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La biosegnalazione, o trasduzione del segnale, è l’insieme dei meccanismi molecolari impiegati dalle cellule

per ricevere e rispondere a messaggi extracellulari ed interni e convertire le informazioni in una modifica
chimica che consenta di attivare un’azione in risposta. La biosegnalazione è una proprietà universale delle
cellule viventi ed è un processo fondamentale per la vita. I segnali possono avere diversa natura, meccanici,
chimici, fisici, ed essere prodotti dall’organismo o giungere dall’esterno.

Per avere biosegnalazione è innanzitutto necessario avere un segnale, che prende il nome di primo
messaggero, che raggiunge un recettore sulla cellula bersaglio e che si lega al recettore, attivando la cascata
di trasduzione del segnale che attivi la risposta cellulare ad opera di proteine effettrici. Per generare
risposte deve avvenire il trasferimento del messaggio all’interno della cellula, ad opera di un secondo
messaggero. A questo punto avviene l’attivazione degli effettori che alterano la risposta fisiologica e si ha lo
spegnimento del segnale, che causa il ritorno della cellula allo stato precedente.

Le caratteristiche fondamentali dei sistemi di biosegnalazione sono:

- specificità, cioè esiste estrema compatibilità strutturale tra il segnale e il suo recettore, tra i quali si
formano legami deboli, cioè ionici o a idrogeno. I recettori di un dato segnale sono presenti solo in
determinati tipi di cellule e scatenano risposte diverse nei diversi tipi cellulari: l’acetilcolina riduce il ritmo di
contrazione delle cellule pacemaker cardiache ma aumenta la contrazione nelle cellule del muscolo
scheletrico;

- elevata sensibilità, dipende da tre fattori: esiste alta affinità dei recettori per il ligando, con Kd molto
piccole, spesso si attivano il 50% dei recettori in risposta a segnali a concentrazioni pico molari;
cooperatività nelle interazioni, il legame con il ligando rende più facile il legame con altri recettori;
amplificazione mediante cascata enzimatica, le proteine intracellulari aumentano in maniera esponenziale
la trasduzione, coinvolgendo un numero enorme di molecole prima di arrivare alle proteine effettrici,
amplificando di diversi ordini di grandezza il segnale in alcuni millisecondi.

- integrazione, ogni singolo sistema è in grado di ricevere più segnali e produrre una risposta appropriata
alle necessitò della cellula;

- desensibilizzazione/adattamento, se il segnale perdura nel tempo il recettore è in grado di auto-inibirsi,


cioè desensibilizzarsi, finché il segnale non scende sottosoglia e riattivarsi in seguito. Questo può avvenire
per endocitosi del recettore, che viene quindi sequestrato da un endosoma e lo riporta sulla membrana se il
segnale scende o lo porta al lisosoma per eliminarlo se necessario; oppure per inattivazione della proteina
di segnalazione o produzione di una proteina che agisca da inibitore.

La biosegnalazione può avvenire in diverse vie:

- Tra cellule vicine può accadere che una esprima sulla sua superficie un segnale e quella accanto il
recettore, scatenando la trasduzione per contatto;
- Una cellula può produrre una molecola per cui essa stessa presenta i recettori, si parla in questo
caso di segnalazione autocrina;
- Una cellula può produrre e liberare nello spazio extracellulare una molecola per cui le cellule vicine
esprimono i recettori, questo è il meccanismo della segnalazione paracrina;
- Una cellula segnale produce una molecola che immette nel circolo sanguigno perché raggiunga le
cellule bersaglio che possono essere anche molto distanti dalla cellula segnale, si parla allora di
segnalazione endocrina;
- Un neurone trasmette l’informazione come segnale elettrico fino alla sua estremità terminale, dove
libera un neurotrasmettitore nello spazio intersinaptico perché sia captato dalla cellula bersaglio, si
parla allora di segnalazione sinaptica.
PRINCIPALI RECETTORI E SISTEMI DI TRASDUZIONE

Poiché la maggior parte delle molecole di segnale sono idrofiliche non sono in grado di attraversare la
membrana plasmatica e richiedono quindi la presenza di recettori sulla membrana stessa, ma esistono
anche recettori nucleari per i segnali idrofobici.

I recettori di superficie possono essere accoppiati a canali ionici, quando rilevano la molecola segnale o la
differenza di potenziale di membrana, aprono o chiudono i canali per far passare ioni, spesso i segnali
scatenanti sono neurotrasmettitori.

I recettori di membrana possono essere poi accoppiati a proteine G. Si tratta di recettori normalmente
inattivi e legati ad una proteina G e prossimi ad un enzima, entrambi inattivi. Il recettore è composto di
sette eliche transmembrana e presenta un terminale N nello spazio extracellulare e una terminazione C
intracellulare, a cui è legata la proteina G. Quando il segnale lega, attiva la proteina G che è composta di tre
unità e agisce da interruttore molecolare. In assenza di segnale la subunità alpha della proteina G è legata
alle subunità beta e gamma e ad una molecola di GTP. All’arrivo del segnale invece il GDP si slega e viene
legata una molecola di GTP, che consente alla subunità alpha di staccarsi dalle altre e spostarsi sull’enzima,
attivandolo e scatenando la risposta cellulare. L’enzima può per esempio produrre un secondo
messaggero, come cAMP o IP3, o aprire canali ionici, come i canali al calcio.

