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14/03/2022 – Recettori pt. II, prof.

Cristiana Perrotta Sbobina 5, Farmaco

Recettori associati a proteine G o GPCR


(G Protein Coupled Receptor)
Si tratta di una classe di recettori di membrana strutturalmente costituiti tipicamente da 7 domini trans-
membrana idrofobici a α-elica collegati tra di loro da 6 anse idrofiliche, dotati di un estremo N-terminale
extracellulare e un dominio intracellulare C-terminale.

Questa classe di recettori è presente in tutti gli eucarioti, ne sono stati identificati circa 2000 nell’uomo.
Le funzioni biologiche svolte sono molto eterogenee, così come anche le possibili molecole segnale: ormoni,
neurotrasmettitori, peptidi e lipidi.
Da un punto di vista farmacologico, questi recettori interessano particolarmente poiché si stima che circa il
50% dei farmaci oggi utilizzati siano attivi su di essi e, di questi, il 25% rientri tra i farmaci più utilizzati.

Classificazione
I GPCR sono stati classificati, in base alla loro struttura, in 5 famiglie principali, di cui le prime 3 sono quelle
più interessanti dal punto di vista farmacologico:
- Classe A o “rhodopsin-like”: sono inclusi in questa classe i recettori della visione e quelli olfattivi. Inoltre,
sono classificati GPCR di classe A anche i recettori per alcuni neurotrasmettitori (muscarinici,
dopaminergici, ecc..), recettori per peptidi (TSH, FSH) e recettori per ormoni glicoproteici (bradichinina,
vasopressina, endotelina);
- Classe B o “glucagon-like”: piccola famiglia composta da 25 membri. Rientrano in questa classe i recettori
per glucagone, calcitonina, secretina e CRF;
- Classe C o “metabotropic glutamate-like”: piccola famiglia di recettori simili a quello metabotropico per
il glutammato. Sono qui inclusi i recettori del gusto e quello metabotropico del GABA;
- Famiglia dei recettori di adesione;
- Famiglia dei recettori Frizzled: connessi al pathway intracellulare di WNT e della β-catenina.
In tutte queste 5 famiglie si possono anche individuare “recettori orfani”, ovvero recettori che sono stati
isolati e studiati, ma per i quali non è ancora stato possibile identificare il ligando endogeno e quindi la loro
funzione.

Nell’immagine seguente sono riportati diversi ligandi con i rispettivi recettori facenti parte dei GPCR.

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Struttura
Inizialmente si pensava che i GPCR lavorassero solo come monomeri, in realtà si è visto che possono formare
dimeri (omodimeri o eterodimeri), addirittura oligomeri in alcuni casi, attraverso l’associazione di più
recettori.
Ad oggi sembra appurato che la dimerizzazione sia fondamentale per il loro funzionamento e può avvenire:
a. A livello della membrana plasmatica, in maniera dinamica e transiente, per cui il recettore arriva alla
membrana come monomero e poi a questo livello dimerizza sotto stimolo fornito dall’interazione
con il ligando;
b. Subito dopo la biosintesi del recettore, ed in questo caso è il dimero stesso ad essere trasportato in
membrana come tale.

Caratteristiche
La caratteristica fondamentale dei GPCR è quella di non avere attività enzimatica intrinseca, ma di essere
piuttosto accoppiati funzionalmente a particolari effettori a valle delle proteine G, attivate quando il
recettore, interagendo con il proprio ligando, modifica la sua conformazione strutturale.

Proteine G
Le proteine G sono una famiglia di piccole molecole proteiche, chiamate G in virtù della
loro possibilità di interagire con nucleotidi guaninici (GTP e GDP). Come regola
generale, le proteine G si trovano in uno stato attivo quando sono complessate al GTP,
mentre si trovano in uno stato di riposo quando complessate al GDP.
Come meccanismo di regolazione intrinseco, eventualmente completato dall’azione
idrolitica di altri enzimi modulatori esterni, le proteine G svolgono un’azione GTPasica
volta a convertire le molecole di GTP alle quali si legano in GDP, autodisattivandosi.

Le proteine G sono di norma costituite da tre subunità: α, β e γ. Per tutte e tre le subunità sono state
identificate diverse isoforme e relativi geni: 20 geni codificano per la subunità α, 5 geni per la subunità β e
12 per la subunità γ. Le combinazioni che si possono generare sono quindi variabili, permettendo così la
creazione di diverse tipologie di proteine G, caratterizzate da distinti meccanismi di trasduzione.
La subunità α è quella che si lega al GTP/GDP ed è quella dotata di attività GTPasica. Sia la subunità α che la
γ presentano a loro complessate in modo covalente molecole lipidiche che consentono loro di ancorarsi
saldamente alla membrana plasmatica.

