idrosilata in posizione 24 o in posizione 1. Diventando in un caso 1,25-(OH)2-D, oppure
24,25-(OH)2-D.

La forma 1,25 è ATTIVA. La forma 24,25 è 20 volte meno potente rispetto alla forma 1,25. La 1,25 è il
metabolita e l’ormone attivo.

La scelta renale dipende da:

o Se vi è molta vitamina D 1,25 attiva aumentano i livelli di Ca e PO a livello plasmatico


o Se ho già troppo calcio e fosfato non conviene avere vitamina attiva.
o Se ho molta vitamina attiva, molto calcio e molto fosfato allora il rene va ad idrosilare in
posizione 24, producendo un metabolita meno attivo.
o Se ho una carenza di Vitamina D, calcio e fosfato, il rene idrosila in posizione 1 andando a
produrre la forma attiva del metabolito.

168
La luce solare e la dieta permettono di introdurre la
vitamina D. Essa va al fegato e si ha l’idrosilazione in
posizione 25, con la formazione della 25-(OH)2-D.

Essa poi va al rene che deve decidere se idrosilare in


posizione 1 o 24.

Se ho un calo della calcemia, viene prodotto il


PARATORMONE che si porta a livello RENALE, a livello
renale si ha l’idrosilazione in posizione 1, dando luogo
alla sintesi di 1,25-(OH)2-D, il metabolita attivo.

Il paratormone va ad agire a livello osseo ed intestinale,


ossia aumenta l’attività degli OSTEOCLASTI che
demoliscono l’osso e si aumenta l’assorbimento dello
ione calcio a livello intestinale, con l’aumento dello ione
calcio. In questo modo viene inibito il rilascio di ormone
paratiroideo (PARATORMONE).

VITAMINA D ed ASSORBIMENTO DEL CALCIO A LIVELLO INTESTINALE

Il riassorbimento del calcio avviene prevalentemente a livello dell’INTESTINO TENUE, con due
meccanismi:

-TRASPORTO ATTIVO PER VIA TRANSCELLULARE,

-DIFFUSIONE PASSIVA PER VIA PARACELLULARE, fra cellule.

La vitamina D nella forma attiva (1, 25):

-AUMENTA LA VELOCITA’ DI ASSORBIMENTO ATTRAVERSO LE THIGHT JUNCTIONS (allentandole)

-FACILITANDO IL TRASPORTO DEL CALCIO ALL’INTERNO DELLA CELLULA

PARATORMONE

Il paratormone (PTH) è un polipeptide che ha la funzione di mantenere ed incrementare le


concentrazioni plasmatiche di CALCIO.

La secrezione di paratormone aumenta in condizioni di BASSA CALCEMIA.

La secrezione del paratormone si ha grazie alle GHIANDOLE PARATIROIDI.

La secrezione di questo ormone è massima quando la quantità di calcio plasmatico si aggira fra gli 0
ed i 3 mg/dl. Se il calcio plasmatico è alto, il paratormone è in concentrazione ridotta.

Il sistema di regolazione è basato su sensori presenti sulle cellule che lo producono, in grado di
rilevare i livelli di IONE CALCIO. In situazioni normali, con 3 ioni calcio. Esso viene recepito dalla
cellula che produce il PARATORMONE ed esso viene prodotto e secreto.

169
Se la quantità di calcio risulta elevata (5 ioni), cala la secrezione di paratormone, rispetto alla
condizione basale.

Se la quantità di calcio risulta inferiore alla condizione basale (1 ione), aumenta la produzione e
secrezione di paratormone.

Il suo rilascio è indotto da una diminuzione delle concentrazioni plasmatiche di Calcio.

AZIONI DEL PARATORMONE

I tessuti bersaglio del paratormone sono:

o OSSO, aumenta l’azione degli osteoclasti e rimuove calcio e fosfato. Essi passano nel plasma.
o RENI, a seguito dell’erosione, a livello dei reni il calcio viene assorbito. Il calcio dal plasma
passa per i reni e viene riassorbito. Però, diminuisce il riassorbimento del FOSFATO. Quindi il
paratormone aumenta la concentrazione plasmatica di ioni calcio e diminuisce quella di ioni
fosfato.
o INTESTINO (azione indiretta), ossia, PROMUOVE LA SINTESI DELLA FORMA ATTIVA (1, 25) DI
VITAMINA D che incrementa l’assorbimento a livello del TENUE di ioni CALCIO.

CALCITONINA

E’ un ormone peptidico composto da 32 amminoacidi prodotto dalle CELLULE C (parafollicolari) della


TIROIDE. Svolge un ruolo marginale nel controllo omeostatico del calcio.

La sua secrezione è indotta da un aumento della concentrazione plasmatica dello ione CALCIO.

La calcitonina ha la funzione di RIDURRE i livelli plasmatici di calcio e fosfato. A livello dell’osso va ad


INIBIRE L’ATTIVITA’ OSTEOLITICA DEGLI OSTEOCLASTI.

A livello dei reni diminuisce il riassorbimento del calcio e del fosfato.

PARATORMONE E CALCITONINA SONO ORMONI ANTAGONISTI per il CALCIO. Ha un’azione


AGONISTA a quella del paratormone per quanto riguarda la riduzione delle concentrazioni
plasmatiche dello ione
FOSFATO.

Sono composte da:

170
-ZONA CORTICALE (80%), che produce ORMONI STEROIDEI, che derivano dal colesterolo

o -si ha una capsula,


o -una zona glomerulare che produce ALDOSTERONE
o -una zona fascicolata che produce GLUCOCORTICOIDI come:
i. -CORTISOLO (IDROCORTISONE)
ii. -CORTISONE
iii. -CORTICOSTERONE
o -una zona reticolare che va a produrre gli ormoni SESSUALI (ANDROGENI)

-ZONA MIDOLLARE (20%), più interna, dove sono prodotte le CATECOLAMINE (ormoni
catecolaminici):

o ADRENALINA (EPINEFRINA) in quantità maggiore


o NORADRENALINA (NOREPINEFRINA) in quantità minore

SINTESI DEGLI ORMONI STEROIDEI

Il colesterolo a livello della midollare del surrene porta alla sintesi di 3 ormoni STEROIDEI:

-ALDOSTERONE nella zona glomerulare

-CORTISOLO nella zona fascicolata

-ANDROSTENEDIONE nella zona reticolare

Essi circolano nel sangue legati per il 90% a proteine plasmatiche.

CORTISOLO: regolazione della secrezione

L’ADH, vasopressina o ORMONE ANTIDIURETICO, promuove la secrezione di ACTH (ORMONE


ADENOCORTICOTROPO o CORTICOTROPINA) a livello dell’adenoipofisi. L’ACTH va a stimolare la
secrezione da parte della MIDOLLARE DEL SURRENE degli ORMONI DELLA CORTICALE (Cortisolo,
Aldosterone e Androstenedione), il cui precursore comune è il colesterolo.

171
L’ACTH va a dare il feedback negativo a livello ipotalamico, anche il cortisolo da feedback negativi sia
a livello ipotalamico sia a livello dell’ADENOIPOFISI.

AZIONI DEL CORTISOLO

E’ definito anche ORMONE DELLO STRESS, esso da una riduzione della risposta infiammatoria ed
immunitaria. Agisce nella modulazione del tono dell’umore e dello stato di veglia. Inoltre, diminuisce
la formazione ossea, aumentando il riassorbimento osseo. Diminuisce anche la massa muscolare.

Ha molti bersagli, ha un ruolo PERMISSIVO.

E’ un ormone di tipo CATABOLICO, diverso dal GH, che ha un effetto ANABOLICO.

Esso ha effetti sul metabolismo di glucidi, lipidi e proteine.

Se siamo in situazioni di stress:

o STIMOLA LA CONVERSIONE DELLE PROTEINE IN GLUCOSIO, attraverso la GLUCONEOGENESI


EPATICA. Il muscolo viene parzialmente degradato e le proteine vengono trasformate in
glucosio
o STIMOLA IL CATABOLISMO PROTEICO NEL MUSCOLO SCHELETRICO, per fornire substrati alla
GLUCONEOGENESI, ossia, c’è bisogno di energia, che viene ricavata dal glucosio tramite la
degradazione delle proteine che produce nuovo glucosio.
o LIPOLISI DEL TESSUTO ADIPOSO, convertendo i trigliceridi in acidi grassi. +

ALDOSTERONE

o Esso stimola il riassorbimento di NaCl (sodio cloruro) nel tratto ASCENDENTE SPESSO
dell’ansa di Henle, nel tubulo distale e nel dotto collettore. Esso accumula NaCl in modo da
facilitare il riassorbimento dell’acqua.
o Stimola l’escrezione di IONE POTASSIO
o Aumenta il riassorbimento dell’acqua

172
FATTORI PROMUOVENTI

Il CRH (ORMONE DI RILASCIO DELLA CORTICOTROPINA) ipotalamico stimola il rilascio da parte


dell’adenoipofisi di ACTH che stimola il surrene a secernere ALDOSTERONE.

Se aumentano troppo le concentrazioni di potassio (IPERKALIEMIA), aumenta la secrezione di


ALDOSTERONE.

Angiotensina II favorisce il rilascio di aldosterone. Se ho IPOVOLEMIA, il rene percepisce questa


situazione e produce RENINA. La renina agisce su una proteina plasmatica (angiotensinogeno,
prodotto dal fegato) che viene tagliata a dare ANGIOTENSINA I. L’angiotensina I passa per le cellule
polmonari, dove vi è l’enzima ACE e viene convertito in Angiotensina II, forma attiva.

FATTORI INIBENTI

L’aldosterone agisce in modo da trattenere acqua. Per cui, se aumenta la VOLEMIA (quantità di
sangue dell’organismo), si produce a livello cardiaco il FATTORE NATRIURETICO ATRIALE che INIBISCE
la secrezione di ALDOSTERONE.

Una volta secreto l’aldosterone:

o AUMENTA IL RIASSORBIMENTO DEL SODIO


o AUMENTA IL RIASSORBIMENTO DELL’ACQUA
o AUMENTA LA SECREZIONE DI POTASSIO

MIDOLLARE DEL SURRENE

Essa funziona in modo simile ad un GANGLIO del SNA, in particolare ORTOSIMPATICO.

A livello della midollare del surrene si ha la SINTESI da parte delle cellule CROMAFFINE delle
CATECOLAMINE:

o ADRENALINA (epinefrina) per l’85%


o NORADRENALINA (norepinefrina) per il 15%

Esse hanno poi effetti biologici vari a seconda del recettore per le catecolamine che si trova nei
tessuti periferici.

L’emivita delle catecolamine è MOLTO breve (circa 1-3 minuti) che consente la RAPIDA interruzione
dei loro effetti biologici.

REGOLAZIONE DELLA SECREZIONE DELLA MIDOLLARE DEL SURRENE

173
Il neurone pregangliare dell’ortosimpatico arriva ai gangli e si ha il rilascio di NORADRENALINA che
agisce sul tessuto bersaglio

La fibra simpatica pregangliare va alla midollare del surrene. Non vi è un assone che va sul tessuto
bersaglio ma l’adrenalina viene immessa nel torrente circolatorio che andrà ad agire su organi
distanti.

Nel primo caso, in cui si ha un neurone post-gangliare che rilascia NORADRENALINA esso funziona da
neurotrasmettitore.

Nel secondo caso, in cui si ha la secrezione da parte della midollare del surrene di ADRENALINA nel
torrente circolatorio esso ha la funzione di ORMONE.

Gli effetti che si avranno in periferia dipendono dai recettori presenti nei tessuti periferici:

I recettori Alfa1 e 2 legano meglio la Noradrenalina

I recettori B1 e B2 legano meglio l’adrenalina.

174
Inibisce la produzione di insulina dalle Isole di Langerhans del pancreas.

L’adrenalina provoca la mobilizzazione dei substrati energetici dell’organismo promuovendo la


GLUCONEOGENESI EPATICA e la GLICOGENOLISI (rottura di glicogeno per avere glucosio) o va a
sciogliere i grassi (trigliceridi).

FECONDAZIONE DALLE CELLULE GERMINALI ALLO ZIGOTE

La maggior parte delle cellule dell’organismo sono definite diploidi perché hanno 2 serie di 23
cromosomi (2n), i gameti, prodotti nelle gonadi, sono aploidi perché hanno solo una serie di
cromosomi (n). Dall’unione di 2 gameti si forma lo zigote (2n).

Anche gli ormoni sessuali derivano dal COLESTEROLO.

Progesterone e estradiolo sono gli ormoni sessuali femminili. Il testosterone è l’ormone sessuale
maschile.

175
In realtà androgeni ed estrogeni sono presenti in entrambi i sessi ma in quantità diverse.

Gli ormoni sessuali non vengono soltanto prodotti a livello delle GONADI (testicoli ed ovaie) ma
anche a livello della CORTICALE del SURRENE.

Gli ormoni sessuali sono importanti per la produzione dei gameti, per promuovere lo sviluppo dei
caratteri sessuali secondari, per la crescita e per lo sviluppo degli organi riproduttivi.

I testicoli producono TESTOSTERONE mentre le ovaie producono ESTRADIOLO e PROGESTERONE.

TESTICOLI

Si trovano nello scroto, vi sono molti tubuli seminiferi. Fra i tubuli seminiferi vi sono le cellule del
Leyding che producono testosterone ed altri androgeni. Nel tubulo seminifero vi sono le cellule del
Sertoli che sono importanti per controllare e nutrire gli spermatozoi. Le cellule del Sertoli sono unite
da giunzioni che danno vita alla barriera emato-testicolare. Queste giunzioni dividono i
compartimenti in:

-BASALE

-LUMINALE

Nel lume dei tubuli seminiferi vi sono gli spermatozoi maturi.

Le cellule del Sertoli sono bersaglio dell’ormone follicolo-stimolante (FSH) e del testosterone. Le
cellule del Sertoli producono il liquido tubulare, in cui sono contenuti gli spermatozoi. Esse
producono anche la proteina che lega gli androgeni, che serve a mantenere stabile la concentrazione
degli androgeni.

Le cellule del Sertoli stimolano la spermatogenesi e producono l’ormone INIBINA.

REGOLAZIONE ENDOCRINA DELLA FUNZIONE RIPRODUTTIVA MASCHILE

A livello dell’ipotalamo viene secreto il GnRH (ormone di rilascio delle GONADOTROPINE) che
aumenta la secrezione di FSH (ormone follicolo-stimolante) e di LH (ormone LUTEINIZZANTE) da
parte dell’ipofisi anteriore.

176
L’ormone FSH va sulle cellule del Sertoli (dentro il tubulo) che producono INIBINA e facilitano la
spermatogenesi.

L’LH invece va sulle cellule di Leyding (che si trovano fuori dai tubuli) stimolando la secrezione di
testosterone.

Il testosterone va sulle cellule del Sertoli e nel plasma.

Il testosterone da un feedback negativo sull’adenoipofisi e l’ipotalamo.

L’inibina va ad inibire SOLO la secrezione di FSH.

FUNZIONI DEGLI ANDROGENI:

Il picco di testosterone si ha verso i 30 anni per poi decadere lentamente. La spermatogenesi si ha


per tutta la durata della vita.

SPERMATOZOI E LORO SVILUPPO

L’acrosoma contiene enzimi che facilitano l’entrata dello spermatozoo nell’ovulo. Nella zona centrale
vi è un’abbondanza di mitocondri. Da uno spermatogonio si formano 4 spermatozoi. Una cellula
prodotta dalla mitosi rimane in loco e non diventa spermatozoo per sostituire la cellula che si è
divisa rimanendo in loco.

177
OVAIE

Al loro interno contengono circa 300.000 follicoli.

Vi sono similitudini fra le cellule del Sertoli (testicolo) e cellule della granulosa (ovaio).

Le cellule della granulosa producono estrogeni e progesterone: la sintesi di progesterone dipende


dalla produzione di androgeni, prodotti dalle cellule della TECA.

CELLULE UOVO E LORO SVILUPPO

Durante la vita fetale si ha la meiosi che si blocca per molti anni fino alla prima OVULAZIONE. Alla
prima ovulazione si ha la prima meiosi che si completa solo se vi è stata fecondazione.

Nel maschio la formazione di spermatozoi avviene sempre, mentre nella donna, la cellula uovo
“vera” e finita si viene a formare solo se vi è stata la fecondazione.

178
Mentre nel caso degli spermatozoi si producono cellule simili fra loro, in questo caso si ha una meiosi
ASIMMETRICA: si formano i cosiddetti CORPI POLARI, che servono ad eliminare l’esubero dei
cromosomi.

CICLO OVARICO

Un normale ciclo ovarico dura 28gg, esso si divide in due fasi:

o FASE FOLLICOLARE (dall’inizio della mestruazione sino all’ovulazione), che si divide in vari
stadi:
1) All’inizio i follicoli sono in una fase primordiale
2) Qualche follicolo inizia a svilupparsi ed inizia a formarsi la GRANULOSA. Si
formano le cellule della granulosa (simili a quelle del Sertoli) ma non si ha ancora
la formazione dell’antro, quindi questa fase è detta PRE-ANTRALE. Si formano
anche le cellule della teca.
3) Nel follicolo si viene a sviluppare l’antro, una cavità che contiene un liquido
4) Dopo una settimana solo un follicolo completerà lo sviluppo perché in questo
contesto si ha un CALO DELL’FSH. Il calo di FSH disturba ilo sviluppo dei follicoli.
Procede allo sviluppo solo il follicolo che possiede molti recettori per l’FSH,
anche se ve n’è poco. Questo follicolo secerne ALTI LIVELLI DI ESTROGENI.
Questo follicolo dominante è anche più sensibile all’LH. A questo punto al 14°
giorno si ha il FOLLICOLO DI GRAAF, che presenta un enorme antro.
5) Esso si porta sulla superficie dell’ovaio ed esplode, inizia l’ovulazione.

o FASE LUTEINICA (dall’ovulazione sino alla seguente mestruazione), una volta iniziata
l’ovulazione.
6) Si forma il corpo luteo che secerne ESTROGENI E PROGESTERONE.
7) Se non vi è stata fecondazione, il corpo luteo raggiunge la sua massima attività
10gg dopo la sua formazione ma poi DEGENERA.
8) Si ha la degenerazione del corpo luteo.

179
9) La degenerazione del corpo luteo causa un crollo dei livelli di estrogeni e
progesterone a cui fa seguito la MESTRUAZIONE e l’inizio della fase follicolare
del successivo ciclo ovarico.

Se vi è la fecondazione, viene prodotta la gonodadropina corionica (hGC) che serve a mantenere il


corpo luteo.

CICLO UTERINO

Si suddivide in 3 fasi:

o FASE MESTRUALE della durata di 1-5 giorni. In questa fase si è avuto un calo di ESTROGENI e
PROGESTERONE, perché essi venivano prodotti dal CORPO LUTEO che è degenerato.
Si ha una costrizione dei vasi sanguigni, si riduce la perfusione e il tessuto muore, lo strato
superficiale dell’endometrio si sfalda e si ha una fuoriuscita di sangue e tessuto di
desquamazione.

o FASE PROLIFERATIVA, durante la quale viene ripristinata la mucosa. L’endometrio inizia a


crescere, aumenta la vascolarizzazione. Questo è spinto dagli estrogeni che aumentano
grazie alla crescita e all’attività di secrezione del follicolo dominante (più sensibile all’FSH).

o
FASE SECRETORIA, che coincide con la FASE LUTEINICA. La mucosa inizia a secernere
sostanze utili per l’impianto della fecondazione. In questa fase vi è molto PROGESTERONE ed
ESTROGENI prodotti dal corpo luteo che, se non vi è la fecondazione, va in degenerazione. Si
ha il crollo di secrezione di estrogeni e progesterone.
ORMONALI DURANTE IL CICLO MESTRUALE (fase follicolare)

A LIVELLO IPOTALAMICO aumenta la secrezione del GnRH che va a livello dell’adenoipofisi ed induce la
secrezione di FSH ed LH. L’FSH si porta sulle cellule della granulosa che producono INIBINA (che inibisce
l’FSH) e facilitano l’oogenesi. La secrezione di LH va sulle cellule della teca, le quali rilasciano ANDROGENI,
i quali per via paracrina vanno alle cellule della granulosa, aumenta la secrezione di estrogeni. Gli
estrogeni si portano nel plasma ed inviano un feedback negativo a livello dell’ipofisi e dell’ipotalamo.

180
Il calo degli estrogeni presente nelle prime fasi facilita
l’aumento del rilascio dell’FSH a livello dell’adenoipofisi. Il follicolo primordiale produce molti
estrogeni e provoca un aumento degli estrogeni. L’FSH ha un leggero calo per la produzione di
INIBINA.

VARIAZIONI ORMONALI DURANTE IL CICLO MESTRUALE (fase luteinica)

Il corpo luteo riceve FSH e LH che aumenta la secrezione di INIBINA che inibisce la secrezione di FSH.

L’aumento degli estrogeni e del progesterone determina un feedback negativo. Il progesterone da


feedback negativi a livello dell’ipofisi e dell’ipotalamo onde per cui i livelli di FSH e LH tendono a
calare.

AZIONI DEGLI ESTROGENI

181
AZIONI DEL PROGESTERONE

Fase luteinica e gravidanza:

o Promuove la fase di secrezione a livello uterino


o Sopprime la contrattilità muscolare uterina in gravidanza
o Facilita la crescita del tessuto ghiandolare mammario

SVILUPPO EMBRIONALE PRECOCE E IMPIANTO

Si ha la fecondazione. Si ha l’impianto. Alla fine della 10° settimana, l’embrione ha la dimensione di


un fagiolo e mostra arti, testa e faccia. Dalla 10° settimana in poi viene detto FETO.

CAMBIAMENTI ORMONALI IN GRAVIDANZA

Nelle prime fasi della gravidanza vi è la produzione di Gonadotropina corionica. Si ha un aumento del
progesterone e degli estrogeni. SI ha un crollo di essi in prossimità del parto.

In un primo momento estrogeni e progesterone sono prodotti dal corpo luteo gravidico mentre
successivamente vengono prodotti dalla PLACENTA.

o GLI ESTROGENI prodotti dalla placenta vengono sintetizzati a partire dagli androgeni della
corticale del surrene DEL FETO. Essi hanno varie funzioni:
-SVILUPPO DEI DOTTI GALATTOFORI
-SECREZIONE DI PROLATTINA
-CRESCITA ED AUMENTO DELLA CONTRATTILITA’ DELLA MUSCOLATURA UTERINA
-MAGGIORE RESPONSIVITA’ ALL’OSSITOCINA, che stimola le contrazioni uterine durante il
parto

o IL PROGESTERONE, sintetizzato a partire dal colesterolo presente nel flusso ematico materno
ha altre funzioni:
-RIDUCE LA MOTILITA’ UTERINA

Il Lattogeno placentare (hPL) è un prodotto della placenta simile al GH e alla prolattina che
determina la mobilizzazione delle riserve energetiche della madre per l’accrescimento del FETO.

PARTO

Avviene attorno alla 38°-40° settimana di gravidanza. Le possibili cause scatenanti (ma non chiare)
sono:

-CALO DEL PROGESTERONE

182
-CALO DELL’OSSITOCINA

-(più probabilmente) SECREZIONE DI CRH dalla placenta.

Nelle ultime settimane di gravidanza si ha un aumento delle contrazioni perché gli estrogeni sono più alti
del progesterone ed essi favoriscono le contrazioni uterine. Si ha poi il rilascio della cervice uterina, che si
allenta per favorire il rilascio del nascituro.

Il feto scende nel collo dell’utero e si ha uno STIRAMENTO CERVICALE che determina:

-uno stiramento cervicale che provoca contrazioni uterine (travaglio) -contrazioni a carico della
muscolatura addominale

Lo stiramento cervicale causa il rilascio di ossitocina dalla NEUROIPOFISI, che ha due funzioni:

-VA DIRETTAMENTE AD INDURRE LA CONTRAZIONE UTERINA (potenzia le contrazioni uterine)

-INDUCE LA SECREZIONE DI PROSTAGLANDINE che a loro volta INDUCONO LE CONTRAZIONI UTERINE

LATTAZIONE

In seguito alla suzione a livello del capezzolo


vengono stimolati dei recettori tattili, si ha un
aumento dei fattori che inducono il rilascio di
PROLATTINA. A livello dell’adenoipofisi aumenta
il rilascio di prolattina.

A livello della neuroipofisi si ha un aumento del


rilascio di ossitocina.

PROLATTINA: stimola la secrezione di latte negli


alveoli mammari

Ossitocina: stimola la contrazione delle cellule


mioepiteliali

Questo facilita l’eiezione del latte. All’inizio della


lattazione si ha il COLOSTRO ma via via si
arricchisce di grassi, zuccheri e di fattori di
crescita di anticorpi.

183
FISIOLOGIA DEL SISTEMA URINARIO

IL RENE
ANATOMIA DEL SISTEMA URINARIO

I reni sono due organi pari, retroperitoneali, con forma a fagiolo. In sezione, si ha una struttura
interna che contiene STRUTTURE A CALICE, nella parte più interna viene accumulata l’urina che
attraverso gli ureteri (tubicini) viene convogliata in vescica, la quale viene svuotata e si ha la
fuoriuscita di urina.

La parte costituita dal tessuto si può suddividere in due parti:

● CORTICALE: sono presenti i CORPUSCOLI RENALI, parte del NEFRONE, l’unità funzionale del
RENE.
● MIDOLLARE: posta profondamente alla midollare

Al rene arriva un’arteria renale che poi si ramifica in arterie secondarie. Il sangue viene drenato da
una vena. I reni sono organi CON ILO.

Nella midollare vi è la presenza dei CALICI, nei quali si accumulano i nefroni. In fondo a strutture
PIRAMIDALI si ha lo sbocco dei NEFRONI con il riversamento della pre-urina nei piccoli calici e poi nei
grandi calici. I piccoli calici sboccano nella PELVI RENALE dove si accumula l’urina.

La gran parte della funzionalità renale si svolge all’interno dei singoli NEFRONI.

I nefroni sono strutture tubulari presenti sia nella corticale sia nella midollare. In particolare alcune
parti del nefrone sono nella corticale, altre si spingono nella midollare.

Ogni rene contiene circa 1 milione di NEFRONI, in totale si ha circa 2 milioni di nefroni.

I nefroni, dal punto di vista ISTOLOGICO, sono STRUTTURE TUBULARI, sono tubuli molto sottili di
epitelio (il tubulo è rivestito da un epitelio più o meno spesso a seconda delle parti). All’interno del
tubulo scorre un liquido chiamato prima ULTRAFILTRATO e poi PRE-URINA. Verso la parte terminale
diventa URINA.

184
ELEMENTI TUBULARI DEL NEFRONE

Il tubulo inizia con un allargamento, detto CAPSULA DI BOWMAN. Ogni singolo tratto del nefrone ha
un contatto con il sangue. A livello della capsula di Bowman vi sono due arteriole. Negli altri tratti si
hanno capillari che prendono contatto con il nefrone. Ciò significa che vi è un continuo scambio fra i
capillari renali e il NEFRONE. La funzione del nefrone è proprio quella di interagire con questa fitta
rete capillare.

1. La capsula di Bowman circonda un ciuffo di capillari, detto GLOMERULO RENALE. La capsula


di Bowman (che fa parte del nefrone) ed il Glomerulo renale (che fa parte dei capillari)
INSIEME prendono il nome di CORPUSCOLO RENALE.
2. Dopo la capsula di Bowman, il nefrone acquisisce l’aspetto di un TUBULO ed ha un
andamento molto tortuoso, forma anse, viene detto: TUBULO CONTORTO PROSSIMALE. Il
fatto che abbia molte anse fa si che il tubulo contorto prossimale non si allontani molto dalla
capsula di Bowman.
3. Dopo un iniziale andamento contorto, il tubulo prende un andamento più LINEARE e si va a
dirigere verso la MIDOLLARE del rene, ossia, verso il centro del rene.

A livello della capsula di Bowman e del tubulo contorto prossimale siamo nella zona di confine fra
corticale e midollare.

4. Le anse di Henle hanno un andamento lineare e si spingono dritte verso il centro del rene e
quindi la sua parte MIDOLLARE. N.B. Non tutti i nefroni hanno l’ansa di Henle lunga uguale.
Vi sono due classi di nefrone, un tipo di nefrone con l’ansa di Henle più corta detti corticali e
un tipo con l’ansa di Henle molto lunga che si chiamano NEFRONI IUXTAMIDOLLARI.
L’ansa di Henle è a forma di U, dopo un tratto discendente che va verso il centro, il tubulo fa
una FORCINA e si ha l’ansa ascendente ed il tubulo torna a dirigersi verso la parte CORTICALE
del rene.
L’ansa di Henle ha una branca discendente ed una branca ascendente.
5. Una volta che la branca ascendente torna in zona corticale e finisce la branca ascendente
dell’ansa di Henle inizia un altro tratto contorto di tubulo, detta TUBULO CONTORTO
DISTALE.

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6. Il tubulo distale si getta in un DOTTO che è nuovamente LINEARE. Il dotto si porta
nuovamente verso il centro del rene (midollare). La differenza fra questo tubulo ed il resto
del nefrone è che questo dotto, chiamato DOTTO COLLETTORE, è un dotto comune. Ossia,
nel dotto collettore sfociano più tubuli distali di numerosi nefroni. Il dotto collettore si porta
in fondo alle piramidi e questo dotto porta la preurina di più nefroni.

Il tubulo distale del nefrone va a prendere contatto con la regione del glomerulo renale, ossia, il
ciuffo di capillari circondato dalla capsula di Bowman. E’ come se in fondo al nefrone si avesse una
sorta di contatto con il punto di inizio del nefrone. In questa regione si forma un piccolo apparato,
costituito da diversi tipi di cellule, fra cui le cellule della parete del tubulo distale.

Questo è un punto di controllo, ossia, vi è un cross-talk fra la parte iniziale e la parte in cui il processo
si è in gran parte svolto. Si controlla che tutti i processi programmati lungo il tubulo siano avvenuti in
maniera regolare. Se questo non succede, vi sono aggiustamenti. Ossia, la funzione iniziale subisce
degli aggiustamenti.