Sono esempi di recettori accoppiati a proteine G quelli per la trasduzione dell’adrenalina e dell’acetilcolina,
o quelli che regolano l’olfatto.

Infine, esistono recettori accoppiati ad enzimi, che possono essere per esempio dimeri inattivi che si
avvicinano in presenza del ligando attivando il proprio dominio catalitico o quello di un enzima associato.

RECETTORI ACCOPPIATI A PROTEINE G

TRASDUZIONE DI ADRENALINA

L’adrenalina è un segnale prodotto dalla corteccia surrenale e regola il metabolismo del glucosio,
aumentando la produzione di energia in muscolo, fegato e tessuto adiposo. I suoi recettori sono diversi a
seconda del tessuto in cui si trovano, un esempio è il recettore beta-adrenergico legato ad una proteina G
stimolante e all’enzima adeninato ciclasi, che produce cAMP.

La produzione di cAMP attiva una proteina chinasi, la PKA, composta di due siti regolatori e due siti
catalitici, il legame con cAMP sposta il sito inibitorio fuori dal sito catalitico, rendendo accessibile la tasca di
legame del substrato, permettendo a PKA di fosforilare gli enzimi in grado di degradare il glicogeno e
rendere il glucosio adatto ad essere rilasciato nel sangue. Una molecola di adrenalina legata libera 10000
molecole di glucosio nel torrente sanguigno.

TRASDUZIONE DI ACETILCOLINA

Acetilcolina, vasopressina e altri segnali sono trasdotti da recettori accoppiati a proteine Gq, accoppiati
all’enzima fosfolipasi C, che produce come secondi messaggeri diacilglicerolo, IP3, e ioni calcio.

La subunità alpha attivata, attiva la fosfolipasi C che idrolizza il fosfatidilinositolo-4,5-bifosfato in


diacilglicerolo e lo fosforila in inositolo 1,4,5-trifosfato. Il diacilglicerolo è in grado di legare alla proteina di
membrana chinasi C, che si attiva in seguito ad un secondo legame, quello con lo ione calcio, che è liberato
dall’IP3 che interagisce con il reticolo endoplasmatico, dove lo ione calcio è immagazzinato. Lo ione calcio
regola anche la contrazione muscolare, il rimodellamento del citoscheletro ed è un neurotrasmettitore
sinaptico, per questo deve essere tenuto basso (concentrazioni di 10^-7 molare) e esistono specifiche
proteine, come la calmodulina, sensibili alla variazione di concentrazione del calcio che lo legano e regolano
gli enzimi Ca-dipendenti.

La proteina chinasi C attiva origina una catena di risposte cellulari che consentono una serie di risposte
funzionali della cellula, tra cui la divisione cellulare.

REGOLAZIONE DELL’OLFATTO

Alcuni canali ionici, come quelli olfattivi, sono recettori accoppiati a proteine G che attivano canali. I
recettori olfattivi agiscono tramite cAMP, quando stimolati attivano una proteina G che attiva l’adeninato
ciclasi e permette l’attivazione di canali al sodio per depolarizzare il neurone olfattivo, che conduca lo
stimolo al cervello.

SPEGNIMENTO DEI RECETTORI

Quando la concentrazione della molecola nel circolo scende sotto Kd, esso si slega dal suo recettore, che
inattiva Gs. La subunità alpha allora si dissocia dall’enzima e idrolizza GTP in GDP, tornando a legarsi alle
subunità beta e gamma. Anche il secondo messaggero deve essere inattivato, per esempio cAMP è
idrolizzato in 5’-AMP per azione di una fosfodiesterasi.

In caso si segnale persistente il recettore deve essere desensibilizzato. Questo può avvenire per esempio
fosforilando alcuni residui di serina nel dominio intracellulare, impedendo l’interazione con la proteina G e
consente di legare beta-arrestina, che determina l’internalizzazione del recettore in vescicole, da cui è
rilasciato alla diminuzione del segnale o condotto ai lisosomi.

RECETTORI ACCOPPIATI AD ENZIMI

Come i GPCR, i recettori accoppiati a enzimi sono proteine transmembrana con il loro dominio che lega il
ligando sulla superficie esterna della membrana plasmatica. Invece di avere un dominio citosolico che si
associa a una proteina G trimerica, il loro dominio citosolico ha un’attività enzimatica intrinseca o si associa
direttamente a un enzima. Mentre un GPCR ha sette segmenti transmembrana, ciascuna subunità di un
recettore collegato a enzimi ne ha in genere soltanto uno.

Essi sono classificati in: recettori con attività tirosino-chinasica (RTK), di cui è un esempio il recettore
dell’insulina, e recettori con attività guanilil ciclasica, come il recettore del fattore natriuretico del seno
atriale.

