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Questa classe di recettori è presente in tutti gli eucarioti, ne sono stati identificati circa 2000 nell’uomo.
Le funzioni biologiche svolte sono molto eterogenee, così come anche le possibili molecole segnale: ormoni,
neurotrasmettitori, peptidi e lipidi.
Da un punto di vista farmacologico, questi recettori interessano particolarmente poiché si stima che circa il
50% dei farmaci oggi utilizzati siano attivi su di essi e, di questi, il 25% rientri tra i farmaci più utilizzati.
Classificazione
I GPCR sono stati classificati, in base alla loro struttura, in 5 famiglie principali, di cui le prime 3 sono quelle
più interessanti dal punto di vista farmacologico:
- Classe A o “rhodopsin-like”: sono inclusi in questa classe i recettori della visione e quelli olfattivi. Inoltre,
sono classificati GPCR di classe A anche i recettori per alcuni neurotrasmettitori (muscarinici,
dopaminergici, ecc..), recettori per peptidi (TSH, FSH) e recettori per ormoni glicoproteici (bradichinina,
vasopressina, endotelina);
- Classe B o “glucagon-like”: piccola famiglia composta da 25 membri. Rientrano in questa classe i recettori
per glucagone, calcitonina, secretina e CRF;
- Classe C o “metabotropic glutamate-like”: piccola famiglia di recettori simili a quello metabotropico per
il glutammato. Sono qui inclusi i recettori del gusto e quello metabotropico del GABA;
- Famiglia dei recettori di adesione;
- Famiglia dei recettori Frizzled: connessi al pathway intracellulare di WNT e della β-catenina.
In tutte queste 5 famiglie si possono anche individuare “recettori orfani”, ovvero recettori che sono stati
isolati e studiati, ma per i quali non è ancora stato possibile identificare il ligando endogeno e quindi la loro
funzione.
Nell’immagine seguente sono riportati diversi ligandi con i rispettivi recettori facenti parte dei GPCR.
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14/03/2022 – Recettori pt. II, prof. Cristiana Perrotta Sbobina 5, Farmaco
Struttura
Inizialmente si pensava che i GPCR lavorassero solo come monomeri, in realtà si è visto che possono formare
dimeri (omodimeri o eterodimeri), addirittura oligomeri in alcuni casi, attraverso l’associazione di più
recettori.
Ad oggi sembra appurato che la dimerizzazione sia fondamentale per il loro funzionamento e può avvenire:
a. A livello della membrana plasmatica, in maniera dinamica e transiente, per cui il recettore arriva alla
membrana come monomero e poi a questo livello dimerizza sotto stimolo fornito dall’interazione
con il ligando;
b. Subito dopo la biosintesi del recettore, ed in questo caso è il dimero stesso ad essere trasportato in
membrana come tale.
Caratteristiche
La caratteristica fondamentale dei GPCR è quella di non avere attività enzimatica intrinseca, ma di essere
piuttosto accoppiati funzionalmente a particolari effettori a valle delle proteine G, attivate quando il
recettore, interagendo con il proprio ligando, modifica la sua conformazione strutturale.
Proteine G
Le proteine G sono una famiglia di piccole molecole proteiche, chiamate G in virtù della
loro possibilità di interagire con nucleotidi guaninici (GTP e GDP). Come regola
generale, le proteine G si trovano in uno stato attivo quando sono complessate al GTP,
mentre si trovano in uno stato di riposo quando complessate al GDP.
Come meccanismo di regolazione intrinseco, eventualmente completato dall’azione
idrolitica di altri enzimi modulatori esterni, le proteine G svolgono un’azione GTPasica
volta a convertire le molecole di GTP alle quali si legano in GDP, autodisattivandosi.
Le proteine G sono di norma costituite da tre subunità: α, β e γ. Per tutte e tre le subunità sono state
identificate diverse isoforme e relativi geni: 20 geni codificano per la subunità α, 5 geni per la subunità β e
12 per la subunità γ. Le combinazioni che si possono generare sono quindi variabili, permettendo così la
creazione di diverse tipologie di proteine G, caratterizzate da distinti meccanismi di trasduzione.