Il tubulo contorto distale, quindi, grazie all’ansa di Henle torna nella zona corticale ma non torna in
un punto casuale: il tubulo distale ritorna nella regione vicina alla capsula di Bowman, punto iniziale
del nefrone.

186
Alcuni nefroni hanno un’ansa di Henle molto corta, mentre altri nefroni hanno anse di Henle molto
lunghe che si portano in profondità verso il centro del rene, nella parte midollare.

Dal punto di vista istologico, la parete del tubulo è un EPITELIO. Però vi sono caratteristiche diverse
nelle varie parti del nefrone, questo perché si svolgono funzioni diverse e quindi le cellule per questo
motivo hanno caratteristiche differenti a seconda della funzione del tratto del nefrone in cui si
trovano.

Nel tubulo contorto prossimale, l’epitelio è MOLTO SPESSO, quindi il tubulo ha una parete molto
spessa.

Una struttura simile la si ha anche nel tratto ascendente spesso dell’ansa di Henle.

Anche nel tubulo distale abbiamo una parete piuttosto spessa.

Queste regioni sono specializzate nell’assorbimento di ACQUA e SOLUTI. Questo riassorbimento di


acqua e sostanze richiede molta energia. Infatti le cellule della parete del tubulo contorto prossimale
sono RICCHE DI MITOCONDRI e presentano anche dei MICROVILLI per aumentare la superficie di
contatto fra la cellula che deve assorbire ed il tubulo, in cui vi è un liquido che scorre, il quale si è
formato nel CORPUSCOLO RENALE.

187
Nei vari tratti di nefrone vi sono regioni specializzate nel riassorbimento, ossia, nel reinserire
all’interno dei capillari le sostanze che ancora sono utili per l’organismo e che sono invece state
filtrate nella regione iniziale.

Nella regione iniziale vi è una filtrazione di parte del sangue, tramite un piccolo poro. Le sostanze di
grandi dimensioni e le cellule del sangue non potranno passare nel nefrone. L’acqua e i piccoli soluti
invece riescono a passare. Molte sostanze che passano all’interno del nefrone dovranno essere
riacquisite tramite il riassorbimento. Perciò questo tubulo epiteliale, in questa regione (tubulo
contorto prossimale) è specializzato nel riassorbimento e presenta cellule spesse che devono
operare processi di trasporto attivo che richiedono un grande dispendio energetico.

Altre zone, come il tratto discendente sottile dell’ansa di Henle, non opera trasporti attivi. In questa
zona vi è permeabilità all’acqua, che avviene passivamente e quindi l’epitelio è molto piatto. Questo
si verifica anche nella parete della capsula di Bowman.

Le cellule del dotto collettore hanno caratteristiche intermedie.

Dal punto di vista istologico, il nefrone ha una parete di tipo epiteliale ma questo epitelio ha
caratteristiche diverse a seconda del tratto di nefrone. Questo è legato alla funzione del tratto di
nefrone. Se vi è riassorbimento. L’epitelio sarà
più spesso.

ELEMENTI VASCOLARI DEL NEFRONE:

L’ARTERIA RENALE entra nel rene tramite l’ilo.


Essa si biforca in arterie secondare come le
arterie interlobulari. Le arterie passano per la
regione che separa la corticale dalla midollare,
esse sino dette ARTERIE ARCUATE. Da ciascuna
diramazione delle arterie arcuate partono le
ARTERIOLE AFFERENTI.

MICROCIRCOLO RENALE

188
Il vaso arterioso più piccolo è l’arteriola: essa
presenta una

grande componente di muscolatura LISCIA. Lo strato


della

muscolatura liscia può influenzare il calibro


dell’arteriola.

Per questo le arteriole sono vasi in grado di regolare


la

pressione arteriosa proprio perché possono variare il


loro

calibro. Dopo le arteriole si ha una vasta rete


capillare, che

si getta in un vaso che si chiama VENULA, il vaso più


piccolo

della rete venosa.

Nel rene vi è una situazione particolare: nel rene


esistono

due reti capillari distinte, una successiva all’altra.

Si ha un’arteriola afferente che porta il sangue in una rete capillare, il GLOMERULO RENALE (o rete
capillare glomerulare) composta da un “ciuffo” di capillari che formano un gomitolo. Dal glomerulo,
il sangue esce ATTRAVERSO UN’ALTRA ARTERIOLA, detta ARTERIOLA EFFERENTE.

Dall’arteriola efferente il sangue entra in una seconda rete capillare, i CAPILLARI PERITUBULARI, così
chiamati perché sono capillari che circondano TUTTO il resto del nefrone, compreso il dotto
collettore.

I capillari peritubulari sono una rete capillare in serie alla rete GLOMERULARE che prende contatto
con tutto il nefrone e ne segue l’andamento.

Poiché il sangue ha un’elevata pressione quando scorre nei capillari glomerulari, nel glomerulo non
si hanno scambi gassosi, ossia, la rete capillare glomerulari ha una funzione specifica: la FILTRAZIONE
GLOMERULARE, il passaggio di parte del sangue privo di elementi figurati. Parte del sangue passando
da questa rete filtra nel nefrone. In questa rete però non vi sono scambi di GAS. Gli scambi gassosi
avvengono nei CAPILLARI PERITUBULARI.

Ne consegue che la “prima” rete capillare (glomerulare) ha la funzione di filtrare il sangue, mentre la
“seconda” (peritubulare) ha la funzione di nutrire le cellule del tubulo renale, ossia, trasportare
ossigeno e nutrienti alle cellule dei segmenti tubulari.

Inoltre, ha anche la funzione di RIASSORBIRE LE SOSTANZE che non sono state riassorbite dalla
filtrazione nel glomerulo ma che devono ritornare al sangue.

I capillari peritubulari partecipano al meccanismo di concentrazione e diluizione delle URINE. Alcuni


di questi capillari circondano quei nefroni con le anse di Henle molto lunga, i nefroni iuxtamidollari.
Questi capillari che circondano le lunghe anse di Henle hanno modificazioni anche anatomiche.

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L’ansa di Henle ha un andamento lineare, i capillari che le circondano acquisiscono un andamento
rettilineo. Vengono chiamati VASA RECTA. Sono proprio i vasa recta a partecipare attivamente al
processo di concentrazione e diluizione dell’urina, oltre a svolgere la loro funzione (come i capillari
peritubulari) di nutrimento e riassorbimento di sostanze che devono tornare al sangue.

Dopo la rete capillare peritubulare vi è la VENULA.

FUNZIONI DEL RENE

1. Regolazione del volume dei liquidi corporei (acqua) e della pressione arteriosa. Se abbiamo
un’idratazione scarsa, il rene dovrà trattenere acqua. Questo perché le cellule sono in
equilibrio osmotico con il liquido extracellulare e quindi se il nostro liquido extracellulare si
riduce viene richiamata acqua dalle cellule che si raggrinziscono e smettono di funzionare in
modo efficace. La quantità d’acqua presente nel nostro organismo è fondamentale per il
funzionamento delle cellule perché mantengano la loro forma fisiologica. La quantità dei
liquidi corporei è importante anche per la pressione arteriosa: il torrente circolatorio è
chiuso. Se esso perde liquidi, la pressione arteriosa si abbassa. Un modo per far salire la
pressione di un circuito è aggiungere liquidi. La pressione arteriosa però deve mantenersi su
valori fisiologici, per questo il rene collabora con il sistema cardiocircolatorio a mantenere la
pressione arteriosa. Il rene può far abbassare la pressione (se troppo alta) aumentando la
perdita di liquidi oppure può far alzare la pressione (se troppo bassa) trattenendo liquidi.
2. Regolazione dell’osmolarità dei liquidi corporei. All’interno dei liquidi corporei vi deve essere
una CONGRUA QUANTITA’ DI SOLUTI. Vi sono meccanismi di controllo per fare in modo che i
soluti siano in equilibrio.
3. Regolazione dell’equilibrio IDRO-SALINO. Simile al concetto di osmolarità dei liquidi corporei.
Vengono controllati i livelli di Magnesio, Sodio, Calcio, Potassio. Essi sono tutti ioni
fondamentali per le funzioni dell’organismo. Il rene agisce a seconda dei segnali che gli
vengono inviati: decide se tenere e quindi riassorbire oppure disperdere questi soluti.
4. Regolazione dell’equilibrio ACIDO-BASE. Tutti gli enzimi che funzionano nelle nostre cellule
funzionano a pH neutro. Continuamente squilibriamo il nostro pH (anche con la dieta) e
quindi vi sono meccanismi attraverso i quali il rene agisce per eliminare urine più o meno
acide a seconda dell’acido prodotto, per mantenere l’omeostasi.
5. Eliminazione di sostanze inutili e dannose per l’organismo (come molti farmaci).
6. Produzione e secrezione di ORMONI. In particolare la RENINA che serve per permettere al
rene di espletare le sue funzioni.

Il rene è fondamentalmente un organo OMEOSTATICO. La funzione del rene è quella di mantenere


l’equilibrio fra vari fattori dell’organismo.

PROCESSO DI FILTRAZIONE NEL NEFRONE

I due reni ricevono il 20% della gittata cardiaca: ciò significa che per i due reni passano 1200ml di
sangue al minuto.

La velocità di filtrazione glomerulare è di 125ml di sangue al minuto. Questo significa che il sangue
che ogni minuto esce dall’arteriola EFFERENTE è meno rispetto a quello che entra dall’arteriola
AFFERENTE perché la rete capillare glomerulare ha dei fori che fanno sì che il sangue (che in realtà è
un plasma diluito) entri all’interno del nefrone. Appena il liquido passa allo spazio di Bowman prende
il nome di FILTRATO o ULTRAFILTRATO. Il volume del filtrato glomerulare sulle 24h è di circa 180litri
di liquido.

190
Il volume medio di urina prodotto da una persona è in media 1500-2000ml al giorno, valore che varia
a seconda delle condizioni: idratazione, sudorazione, attività svolta ecc…

Lungo il nefrone si ha un RIASSORBIMENTO MOLTO ELEVATO. Si passa da 180l a circa 2l, i 178l
vengono riassorbiti.

Il riassorbimento NON è un processo selettivo, il rene filtra moltissime sostanze, che vengono
riportate al sangue perché non devono essere eliminate attraverso l’urina.

Il sangue entra dall’arteriola afferente, passa per il glomerulo renale, esce dall’arteriola efferente. Il
volume che esce dall’arteriola efferente è inferiore a quello entrato attraverso l’arteriola afferente
perché parte del liquido è entrata attraverso un processo di FILTRAZIONE all’interno della capsula di
Bowman quindi del NEFRONE. Questo volume di liquido che entra nei nefroni, lungo il percorso dei
tubuli viene quasi del tutto assorbito. Solo l’1% del volume filtrato viene effettivamente eliminato
verso l’esterno. La maggior parte del volume filtrato viene riassorbito.

Le funzioni del rene si differenziano a seconda delle regioni in cui è diviso:

-Una prima funzione viene svolta all’inizio del nefrone, a livello del punto di contatto fra il nefrone e
il capillare glomerulare, prende il nome di FILTRAZIONE GLOMERULARE. In questo processo il plasma
viene filtrato attraverso il glomerulo e il liquido filtrato passa nel NEFRONE.

-La seconda funzione è specifica del resto del NEFRONE, in realtà le varie parti di nefrone svolgono
funzioni di riassorbimento diverse: ossia, tutti i tratti di nefrone riassorbono ma sostanze diverse a
seconda della zona. Questo processo è definito RIASSORBIMENTO TUBULARE. Vengono riportate
all’interno del sangue tutte le sostanze filtrate a livello del glomerulo ma che sono ancora utili
all’organismo.

-La terza funzione è la SECREZIONE TUBULARE. E’ un processo opposto al riassorbimento: una


sostanza che non è filtrata a causa delle sue dimensioni dal glomerulo ma deve essere eliminata
nelle urine, verranno inserite nel tubulo renale, ossia, nel nefrone dalle cellule tubulari, che
possiedono trasportatori che riconoscono le molecole grandi e ne permettono il passaggio dal
sangue al tubulo per la loro eliminazione.

191
Nel glomerulo si ha un processo unidirezionale: ossia, si ha solo il passaggio dal sangue al nefrone.

Nei tubuli abbiamo un processo a doppio senso, ossia: si ha il RIASSORBIMENTO delle sostanze
ancora utili per l’organismo ma si ha anche il processo inverso: IL PASSAGGIO DI SOSTANZE DAL
CAPILLARE PERITUBULARE AL NEFRONE.

I processi di riassorbimento sono molto INTENSI nel tubulo contorto prossimale mentre sono meno
evidenti nei tratti successivi del nefrone.

I processi di assorbimento sono differenti lungo il nefrone perché avvengono con meccanismi
diversi:

-Nel tubulo contorto prossimale si ha una situazione in cui il solvente ed i soluti vengono riassorbiti
in misura uguale.

-Nell’ansa di Henle si ha una separazione: nella branca discendente si ha SOLO il riassorbimento di


acqua nella branca ascendente si ha SOLO il riassorbimento di soluti.

-Nei distretti distali (tubulo distale e dotto collettore) i riassorbimenti dipendono da stimoli
ormonali:

l’ADH (vasopressina) e l’Aldosterone.

L’ADH controlla la quantità di acqua all’interno del nostro corpo.

L’aldosterone controlla la quantità di soluti, in particolare di NaCl.

I riassorbimenti nei distretti distali avvengono sotto il controllo di questi due ormoni. A seconda
delle esigenze dell’organismo verrà liberato l’ADH, che regola il riassorbimento di acqua dai distretti
distali oppure l’aldosterone, che regola il riassorbimento di NaCl.

Il riassorbimento è REGOLATO solo nei distretti distali.

COMPOSIZIONE DELL’URINA

Ciò che rimane dopo i processi di filtrazione, riassorbimento e secrezione tubulare:

192
Il glucosio deve essere assente nelle urine, così come amminoacidi, proteine, leucociti e bilirubina.
Rimangono nelle urine vari ioni: è possibile che siano in alte concentrazioni se ne sono stati
accumulati una quantità eccessiva. Gli ioni H+ non vengono liberati da soli, infatti il pH delle urine
tende all’acido ma non è fortemente acido. Infatti lo ione H+ viene escreto TAMPONATO con lo ione
ammonio, per questo non influenza l’acidità.

Sono presenti anche l’urea, prodotto del catabolismo degli amminoacidi e la creatinina, prodotto del
catabolismo del muscolo.

L’osmolarità delle urine è superiore a quella del sangue che è circa 300mOsm, infatti si aggira
intorno ai 500-800 mOsm

GLOMERULO RENALE

Il corpuscolo renale è costituito dal GLOMERULO RENALE che è composto da un ciuffo di capillari che
si origina dall’arteriola afferente. Il sangue passa attraverso questi capillari ed esce per un’arteriola
efferente. Il glomerulo è circondato dalla capsula di Bowman formata un epitelio, con una parte
esterna piatta ed una parte interna addossata ai ciuffi di capillari. Le cellule epiteliali della parte
interna sono dette PODOCITI perché hanno delle estroflessioni (pedicelli) che si interdigitano fra loro
e sono importanti nel processo di filtrazione. Vicino all’arteriola efferente ed afferente vi è una
sezione del tubulo contorto distale. In questa regione di forma l’APPARATO JUXTAGLOMERULARE
che è il sistema di controllo della funzione renale, in particolare della funzione di filtrazione. Queste
cellule controllano lo stato del filtrato che ha già subito molte modificazioni e se vi sono anomali
possono comunicare alle cellule dell’arteriola EFFERENTE di modulare la loro funzione.

193
La parete delle cellule dell’endotelio del capillare NON è continua: l’endotelio è FENESTRATO, ossia i
pori sono più grandi del normale.

Il filtro (barriera di filtrazione) è formato da 3 parti:

La prima parte è costituita dalla parete dell’endotelio, l’endotelio è più poroso rispetto all’endotelio
dei capillari tissutali.

Il secondo strato è costituito da PROTEINE, fra le cellule dell’organismo, nell’ambiente extracellulare


vi è la LAMINA BASALE che è una rete di proteine extracellulare, con una forma allungata a costituire
una sorta di reticolato. La lamina basale è quindi costituita da LAMININA, FIBRONECTINA e
COLLAGENE DI TIPO IV. Questa rete di proteine extracellulari è il punto che ostacola maggiormente il
passaggio: di fatto i pori dell’endotelio e le giunzioni che vi sono fra i pedicelli dei podociti non
bloccano così strettamente il passaggio. La lamina basale di proteine è quella che maggiormente
ostacola il passaggio di sostanze fra il capillare glomerulare e il lume della capsula di Bowman.

La filtrazione glomerulare avviene in base alla dimensione delle molecole.

Le molecole piccole, al di sotto dei 20A, filtrano liberamente attraverso i tre livelli della barriera di
filtrazione dai capillari alla capsula di Bowman.

L’acqua passa liberamente.

Le molecole molto grandi (con raggio superiore ai 42A) non possono passare perché troppo grandi.

Le molecole con un raggio fra i 20 ed i 42 Armstrong filtrano in vario grado: una molecola che ha un
raggio compreso fra questi due valori filtra in vario grado. Ossia, alcune filtrano di più ed altre di
meno. La dimensione in questo caso non è l’unico criterio di scelta.

L’altro criterio di scelta è la carica elettrica: infatti, le proteine sono cariche negativamente, per cui il
fatto di avere un reticolato di proteine significa che non solo il reticolato forma una parete filtrante
che lascia passare solo molecole di determinate dimensioni; ma è anche CARICO NEGATIVAMENTE.
Di conseguenza, attraverso questo filtro passeranno molto bene le molecole cariche positivamente
perché vengono addirittura attratte dal filtro. Questo non ha alcuna influenza sulle molecole neutre.

Le molecole cariche negativamente vengono influenzate in modo negativo, cioè ad esempio le


proteine plasmatiche tenderanno a non passare, non soltanto perché sono molecole di grandi
dimensioni ma anche perché vengono respinte dalla lamina basale che è carica negativamente.

Per esempio l’albumina che ha raggio molecolare di 35,5 A è scarsamente filtrata. Ogni giorno
filtrano circa 7 gr di albumina (0.01% dei 50.000 gr di albumina che passano attraverso il glomerulo
ogni giorno). Questo perché è carica negativamente e perciò viene respinta dalla lamina basale.

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Alcune tracce di albumina possono passare al nefrone ma l’albumina è totalmente riassorbita nel
tubulo contorto prossimale e non compare nelle urine.

A livello del glomerulo renale si ha questo filtro costituito da 3 strati:

1) endotelio capillare (fenestrato, pori di 70 nm)

2) membrana basale (matrice porosa di proteine extracellulari come laminina, fibronectina,


collagene di tipo IV)

3) pedicelli dei podociti tra loro separati da fessure di filtrazione attraversati da sottili
diaframmi provvisti di pori di 4-14 nm (nei pedicelli avviene endocitosi).

La lamina basale è la componente più importante per quanto riguarda la filtrazione. Il reticolato di
proteine forma una fitta rete, con pori molto più piccoli rispetto a quelli presenti nei capillari
fenestrati e nelle fessure di filtrazione dei podociti. Non solo, poiché essa è carica negativamente,
tutte le molecole cariche negativamente che potrebbero passarci perché non troppo grandi non
riescono a passare perché vengono respinte dalla carica negativa della lamina.

Le sostanze che non passano attraverso la barriera di filtrazione:

-ELEMENTI FIGURATI DEL SANGUE (eritrociti, leucociti, trombociti)

-PROTEINE PLASMATICHE (albumina, globuline, ormoni) che sono piuttosto grandi e cariche
negativamente

Le sostanze che passano attraverso la barriera di filtrazione:

-ACQUA

-PICCOLI IONI

-GLUCOSIO

L’ultrafiltrato che si viene a formare è un liquido a base acquosa, simile al plasma. E’ un plasma privo
di proteine plasmatiche. Contiene tutte le piccole molecole plasmatiche.

195
Le forze responsabili della filtrazione glomerulare
sono le stesse che regolano lo scambio di liquido
attraverso i capillari sistemici.

Quando due compartimenti liquidi separati


vengono a contatto, ossia il sangue e lo spazio di
Bowman, si stabiliscono delle forze fra questi due
compartimenti che hanno come conseguenza il
movimento del liquido da un lato all’altro del
compartimento e viceversa.

Quando si parla di riassorbimento e filtrazione si


parla di movimenti di liquidi, ossia di movimenti di
acqua e piccoli soluti. Le forze che regolano questi
movimenti di liquidi si chiamano FORZE DI
STARLING. Esse sono due forze:

-PRESSIONE IDROSTATICA

-PRESSIONE ONCOTICA (COLLOIDO-OSMOTICA)

Parlando del capillare si può definire la pressione


idrostatica come la pressione del sangue, il sangue subisce una forza pressoria che a livello dell’aorta
è molto importante ma che poi si smorza lungo l’albero arterioso, si arriva alle arteriole con una
pressione sanguigna ancora piuttosto alta. Le arteriole sono vasi che tendono a smorzare molto la
forza pressoria: questo perché “a valle” l’arteriola ha un capillare. Nei capillari la pressione non deve
essere troppo elevata perché il capillare è fragile e perché al suo interno devono avvenire gli SCAMBI
CAPILLARI.

La pressione idrostatica si definisce come la FORZA di spinta del sangue nei vasi. Questa forza
incontra una resistenza, esercitata dalle pareti dei vasi. Abbiamo a questo livello una FORTE
pressione idrostatica, questa è nettamente superiore a qualsiasi pressione in qualsiasi distretto
capillare dell’intero organismo.

La pressione capillare media nell’organismo è intorno ai 20-25mmHg. Nei capillari glomerulari la


pressione capillare è di 55mmHg. In questi capillari il sangue ha una pressione piuttosto elevata, la
forte pressione idrostatica, associata al fatto che il capillare è fenestrato, ossia presenta dei pori, fa sì
che vi sia una spinta verso la filtrazione (FUORIUSCITA DI LIQUIDO CON PICCOLI SOLUTI) dal letto
capillare allo spazio di Bowman.

La pressione idrostatica però è contrastata da altre forze. Anzitutto l’altra forza che interviene è la
PRESSIONE ONCOTICA o COLLOIDO-OSMOTICA.

Si ha una soluzione che contiene più soluti rispetto ad un’altra (più concentrata). Quando si hanno
soluzioni più concentrate, se l’acqua può passare ed il soluto non può passare (proteine), succede
che l’acqua tenderà a passare dalla soluzione meno concentrata a quella più concentrata. La

196
pressione colloido-osmotica si basa sull’osmosi ed è QUEL PROCESSO ATTRAVERSO IL QUALE LE
REGIONI CHE HANNO PIU’ ELEVATA CONCENTRAZIONE RICHIAMANO ACQUA DA QUELLE CHE
HANNO MINORE CONCENTRAZIONE.

Nel sangue vi sono molte più proteine, per cui questa concentrazione di proteine si mantiene
costante, a causa del fatto che le proteine non riescono a passare attraverso la barriera di filtrazione.

Il sangue, di per sé, ha una pressione colloido-osmotica maggiore rispetto a quella del liquido
extracellulare, perché contiene un maggior numero di proteine.

Per cui il sangue tende a richiamare liquido dall’esterno perché queste proteine sono concentrate in
esso.

La pressione colloido-osmotica ha un valore di circa 25-30mmHg, queste proteine del sangue


richiamano del liquido dalla capsula di Bowman verso i capillari, con una forza media di 30mmHg.

La pressione colloido-osmotica VA CONTRO la pressione idrostatica. Ossia, mentre la pressione


idrostatica spinge il sangue ad uscire dal capillare, nel frattempo le proteine plasmatiche (molto
concentrate) richiamano continuamente liquido dallo spazio di Bowman.

La pressione colloido-osmotica non è l’unica forza contraria alla pressione idrostatica.

Il nome pressione colloido-osmotica sta ad indicare il fatto che essa è legata alla presenza di
proteine, infatti, i COLLOIDI sono le proteine, a differenza dei CRISTALLOIDI che sono gli ioni.
L’osmosi in questo caso è quindi dovuta alle proteine e non ad altri SOLUTI.

Esiste un’altra forza che si oppone alla filtrazione ed è la pressione idrostatica DELLA CAPSULA DI
BOWMAN.

Occorre tener presente che la pressione idrostatica è dovuta al liquido (sangue) che si muove nei
vasi, mentre la pressione colloido-osmotica è dovuta alle differenti concentrazioni proteiche che
provocano un movimento di richiamo osmotico di acqua dalla capsula di Bowman al sangue. Queste
due forze sono caratteristiche di ciascun distretto. Quando si parla dei processi di filtrazione e
riassorbimento fra due compartimenti (sangue e spazio di Bowman) occorre ragionare su pressione
idrostatica e colloido-osmotica sia del sangue che dello spazio di Bowman.

Nel sangue si ha una FORTE PRESSIONE IDROSTATICA ed una FORTE PRESSIONE COLLOIDO-
OSMOTICA.

PIdrostatica= 55mmHg, PCOsmotica= circa 30mmHg.

La pressione colloido-osmotica ha una direzione contraria rispetto alla pressione idrostatica.

Nella capsula di Bowman la pressione colloido-osmotica non c’è perché non ci sono proteine. Per cui
la pressione colloido-osmotica nella capsula di Bowman è pari a 0.

Viceversa vi è una sorta di pressione idrostatica. Quando si ha la filtrazione, passa del liquido dal
capillare allo spazio di Bowman che è piccolo e limitato. Questo spazio si gonfia, si riempie di liquido
e diventa teso e a quel punto non riesce a far entrare altro liquido. Per questo esercita una sorta di
pressione idrostatica dovuta alla presenza del liquido che ha riempito lo spazio di Bowman che
spingerà contro l’arrivo di altro liquido.

La pressione idrostatica nella capsula di Bowman (intorno ai 15mmHg) andrà ad allearsi con la
pressione colloido-osmotica che richiama liquidi all’interno per opporsi alla filtrazione.

197
La pressione idrostatica della capsula di Bowman dipende dal fatto che lo spazio di Bowman è
piccolo, si riempie di liquido ma esso ha una capienza limitata quindi questo liquido eserciterà
pressione contraria all’altro liquido che si vuole aggiungere.

Sommando il valore della pressione colloido-osmotica e la pressione idrostatica della capsula di


Bowman danno un valore di 45mmHg.

Il valore della pressione idrostatica del capillare però è 55mmHg. Essa riesce a vincere le due forze
contrarie. Il valore della pressione NETTA DI FILTRAZIONE di 10 mmHg.

Il valore della pressione netta di filtrazione determina se vi sarà filtrazione o riassorbimento a


seconda del fatto se la pressione idrostatica si mantiene sui 55mmHg e quindi vince sulle due forze
contrarie (in questo caso si ha filtrazione) oppure se vincono le forze contrarie alla pressione
idrostatica si ha il riassorbimento.

I valori della pressione cambiano lungo il percorso del glomerulo renale.

PCG= pressione idrostatica del capillare glomerulari.

πCG=pressione colloido-osmotica nel capillare glomerulare è forte, pari a -28mmHg, nella zona di
entrata e -35mmHg nella zona di uscita. Questa pressione aumenta parecchio durante il passaggio,
questo perché nel passaggio attraverso il glomerulo vi è l’uscita di acqua con il conseguente
aumento della concentrazione di proteine, per cui verso la fine del capillare questa forza di richiamo
diventa molto importante ed andrà a contrastare più efficacemente la pressione idrostatica. I valori
della capsula di Bowman non cambiano. Poiché aumenta la pressione colloido-osmotica aumenta, si
riduce la forza di filtrazione che però rimane comunque positiva: questo ci indica che abbiamo
filtrazione e non riassorbimento. La filtrazione è maggiore all’inizio per poi andare a diminuire verso
l’arteriola efferente.

La forza netta di filtrazione si mantiene positiva e questo è un elemento importante perché la rete
capillare glomerulare è specializzata in filtrazione.

198
Nei capillari dei tessuti la pressione colloido-osmotica è pari a -25mmHg, mentre la pressione
idrostatica che è già di per sé più bassa che nei capillari glomerulari, va a diminuire, passando da
32mmHg a 25 verso le venule. La pressione oncotica, ad un certo punto supera quella idrostatica.
Nei capillari tissutali si ha una prima parte in cui si ha filtrazione ma ad un certo punto le forze di
riassorbimento superano quelle della filtrazione. Si ha una situazione in cui al capo arteriolare si ha la
filtrazione e al capo venulare si ha riassorbimento.

Questi due processi di FILTRAZIONE (uscita di liquido e soluti) e RIASSORBIMENTO (rientro di liquido
e soluti nel capillare), nel capillare tissutale avvengono all’interno dello stesso capillare, la filtrazione
all’inizio e il riassorbimento alla fine.

Nel rene, invece, i processi sono separati. Nella rete capillare glomerulare si ha FILTRAZIONE,
dall’inizio alla fine del capillare glomerulare. Poi, nei capillari PERITUBULARI, invece, si ha una
specializzazione nel processo di RIASSORBIMENTO.

Le due funzioni che nei capillari tissutali sono espletate dal singolo capillare (in due porzioni diverse),
nel rene vengono separate perché vi sono due reti capillari in serie, una di seguito all’altra. La prima
filtra e la seconda riassorbe.

La rete capillare glomerulare è specializzata nella filtrazione perché il parametro che cambia
moltissimo alla rete capillare tissutale è che nella rete capillare glomerulare abbiamo una pressione

199
idrostatica molto elevata (intorno ai 55mmHg) mentre nei capillari tissutali abbiamo un massimo di
32mmHg.

L’elevata pressione idrostatica è quella che ci permette di FILTRARE.

Le ragioni per cui vi è una pressione idrostatica elevata a livello dei capillari glomerulari sono:

-I capillari glomerulari si formano “in alto” nella circolazione arteriosa, ossia, si formano da arteriole
in cui la pressione è molto elevata rispetto a quelle dei capillari sistemici. Questo perché le arteriole
renali si dipartono da un punto dell’albero arterioso in cui la pressione è più elevata rispetto a quelle
da cui si dipartono i capillari tissutali.

L’arteriola ha la funzione di smorzare la pressione però si parte da una pressione elevata e quindi
anche smorzando la pressione non riescono a farlo più di tanto.