RTK: IL RECETTORE DELL’INSULINA

L’insulina è un ormone peptidico con proprietà cataboliche prodotto dalle cellule beta del pancreas, che
riduce le concentrazioni di glucosio nel sangue e ha funzione di fattore di crescita, cioè stimola la
duplicazione cellulare. Il suo recettore è uno dei circa 60 recettori con attività tirosino chinasica. Come la
gran parte di questi è composto da due subunità che dimerizzano per trans-autofosforilazione degli
omodimeri all’arrivo del segnale, attivando il sito catalitico. Spesso sono associati a proteine adattatrici in
grado di riconoscere i siti fosforilati e di attivare le RAS, un particolare tipo di proteina G monomerica.

Il recettore dell’insulina, INSR, è un prototipo dei recettori enzimatici con attività tirosina chinasica. Quando
si lega all’insulina, ciascuna subunità αβ dell’INSR fosforila la corrispettiva subunità β, innescando l’attività
tirosina chinasica del recettore. La chinasi catalizza la fosforilazione di residui di tirosina in altre proteine,
come IRS-1 e le adattatrici Grb2, che catalizzano lo scambio GDP-GTP sulla proteina Ras (piccola proteina
G), che a sua volta attiva una cascata chinasica MAPK, che conduce alla fosforilazione di proteine bersaglio
nel citosol e nel nucleo. Ne risultano modificazioni metaboliche specifiche ed effetti sulla trascrizione
genica. IRS-1 fosforilato attira PI3K, un enzima in grado di convertire PIP2 in PIP3, che lega PKB, attivandola.
Pertanto, si attiva il trasportatore GLUT-4, che aumenta l’assorbimento di glucosio nel muscolo e negli
adipociti e la sintesi del glicogeno a partire dal glucosio internalizzato. L’insulina permette anche la
fosforilazione del recettore dell’adrenalina in modo da impedire il conflitto nel metabolismo.

RECETTORE DEL FATTORE DI CRESCITA DELL’EPIDERMIDE

Questo recettore esiste come due omodimeri, che fosforilati si uniscono e attivano il dominio catalitico.
Tuttavia, è facile che muti, se manca la subunità extracellulare il dominio catalitico è sempre attivo e porta a
crescita incontrollata. Inoltre, può verificarsi una sovra espressione dei recettori, per esempio questo
accade nei tumori alla mammella Her2 positivi. Entrambe le condizioni causano sviluppo di tumori, ma in
caso di sovra espressione è possibile utilizzare farmaci che blocchino la dimerizzazione, inibendo il dominio
catalitico, oppure che leghino il recettore, segnalandolo al sistema immunitario per l’eliminazione o al
controllo cellulare per favorirne l’internalizzazione. Esistono anche casi di RAS mutato, cioè sempre attivo
anche in assenza di segnale, causando duplicazione incontrollata delle cellule. Questo accade per esempio
nei tumori al pancreas.

RECETTORI CON ATTIVITA GUANILIL CICLASICA

Si attivano in risposta a fattori come il fattore natriuretico atriale o la guanilina, il loro dominio catalitico
intracellulare modifica il GTP in cGMP che è in grado di attivare la risposta enzimatica delle proteine PKG.

I recettori possono essere omodimeri transmembrana o citosolici, in questo caso posseggono un gruppo
eme che li rende adatti a reagire all’ossido nitrico, che induce la vasodilatazione in risposta ad un segnale di
acetilcolina. Infatti, un meccanismo che impiega arginina attiva l’ossido nitrato sintasi che permette il
rilascio di NO, esso causa rilassamento della muscolatura liscia per l’attivazione di PKG. Per la sua azione
vasodilatatrice, molti farmaci vasodilatatori sono NO-donatori.

RECETTORE DEL FATTORE NATRIURETICO ATRIALE (ANF)

L’aumento di volume nel sangue è percepito dalle cellule dell’atrio cardiaco che producono ANF, esso
colpisce i recettori della guanilil ciclasi delle cellule dei dotti collettori renali, che producono cGMP. Il cGMP
agisce da secondo messaggero, causando l’aumento dell’escrezione di Na+ e H2O, in modo da ridurre il
volume ematico. ANF può agire anche sui recettori delle cellule lisce vascolari, generando tramite cGMP il
rilassamento della muscolatura, con effetti vasodilatatori e di conseguenza si ha riduzione della pressione
sanguigna.

RECETTORI ACCOPPIATI A CANALI IONICI

I canali ionici si trovano sulla membrana plasmatica e si aprono o chiudono in risposta ad un segnale
molecolare (ligando) o alla variazione del potenziale elettrico di membrana. A livello delle cellule eccitabili,
come quelle nervose, cardiache o del muscolo scheletrico, sono fondamentali in quanto permettono
l’ingresso di 10 milioni di ioni al secondo, agendo da formidabili amplificatori e raggiungendo velocità
straordinarie. I veri e propri trasduttori del segnale sono gli ioni inorganici, come Ca2+, K+, Na+, Cl-

Canali ionici si trovano sia sulla membrana plasmatica che sulla membrana che avvolge gli organelli cellulari
e possono reagire a segnali chimici, elettrici e meccanici.
I canali sono composti di subunità proteiche, a volte si tratta di catene simili e a volte morto diverse, poste
transmembrana a formare pori, che sono tuttavia molto selettivi per un preciso ione inorganico. Questo è
possibile grazie alla disposizione degli amminoacidi nelle catene, collocati in modo tale da essere permeabili
solo ad uno specifico portatore di carica.