Interazione recettore-proteine G
Il ciclo tipo di questi recettori prevede che, in condizioni basali, il recettore e la proteina G, non ancora in
grado di interagire tra di loro, si trovino nella rispettiva conformazione di riposo, con il GDP legato alla
subunità α.
Quando la molecola segnale interagisce con il recettore, questo cambia la sua conformazione: diventa così
possibile l’interazione con la proteina G, che si traduce nella sostituzione del GDP con una molecola di GTP a
livello della subunità α. La subunità α si va quindi a separare dalle altre due, che rimangono invece associate
a livello della membrana costituendo il complesso βγ. Inizialmente si pensava che il complesso βγ avesse solo
funzione strutturale (il legame con la subunità α consente il mantenimento del recettore nella forma
inattiva), tuttavia, è stato dimostrato come questo possa a sua volta avere attività di regolazione su proteine
a valle del segnale primario.
La subunità α, una volta attivata e legata al GTP, andrà ad interagire con le proprie proteine bersaglio, dove
tuttavia sarà proprio l’interazione con i target molecolari a stimolare l’intrinseca attività idrolitica della
proteina G: in generale, infatti, è proprio il legame con la proteina bersaglio a stimolare l’attività GTPasica
della subunità α e quindi la sua inattivazione. La subunità α, in questa attività di disinnesco, è aiutata da
alcune proteine note come RGS (regulators of G protein signaling, es. proteine GAP, GTPase activating
protein) che accelerano la velocità di idrolisi del GTP in GDP.
Quando la subunità α torna a legarsi al GDP si viene a stabilire nuovamente il legame con il complesso βγ,
così che l’intera proteina G torni allo stato di riposo in attesa che il ciclo possa ricominciare.

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Classificazione
Esistono diversi tipi di proteina G, in particolare, il tipo
di proteina G e il suo meccanismo di azione dipende
dalla isoforma della subunità α, che definisce gli
effettori a valle.
I tipi principali di proteina G sono infatti:
- αs: agiscono stimolando la adenilato ciclasi;
- αi: agiscono inibendo la adenilato ciclasi;
- αq: agiscono attivando la fosfolipasi C;
- α12: agiscono sulla proteina Rho GEF.
Una proteina G che porta una subunità αs prende il
nome di Gs, una che porta una subunità αi prende il
nome di Gi…
Le prime tre classi sono quelle di principale interesse
farmacologico.
L’immagine a lato mostra come anche il complesso βγ
abbia tutta una sua serie di molecole bersaglio: adenilato ciclasi, fosfolipasi C, PI3K, canali al Ca e K.

Sotto sono riassunti schematicamente i diversi possibili pathways a valle della proteina G.
Da sottolineare è che i canali ionici possono essere attivato o direttamente dal complesso βγ o
indirettamente dagli altri pathways attivati dalla subunità α. L’apertura dei canali ionici modifica il potenziale
d’azione di membrana.

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Complesso βγ
Come detto, anche il complesso βγ è in grado di svolgere alcune funzioni nella trasduzione del segnale ed in
particolare può regolare:
- Adenilato ciclasi, attivandola o inibendola;
- PI3K (molecola primariamente associata ai pathway tipici dei recettori tirosin-chinasici), attivandolo;
- PLC, attivandolo;
- Attivazione GRKs;
- Regolazione di canali ionici: canali al K (attivati) e al Ca (inibiti);
- Endocitosi e desensitizzazione del recettore: andando a regolare chinasi che fosforilano il recettore e che
ne stimolano il disaccoppiamento con la proteina G.

Sistema della adenilato ciclasi


L’denilato ciclasi è un enzima che catalizza la sintesi di AMPciclico (cAMP)
partendo dall’ATP. Il cAMP come secondo messaggero è necessariamente un
composto cellulare instabile, la cui concentrazione intracellulare dipende
dinamicamente dal conflitto tra l’attività dell'adenilato ciclasi da una parte e
quella dell’enzima cAMP fosfodiesterasi (in grado di idrolizzare il cAMP in 5-
AMP) dall’altra.
È fondamentale che cAMP abbia un’emivita rapida in quanto, per
definizione, i meccanismi attivati dai secondi messaggeri hanno durata
limitata nel tempo. Se così non fosse, potrebbero instaurarsi meccanismi di
morte cellulare (es. eccessivo ingresso di Ca nel citosol) o di
iperproliferazione.

Esistono due tipi di proteina G che interagiscono con l’adenilato ciclasi,


attivandola (αs) o inibendola (αi): se a livello di una stessa cellula si hanno
meccanismi di trasduzione opposta, per cui si attivano al contempo entrambe le tipologie di proteina G,
l’attivazione netta della adenilato ciclasi e la conseguente concentrazione di cAMP dipende dal bilancio delle

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due vie che agiscono sull’adenilato ciclasi. Si può quindi dire, nel complesso, che l’adenilato ciclasi è un
enzima particolarmente ben regolato.

Una volta generato cAMP, si considerano i principali sistemi effettori a valle su cui questo impatta:
a. Proteina chinasi cAMP dipendente (PKA): bersaglio principale;
b. Canali ionici aperti da nucleotidi ciclici: in grado di determinare un flusso di cationi nella cellula;
c. Proteine di scambio dei nucleotidi guanilici (EPAC): promuovono l’attivazione di alcune proteine G
monomeriche, come Rap1.

a. Proteina chinasi cAMP dipendente (PKA)


La PKA è costituita da 4 subunità, di cui 2 a funzione regolatoria e 2 a funzione catalitica. Quando è inattiva,
le due subunità regolatrici bloccano le 2 catalitiche; in seguito, al legame con il cAMP, tuttavia, la subunità
regolatrice cambia conformazione e si stacca da quella catalitica, la quale può andare ad interagire con i
propri bersagli.