-La rete capillare, a valle, ha un’arteriola e non una venula. Le venule sono vasi molto lassi e quindi
non vi è nessuna resistenza. Il fatto che vi sia un’arteriola, un vaso molto costretto a causa della
presenza della tonaca di tessuto muscolare liscio, fa sì che essa al passare del flusso non si slarghi
come la venula ma rimanga rigida. Questo fatto fa sì che il flusso trovi un ostacolo in uscita e quindi
in questa regione la pressione rimane alta perché il flusso rimane nella regione a causa dell’ostacolo
e si crea una pressione maggiore.

SISTEMA DEI VASI E CONTROLLO DELLA PRESSIONE

Le arteriole (vasi più piccoli prima della rete di capillari) hanno una tonaca di tessuto muscolare liscio
e questa muscolatura liscia si può contrarre permettendo di controllare il calibro del vaso. Nel caso
del glomerulo renale, esso è preceduto e seguito da un’arteriola (la prima afferente, la seconda
efferente). Questa regolazione della muscolatura liscia e del calibro dell’arteriola si può avere sia a
monte sia a valle.

La contrazione della muscolatura liscia può far variare il calibro arteriolare determinando un
cambiamento della pressione. Quando un vaso si costringe, diminuisce la pressione a valle del vaso
ma rimane elevata la pressione a monte del vaso. Questo perché il sangue arriva e trova un vaso più
stretto, riscontrando difficoltà ad entrarvi in grande quantità. La costrizione del vaso causa un
aumento della pressione A MONTE. Viceversa, poiché passa meno sangue all’interno del vaso, A
VALLE si ha una CADUTA DI PRESSIONE.

A livello del glomerulo, il fatto di poter controllare il calibro delle arteriole può cambiare
notevolmente i valori pressori all’interno della rete glomerulare. E, poiché la pressione nel glomerulo
è molto importante per la filtrazione, questo è un modo per controllare la filtrazione, ossia, l’inizio
della FILTRAZIONE RENALE. Se si costringe l’arteriola afferente, la pressione aumenterà a monte ma

200
cadrà la pressione del capillare glomerulare. Diminuendo la pressione del capillare glomerulare
diminuirà la velocità di filtrazione glomerulare. Il FER (flusso ematico renale), ossia la quantità di
sangue che passa per i reni, ovviamente, costringendosi le arteriole, diminuirà.

Se l’arteriola afferente si dilata, si avrà un aumento della pressione del capillare glomerulare.
Quando si costringe l’arteriola efferente aumenta la pressione nella rete glomerulare.

Le dilatazioni, meno frequenti, causano:

-Se si dilata l’arteriola afferente, arriva più sangue ed aumenta la pressione, la velocità ed il flusso.

-Se si dilata l’arteriola efferente, si avrà una diminuzione della pressione perché la via di uscita al
glomerulo è molto più facile, perché normalmente l’arteriola efferente è parzialmente costretta,
tenendo in pressione la rete glomerulare. Se l’arteriola efferente si rilascia, ecco che il sangue passa
più velocemente e la pressione cala, così come la velocità.

Regolando il calibro delle arteriole, quindi, si può influenzare la pressione a livello della rete
glomerulare.

La pressione idrostatica (del sangue) è la forza principale che spinge la filtrazione. Quindi, la funzione
renale dipende strettamente dalla pressione. Nonostante il sistema cardiocircolatorio ed il sistema
urinario siano in stretta connessione, il rene per cercare di mantenere la sua funzione regolare anche a
fronte di sbalzi pressori, è riuscito ad autoregolarsi: ha una sorta di autoregolazioni che, anche a fronte di
variazioni della pressione idrostatica del sangue, gli permettono di mantenere costante la velocità di
filtrazione glomerulare.

Il rene agisce in due modi:

-MECCANISMO MIOGENO, è UN RIFLESSO, la muscolatura liscia quando viene allungata passivamente ha


una contrazione riflessa. Se la pressione aumenta, l’arteriola AFFERENTE si dilata, perché l’aumento
pressorio provoca un aumento della quantità e della velocità del sangue e quindi l’arteriola si dilata
perché arriva più sangue; la muscolatura liscia che è CIRCOLARE, si stira e a quel punto ha una
contrazione RIFLESSA. Quindi l’aumento pressorio provoca uno stiramento della muscolatura liscia

201
arteriolare, in particolare dell’arteriola afferente e questo genera una contrazione riflessa. Di
conseguenza il glomerulo è protetto da questo aumento pressorio. L’aumento pressorio è indipendente
dal rene, ma in questo caso la contrazione riflessa dell’arteriola fa sì che l’arteriola si costringa in modo
che la pressione nella rete a valle dell’arteriola rimanga pressoché costante.

La pressione arteriosa e la velocità di filtrazione glomerulare sono strettamente collegate: a valori di


pressione molto bassa, più aumenta la pressione più aumenta la filtrazione. Poi vi è un range di pressioni
che va da 80 a 180 mmHg, in cui nonostante l’aumento della pressione (che dovrebbe suggerire un
aumento della velocità di filtrazione) non si ha un aumento della velocità di filtrazione glomerulare. La
velocità di filtrazione glomerulare rimane COSTANTE, nonostante la pressione stia aumentando. Se si
superano valori di pressione oltre i 180 mmHg, questi sistemi di autoregolazione renale vengono meno e
non riescono a mantenere una normale velocità di filtrazione glomerulare che a quel punto aumenterà.

Il meccanismo che permette al rene di mantenere una velocità di filtrazione glomerulare pressoché
costante anche a fronte di sbalzi pressori importanti avviene agendo sul calibro delle arteriole sia con un
meccanismo miogeno (contrazione riflessa della muscolatura liscia delle arteriole) sia con un meccanismo
più complesso che coinvolge l’apparato iuxtaglomerulare.

-FEEDBACK TUBULO-GLOMERULARE, vi è un cross-talk (comunicazione) fra il tubulo contorto distale e


l’inizio del nefrone (glomerulo renale). La regione che mette in contatto la parte finale del nefrone
(tubulo contorto distale) con l’inizio del nefrone è detto APPARATO JUXTAGLOMERULARE.

Esso è composto da 3 tipi di cellule:

-LE CELLULE DELLA PARETE DEL TUBULO DISTALE, che sono in questa regione particolari. Questa parte è
definita MACULA DENSA ed è formata da cellule che sono sensori della quantità di NaCl all’interno del
filtrato. In pratica, in fondo al nefrone vi è una regione di SENSIBILITA’ alla quantità di NaCl (sodio cloruro)
presente nel filtrato. Queste cellule prendono la quantità di NaCl come una sorta di controllo dei processi
di riassorbimento che avvengono in tutto il tubulo. Questa quantità può essere considerata come un
controllo della filtrazione stessa, ossia, in fondo al nefrone si monitorano le quantità di NaCl e da queste
si può fare una valutazione se i processi stanno andando in maniera normale o se sono troppo lenti o
troppo veloci.

Se abbiamo ipertensione e quindi si ha un aumento della velocità di filtrazione glomerulare, perché il


sangue arriva molto velocemente vi sarà molto più filtrato all’interno del tubulo e quindi le cellule del
tubulo operano dei meccanismi di assorbimento che però non saranno sufficienti per riassorbire tutto
questo fluido in arrivo e allora a livello delle cellule della parete del tubulo distale arriverà più NaCl e
queste cellule possono avvertire questa situazione.

Se abbiamo ipotensione, si avrà meno filtrato e quindi i processi di riassorbimento funzioneranno


normalmente riassorbendo però più NaCl del dovuto. Si avrà quindi meno NaCl del normale.

Queste cellule sono in grado di monitorare nei due sensi la quantità di NaCl.

-LE CELLULE DEL MESANGIO, che non hanno una funzione particolare, se non quella di facilitare la
comunicazione fra la macula densa e le cellule della parete dell’arteriola afferente.

-LE CELLULE DELLA PARETE DELL’ARTERIOLA AFFERENTE, che prendono il nome di CELLULE
JUXTAGLOMERULARI. Queste cellule sono cellule di muscolatura liscia modificata che sono in grado
di secernere l’ormone RENINA.

Le cellule rispondo ai segnali della macula densa: quando le cellule della macula densa sentono che
vi è TROPPO NaCl quindi il processo è andato velocemente succede che le cellule lisce dell’arteriola

202
afferente si contrarranno e quindi l’arteriola diminuirà di calibro. Succede che in seguito ad un
aumento pressorio si ha un aumento della velocità di filtrazione glomerulare che provoca un
aumento di NaCl nel filtrato che viene percepito in fondo al nefrone a livello della macula densa.
Questo aumento di NaCl provoca una costrizione dell’arteriola afferente e quindi una diminuzione
della pressione idrostatica nel glomerulo che provocherà una diminuzione della velocità di filtrazione
glomerulare e quindi una modulazione dei valori di NaCl.

L’apparato juxtaglomerulare è un apparato di comunicazione fra le cellule della macula densa che
misurano la quantità di NaCl nel filtrato e l’inizio del processo (cellule della parete dell’arteriola
afferente). Quando vi è troppo NaCl (dovuto ad un aumento della velocità di filtrazione glomerulare)
la macula densa lo sente, provoca una costrizione dell’arteriola, l’inizio del processo è bloccato e
quindi di conseguenza questo dovrebbe ripristinare le fisiologiche condizioni di pressione all’interno
del glomerulo che ripristinano i valori fisiologici di filtrazione glomerulare.

Le cellule juxtaglomerulari costringono l’arteriola, creano una situazione in cui l’arteriola costretta fa
diminuire la pressione all’interno del glomerulo. Sono le cellule muscolari dell’arteriola afferente.

Attraverso questi due meccanismi il nefrone è in grado di mantenere una velocità di filtrazione
glomerulare costante anche a fronte di sbalzi pressori importanti.

I PROCESSI DI TRASPORTO A VALLE DEL GLOMERULO RENALE

203
Nel tubulo contorto prossima si ha una grande quantità di riassorbimento, ossia il 70% di acqua e
soluti vengono tutti riassorbiti dalle cellule della parete del tubulo contorto prossimale che manda al
sangue il 70% dell’acqua e dei soluti filtrati. Quando l’ultrafiltrato arriva all’ansa di Henle è già
ridotto al 30% di ciò che è filtrato. Il tubulo contorto prossimale è specializzato nel
RIASSORBIMENTO. Il riassorbimento del tubulo contorto prossimale avviene in maniera ISO-
OSMOTICA, cioè le cellule della parete del tubulo hanno dei trasportatori che trasportano
attivamente le sostanze dall’ultrafiltrato al sangue. L’ultrafiltrato si diluisce perché i soluti vengono
riassorbiti. Però, poiché queste cellule sono permeabili all’acqua, la differenza osmotica che si crea
dal fatto che i soluti vengono riassorbiti fa sì che subito dopo il riassorbimento dei soluti avvenga il
riassorbimento dell’acqua. Ossia, l’acqua segue i soluti e quindi la concentrazione del filtrato non
cambia dalla capsula di Bowman al tubulo contorto prossimale fino all’ansa di Henle. I soluti e
l’acqua dell’ultrafiltrato nel tubulo contorto prossimale sono alla stessa osmolarità del sangue. Prima
vengono riassorbiti i soluti e poi l’acqua li segue.

Il riassorbimento dei soluti non è uguale per tutti i soluti, nel tubulo contorto prossimale tutto ciò
che è utile viene riassorbito: quindi alcuni soluti vengono completamente riassorbiti e non sono
presenti nei successivi tratti del nefrone. Un esempio è il GLUCOSIO, gli amminoacidi e le piccole
proteine vengono tutte riassorbite in questo tratto. Altre molecole come Na e Cl vengono riassorbiti
sia in questo tratto sia nei tratti successivi.

Dopo questo primo tratto di nefrone specializzato nel riassorbimento l’ultrafiltrato si porta nell’ANSA
DI HENLE, ossia questo dotto che prima ha un tratto discendente verso la midollare del rene e poi fa
una curva stretta e risale. In questa regione l’acqua e i soluti non vengono più riassorbiti assieme ma
si ha un riassorbimento separato: solo di acqua nella branca ascendente e solo di soluti nella branca
ascendente.

Nel tubulo contorto distale e nel dotto collettore, esaminabili come “distretti distali del nefrone”
perché i meccanismi che si hanno a questi due livelli sono molto simili, si ha riassorbimento di soluti
e di acqua ma in maniera regolata da due ormoni. Mentre nel tubulo contorto prossimale si hanno
processi spontanei e non regolati, che avvengono sempre, nei distretti distali il riassorbimento di
acqua e soluti avviene solo se vi è la stimolazione di ORMONI. Questo perché gli ormoni vengono
liberati in base alle condizioni generali e quindi alle necessità dell’organismo:

-Se siamo disidratati, occorre trattenere acqua e arriverà il comando dall’ormone ANTIDIURETICO
(Vasopressina) o ADH che stimolerà le cellule dei distretti distali a riassorbire acqua.

-Se non vi sono problemi di bilancio idrico e vi sono molti liquidi nell’organismo la secrezione di ADH
scende molto e quindi l’acqua non verrà riassorbita.

Il riassorbimento di acqua e soluti è spontaneo ed uguale nel tubulo contorto prossimale separato
nell’ansa di Henle (asc: acqua e disc: soluti) e regolato da ormoni nei distretti distali del nefrone.

TUBULO CONTORTO PROSSIMALE

Moltissime molecole vengono riassorbite e gettate nei capillari peritubulari, ossia la seconda rete
capillare dopo il glomerulo renale, il quale ha un contatto con l’inizio del nefrone (Capsula di
Bowman). Il sangue esce dall’arteriola efferente e si getta nei capillari peritubulari, dove la pressione

204
idrostatica è più bassa: quindi questa parte del nefrone è specializzata nel riassorbimento, per
riacquisire tutte le sostanze che arrivano dalla prima parte del nefrone.

RIASSORBIMENTO DI SODIO

La parete del tubulo contorto prossimale è costituita da


cellule spesse perché devono fare una grande attività
di TRASPORTO ATTIVO, di riassorbimento, quindi
possiedono molti mitocondri e consumano molta
energia. Per favorire il processo di riassorbimento,
queste cellule hanno un ORLETTO A SPAZZOLA, ossia
dei MICROVILLI che sporgono nel LUME del TUBULO a
contatto con l’ultrafiltrato per aumentare la
SUPERFICIE DI RIASSORBIMENTO.

Per ogni molecola presente nel sangue esiste un


meccanismo di trasporto specifico nelle cellule
tubulari.

Le capacità di riassorbimento e i meccanismi di


trasporto delle cellule del tubulo contorto prossimale si
basano su questo meccanismo: le cellule sono
epiteliali, quindi sono vicine una all’altra; nella parte
che da verso il lume del tubulo vi sono delle giunzioni
strette. Le cellule hanno dei meccanismi di trasporto sulla membrana apicale (ossia quella dei microvilli,
che da verso l’interno del tubulo) che sono completamente diversi da quelli espressi nella membrana
baso-laterale, che sta sotto queste giunzioni strette ed è a contatto con il liquido extracellulare
(interstiziale). I capillari però sono subito addossati a queste cellule, quindi, le molecole che entrano nel
liquido interstiziale passano immediatamente ai capillari per venire riassorbite. Queste cellule sono molto
orientate: hanno una faccia luminale (rivolta verso il lume del tubulo) che ha molecole di trasporto
diverse da quella baso-laterale.

Sicuramente il sodio è una molecola che viene molto riassorbita, così come il Cloro, questo perché l’NaCl
nel sangue è molto rappresentato. Inoltre, l’NaCl è una delle principali OSMOLI del liquido
EXTRACELLULARE, ossia interstiziale. Quindi non possiamo perdere molto NaCl nelle urine, se ne può
perdere un po’ se è stato assunto con la dieta per mantenere il bilancio ma la maggior parte di NaCl viene
riassorbito perché occorre mantenere l’osmolarità costante.

L’NaCl, in particolare il sodio viene riassorbito secondo questo meccanismo:

Nella membrana luminale sono presenti dei canali del sodio passivi (SEMPRE APERTI). Il sodio che arriva
dal glomerulo renale ed entra nel tubulo contorto prossimale trova delle cellule che hanno dei canali per
il sodio. Il sodio che è molto concentrato entra all’interno della cellula (dove è poco rappresentato). Sulla
membrana baso-laterale è presente la POMPA SODIO POTASSIO ATPasi che continuamente (consumando
ATP) pompa sodio all’esterno della cellula nel liquido interstiziale. Però non lo pompa di nuovo
nell’ultrafiltrato ma lo pompa dal lato che permette al sodio di essere riassorbito nei capillari peritubulari.

Il sodio una volta entrato nel liquido interstiziale andrà al sangue e verrà riassorbito.

Il riassorbimento del sodio quindi funziona tramite due trasportatori: uno è un canale passivo sempre
aperto per il sodio ed uno è un trasportatore attivo.

205
Il trasporto del sodio però può avvenire anche in altro modo:

Il sodio è spesso accoppiato ad altre molecole: infatti, l’entrata del sodio dal lume del tubulo all’interno
delle cellule tubulari è FAVORITA DAL GRADIENTE DI CONCENTRAZIONE perché all’interno della cellula vi
è poco sodio (perché viene sempre portato all’esterno dalla pompa Na-K ATPasi).

Quando il sodio entra passivamente dal lume all’interno della cellula secondo gradiente vi sono dei
trasportatori sulla membrana apicale che co-trasportano assieme al sodio il GLUCOSIO e gli
AMMINOACIDI. Quindi il trasporto del sodio è usato anche come forza di traino per riassorbire anche
molecole molto importanti come il glucosio e gli amminoacidi.

Questi meccanismi di riassorbimento riguardano


anche gli altri ioni per esempio il bicarbonato, il cloro ecc…

Di conseguenza il liquido interstiziale si va a concentrare perché arrivano molecole grazie all’attività


di trasporto delle cellule tubulari. Allora ciò significa che aumenta l’osmolarità a livello del liquido
extracellulare e questo richiama ACQUA dal lume tubulare.

Prima vengono riassorbiti i soluti, i soluti fanno aumentare l’osmolarità del liquido interstiziale e
quindi l’osmolarità aumentata richiama acqua SIA ATTRAVERSO LE GIUNZIONI STRETTE SIA
ATTRAVERSO LA CELLULA.

206
Quindi il riassorbimento di acqua avviene per VIA PARACELLULARE: ossia attraverso le giunzioni
strette fra una cellula e l’altra, oppure per via TRANSCELLULARE, cioè attraverso pori per l’acqua
sulla membrana delle cellule.

L’acqua segue i soluti. Prima vengono riassorbiti i soluti e poi il cambiamento nell’osmolarità del
liquido interstiziale (extracellulare) richiama ACQUA dal tubulo contorto prossimale.

Nel passaggio dal tubulo contorto prossimale l’ultrafiltrato si riduce del 70% sia di acqua e soluti.
Alcuni soluti, addirittura, come GLUCOSIO e AMMINOACIDI vengono totalmente riassorbiti. Altri
soluti si mantengono ad una discreta concentrazione e verranno riassorbiti in altri tratti del nefrone.

ANSA DI HENLE

Una volta che l’ultrafiltrato passa nel tubulo contorto prossimale, dove ha perso molti soluti (alcuni
completamente riassorbiti) e acqua ed il suo volume è ridotto al 30% di quello che era inizialmente.

Nell’ansa di Henle si ha una situazione diversa: l’ultrafiltrato che discende per poi risalire per le due
branche dell’ansa di Henle parte con un’osmolarità simile a quella del plasma, ossia, 280-300
mOsm/Kg.

A questo punto l’ultrafiltrato inizia a percorrere la branca discendente dell’ansa di Henle.

Questo tratto di nefrone è permeabile all’acqua ma le cellule della parete di questo tratto di nefrone
mancano di tutti i meccanismi di trasporto che avevano le cellule del tubulo contorto prossimale.

Le cellule possiedono solo i pori per l’ACQUA quindi quando la branca ascendente inizia a portarsi
verso la MIDOLLARE DEL RENE va incontro ad un ambiente più concentrato. Nella regione midollare
vi sono tantissime anse e tantissimi capillari quindi vi è scarso liquido interstiziale. Il liquido
extracellulare è via via più concentrato. Cioè partendo dalla regione più superficiale (CORTICALE) e
scendendo verso la midollare si arriva alla parte più centrale del rene in cui il liquido extracellulare è
molto concentrato (per la presenza di Sali/soluti). Si arriva ad un’osmolarità pari a 1200mOsm.

Mentre glomerulo e capsula di Bowman sono specializzati nella filtrazione e nella formazione nello
spazio di Bowman di un liquido che contiene molti soluti (ultrafiltrato).

L’ultrafiltrato passa poi in un tratto del nefrone specializzato nel riassorbimento, il TUBULO
CONTORTO PROSSIMALE.

207
La funzione dell’ansa di Henle nell’ambito della funzionalità renale è quella di creare un ambiente
IPEROSMOTICO MIDOLLARE, questo significa che nella midollare del rene (parte bassa del rene)
abbiamo un accumulo di NaCl. Non vi è un liquido extracellulare come fra tutte le altre cellule che ha
un’osmolarità di 300mOsm ma è molto più concentrato.

Questa concentrazione è dovuta al lavoro delle anse di Henle. Le anse di Henle creano questa
concentrazione perché questo serve moltissimo per le funzioni dei distretti distali. I distretti distali
saranno capaci di concentrare o diluire le urine (e quindi di eliminare una grande quantità di acqua o
poca acqua) proprio in virtù del fatto che esiste questo gradiente di osmolarità nella midollare del
rene creato dalle anse.

All’inizio all’ansa di Henle arriva un ultrafiltrato che è quantitativamente molto ridotto rispetto a
quello filtrato dai glomeruli, grazie all’enorme attività di riassorbimento del tubulo contorto
prossimale. Abbiamo solo il 30% del filtrato. L’ultrafiltrato è, poi, isosmotico con il plasma, ossia,
l’osmolarità di questo ultrafiltrato è uguale a quella dell’ultrafiltrato all’inizio del rene. L’osmolarità si
mantiene costante lungo tutto il tubulo contorto prossimale.

A questo punto, però, cambiano le proprietà delle pareti del tubulo: LE CELLULE DELLA PARETE
DELLA BRANCA DISCENDENTE DELL’ANSA DI HENLE hanno i pori per l’acqua ma NON HANNO TUTTI I
MECCANISMI DI TRASPORTO.

Succede che questa branca è permeabile all’acqua ma NON AI SOLUTI. Quindi i soluti, più si scende
verso l’apice dell’ansa rimangono all’interno mentre l’acqua fuoriesce perché fuori l’ambiente è più
concentrato e quindi l’acqua VIENE RICHIAMATA ALL’ESTERNO PER GRADIENTE OSMOTICO e
all’interno dell’ansa l’osmolarità aumenta da 300 sino all’apice in cui è pari a 1200mOsm. Nella
discesa lungo l’ansa quindi il filtrato si è iper-concentrato, perdendo acqua e mantenendo i soluti.

A questo punto il filtrato inizia a risalire nella branca ascendente, che si divide in due parti:

-branca SOTTILE ASCENDENTE, con caratteristiche simili a quelle dell’ansa discendente

-branca SPESSA ASCENDENTE, in cui le cellule della parete del tubulo sono nuovamente SPESSE
(piene di mitocondri) perché riassorbono NaCl in maniera attiva.

Mentre l’ultrafiltrato passa nella branca ascendente succede che la BRANCA ASCENDENTE è
impermeabile all’acqua, ossia le CELLULE NON POSSIEDONO I PORI PER L’ACQUA. L’acqua non si
muove in nessuna direzione. Gli unici meccanismi presenti in questa regione sono dei meccanismi di
trasporto per l’NaCl: questi si differenziano leggermente nella parte sottile rispetto a quella spessa.

Nella parte sottile vi sono solo dei canali che fanno uscire sodio e cloro perché l’interno del tubulo si
è talmente concentrato (1200mOsm) grazie alla perdita d’acqua avvenuta nella branca discendente
che la concentrazione tende a superare quella esterna e quindi nel primo tratto si ha un passaggio di
NaCl per gradiente di concentrazione.

Ma dopo poco, questo meccanismo passivo si interrompe e si sviluppa maggiormente nel tratto
ascendente spesso il TRASPORTO ATTIVO DI NaCl.

Quindi sia passivamente che attivamente la branca ascendente dell’ansa di Henle butta fuori molto
NaCl, quindi l’ultrafiltrato perde soluti ma non perde acqua perché le cellule non hanno i pori,
succede che il filtrato inizia progressivamente a diluirsi per la perdita dei soli soluti, fino ad arrivare
ad un’osmolarità pari a 100mOsm.

208
Durante il passaggio nell’ansa l’ultrafiltrato si è diluito notevolmente: è entrato con un’osmolarità di
300, si è concentrato moltissimo sino a 1200 ma l’attività di diluizione è stata così intensa che alla
fine della branca ascendente giunge un liquido che risulta essere IPO-OSMOTICO, ossia ha meno
soluti rispetto a quello che è entrato nell’ansa.

I soluti riassorbiti sono finiti nel liquido interstiziale dell’ansa. Per cui ad ogni passaggio dell’ansa si
ha un accumulo di NaCl all’interno della midollare del rene. Questo crea una forte concentrazione di
NaCl nella midollare del rene e quindi lo scopo dell’ansa è quello di creare il GRADIENTE OSMOTICO,
che servirà nei distretti distali del nefrone.

La midollare del rene è irrorata dal sangue, che ha


un’osmolarità ben minore (ha 300mOsm). Il sangue,
essendo meno concentrato, potrebbe portarsi via
questi Sali accumulati dall’ansa di Henle.

In realtà, nella midollare si ha un’elevata quantità di


anse di Henle e di capillari peritubulari (quelli che si
spingono fino nella midollare vengono detti VASA
RECTA per via del loro andamento rettilineo). I vasa
recta scorrono CONTROCORRENTE AL LIQUIDO
DELL’ANSA. Quando il sangue scende va a
raccogliere il sangue che esce dall’ansa e quindi il
sangue che va nella midollare si carica di questo
sale (NaCl) e non permette al sale di essere
trasportato via perché il sangue va verso la
midollare e si porta dietro l’NaCl che provoca un
aumento dell’osmolarità del sangue stesso. A quel
punto quando risale, il sangue inizia a venire a
contatto con le branche ascendenti che stanno liberando l’acqua. L’acqua liberata dalla branca
discendente è un altro fattore che potrebbe diluire l’ambiente midollare.

Questo non accade: invece, l’acqua viene presa dal sangue che si è concentrato scendendo e il
sangue si ridiluisce riprendendosi l’acqua che esce dalla branca discendente portandola verso la
corticale, allontanandola dalla midollare del rene.

I vasa recta aiutano a mantenere il gradiente osmotico creato dall’ansa di Henle perché quando
scendono tendono a caricarsi di sale e a tenerlo concentrato nella regione midollare mentre quando
salgono il sangue si diluisce prendendo l’acqua che esce dalla branca discendente, non permettendo
all’acqua che esce dalla branca discendente di andare a diluire l’ambiente più concentrato della
midollare. Scorrendo controcorrente rispetto al verso in cui scorre l’ultrafiltrato il sangue riesce ad
aiutare l’ansa a mantenere questo gradiente osmotico. Il sangue scorre più velocemente rispetto al
liquido nell’ansa e così facendo rischia meno di portarsi via troppo sale, proprio per il fatto che
scorre controcorrente. L’ansa di Henle è un tratto del nefrone che ci permette di concentrare la
midollare del rene con molto NaCl. Questo è utile per il funzionamento dei distretti distali del
nefrone.

BILANCIO IDRO-SALINO

Durante la giornata acquisiamo sia acqua che soluti. Il rene ha la funzione di riuscire a rispondere alle
esigenze dell’organismo, se l’organismo ha bisogno di liquidi il rene interviene con dei meccanismi
che permettono di trattenere liquidi o di trattenere soluti. Queto avviene nei distretti distali: tubulo

209
contorto distale e dotto
collettore sono quei tratti
di nefrone in grado di
operare la regolazione,
che dipende dalla
situazione del nostro
organismo. In una donna
normopeso la quantità di
acqua corrisponde al 50%
del suo peso corporeo,
mentre quella di un
uomo corrisponde al
60%. L’acqua è
concentrata soprattutto
all’interno delle cellule,
ossia nel citoplasma delle
cellule. Il liquido
extracellulare è costituito da PLASMA per il 25% e da liquido INTERSTIZIALE per il 75%, vi sono tessuti
che hanno più acqua al loro interno rispetto ad altri.

Le entrate di acqua e le perdite di acqua devono essere sempre equilibrate.

Le entrate di acqua avvengono in due modi:

-ASSUNZIONE DI ALIMENTI E BEVANDE, grazie ai quali introduciamo una media di 2,2L di acqua al
giorno.

210
-METABOLISMO, come la fosforilazione ossidativa, la glicolisi aerobia ed il ciclo di Krebs, attraverso i
quali il glucosio, ad esempio produce CO2 e acqua oltre che all’ATP. Anche dalla demolizione dei
nutrienti si produce una modesta quantità di acqua (circa 300ml di acqua).

Le entrate di acqua corrispondono quindi a circa 2,5l.

Se il corpo è in EUVOLEMIA, dovremo avere la stessa quantità di perdite di acqua.

L’acqua viene dispersa in 3 modi:

-ATTRAVERSO L’URINA (circa 1,5L): il volume urinario deve essere modulato affinché si abbia una
somma delle fuoriuscite di acqua che eguagli le entrate di acqua. Ossia se la perdita insensibile di
acqua e sudore aumenta d’estate, l’urina prodotta, a parità di entrata dovrà essere meno di 1,5L. Il
rene è quindi in grado di variare il volume di urina a seconda di come cambiano le condizioni
dell’organismo.

-ATTRAVERSO LA CUTE ED I POLMONI, si ha una perdita insensibile di acqua e sudore che può variare
in base alla temperatura esterna (ma ammonta a circa 0,9l)

-ATTRAVERSO LE FECI (0,1L/die)

I reni possono solo conservare i liquidi ma


non possono introdurre acqua o soluti
nell’organismo ma conservare solo quelli
che sono già stati introdotti. Se servono
liquidi o soluti il rene può agire limitando
le uscite di sostanze utili alla situazione e
conservandole.