CANALI IONICI CONTROLLATI DA VOLTAGGIO

Sono domini proteici che si spostano in risposta ad una variazione del potenziale transmembrana, causando
l’apertura o la chiusura del canale. Passano dallo stato chiuso allo stato aperto e viceversa in seguito a
variazioni della differenza di potenziale elettrico a cavallo della membrana. Alla variazione del potenziale
elettrico di membrana corrisponde una variazione del campo elettrico all’interno della membrana. Si
ritiene, quindi, che il gate di questi canali sia dotato di carica elettrica in grado di percepire la forza
(attrattiva o repulsiva) esercitata dalla variazione di campo elettrico all’interno della membrana.

CANALI IONICI CONTROLLATI DAL LIGANDO

A livello di uno specifico dominio del recettore avviene il legame con il ligando. Questo causa un’interazione
allosterica che permette un cambiamento conformazionale del canale, consentendo il flusso di ioni
attraverso la membrana. Il legame può avvenire sia nel dominio extracellulare che in quello intracellulare.

IL RECETTORE NICOTINICO DELL’ACETILCOLINA

Inizialmente il neurone presinaptico è polarizzato (l’interno è negativo – 50/- 70 mW). Uno stimolo che
raggiunge questo neurone genera un potenziale d’azione che si propaga lungo l’assone, allontanandosi dal
corpo cellulare. L’apertura di un canale per il Na+ controllato dal voltaggio permette l’ingresso di ioni sodio
che determina la depolarizzazione locale della membrana. Tale depolarizzazione raggiunge l’estremità
dell’assone, determinando l’apertura dei canali del calcio Voltaggio dipendenti. L’aumento della
concentrazione di calcio determina il rilascio di acetilcolina a livello della fessura sinaptica. L’acetilcolina si
lega al suo recettore e causando l’apertura del canale ionico. Il passaggio di sodio e calcio attraverso questo
canale nella cellula, causa la depolarizzazione locale della membrana --> trasferimento del segnale elettrico
al corpo del neurone postsinaptico.

Il canale ionico controllato dall’acetilcolina è composto di 5 subunità di cui 2 legano l’acetilcolina rilasciata
al livello delle sinapsi, causando un cambiamento conformazionale e permettendo il passaggio di ioni nella
cellula. Se tali recettori si trovano nel muscolo scheletrico permettono la propagazione del segnale di
depolarizzazione fino al reticolo sarcoplasmatico, determinando l’apertura dei canali al calcio e la
contrazione muscolare.

CANALI MECCANO-SENSIBILI

I canali meccano sensibili (o sensibili alle sollecitazioni meccaniche) sono generalmente dotati di una porta
connessa ad una struttura citoscheletrica che la apre quando sopraggiunge una deformazione della
superficie cellulare. Questi canali sono alla base di processi fisiologici quali la percezione della pressione.
Sulla pelle (senso del tatto),delle vibrazioni dell’aria (senso dell’udito)e la propriocezione(es. la percezione
dello stato di tensione muscolare).
CANALI SENSIBILI ALLA TEMPERATURA

Passano dallo stato chiuso a quello aperto in seguito a piccole variazioni di temperatura rispetto ad un
valore di riferimento. Essi sono coinvolti nella percezione del caldo, del freddo e dei processi
termoregolatori. Si ritiene che in questi canali siano presenti sequenze di diverse decine di amminoacidiche
darebbero luogo a strutture che si muovono in corrispondenza di piccole variazioni di temperatura. Il moto
di tali strutture provocherebbe l’apertura o la chiusura del canale.

NB i canali ionici sono bersaglio di molte pericolose tossine.

LIGANDI IDROFILICI E IDROFOBICI

Esistono circa 50 tipi di ligandi idrofobici nell’uomo che sono in grado di attraversare la membrana
plasmatica e hanno i loro recettori nucleari, tra questi ci sono gli ormoni steroidei, ma non solo. Questi
segnali sono regolatori dell’espressione genica. I recettori nucleari hanno una forma particolare, composta
da tre domini: uno per il legame al ligando, uno per il legame al DNA e uno di attivazione della trascrizione
genica tramite enzima RNA polimerasi.

I ligandi idrofobici sono trasportati nel sangue da proteine carrier, arrivati alla cellula bersaglio attraversano
la membrana e sono riconosciuti dal recettore nucleare grazie a specifiche sequenze, il legame permette
l’interazione con specifiche regioni regolatrici del DNA corrispondenti ai geni da trascrivere. Il legame con il
recettore attira cofattori che regolano l’espressione genica (attivatori o repressori) e questo genera la
risposta cellulare tramite avvio o interruzione della trascrizione.