La subunità α è quella che si lega al GTP/GDP ed è quella dotata di attività GTPasica. Sia la subunità α che la
γ presentano a loro complessate in modo covalente molecole lipidiche che consentono loro di ancorarsi
saldamente alla membrana plasmatica.
Interazione recettore-proteine G
Il ciclo tipo di questi recettori prevede che, in condizioni basali, il recettore e la proteina G, non ancora in
grado di interagire tra di loro, si trovino nella rispettiva conformazione di riposo, con il GDP legato alla
subunità α.
Quando la molecola segnale interagisce con il recettore, questo cambia la sua conformazione: diventa così
possibile l’interazione con la proteina G, che si traduce nella sostituzione del GDP con una molecola di GTP a
livello della subunità α. La subunità α si va quindi a separare dalle altre due, che rimangono invece associate
a livello della membrana costituendo il complesso βγ. Inizialmente si pensava che il complesso βγ avesse solo
funzione strutturale (il legame con la subunità α consente il mantenimento del recettore nella forma
inattiva), tuttavia, è stato dimostrato come questo possa a sua volta avere attività di regolazione su proteine
a valle del segnale primario.
La subunità α, una volta attivata e legata al GTP, andrà ad interagire con le proprie proteine bersaglio, dove
tuttavia sarà proprio l’interazione con i target molecolari a stimolare l’intrinseca attività idrolitica della
proteina G: in generale, infatti, è proprio il legame con la proteina bersaglio a stimolare l’attività GTPasica
della subunità α e quindi la sua inattivazione. La subunità α, in questa attività di disinnesco, è aiutata da
alcune proteine note come RGS (regulators of G protein signaling, es. proteine GAP, GTPase activating
protein) che accelerano la velocità di idrolisi del GTP in GDP.
Quando la subunità α torna a legarsi al GDP si viene a stabilire nuovamente il legame con il complesso βγ,
così che l’intera proteina G torni allo stato di riposo in attesa che il ciclo possa ricominciare.
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Classificazione
Esistono diversi tipi di proteina G, in particolare, il tipo
di proteina G e il suo meccanismo di azione dipende
dalla isoforma della subunità α, che definisce gli
effettori a valle.
I tipi principali di proteina G sono infatti:
- αs: agiscono stimolando la adenilato ciclasi;
- αi: agiscono inibendo la adenilato ciclasi;
- αq: agiscono attivando la fosfolipasi C;
- α12: agiscono sulla proteina Rho GEF.
Una proteina G che porta una subunità αs prende il
nome di Gs, una che porta una subunità αi prende il
nome di Gi…
Le prime tre classi sono quelle di principale interesse
farmacologico.
L’immagine a lato mostra come anche il complesso βγ
abbia tutta una sua serie di molecole bersaglio: adenilato ciclasi, fosfolipasi C, PI3K, canali al Ca e K.
Sotto sono riassunti schematicamente i diversi possibili pathways a valle della proteina G.
Da sottolineare è che i canali ionici possono essere attivato o direttamente dal complesso βγ o
indirettamente dagli altri pathways attivati dalla subunità α. L’apertura dei canali ionici modifica il potenziale
d’azione di membrana.
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Complesso βγ
Come detto, anche il complesso βγ è in grado di svolgere alcune funzioni nella trasduzione del segnale ed in
particolare può regolare:
- Adenilato ciclasi, attivandola o inibendola;
- PI3K (molecola primariamente associata ai pathway tipici dei recettori tirosin-chinasici), attivandolo;
- PLC, attivandolo;
- Attivazione GRKs;
- Regolazione di canali ionici: canali al K (attivati) e al Ca (inibiti);
- Endocitosi e desensitizzazione del recettore: andando a regolare chinasi che fosforilano il recettore e che
ne stimolano il disaccoppiamento con la proteina G.