RUOLO DELLA VASOPRESSINA (ADH)

Se si sono persi sia acqua e soluti (come nel caso di emorragia) il rene dovrà agire su entrambe le
sostanze, frenando le uscite. Il minimo volume urinario è di comunque 400ml di urina, che
normalmente ammonta a 1500-2000ml.

Se c’è bisogno di eliminare liquido si possono produrre fino a 18L di urina estremamente diluita.

Se vi è una scarsa produzione di urina, 400ml, l’urina è molto concentrata, circa 1200mOsm, mentre
normalmente l’osmolarità dell’urina si aggira intorno ai 500mOsm.

Si può arrivare a produrre anche 18L di urina ad un’osmolarità di 50mOsm.

211
Se si ha un’emorragia il rene dovrà essere in grado di bloccare la fuoriuscita di acqua e soluti.
Succede più spesso che, invece, si ha la necessità di trattenere una sola delle due componenti. Come
nel caso della disidratazione in cui si trattengono liquidi.

Vi sono due catene ormonali separate che agiscono sui DISTRETTI DISTALI:

-Riassorbimento dell’acqua

-Riassorbimento dei soluti

Possono essere attivate simultaneamente o una può inibire l’altra a seconda delle esigenze.

Le cellule del tubulo contorto distale e del dotto collettore rispondo alla vasopressina (o ormone
antidiuretico). Questo ormone è un ormone peptidico (di tipo proteico), costituito da 9 amminoacidi.
Non è una vera e propria proteina ma un peptide, piccola proteina. Gli ormoni peptidici hanno un
meccanismo di azione diverso dagli ormoni di tipo LIPIDICO, gli ormoni che agiscono sui distretti
distali del nefrone sono uno di tipo peptidico (vasopressina) e uno di tipo lipidico (aldosterone).

L’ADH viene rilasciato dalla NEUROIPOFISI. Viene prodotto da NEURONI presenti nell’ipotalamo: nel
NUCLEO SOPRAOTTICO e nel NUCLEO PARAVENTRICOLARE. In questi nuclei ipotalamici sono
presenti dei neuroni i cui assoni lasciano l’encefalo e vanno al lobo posteriore dell’ipofisi dove
prendono contatto sinaptico con i capillari. Viene anche definito NEURORMONE perché viene
liberato da NEURONI.

Il lobo posteriore dell’ipofisi è molto diverso dal lobo anteriore. Questo perché nel lobo anteriore
dell’ipofisi vi sono le varie cellule che producono ormoni (come il GH, gli ormoni trofici per tiroide e
surrene). Quindi l’adenoipofisi è costituita da TESSUTO ENDOCRINO.

Il lobo posteriore, invece, è costituito dai terminali sinaptici. Nelle vescicole sinaptiche di questi
neuroni vi è proprio l’ADH. Questo ormone è quindi prodotto dai neuroni e viene immagazzinato
nelle vescicole sinaptiche del terminale assonale che si trova nella neuroipofisi. Questi neurormoni
liberati dai terminali sinaptici vanno a finire nel sangue dove poi raggiungeranno i loro tessuti
bersaglio.

I neuroni che producono ADH vengono raggiunti da tre tipi di stimoli che ne causano il RILASCIO:

o AUMENTO DELL’OSMOLARITA’ DEI LIQUIDI CORPOREI. L’osmolarità dei nostri liquidi


corporei è controllata dagli OSMOCETTORI che sono cellule presenti molto vicino ai nuclei in
cui si trovano gli ormoni che producono ADH, cioè nell’ipotalamo. La parete cellulare degli

212
osmocettori risente dell’osmolarità dei liquidi corporei. Quando l’osmolarità del sangue
cresce, anche di poco (già a 300 mOsm, sopra i 280, sono già parzialmente attivi perché sono
MOLTO sensibili) essi si attivano. Gli osmocettori trovandosi molto vicini ai neuroni che
producono ADH attivano immediatamente il meccanismo di secrezione dell’ormone. Il
sistema di rilascio dell’ADH è particolarmente e soprattutto sensibile all’osmolarità, ossia,
alla concentrazione di soluti nei liquidi corporei.
o DIMINUZIONE DEL VOLUME PLASMATICO, si trattiene liquido per ripristinare il volume
plasmatico.
o DIMINUZIONE DELLA PRESSIONE ARTERIOSA, la riduzione del volume di sangue ha influenze
sulla pressione arteriosa, appena si ha una perdita di sangue, la pressione cala.

Nel sistema ad alta pressione e nel sistema a bassa pressione vi sono recettori che regolano la
pressione sanguigna:

-Nel seno aortico e nella biforcazione della carotide vi sono sulla parete di questi vasi ad alta
pressione delle cellule che monitorano costantemente la pressione arteriosa. Essi sono dei sensori
della tensione della parete del vaso. Ossia, sono recettori sensitivi, mandano dei potenziali d’azione
continuamente per valori normali di tensione della parete. Se aumenta la pressione e quindi la
tensione del vaso, i recettori risentono dello stiramento della parete del vaso e segnalano con più
potenziali d’azione che la pressione è aumentata.

Se la pressione diminuisce, invece, i sensori della parete del vaso segnaleranno la diminuzione della
pressione ed i recettori trasmetteranno i segnali ai neuroni del tronco dell’encefalo che li
trasmetteranno ai neuroni ipotalamici affinché essi producano ADH.

Il volume ematico viene percepito da quei recettori che si trovano nella parte venosa del circolo (a
bassa pressione) nella quale si accumula la maggior parte del sangue. I recettori del volume ematico
sono nella parte a bassa pressione, in particolare nell’ATRIO DESTRO. Questi recettori risentono dello
stiramento della parete dell’atrio. Se si ha ipovolemia, i recettori sentiranno una parete meno tesa,
segnaleranno agli ormoni ipotalamici che è necessario secernere ADH per dire al rene di trattenere
acqua e gettare liquidi nel sistema cardiovascolare.

213
Il nome vasopressina deriva dal fatto che la sua azione provoca un aumento della pressione
arteriosa.

MECCANISMO DI AZIONE DELL’ADH

L’aumento dell’osmolarità, la diminuzione dello stiramento atriale causata dal basso volume ematico
(volemia) e la -conseguente- diminuzione della pressione arteriosa sono 3 stimoli captati da diversi
recettori nell’organismo che vanno a portare il messaggio ai neuroni ipotalamici di liberare
VASOPRESSINA, che viene liberato dalla NEUROIPOFISI e va a circolare nel sangue.

La vasopressina è un ormone peptidico, quindi, non può attraversare il doppio strato lipidico della
membrana cellulare. Per questo motivo vi sono dei recettori posti sulla superficie della membrana
che sono specifici per l’ADH. La vasopressina viene rilasciata dalla neuroipofisi e viaggia nel torrente
ematico venendo a contatto con molte cellule. Questo ormone però va ad agire solo sulle cellule dei
distretti distali del nefrone (e in parte quelle dell’ansa di Henle) perché queste cellule, in particolare
nella loro faccia vaso-laterale presentano il recettore per la vasopressina, ossia un recettore di
membrana che lega specificamente la vasopressina.

Quando la vasopressina non è presente a questo livello, questa molecola non agisce, quando arriva
l’ADH, il recettore si attiva in seguito al legame con la VASOPRESSINA ed attiva una cascata di
reazioni intercellulari in queste cellule.

Queste reazioni hanno un importante effetto: le cellule del dotto collettore e del tubulo contorto
distale hanno la caratteristica di essere IMPERMEABILI all’ACQUA, così come le cellule della branca
ascendente dell’ansa di Henle che sono permeabili solo ai soluti.

Queste cellule sono impermeabili all’acqua, ossia NON POSSIEDONO I PORI PER L’ACQUA e quindi
l’acqua NON passa attraverso queste cellule.

All’interno delle cellule, in realtà, vi sono delle vescicole che contengono dei pori per l’acqua, le
ACQUAPORINE. Questi pori per l’acqua si distinguono in quattro tipi:

-ACQUAPORINE DI TIPO I

-ACQUAPORINE DI TIPO II

-ACQUAPORINE DI TIPO III

-ACQUAPORINE DI TIPO IV

214
A seconda di dove sono espressi nelle cellule.

I pori per l’acqua presenti nelle cellule dei distretti distali del nefrone sono ACQUAPORINE DI TIPO II
e la loro differenza rispetto alle altre acquaporine è che sono REGOLATE, ossia, non sono espresse
sulla membrana sempre ma sono espresse dentro la cellula e quando serve vanno sulla membrana.

Lo scopo dell’ADH è quello di arrivare alle cellule dei distretti distali del nefrone, che sono
impermeabili all’acqua e quindi tutta questa pre-urina che arrivava dall’ansa di Henle molto diluita
arriva in questi dotti finali e se non è presente l’ADH, l’acqua resta nel dotto collettore perché le
cellule del dotto collettore sono impermeabili all’acqua (non possiedono i pori per l’acqua), quindi
quest’acqua passa per queste cellule che non riescono ad interagire con essa e va nell’urina.

In situazioni di disidratazione, in cui abbiamo perso molta acqua, i nostri liquidi corporei si sono
concentrati con un conseguente aumento dell’osmolarità abbiamo bisogno di riassorbire dell’acqua
per diluire questi liquidi concentrati.

In situazioni in cui abbiamo perso dei liquidi e abbiamo IPOVOLEMIA ed IPOTENSIONE, abbiamo
bisogno di riportare il circolo alla giusta pressione re-inserendo del liquido nel sangue.

A questo punto, parte il segnale per la vasopressina, che agendo su queste cellule del dotto
collettore fa sì che queste vescicole contenenti i pori per l’acqua (che stanno normalmente dentro la
cellula) si fondano con la parete della membrana apicale e mettano in membrana i pori per l’acqua.

A questo punto, l’acqua, che è una molecola che si muove passivamente nell’organismo (senza che
occorrano trasportatori) una volta che ci sono i pori si muove da un compartimento all’altro
seguendo il GRADIENTE DI CONCENTRAZIONE.

O meglio, si sposterà da un liquido molto diluito ad un liquido più concentrato. Se vi è un liquido


diluito ed uno più concentrato e la membrana è permeabile all’acqua, la parte concentrata
richiamerà acqua verso se stessa. Subito dopo l’ansa di Henle, nel tubulo contorto prossimale, il
liquido è molto diluito, con un’osmolarità di circa 100-150mOsm. Si hanno pochi soluti e molta
acqua. Nell’ambiente dell’interstizio midollare, invece, le anse hanno lavorato per creare un
ambiente molto concentrato (si arriva anche a 1200mOsm). I dotti collettori scorrono in una zona
molto concentrata e quindi nel momento in cui vi sono i pori per l’acqua, l’AMBIEBNTE
EXTRACELLULARE MIDOLLARE va a richiamare immediatamente l’acqua dal lume del dotto collettore
verso l’ambiente extracellulare e quindi al sangue.

In pratica, l’ADH rendendo permeabili all’acqua le membrane apicali delle cellule del dotto collettore
che scorre in un ambiente iperosmotico permette con grande efficienza il riassorbimento di acqua.
Questo perché l’acqua passerà dall’ambiente diluito del lume del tubulo all’ambiente concentrato
della midollare del rene, poi passerà al sangue e l’acqua verrà allontanata per non diluire l’ambiente
iperosmotico ma per far si che vada ad aumentare il volume ematico.

215
(B) Se non abbiamo bisogno di vasopressina l’ultrafiltrato che arriva ai distretti distali dopo il
passaggio attraverso l’ansa di Henle ha un’osmolarità di circa 100mOsm, non ha bisogno di essere
riassorbito perché vi è una sufficiente quantità di liquidi e quindi verrà liberata un’urina molto diluita
(100mOsm). Questo liquido pieno d’acqua scorre in un ambiente molto più concentrato senza poter
comunicare, ossia, l’acqua non passa perché le cellule sono impermeabili e non la fanno passare.

(A) Quando invece vi è elevata osmolarità, ipotensione e bassa volemia, questi stimoli provocano la
liberazione di ADH dalla neuroipofisi e questo ADH agisce sulle cellule del tubulo contorto distale e
del dotto collettore e provoca la loro permeabilità all’acqua. In questa maniera, l’acqua verrà
richiamata dall’ambiente concentrato extracellulare e quindi l’ultrafiltrato si concentra. L’urina potrà
arrivare anche ad avere un’osmolarità di 1200mOsm.

La vasopressina agisce anche sulla capacità dell’ansa di Henle di creare un gradiente osmotico.
Normalmente, quando non si ha bisogno di acqua, non serve mantenere un gradiente osmotico
molto “ripido” ossia 300mOsm a livello della giunzione cortico-midollare e 1200mOsm in fondo al
dotto collettore.

Le anse di Henle non devono lavorare molto per concentrare una grande quantità di Sali.

Normalmente questo gradiente non può essere dissipato ma viene mantenuto meno ripido (in fondo
al dotto collettore si hanno valori circa di 600-700mOsm).

Quando arriva l’ADH oltre a rendere permeabili all’acqua le cellule dei distretti distali del nefrone
con l’aggiunta delle acquaporine di tipo II, stimola anche l’ansa di Henle a compiere TRASPORTO
ATTIVO, cosicché l’ansa crea un forte gradiente osmotico, funzionale al riassorbimento dell’acqua dal
dotto collettore.

Un altro meccanismo che si attiva in situazioni di DISIDRATAZIONE è la sensazione di SETE. Ossia,


quando diminuiscono la volemia e la pressione si hanno sia effetti sui reni che sul sistema
cardiovascolare. I barocettori in questo caso oltre ad attivare il meccanismo dell’ADH attivano anche
il sistema ortosimpatico per l’attivazione del sistema cardiovascolare. In questo caso mente il
sistema cardiovascolare attiva i suoi sistemi di regolazione per mantenere una pressione arteriosa
fisiologica, il rene attiva un meccanismo di riassorbimento dell’acqua per andare a rimpinguare il
sistema cardiovascolare e contrastare la caduta pressoria.

216
Un altro effetto oltre alla caduta pressoria che origina una risposta cardiovascolare e nei reni, lo si ha
sul COMPORTAMENTO, ossia una parte di cervello che regola il comportamento attiva una zona
dell’ipotalamo (centro della sete) che viene stimolato in condizioni di ipotensione e bassa volemia,
causando la sensazione di sete. Si cercherà quindi di bere, questo serve per ripristinare i liquidi
corporei che hanno diminuito il loro volume e quindi aumentare la pressione.

LEC= liquido extracellulare (interstiziale)

LIC= liquido intracellulare

REGOLAZIONE DEL RIASSORBIMENTO DEI SOLUTI (NaCl)

Il rene regola la concentrazione di NaCl. A seconda dell’assunzione giornaliera, il rene è in grado di


eliminare la stessa quantità che noi assumiamo che normalmente è circa 140mEq (circa 8gr) ma
questa quantità può subire variazioni a seconda di ciò che mangiamo e l’escrezione a livello renale
può variare da piccole quantità di sodio escreto fino a 1000mEq quando viene introdotto molto sale
a causa della nostra dieta.

Il secondo ormone importante che regola il riassorbimento, che agisce sul riassorbimento dei soluti è
l’ALDOSTERONE.

217
Non vi è solo l’aldosterone che regola il riassorbimento dei soluti, ma esistono altri due sistemi che
regolano la quantità di sodio nelle urine. Il sistema dell’aldosterone assieme alla stimolazione del
sistema nervoso ortosimpatico aumentano il riassorbimento del sodio.

Quando sono attivi sia l’ADH che l’aldosterone vi sarà il riassorbimento in parallelo sia di acqua che
di soluti. Quando vi è solo l’aldosterone si avrà il riassorbimento solo dei soluti.

Vi è un sistema che agisce sull’NaCl in senso opposto, ossia vi sono dei piccoli peptidi che provocano
l’aumento della liberazione di NaCl.

Sono le cellule dell’apparato juxtaglomerulare (della parete dell’arteriola afferente) che sono in
grado di liberare l’ormone RENINA e quindi dare inizio ad una catena ormonale.

L’apparato juxtaglomerulare funziona nelle due direzioni, ossia, l’apparato svolge la sua funzione:
ossia monitorare la quantità di NaCl all’interno del tubulo contorto distale, ossia eseguire un check-
up della funzione glomerulare. Quando trova troppo NaCl significa che vi è un aumento della velocità
di filtrazione glomerulare e quindi i processi vanno più veloci e la pressione è più elevata.

L’apparato juxtaglomerulare provoca la contrazione delle cellule della parete, si ha una diminuzione
del calibro dell’arteriola afferente e quindi si ha la diminuzione della pressione a livello glomerulare.

Quando la pressione è alta, il meccanismo d’azione di questo apparato è stimolare la contrazione


della muscolatura liscia dell’arteriola afferente.

Nella situazione opposta, invece, la pressione è bassa. Quando vi è bassa pressione NON avviene la
dilatazione dell’arteriola, questo perché quando la pressione è bassa, di fatto, prevalgono i sistemi
vasocostrittori. Quando si ha ipotensione, interviene il SN ortosimpatico che agisce sia stimolando il
cuore sia provocando vasocostrizione di tutti i vasi, in particolar modo delle ARTERIOLE. Quindi
questo sistema della regolazione della pressione non può funzionare, ossia non si può contrastare la
bassa pressione nel glomerulo dilatando l’arteriola afferente. Perché quando vi è ipotensione
prevalgono tutti i sistemi che dipendono dall’attivazione del SN Ortosimpatico, ossia vasocostrizione
di tutti i vasi.

Quando vi è ipotensione, l’apparato juxtaglomerulare percepirà poco NaCl e quindi va ad agire sulle
cellule juxtaglomerulari mandando il messaggio di LIBERARE LA RENINA.

218
La secrezione di renina da parte delle cellule juxtaglomerulari dell’arteriola afferente è causata
dall’abbassamento di pressione che agisce su queste cellule attraverso molte vie. Ossia che un
abbassamento della pressione abbassa la velocità di filtrazione glomerulare, che provoca una
diminuzione del trasporto di NaCL e l’apparato juxtaglomerulare manda dei comandi perché le
cellule dell’arteriola afferente liberino la renina.

Questo stesso messaggio arriva alle cellule dell’arteriola afferente anche attraverso altre strade,
come l’attivazione dell’attività ortosimpatica. Il SN ortosimpatico si attiva quando cala la pressione
non agisce solo a livello del sistema cardiovascolare ma agisce anche sul rene, in particolare sulle
cellule dell’arteriola efferente mandando il messaggio della liberazione della RENINA. Le stesse
cellule dell’arteriola, poi, essendo a contatto con il sangue, sentono già che vi è un abbassamento
pressorio e quindi iniziano spontaneamente a liberare RENINA.

Le cellule juxtaglomerulari dell’arteriola


afferente producono renina ed il principale
stimolo alla liberazione della renina è
l’abbassamento della pressione. Il messaggio
dell’abbassamento della pressione arriva a
queste cellule attraverso vari meccanismi.

Una volta liberata la renina agisce su una


molecola detta ANGIOTENSINOGENO.

L’angiotensinogeno è un precursore presente nel plasma, ossia è un ormone che non è in grado di
funzionare perché è immaturo. La renina ne provoca una MATURAZIONE PARZIALE:
l’angiotensinogeno si trasforma in ANGIOTENSINA I ma ha bisogno di un altro enzima che provoca
un’ulteriore maturazione dell’angiotensina I in ANGIOTENSINA II.

La renina quindi agisce sul precursore angiotensinogeno per attivare una serie di reazioni che
provocano la formazione di Angiotensina II.

219
L’angiotensina II agisce sulla ghiandola surrenale (corticale del surrene) e provoca la liberazione
dell’ormone LIPIDO aldosterone. Questo ormone va ad agire a livello dei distretti distali del nefrone.

Angiotensina II è una molecola molto potente perché oltre a fare ciò, agisce anche stimolando la
vasocostrizione delle arteriole, stimolando la risposta del sistema nervoso ortosimpatico (che
probabilmente è già attiva) andandone ad aumentare l’attività se si è già attivata la risposta
ortosimpatica. Questo va ad agire sulle risposte cardiovascolari. Essa agisce anche sull’ADH
stimolandone la liberazione, perché quando vi è ipotensione normalmente si ha bisogno sia di acqua
che di soluti.

L’aldosterone è un ormone di tipo lipidico che ha un meccanismo di azione diverso da quello


peptidico.

Questo perché anzitutto l’ormone proteico viene accumulato in vescicole, quindi quando vi è la
richiesta di liberazione di ormone antidiuretico, partono dei potenziali d’azione e l’ADH è subito
disponibile e va ad agire sulle cellule.

L’aldosterone, invece, è un ormone lipidico quindi tendenzialmente non vi sono degli accumuli
intracellulari perché gli ormoni lipidici non riescono ad essere accumulati all’interno delle cellule
perché gli ormoni lipidici passano molto bene attraverso la membrana.

Dentro la cellula vi sono dei precursori che servono alla cellula nel momento in cui arriva
Angiotensina II alla corticale del surrene. Nella corticale del surrene vi sono dei precursori che
permettono di liberare l’aldosterone ma più lentamente rispetto all’ormone peptidico.

Gli effetti sulle cellule bersaglio degli ormoni di tipo lipidico sono lenti, questo perché una volta
arrivati alle cellule bersaglio questi ormoni trovano dei recettori intracellulari con cui formano dei
complessi che vanno ad agire a livello del nucleo della cellula stessa.

Nel dotto collettore, il complesso aldosterone-recettore entra nel nucleo, dove vanno a legarsi al
DNA in posizioni specifiche attivando la trascrizione di GENI (meccanismo lento). I geni devono
essere trascritti e poi tradotti in nuove proteine, a quel punto le proteine potranno espletare le
funzioni dell’ormone lipidico. E’ un meccanismo lento. Le nuove proteine prodotte dalle cellule del
dotto collettore sotto lo stimolo dell’aldosterone causano un aumento dell’assorbimento di NaCl.

L’aumento dell’assorbimento di NaCl è il principale effetto dell’aldosterone, quindi questi geni


prodotti dalle cellule del dotto collettore sotto lo stimolo dell’aldosterone saranno tutti quei geni
CODIFICANTI PER LE PROTEINE CHE TRSPORTANO L’NaCl:

● CANALI DEL SODIO SULLA SUPERFICIE APICALE


● POMPA SODIO-POTASSIO SULLA SUPERFICIE BASO-LATERALE

Tutte molecole che servono a queste cellule per aumentare la capacità di queste cellule di assorbire
NaCl.

220
Il cloro segue il sodio spesso attraverso il trasporto para-cellulare. L’aldosterone è in grado di
aumentare il riassorbimento di sodio.

La catena di produzione dell’aldosterone ha come inizio la diminuzione della pressione, quindi la


diminuzione della pressione provoca attraverso diversi meccanismi una liberazione di RENINA dalle
cellule dell’arteriola afferente. Quello che dovrà fare l’aldosterone sarà di andare a contrastare
questi effetti di diminuzione della pressione. Effettivamente è ciò che fa l’aldosterone, perché
quando si aumenta la capacità delle cellule del dotto collettore di riassorbire l’NaCl grazie all’azione
dell’aldosterone succede che viene riassorbito più NaCL del previsto e quindi si avrà un aumento
dell’osmolarità dei liquidi extracellulari perché viene riassorbito più NaCl. L’aumento dell’osmolarità
provocherà un aumento del rilascio dell’ormone antidiuretico e quindi vi sarà un conseguente
riassorbimento di acqua oltre a quello di NaCl. L’aumento di acqua è importante per far aumentare
la pressione.

Quando viene stimolato il rilascio di aldosterone a causa di un calo pressorio, in un momento


immediatamente successivo viene liberato anche l’ormone antidiuretico perché tutte e due le
componenti (acqua e soluti) sono importanti per riportare il sistema in pressione.

221
Continuamente sbilanciamo l’organismo sia a livello di liquidi sia a livello di soluti: questi ormoni
quindi devono costantemente intervenire sui distretti distali per controllare la quantità di urine
prodotte.

Esempio: Supponiamo di mangiare un alimento molto salato, senza idratarci. Non abbiamo un
cambio di volume di liquidi corporei ma abbiamo un aumento dell’osmolarità perché il sale va a
diluirsi nei liquidi extracellulare e viene immediatamente percepito dagli osmocettori e provocano la
liberazione di ADH che provoca il riassorbimento di acqua dal dotto collettore.

Questo riassorbimento di acqua provoca immediatamente una diluizione, ossia, il liquido


extracellulare si era concentrato a causa dell’assunzione di sale e quindi è stato necessario
riassorbire acqua dal rene per diluire l’elevata concentrazione, in più abbiamo più sete e se abbiamo
la possibilità di bere, assumiamo liquidi.

Quindi avendo limitato le uscite ed avendo aumentato le entrate abbiamo ottenuto l’effetto sperato
(ossia diluito il liquido extracellulare che era concentrato) ma abbiamo aumentato il volume dei
liquidi extracellulari.

La situazione dal punto di vista dell’osmolarità è risolta ma dal punto di vista del volume dei liquidi
corporei la situazione è sbilanciata. Questo perché abbiamo un aumento del volume dei liquidi
extracellulari, che non è così elevato quindi anche 1L causa un grande squilibrio.

Il volume dei liquidi extracellulari influisce sulla pressione e se abbiamo troppi liquidi anche il circuito
sale di pressione perché sale di volume.

A questo punto si attuano una serie di meccanismi di regolazione all’inverso: i sensori di volume
negli atri segnalano quando vi è troppo volume. In questo caso proprio da questa regione dell’atrio
destro del cuore vi sarà la liberazione di PEPTIDI NATRIURETICI, fra cui l’ANP (peptide natriuretico
atriale) che vanno a contrastare gli effetti di ADH (non serve che vi sia riassorbimento di acqua
perché vi è già molto liquido) e Aldosterone e della renina e quindi provocano una liberazione di
acqua e soluti.

Si ha una escrezione renale di acqua e sale, oltre che un’attivazione del sistema parasimpatico che
cerca di abbassare la pressione. L’abbondante escrezione renale sarà pari alla quantità di liquido
assunta per risolvere l’elevata osmolarità provocata.

222
Solitamente l’aldosterone e l’ADH vengono liberati insieme per contrastare gli effetti dell’ipovolemia
e l’ipotensione mentre l’ADh è l’unico in gioco in caso di disidratazione (quando abbiamo poca acqua
e un’elevata osmolarità). In questo caso l’aldosterone è bloccato per via dell’elevata osmolarità, caso
in cui non vogliamo che vi sia un ulteriore riassorbimento di NaCl.

CLEARENCE RENALE

La clearence è la capacità del rene di depurare il sangue da un soluto.

L’inulina non è una sostanza presente naturalmente nel nostro organismo, è uno zucchero che può
essere iniettato per via EV, che viene filtrata dal glomerulo ed entra nel nefrone. Essa non viene
modificata dal passaggio nei tubuli ma tutta quella che viene filtrata dal glomerulo si trova nelle
urine.

Misurando la quantità di inulina nel sangue e la quantità di inulina nell’unità di tempo possiamo dare
una misurazione della capacità dei nostri glomeruli di filtrare il sangue e depurarlo dall’inulina.

Queste misurazioni ci permettono di misurare la velocità di filtrazione glomerulare (125ml di plasma


al minuto). Poiché l’inulina passa tutta dal sangue al nefrone e non viene poi modificata durante il

223
tragitto per il nefrone, misurare le sue concentrazioni ci dà la misura della velocità di filtrazione
glomerulare, che è la capacità del rene di depurare il sangue dall’inulina.

1. Il glucosio e gli amminoacidi filtrano a livello del glomerulo ed entrano in grande quantità nel
nefrone ma successivamente vengono completamente riassorbite nel tubulo contorto
prossimale. Quindi il sangue che era stato ripulito grazie alla filtrazione dal glucosio poi viene
immediatamente rifornito di glucosio perché tutto quello che era uscito dal sangue viene
rimesso in circolo.
In questo caso si dice che la clearence del glucosio è pari a 0. Il rene non è in grado di ripulire
il sangue dal glucosio perché vi è il riassorbimento.

2. Vi sono poi molecole che vengono filtrate ma vengono anche secrete. Una molecola che
viene filtrata e secreta ha una clearence renale molto elevata perché vi sono addirittura due
meccanismi che la tolgono dal torrente circolatorio.

Misurare la clearence: nei test di funzionalità renale si utilizza una molecola che filtra e poi non viene
riassorbita, come l’inulina. Cosicché viene misurata la funzione della filtrazione.

Però, si è preferito utilizzare una sostanza già presente nelle urine che venisse modificata il meno
possibile durante il suo passaggio attraverso il nefrone, si è scelta quindi la CREATININA. E’ un
prodotto del catabolismo muscolare. E’ una molecola che viene modificata molto poco, filtra dal
sangue e si trova nelle urine. Come misurazione della funzionalità renale dal punto di vista della
capacità di filtrazione si misura la clearence della creatinina che è un parametro che tiene conto
della concentrazione di creatinina nel sangue e della concentrazione della creatinina nell’urina
nell’unità di tempo. Da queste relazioni si evince il parametro che dà l’idea di come funziona il rene.

224
SCIENZE DELL’ALIMENTAZIONE

(FISIOLOGIA DELL’APPARATO DIGERENTE)

L’apparato digerente è formato da:

o CANALE ALIMENTARE, tratto gastro-intestinale, un canale alimentare costituito da: Bocca


(cavità orale), faringe, esofago, stomaco, intestino tenue (diviso in DUODENO 5%, DIGIUNO
40%, ILEO), intestino crasso (diviso in CIECO, le varie sezioni del COLON, il RETTO ed il canale
ANALE).
o STRUTTURE GHIANDOLARI ASSOCIATE, sono ghiandole esocrine, che riversano il loro secreto
nel canale alimentare come: GHIANDOLE SALIVARI, il PANCREAS (98-99% con funzione
esocrina e 1-2% con funzione endocrina) ed il FEGATO che produce BILE la quale viene
immagazzinata nella COLECISTI.