In caso di sovra espressione dei recettori nucleari si può avere eccessiva amplificazione della trascrizione: è
il caso dei tumori al seno estrogeni positivi: un numero eccessivo di recettori per gli estrogeni causa
aumentata divisione cellulare; perciò esistono farmaci antagonisti competitivi per gli estrogeni in modo da
diminuire la trascrizione genica. Questi farmaci sono spesso somministrati in seguito all’intervento
chirurgico di rimozione.

VELOCITA DI RISPOSTA DEI RECETTORI

Canali ionici -> millisecondi

Recettori accoppiati a proteine G -> secondi

Recettori accoppiati ad enzimi -> ore

Recettori nucleari -> ore/giorni


MECCANOTRASDUZIONE

La meccanotrasduzione è il processo mediante il quale gli stimoli fisici sono trasferiti dai meccanosensori
alla cellula, al nucleo, con conseguente modulazione genica e proteica che facilita la risposta cellulare
adattativa. Il microambiente cellulare fisiologico è costituito da fibre della matrice extracellulare, cellule
adiacenti e fluidi extracellulari. Il macchinario di adesione cellulare, composto da diverse proteine di
adesione, tra cui le integrine, è il primo componente cellulare che vi entra in contatto. In seguito al legame
di ligandi extracellulari, viene indotta una segnalazione localizzata con successivo rimodellamento del
citoscheletro. Questi eventi localizzati interessano l'intera architettura cellulare, perché lo spazio
intracellulare è fisicamente collegato e sostenuto meccanicamente da un equilibrio dinamico tra tutti i
componenti. La meccanotrasduzione consente di convertire segnali fisici in segnali biochimici per riadattare
opportunamente la cellula, modificando il citoscheletro in modo da cambiare l’architettura cellulare,
modificandone sia la morfologia che la capacità di migrare.

Tra i meccanorecettori, o recettori di adesione , che sono proteine integrali di membrana che mediano
solitamente il legame cellula-cellula o il legame cellula ecm, si ha una suddivisione in classi. Tutti sono
caratterizzati da un dominio extracellulare, un dominio transmembrana e una regione citosolica,
fondamentale per interagire con le proteine adattatrici periferiche che trasmettono l’informazione ricevuta
al citoscheletro.

Caderine

Mediano l’interazione cellula-cellula, formando un legame molto forte. Le caderine funzionano solamente
in presenza di ioni calcio (Ca²+); interagiscono con altre caderine identiche localizzate su un’altra cellula
adiacente (giunzioni strette tra cellule). Presenti negli epiteli (caderina E). Tuttavia, per generare
un'adesione stabile è necessaria anche la regione citoplasmatica della proteina. Questa porzione della
caderina interagisce, infatti, con i filamenti di actina del citoscheletro contrattile della cellula tramite tre
proteine chiamate a-, β- e y-catenina (adaptor proteins). L'interazione delle caderine con il sistema
citoscheletrico è indispensabile per trasmettere alla cellula la forza meccanica dell' adesione.

Ig-CAM
Le Ig-CAM mediano l’adesione in assenza di calcio, rappresentano un gruppo molto numeroso ed
eterogeneo di recettori adesivi e alcune di esse mediano le interazioni delle cellule nervose durante lo
sviluppo embrionale.

Selectina

Le selectine possiedono domini extracellulari che, in presenza di ioni calcio, legano specifici polisaccaridi
sulla superficie di cellule adiacenti. Sono presenti in vari tipi di cellule del sangue e nelle cellule
dell’endotelio che riveste i vasi sanguigni. Fanno parte del sistema di coagulazione del sangue.

Integrine

Le integrine sono proteine dimeriche (le due subunità α e β sono diverse), ancorate alla membrana
plasmatica da una singola elica transmembrana idrofobica in ogni subunità. I domini extracellulari molto
grandi delle subunità α e β si combinano per formare uno specifico sito di legame per proteine
extracellulari (collageni, la fibronectina e le laminine, per cui hanno grande specificità. Riconoscono le
sequenze RGD (Arg-Gly-Asp) presenti nei loro bersagli molecolari. Sono coinvolte: nell’adesione cellulare,
“spreading” delle cellule sulla matrice, proliferazione, sopravvivenza (o l’apoptosi) e alterazioni
morfologiche cellulari.

A livello citoplasmatico interagiscono con proteine adattatrici come talina, vinculina e alpha-actinina in
grado di interagire con i filamenti di actina del citoscheletro.
Le integrine per svolgere la loro funzione devono trovarsi nello stato attivato, in cui presentano alta affinità
per il ligando, per attivarsi e inattivarsi modificano la loro configurazione, inattive sono piegate, ricevuto lo
stimolo invece si raddrizzano e iniziano a trasdurre. Lo stimolo può giungere dal ligando all’esterno
(outside-in signaling) oppure dall’attivazione di altri recettori (inside-out signaling). La segnalazione delle
integrine quindi è bidirezionale, ciò è possibile grazie al coinvolgimento di complessi multiproteici che si
formano attorno alla piccola coda citoplasmatica dell’integrina.