Sono diversi i bersagli della PKA, un esempio è il


pathway del metabolismo del glicogeno, regolato da
glucagone o adrenalina a livello del fegato o del
muscolo rispettivamente.
Attraverso la generazione di cAMP, il glucagone attiva
la PKA che inibisce a sua volta la sintesi di glicogeno e
stimola il catabolismo del glicogeno per produrre
glucosio da immettere nella circolazione generale;
oltre a ciò, che è l’evento rapido mediato dalla
fosforilazione indotta dall’attivazione della PKA,
questa chinasi è anche in grado di produrre degli
effetti a lungo termine che avvengono attraverso la
regolazione della trascrizione genica: la PKA, infatti,
passa attraverso la membrana nucleare e va a
fosforilare un fattore di trascrizione noto come CREB
(cAMP responsive element binding protein), in grado
di interagire con specifiche sequenze dette CRE (cAMP
responsive elements) presenti su promotori di geni target.

b. Canali ionici aperti da nucleotidi ciclici


Esempio classico in questo senso è rappresentato dal canale f (funny) che si trova nel nodo senoatriale,
modulato nella sua attività dalla concentrazione di cAMP prodotto come conseguenza dell’attivazione di
recettori β1-adrenergici su stimolo della noradrenalina; la corrente If, fondamentale per sostenere l’attività
pacemaker del nodo, viene così potenziata per aumentare la frequenza cardiaca. L’Ivabradina è un farmaco
che blocca tale canale ed ha azione bradichizzante. Esso è indicato per il trattamento sintomatico dell’angina
pectoris cronica, con ritmo sinusale normale e frequenza cardiaca > 70 bpm.

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Sotto è riportata una tabella riassuntiva in cui compaiono alcune risposte biologiche che possono essere
mediate dal cAMP a livello di diversi organi.

Tessuto bersaglio Ormone Risposta principale


Ghiandola tiroidea Ormone stimolante la tiroide Sintesi e secrezione dell’ormone
(TSH) tiroideo
Corteccia surrenale Ormone adrenocorticotropo Secrezione di cortisolo
(ACTH)
Ovaio Ormone luteinizzante (LH) Secrezione di progesterone
Muscolo Adrenalina Demolizione del glicogeno
Osso Paratormone Riassorbimento dell’osso
Cuore Adrenalina Aumento della frequenza
cardiaca e della forza di
contrazione
Fegato Glucagone Demolizione del glicogeno
Rene Vasopressina Riassorbimento dell’acqua
Grasso Adrenalina, ACTH, Glucagone, Demolizione dei trigliceridi
TSH

Sistema della fosfolipasi C


Altro grande meccanismo di trasduzione del segnale attivato dalle proteine G è quello mediato dalla
fosfolipasi C, e quindi dell’inositolo 3 fosfato (IP3) e del diacilglicerolo (DAG).
In questo caso la subunità α della proteina G ha isoforma q ed è in grado di andare ad attivare un enzima di
membrana chiamato fosfolipasi C, che a sua volta va ad agire su un fosfolipide di membrana, il
fosfatidilinositolodifosfato (PIP2), che viene idrolizzato a dare DAG e IP3.
Quindi, da PLC e PIP2 partono fondamentalmente due vie di trasduzione del segnale:
1. DAG: lipide che rimane all’interno della membrana plasmatica e che va ad attivare eventualmente
un’altra proteina chinasi, ovvero la PKC;
2. IP3: andrà nel citosol fino ad interagire con un canale ionico a livello del reticolo endoplasmatico
permeabile al calcio localizzato a livello del REL. Il REL è un deposito di calcio, per cui, in seguito a
questa interazione, il calcio entrerà nel citosol ed andrà ad attivare diversi processi calcio-dipendenti.

In genere le azioni del calcio avvengono a seguito di interazioni con proteine calcio-dipendenti come la
calmodulina: il calcio, rilasciato dal REL, interagisce con la calmodulina per poi andare ad attivare una serie
di proteine chinasi calcio-calmodulina dipendenti, amplificando così il segnale che arriva dal recettore sulla
membrana plasmatica.
N.B. I livelli di calcio all’interno della cellula sono bassi e finemente regolati; buona parte di questa
regolazione dipende dal calcio stesso: il complesso calcio-calmodulina, infatti, attiva anche delle pompe

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ioniche al calcio presenti sia sul REL che sulla membrana plasmatica in grado, con un trasporto attivo, di
portare il calcio o all’interno del REL o di buttarlo all’esterno della cellula per mantenere l’omeostasi
intracellulare.

Modulazione dell’attività dei GPCR


In realtà, oltre al complesso βγ, tante altre proteine sono in grado di interagire con i recettori GPCR e in
questo modo ne modulano l'attività; si possono identificare i principali effetti sui GPCR elencandone le
possibili interazioni:
- Alterata affinità per il ligando: solitamente ridotta, con conseguente ridotta stimolazione del recettore;
- Regolazione della dimerizzazione del recettore: il che può essere in grado di aumentare l’attività del
recettore se il processo è facilitato o addirittura modificare l’attività del recettore se i monomeri coinvolti
fossero cambiati;
- Disaccoppiamento del recettore dalla proteina G: con conseguente riduzione dell’effetto della
stimolazione del recettore;
- Down-regolazione dell’espressione del recettore: nel breve termine questo risultato può essere ottenuto
attraverso meccanismi di endocitosi, nel lungo termine invece anche attraverso un’influenza mirata al
nucleo con ridotta sintesi di mRNA e di proteine.

Desensitizzazione dei recettori accoppiati a proteine G


Esistono diversi sistemi che possono determinare tale effetto sui GPCR.

Protein-chinasi
In genere tutti questi eventi sono mediati da
enzimi in grado di catalizzare reazioni di
fosforilazione, ossia da protein-chinasi.
Tali protein-chinasi di norma vengono attivate
dallo stesso sistema recettoriale, come ad
esempio la PKA o la PKC, secondo un classico
meccanismo di feedback negativo: l’attività di una
proteina del pathway porta a una down-
regolazione del pathway stesso.