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due vie che agiscono sull’adenilato ciclasi. Si può quindi dire, nel complesso, che l’adenilato ciclasi è un
enzima particolarmente ben regolato.
Una volta generato cAMP, si considerano i principali sistemi effettori a valle su cui questo impatta:
a. Proteina chinasi cAMP dipendente (PKA): bersaglio principale;
b. Canali ionici aperti da nucleotidi ciclici: in grado di determinare un flusso di cationi nella cellula;
c. Proteine di scambio dei nucleotidi guanilici (EPAC): promuovono l’attivazione di alcune proteine G
monomeriche, come Rap1.
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Sotto è riportata una tabella riassuntiva in cui compaiono alcune risposte biologiche che possono essere
mediate dal cAMP a livello di diversi organi.
In genere le azioni del calcio avvengono a seguito di interazioni con proteine calcio-dipendenti come la
calmodulina: il calcio, rilasciato dal REL, interagisce con la calmodulina per poi andare ad attivare una serie
di proteine chinasi calcio-calmodulina dipendenti, amplificando così il segnale che arriva dal recettore sulla
membrana plasmatica.
N.B. I livelli di calcio all’interno della cellula sono bassi e finemente regolati; buona parte di questa
regolazione dipende dal calcio stesso: il complesso calcio-calmodulina, infatti, attiva anche delle pompe
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ioniche al calcio presenti sia sul REL che sulla membrana plasmatica in grado, con un trasporto attivo, di
portare il calcio o all’interno del REL o di buttarlo all’esterno della cellula per mantenere l’omeostasi
intracellulare.
Protein-chinasi
In genere tutti questi eventi sono mediati da
enzimi in grado di catalizzare reazioni di
fosforilazione, ossia da protein-chinasi.
Tali protein-chinasi di norma vengono attivate
dallo stesso sistema recettoriale, come ad
esempio la PKA o la PKC, secondo un classico
meccanismo di feedback negativo: l’attività di una
proteina del pathway porta a una down-
regolazione del pathway stesso.
Complesso βγ
Uno dei sistemi di fosforilazione coinvolto nella desensitizzazione del recettore è quello che prevede
l’attivazione delle chinasi specifiche dei recettori accoppiati alla proteina G (GRK) reclutate dal recettore da
parte del dimero βγ.
Una volta attivate, vanno a fosforilare il recettore, dove tuttavia questa fosforilazione di per sé non causa
una desensitizzazione del recettore, ma questi siti fosforilati sono di fatto disponibili per il legame da parte
delle arrestine, e in particolar modo della β-arrestina.
Quando la β-arrestina riconosce gli amminoacidi fosforilati presenti sul recettore possono verificarsi diversi
eventi:
1. Avviene il disaccoppiamento della proteina G dal recettore: la arrestina crea una sorta di ingombro sterico
che non permette il legame tra recettore e proteina G impedendo la trasduzione e l’amplificazione del
segnale;
2. Viene stimolata l’internalizzazione del recettore: una volta che la β-arrestina è reclutata a livello del
recettore, il meccanismo classico di inibizione è l’endocitosi mediata da clatrina. L’arrestina legata al
recettore recluta a livello recettoriale molecole di clatrina che sono indispensabili per l’invaginazione del
recettore, la formazione della cavità dove si collocano le molecole del recettore e infine la formazione di
vescicole endocitotiche. Le vescicole endocitiche possono subire due destini:
- Si possono fondere con i lisosomi per essere degradate;
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- Si possono fondere con i cosiddetti “recycling endosomes” (vescicole di riciclo) che ritornano sulla
membrana, dopo un certo periodo, così che il recettore possa tornare al suo posto di partenza ed essere
nuovamente disponibile alla stimolazione da parte del ligando;
3. Viene attivato il meccanismo di traduzione delle MAPK: ciò determina l’attivazione di un segnale
totalmente differente da quello normalmente mediato dalle proteine G.