L’integrina attivata richiama infatti l’avvicinamento di altre integrine attive a formare un complesso focale e
in seguito l’adesione focale, che si forma quando nella sezione citoplasmatica vengono richiamate
tantissime proteine adattatrici, proteine chinasi FAK, intermediari di segnalazioni come le proteine Rho e
proteine citoscheletriche.

L’enzima chinasico FAK è in grado di interagire con le proteine adattatrici e con la cascata di segnalazione,
in particolare è in grado di attivare rho, una piccola proteina G che scatena una cascata di trasduzione via
YAP e TAZ per indurre il differenziamento, oppure le chinasi ROCK per fosforilare la miosina e indurre un
cambiamento conformazionale e nell’interazione con l’actina che permette la riorganizzazione del
citoscheletro. FAK attiva inoltre la cascata delle MAP chinasi (MAPK) che sono coinvolti nella segnalazione ai
geni della regolazione della proliferazione cellulare. FAK è soggetta a mutazioni che causano patologie
autoimmuni, trombotiche o cancro, nell’insorgenza del quale ha un ruolo anche la variazione della rigidezza
dell’ECM.

Il segnale della meccanotrasduzione non è slegato ai segnali biochimici della cellula, tra i diversi recettori si
genera cross-talk che influenza il comportamento della cellula. Per questo è necessario in laboratorio
riprodurre sia i segnali biochimici che quelli fisici per emulare la risposta del sistema in vivo in modo più
completo.

La meccanotrasduzione causa diversi effetti a seconda del tipo di stimolo, del tipo di cellule che lo ricevono
e della durata e frequenza dello stimolo. Indubbiamente, svolge un ruolo fondamentale nell’embriogenesi
per dare i segnali di proliferazione, differenziamento e maturazione cellulare. Lo studio della
meccanotrasduzione consente quindi di capire i meccanismi di self-renewal, differenziamento e
specializzazione delle cellule multipotenti con particolare interesse nella medicina rigenerativa.
APPROCCI PER STUDIARE LA BIOSEGNALAZIONE

Per studiare l’effetto di un segnale su una tipologia cellulare è necessario un modello, che può essere in
vitro (si utilizzano cellule isolate da un individuo per valutare l’effetto del segnale, sono facili da trattare e
hanno costi ridotti ma sono un modello molto semplificato a causa dell’isolamento dal sistema) o in vivo
(tipicamente un modello animale, sono più complessi e presentano correlazioni dal punto di vista genetico,
ma esistono sia problemi etici nell’impiego di animali, sia costi più alti).

Le colture prevedono che siano prelevate cellule da un tessuto, si isoli un tipo cellulare e siano poste in
coltura le cellule su una plastica particolare che compone le piastre Petri, insieme a nutrienti, creando un
ambiente artificiale controllato e favorevole per disponibilità di nutrienti, concentrazione di ossigeno,
temperatura, livelli di pH.

Le colture possono essere primarie, cioè ottenute da espianti, successivamente isolate e poste in coltura;
tuttavia, esse vanno in apoptosi dopo un numero programmato di divisioni. Esistono anche colture
continue, in cui si impiegano cellule tumorali, che sono in grado di replicare indefinitamente, ma
presentano meccanismi particolari. Un altro tipo di coltura continua prevede quindi di immortalizzare
cellule sane ponendole in particolari condizioni di coltura.

Le colture possono essere mantenute su piastre o fiasche 2D oppure su sistemi 3D che conoscono al
momento una grande evoluzione perché il loro impiego consente di complicare il modello e ridurre il
numero di animali impiegati.

Per studiare la risposta allo stimolo si osservano le cellule con tecniche di imaging per osservare variazione
numerica e variazione di forma, per esempio tramite microscopia ottica, elettronica (a scansione, SEM, o a
trasmissione, TEM) o fluorescente. Il TEM ha altissima risoluzione e permette di osservare il trafficking delle
vescicole, per capire se lo stimolo abbia avuto conseguenze.

Il microscopio ottico permette invece di osservare velocemente il differenziamento delle cellule,


osservandone la forma: per esempio il mioblasta matura formando miotubuli, che sono cellule lunghe e
polinucleate.

Il microscopio a fluorescenza permette di illuminare il campione ad una specifica lunghezza d’onda, in


modo tale che se esso contiene fluorocromi, cioè molecole eccitabili che assorbono la luce a specifiche
lunghezze e la riemettono a lunghezze maggiori, sia possibile osservarne la risposta grazie ai diversi colori
ottenuti. I fluorocromi possono essere associati a marcatori di specifiche proteine, per esempio l’actina, che
illuminata consente di osservare la variazione di forma del citoscheletro.

Solitamente più tecniche sono usate in contemporanea per ottenere evidenza sperimentale.