Complesso βγ
Uno dei sistemi di fosforilazione coinvolto nella desensitizzazione del recettore è quello che prevede
l’attivazione delle chinasi specifiche dei recettori accoppiati alla proteina G (GRK) reclutate dal recettore da
parte del dimero βγ.
Una volta attivate, vanno a fosforilare il recettore, dove tuttavia questa fosforilazione di per sé non causa
una desensitizzazione del recettore, ma questi siti fosforilati sono di fatto disponibili per il legame da parte
delle arrestine, e in particolar modo della β-arrestina.

Quando la β-arrestina riconosce gli amminoacidi fosforilati presenti sul recettore possono verificarsi diversi
eventi:
1. Avviene il disaccoppiamento della proteina G dal recettore: la arrestina crea una sorta di ingombro sterico
che non permette il legame tra recettore e proteina G impedendo la trasduzione e l’amplificazione del
segnale;
2. Viene stimolata l’internalizzazione del recettore: una volta che la β-arrestina è reclutata a livello del
recettore, il meccanismo classico di inibizione è l’endocitosi mediata da clatrina. L’arrestina legata al
recettore recluta a livello recettoriale molecole di clatrina che sono indispensabili per l’invaginazione del
recettore, la formazione della cavità dove si collocano le molecole del recettore e infine la formazione di
vescicole endocitotiche. Le vescicole endocitiche possono subire due destini:
- Si possono fondere con i lisosomi per essere degradate;

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- Si possono fondere con i cosiddetti “recycling endosomes” (vescicole di riciclo) che ritornano sulla
membrana, dopo un certo periodo, così che il recettore possa tornare al suo posto di partenza ed essere
nuovamente disponibile alla stimolazione da parte del ligando;
3. Viene attivato il meccanismo di traduzione delle MAPK: ciò determina l’attivazione di un segnale
totalmente differente da quello normalmente mediato dalle proteine G.
Tale tipologia di desensitizzazione è omologa ed avviene solo quando il ligando è già legato al proprio
recettore.

La β-arrestina, oltre ad avere questo


effetto di stimolo sull’endocitosi del
recettore, può avere anche altri effetti:
- Desensitizzazione del recettore a
breve termine: per un
disaccoppiamento del recettore dalla
proteina G;
- Degradazione dei secondi
messaggeri;
- Chemiotassi;
- Apoptosi;
- Genesi dell’invasività delle cellule tumorali metastatiche.

Up-regolazione dei GPCR


Oltre che la down-regolazione dei recettori, è anche possibile in alcune condizioni avere una up-regolazione
dei GPCR ed avere quindi un aumento del numero di recettori a livello della membrana cellulare.
Questo avviene solitamente in due condizioni:
- Esposizione prolungata ad un antagonista: la cellula, per rispondere al fatto che il recettore è in larga
parte bloccato, ne produce di più in modo da poter captare le molecole di agonista presente.
Es.: Ciò che succede ai recettori β-adrenergici in corso di terapia con beta bloccanti. I recettori β1,
espressi principalmente a livello cardiaco (ma non solo), in presenza di una dose costante di agonista
nell’organismo aumentano notevolmente. Ne consegue che non è possibile pensare ad una sospensione
brusca del trattamento, perché senza scalare la dose poco alla volta la up-regolazione sviluppatasi
durante la terapia può slatentizzare crisi anginose e infarto miocardico fino alla morte improvvisa causata
dal prevalere improvviso del tono simpatico noradrenergico. Questi sintomi sono dovuti ad un aumento
dell’attività simpatica conseguente all’up-regolazione dei recettori causata dal blocco dell’attività
simpatica. È necessario ridurre la dose in modo graduale in modo tale da riportare il sistema in condizioni
normali;
- Riduzione di ligando endogeno: i recettori vengono stimolati nella loro produzione per cercare di
raccogliere il più possibile le poche molecole presenti. Questo tipo di dinamica si può osservare in
condizioni fisiologiche (aumento dei recettori per l’ossitocina nel terzo trimestre della gravidanza),
oppure in condizioni patologiche (in condizioni di denervazione, in cui nel muscolo si osserva un aumento

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dei recettori nicotinici perché manca l’acetilcolina, oppure nei pazienti affetti da depressione, dove si è
osservata un’aumentata espressione di recettori per serotonina e noradrenalina data un’alterazione a
ribasso dei livelli di questi due neurotrasmettitori).

Meccanismi di up-regolazione
I meccanismi di up-regolazione possono essere diversi:
- Aumentata sintesi del recettore: andandone a stimolare la trascrizione;
- Aumento della traslocazione del recettore verso la membrana accelerandone il trafficking;
- Inibizione dei sistemi di degradazione del recettore e aumento dell’emivita.

Tipologie di up-regolazione
Così come è possibile avere una desensitizzazione omologa o eterologa, così anche è possibile avere una up-
regolazione omologa o eterologa:
- Up-regolazione omologa: ad esempio quella del sistema adrenergico in corso di terapia con beta
bloccanti;
- Up-regolazione eterologa: si tratta di casi molto più rari. Un esempio potrebbe essere quello dei recettori
del sistema oppioide a seguito del consumo ripetuto di etanolo/cocaina. L’aumentata espressione di
recettori per gli oppioidi genera un meccanismo che contribuisce fortemente ai meccanismi di
dipendenza indotta dagli oppioidi stessi e possibilmente al desiderio di cocaina o etanolo durante
l’astinenza.