Tale tipologia di desensitizzazione è omologa ed avviene solo quando il ligando è già legato al proprio
recettore.
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dei recettori nicotinici perché manca l’acetilcolina, oppure nei pazienti affetti da depressione, dove si è
osservata un’aumentata espressione di recettori per serotonina e noradrenalina data un’alterazione a
ribasso dei livelli di questi due neurotrasmettitori).
Meccanismi di up-regolazione
I meccanismi di up-regolazione possono essere diversi:
- Aumentata sintesi del recettore: andandone a stimolare la trascrizione;
- Aumento della traslocazione del recettore verso la membrana accelerandone il trafficking;
- Inibizione dei sistemi di degradazione del recettore e aumento dell’emivita.
Tipologie di up-regolazione
Così come è possibile avere una desensitizzazione omologa o eterologa, così anche è possibile avere una up-
regolazione omologa o eterologa:
- Up-regolazione omologa: ad esempio quella del sistema adrenergico in corso di terapia con beta
bloccanti;
- Up-regolazione eterologa: si tratta di casi molto più rari. Un esempio potrebbe essere quello dei recettori
del sistema oppioide a seguito del consumo ripetuto di etanolo/cocaina. L’aumentata espressione di
recettori per gli oppioidi genera un meccanismo che contribuisce fortemente ai meccanismi di
dipendenza indotta dagli oppioidi stessi e possibilmente al desiderio di cocaina o etanolo durante
l’astinenza.
Tali recettori hanno attività tirosin-chinasica intrinseca: lo stesso recettore è un enzima, una chinasi appunto,
ed è dunque direttamente in grado di fosforilare dei substrati a livello di specifiche tirosine al costo del
consumo di una molecola di ATP. La reale importanza di questi recettori, da un punto di vista biologico e
farmacologico, è andata rivelandosi in modo spinto negli ultimi 20/30 anni: si tratta infatti di recettori
implicati nel signaling dei fattori di crescita, dunque profondamente coinvolti in tutto ciò che riguarda
divisione cellulare, differenziamento e motilità.
Da un punto di vista farmacologico, negli ultimi decenni si sono sviluppati innumerevoli farmaci che possono
agire contro questi recettori, spesso deregolati nelle cellule tumorali; molti farmaci bio-tecnologici a
bersaglio molecolare agiscono proprio su questo tipo di recettore.
Struttura
Sono stati identificati nell’uomo più di 60 RTKs, suddivisi in 20 sottofamiglie sulla
base delle differenze strutturali, che in questo ambito riguardano soprattutto il
dominio extracellulare di legame con il ligando, mentre per quanto riguarda il
resto della molecola i recettori sono molto simili.
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Ligandi
I ligandi dei RTK sono tipicamente piccole proteine solubili (fattori di crescita) in grado di agire sia in maniera
autocrina che paracrina. Essi aiutano, al momento dell’interazione con il target, la dimerizzazione dei
recettori tirosin-chinasici, evento fondamentale per il loro funzionamento.
Meccanismo d’azione
La maggioranza dei recettori RTK, quando non stimolati, si trovano nella membrana plasmatica come
monomeri, ad eccezione della famiglia dei recettori per l’insulina e per l’IGF che si trovano costitutivamente
in forma dimerica.
Il meccanismo di azione è piuttosto semplice: una volta che il ligando interagisce con il recettore determina
una dimerizzazione del recettore, che può essere una omodimerizzazione o una eterodimerizzazione a
seconda del caso, dopodiché viene attivato il dominio catalitico portando a quella che viene definita come
reazione di autotransfosforilazione: l’attività catalitica di entrambe le subunità del recettore viene rivolta
verso le tirosine della coda C-terminale dell’altro membro del dimero.