Un’altra tecnica molto impiegata è quella degli anticorpi, molecole in grado di riconoscere regioni
specifiche di una molecola target e legarsi con legami deboli. Gli anticorpi hanno alta specificità, in natura
questo serve per riconoscere antigeni estranei contro cui scatenare la risposta immunitaria, in ricerca sono
stati riprodotti antigeni con specificità per proteine o recettori, differenziando gli anticorpi per quelli attivati
e inattivi. Gli anticorpi sono molecole a forma di Y normalmente prodotte dai linfociti B, la loro alta
specificità rende saldo il legame con il loro target; tuttavia, anticorpi non legati sono spazzati via da un
lavaggio. Dopo aver posto in coltura un anticorpo quindi si esegue un lavaggio per eliminare gli anticorpi
non legati e si inserisce un secondo anticorpo che ha come target il primo, al secondo anticorpo è legato un
fluorocromo per rendere visibile la presenza o assenza del target.
ESTRAZIONE DI PROTEINE DALLA CELLULA

Per quantificare e purificare la molecola coinvolta nella trasduzione del segnale per valutarne le proprietà
biologiche di cui è effettrice in seguito a stimolazione è necessario innanzitutto estrarre tutte le proteine
dall’interno di una cellula.

La cellula ha una membrana plasmatica che la protegge, per estrarne il contenuto essa va rotta, questa
operazione prende il nome di lisi della cellula.

Per lisare la cellula ma mantenere intatta la struttura delle proteine, in modo da dedurne la funzione, vanno
impiegati specifici tamponi, chiamati tamponi di lisi. Se lo scopo è l’estrazione di tutte le proteine si impiega
il tampone RIPA buffer, che contiene sia detergenti ionici che non ionici (SDS e desossicolato), oltre a sali
per mantenere la solubilità, sostanze che mantengano il pH e inibitori delle proteasi per impedire o
ritardare la degradazione proteica che avverrebbe naturalmente in seguito alla lisi.

A questo punto nel tampone si trovano tutte le macromolecole, proteine, lipidi, metaboliti, che devono
essere separate. A questo scopo si impiega una centrifuga che consente il frazionamento in pellet cellulare
(che comprende DNA e frammenti della cellula) e surnatante, che contiene invece la fase solubile, ossia le
proteine solubili al tampone.

Per quantificare le proteine è necessario svolgere un saggio sul surnatante, il saggio può essere anche
specifico su una proteina target. I saggi impiegano luce visibile o ultravioletta, sfruttando la capacità delle
molecole di assorbire specifiche lunghezze d’onda, quantificando poi i target con tecniche spettroscopiche.
Queste tecniche quantificano l’interazione tra luce e materia, impiegando sorgenti luminose e osservando
la quantità di luce assorbita dalla materia. La materia assorbe luce quando essa trasporta energia
sufficiente per causare un salto di orbitale dei suoi elettroni, localizzati in zone precise, chiamate cromofori.
I cromofori delle proteine sono i legami peptidici e gli amminoacidi aromatici, che interagiscono con la luce
ultravioletta. Impiegando la legge di Lambert-Beer si può determinare l’assorbanza di una soluzione posta
in una cuvetta, e di lì ricavare la concentrazione, in quanto tra concentrazione e assorbanza esiste una
relazione lineare. Tuttavia, questo metodo è approssimativo, poiché soggetto ad interferenze. Saggi più
precisi sono quelli colorimetrici, che permettono di misurare esclusivamente l’assorbanza del target
proteico.

I saggi colorimetrici sono basati sulla formazione di complessi colorati in seguito alla reazione tra proteine e
specifici reagenti, come l’acido bicinconinico (BCA). In ambiente acido, infatti, le proteine sono in grado di
convertire lo ione rameico in ione rameoso, il BCA lega lo ione rameoso e forma dei complessi violetti che
assorbono la luce tra 562 e 595 nm. Questo metodo è estremamente sensibile, permette di identificare
concentrazioni bassissime, dell’ordine di un microgrammo. Per quantificare le proteine si usa uno
spettrofotometro, come l’ELISA-plate reader, che collegato ad un pc restituisce in automatico l’assorbanza
del campione.

Per associare l’assorbanza alla concentrazione si costruiscono rette di taratura che permettono di
identificare una pendenza che consenta la conversione di un’assorbanza in una concentrazione misurata in
microgrammi al millilitro. Per verificare l’interferenza della soluzione del tampone di lisi con il BCA si calcola
anche l’assorbanza dei “bianchi”, cioè del tampone in assenza di proteine. Tale assorbanza va sottratta
all’assorbanza totale del campione inserito, in modo da ottenere l’assorbanza esclusiva delle proteine e
quindi la loro concentrazione precisa.
SEPARAZIONE DELLE PROTEINE

Se si desidera separare le proteine estratte da una cellula è possibile utilizzare diverse tecniche, per
esempio marcatori, suddividerle sulla base della loro carica elettrica o della loro dimensione.

La tecnica dell’elettroforesi su gel permette la separazione delle proteine sulla base della loro capacità di
migrare nella fase liquida di un opportuno supporto sottoposto ad un campo elettrico.

L’elettroforesi separa quindi le proteine cariche tramite un campo, è un metodo analitico perché consente
di quantificare le proteine in una soluzione e di quantificare il grado di purezza della soluzione. Permette di
determinare la massa molecolare delle proteine e il loro punto isoelettrico, cioè il pH a cui il loro potenziale
elettrico è nullo, due caratteristiche che permettono di distinguere le proteine.