RECETTORI CON ATTIVITÀ TIROSIN CHINASICA (RTK)

Tali recettori hanno attività tirosin-chinasica intrinseca: lo stesso recettore è un enzima, una chinasi appunto,
ed è dunque direttamente in grado di fosforilare dei substrati a livello di specifiche tirosine al costo del
consumo di una molecola di ATP. La reale importanza di questi recettori, da un punto di vista biologico e
farmacologico, è andata rivelandosi in modo spinto negli ultimi 20/30 anni: si tratta infatti di recettori
implicati nel signaling dei fattori di crescita, dunque profondamente coinvolti in tutto ciò che riguarda
divisione cellulare, differenziamento e motilità.
Da un punto di vista farmacologico, negli ultimi decenni si sono sviluppati innumerevoli farmaci che possono
agire contro questi recettori, spesso deregolati nelle cellule tumorali; molti farmaci bio-tecnologici a
bersaglio molecolare agiscono proprio su questo tipo di recettore.

Struttura
Sono stati identificati nell’uomo più di 60 RTKs, suddivisi in 20 sottofamiglie sulla
base delle differenze strutturali, che in questo ambito riguardano soprattutto il
dominio extracellulare di legame con il ligando, mentre per quanto riguarda il
resto della molecola i recettori sono molto simili.

Le caratteristiche strutturali comuni degli RTKs sono:


- Un dominio extracellulare di legame al ligando (ligand binding domain);
- Un singolo dominio idrofobico piuttosto breve (25 aa) transmembrana;
- Dei domini regolatori, siti solitamente a livello della regione iuxtamembrana,
coinvolti nella modulazione della trasduzione del segnale (domini regolatori);
- Uno o più domini con attività tirosin-chinasica citoplasmatici;
- Una coda C-terminale citosolica piuttosto lunga (250 aa, molto ricca in
tirosine) che lega i trasduttori a valle quando il recettore è attivato.

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Ligandi
I ligandi dei RTK sono tipicamente piccole proteine solubili (fattori di crescita) in grado di agire sia in maniera
autocrina che paracrina. Essi aiutano, al momento dell’interazione con il target, la dimerizzazione dei
recettori tirosin-chinasici, evento fondamentale per il loro funzionamento.

Meccanismo d’azione
La maggioranza dei recettori RTK, quando non stimolati, si trovano nella membrana plasmatica come
monomeri, ad eccezione della famiglia dei recettori per l’insulina e per l’IGF che si trovano costitutivamente
in forma dimerica.
Il meccanismo di azione è piuttosto semplice: una volta che il ligando interagisce con il recettore determina
una dimerizzazione del recettore, che può essere una omodimerizzazione o una eterodimerizzazione a
seconda del caso, dopodiché viene attivato il dominio catalitico portando a quella che viene definita come
reazione di autotransfosforilazione: l’attività catalitica di entrambe le subunità del recettore viene rivolta
verso le tirosine della coda C-terminale dell’altro membro del dimero.

La autotransfosforilazione dei recettori e la dimerizzazione permettono:


- Ulteriore aumento dell’attività chinasica del recettore: che dunque potrà andare a fosforilare in maniera
più efficace altri substrati;
- Modificazione conformazionale del recettore: che permette l’accesso dei substrati intracellulari al sito
catalitico. Durante la autotransfosforilazione, la fosforilazione di un residuo di Tyr a livello del sito
catalitico fa sì che i substrati della chinasi possano interagire meglio con il recettore;
- Fosforilazione di tutti quei residui di tirosina sulla coda C-terminale del recettore: produce innumerevoli
siti di interazione con le proteine del segnale a valle (es. Grb2, PI3-kinase, ecc..) e questo è fondamentale
per attivare tutta la via a valle.

Proteine effettrici
Le proteine effettrici a valle dei recettori RTK esprimono nella loro sequenza dei domini, definiti come domini
Src omologhi (o SH) di tipo 2. Le sequenze SH2 sono in grado di riconoscere e legare sequenze ricche in tirosine
fosforilate (fosfo-tirosine): la coda di tirosine presente nel recettore, una volta fosforilata dal recettore
stesso, è disponibile per legarsi alle proteine effettrici perché è riconosciuta dai loro domini SH2.
Le proteine con domini SH2 includono:
- Proteine che hanno esse stesse attività enzimatica: Fosfolipasi C gamma, GAP (attivatore delle GTPasi) e
proteine STAT (trasduttori del segnale ed attivatori della trascrizione);
- Subunità regolatorie di altri enzimi citoplasmatici, come la p85 per la PI3K o Shc e Greb2 per la proteina
SOS.

Molto spesso le proteine con domini SH2 possiedono anche dei domini SH3, in grado di legare sequenze
ricche di prolina, di solito presenti su altre proteine che stanno a valle e la cui interazione con SH3 consente
la formazione di complessi sovramolecolari tra trasduttori.

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Quindi, le prime molecole che fungono da traduttore e che interagiscono direttamente con il recettore
posseggono sia il dominio SH2, che consente il legame con le fosfotirosine, sia un dominio SH3 che,
riconoscendo le sequenze ricche in prolina, consente il legame con altre proteine che stanno a valle.

Meccanismi di trasduzione del segnale attivati dai RTK


I due principali e più studiati meccanismi di trasduzione del segnale attivati dai RTK sono la via della PI3K e
quella delle MAPK. L’attivazione della via delle MAPK porta alla proliferazione e al differenziamento, mentre
la via della PI3K è legata soprattutto alla sopravvivenza cellulare e alle modificazioni del citoscheletro che
possono determinare movimento cellulare.
Evidentemente questi recettori e gli attori implicati nelle principali vie di traduzione, vista la loro funzione
critica, sono molto spesso implicati nella patogenesi tumorale.