FUNZIONI

1. DIGERIRE il cibo, attraverso dei processi in cui le macromolecole ingerite vengono degradate
chimicamente da enzimi e rese disponibili all’assorbimento
2. ASSORBIRE i principi nutritivi e riversarli nel SANGUE o nella LINFA. Non è un processo
regolato.

Queste due funzioni vengono svolte attraverso 4 processi fondamentali per l’apparato digerente:

-MOTILITA’, tutti i movimenti effettuati dalle varie parti dell’apparato digerente che servono a
frantumare il cibo, a mescolarlo con gli enzimi digestivi (secreti) e a determinarne l’avanzamento
lungo il canale alimentare. Il cibo normalmente avanza in direzione AB-ORALE o ANTEROGRADA
(bocca-ano). La motilità è regolata sia da meccanismi nervosi (neurotrasmettitori liberati dalle varie
fibre nervose che innervano l’apparato digerente) sia da meccanismi ormonali.

-SECREZIONE da parte delle ghiandole esocrine all’interno del canale alimentare dei vari secreti che
sono principalmente ACQUA, muco, enzimi digestivi, proteine ed altri fattori. Questo processo è
regolato sia a livello nervoso sia a livello ormonale.

225
-DIGESTIONE, ossia tutti quei processi mediati dai vari enzimi contenuti nel secreto che scindono le
macromolecole nei vari principi nutritivi (molecole più semplici)

-ASSORBIMENTO, dopo la digestione. Tutti quei processi attraverso cui i principi nutritivi dal lume
dell’intestino attraversano gli enterociti (epitelio dell’intestino) e vengono riversati direttamente dal
sangue o dalla linfa. L’assorbimento NON è regolato.

STRUTTURA LAMINARE DEL TRATTO GASTROINTESTINALE

Tutto il tratto digerente è costituito da una parete con struttura LAMINARE, ossia, costituita da vari
strati. Vi sono variazioni a seconda del segmento analizzato.

Partendo dall’interno:

-LUME

-STRATI DELLA PARETE:

1.Lo strato più interno (rivolto verso il lume dell’intestino ad esempio) è la TONACA MUCOSA.
Questo strato a sua volta è composto da uno strato di cellule EPITELIALI (direttamente rivolte al
lume) e presentano caratteristiche diverse a secondo del tratto. Gli enterociti dell’intestino tenue ad
esempio hanno dei MICROVILLI che formano l’ORLETTO A SPAZZOLA, per aumentare l’area di
superficie. Si ha poi uno strato di tessuto connettivo detto LAMINA PROPRIA. Al di sotto dell’epitelio
e della lamina propria vi sono cellule muscolari LISCE (MUSCOLARIS MUCOSAE), la cui contrazione
determina la comparsa di PLICHE che aumentano l’area di superficie.

2. Al di sopra della MUCOSA vi è la SOTTOMUCOSA, grande strato di tessuto connettivo dove


passano la maggior parte dei vasi sanguigni e linfatici, le varie vie nervose (neuroni) e vi sono
ghiandole esocrine (che riversa il contenuto all’interno del canale alimentare) e ghiandole endocrine
(riversano il secreto nel sangue).

3. TONACA MUSCOLARE, la parete presenta un grande strato di muscolatura liscia che è sempre
suddiviso in 2 strati: strato muscolare più interno (CIRCOLARE) mentre vi è uno strato più esterno
detto LOGNITUDINALE.

I due strati di muscolatura sono detti longitudinale e circolare perché si basano sulla disposizione delle
cellule muscolari lisce.

Nello strato muscolare interno (circolare) le cellule muscolari sono disposte a spirale attorno a quel
determinato segmento di apparato digerente.

Nello strato muscolare esterno le cellule muscolari sono disposte longitudinalmente, ossia sono
allungate.

226
I due strati muscolari hanno un’azione ANTAGONISTA perché la contrazione delle cellule muscolari lisce
da effetti opposti. Quando si contraggono le cellule dello strato circolare quel segmento diventa più
stretto ed allungato.

Quando si contraggono le cellule dello strato longitudinale il segmento si accorcia nella sua lunghezza e si
allarga.

I due strati muscolari non possono mai contrarsi ASSIEME. Quando uno si contrae l’altro deve essere
rilasciato.

4. Infine si ha una tonaca sierosa, uno strato di TESSUTO CONNETTIVO.

SISTEMA NERVOSO ENTERICO

L’apparato digerente possiede un proprio sistema nervoso, considerato la terza divisione del SN
Autonomo, deputato a funzioni involontarie. Queste funzioni sono regolate in maniera autonoma da una
serie di neuroni che prendono il nome di sistema nervoso enterico. Ossia, una rete di neuroni che
determina in maniera autonoma tutte le funzioni dell’apparato digerente: ne regola la motilità
(contrazione degli strati muscolari della parete), regola le secrezioni di ghiandole esocrine ed endocrine,
regola anche la perfusione (vasomotilità), ossia la contrazione delle cellule muscolari lisce della parete dei
vasi. Il sistema digerente è altamente perfuso.

Il sistema nervoso enterico coordina le attività motorie e secretorie dell’apparato gastrointestinale, oltre
che la perfusione (apporto di sangue) di tutto l’apparato gastrointestinale anche IN ASSENZA di
un’innervazione estrinseca. Anche se i nervi autonomi avessero problemi, il tratto gastrointestinale
funzionerebbe da solo.

Quindi, il sistema nervoso enterico è un sistema INDIPENDENTE di integrazione e processamento delle


informazioni. E’ un “cervello” proprio dell’apparato digerente.

Il sistema nervoso enterico si suddivide in due plessi (reti di neuroni che fanno sinapsi a livello dei
GANGLI):

-PLESSO SOTTOMUCOSO (o di Meissner), perché i somi dei neuroni si trovano fra la sottomucosa e lo
strato muscolare interno circolare.

-PLESSO MIENTERICO (o di Auerbach), seconda rete di neuroni che si trova fra lo strato circolare interno e
quello longitudinale esterno.

Il sistema nervoso enterico ha lo stesso numero di neuroni del midollo spianale.

Il tratto digerente è innervato dal sistema nervoso autonomo quindi riceve fibre SIMPATICHE e
PARASIMPATICHE. Ma l’attivazione delle fibre autonome MODULA l’attività dei plessi, ossia, influenza la
motilità, la secrezione e la vasomotilità ma NON LA DETERMINA. Esercita un’azione modulatoria sui
neuroni del sistema nervoso enterico, andando ad aumentare motilità, secrezione e vasomotilità senza
però determinare queste 3 funzioni.

L’apparato digerente possiede quindi un’innervazione INTRINSECA (sistema nervoso enterico). Esso
è costituito dai due plessi (sottomucoso e mienterico) che formano circuiti di controllo locale
integrati interamente a livello della parete dell’apparato digerente. Vi sono recettori, fibre sensoriali

227
e motorie che innervano le cellule bersaglio (effettori),
ossia le cellule muscolari lisce della parete, le cellule
muscolari lisce dei vasi, oltre che le cellule ghiandolari sia
endocrine che esocrine.

L’attività del sistema nervoso enterico può essere


regolata dall’esterno, mediante un’innervazione
estrinseca (segnali che giungono dal SNC) mediante le
fibre del sistema nervoso autonomo ortosimpatico e
parasimpatico.

Tutti gli input sensoriali che vengono rilevati dai recettori


localizzati a livello della parete dell’apparato digerente
non solo vengono integrati a livello dell’apparato
digerente ma vengono anche inviati al sistema nervoso centrale che elabora tutte le informazioni ed
attua l’output attraverso le fibre del sistema nervoso autonomo ortosimpatico e parasimpatico.

Il sistema nervoso ortosimpatico predomina in situazioni di “lotta o fuga”, mentre il parasimpatico


viene maggiormente attivato in situazioni di riposo e digestione. L’attivazione delle fibre
parasimpatiche che innervano l’apparato digerente ha sempre un effetto STIMOLATORIO. Il
parasimpatico STIMOLA la motilità e le secrezioni ed induce vasodilatazione (aumento perfusione)
mentre le fibre simpatiche hanno un effetto inibitorio, bloccando la motilità e le secrezioni.

SISTEMA NERVOSO PARASIMPATICO SISTEMA NERVOSO ORTOSIMPATICO

| |

Tutto l’apparato digerente è innervato sia da fibre simpatiche che da fibre parasimpatiche.

Il sistema nervoso parasimpatico corrisponde alla porzione cranio-sacrale del midollo spianale. Ossia le
fibre pre-gangliari (due neuroni che fanno sinapsi a livello di un ganglio, si hanno 2 fibre una pre ed una
post gangliare. La pre-gangliare origina dal SNC che fa sinapsi a livello del ganglio con la fibra post-
gangliare che va ad innervare le cellule bersaglio) originano da 4 nervi cranici (di 12) e si parla
principalmente del NERVO VAGO che innerva tutto l’apparato digerente sino a metà dell’intestino tenue
e vi sono poi i nervi PELVICI che partono dai segmenti sacrali ed innervano la parte finale: il crasso.

I gangli terminali sono localizzati quasi sulla parete dell’organo innervato. Il sistema nervoso
parasimpatico ha dei neuroni pre-gangliari molto lunghi e delle fibre post-gangliari molto corte. La fibra
post-gangliare libera a livello della cellula bersaglio il neurotrasmettitore ACETILCOLINA (ACh) che
aumenta la contrazione delle cellule muscolari stimolando la motilità e le secrezioni.

228
Il sistema nervoso ortosimpatico corrisponde alla sezione toraco-lombare del midollo spinale quindi i
neuroni pre-gangliari emergono dai segmenti toracici e lombari del midollo spinale, contrariamente al
para-simpatico ha neuroni pre-gangliari molto corti che fanno sinapsi a livello dei GANGLI
PARAVERTEBRALI, i quali, essendo tutti fusi fra loro formano ai due lati della colonna vertebrale il
TRONCO SIMPATICO o CATENA GANGLIARE PARAVERTEBRALE (due catene di gangli fusi) oppure a livello
dei gangli pre-vertebrali che si trovano a livello del tratto discendente dell’aorta (vicino al midollo
spinale). Essi sono:

-GANGLIO CELIACO (plesso solare)

-GANGLIO MESENTERICO SUPERIORE

-GANGLIO MESENTERICO INFERIORE

La fibra post-gangliare è molto lunga e va ad innervare tutti i segmenti dell’apparato digerente. La fibra
post-gangliare ortosimpatica libera il neurotrasmettitore NORADRENALINA (norepinefrina) che ha un
effetto INIBITORIO, inibendo la motilità e le secrezioni.

Il sistema nervoso enterico è costituito dai classici elementi neuro-nervosi del sistema nervoso, quindi
troviamo fibre sensoriali, interneuroni e motoneuroni (fibre motorie).

Le fibre sensoriali vengono attivate in seguito all’attivazione di determinati recettori, localizzati sulla
parete dell’apparato digerente.

Questi recettori sono:

-CHEMOCETTORI, che rilevano la composizione chimica del contenuto dell’apparato digerente (sentono il
pH, rilevano la concentrazione di glucosio)

-MECCANOCETTORI, recettori che rilevano il grado di stiramento (distensione) della parete dei vari organi

-TERMOCETTORI, che rilevano le variazioni di temperatura.

Determinati recettori quindi attivano le fibre sensoriali afferenti che trasportano questo input sensoriale
ad un centro di integrazione dove vi sono interneuroni propri del sistema nervoso enterico. Poi parte la
risposta dei motoneuroni che vanno ad innervare le cellule effettrici:

-CELLULE MUSCOLARI lisce della parete

-CELLULE MUSCOLARI lisce dei vasi sanguigni

-cellule ghiandolari endocrine ed esocrine

229
I motoneuroni del SNE sono sia di tipo eccitatorio che di tipo inibitorio. I motoneuroni inibitori innervano
normalmente gli sfinteri determinandone il rilasciamento.

I neuroni sensoriali, gli interneuroni ed i motoneuroni formano dei circuiti riflessi (si attivano reti
neuronali proprie del SNE), si dicono CIRCUITI CORTI del SNE. Vi sono anche dei riflessi provenienti dal
SNC, detti LUNGHI. Queste info sensoriali date dai recettori vengono inviate a livello del SNC perché si
attivano anche fibre sensoriali afferenti che vanno al SNC. Cosicché anche il SNC elabora le informazioni e
invia la risposta che viene attuata dalle fibre ortosimpatiche o parasimpatiche.

I riflessi lunghi (o CENTRALI) vengono integrati a livello dell’encefalo (SNC) e vi sono riflessi corti (o
LOCALI) che vengono integrati esclusivamente da neuroni del SNE.

I riflessi corti originano a livello del SNE e vengono integrati interamente dai neuroni dei plessi.

I riflessi lunghi sono integrati a livello encefalico e possono essere sia integrati da stimoli interni
all’apparato digerente ma anche da stimoli ESTERNI all’apparato digerente. Questi sono i riflessi
ANTICIPATORI o CONDIZIONATI. La sola vista di cibo o l’odore (stimoli esterni al sistema digerente), sono
informazioni sensoriali elaborate dal SNC che già determinano a livello del digerente una serie di risposte.
Dopo aver elaborato l’info a livello centrale sia attivano o le fibre simpatiche o le fibre parasimpatiche che
vanno ad agire sui neuroni del SNE che modulano l’attività di secrezione e motilità o perfusione, a
seconda dello stimolo che ha attivato i circuiti riflessi.

MUSCOLO LISCIO

Il tessuto muscolare liscio è localizzato prevalentemente a livello della parete degli organi interni (parete
del tratto digerente, due strati: circolare interno e longitudinale esterno), dell’occhio, dei vasi sanguigni
(arterie, arteriole, venule e vene ma non i capillari) e dei muscoli pilomotori dei peli.

Ha la funzione di regolare l’ambiente interno, la contrazione di queste cellule muscolari lisce genera la
forza per far spostare il fluido attraverso gli organi interni e il sistema circolatorio (sangue nei vasi o
avanzamento del cibo lungo il canale alimentare) o VARIARE LA CONFORMAZIONE DELL’ORGANO
STESSO.

Il meccanismo di contrazione è uguale per tutte le cellule muscolari, siano esse scheletriche o lisce. SI
hanno filamenti spessi e sottili, la contrazione della fibra avviene mediante lo scorrimento.

Ha caratteristiche funzionali e strutturali diverse dal muscolo scheletrico:

o Piccole cellule mononucleate (il vantaggio che fornisce loro la dimensione ridotta è che
permettono un controllo preciso di strutture molto piccole come i vasi)
o Assenza di striature (manca il sarcomero, i filamenti spessi e sottili non hanno
un’organizzazione precisa, il sarcomero)

230
o La sua contrazione è INVOLONTARIA (le cellule muscolari lisce da sole riescono a generare un
potenziale d’azione e quindi si contraggono in maniera autonoma (come le cellule
pacemaker). La sua contrazione è regolata anche dal SNA orto e parasimpatico, le cui fibre
vanno ad innervare le cellule muscolari lisce aumentando o diminuendo la loro contrazione.
o Le cellule muscolari lisce dei visceri possiedono un elevato accoppiamento elettrico e
meccanico.
o Le cellule muscolari lisce hanno un’elevata economia metabolica, ossia: sono cellule che
possono rimanere contratte per lunghi periodi di tempo consumando pochissima energia
(idrolizzando poco ATP). Gli sfinteri dell’apparato digerente rimangono sempre in stato di
contrazione e lo possono fare perché idrolizzano molto lentamente l’ATP.
o A seconda dei distretti in cui sono contenute, le cellule muscolari lisce hanno diverse
disposizioni, dalle più semplici alle più complesse.

Esistono due tipi di muscolo liscio: unitario e MULTI-UNITARIO.

A livello dell’apparato digerente queste cellule muscolari lisce hanno un’organizzazione che prende il
nome di muscolo liscio UNITARIO. Il muscolo liscio unitario è anche detto viscerale. Le cellule della parete
degli organi presentano un altissimo accoppiamento sia elettrico sia meccanico: il potenziale d’azione si
propaga rapidamente da una cellula all’altra. La forza di contrazione prodotta si propaga velocemente da
una cellula all’altra. Queste cellule hanno un altissimo numero di giunzioni comunicanti (GAP JUNCTIONS)
che propagano rapidamente lungo tutta la parete il potenziale d’azione, le cellule si contraggono tutte
assieme. Infatti il muscolo liscio unitario si comporta da SINCIZIO FUNZIONALE, si comporta come se fosse
un’UNICA UNITA’: tutte le cellule si comportano come un’unica cellula. Questo perché la propagazione
dell’evento elettrico e meccanico è estremamente rapida.

Il muscolo liscio multi-unitario (occhio, utero e apparato riproduttivo maschile) è costituito da cellule non
elettricamente connesse. La comunicazione elettrica e meccanica è molto bassa, quindi ogni cellula si
contrae quasi in maniera indipendente, permettendo un controllo molto fine delle contrazioni.

STRUTTURA DELLA FIBRA MUSCOLARE LISCIA

Sono le più piccole fibre muscolari, mononucleate, non presentano sarcomeri. I filamenti di actina e
miosina non hanno una struttura precisa ma sono disposti obliquamente nel citoplasma e sono tenuti
assieme ed ancorati dai CORPI DENSI (analoghi dei dischi Z), strutture proteiche citoplasmatiche che
ancorano i filamenti di actina e miosina. Si ancorano anche alla membrana plasmatica alle ZONE DENSE.

Non possiedono tubuli T e presentano un reticolo sarcoplasmatico estremamente ridotto: le cellule


muscolari scheletriche invece possiedono tubuli T (che servono a trasferire velocemente il potenziale

231
d’azione all’interno della fibra) e possiedono un reticolo sarcoplasmatico molto esteso, che avvolge una
miofibrilla.

Il calcio che dà avvio alla contrazione è il CALCIO EXTRACELLULARE, CHE HA UNA DISTANZA DI
DIFFUSIONE MINIMA, per cui non servono magazzini interni del calcio.

Il calcio extracellulare entra nella fibra e diffonde rapidamente anche alle miofibrille più interne.

Nelle cellule muscolari lisce è presente la TROPOMIOSINA ma manca la TROPONINA. In queste cellule non
vi è il sistema di regolazione troponina-tropomiosina ma ve ne sono altri.

I filamenti sono posti obliquamente e la contrazione si basa sulla teoria dello scorrimento. Il ciclo dei
ponti trasversi fa scorrere i filamenti spessi su quelli sottili.

Il fatto che i filamenti siano posti obliquamente nel citoplasma permette di far scorrere questi filamenti
per lunghezze più lunghe e con una tensione prodotta COSTANTE, perché i filamenti spessi hanno teste
della miosina lungo tutta la lunghezza mentre nel muscolo scheletrico la parte centrale dei filamenti
spessi è nuda e priva di teste di miosina. Lo scorrimento e la produzione di tensione, che dipende dai
ponti trasversi che si formano, è costante lungo tutta la fibra (grazie alla presenza di teste della miosina
lungo tutta la fibra).

REGOLAZIONE DELLA CONTRAZIONE DELLA FIBRA MUSCOLARE LISCIA

Poiché non possiedono la troponina, che è la proteina che lega il calcio nella fibra muscolare scheletrica,
esse possiedono la CALMODULINA, un’altra proteina legante il calcio. Il meccanismo della regolazione
della contrazione consiste sostanzialmente in un’attivazione della miosina, che passa da uno stato di
riposo ad uno stato ATTIVATO. SI chiama regolazione miosina-dipendente perché si esplica a livello dei
filamenti spessi. A livello della miosina vi sono delle CATENE PROTEICHE LEGGERE.

Quando entra il calcio dall’ambiente extracellulare (è sempre l’aumento del calcio intracellulare che dà
avvio al ciclo dei ponti trasversi e quindi alla contrazione) esso si lega alla CALMODULINA e questo
complesso attiva un enzima nel citoplasma (CHINASI, enzimi che fosforilano, cioè attaccano un gruppo
fosfato), una chinasi che fosforila la catena proteica leggera che si trova a livello della testa della miosina.
Quindi questo enzima è una chinasi delle catene leggere della miosina, MLCK. La fosforilazione della
catena leggera della testa della miosina attiva la miosina. La miosina defosforilata ha una bassa affinità di
legame per l’actina quindi non forma ponti trasversi, ma quando viene fosforilata aumenta l’affinità di
legame per l’actina e quindi può iniziare il ciclo dei ponti trasversi e la fibra si contrae. Il ciclo dei ponti
trasversi è uguale a quello del muscolo scheletrico.

Quando la fibra liscia si rilascia il calcio viene espulso al di fuori della cellula, anche se vi sono delle
caveole (piccole invaginazioni sotto la membrana che fungono da deposito di calcio) che permettono di
immagazzinare un po’ di ione calcio.

Quando la concentrazione di calcio citoplasmatico scende, la chinasi viene inattivata e viene attivato
l’enzima che defosforila il fosfato dalla testa della miosina, ossia la FOSFATASI. L’enzima è il MLCP,
fosfatasi delle catene leggere della miosina. A questo punto la miosina defosforilata perde affinità di
legame con l’actina e non può più avvenire il ciclo dei ponti trasversi e la fibra si rilascia.

Il principale meccanismo di regolazione delle fibre muscolari lisce è basato sulla fosforilazione delle
catene leggere regolatorie della testa della miosina. E’ una fosforilazione CALCIO-DIPENDENTE. Il calcio
determina l’attivazione della miosina.

232
Le cellule muscolari lisce sono in grado di regolare la quantità di calcio che entra nel citoplasma
dall’esterno e a seconda di quanto calcio entra; più miosina viene fosforilata e quindi più ponti trasversi si
formano, maggiore sarà la forza prodotta dalla contrazione. La forza di contrazione prodotta da una
cellula muscolare liscia è variabile (non fissa come quella scheletrica, del tipo tutto o nulla, che quando
viene stimolata a contrarsi produce solo un determinato livello di forza per una lunghezza a riposo. La
forza prodotta dipende dalla lunghezza a riposo). Le cellule muscolari lisce e cardiache hanno una
contrattilità variabile: a riposo hanno la stessa lunghezza, ma quando si contrae può produrre livelli
diversi di forza (più o meno, perché è capace di far entrare più o meno calcio). Poiché la forza di
contrazione di tutte le cellule muscolari è proporzionale al numero di ponti trasversi che si formano, più
calcio entra, più miosina viene attivata, più ponti trasversi si formano, maggiore sarà la forza di
contrazione.

La cellula muscolare liscia ha la caratteristica di contrarsi e rilasciarsi (produrre forza e diminuire la forza)
molto lentamente a quella scheletrica e cardiaca che si contraggono e rilasciano molto rapidamente.
Nelle cellule muscolari lisce la velocità del ciclo dei ponti trasversi è molto più lenta: perché hanno
un’isoforma di miosina che idrolizza l’ATP molto più lentamente, quindi più lento è il ciclo dei ponti
trasversi, più la fibra si contrae lentamente e si rilascia lentamente perché l’espulsione del calcio verso
l’ambiente cellulare è più lenta. Quella liscia è una fibra che può rimanere contratta a lungo idrolizzando
poco ATP, consumando pochissima energia. Gli sfinteri sono anelli di cellule lisce che sono sempre
contratti e vengono rilasciati per permettere il transito del bolo.

Le cellule muscolari lisce possono contrarsi se stimolate da una fibra autonoma, quando il nervo vago
libera acetilcolina, la fibra liscia si contrae. La terminazione nervosa non forma una sinapsi vera e propria
(non vi è giunzione neuromuscolare come nel caso del motoneurone e la fibra muscolare scheletrica) ma i
terminali delle fibre autonome hanno dei rigonfiamenti (varicosità) che contengono vescicole sinaptiche
che rilasciano il neurotrasmettitore su più cellule muscolari lisce (effetto PARACRINO). Il
neurotrasmettitore diffonde a più cellule muscolari lisce e la quantità di neurotrasmettitore che viene
rilasciata determinando la forza di contrazione è regolato da molti fattori (dipende da ormoni, presenza
di peptidi ed istamina).

233
ATTIVITA’ AUTORITMICA

Molte cellule muscolari lisce possono da sole eccitarsi e quindi contrarsi: in maniera spontanea, RITMICA
e RIPETITIVA. La maggior parte delle cellule muscolari lisce del tratto digerente presentano attività
elettrica spontanea e ripetitiva a cui si associa attività contrattile. Generano e propagano un potenziale
d’azione, in risposta all’evento elettrico, si ha l’evento meccanico: la fibra si contrae.

L’attività autoritmica spontanea è dovuta al fatto che a riposo esse non hanno un potenziale di
membrana stabile. Esse hanno un potenziale ad onde lente (ritmo elettrico di base).

A riposo spontaneamente si depolarizzano (il potenziale di membrana diventa meno negativo) e si


ripolarizzano. Il potenziale di membrana oscilla fra i -40mV e i -80mV.

Quando la depolarizzazione delle onde lente supera la soglia genera il potenziale d’azione che una volta
generato genera l’evento meccanico, ossia la fibra si contrae e produce forza.

Il potenziale ad onde lente con depolarizzazioni e ripolarizzazioni è un evento graduato. Il potenziale


d’azione è un evento tutto o nulla, si genera se lo stimolo arriva alla soglia e si genera sempre uguale a se
stesso. Esso si propaga sempre con la stessa ampiezza.

Le onde lente sono eventi graduati, l’ampiezza dell’evento è variabile e dipende dall’innervazione,
dall’azione di ormoni ecc…

Maggiore è l’ampiezza della depolarizzazione, maggiore è la frequenza dei potenziali d’azione che
vengono generati e maggiore sarà la forza della contrazione che la fibra può produrre. Ampiezza e

234
frequenza delle onde lente POSSONO ESSERE MODULATE DA: ormoni, sostanze paracrine, nervi estrinseci
(fibre SNA) ed intrinseci (dei due plessi). Per cui la forza di contrazione nel muscolo liscio è graduata.

Nei vari segmenti del tratto digerente vi sono dei gruppi di cellule che funzionano in modo simile alle
cellule pacemaker del cuore, le CELLULE DI CAJAL: esse sono un gruppo di cellule autoritmiche che
generano con una frequenza caratteristica le onde lente, per cui da esse parte un treno di potenziali
d’azione ed un’onda di contrazione che si propaga poi ai vari segmenti. Ogni regione del tratto digerente
ha una particolare frequenza di onde lente, nello stomaco si generano 3 onde lente al minuto. L’attività
contrattile dello stomaco si basa su questa frequenza di scarica. Nell’intestino tenue è più alta, nel
duodeno è di 12-18 onde lente e nell’ileo scende a 8 al minuto. Questo consente che il cibo proceda in
modo anterogrado perché la frequenza è più elevata a monte e più bassa a valle.

Le onde lente generano i potenziali d’azione a cui segue la contrazione spontanea di queste cellule. Il
muscolo liscio è di tipo unitario, ciò significa che tutte le cellule hanno un’elevata comunicazione elettrica
(grazie alla presenza di GAP JUNCTIONS) quindi sia il potenziale d’azione sia la forza di contrazione
vengono trasmesse molto rapidamente e si comportano come un SINCIZIO FUNZIONALE.

CONTRAZIONE TONICA: caratteristica degli sfinteri e della parte prossimale dello stomaco è un tipo
di contrazione in cui le cellule muscolari rimangono contratte per lunghi periodi di tempo.

CONTRAZIONE FASICA: Sono contrazioni intense e di breve durata, seguite dal rilasciamento, come
avviene nella parte distale dello stomaco e in tutto l’intestino.

235
MOTILITA’
SEGMENTAZIONE: Un tipo di motilità tipico delle cellule muscolari lisce, è un movimento di “impasto”. Vi
è un segmento che si contrae (segmento propulsivo) mentre i segmenti recettivi che stanno ai lati si
rilasciano.

La segmentazione è quel tipo di motilità caratterizzata da contrazioni e rilasciamenti ritmici finalizzati al


mescolamento dei cibi con le secrezioni digestive. Questo tipo di motilità è caratteristico della fase
digestiva, il materiale viene spinto in entrambe le direzioni. Si osserva un’alternanza di segmenti
propulsivi e recettivi che genera un MESCOLAMENTO.

Il segmento che si contrae, in un secondo momento si rilascia e i segmenti a lato che erano rilasciati si
contraggono. SI genera un movimento di impasto che non serve a far avanzare il cibo, perché ogni volta
che il segmento si contrae il cibo procede in entrambe le direzioni. Le contrazioni segmentali servono a
frantumare il cibo e a mescolarlo con gli enzimi digestivi. Il materiale viene spinto in entrambe le direzioni
e quindi non avanza.

PERISTALSI: onda di contrazione che serve a far avanzare il cibo in un’unica direzione. Si ha un segmento
propulsivo che si contrae ma tutto il segmento recettivo posto a valle è rilasciato. La contrazione si
propaga da punto a punto come un’onda che avanza in un’unica direzione.

Questo meccanismo può avvenire anche in direzione contraria alla normale direzione anterograda in cui il
cibo scorre dalla bocca all’ano: ossia la RETROPERISTALSI, quindi in direzione RETROGRADA. Questo
accade nel vomito, dallo stomaco il cibo procede verso l’esofago.

La peristalsi è un’onda di contrazione che esercita un’azione propulsiva di materiale a varie distanze in
un’unica direzione (ab-orale, anterograda)

CONTRAZIONE TONICA (caratteristica degli sfinteri): normalmente gli sfinteri sono contratti perché
evitano il passaggio di sostanze fra due compartimenti con funzioni diverse. A livello del canale
alimentare vi sono vari sfinteri:

o Sfintere esofageo inferiore: impedisce reflusso gastrico. L’esofago che connette lo stomaco
con la faringe ha uno sfintere esofageo superiore ed uno inferiore. Lo sfintere esofageo
superiore è un anello di cellule muscolari scheletriche e sta tonicamente contratto perché il
suo motoneurone è sempre attivato (controllo volontario). Lo sfintere esofageo inferiore
invece è composto da cellule muscolari lisce e sta tonicamente contratto perché serve ad
impedire il reflusso del succo gastrico acido nell’esofago. Quando si deglutisce lo sfintere si
rilascia transitoriamente, permettendo il passaggio di cibo. Questo accade perché si attivano
dei motoneuroni inibitori che attivano gli sfinteri e gli permettono di rilasciarsi.
o Sfintere gastroduodenale: impedisce reflusso dal duodeno (acidi biliari danneggiano mucosa
gastrica).
o Sfintere di Oddi(nel duodeno): blocca reflusso nei dotti pancreatici e biliare del materiale
duodenale.
o Sfintere ileo-cecale: ostacola reflusso del contenuto del colon nell’ileo (dove vi è crescita
batterica).
o Sfintere anale interno: impedisce fuoriuscita di feci all’esterno.
o Sfintere anale esterno (fibre scheletriche) è sottoposto al controllo volontario.