L’idea quindi è di rendere cariche le proteine e osservarle migrare verso l’anodo o verso il catodo a seconda
della carica imposta. A seconda della carica, dell’intensità del campo e del supporto impiegato, varia la
velocità di migrazione, che dipende anche dal raggio della molecola secondo la legge

qx E
V e=
6 π ηr
V risulta quindi direttamente proporzionale alla carica e al campo elettrico, mentre è inversamente
proporzionale alla viscosità del supporto e al raggio della molecola. A parità di carica migrano quindi più
velocemente le proteine con dimensioni minori. A differenza del DNA che è carico negativamente, le
proteine possono essere cariche sia positivamente che negativamente, nell’elettroforesi è tuttavia possibile
imporre la stessa carica a tutte le proteine.

L’elettroforesi può essere nativa, se mantiene la struttura delle proteine, che si separano per carica e per
dimensione, o denaturante, in cui grazie a detergenti e alte temperature le proteine vengono denaturate,
perdendo tutte le strutture tridimensionali. L’elettroforesi denaturante consente di separare le proteine
esclusivamente in base al peso molecolare, è un metodo molto rapido ed efficace, che può essere associato
a Western Blotting o immunocolorazione per identificare le proteine.

Le elettroforesi denaturanti sono chiamate SDS Page, SDS indica il solvente anionico Sodio Dodecil Solfato,
che carica negativamente le proteine legando una molecola di SDS ogni due amminoacidi: questo consente
che le proteine si separino in base alla dimensione. L’effetto denaturante di SDS può essere aumentato
portando a bollitura le proteine. Page indica invece l’impiego di gel poliacrilamide, impiegato per separare
le proteine appartenenti ad un range di 5000-200000 Dalton.

Questo gel ha una porosità che può essere controllata, variando le dimensioni dei pori semplicemente
modificando le concentrazioni di poliacrilamide è possibile creare una griglia, come un setaccio, per
separare le proteine in base alla dimensione.

La poliacrilamide si trova in forma liquida ed è una neurotossina, che perde le sue proprietà tossiche
quando gelifica. La gelificazione avviene per polimerizzazione e richiede l’impiego di due sostanze:
l’iniziatore ammonio persolfato e il catalizzatore TEMED. La polimerizzazione interessa una miscela di
acrilamide e bis-acrilamide posta tra due vetrini bloccati su un supporto. In cima viene collocato un pettine,
che permette la formazione dei pozzetti in cui collocare il campione.

Il gel è in realtà discontinuo, la parte bassa è costituita da un gel di running, che agisce da setaccio, mentre i
pozzetti sono realizzati in un primo tratto di gel detto di stacking. I due gel hanno diverse concentrazioni di
acrilamide, 3-5% nello stacking gel, dal 7.5% al 20% nel running gel a seconda delle dimensioni delle
proteine da separare. Tra i due gel varia inoltre il pH, 6.8 nello stacking e 8.8 nel gel di corsa, il tampone di
corsa, in cui sono immersi i vetrini che contengono il gel ha invece pH 8.3. Questo è necessario perché
cambi il trasportatore di corrente, da ione Cl- a anione glicinato. In questo modo alla superficie di
separazione si forma una zona di forte resistenza, dovuta al fatto che a pH 6.8 la glicina non corre, perché si
è prossimi al suo punto isoelettrico di 6, mentre lo ione cloruro si sposta molto velocemente. La zona ad
alta resistenza consente che tutte le proteine, indipendentemente dal peso molecolare, si pongano all’inizio
del running gel nello stesso momento, e la separazione non sia falsata. Nel running gel, o resolving, il pH è
8.8, quindi sia glicinato che cloruro migrano velocemente, mentre le proteine variano la loro velocità in
base al peso molecolare e trovano l’impedimento dei pori del setaccio.

Al termine della corsa si osservano le proteine usando dei coloranti, come il blu di coomassie, che permette
di osservare le proteine con concentrazioni di almeno 100 ng. Per osservare concentrazioni minori si utilizza
la colorazione argentica, che ha risoluzione di 1 ng. Se in un pozzetto si fanno correre proteine con peso
molecolare noto, si può dedurre il peso molecolare di proteine ignote. Per determinare invece quali
proteine siano presenti ad un peso molecolare di interesse si usano tecniche immunochimiche, come il
Western Blotting.

Esso sfrutta gli anticorpi per identificare precise forme delle proteine separate, per esempio permette di
separare i recettori attivati per fosforilazione. Tuttavia, il gel di poliacrilamide va incontro a sfaldamento,
quindi le proteine vengono trasferite applicando un campo elettrico su una specifica membrana, sulla quale
è somministrato l’anticorpo. Sulla membrana si ottengono dunque le bande corrispondenti ai pesi
molecolari delle proteine, che vengono stabilizzate per incubazione, successivamente si opera
un’incubazione con il primo anticorpo e infine un’altra incubazione con il secondo anticorpo legato al
fluorocromo. Questa tecnica è molto utilizzata per studiare la trasduzione cellulare.

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