Via di RAS e delle MAPK


Il tutto parte dal reclutamento delle proteine Shc e Grb2 attraverso
sequenze SH2 a livello di domini fosforilati del recettore, con
conseguente attivazione della proteina adattatrice SOS.
SOS va poi ad attivare una fondamentale proteina G monomerica, nota
come Ras, adesa alla membrana attraverso gruppi farnesilici,
sostituendo GDP con GTP.
Ras a sua volta va a stimolare la via delle MAPK, che a cascata vede la
fosforilazione di diversi substrati a livello di specifiche serine, treonine o
tirosine: la sequenza di eventi tradizionale prevede che per prima sia
fosforilata e attivata la proteina Raf, seguita da MEK, per poi infine
ricadere sulla fosforilazione delle proteine ERK (ERK1, ERK2). ERK agisce,
dopo essersi trasferita nel nucleo, fosforilando diversi fattori
trascrizionali implicati nei programmi di proliferazione e
differenziamento, come l’oncogene c-Myc.

Particolarmente importante in tutto questo, anche da una prospettiva


farmacologica, è la proteina Ras, piccola proteina G monomerica di 21 kD,
naturalmente dotata di attività GTPasica.
In circa il 30% dei tumori sono state identificate delle mutazioni attivanti
di Ras, per cui questa proteina (e dunque tutto il pathway delle MAPK)
risulta essere costitutivamente attiva senza dissociarsi mai dal GTP.
Questo è rilevante poiché se si utilizza un farmaco che agisce a livello del
recettore e vi è una cellula in cui Ras non è mutata, allora ci si aspetta che
un antagonista del recettore eserciti un’azione potenzialmente efficace; al contrario, se vi fosse una cellula

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tumorale in cui Ras è mutata e costitutivamente attiva, bloccando il recettore non si ottiene nessun risultato
utile, essendo la disregolazione più a valle rispetto al punto di intervento.
NB: Quando è necessario utilizzare determinati farmaci che agiscono a livello dei recettori, bisogna prima
verificare se Ras è mutata o meno: se Ras è mutata, il farmaco non avrà funzione terapeutica e porterà solo
ad effetti collaterali.

Nello svilupparsi dei passaggi che portano all’attivazione delle varie MAPK, si sviluppano interazioni con varie
proteine bersaglio oltre ai fattori trascrizionali. Tutti i target bersagliati dal sistema delle MAPK sono
accomunati dalla presenza di una sequenza motivo di consenso costituita in successione da una prolina, un
amminoacido tra serina o treonina ed un’altra prolina. I bersagli possono essere:
- Altre chinasi;
- Proteine del citoscheletro;
- Altre proteine segnale;
- Regolatori del ciclo cellulare.

Via di PI3K/AKT
La PI3K è una protein-chinasi costituita da due subunità:
- Una catalitica, detta p110;
- Una regolatoria, nota come p85: dotata dei siti di legame per la subunità p110 e del sito SH2, il quale
consente il legame con le fosfotirosine del recettore. Può possedere anche un dominio SH3.
In condizioni basali, la subunità p110 è legata alla p85 e dunque inibita. Quando il recettore viene attivato, la
subunità p85, legandosi al recettore, rilascia la p110 che può esprimere la sua funzione catalitica verso il suo
substrato d’elezione. Quest’ultimo è rappresentato da un fosfolipide di membrana, il fosfatidilinosiltolo
difosfato (PIP2).
Fosforilato dalla p110, questo diventa fosfatidilinositolo trifosfato (PIP3), il quale a sua volta recluta la
proteina AKT a livello della membrana plasmatica e attiva le chinasi PDK1 e PDK2. PDK1 e PDK2 fosforilano a
loro volta AKT portando a una sua completa attivazione. AKT attivata può andare a svolgere la sua funzione
di chinasi fosforilando tutti i suoi effettori a valle, in questo caso con un coinvolgimento prevalente di quei
meccanismi di trasduzione del segnale che sono in qualche modo correlati alla sopravvivenza cellulare.

Altri effettori degli RTK


I RTKs sono in grado di stimolare anche altri effettori, quali:
a. Tirosin-chinasi non recettoriali: i recettori tirosin-chinasici possono andare ad attivare delle tirosin-
chinasi non recettoriali, cioè delle altre proteine con attività tirosin-chinasica che sono accolte nel
citoplasma e non nella membrana, coinvolte soprattutto nella proliferazione, nella prevenzione
dell’apoptosi e nell’invasività delle cellule metastatiche. Sono state individuate molte proteine
appartenenti a questa famiglia e per questo sono state suddivise in classi: la classe A è espressa
ubiquitariamente in tutti i tipi cellulari, la classe B è espressa soprattutto nelle cellule ematopoietiche,
mentre la classe C è espressa prevalentemente negli epiteli.