Proteine effettrici
Le proteine effettrici a valle dei recettori RTK esprimono nella loro sequenza dei domini, definiti come domini
Src omologhi (o SH) di tipo 2. Le sequenze SH2 sono in grado di riconoscere e legare sequenze ricche in tirosine
fosforilate (fosfo-tirosine): la coda di tirosine presente nel recettore, una volta fosforilata dal recettore
stesso, è disponibile per legarsi alle proteine effettrici perché è riconosciuta dai loro domini SH2.
Le proteine con domini SH2 includono:
- Proteine che hanno esse stesse attività enzimatica: Fosfolipasi C gamma, GAP (attivatore delle GTPasi) e
proteine STAT (trasduttori del segnale ed attivatori della trascrizione);
- Subunità regolatorie di altri enzimi citoplasmatici, come la p85 per la PI3K o Shc e Greb2 per la proteina
SOS.
Molto spesso le proteine con domini SH2 possiedono anche dei domini SH3, in grado di legare sequenze
ricche di prolina, di solito presenti su altre proteine che stanno a valle e la cui interazione con SH3 consente
la formazione di complessi sovramolecolari tra trasduttori.
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Quindi, le prime molecole che fungono da traduttore e che interagiscono direttamente con il recettore
posseggono sia il dominio SH2, che consente il legame con le fosfotirosine, sia un dominio SH3 che,
riconoscendo le sequenze ricche in prolina, consente il legame con altre proteine che stanno a valle.
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tumorale in cui Ras è mutata e costitutivamente attiva, bloccando il recettore non si ottiene nessun risultato
utile, essendo la disregolazione più a valle rispetto al punto di intervento.
NB: Quando è necessario utilizzare determinati farmaci che agiscono a livello dei recettori, bisogna prima
verificare se Ras è mutata o meno: se Ras è mutata, il farmaco non avrà funzione terapeutica e porterà solo
ad effetti collaterali.
Nello svilupparsi dei passaggi che portano all’attivazione delle varie MAPK, si sviluppano interazioni con varie
proteine bersaglio oltre ai fattori trascrizionali. Tutti i target bersagliati dal sistema delle MAPK sono
accomunati dalla presenza di una sequenza motivo di consenso costituita in successione da una prolina, un
amminoacido tra serina o treonina ed un’altra prolina. I bersagli possono essere:
- Altre chinasi;
- Proteine del citoscheletro;
- Altre proteine segnale;
- Regolatori del ciclo cellulare.
Via di PI3K/AKT
La PI3K è una protein-chinasi costituita da due subunità:
- Una catalitica, detta p110;
- Una regolatoria, nota come p85: dotata dei siti di legame per la subunità p110 e del sito SH2, il quale
consente il legame con le fosfotirosine del recettore. Può possedere anche un dominio SH3.
In condizioni basali, la subunità p110 è legata alla p85 e dunque inibita. Quando il recettore viene attivato, la
subunità p85, legandosi al recettore, rilascia la p110 che può esprimere la sua funzione catalitica verso il suo
substrato d’elezione. Quest’ultimo è rappresentato da un fosfolipide di membrana, il fosfatidilinosiltolo
difosfato (PIP2).
Fosforilato dalla p110, questo diventa fosfatidilinositolo trifosfato (PIP3), il quale a sua volta recluta la
proteina AKT a livello della membrana plasmatica e attiva le chinasi PDK1 e PDK2. PDK1 e PDK2 fosforilano a
loro volta AKT portando a una sua completa attivazione. AKT attivata può andare a svolgere la sua funzione
di chinasi fosforilando tutti i suoi effettori a valle, in questo caso con un coinvolgimento prevalente di quei
meccanismi di trasduzione del segnale che sono in qualche modo correlati alla sopravvivenza cellulare.
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La caratteristica comune di queste proteine è quella di avere un sito di legame per l’ATP (caratteristica
condivisa in realtà da tutte le proteine chinasi, inclusi gli stessi RTK), ovverosia il donatore fondamentale
del gruppo fosfato necessario per la fosforilazione delle proteine bersaglio.