236
MASTICAZIONE

E’ un’azione che può essere eseguita volontariamente (comando motorio che parte dalle aree motorie
della corteccia) ma è un’azione che precede sotto un’azione riflessa, quindi con un meccanismo riflesso.
Serve a frantumare il cibo e a lubrificarlo (grazie al muco) mescolandolo con la saliva.

A livello del bulbo (tronco dell’encefalo) vi sono centri che regolano funzioni involontarie fra cui quello
della masticazione. La masticazione avviene per via riflessa, si hanno movimenti della mandibola per
frantumare il cibo. Quando il cibo arriva alla giusta consistenza per essere deglutito viene inibito questo
centro della masticazione nel bulbo e viene attivato il centro bulbare della deglutizione.

DEGLUTIZIONE

Serve a far progredire il cibo dalla bocca allo stomaco. Anche la deglutizione può essere iniziata
volontariamente ma le fasi successive sono sotto il controllo di un centro riflesso: centro della
deglutizione bulbare. Essa si suddivide in 3 fasi:

1. Fase orale (o volontaria),


2. Fase faringea, sotto il controllo riflesso,

Le prime due fasi durano 1 secondo, sono molto brevi.

3. Fase esofagea, la fase che permette l’avanzamento del bolo lungo tutto il corpo dell’esofago.
Che dura circa 7-8 secondi. Anch’essa è sotto il controllo riflesso.

La deglutizione dura in media circa 10 secondi.

Dopo aver masticato, il cibo ha la giusta consistenza, viene bloccato il centro della masticazione, non si ha
più una serie di contrazioni e rilasciamento dei muscoli masticatori. La lingua spinge quindi il bolo contro
il palato molle dove vi sono una serie di meccanocettori (recettori tattili) che vengono stimolati in
maniera meccanica ed inviano al bulbo (miocentro della deglutizione) le informazioni per attivare i
motoneuroni che innervano i muscoli della faringe e dell’esofago e che fanno partire il riflesso della
deglutizione.

Si passa alla fase faringea, viene rilasciato lo sfintere esofageo superiore. Viene chiusa la trachea tramite
l’epiglottide, quindi per un attimo durante la deglutizione viene interrotta la respirazione.

Si passa alla fase esofagea, che consiste nell’avanzamento del bolo lungo il corpo dell’esofago.
L’avanzamento del bolo lungo l’esofago avviene grazie alle onde peristaltiche. Nella peristalsi primaria,
controllata dal centro della deglutizione i motoneuroni determinano la contrazione della muscolatura
dell’esofago che genera un’onda di contrazioni peristaltiche che parte dallo sfintere esofageo superiore
verso lo sfintere esofageo inferiore. Il bolo viene spinto verso lo stomaco.

SI ha poi peristalsi secondaria, che si ha se il cibo che si blocca nell’esofago genera una distensione della
parete, che è un’onda di contrazione ancora più potente, mediata dai neuroni del sistema nervoso
enterico che vengono attivati da meccanocettori, la quale permette di sbloccare il bolo e deglutirlo.

237
Lo sfintere esofageo superiore è fatto di cellule muscolari scheletriche, tonicamente contratto. Anche il
primo tratto di esofago è formato da fibre striate scheletriche. Nel secondo terzo vi è muscolatura mista
mentre l’ultimo terzo dell’esofago e lo sfintere esofageo inferiore sono formati da muscolatura liscia,
sotto il controllo involontario. I due sfinteri normalmente sono contratti, il primo per evitare l’entrata di
aria, il secondo per evitare il reflusso gastrico acido. Quando scatta il riflesso della deglutizione lo sfintere
superiore si apre e l’onda peristaltica si genera, spingendo il bolo verso lo sfintere inferiore. Quando
arriva l’onda peristaltica allo sfintere inferiore esso si rilascia in maniera riflessa perché vengono attivati i
motoneuroni inibitori che lo innervano e il bolo passa nello stomaco.

MOTILITA’ GASTRICA

Ha le funzioni di:

-permettere l’accumulo del cibo (serbatoio gastrico)

-Frammenta e mescola il cibo con il succo gastrico (enzimi digestivi)

-Svuota il contenuto gastrico nel duodeno (prima porzione del tenue)

Lo stomaco si suddivide in 3 parti:

-fondo (prima parte)

-corpo (grande curvatura)

-antro e piloro (con valvola pilorica)

Si può suddividere in:

-Parte prossimale (1/3) [fondo+1/3 del corpo], ovvero il serbatoio gastrico

-Parte distale (2/3), POMPA ANTRALE

Esse hanno funzioni diverse:

-Parte prossimale, in cui la parete è meno spessa e non produce forti contrazioni ma produce solo deboli
contrazioni. La funzione di questa parte è distendersi e accumulare cibo.

-Parte distale (pompa antrale), lo strato di muscolatura della parete è spesso. Esegue contrazioni forti e la
motilità ha la funzione di sminuzzare e mescolare il cibo col succo gastrico.

Vi è una ricca innervazione:

-nervi del plesso mienterico e sottomucoso che mediano le contrazioni delle due porzioni

238
-la motilità è mediata dalle fibre del SNA: parasimpatico che stimolano la motilità e ortosimpatico che
inibisce la motilità.

MOTILITA’ SERBATOIO GASTRICO (porzione prossimale)

Lontano dai pasti essa è tonicamente contratta. Per via riflessa si rilascia quando si deglutisce. Essa ha
luogo in maniera riflessa tramite RILASCIAMENTO RICETTIVO: in risposta alle onde peristaltiche
dell’esofago si ha il rilasciamento dello sfintere esofageo superiore e si ha il rilasciamento della parte
prossimale dello stomaco che si distende per permettere l’accumulo del cibo.

La mucosa a livello del serbatoio gastrico presenta varie pliche in modo che quando lo stomaco si rilascia
può subire grandi variazioni di volume con minimi incrementi di pressione interna, questa parte ha
un’elevata compliance, è estremamente distensibile.

POMPA ANTRALE

Produce delle contrazioni peristaltiche. A metà del corpo vi è una regione pacemaker che ha la frequenza
di 3 onde lente al minuto. Dalla metà del corpo si generano onde peristaltiche che si propagano da metà
corpo verso l’antro con un’intensità crescente che servono a frantumare e mescolare il cibo quando il
piloro è ancora chiuso. A livello dell’antro la contrazione peristaltica è molto forte grazie alla presenza di
una spessa parete, per cui il cibo si mescola col succo gastrico. Il maggiore mescolamento avviene quindi
nell’antro. Quando il cibo diventa un chimo semifluido il PILORO (spesso anello di muscolatura liscia
tonicamente contratto) si rilascia temporaneamente e le onde peristaltiche svuotano il contenuto dello
stomaco nel duodeno.

Le onde peristaltiche vengono generate intrinsecamente dalle cellule lisce (zona pacemaker) con
frequenza intrinseca di 3 onde lente/minuto. Se contemporaneamente si attiva il nervo VAGO (libera
acetilcolina) esso aumenta la motilità gastrica. Se si attivano le fibre dell’ortosimpatico (che liberano
norepinefrina) viene inibita la motilità gastrica.

SVUOTAMENTO GASTRICO

Lo svuotamento gastrico e la sua velocità sono regolati da vari fattori:

-volume di cibo (maggiore è il volume, più velocemente si svuota)

-stato fisico del cibo: il liquido passa più velocemente del cibo solido. Ossia i liquidi passano sempre per il
piloro anche quando esso è contratto.

-osmolarità

-pH

-valore energetico: un pasto ricco di lipidi rallenta lo svuotamento gastrico

Ciò che regola la velocità di svuotamento gastrico è una serie di segnali che provengono dal duodeno.

Stomaco e intestino sono in comunicazione: una serie di segnali generati dal duodeno (che funzionano a
feedback negativo) fanno ridurre l’ulteriore svuotamento gastrico.

Antro e duodeno non possono contrarsi contemporaneamente e la velocità dello svuotamento gastrico è
regolata in modo tale da non sovraccaricare il duodeno: per permettere le sue capacità digestive e di
assorbimento. Lo svuotamento gastrico avviene poco alla volta per dare tempo al duodeno di digerire
bene il cibo che è arrivato e di assorbire in maniera ottimale dei principi nutritivi. Antro e duodeno sono
ben coordinati per prevenire il reflusso degli acidi biliari e lo svuotamento troppo rapido dello stomaco.

239
Lo svuotamento gastrico è regolato da meccanismi nervosi ed ormonali che fanno partire segnali dal
duodeno che riducono l’ulteriore svuotamento gastrico. A livello della mucosa del duodeno vi sono dei
CHEMOCETTORI che registrano la composizione chimica del contenuto duodenale. Questi recettori
registrano il pH acido, il contenuto lipidico, l’ipertonicità e la presenza di amminoacidi e peptidi. In risposta
a questi stimoli, il duodeno produce ormoni che vengono immessi in circolo, arrivano allo stomaco e
permettono di inibire lo svuotamento gastrico inibendo le contrazioni antrali (onde peristaltiche).

Il succo gastrico ha un pH acido per la grande presenza di HCl (acido cloridrico). Quando lo stomaco si
svuota il chimo acido viene riversato nel duodeno. Il rilevamento dei chemocettori di un pH acido nel
duodeno fa sì che alcune cellule della mucosa del duodeno producano l’ormone SECRETINA, che viene
immessa nel sangue e arriva a livello gastrico, riducendo l’ulteriore svuotamento gastrico. Questo per
dare modo al succo pancreatico e alla bile (riversati nel duodeno e secreti con pH basico perché
contengono bicarbonato) di tamponare l’acidità del succo gastrico. La presenza di acidi grassi nel
duodeno promuove la secrezione di altri ormoni, come il GIP (peptide gastro-inibitorio) e la
COLECISTOCHININA (CCK) prodotta quando vi sono acidi grassi nel duodeno, essa riduce l’ulteriore
svuotamento gastrico. Se rileva la presenza di peptidi e amminoacidi, il duodeno rilascia GASTRINA, che
riduce l’ulteriore svuotamento gastrico.

Questi input sensoriali (pH acido, presenza di grassi ed ipertonicità) attivano le fibre nervose sia locali
(SNE) sia dei riflessi centrali e anche queste vie nervose riducono lo svuotamento gastrico. Si attivano le
vie ortosimpatiche e si inibiscono le vie parasimpatiche perché il parasimpatico stimola la motilità e per
bloccare le contrazioni antrali occorre inibire il parasimpatico ed attivare l’ortosimpatico per ridurre la
motilità.

MOTILITA’ DELL’INTESTINO TENUE (motilità digestiva)

Le motilità proprie dell’intestino tenue sono:

-SEGMENTAZIONE, movimento di impasto, contrazioni ritmiche che servono a mescolare il chimo con gli
enzimi digestivi che arrivano dal pancreas e quelli intestinali.

-PERISTALSI, onda di contrazione che serve a riversare il chimo dal tenue al crasso. Si generano onde
peristaltiche corte perché avanzano per brevi tratti. Nel tenue la velocità di propulsione è bassa, il chimo
impiega 3-5h per passare lungo il tenue. Questo perché digestione ed assorbimento avvengono in gran
parte nella prima porzione del tenue (duodeno e digiuno). La frequenza di onde lente è di 12 al minuto
mentre nell’ileo (ultima porzione del tenue) la frequenza scende ad 8-9. La maggior frequenza iniziale
assicura la progressione in senso AB-orale del contenuto del tenue verso il colon.

Questi due tipi di motilità sono propri delle cellule muscolari lisce, anche un intestino non innervato,
svolge contrazioni peristaltiche e attività segmentatoria perché esse sono proprie del SNE.

240
Il SNA regola la motilità del tenue: il sistema parasimpatico stimola la motilità, mentre l’ortosimpatico la
inibisce.

Fra l’ileo e il cieco si trova lo sfintere ILEOCECALE, anello di cellule muscolari lisce tonicamente contratto
per impedire il reflusso di contenuto del cieco nell’ileo ed impedire contaminazione batterica nel tenue.
Lo sfintere si rilascia in seguito ad onde peristaltiche brevi del tenue e il suo rilasciamento permette
l’eiezione di piccole quantità di chimo dall’ileo al crasso. I neuroni dei plessi controllano questo sfintere.

MOTILITA’ DEL TENUE (motilità fra un pasto e l’altro, o interdigestiva)

Fra i pasti vi è un tipo di motilità detto CMM: complesso mioelettrico migrante. Questo è un tipo di
motilità in cui si hanno lunghi periodi (anche 1-2h) di completa assenza di attività motorie (ileo
fisiologico) seguiti da brevi periodi (10-20min) in cui si hanno una densa attività elettrica ed una densa
attività contrattile (contrazioni da fame).

IL CMM si origina già dall’antro e si propaga dall’antro dello stomaco attraverso il duodeno ed il digiuno
sino all’ileo. IL CMM ha lo scopo di svuotare completamente l’ileo nel cieco (crasso). Se rimane del cibo
nel tenue, si attiva un meccanismo protettivo per impedire la crescita batterica e partono forti onde di
contrazione seguite da periodi di quiescenza che fanno svuotare il tenue nel crasso.

MOTILITA’ DELL’INTESTINO CRASSO

Esso è composto da:

-Cieco

-Colon ascendente, trasverso e discendente

-Sigma

-Retto e canale anale (e due sfinteri, anale interno ed esterno)

La motilità del crasso serve alla formazione delle feci, al loro accumulo ed alla loro espulsione. Il tenue
riversa nel crasso in media ½ litro di chimo al giorno. La velocità di avanzamento del chimo nel crasso è
molto lenta e qui avvengono processi di riassorbimento di acqua e Sali per la formazione delle feci, le
quali vengono immagazzinate nelle parti distali del crasso(sigma).

Le contrazioni del colon servono a mescolare il chimo e determinare un avanzamento lento che permette
un efficiente riassorbimento di acqua e sali e la formazione delle feci. Il tempo totale di transito nel crasso
è di circa 36-48h.

La sua motilità è caratterizzata dai meccanismi di:

241
-SEGMENTAZIONE (austrazione) dal cieco a circa metà del colon trasverso si generano contrazioni
segmentali ritmiche. I segmenti che si contraggono e rilasciano sono molto estesi e regolari, vengono
detti haustra. Il movimento è quello di impasto che facilita l’assorbimento di acqua e sali con una bassa
velocità di avanzamento. Si tratta di contrazioni segmentali della muscolatura circolare che dividono il
colon in segmenti, gli haustra.

-PERISTALSI (movimenti di massa), da metà del trasverso: si generano onde peristaltiche dette movimenti
di massa. Qui le feci vengono immagazzinante nel sigma. Da 1 a 3 volte al giorno si generano onde
peristaltiche di contrazione che danno origine al riflesso della defecazione.

Il retto normalmente è vuoto, le feci si trovano nel sigma. Il retto si riempie grazie ai movimenti di massa
e la distensione del retto attiva una serie di recettori meccanici a livello della parete, che danno inizio al
riflesso della defecazione. Il riflesso spinale è integrato a livello dei segmenti sacrali del midollo spinale. E’
un riflesso sottoposto al controllo volontario ed involontario.

La distensione del retto a causa dei movimenti di massa fa rilasciare lo sfintere anale interno e fa
contrarre lo sfintere anale esterno. Il rilasciamento volontario dello sfintere anale esterno (inibendo i
motoneuroni che lo tengono contratto) permette la fuoriuscita delle feci.

La reazione riflessa degli sfinteri è transitoria. Essi tornano poi al loro normale tono di contrazione fino al
successivo movimento di massa che fa scattare un nuovo riflesso della defecazione.

SECREZIONE
Vi sono vari tipi di secrezione all’interno del nostro sistema digerente:

TIPO DI SECREZIONE QUANTITA (LITRI/DIE)

Saliva 1-1.5

Succo Gastrico 2-3

Succo Pancreatico (Pancreas Esocrino) 1-2

Bile (Fegato e Colecisti) 0.5-0.8

Secrezioni Intestinali 2-3

Totale 6.5-10.3

Le secrezioni sono ricche di acqua, muco (funzione protettiva e lubrificante, enzimi digestivi (funzioni
digestive) ma anche funzioni meccaniche e di assorbimento.

Il 99% delle secrezioni viene riassorbito a livello intestinale, che oltre ai principi nutritivi riassorbe anche
acqua, ioni e le altre componenti delle secrezioni.

SECREZIONE SALIVARE

Le ghiandole salivari principali sono:

-Ghiandole sottolinguari

-Ghiandole sottomascellari

-Ghiandole parotidi

Esse sono piccole ghiandole che riescono a produrre un grande quantitativo di saliva grazie al loro rapido
metabolismo (fino 1.5l/die). Esse hanno bisogno di un’irrorazione (flusso sanguigno) di sangue

242
estremamente elevato. La quantità di sangue che irrora le ghiandole salivari è di 10 volte superiore ad un
muscolo scheletrico che si sta contraendo.

La saliva ha varie funzioni:

o Lubrifica il cibo favorendone la deglutizione, grazie alla presenza di MUCO (il bolo diventa
semifluido grazie all’azione lubrificante del muco già nel cavo orale)
o Contribuisce alla digestione dei carboidrati, a livello della bocca inizia la digestione dei
glucidi, ma non si ha assorbimento ed in misura minore anche dei lipidi
o Facilita l’articolazione della parola inumidendo la cavità orale, importante inumidire la cavità
orale per facilitare l’eloquio
o Svolge funzione battericida (IgG, lisozima, pH) e di igiene orale. La saliva serve per asportare i
residui di cibo che rimangono nel cavo orale. Il lisozima crea buchi sulla parete batterica. Ha
funzione immunitaria e ha un pH che quando le ghiandole salivari vengono stimolate in
modo particolarmente intenso arrivano a produrre saliva con un pH ALCALINO di 8, che ha lo
scopo di neutralizzare l’acido degli idrogenioni prodotti dai batteri del cavo orale.

Tutte le ghiandole salivari hanno un’organizzazione di ACINI e DOTTI. Ossia sono costituiti da tubuli a
fondo cieco, cellule ACINARI e dotti più piccoli che confluiscono in dotti più grandi e terminano in un
unico dotto escretore che raccoglie tutta la saliva prodotta dalla ghiandola e la riversa nel cavo orale.

Vi sono due tipi di cellule degli acini:

-CELLULE SIEROSE: secernono PTIALINA, è un enzima che serve a iniziare la digestione dei glucidi,
chiamata anche “Alfa-amilasi-salivare”. Essa inizia a digerire l’amido (polisaccaride) costituito da molte
unità di glucosio (monosaccaride) che polimerizzano e formano questo polisaccaride che se è prodotto
dai vegetali è detto amido, se è di origine animale è detto GLICOGENO. L’amido inizia ad essere digerito
dalla saliva nel cavo orale per la presenza dell’enzima PTIALINA. Essa ha un pH di azione ottimale di 7,
infatti il pH alcalino della saliva neutralizza l’acidità dei batteri e fa si che il pH nel cavo orale sia neutro
(7). Vi è anche una piccola quantità di lipasi (nel neonato è molta).

-CELLULE MUCOSE: producono MUCINE. Esse sono glicoproteine che formano il muco, responsabile della
viscosità della saliva. Il muco ha azione lubrificante e protettiva, dà una protezione meccanica nei
confronti della mucosa per evitare danni dovuti al cibo durante la masticazione.

Le ghiandole hanno diverse percentuali di ghiandole mucose e sierose:

-GHIANDOLE SOTTOLINGUALI, prevalenza di cellule mucose

-GHIANDOLE SOTTOMASCELLARI, composizione mista

-GHIANDOLE PAROTIDI, prevalenza di cellule sierose

243
La saliva viene prodotta secondo un modello a due stadi:

-SECREZIONE PRIMARIA, prodotta dalle cellule degli acini che riversano acqua, ioni, muco, ptialina e lipasi
salivare. Essa è isotonica, ossia ha un’osmolarità di 300mOsm. Scorrendo lungo i dotti, però la saliva viene
modificata e viene modificato IL CONTENUTO IONICO. I dotti oltre che a permettere il passaggio della
bocca, contengono cellule duttali in grado di assorbire alcuni ioni e secernerne altri. Poiché
l’assorbimento degli ioni è superiore alla secrezione, alla fine la saliva è IPOTONICA rispetto al plasma
(osmolarità <300mOsm). La tonicità della saliva è direttamente proporzionale alla velocità di secrezione.
Questi scambi richiedono un certo tempo: più tempo impiega la saliva a scorrere attraverso i dotti, più
essa sarà IPOTONICA. Se la saliva scorre veloce, sarà più isotonica.

Lungo i dotti viene riassorbito:

-NaCl. La saliva, infatti, contiene meno Sodio (Na) e meno Cloro (Cl) rispetto al plasma, perché passando
lungo i dotti questi ioni vengono riassorbiti.

Lungo i dotti vengono secreti:

K (potassio)

HCO3- (Bicarbonato), la saliva ha una concentrazione di bicarbonato superiore al plasma, infatti la saliva
(soprattutto quando la ghiandola aumenta la velocità di secrezione) è basica, con un pH di 8. Questo è
importante per contrastare l’acidità prodotta dai batteri, porta il pH della cavità orale a 7, che è il pH di
azione ottimale per la PTIALINA. La ptialina, quando il bolo viene deglutito e si porta nello stomaco, dove
il pH è acido, la ptialina smette di funzionare perché funziona pH neutro.

La secrezione salivare è SOLO sotto il controllo nervoso del SNA, non vi sono ormoni che regolano la
velocità di secrezione delle ghiandole.

Le ghiandole vengono innervate da fibre:

-PARASIMPATICHE, stimolo più potente. Dà una stimolazione della secrezione salivare molto intensa e
prolungata. Determina la produzione di molta saliva.

-ORTOSIMPATICHE, dà un iniziale e temporaneo aumento della secrezione salivare. Si tratta di un effetto


temporaneo perché dopo un po’ prevale l’azione di vasocostrizione del SN Ortosimpatico, che provoca
una diminuzione della perfusione e quindi riduce la produzione di saliva. Ma inizialmente le ghiandole
salivari vengono stimolate a produrre saliva ricca di muco (sotto stress, infatti, abbiamo la “bocca
impastata”).

Che in questo frangente hanno un’azione SINERGICA, entrambi stimolano la secrezione salivare.

Il sistema nervoso parasimpatico stimola:

o metabolismo e crescita ghiandola salivare (effetto trofico)


o meccanismi di trasporto ionico duttali
o sintesi e secrezione ptialina e mucina (enzimi)
o flusso sanguigno (perfusione, grazie all’azione di vasodilatazione)

Esistono:

-SECREZIONE BASALE, ossia una secrezione continua di saliva che avviene anche in assenza di stimoli e
serve a mantenere umide bocca e gola e riceve una costante stimolazione da parte delle fibre del
parasimpatico

244
-SECREZIONE STIMOLATA, ossia indotta/aumentata. Vi sono due diverse risposte riflesse:

-nel bulbo vi è un centro della salivazione (oltre a quelli della masticazione e deglutizione) che integra due
tipi di riflessi: riflesso semplice e riflesso condizionato (o anticipatorio) i quali aumentano ulteriormente la
produzione di saliva.

Il riflesso salivare semplice parte da stimoli provenienti dall’interno della bocca che stimolano meccano e
chemocettori del cavo orale, che attivano i neuroni sensoriali afferenti che vanno al bulbo, elabora una
risposta attivando le fibre autonome (neuroni para e ortosimpatici) che innervano le ghiandole
aumentando la produzione di saliva.

Il riflesso anticipatorio parte da stimoli esterni alla bocca (come la vista del cibo o sentirne l’odore), che
stimolano le ghiandole salivari ad aumentare la produzione di saliva.

SECREZIONE GASTRICA

La mucosa interna dello stomaco presenta molte invaginazioni che corrispondono ad aperture attraverso
cui le ghiandole gastriche riversano nel lume dello stomaco il succo gastrico.

La mucosa gastrica si divide in 3 zone perché in ognuna di esse vi è una prevalenza di un tipo cellulare
sugli altri ed il secreto contiene solo una determinata sostanza:

-REGIONE GHIANDOLARE CARDIALE (cardias), 5% (dopo esofago, prima parte del fondo), il cui secreto
contiene principalmente acqua e muco

-REGIONE GHIANDOLARE OSSINTICA (75% della mucosa gastrica), fondo e corpo dello stomaco, che ha
una secrezione acida che contiene alte quantità di acido cloridrico (HCl)

-REGIONE GHIANDOLARE PILORICA (20%), antro e piloro, che riversa un secreto contenente muco e
gastrina.

Nello stomaco vi sono:

-Le cellule secernenti esocrine (che riversano il secreto nel lume gastrico)

-Le cellule secernenti di tipo endocrino (che riversano il secreto nel sangue) e paracrino (che
producono un secreto che agisce sulle cellule limitrofe).

245
STRUTTURA DELLE GHIANDOLE GASTRICHE

CELLULE SECERNENTI ESOCRINE

-Cellule epiteliali e cellule del dotto che secernono una sostanza che contiene H2O, muco e
Bicarbonato (HCO3-). Questa è una secrezione acquosa a pH alcalino (>7).

-Profondamente vi sono le cellule PARIETALI/OSSINTICHE che secernono HCl e fattore intrinseco.

-Ancora profondamente vi sono cellule PRINCIPALI che secernono pepsina e lipasi gastrica.

CELLULE SECERNENTI ENDOCRINE E PARACRINE

-Cellule ENTERO-CROMAFFINI che secernono istamina

-Cellule G che secernono gastrina

-Cellule D che secernono somatostatina

SUCCO GASTRICO

Miscela di H2O, ioni, HCl, fattore intrinseco, enzimi digestivi e muco. Hanno funzioni digestive e
protettive.

Lo stomaco produce in media 2l/die di succo gastrico, il quale ha un pH molto acido (circa 2-4).

La secrezione basale (minima) avviene continuamente a riposo ma è aumentata quando si assume un


pasto. La velocità della secrezione basale è il 10% della velocità della secrezione massima.

Durante un pasto aumenta molto la velocità di secrezione del succo gastrico, all’aumentare della velocità
aumenta la secrezione di HCL (H+ e Cl-).

Le cellule più superficiali del lume gastrico proteggono dall’acidità dei succhi gastrici ma ogni 3-5 giorni
devono essere sostituite, si sfaldano e vengono soppiantate da cellule che originano da una sorta di
cellule staminali che originano da uno strato più profondo alle ghiandole gastriche, le quali differenziano
in cellule epiteliali superficiali, migrano e sostituiscono le cellule sfaldate.

ACIDO CLORIDRICO

Secreto dalle cellule parietali.

Ha diverse funzioni:

o Azione battericida (per il pH molto acido) ma alcuni batteri come Helicobacter Pilori
sopravvive.
o Denatura il cibo e la struttura quaternaria delle proteine ma non ha funzione digestiva.
o Fornisce un pH altamente acido che è necessario per trasformare il PEPSINOGENO in
PEPSINA e per permettere alla Pepsina di agire. Le cellule principali secernono un ormone
proteolitico (ormone capace di digerire le proteine) in una forma inattiva, ossia, il
PEPSINOGENO. La pepsina è la sua forma attiva, l’enzima in grado di digerire le proteine.
Affinché il pepsinogeno si trasformi in pepsina deve esserci un pH acido. Solo quando il
pepsinogeno arriva al lume gastrico, grazie al pH acido dato dall’HCl presente al suo interno,
esso viene trasformato in pepsina, che agisce solo a pH acido e quindi agisce solo a livello del
lume gastrico.

246
Mentre nel cavo orale per azione della PTIALINA che agisce a pH neutro inizia la digestione dei glucidi
(AMIDO), quando il bolo arriva allo stomaco, l’amilasi salivare viene bloccata DAL Ph ACIDO DELLO
STOMACO, dove inizia la digestione delle proteine ad opera della PEPSINA. Quando il chimo acido viene
riversato nel duodeno e dove viene immediatamente neutralizzato il pH (viene riportato a 7) la pepsina
smetterà di agire.

Le cellule parietali, a partire dalla CO2 prodotta sia dal metabolismo cellulare sia dalla diffusione dal
sangue, la quale reagisce con l’H2O in una reazione catalizzata dall’anidrasi carbonica, che da acido
CARBONICO, che si dissocia in H+ e HCO3-, che si dissocia in idrogenioni (H+) che vengono secreti tramite
una pompa ATPasica nel lume dello stomaco assieme al potassio contro gradiente, e
contemporaneamente il bicarbonato è riversato nel sangue dalla proteina di scambio dei cloruri. Cl- entra
nella cellula e poi diffonde attraverso la membrana apicale, quindi, secernono H+ e Cl-.
Contemporaneamente, alla secrezione di acido viene riversato nel sangue bicarbonato che da un pH
alcalino. Questo dà la MAREA ALCALINA POST-PANDRIALE ossia il fatto che in seguito alla secrezione
dell’HCl vi è un aumento del pH del sangue.

Le cellule parietali vengono stimolate ad aumentare la secrezione di HCl. Esse presentano i canalicoli in
comunicazione con il lume dello stomaco e una rete di strutture vescicolari che contengono l’apparato
escretore per l’HCl. Quando le cellule vengono stimolate a secernere HCl, queste strutture tubulo-
vescicolari si vanno a fondere con i canalicoli ed aumenta la secrezione di HCl.

FATTORE INTRINSECO

E’ secreto dalle cellule parietali. E’ una GLICOPROTEINA che è essenziale per il normale assorbimento
della VITAMINA B12. Si tratta di una vitamina idrosolubile fondamentale per la sintesi di EMOGLOBINA, è
un fattore ERITROPOIETICO e NEUROTROFICO perché porta alla secrezione di guaina mielinica che
avvolge gli assoni dei neuroni.