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La caratteristica comune di queste proteine è quella di avere un sito di legame per l’ATP (caratteristica
condivisa in realtà da tutte le proteine chinasi, inclusi gli stessi RTK), ovverosia il donatore fondamentale
del gruppo fosfato necessario per la fosforilazione delle proteine bersaglio.
Un esempio celebre di questa classe di proteine viene dallo studio delle malattie ematologiche: si prenda
in considerazione la leucemia mieloide cronica classica e la proteina Bcr-Abl, data dalla fusione dei
cromosomi 9 e 22. Abl (Abelson murine leukemia viral oncogene homolog1) è proprio una di queste
proteine tirosin-chinasiche non recettoriali, fisiologicamente destinata a lavorare nel nucleo. La fusione
di Bcr-Abl fa sì che questa proteina di fusione si trovi in uno stato di attività perpetuo (dovuto a
dimerizzazione spontanea), partecipando così alla proliferazione cellulare, alla resistenza nei confronti
dell’apoptosi e alla maggiore tendenza alla migrazione delle cellule tumorali. Gli inibitori delle tirosin-
chinasi sono molto attivi su questa proteina, come Imatinib;
b. Fosfolipasi C di tipo gamma (PLCγ): dotata di un dominio SH2 per legare le fosfotirosine, una volta
attivata, va a idrolizzare il fosfatidilionsitolodifosfato (PIP2) in IP3 e DAG attivando un meccanismo di
traduzione del tutto analogo a quello visto per i recettori accoppiati a proteine G;
c. Fosfatasi: la maggior parte delle proteine attivate dai recettori tirosin-chinasici sono a loro volta chinasi,
ma in realtà vengono attivate anche delle fosfatasi. Si possono ricordare in questo senso SH-PTP1 e SH-
PTP2: entrambe attivate per fosforilazione a livello del recettore, vanno a defosforilare il loro bersaglio.
- SH-PTP1: espressa in cellule ematopoietiche ed epiteliali, è un regolatore negativo dell’attività del
recettore tirosin-chinasico, in quanto con la sua attività va direttamente a defosforilare il recettore
stesso sulla coda C-terminale;
- SH-PTP2: espressa ubiquitariamente, è invece un regolatore positivo, in quanto attiva una via di
trasduzione del segnale positiva che coinvolge Ras;
PTEN è un altro effettore ad attività fosfatasica attivato dal recettore tirosin-chinasico. Si tratta di un
noto oncosoppressore intercalato lungo il pathway della PI3K, che modula negativamente, andando a
defosforilare la PIP3 in PIP2 e bloccando di fatto l’attivazione di AKT;
d. Proteine STAT: fungono da trasduttori del segnale e da
attivatori trascrizionali. Si tratta di proteine
citoplasmatiche espresse ubiquitariamente dotate di:
- Un dominio SH2: che consente di riconoscere le
fosfotirosine sul recettore tirosin-chinasico;
- Un dominio di legame al DNA: che consente loro di
fungere da fattore trascrizionale;
- Un estremo C-terminale: a tale livello contengono un residuo
di tirosina che, quando fosforilato, è fondamentale per il
funzionamento delle proteine STAT stesse.
Le proteine STAT possono essere attivate dai recettori per fattori
di crescita (RTK) per fosforilazione, ma possono essere anche
attivate da recettori accoppiati a proteine G e da recettori per le
citochine. Prendendo a modello il caso dell’RTK, dopo la sua
attivazione, STAT, attraverso SH2, si lega al recettore e in questo
modo avvicina al recettore la sua tirosina critica C-terminale, così
che la stessa attività catalitica recettoriale che ha permesso la
autotransfosforilazione ora sia rivolta a fosforilare STAT. La
tirosina al C-terminale fosforilata è fondamentale per la
dimerizzazione di STAT, che può formare sia degli omodimeri che
degli eterodimeri.
A seguito della dimerizzazione, il complesso si trasferisce a livello
del nucleo dove agisce da fattore trascrizionale, interagendo con
specifiche sequenze presenti sul promotore di specifici geni. La
maggior parte dei geni che vengono controllati da STAT sono coinvolti nel ciclo cellulare e nel
differenziamento.
In realtà in qualsiasi caso (GPCR e recettori per citochine) i meccanismi di attivazione per le STAT devono
sempre includere la fosforilazione, che consente la dimerizzazione.

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Approcci farmacologici per il controllo dell’attività dei recettori RTK


I recettori tirosin-chinasici sono diventati fondamentali come bersaglio molecolare dei farmaci usati per
combattere vari tipi di tumore. Spesso si parla in questo ambito di anticorpi monoclonali, in grado di legare
il recettore o il ligando del recettore, bloccando così l’interazione del ligando con il recettore oppure
determinando l’internalizzazione/ endocitosi del recettore per ridurne e spegnerne il segnale.

Alcuni esempi celebri:


a. Trastuzumab (Herceptin): è stato il primo monoclonale ad essere approvato per il trattamento del
carcinoma mammario. Questo farmaco è diretto contro la porzione extracitoplasmatica di una
particolare isoforma del recettore per l’EGF, HER2, che è in realtà un recettore orfano, cioè pur facendo
parte della famiglia dei recettori per EGF non lega EGF come ligando endogeno. È possibile che il ligando
naturale esista e semplicemente non sia ancora stato isolato, ma probabilmente la funzione biologica di
HER2 è quella di eterodimerizzare con altri membri della famiglia recettoriale per EGF (solitamente EGFR
o HER1, quello classico) ed amplificare il segnale trasdotto. Questo recettore può essere over espresso
nel carcinoma mammario (e anche in altri tipi di tumore), dove tuttavia di norma la sua espressione è
associata ad una prognosi negativa; per questo motivo si è pensato di usare questo recettore come
bersaglio molecolare. Interagendo con il recettore HER2, Trastuzumab ne determina l’inibizione
funzionale ed eventualmente la down-regolazione per internalizzazione, bloccando la progressione della
cellula nel ciclo cellulare;
b. Cetuximab (Erbitux): agisce contro EGFR (HER1). È usato nel trattamento per i carcinomi del colon-retto,
pancreatico e renale; il meccanismo d’azione è simile a quello descritto per Herceptin, quindi, prevede il
legame con il recettore, il blocco del meccanismo di trasduzione a valle e infine l’internalizzazione del
recettore. Sebbene i recettori su cui agiscono questi monoclonali siano espressi anche da altri tessuti,
essendo questi marcatamente over espressi dalle cellule tumorali, ci si aspetta che l’effetto del farmaco
sia maggiormente confinato alla popolazione delle cellule cancerose, garantendo un impatto in termini
di effetti collaterali molto minore, seppure comunque presente, rispetto alla chemioterapia tradizionale.
Per poter essere utilizzato, deve essere assente la mutazione di Ras o la sua somministrazione provoca
solo effetti collaterali senza apportare alcun beneficio per il paziente;
c. Bevacizumab (Avastin): in questo caso l’effetto non è diretto contro il recettore, ma contro il VEGF,
bloccando così l'angiogenesi tumorale. Poiché da quando sono stati sviluppati sono passati più di 20 anni,
ad oggi esiste la forma “generica” di tutti i monoclonali appena elencati. In realtà, il termine “generico”
ad oggi non è più utilizzato in quanto la sua accezione è stata ritenuta troppo spregiativa. Per i
monoclonali si parla quindi di “biosimilari”, mentre per tutte le altre tipologie di farmaci il termine più
corretto è “equivalente”.

I farmaci sopra proposti agiscono principalmente sulla porzione extracitoplasmatica del recettore o
direttamente contro il ligando. Sono stati sviluppati tuttavia anche farmaci che agiscono sul sistema RTK
modulando sul versante intracellulare l’attività tirosin-chinasica: sono le cosiddette small molecules kinase
inibitors (Gefitinib, Erlotinib, Afatinib, Osimertinib, Lapatinib). Si tratta di composti policiclici/eterociclici che
passano la membrana cellulare e si legano alla porzione catalitica intracellulare del recettore mimando la
struttura dell’ATP, fondamentale per il corretto funzionamento del recettore, inibendo il recettore stesso.
Non viene perciò permessa l’attivazione delle reazioni cellulari, bloccando l’espansione cellulare. Mentre
l’ATP svolge un’interazione di tipo reversibile, queste molecole formano un complesso più stabile
competendo con l’ATP: il recettore non potrà più fosforilare il substrato a pieno regime non avendo a
disposizione i gruppi fosfato da trasferire sul bersaglio. Altri farmaci che agiscono su versante intracellulare
sono gli inibitori di tirosin-chinasi intracellulari (Imatinib, Dasatinib, Nilotinib, Bosutinib, Ponatinib), diretti
soprattutto contro la proteina di fusione Bcr-Abl.

Vi sono poi farmaci che agiscono sul meccanismo di trasduzione del segnale. Di questi fanno parte gli Inibitori
di BRAF (BRAFi), come Vemurafenib e Dabrafenib, e inibitori di MEK1,2, come Trametinib, che interrompono
il pathway delle MAPK. Essi sono stati approvati singolarmente o in associazione per il trattamento del
melanoma metastatico. Sono stati anche sperimentati farmaci che bloccassero RAS (inibitori delle
modificazioni post-traduzionali), ma i risultati dei trials clinici sono stati deludenti.
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ALTRE CLASSI DI RECETTORI

Per concludere, esistono altri tipi di recettore di membrana, distinti da specifiche proprietà di funzionamento.
I principali sono:
- Recettori per le citochine/chemochine: sono strutturalmente simili ai recettori per i fattori di crescita,
ma non hanno attività tirosin-chinasica. Sono particolarmente espressi a livello delle cellule del sistema
immune.
Es.: Recettori per IL-1β, recettori per TNFα, ecc...;
- Recettori che mediano l’adesione cellulare: come le integrine, le caderine e le selectine;
- Recettori dotati di attività guanilato ciclasica intrinseca: sono in grado di determinare la generazione di
cAMP; fanno parte di questa classe soltanto 6 tipi di recettori che hanno in comune un unico ligando: il
peptide natriuretico atriale;
- Recettori per le lipoproteine: aiutano a internalizzare le lipoproteine per rimuoverle dal plasma;
- Recettori di morte: ovvero recettori stimolati da specifici fattori di morte (es. FAS o CD95 con il suo
ligando) che vanno ad attivare all’interno della cellula una cascata trasduzionale che porta alle caspasi
ed eventualmente alla morte cellulare programmata per apoptosi, meccanismo fisiologico di protezione
cellulare;
- Recettori toll-like: si tratta principalmente di recettori in grado di riconoscere pattern associati a patogeni
che regolano la risposta infiammatoria; uno dei più famosi è il TLR 4 che lega LPS dei batteri Gram
negativi;
- Recettori Notch: non hanno come ligandi molecole solubili ma delle proteine inserite all’interno della
membrana di un’altra cellula. Quando avviene il legame tra Notch e il suo ligando, quello che si verifica
è un’attivazione proteolitica del recettore con conseguente effetto sia sulla cellula che porta il recettore
sia su quella che porta il ligando.

Anche queste ultime classi di recettori di membrana stanno diventando sempre più importanti dal punto di
vista farmacologico, basti in questo senso pensare ai farmaci monoclonali diretti contro recettori per le
citochine, sempre più usati in patologie infiammatorie croniche o forme tumorali.

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