Un esempio celebre di questa classe di proteine viene dallo studio delle malattie ematologiche: si prenda
in considerazione la leucemia mieloide cronica classica e la proteina Bcr-Abl, data dalla fusione dei
cromosomi 9 e 22. Abl (Abelson murine leukemia viral oncogene homolog1) è proprio una di queste
proteine tirosin-chinasiche non recettoriali, fisiologicamente destinata a lavorare nel nucleo. La fusione
di Bcr-Abl fa sì che questa proteina di fusione si trovi in uno stato di attività perpetuo (dovuto a
dimerizzazione spontanea), partecipando così alla proliferazione cellulare, alla resistenza nei confronti
dell’apoptosi e alla maggiore tendenza alla migrazione delle cellule tumorali. Gli inibitori delle tirosin-
chinasi sono molto attivi su questa proteina, come Imatinib;
b. Fosfolipasi C di tipo gamma (PLCγ): dotata di un dominio SH2 per legare le fosfotirosine, una volta
attivata, va a idrolizzare il fosfatidilionsitolodifosfato (PIP2) in IP3 e DAG attivando un meccanismo di
traduzione del tutto analogo a quello visto per i recettori accoppiati a proteine G;
c. Fosfatasi: la maggior parte delle proteine attivate dai recettori tirosin-chinasici sono a loro volta chinasi,
ma in realtà vengono attivate anche delle fosfatasi. Si possono ricordare in questo senso SH-PTP1 e SH-
PTP2: entrambe attivate per fosforilazione a livello del recettore, vanno a defosforilare il loro bersaglio.
- SH-PTP1: espressa in cellule ematopoietiche ed epiteliali, è un regolatore negativo dell’attività del
recettore tirosin-chinasico, in quanto con la sua attività va direttamente a defosforilare il recettore
stesso sulla coda C-terminale;
- SH-PTP2: espressa ubiquitariamente, è invece un regolatore positivo, in quanto attiva una via di
trasduzione del segnale positiva che coinvolge Ras;
PTEN è un altro effettore ad attività fosfatasica attivato dal recettore tirosin-chinasico. Si tratta di un
noto oncosoppressore intercalato lungo il pathway della PI3K, che modula negativamente, andando a
defosforilare la PIP3 in PIP2 e bloccando di fatto l’attivazione di AKT;
d. Proteine STAT: fungono da trasduttori del segnale e da
attivatori trascrizionali. Si tratta di proteine
citoplasmatiche espresse ubiquitariamente dotate di:
- Un dominio SH2: che consente di riconoscere le
fosfotirosine sul recettore tirosin-chinasico;
- Un dominio di legame al DNA: che consente loro di
fungere da fattore trascrizionale;
- Un estremo C-terminale: a tale livello contengono un residuo
di tirosina che, quando fosforilato, è fondamentale per il
funzionamento delle proteine STAT stesse.
Le proteine STAT possono essere attivate dai recettori per fattori
di crescita (RTK) per fosforilazione, ma possono essere anche
attivate da recettori accoppiati a proteine G e da recettori per le
citochine. Prendendo a modello il caso dell’RTK, dopo la sua
attivazione, STAT, attraverso SH2, si lega al recettore e in questo
modo avvicina al recettore la sua tirosina critica C-terminale, così
che la stessa attività catalitica recettoriale che ha permesso la
autotransfosforilazione ora sia rivolta a fosforilare STAT. La
tirosina al C-terminale fosforilata è fondamentale per la
dimerizzazione di STAT, che può formare sia degli omodimeri che
degli eterodimeri.
A seguito della dimerizzazione, il complesso si trasferisce a livello
del nucleo dove agisce da fattore trascrizionale, interagendo con
specifiche sequenze presenti sul promotore di specifici geni. La
maggior parte dei geni che vengono controllati da STAT sono coinvolti nel ciclo cellulare e nel
differenziamento.
In realtà in qualsiasi caso (GPCR e recettori per citochine) i meccanismi di attivazione per le STAT devono
sempre includere la fosforilazione, che consente la dimerizzazione.