La vitamina B12 assunta dalla dieta, non viene digerita ma viene assorbita così come viene assunta
(ingerita) tramite il cibo. Il fattore intrinseco lega la vitamina B12, è importante perché la protegge dalla
digestione ed è fondamentale a livello del tenue (ileo) per l’assorbimento della vitamina B12.
L’assorbimento della vitamina B12 è mediato da un recettore, che si trova a livello della membrana
apicale degli enterociti, (si trova nell’orletto a spazzola) che è in grado SOLO di legare il DIMERO della
vitamina B12 legata al fattore intrinseco. Se la vitamina B12 non è legata al fattore intrinseco, non siamo
in grado di assorbirla.

La carenza di Vitamina B12 dà ANEMIA PERNICIOSA e degenerazione delle fibre nervose (per mancanza di
mielina).

PEPSINE

Enzimi digestivi secreti dalle cellule PRINCIPALI dello stomaco. Esse secernono anche una lipasi gastrica in
quantità trascurabili.

Le cellule principali secernono PEPSINOGENO (proenzima, enzima inattivo). L’acidità dell’HCl è in grado di
trasformare il pepsinogeno nella forma attiva dell’enzima, la PEPSINA, che è una peptidasi/proteasi. Non
appena si forma la pepsina, si ha un processo auto-catalitico in cui la pepsina stessa stimola la produzione
di altro pepsinogeno da trasformare in pepsina. La pepsina inizia la digestione delle PROTEINE. Per
digerire le proteine (catene di amminoacidi) occorre rompere i legami che legano i singoli amminoacidi.

Le proteasi (enzimi che digeriscono le proteine) si classificano in:

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-ENDOPROTEASI (endopeptidasi) che rompono i legami peptidici interni, come la PEPSINA. Che trasforma
la catena di amminoacidi in piccoli peptidi.

-ESOPEPTIDASI, che scindono i legami peptidici alle estremità amminiche o carbossiliche.

Il pH ottimale d’azione per la pepsina è quello acido. Nel lume dello stomaco INIZIA LA DIGESTIONE DELLE
PROTEINE. (circa 20% delle proteine sono digerite nello stomaco).

A livello gastrico non vi è assorbimento di principi nutritivi., così come nel cavo orale.

Le cellule principali che riversano nel lume pepsinogeno si trovano sempre profondamente alle cellule
parietali, per impedire che il pepsinogeno venga immediatamente attivato in pepsina dall’HCl e per
impedire una digestione stessa delle proteine delle cellule (ghiandole). Con questa disposizione delle
cellule secernenti esocrine, il pepsinogeno viene attivato solo nel lume gastrico e non a livello della
ghiandola stessa.

MUCO E BICARBONATO

Le cellule epiteliali superficiali e le cellule del dotto (collo delle ghiandole gastriche) secernono un liquido
contenente H2O, muco e bicarbonato. Il muco ed il bicarbonato costituiscono la BARRIERA MUCOSA
DELLO STOMACO, barriera protettiva, con cui la mucosa dello stomaco tenta di proteggersi dall’estrema
acidità presente nel lume gastrico. Il muco è costituito da mucina e costituisce la barriera fisica e
protegge la barriera gastrica prima dai danni meccanici delle particelle di cibo e poi impedisce alla
soluzione acquosa ricca di bicarbonato di mescolarsi con il succo gastrico. L’anione bicarbonato
costituisce la barriera chimica perché tampona gli idrogenioni, tampona l’HCl ed inattiva la pepsina. A
livello dello strato di cellule più superficiali si crea uno strato di muco e bicarbonato per cui il pH rimane
neutro in questa sede. Questo meccanismo permette di proteggere la mucosa dall’azione lesiva dell’acido
cloridrico e anche della pepsina perché essa non riesce a digerire le proteine presenti nelle cellule
epiteliali superficiali perché viene inattivata dal fatto che il pH in questa zona è neutro. Quindi la pepsina
agisce solo nel lume dello stomaco dove il pH è acido.

La velocità di secrezione del muco e del fluido alcalino aumentano in seguito ad un pasto.

L’aspirina e i FANS inibiscono la secrezione di muco e bicarbonato, infatti, essi vengono assunti durante il
pasto, quando viene aumentata la secrezione della barriera protettiva dello stomaco.

SECREZIONE ACIDA DELLO STOMACO

Le cellule parietali sono stimolate a secernere HCl (H+ e Cl-) sia da vie nervose sia da ormoni:

FATTORI NERVOSI: ACh

248
Acetilcolina liberata dal nervo VAGO. Le cellule parietali hanno recettori per ACh e quando si attiva il
nervo vago in seguito all’assunzione di un pasto, viene stimolata la velocità di secrezione delle cellule
parietali dello stomaco. La secrezione gastrica basale è maggiore la sera rispetto alla mattina, ma in
seguito all’ingestione di un pasto si ha un aumento della secrezione di HCl.

FATTORI ORMONALI: istamina e gastrina.

L’istamina è liberata dalle vicine cellule enterocromaffini ed ha un’azione paracrina. L’istamina arriva alle
cellule parietali e le stimola alla produzione di HCl.

La gastrina è un ormone prodotta dalle cellule G che ha un’azione sia DIRETTA sia INDIRETTA, ossia,
agisce sulle cellule enterocromaffini, esse liberano istamina e stimolano la secrezione da parte delle
cellule parietali di HCl.

Gli effetti di ciascuno stimolante potenziano gli altri stimolanti.


PRINCIPALI MECCANISMI DI STIMOLAZIONE DELLA SECREZIONE ACIDA DELLO STOMACO

Il processo digestivo è suddiviso in 3 fasi:

FASE STIMOLO MECCANISMO -

Cefalica (40%): tutto ciò che Vista, odore e sapore. Stimoli vagali alle cellule parietali 40% della secrezione di HCL
avviene a livello del digerente (diretta) avviene in fase cefalica
prima che il cibo arrivi allo Masticazione e deglutizione.
stomaco G ed enterocromaffini (indiretta)
STIMOLI DEL CAVO ORALE

Gastrica (50%) Quando il bolo Distensione gastrica (captata da Riflessi locali o vagovagali che -
arriva nello stomaco. meccanocettori) e stimoli di tipo stimolano:
chimico
Cellule parietali e le cellule G

Intestinale (10%) quando il chimo Distensione del DUODENO Cellule intestinali ed endocrine -
è riversato nell’intestino (meccanico) intestinali

Chimico (presenza di amminoacidi

RIFLESSI LUNGHI DELLA FASE CEFALICA E GASTRICA

249
Nella fase cefalica si hanno riflessi lunghi che stimolano la produzione di HCl. Quando il bolo viene
deglutito (fase gastrica) ho stimoli di tipo meccanico (distensione gastrica) e di tipo chimico (presenza di
amminoacidi) che attivano anche riflessi corti, ossia integrati dal SNE (plesso mienterico e sottomucoso).

SECREZIONE DEL PEPSINOGENO

Nella fase gastrica aumenta la secrezione di PEPSINOGENO (enzima inattivo) che viene convertito in
PEPSINA nel lume dello stomaco grazie alla presenza di un pH acido (HCl). Il nervo vago stimola la
produzione da parte delle cellule principali di pepsinogeno e la gastrina prodotta dalle cellule G che
stimola la produzione di pepsinogeno.

La presenza del pH acido è lo stimolo principale che incrementa la secrezione di pepsinogeno delle cellule
principali.

INIBIZIONE DELLA SECREZIONE ACIDA NELLO STOMACO

Quando il chimo raggiunge l’intestino tenue, durante la fase intestinale vengono attivati dei meccanismi
che INIBISCONO l’ulteriore secrezione acida, che deve essere ben regolata per non danneggiare la
mucosa. Dopo lo svuotamento dello stomaco si blocca la secrezione acida per evitare il danneggiamento
della mucosa gastrica e quella duodenale.

A DIGIUNO la secrezione acida è controllata dalla somatostatina liberata dalle cellule D (nelle ghiandole
gastriche). La somatostatina inibisce la secrezione di GASTRINA da parte delle cellule G. Quando il pH a
livello dello stomaco (lume gastrico) scende al di sotto di 3 viene liberata somatostatina che inibisce la
produzione di gastrina e quindi viene limitata la secrezione acida.

Quando si assume un pasto non viene più prodotta somatostatina e viene stimolata la secrezione acida.

Dalla fase gastrica si passa a quella intestinale col passaggio del chimo al duodeno (tenue). Viene inibita
l’ulteriore secrezione gastrica tramite MECCANISMI NERVOSI a livello locale fra duodeno e stomaco.
L’inibizione della secrezione acida è mediata anche da due ormoni, prodotti e liberati dalla mucosa
duodenale. La mucosa duodenale è stimolata dalla presenza di un pH acido che produce secretina.

o SECRETINA: viene prodotta dalla mucosa duodenale, viene messa in circolo e arriva allo
stomaco. Essa riduce l’ulteriore svuotamento gastrico bloccando la motilità dello stomaco
ma riduce anche l’ulteriore secrezione gastrica nello stomaco.
o COLECISTOCHININA (CCK): La presenza di acidi grassi e di soluzioni iperosmotiche nel
duodeno fa produrre la colecistochinina, che viene messa in circolo e riduce l’ulteriore
svuotamento gastrico, riduce l’ulteriore secrezione acida.

250
Gli stessi stimoli sia ormonali sia nervosi che bloccano la motilità gastrica (ulteriore svuotamento
dell’antro nel duodeno bloccano anche l’ulteriore secrezione acida dello stomaco.

SECREZIONE PANCREATICA

E’ costituito da una parte esocrina e da una parte


endocrina.

La parte endocrina è costituita dalle Isole di Langerhans


che producono insulina, glucagone, somatostatina ed
ormone pancreatico che sono essenziali per regolare il
metabolismo, i livelli plasmatici dei principi nutritivi. Le
isole di Langerhans costituiscono l’1-2 % della massa totale del pancreas.

Il 98% della massa del pancreas è costituito dal pancreas esocrino, che ha una struttura di cellule
acinari, raggruppati in lobuli. Essi drenano in dotti che si uniscono a confluire nel dotto pancreatico
che raccoglie tutto il succo pancreatico prodotto dall’organo e lo riversa nel duodeno, a livello dello
sfintere di Oddi dove arriva anche il dotto biliare.

Il pancreas esocrino produce tutti gli ORMONI fondamentali per digerire proteine, glucidi e lipidi.

Le cellule acinari sono drenate da dotti (composte da cellule duttali). Il succo pancreatico viene
riversato nel duodeno assieme alla bile che proviene dalla colecisti.

SUCCO PANCREATICO

Ha due componenti:

o COMPONENTE ACQUOSA, data da H2O e HCO3-, bicarbonato. Essa ha un pH BASICO (8.2). La


componente acquosa è prodotta dalle cellule epiteliali dei dotti. Essa ha la funzione di
neutralizzare il chimo acido presente nel duodeno. Appena il chimo acido arriva al duodeno
si blocca l’ulteriore svuotamento gastrico e l’ulteriore secrezione acida dello stomaco e viene
riversato il succo pancreatico la cui componente alcalina neutralizza l’acido. Essa ha una
funzione protettiva della mucosa duodenale (previene la comparsa di ulcere duodenali) e
fornisce il pH neutro che è il pH ottimale d’azione per gli enzimi pancreatici.

La secrezione spontanea è minima mentre durante il pasto vi è una secrezione indotta, aumentata
dalla secretina, prodotta dalla mucosa duodenale quando viene rilevato un pH acido. La secretina
stimola la produzione della soluzione acquosa alcalina.

o COMPONENTE ENZIMATICA (Proteica), prodotta dalle cellule degli acini. Essa contiene gli
enzimi digestivi coinvolti nella digestione di proteine, carboidrati e lipidi.
Per digerire le proteine il succo pancreatico contiene diversi enzimi (PROTEASI):

-TRISPINA

-CHIMOTRIPSINA

-CARBOSSIPEPTIDASI

Le cellule degli acidi producono questi enzimi in una forma inattiva perché altrimenti digerirebbero già le
proteine contenute nelle cellule del pancreas.

251
Quindi in realtà le cellule acinose producono: TRIPSINOGENO, CHIMOTRISPINOGENO e PRO-
CARBOSSIPEPTIDASI (esopeptidasi, rompe gli amminoacidi a partire dall’estremità C=OH). Questi enzimi
inattivi arrivano nel duodeno tramite il dotto pancreatico. Nel duodeno, a livello dell’orletto a spazzola è
presente un’ENTEROPEPTIDASI che attiva il tripsinogeno in TRIPSINA. La tripsina con il meccanismo auto-
catalitico attiva altro tripsinogeno ma converte anche gli altri enzimi inattivi alla forma attiva.

Fra duodeno e digiuno avviene il 50% della digestione proteica.

Per digerire i carboidrati viene prodotta un’Alfa-amilasi PANCREATICA che continua la digestione parziale
dell’amido, che viene scisso in oligosaccaridi.

Per digerire i lipidi (trigliceridi, esteri del colesterolo e i fosfolipidi) il pancreas secerne 3 enzimi:

-LIPASI PANCREATICA, responsabile della digestione dei trigliceridi

-FOSFOLIPASI A2, che digerisce i fosfolipidi

-COLESTEROLO ESTERASI, che digerisce gli esteri del colesterolo producendo ACIDI GRASSI e
COLESTEROLO LIBERO.

-COLIPASI, serve ad ancorare la lipasi alla goccia di trigliceridi. La lipasi poi produce 2 acidi grassi ed un
monogliceride.

REGOLAZIONE DELLA SECREZIONE PANCREATICA

Controllata da vie nervose e ormonali. Nella fase cefalica, ad opera del vago, si ha una produzione del
20% di succo pancreatico. Il vago stimola la secrezione di entrambi i tipi di secrezione: acquosa ed
enzimatica.

Nella fase gastrica si ha 10% della secrezione pancreatica, che stimola le cellule degli acidi.

L’80% della secrezione pancreatica avviene nella fase INTESTINALE. Si ha una stimolazione chimica
regolata da vie nervose ed ormonali.

VIE NERVOSE: Acetilcolina liberata dal nervo vago (fibre parasimpatiche) che stimola la secrezione di
entrambe le soluzioni pancreatiche (acquosa ed enzimatica).

VIE ORMONALI:

-Secretina, registra il pH acido nel duodeno, che produce secretina, la quale stimola la secrezione
acquosa-alcalina. Viene riversato bicarbonato che neutralizza gli idrogenioni e quindi il pH nel duodeno
viene portato ad un valore di 7, pH ottimale di azione per gli enzimi digestivi.

-Colecistochinina, stimolata dalla presenza di acidi grassi e soluzioni iperosmotiche, che stimola le cellule
degli acini ad aumentare la secrezione di enzimi che vengono riversati nel duodeno e provvedono a
digerire e continuare la digestione di glucidi, protidi e lipidi.

Le due componenti (acquosa ed enzimatica) possono essere regolate da meccanismi separati, per cui la
composizione del succo pancreatico può presentare importanti variazioni.

Gli effetti di uno stimolante potenziano gli altri (SINERGISMO).

252
FEGATO

Riceve sangue sia dall’arteria epatica (25%) sia dalla vena PORTA (75%). Quello della vena porta è un
sangue ricco dei principi assorbiti a livello intestinale, dopo l’assorbimento, i principi nutritivi entrano nel
sangue che viene portato al fegato tramite la vena porta ed il sangue viene drenato dalla vena epatica.

Il FEGATO è il più importante organo METABOLICO del corpo.

La funzione del fegato è quello di garantire a tutti gli organi un ottimale rifornimento di energia. Il fegato
regola i livelli dei principi nutritivi nel sangue. E’ coinvolto nell’assorbimento dei principi nutritivi fornitigli
dal sangue tramite la vena porta. Il fegato li immagazzina e poi provvede a distribuirli ai vari organi.

Presenta un’organizzazione lobulare (strutture esagonali). Il fegato è composto da epatociti che


compongono i lobuli i quali sono disposti attorno ad una VENA CENTRALE.

Il sangue tramite rami dell’arteria epatica e della vena porta arriva alla periferia del lobulo dove si ha una
COMMISTIONE fra il sangue arterioso e quello venoso deossigenato ma ricco di principi nutritivi. Il sangue
scorre in direzione centripeta dalla periferia al centro del lobulo e scorre attraverso dei capillari
SINUSOIDI EPATICI. I capillari sono discontinui, vi sono grandi fenestrazioni fra un epatocita e l’altro (no

253
lamina basale). Gli epatociti captano dal sangue e prelevano i principi nutritivi, vitamine, ormoni, farmaci
e tossine. Ogni epatocita è in contatto da un lato con i sinusoidi epatici mentre dall’altro lato è in contatto
con dei canalicoli biliari.

La funzione del fegato è la PRODUZIONE DI BILE. I componenti della bile sono prelevati dagli epatociti e
riversati nei canalicoli biliari, che vengono drenati alla periferia del lobulo dai DOTTI BILIARI. La bile scorre
in direzione CENTRIFUGA (contrario del sangue, centripeta). La bile viene raccolta dal dotto biliare, da qui
viene mandata alla colecisti. A livello della colecisti la bile viene immagazzinata e rilasciata durante i pasti
per essere riversata nel duodeno.

Le vene centrali drenano il sangue proveniente dai lobuli. Esse poi confluiscono nella vena epatica che
porta il sangue verso la vena cava inferiore e da lì all’atrio destro.

FUNZIONI DEL FEGATO

Regolare i livelli di carboidrati grassi e proteine nel sangue.

Regola il metabolismo dei carboidrati, proteine e dei lipidi.

Il fegato regola la glicemia (livelli di glucosio nel sangue). E’ il principale organo bersaglio di INSULINA e
GLUCAGONE. L’insulina è l’ormone della sazietà, il picco di insulina lo si ha durante i pasti. L’insulina
agisce principalmente a livello del fegato incrementando l’assorbimento del glucosio da parte
dell’epatocita che viene prevalentemente immagazzinato sottoforma di glicogeno.

Il glucagone è l’ormone del DIGIUNO. Quando i livelli nel sangue di principi nutritivi calano, il glucagone
aumenta le vie cataboliche. Il glicogeno viene convertito in glucosio e ri-immesso nel sangue.

Il fegato quindi regola la glicemia, mantiene i livelli ottimali di glucosio nel sangue.

254
Il GLUT2, trasportatore insulina-indipendente, preleva il glucosio dai sinusoidi epatici indipendentemente
dalla presenza o meno di insulina. Il glucosio entra nell’epatocita e a seconda della situazione:

-VIENE STIMOLATA la GLICOGENOSINTESI (insulina la stimola). Il glucosio può essere immediatamente


convertito in PIRUVATO (stimolata la glicogeno-lisi, stimolata da insulina). Il glicogeno può anche essere
degradato a glucosio (GLICOGENOLISI), nelle fasi di digiuno ad opera del glucagone.

L’epatocita è anche in grado di prelevare anche amminoacidi e lattato, che servono per essere convertiti
in glucosio, mediante la GLUCONEOGENESI, stimolata dal glucagone.

Il fegato regola anche il metabolismo lipidico.

A seconda dello stato di sazietà/digiuno, con conseguente liberazione di insulina o glucagone nel sangue,
nel fegato vengono attivate le vie anaboliche o cataboliche.

Il fegato è in grado di assumere dal sangue che perfonde i sinusoidi sia gli acidi grassi liberi (prodotto
finale della digestione dei lipidi) ma anche alcune forme di lipoproteine (LDL e VLDL) ricche di colesterolo
e trigliceridi. I chilomicroni sono lipoproteine con cui assorbiamo a livello intestinale i lipidi. Dopo aver
digerito i lipidi, essi vengono assorbiti in grandi gocce di grasso, i chilomicroni.

Nel circolo ematico, le cellule endoteliali dei vasi hanno delle LIPASI, che idrolizzano i trigliceridi, andando
a formare i CHILOMICRONI RESIDUI, che hanno una maggior percentuale di colesterolo rispetto ai
chilomicroni originali. L’epatocita preleva anche alcune classi di lipoproteine. Esse a livello epatico
vengono scisse nelle loro componenti: trigliceridi e colesterolo. Gli acidi grassi prelevati vengono
accumulati sottoforma di trigliceridi (stimolo della sintesi di trigliceridi stimolata dall’insulina) oppure essi
possono essere ossidati a corpi chetonici (Beta-ossidazione, stimolata dal glucagone) che sono
un’importante fonte energetica nei periodi di digiuno prolungato.

Il fegato è molto importante per regolare i livelli di colesterolo nel sangue. Il fegato svolge un ruolo
importante nell’omeostasi del colesterolo che regola la colesterolemia. Quindi non solo preleva il
colesterolo che deriva dall’assunzione delle lipoproteine ma lo produce anche ex-novo. L’epatocita è in
grado di sintetizzare colesterolo. Il colesterolo è essenziale per l’epatocita perché è la molecola base da
cui l’epatocita sintetizza i diversi acidi biliari, che sono il principale componente della bile.

Il colesterolo serve al fegato per produrre VLDL che vengono immesse in circolo e sono una fonte di
colesterolo e trigliceridi per la maggior parte dei tessuti (muscolo e tessuto adiposo in particolare).

La bile è l’unica via di escrezione del colesterolo perché gli acidi biliari vengono per la maggior parte
assorbita ma una parte è escreta con le feci.

Il fegato regola anche il metabolismo delle proteine.

255
Vengono attivate vie anaboliche o cataboliche:

-Il fegato preleva gli amminoacidi dai sinusoidi, essi vengono DEGRADATI (catabolismo proteico) ad
ammoniaca che viene convertita in UREA (urogenesi). Oppure gli amminoacidi vengono utilizzati per la
sintesi proteica, il fegato sintetizza le principali proteine plasmatiche che vengono nuovamente riversate
nei sinusoidi. Il fegato produce l’albumina, le globuline, il fibrinogeno ed altri fattori della coagulazione e
la transferrina (proteina che lega il ferro).

Avvengono anche le reazioni di INTERCONVERSIONE DEGLI AMMINOACIDI. Gli amminoacidi si


suddividono in:

-ESSENZIALI, sono quelli che il nostro corpo non è in grado di produrre e che occorre ricavare dal cibo.
Sono quegli amminoacidi, attraverso cui l’epatocita, per mezzo di reazioni di interconversione, riesce a
produrre gli amminoacidi non-essenziali.

-NON-ESSENZIALI, prodotti dal fegato a partire dagli amminoacidi essenziali.

Il fegato svolge una funzione di deposito per:

o VITAMINE LIPOSOLUBILI (gruppo ADEK) e la vitamina idrosolubile B12


o Ferro
o Glicogeno

Ha un’importante funzione di rimozione e degradazione di ormoni. Preleva gli ormoni e li degrada dai
sinusoidi. Prima svolge reazioni enzimatiche per inattivare gli ormoni e poi lo rende idrosolubile perché
possa essere escreto tramite l’urina. Il fegato elimina:

-ormoni peptidici come insulina e glucagone, epinefrina e norepinefrina

-ormoni tiroidei

-ormoni steroidei

Il fegato, inoltre, assorbe, trasforma e promuove l’escrezione di farmaci e tossine che prima vengono
inattivati, resi idrosolubili per essere escreti tramite l’urina (rene) o le feci (bile).

FUNZIONE DIGESTIVA (SECREZIONE BILIARE)

Il fegato secerne 600-1200ml di bile/die. La bile è prodotta dagli epatociti, concentrata nella colecisti e
durante i pasti viene immessa nel duodeno a livello dello sfintere di Oddi.

La produzione di bile è un processo TONICO (continuo), ossia, gli epatociti producono continuamente gli
elementi principali della bile, li riversano nei canalicoli che vengono drenati alla periferia di ogni lobulo
dai dotti biliari. Tutta la bile prodotta dal fegato è raccolta dal dotto BILIARE EPATICO, essa è convogliata

256
verso la colecisti dove viene concentrata tramite riassorbimento di acqua e ione, durante i pasti la bile
viene riversata nel duodeno.

L’immissione di bile nel duodeno è un processo FASICO (discontinuo) che avviene solo durante i pasti.

La bile è costituita principalmente da:

-acidi biliari (50%)

-colesterolo (4%)

-fosfolipidi (lecitina)

-pigmenti biliari (2%) come la BILIRUBINA.

Vi sono due tipi di secrezione di bile:

-SECREZIONE PRIMARIA, prodotta dagli epatociti (cellule parenchimali principali) che riversano nei
canalicoli i costituenti essenziali della bile. La bile contiene sostanze ad azione digestiva ma NON
CONTIENE ENZIMI DIGESTIVI (gli enzimi digestivi provengono dal pancreas). La bile è fondamentale per
digerire e assorbire i grassi. E’ una secrezione isotonica con il plasma ed è stimolata dalla colecistochinina
(ormone prodotto dalla mucosa duodenale quando viene rilevata un’elevata concentrazione di acidi
grassi) la quale blocca la motilità gastrica e la secrezione acida dello stomaco. La CCK stimola il pancreas
esocrino a produrre la componente enzimatica, stimola il fegato (secrezione primaria) ad aumentare la
secrezione degli acidi biliari ad opera degli epatociti.

-SECREZIONE DUTTALE, prodotta dalle cellule dei dotti biliari. Essi producono una secrezione di H2O e
HCO3-. Secrezione acquosa alcalina isotonica col plasma. La bile ha pH alcalino e concorre, quando viene
riversata nel duodeno al tamponamento dell’acidità del chimo gastrico assieme al succo pancreatico,
anch’esso alcalino grazie alla presenza di bicarbonato. L’ormone che stimola questa secrezione è la
SECRETINA che è prodotto dal DUODENO quando viene rilevato un pH acido. Incrementa la produzione
della secrezione duttale. Il volume totale di bile è dato dalle due componenti.

ACIDI BILIARI

Sono tutti sintetizzati dagli epatociti a partire dal colesterolo, che il fegato può produrre ex-novo, ricavato
per la maggior parte dalle lipoproteine assorbite dal sangue che perfonde i sinusoidi.

Alla molecola del colesterolo si aggiungono dei gruppi ossidrili OH o carbossilici C=OH. Gli acidi biliari si
suddividono in:

-PRIMARI, prodotti dagli epatociti.

-SECONDARI, prodotti dai batteri intestinali quando la bile arriva all’intestino mediante reazioni di
deidrossilazione. I batteri intestinali rimuovono i gruppi OH e trasformano gli acidi biliari primari in
secondari.

Oppure in:

-CONIUGATI, con glicina o taurina. Questi acidi biliari quando vengono rilasciati nel duodeno vengono
ionizzati perché hanno una carica elettrica negativa. Per cui esistono sotto forma di SALI, si legano ad un
Na+. La maggior parte degli acidi biliari sono coniugati.

-NON CONIUGATI, come i secondari, staccati da glicina e taurina, sono molecole liposolubili, che
diffondono rapidamente attraverso l’enterocita.

257
Gli acidi biliari primari e quelli coniugati (Sali biliari) sono polari ed idrosolubili, sono molecole che nel
lume intestinale rimangono più a lungo nell’ambiente acquoso svolgendo più a lungo la loro funzione.

A livello dell’ileo i Sali biliari vengono riassorbiti e una piccola parte viene eliminata con le feci.

I sali biliari hanno due funzioni:

1. EMULSIONARE I LIPIDI, azione che migliora la digestione dei lipidi.


2. FORMANO MICELLE MISTE, meccanismo che migliora l’assorbimento dei lipidi.

La bile non contiene enzimi digestivi ma è importante per la digestione e l’assorbimento dei grassi.

I sali biliari emulsionano i lipidi, ossia frammentano una grande goccia di grasso in piccole goccioline,
questo perché i trigliceridi che non sono idrosolubili, nel lume intestinale tendono a formare grandi gocce
di grasso. Le LIPASI (prodotte dal pancreas) attaccano la goccia di grasso solo dall’esterno e in presenza di
grandi gocce di grasso la digestione risulta molto lenta. I sali biliari, sono molecole anfipatiche, con una
parte idrofobica ed una idrofila, essi si legano alla superficie della goccia lipidica e ne staccano tante
piccole goccioline. Ne impediscono la rifusione in una grossa goccia di grasso. L’azione emulsionante dei
sali biliari serve ad aumentare l’area di superficie che le lipasi (enzimi digestivi) hanno a disposizione e
quindi la digestione è molto più rapida. Una volta che le lipasi esercitano la loro azione digestiva, tutti i
prodotti della digestione dei lipidi assieme ai sali biliari formano delle micelle miste (sali biliari+
colesterolo libero, acidi grassi, monogliceridi e ciò che resta della digestione dei fosfolipidi). Le micelle
miste sono molto piccole e diffondono bene fra i microvilli a livello dell’orletto a spazzola e quindi la
formazione di micelle è un meccanismo attraverso il quale viene migliorato l’assorbimento dei lipidi. Le
molecole anfipatiche spontaneamente in ambiente acquoso formano una struttura con doppio strato
lipidico oppure delle micelle con tutte le parti idrofiliche all’esterno e le parti idrofobiche all’interno.

Le micelle sono semplici se sono formate solo da sali biliari e miste se contengono oltre ai sali biliari
anche tutti i prodotti della digestione dei lipidi. Anche le vitamine liposolubili vengono assorbite perché
entrano all’interno delle micelle miste e quindi diffondono bene. Se non si formassero queste micelle
raggiungerebbero con difficoltà la membrana plasmatica apicale degli enterociti.

La bile contiene anche una piccola percentuale di fosfolipidi, come la lecitina (fosfatidilcolina) che ha un
effetto a feedback positivo nella solubilizzazione di altri lipidi. Ciò significa che maggiore è la
concentrazione di fosfatidilcolina, maggiore sarà la quantità di colesterolo che può essere solubilizzata
all’interno delle micelle.

La bile contiene anche una piccola percentuale di colesterolo che si dispone all’interno delle micelle. Esso
è responsabile della formazione di calcoli biliari, ossia, se è presente in una concentrazione superiore ad
una concentrazione fisiologica, precipita e forma i calcoli biliari.