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I farmaci sopra proposti agiscono principalmente sulla porzione extracitoplasmatica del recettore o
direttamente contro il ligando. Sono stati sviluppati tuttavia anche farmaci che agiscono sul sistema RTK
modulando sul versante intracellulare l’attività tirosin-chinasica: sono le cosiddette small molecules kinase
inibitors (Gefitinib, Erlotinib, Afatinib, Osimertinib, Lapatinib). Si tratta di composti policiclici/eterociclici che
passano la membrana cellulare e si legano alla porzione catalitica intracellulare del recettore mimando la
struttura dell’ATP, fondamentale per il corretto funzionamento del recettore, inibendo il recettore stesso.
Non viene perciò permessa l’attivazione delle reazioni cellulari, bloccando l’espansione cellulare. Mentre
l’ATP svolge un’interazione di tipo reversibile, queste molecole formano un complesso più stabile
competendo con l’ATP: il recettore non potrà più fosforilare il substrato a pieno regime non avendo a
disposizione i gruppi fosfato da trasferire sul bersaglio. Altri farmaci che agiscono su versante intracellulare
sono gli inibitori di tirosin-chinasi intracellulari (Imatinib, Dasatinib, Nilotinib, Bosutinib, Ponatinib), diretti
soprattutto contro la proteina di fusione Bcr-Abl.
Vi sono poi farmaci che agiscono sul meccanismo di trasduzione del segnale. Di questi fanno parte gli Inibitori
di BRAF (BRAFi), come Vemurafenib e Dabrafenib, e inibitori di MEK1,2, come Trametinib, che interrompono
il pathway delle MAPK. Essi sono stati approvati singolarmente o in associazione per il trattamento del
melanoma metastatico. Sono stati anche sperimentati farmaci che bloccassero RAS (inibitori delle
modificazioni post-traduzionali), ma i risultati dei trials clinici sono stati deludenti.
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Per concludere, esistono altri tipi di recettore di membrana, distinti da specifiche proprietà di funzionamento.
I principali sono:
- Recettori per le citochine/chemochine: sono strutturalmente simili ai recettori per i fattori di crescita,
ma non hanno attività tirosin-chinasica. Sono particolarmente espressi a livello delle cellule del sistema
immune.
Es.: Recettori per IL-1β, recettori per TNFα, ecc...;
- Recettori che mediano l’adesione cellulare: come le integrine, le caderine e le selectine;
- Recettori dotati di attività guanilato ciclasica intrinseca: sono in grado di determinare la generazione di
cAMP; fanno parte di questa classe soltanto 6 tipi di recettori che hanno in comune un unico ligando: il
peptide natriuretico atriale;
- Recettori per le lipoproteine: aiutano a internalizzare le lipoproteine per rimuoverle dal plasma;
- Recettori di morte: ovvero recettori stimolati da specifici fattori di morte (es. FAS o CD95 con il suo
ligando) che vanno ad attivare all’interno della cellula una cascata trasduzionale che porta alle caspasi
ed eventualmente alla morte cellulare programmata per apoptosi, meccanismo fisiologico di protezione
cellulare;
- Recettori toll-like: si tratta principalmente di recettori in grado di riconoscere pattern associati a patogeni
che regolano la risposta infiammatoria; uno dei più famosi è il TLR 4 che lega LPS dei batteri Gram
negativi;
- Recettori Notch: non hanno come ligandi molecole solubili ma delle proteine inserite all’interno della
membrana di un’altra cellula. Quando avviene il legame tra Notch e il suo ligando, quello che si verifica
è un’attivazione proteolitica del recettore con conseguente effetto sia sulla cellula che porta il recettore
sia su quella che porta il ligando.
Anche queste ultime classi di recettori di membrana stanno diventando sempre più importanti dal punto di
vista farmacologico, basti in questo senso pensare ai farmaci monoclonali diretti contro recettori per le
citochine, sempre più usati in patologie infiammatorie croniche o forme tumorali.
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