I pigmenti biliari (BILIRUBINA) sono un’altra componente della bile. La bilirubina è un prodotto di rifiuto,
è un prodotto terminale della degradazione dell’emoglobina. Dopo 120 di vita, gli eritrociti vengono
degradati. Le catene proteiche vengono demolite, mentre il gruppo EME viene degradato in BILIRUBINA.
Gli epatociti prelevano la bilirubina. Nel fegato la bilirubina viene coniugata all’acido glucuronico e viene
secreta nella bile. La bilirubina da alla bile il colore GIALLO. La bile viene immessa nel duodeno, la
bilirubina viene convertita in parte in STERCOBILINA, che viene eliminata attraverso le feci e da loro un
caratteristico colore bruno, ed in parte viene convertita in UROBILINOGENO e viene filtrato a livello
RENALE, l’urobilinogeno viene escreto con l’urina e le dà il caratteristico colore giallo.

258
CIRCOLAZIONE ENTEROEPATICA DELLA BILE

L’epatocita produce gli elementi della bile (acidi biliari,


fosfolipidi, colesterolo ed il pigmento biliare, la
BILIRUBINA). La bile viene prodotta continuamente, poi
la bile viene depositata e concentrata nella colecisti.
Durante i pasti la bile viene riversata nel duodeno
tramite il dotto biliare, per la contrazione della
colecisti. Fra duodeno e digiuno i Sali biliari
emulsionano i grassi (facilitandone la digestione) e
formano le micelle miste, facilitandone l’assorbimento.
I Sali biliari non vengono eliminati con le feci, ma solo
un 5-10% massimo 20%. La maggior parte dei sali biliari
a livello dell’ileo (ultima porzione del tenue) essi
vengono recuperati, assorbiti, tornano al fegato tramite
la vena porta. Essi vengono ricaptati dagli epatociti, che
li ri-immettono nei canalicoli. Esiste un POOL di acidi biliari (2-4g) che viene continuamente riciclato e
circola fra intestino e fegato. Gli acidi biliari primari e coniugati vengono riassorbiti a livello dell’ileo, per
trasporto attivo, perché sono idrosolubili. Gli acidi grassi secondari e quelli non coniugati che sono
LIPOSOLUBILI vengono assorbiti dagli enterociti dell’ileo tramite DIFFUSIONE. Essi vengono tutti
efficientemente recuperati ed assorbiti. Essi tornano al fegato, l’epatocita li capta e qui, gli acidi biliari
secondari vengono reidrosilati a primari, quelli non coniugati vengono coniugati a glicina e taurina e
vengono secreti nuovamente nei canalicoli, rientrano nel circolo. La piccola parte di acidi biliari eliminati
con le feci (in media 0.5g al giorno) viene rimpiazzata da una sintesi ex-novo di acidi biliari in modo da
mantenere il pool che ricircola costante. L’epatocita a partire dal colesterolo rimpiazza quella piccola
parte di sali biliari che sono stati escreti tramite le feci, mantiene l’omeostasi degli acidi biliari. Magiore è
l’apporto lipidico di un pasto più i sali biliari ricircoleranno fra intestino e fegato. In genere circolano 3-4
volte ma possono arrivare a ricircolare anche 15 volte. L’80% dei sali biliari della bile sono RICICLATI.

L’immissione di bile nel duodeno è un processo discontinuo perché avviene solo durante i pasti. Fra un
pasto e l’altro la bile viene immagazzinata e concentrata nella colecisti. L’immissione di bile nel duodeno
è minima nella fase cefalica e gastrica, essa avviene soprattutto nella fase INTESTINALE. Quando il chimo
passa nel duodeno, si ha contrazione della colecisti, rilasciamento dello sfintere di Oddi e immissione di
bile nel duodeno.

La regolazione nervosa è ad opera del vago.

La regolazione ormonale è assicurata dalla colecistochinina (CCK) che determina la massima velocità di
svuotamento della colecisti. La CCK da lo stimolo alla colecisti, la CCK è l’ormone prodotto dal duodeno
quando viene registrata un’alta concentrazione di GRASSI.

CONTROLLO DELLA PRODUZIONE E SECREZIONE DI BILE

o Controllo ormonale:

CCK: stimola secrezione primaria della bile,induce contrazione colecisti e rilasciamento dello sfintere
di Oddi.

Secretina: stimola la secrezione duttale ricca in HCO3- . La bile ha la funzione di contribuire a


neutralizzare l’acido nel duodeno

o Controllo nervoso:

259
Stimolazione parasimpatica vagale: stimola una maggior produzione di bile, determina contrazione
colecisti, rilasciamento sfintere di Oddi.

Stimolazione simpatica: porta a ridotta secrezione di bile e induce rilasciamento della colecisti,
inibisce riversamento di bile nel duodeno.

o Controllo a feedback negativo attraverso gli acidi biliari nel sangue portale:

L’elemento principale che regola la sintesi e secrezione di acidi biliari è la loro concentrazione nel
sangue epatico portale (feedback negativo). La concentrazione degli acidi biliari nella vena porta
esprime la percentuale di acidi biliari riassorbiti nell’ileo è la principale via di regolazione della sintesi
ex-novo di sali biliari da parte degli epatociti con un meccanismo a feedback negativo (più ne sono
riassorbiti a livello dell’ileo meno sali biliari verranno prodotti ex-novo dagli epatociti).

SECREZIONI INTESTINALI

Sia il tenue che il grasso producono circa 1.5l/die di secreto intestinale che non contiene enzimi digestivi.
Le secrezioni intestinali sono formate principalmente da acqua e da muco ed elettroliti. L’intestino tenue
produce enzimi digestivi ma non li riversa nel lume: essi rimangono a livello della membrana apicale degli
enterociti (orletto a spazzola) oppure all’interno del citoplasma degli enterociti.

Le funzioni delle secrezioni intestinali sono:

o Protezione dai danni meccanici che le particelle di cibo possono causare alla mucosa
intestinale (muco)
o Azione lubrificante (facilita il transito delle feci)
o Protezione verso i batteri provenienti dal crasso, costituisce una barriera protettiva
o Contiene elettroliti come il BICARBONATO, il quale tampona l’acidità prodotta dai batteri
sottoforma di ioni H+.

A livello del tenue vi sono quindi cellule mucosecernenti.

Le secrezioni del tenue sono isotoniche rispetto al plasma e contengono molto muco.

Le secrezioni del crasso sono molto ricche di muco e sono ALCALINE, contengono un’elevata
concentrazione di ioni potassio (K+).

Controllo nervoso:

Vie parasimpatiche stimolano la secrezione.

Vie simpatiche diminuiscono la secrezione.

Anche gli stimoli tattili aumentano la secrezione.

260
DIGESTIONE E ASSORBIMENTO
La digestione è quell’insieme di processi attraverso cui tutte le macromolecole contenute negli alimenti
vengono scisse in molecole più piccole (carboidrati->monosaccaridi, proteine->amminoacidi, lipidi->acidi
grassi) da reazioni enzimatiche catalizzate da enzimi del tratto gastrointestinale.

L’assorbimento è l’insieme di processi mediante i quali le molecole semplici vengono trasportate alle
cellule epiteliali del tratto gastrointestinale (enterociti) e successivamente vengono riversate nel sangue o
nella linfa.

L’intestino tenue è il tratto dell’apparato digerente che ha un ruolo preminente sia per quanto riguarda
l’assorbimento sia per quanto riguarda la digestione. Il 90% dei principi nutritivi viene digerito a livello del
tenue e viene poi qui assorbito.

A livello del tenue non vengono assorbiti solo proteine, carboidrati e lipidi ma anche:

-VITAMINE (liposolubili ed idrosolubili)

-Acidi biliari

-Elettroliti

-Acqua

Ossia gran parte delle secrezioni del sistema digerente viene riassorbita.

La maggior parte dei nutrienti vengono riassorbiti nel duodeno e nel digiuno mentre gli acidi biliari
vengono riassorbiti nell’ileo. H2O ed elettroliti vengono riassorbiti nel crasso per la formazione delle feci.

Caratteristiche specifiche dell’intestino tenue che ottimizzano la sua funzione di digestione ed


assorbimento:

-SEGMENTAZIONI RITMICHE che garantiscono il mescolamento del contenuto del lume con gli enzimi
digestivi e lo portano a stretto contatto con la mucosa intestinale garantendone l’assorbimento. La
frequenza delle onde lente è maggiore nel duodeno 12/min e minore nell’ileo 8/min, questo fa sì che il
chimo proceda lentamente in direzione ab-orale/anterograda dal tenue verso il crasso.

261
-ANATOMIA DELLA MUCOSA, la mucosa è ripiegata in pliche (come nello stomaco) che permette di
triplicare l’area a disposizione per l’assorbimento. La mucosa ha dei villi che aumentano di 10 volte la
superficie della mucosa. La membrana apicale interna degli enterociti (epitelio) possiede i microvilli che
aumentano di 20 volte l’area per l’assorbimento e la digestione. Vi è un’area di superficie che arriva a
200mq. All’interno di ogni villo intestinale passano i vasi sanguigni, alcuni principi nutritivi devono
passare per la membrana apicale e baso-laterale degli enterociti per poi essere riversati nel sangue, ma a
livello del villo vi è anche un VASO LINFATICO perché i lipidi vengono assorbiti e riversati prima nella linfa
e poi riversati nel sangue. Il passaggio dei principi nutritivi dal lume dell’intestino si ha direttamente al
sangue o nella linfa. A livello delle CRIPTE (base dei villi) vi sono cellule staminali che si differenziano negli
enterociti che continuamente (ogni 3-7gg) vengono sfaldati e rimpiazzati da nuove cellule.

DIGESTIONE DEI CARBOIDRATI

I carboidrati utili al nostro organismo sono ESOSI, ossia molecole a 6 atomi di carbonio. La maggior parte
sono esosi, ma vi sono anche pentosi utili al nostro organismo. I carboidrati assumono forme diverse,
dalle più semplici (monosaccaridi) alle più complesse (polisaccaridi).

I carboidrati si suddividono in:

o MONOSACCARIDI, quelli utili al nostro organismo sono: GLUCOSIO, FRUTTOSIO e


GALATTOSIO.
o DISACCARIDI, formati dall’unione di due monosaccaridi:
-SACCAROSIO (1 glucosio +1 fruttosio), contenuto nella barbabietola da zucchero

-LATTOSIO (1 glucosio +1 galattosio), disaccaride del latte

-MALTOSIO (1 glucosio + 1 glucosio), disaccaride dei cereali

o POLISACCARIDI, catene ramificate date dall’unione di molti monosaccaridi. Quelli da noi


digeriti sono:
-AMIDO, polisaccaride di origine vegetale (contenuto in pane, patate, riso, …)

-GLICOGENO, polisaccaride di origine animale che anche il nostro organismo deposita nel
fegato e nel muscolo scheletrico.

Entrambi questi polisaccaridi sono costituiti da catene ramificate di GLUCOSIO.

Le porzioni rettilinee delle catene ramificate di glucosio, sono unite da LEGAMI GLICOSIDICI di tipo Alfa 1-
4, perché riguardano i carboni 1 e 4 delle due molecole che si legano. Nelle parti ramificate sia amido che
glicogeno hanno legami di tipo Alfa 1-6, i legami glicosidici sono fra il carbonio 1 e 6 delle molecole che si
legano.

Amido e glicogeno sono i polisaccaridi digeribili e disponibili perché il nostro organismo possiede enzimi
in grado di scindere si i legami di tipo Alfa 1-4 che di tipo Alfa 1-6.

Anche altri polisaccaridi non digeribili sono comunque molto importanti costituenti della nostra
alimentazione: le FIBRE: come la CELLULOSA e le PECTINE, contenute nella frutta e nella verdura. Essi
sono polisaccaridi che non siamo in grado di digerire perché nella loro struttura presentano legami di tipo
Beta 1-4 ed il nostro organismo non possiede gli enzimi digestivi per scindere questo tipo di legami.

Le fibre però sono importanti perché anche se non sono digerite, hanno un ruolo fisiologico molto
importante: ASSORBONO ACQUA, sono sostanze idroscopiche. Danno un senso di sazietà. Facilitano la
motilità (peristalsi intestinale), accorciando il periodo di transito lungo l’intestino. Aumentano anche la

262
massa fecale perché assorbono acqua, prevenendo la stipsi. Esse formano una massa gelatinosa che
riduce l’assorbimento a livello intestinale di colesterolo e trigliceridi.

I glucidi che digeriamo sono i polisaccaridi ed i monosaccaridi che devono essere convertiti in
monosaccaridi per essere digeriti. Digerire i carboidrati significa ridurre i glucidi complessi a glucidi
semplici (monosaccaridi).

La digestione dei carboidrati inizia nel cavo orale per azione della PTIALINA (alfa-amilasi salivare).

L’alfa amilasi salivare degrada parzialmente l’amido producendo prodotti intermedi di digestione, perché
è un enzima in grado di scindere solo i legami Alfa 1-4 glicosidici INTERNI. Quindi produce:

-maltosio e maltotriosio

Non è in grado di scindere i legami Alfa 1-6 delle parti ramificate e quindi forma piccole strutture
ramificate, le destrine Alfa-limite.

Nel cavo orale l’amilasi salivare inizia la parziale digestione dell’amido. Il suo pH ottimale di azione è
neutro quindi quando il bolo viene deglutito, nello stomaco la PTIALINA viene inattivata dal pH acido
dello stomaco. Nello stomaco NON si digeriscono carboidrati ma principalmente le proteine e in parte i
grassi.

La digestione dei carboidrati riprende nell’intestino ad opera dell’Alfa-amilasi pancreatica contenuta nel
SUCCO PANCREATICO che ha la stessa funzione dell’Alfa-amilasi salivare. Ossia, continua la parziale
digestione dell’amido. L’alfa-amilasi pancreatica ha un’attività maggiore perché il chimo permane per più
tempo nel tenue rispetto al cavo orale.

La digestione dei carboidrati avviene nel lume intestinale perché in esso vi è l’alfa-amilasi pancreatica ma è
una digestione che termina come digestione di MEMBRANA. La digestione finale è attuata da una serie di
enzimi prodotti dall’enterocita che non vengono secreti nel lume. Gli enzimi digestivi per i carboidrati

263
rimangono SULL’ORLETTO A SPAZZOLA, ossia, rimangono inseriti sulla membrana apicale. Per questo la
digestione dei carboidrati è detta DIGESTIONE DI MEMBRANA, nella sua parte finale.

In questo distretto avviene la digestione dei disaccaridi che non vengono digeriti dalle amilasi, quindi esiste
una SACCARASI (che scinde il fruttosio e glucosio) ed una LATTASI (che scinde il glucosio ed il galattosio).

Chi è intollerante al lattosio ha una carenza di LATTASI, l’enzima che scinde il lattosio.

La lattasi è molto attiva nel neonato ma meno attiva con l’avanzare dell’età. Vi sono le Alfadestrinasi (o
Isomaltasi) che sono quegli enzimi che degradano le destrine Alfa-limite. Ossia sono quegli enzimi in
grado di scindere i legami glicosidici Alfa 1-6 dei punti di ramificazione.

Le glucoamilasi (o maltasi) degradano i piccoli oligosaccaridi che arrivano sino a 9 unità di glucosio.

Tutti questi enzimi operano una digestione di membrana degradando disaccaridi ed oligosaccaridi ai
singoli monosaccaridi (glucosio, fruttosio e galattosio) che a questo punto devono essere assorbiti.

ASSORBIMENTO DEI CARBOIDRATI

Quando ho ottenuto i monosaccaridi dalla digestione di zuccheri più complessi, essi devono passare per la
membrana apicale e basolaterale per essere riversati nel sangue tramite i capillari sanguigni dei villi. Vi è
un trasportatore unico per far attraversare la membrana a GLUCOSIO e GALATTOSIO, ossia il carrier può
trasportare sia glucosio sia galattosio tramite un meccanismo attivo sodio-dipendente. Vi è una
competizione fra glucosio e galattosio: l’elemento presente in maggiore quantità viene assorbito in
maggior quantità. Il fruttosio ha invece un altro carrier, specifico per questa molecola.

I monosaccaridi entrano all’interno della cellula e altri trasportatori, come il GLUT2, localizzati nella
membrana basolaterale li riversano direttamente nel torrente circolatorio.

La maggior parte di questi trasporti è attiva: ossia, sfrutta l’ingresso di Na+ nelle cellule secondo
gradiente. Per cui in queste cellule è importante la presenza della pompa Sodio-potassio ATPasi che
ripristina il gradiente ionico del sodio riportandolo all’esterno della cellula.

Gli zuccheri assorbiti sono trasportati attraverso il sangue al fegato, dove vengono convertiti in glicogeno
o immessi nel circolo sanguigno.

264
DIGESTIONE DELLE PROTEINE

La proteina è una catena di amminoacidi con un’estremità amminica ed una carbossilica. Digerire una
proteina significa scindere i vari legami peptidici e produrre singoli amminoacidi. Occorre che digeriamo
sia le proteine ESOGENE (assunte con la dieta) e una grande quantità di proteine ENDOGENE (proteine di
secrezione quindi ENZIMI e tutte le proteine che derivano dallo sfaldamento degli enterociti a livello della
mucosa gastrica. Le cellule vengono riversate nel lume di stomaco ed intestino e le proteine vengono
digerite. La quota di proteine endogene può a volte superare la quota di proteine esogene assunte con la
dieta. Gli enzimi che digeriscono le proteine sono detti: PROTEASI (o peptidasi) e si distinguono in due
gruppi: ENDOPEPTIDASI ed ESOPEPTIDASI.

ENDOPEPTIDASI, sono enzimi che spezzano i legami peptidici interni alla catena amminoacidica,
generando peptidi più piccoli.

ESOPEPTIDASI, staccano un amminoacido alla volta partendo dalle estremità terminali, esse si dividono
in:

-AMMINOPEPTIDASI, che spezzano i legami partendo dall’estremità amminica NH2

-CARBOSSIPEPTIDASI, che agiscono a partire dall’estremità carbossilica.

La digestione delle proteine inizia nello STOMACO ad opera della pepsina. Le cellule principali dello
stomaco secernono pepsinogeno che viene attivato a pepsina nel lume dello stomaco grazie alla presenza
di un pH acido dato dall’acido cloridrico. La pepsina è un’endopeptidasi, nello stomaco il 15-20% delle
proteine viene ridotto in piccoli peptidi.

Lo stomaco poi si svuota e il chimo passa nel duodeno e nel digiuno dove si completa la digestione ad
opera delle proteasi pancreatiche, contenute nel succo pancreatico:

-TRIPSINA (endopeptidasi)

-CHIMOTRIPSINA (endopeptidasi)

-CARBOSSIPEPTIDASI (esopeptidasi), stacca un amminoacido alla volta dall’estremità carbossilica

esse sono secrete dalle cellule degli acini del pancreas in forma inattiva: TRIPSINOGENO,
CHIMOTRIPSINOGENO E PROCARBOSSIPEPTIDASI che vengono convertiti nella forma attiva solo a livello
duodenale. Questo perché a livello dell’orletto a spazzola vi è un enzima che attiva il tripsinogeno in
tripsina, la quale converte le altre forme inattive in forme attive.

Grazie alle 3 proteasi pancreatiche si ha un’ulteriore 50% di digestione delle proteine.

265
La digestione delle proteine viene portata a termine da proteasi prodotte dall’orletto a spazzola
(enterociti). Questi enzimi non vengono secreti nel lume, quindi o rimangono a livello dell’orletto a
spazzola oppure rimangono nel CITOSOL.

Le proteasi sulla membrana sono attive su peptidi composti da 4-5 amminoacidi, effettuano una
digestione di membrana delle proteine, scindendo i piccoli peptidi di 4-5 amminoacidi in singoli
amminoacidi.

Le peptidasi che si trovano nel citosol sono attive su DI-TRIPEPTIDI, composti da 2-3 amminoacidi e li
scindono a singoli amminoacidi.

Oltre ad essere una digestione di membrana, la digestione delle proteine è anche una digestione
intracellulare.

Gli enterociti possono riversare all’interno della cellula sia i singoli amminoacidi sia i di-tri peptidi, i quali
vengono digeriti dalle proteasi citoplasmatiche. La digestione delle proteine termina a livello
dell’intestino tenue.

ASSORBIMENTO DELLE PROTEINE

Gli enterociti sono in grado di assorbire:

● Proteine intatte o grossi peptidi: nell’uomo adulto solo una quantità trascurabile di proteine
viene assorbita in forma non digerita. In alcuni individui può provocare reazioni anafilattiche
e di ipersensibilità (allergie alimentari).
● Di- tri-peptidi: trasportati attraverso la membrana dell'orletto a spazzola mediante un
processo attivo secondario Na+-dipendente. Velocità di trasporto superiore a quella dei
singoli amminoacidi. Ossia vengono assorbiti più di e tri-peptidi che singoli amminoacidi.
Trasportatori con elevata affinità per di- tri-peptidi, bassa affinità per peptidi di 4 o più
residui aa.

● Amminoacidi: Il trasporto può avvenire a due livelli diversi:


-attraverso la membrana plasmatica dell’orletto a spazzola, specifici sistemi di trasporto
Na+- dipendente e Na+-indipendente.

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-attraverso la membrana basolaterale, specifici sistemi di trasporto Na+-dipendente e Na+
indipendente, che riversano gli amminoacidi direttamente nel sangue.

Gli enterociti non riescono ad assorbire una grande quantità di proteine NON digerite.

DIGESTIONE DEI LIPIDI

Digerire i lipidi significa digerire:

-TRIGLICERIDI (glicerolo esterificato con acidi grassi). Ha legati alla molecola di glicerolo, che funge da
scheletro, 3 acidi grassi.

-FOSFOLIPIDI, possiedono uno scheletro di glicerolo con legati 2 acidi grassi (code). Attaccata al glicerolo
vi è il gruppo fosfato che costituisce la testa, a questo si aggiunge la fosfatidil-colina (lecitina).

-COLESTEROLO (sottoforma di estere), HA UNA STRUTTURA CICLICA. Nella maggior parte dei casi è
sottoforma di estere e possiede una coda di acido grasso in più.

Digerire i lipidi significa rompere dei legami estere, staccare le singole molecole di acido grasso.

A livello del cavo orale e dello stomaco vi sono due lipasi:

-LIPASI SALIVARE

-LIPASI GASTRICA

che digeriscono una quota trascurabile di lipidi.

La digestione dei lipidi avviene principalmente nel tenue: a livello del digiuno e dell’ileo.

La presenza della BILE è fondamentale per la digestione dei lipidi. A livello dello sfintere di Oddi arriva il
succo pancreatico che contiene gli enzimi digestivi necessari a digerire i lipidi.

Grazie al dotto biliare arriva, dalla colecisti, la bile al duodeno. Essa dapprima emulsiona i grassi, ossia,
scinde le grosse gocce di grasso in piccole goccioline, in modo che gli enzimi LIPOLITICI del succo
pancreatico agiscano più velocemente. Con l’emulsione dei lipidi viene aumentata l’area di superficie che
gli enzimi hanno a disposizione e quindi la digestione è più rapida. Il pancreas produce enzimi per digerire
le tre classi di lipidi:

-LIPASI PANCREATICA (glicerolo estere idrolasi), che digerisce i TRIGLICERIDI ed è sempre secreta (in
rapporto molare 1:1) con la COLIPASI. La colipasi serve ad ancorare la lipasi sulla gocciolina di
trigliceridi. La lipasi pancreatica rompe i legami esteri degli acidi grassi in posizione 1 e 3 e si
formano: 1 MONOGLICERIDE + 2 ACIDI GRASSI LIBERI.

-COLESTEROLO ESTERASI, che scinde il legame estere degli esteri del colesterolo formando:
COLESTEROLO LIBERO + 1 ACIDO GRASSO

-FOSFOLIPASI A2, rompe un acido grasso, formando la lecitina, convertita in LISOLECITINA + 1 ACIDO
GRASSO

267
Dopo che gli enzimi pancreatici hanno digerito questi lipidi, i sali biliari sono ancora essenziali perché
assieme ai prodotti della digestione dei lipidi formano le MICELLE MISTE. Esse presentano una parte
idrofila esterna ed una parte idrofoba interna.

Nelle micelle entrano colesterolo, acidi grassi, monogliceridi, vitamine liposolubili. Le micelle miste
diffondono fra i microvilli nello stato poco mescolato. Le micelle si portano vicino alla membrana apicale
dell’enterocita ed i prodotti della digestione dei grassi passano all’interno dell’enterocita. La formazione
delle micelle miste ad opera dei sali biliari è un meccanismo attraverso cui viene aumentato
l’assorbimento dei prodotti della digestione dei lipidi.

Acidi grassi, fosfolipidi, monogliceridi e vitamine liposolubili diffondono attraverso la membrana.


L’ingresso del colesterolo è invece mediato da un trasportatore.

I prodotti della digestione lipidica diffondo all’interno dell’enterocita passando per il doppio strato
lipidico, una volta all’interno dell’enterocita essi vengono trasportati (da proteine citoplasmatiche) al
RETICOLO ENDOPLASMATICO LISCIO (REL), dove vengono ri-esterificati. Si riformano nel REL trigliceridi,
esteri del colesterolo e fosfolipidi.

Tutti assieme formano delle lipoproteine, i chilomicroni. Essi sono costituiti da un cuore di trigliceridi ed
esteri del colesterolo e possiedono anche un rivestimento proteico (Beta-lipoproteina).

Poiché i chilomicroni sono molto grandi essi non passano direttamente nei capillari sanguigni perché le
fenestrazioni delle cellule endoteliali dei capillari intestinali, anche se molto grandi, non sono abbastanza
grandi per farli passare.

I chilomicroni escono per diffusione dall’enterocita e vengono riversati nei vasi linfatici, perché a livello
dei vasi linfatici le aperture fra una cellula e l’altra sono più grandi e privi di membrana basale. Questi
chilomicroni a livello intestinale vengono riversati nella linfa.
Carboidrati e proteine vengono riversati direttamente nei vasi sanguigni mentre i lipidi (sottoforma di chilomicroni)
vengono assorbiti nel tenue e vanno ai vasi linfatici.

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La linfa viene poi riversata nel torrente circolatorio a livello del collo all’intersezione con la SUCCLAVIA, nel sangue
venoso.

Durante il pasto i lipidi vengono assorbiti sottoforma di CHILOMICRONI e vengono riversati nella linfa. Lungo i vasi vi
sono delle lipasi, a livello delle cellule endoteliali, che iniziano a digerire parzialmente i trigliceridi dei chilomicroni, si
formano, quindi, i CHILOMICRONI RESIDUI che hanno un minor contenuto di trigliceridi. Questi vengono assorbiti
dal fegato, perché esso è in grado sia di assorbire acidi grassi liberi sia alcune lipoproteine fra cui i chilomicroni
residui (oltre alle VLDL).

Le VLDL vengono prodotte dall’intestino in piccola parte ma sono soprattutto prodotte dal FEGATO. Il fegato mette
in circolo le VLDL ed esse sono una fonte di colesterolo e trigliceridi per i nostri tessuti.

ASSORBIMENTO DEGLI ACIDI BILIARI

Fra duodeno e digiuno avviene la gran parte della digestione dei vari nutrienti ed avviene il loro assorbimento. Si
assorbono anche gli acidi biliari, nella porzione terminale del tenue (ILEO) il pool di acidi biliari viene riassorbito. Fra
duodeno e digiuno i sali biliari emulsionano i lipidi e formano le micelle miste e nell’ileo ritornano nella circolazione
ENTEROEPATICA, un enterocita li riassorbe Gli acidi biliari primari e coniugati (idrosolubili) vengono riassorbiti
tramite trasporto attivo (Na-dipendente). Gli acidi secondari e quelli non-coniugati (liposolubili) vengono assorbiti
mediante diffusione semplice. Gli acidi biliari vanno verso la vena porta, arrivano al fegato, gli epatociti li ricaptano
dal sangue che perfonde i sinusoidi epatici, li trasformano, li riversano nei canalicoli biliari e da qui arrivano alla
colecisti tramite i dotti alla periferia del lobulo. La quota non riassorbita e riciclata viene rimpiazzata da una sintesi
ex-novo di nuovi sali biliari, prodotti dall’epatocita a partire dal colesterolo.

ASSORBIMENTO DELLE VITAMINE

Le vitamine del gruppo ADEK (liposolubili), vengono assorbite come i lipidi. Ossia entrano a far parte delle micelle
miste, poi dei chilomicroni e vengono riversate nella linfa.

Le vitamine idrosolubili sono la C ed il gruppo B. Esse hanno bisogno di trasportatori che le legano da una parte della
membrana e le rilasciano dalla parte opposta. I trasporti di solito sono sodio-dipendenti.

La vitamina B12 viene assorbita a livello dell’ileo mediante ENDOCITOSI MEDIATA DA RECETTORI, ossia sulla
membrana apicale delle cellule dell’ileo vi è un recettore che NON lega la vitamina B12 ma la vitamina B12 legata
col fattore intrinseco, ossia, il fattore secreto dalle cellule parietali dello stomaco assieme ad HCl.

La vitamina B12 viene legata a livello del cavo orale dalla proteina R, che la protegge dalla sua digestione nello
stomaco. A livello gastrico si lega al fattore intrinseco, che la protegge dalla digestione ed è fondamentale per il suo
assorbimento a livello dell’ileo.

ASSORBIMENTO DI ACQUA

L’apporto idrico giornaliero è di circa 2l. Uniti ai 7l di secreti del tratto intestinale si arrivano ad avere in media 9l al
giorno di acqua che transita dall’apparato digerente.

Le feci normalmente contengono circa 50-100ml di acqua. La maggior parte di acqua viene riassorbita: a livello del
tenue, circa 7.5l. Nel duodeno vi è un flusso netto di acqua dal sangue al lume duodenale, perché la membrana è
molto permeabile. Per di più a livello del lume duodenale si ha un’elevata iperosmolarità dovuta alla grande
quantità di enzimi e cibo. Quindi per osmosi viene richiamata acqua nel lume intestinale a livello del duodeno.

La maggiore quantità di acqua avviene nel DIGIUNO, dove si ha un importante assorbimento di acqua e principi
nutritivi.

A livello del crasso, vi è un meccanismo di assorbimento di acqua e sali fondamentale per la formazione delle feci
(circa 1.5l).

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